Roberto Recchioni, scrittore di professione e columnist per Game Pro per passione ci ha concesso una piacevole intervista.. Buona lettura!
OldGamesItalia: Raccontaci un po' di te: Roberto Recchioni chi è, da dove viene e dove va?
Recchioni: Classe '74.
Faccio lo scrittore e il disegnatore. Il mio campo d'azione principale son i fumetti (insieme a Lorenzo Bartoli ho creato John Doe e tanta altra roba, lavoro per Dylan Dog e delle cose più personali) ma ho fatto anche il redattore, il recensore cinematografico e altre cosette. Sono anche uno di quelli di Game Pro (la versione italiana di Edge, la nota rivista di videogiochi inglese) e sto finendo il mio primo romanzo che dovrebbe uscire l'anno prossimo per la BD: Vengo da un quartiere di periferia romano e da una infanzia passata spesso da solo. I videogiochi sono stati prima uno svago solitario e poi una passione comune con molti altri amici.
OGI: Roberto Recchioni oggi. Che parte della tua vita è dedicata/influenzata dai videogiochi?
R: Sono quello che si può definire come "un videogiocatore forte". Gioco spesso, praticamente tutti i giorni e negli ultimi anni spendo anche un sacco di tempo a studiare il linguaggio dei videogiochi. Lo faccio tanto per interesse personale quanto per motivi professionali. Cerco sempre di tenermi aggiornato e provo a sperimentare delle tecniche narrative proprio del medium videogioco anche in altri ambiti, come la scrittura e il fumetto.
OGI: Qual'è stato il tuo primo approccio al mondo dei videogiochi? Cosa ricordi con più piacere?
R: Il Colecovision. E poi gran part delle altre piattaforme ludiche e personal computer disponibili nel corso degli anni. Quello che ricordo con maggior piacere dei primi anni, è il divertimento e lo stupore bello e buono di fronte a un media del tutto inedito.
OGI: Come è avvenuto il tuo arrivo nella truppa di Gamepro? Eri un lettore di Videogiochi?
R:Tanto della "Videogiochi" recente, quanto di quella della Jackson (stiamo parlando della preistoria del videogame). Apprezzo molto lo stile della rivista Edge e sono decisamente fiero di far parte dello staff di Game Pro.
OGI: Entriamo un po' in quello che può essere considerato un terreno "scottante" ed estremamente attuale: GamePro rappresenta probabilmente la rivista videoludica più approfondita e specializzata presente in Italia; secondo te, anche considerando le vendite della vostra antenata Videogiochi, siamo pronti nel Bel Paese per trattare un argomento come i videogiochi in modo così critico e "professionale"?
R:Se qualcuno non comincia, non saremo mai pronti. "Videogiochi" prima e "Game Pro" adesso portano avanti un approccio ai videogiochi molto più maturo, critico e ricco di analisi e approfondimenti di quanto possa (e vogliano) fare le altre riviste. Questo pone "Game Pro" fuori da un certo tipo di meccanismo commerciale. Lo dico da lettore: è importante che una rivista come "Game Pro" ci sia. Il fatto di scriverci sopra è solamente una cosa in più.
OGI: Un esempio di quello che dovrebbe essere per te un "videogioco"; qualcosa che per te rappresenta la summa di tutto quello che game design, progettazione, esperienza dovrebbero essere.
R:Domanda a cui è impossibile rispondere. I videogiochi hanno due anime: una narrativa e una ludica. Nel termine più puro di "Videogioco", l'anima narrativa non dovrebbe essere rilevante... ma il media si sta ibridando con il cinema, i fumetti e i romanzi ed è inevitabile che sviluppatori e videogiocatori vogliano qualcosa di più del semplice mangiare pillole in un labirinto (che, comunque, rimane una attività di tutto rispetto... come il nuovo Pac Man per XBox Live! Arcade dimostra). In questo senso, io penso che "Halo 3" sia il perfetto mix tra vocazioni narrative (una bella storia e un grandioso personaggio) e implementazioni videoludiche di alto livello.
Per me, allo stato attuale, quello è il paradigma del videogioco.
OGI: IL videogioco che preferisci, che ti ha segnato e che salveresti da un olocausto nucleare stile Fallout? Cosa lo rende così "unico"?
R: Risposta molto difficile, specie perché, in questo momento sono sotto la feroce influenza di "Halo 3", che è di sicuro uno dei migliori videogiochi a cui abbia mai giocato di ogni tempo. Il punto è che ci sono davvero pochi videogiochi basati solo sul singleplayer che rigiocherei per sempre. Per esempio... adoro il primo Half-Life, ma non avrei voglia di rigiocare la sua campagna solitaria. Forse, nell'ambito single-player, il giochi che potrei giocare per sempre sono "Super Mario 64", "Super Mario World" o uno dei molti "Super Mario Kart" (che però, in multi, sono ancora meglio). Se invece dopo questo fall-out nucleare avessi comunque qualche amico con cui giocare on-line, allora punterei tutto su Halo 3.
