Ritorno al Futuro

30 anni: tanto ci ha messo il videogioco ad uscire dalle camere di giovani programmatori nerd, diventare il più importante mercato dell'entertainment e ritornare in quelle stanze illuminate solo dalla luce blu dei monitor.

Parallelamente al passaggio al mass market e ai budgets milionari infatti, si è sviluppato un sottobosco di sviluppatori indipendenti incredibilmente ricco e variegato; spesso si tratta di singoli o comunque di software house dall'organico limitatissimo, ma con idee e classe da vendere a cui si somma una conoscenza del pubblico e dei nuovi canali di distribuzione eccezionalmente profonda.

Gran parte dei giochi che fuoriescono da questo magma creativo sotterraneo sono autentici patchwork di nostalgia e innovazione che miscelano, affinano, elaborano grafiche e meccaniche, con una devozione ed un amore evidentissimi per il videogame e soprattutto per la sua Golden Age.

Ma vedere gli indie games soltanto come delle semplici "operazioni nostalgia" sarebbe enormemente riduttivo per un ambiente con un eclettismo che per qualità e quantità sfugge ogni categorizzazione; una spontaneità creativa che, senza preoccuparsi minimamente delle infinite discussioni di questi anni sul valore artistico del videogioco, ha toccato qualunque livello di profondità concettuale, partendo dal semplice scacciapensieri, passando per il racconto di fantasia, la metafora della vita e arrivando ai più attuali fatti di cronaca.

Superando qualunque preconcetto, il gioco indipendente semplicemente si propone al pubblico come risultato di un'idea ed uno sforzo produttivo che possono o meno essere finalizzati a trasmettere qualcosa, ma che lasciano sempre e comunque l'ultima parola al giocatore.

Giocatore che viene stimolato, ingannato, affascinato, potenziato e mutilato perchè il risultato finale del gioco indipendente è sempre e comunque riflesso in chi ne usufruisce. Ed ecco che, in questa ricerca della reazione e non solo del compiacimento, trovano ragion d'essere giochi che ci consentono una sola, singola azione (Canabalt di Adam Atomic e Daniel Baranowsky) o che ci permettono di scrivere una storia in tempo reale (lo stupendo Sleep Is Death di Jason Rohrer), che ci uccidono di continuo (I Wanna Be The Guy: The Movie: The Game di Kayin) o in cui morire è letteralmente impossibile (Collateral di Jonathan Whiting), fino al paradosso di One Chance (Awkward Silence Games), che può