OGI: L’attuale tendenza al “ripescare” vecchi titoli per riproporli sul mercato ha riportato alla ribalta la lotta fra il popolo dell’abandonware e software house/publisher, spesso disposti a tutto pur di mantenere il controllo di proprietà intellettuali spesso obsolete.
Il tutto potrebbe probabilmente essere risolto da una modifica dei termini di decadimento del copyright, quantomeno in ambito informatico dove dopo 6 mesi un software può già essere considerato “vecchio”; tu “da che parte stai?”
R: Questione spinosa di difficile risoluzione.
E' ovvio che le software house hanno tutto il diritto di proteggere le loro proprietà intellettuali, del resto, mi pare ingiustificata (e miope) l'idea di impedire la fruizione di giochi vecchi e classici. Io sono un grande amante di certi vecchi titoli che nessuno rispolvera più da decenni ("Archon", per esempio) e non o nessun senso di colpa a scaricarlo e giocarlo. Senza dover andare a scomodare "la Legge" (che più sta lontana dal media videogioco e meglio è) forse ci vorrebbe un poco di buon senso e lungimiranza da parte delle software house. La circolazione delle opere e la loro piena disponibilità è una parte fondamentale per il consolidamento culturale di un media.
Noi possiamo disporre di qualsiasi film, libro o musica degli anni passati e questo è possibile sia perché sono prodotti ancora "vivi" (commercialmente parlando) sia perché sono sempre disponibili in una maniera o nell'altra. Con i videogiochi questo non succede.
OGI: Ritieni che il prossimo passo nell'evoluzione dei videogiochi sia nell'evoluzione ancora del software (e quindi di tutto il gioco nel suo insieme) oppure finalmente sia pronti per vedere un’evoluzione nelle periferi che (ancorate al binomio mouse/tastiera)? Penso ad esempio al Wii e alla Nintendo o a quello che è l'arrembante Apple.
R: Penso che entro pochissimi anni, l'hardware, in particolare le interfacce, subiranno una forte rivoluzione e penso che sarà la Apple a guidarla. L'Iphone e l'Ipod Touch ci dicono piuttosto chiaramente in che direzione sta guardando Cupertino e credo che a breve avremo i primi computer completamente "touch", con mouse e tastiera disponibili sono come dispositivi aggiuntivi per chi non riesce a separarsene.
Quanto al Wii e al suo controller (oltre che all'imminente WI-Fit) credo che sia un'idea interessante e che stia riuscendo a avvicinare molta gente ai videogiochi. Però non credo che diventeranno lo standard.
T: Qual'è l'elemento che a tuo parere è il punto scatenante per coinvolgere un videogiocatore? mi spiego meglio. Spesso si punta al realismo grafico più spinto per poter dare l'illusione di immergere il personaggio in un contesto reale; altri puntano sulla storia; altri ancora su una colonna sonora adeguata a quello che è il contesto. In che misura questi elementi si fondano o per te si dovrebbero fondere?
R: Il fotorealismo è un vicolo cieco. Presto o tardi avremo motori grafici e fisici in grado di replicare fedelmente la realtà e no ci sarà più modo di andare avanti. A quel punto, gli artisti si concentreranno di più sulla ricerca di un approccio artistico personale piuttosto che aderire al concetto del "più sembra reale e più è bello".
Per quanto riguarda gli altri aspetti... tutti gli elementi che hai elencato concorrono a rendere appagante l'esperienza di un videogame, ma nessuno di essi è fondamentale. A conti fatti, la prima istanza che un videogioco deve appagare è l'aspetto ludica. Un videogioco deve essere divertente. Deve coinvolgere chi lo gioca e costringerlo ad aderire con passione alle sue meccaniche. Poco importa se stiamo parlando di un gioco horror, di un fps o quanto altro... il giocatore deve provare piacere e interesse nel giocare. Se questo elemento viene meno, viene meno la natura stessa del videogame e poco importa quanto la sua trama sia curata, quanto la sua grafica sia bella o quanto la sua colonna sonora sia trascinante.
OGI: L'industria e il mercato videoludico in Italia; dal tuo punto di vista, quali sono i punti di forza e di debolezza? Sia dal lato delle pubblicazioni e distribuzione che pensando a quello che è lo sviluppo? Magari facendo qualche paragone con il mercato dei fumetti che probabilmente ti vede più "immerso".
R: Non conosco così bene il mercato italiano dei videogiochi da poter dare un parere competente. Di sicuro vedo che ci sono aziende che stanno facendo molto bene, riuscendo a spingere il loro prodotto in nuove fasce di mercato (penso alla Nintendo con il suo Wii) e aziende che stanno facendo molto male, non ruescendo a veicolare le informazioni giuste e proponendo il suo prodotto nella peggiore delle maniere possibili (penso alla Sony e alla sua PS3). Se vogliamo fare un parallelismo con il mondo dei fumetti... invidio molto la maniera in cui la Nintendo è riuscita a fare un prodotto realmente mainstream, in grado di arrivare ai mercato dei giocatori casuali e non hardcore. Mi piacerebbe davvero tanto vedere una qualche casa editrice di fumetti impegnarsi alla stessa maniera in tal senso.
OGI: Fumetti e videogiochi, quanto sono vicini questi due mondi? Intendo sia a livello di popolarità, di target, di approccio e di dinamiche creative
R:Questo è proprio uno degli aspetti su cui investigo nella mia rubrica su Game Pro. In realtà i media hanno comunanze solo di superficie, essendo poi intimamente diversi nelle meccaniche dell'intrattenimento e della narrazione. Come media il fumetto è più anziano e ha ormai sviluppato strumenti complessi menre il videogioco sta muovendo adesso i suoi primi passi importanti. In termin di mercato invece... direi che i risultati commerciali di "Halo 3" parlano da soli. I videogiochi sono il futuro, anche rispetto al cinema.
OGI: John Doe in un videogioco. Ci hai mai pensato? Che genere sarebbe? Personalmente lo vedrei molto calato in un contesto alla Max Payne; il legame fra videogiochi e John fra l'altro mi sembra molto forte, come dimostra anche il n° 43 Rotta di collisione.
R:A dirti la verità, si ci ho pensato e non è detto che sia una cosa così irrealizzabile.
La soluzione più semplice sarebbe, ovviamente, una sana avventura grafica punta e clicca in stile Lucasfilm, ma se avessi milioni di dollari a disposizione, punterei su un approccio free-roaming instile GTA.
Per quanto riguarda il raporto tra JD e i videogiochi... che dire? in ogni personaggio c'è qualcosa del loro autore, JD ha qualcosa di Lorenzo e qualcosa di mio... la sua passione per i vecchi videogiochi deriva da me.
OGI: Leggendo il tuo blog vedo che fra i tuoi "best" c'è quel Monkey island che è nel cuore di molti. Cosa ne pensi dello stato attuale delle avventure grafiche? sei più a favore di una declinazione maggiormente rivolta al prevalere della storia (penso a syberia ad esempio) oppure ad un'attenzione maggiore a enigmi, ironia e grafica cartoon? Pensi che il genere possa risorgere a gran voce?
R: Per quanto ami profondamente le vecchie avventure (sia quelle grafiche, sia quelle testuali), le ritengo un ramo secco dell'evoluzione videoludica, roba per dinosauri come me, insomma. Le avventure, purtroppo, non sviluppano il linguaggio del media e non ne sfruttano le prerogative. In questo senso, la cosa più interessante e moderna che ho visto è stata Fahrenheit (peccato per lo sviluppo della storia).
OGI: Da "narratore" (passami il termine) quale sei, ritieni che la serialità all'interno di una saga di videogiochi ha senso di esistere (la fidelizzazione ad esempio) oppure rischia di diventare semplicemente un riproporre inutilmente uno stesso modello? Penso ad esempio a Zelda, a Metal Gear o anche allo stesso Halo. Inoltre Sony ad esempio ripropone sulla sua console numerosi seguiti mentre MS sembra giocare maggiormente su brand nuovi. Da che parte stai?
R:A me la serialità non da fastidio. A patto che ogni nuovo episodio sia meglio del precedente e affini quanto di buono c'era nel capitolo precedente. "Halo" è l'esempio positivo in questo senso (ma anche Mario) mentre un "Tomb Raider" è l'esempio negativo. Purtroppo, capita a volte che anche serie nate già
praticamente perfette, nel corso degli anni sono rimaste schiave dei loro meccanismi ludici. La saga di Zelda per le console casalinghe, ad esempio, è sempre più sterile nella sua pur inappuntabile perfezione.
OGI: Si assiste sempre di più ad uno spostarsi del centro di attenzione nello sviluppo dei videogiochi dal single player al multiplayer; mondi persistenti vengono continuamente creati, world of warcraft è uno dei più grandi successi di tutti i tempi. Pensi che l'esperienza in singolo sia destinata a sparire? internet ha fatto più male che bene alla fantasia dei game designer?
R: No, penso che il single esisterà sempre. E penso pure che i MMORPG non diventeranno mai l'unica cosa che il multiplayer potrà offrire. L'impegno in termini di tempo che questi giochi richiedono è, semplicemente, troppo alto. Si viene premiati solo spendendo un numero infinito di ore mentre l'abilità personale passa in secondo piano. Quanto a internet... no, a mio avviso non ha fatto danni alla creatività degli sviluppatori, anzi.
Al massimo, gli ha solo dato un modo facile per fare uscire giochi incompleti che poi vengono patchati ancora prima di uscire.
T:Grazie per la cortesia la gentilezza con la quale ci hai concesso l'intervista! A presto!
R: Grazie a te!
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Grazie, OGI. Arrivederci!
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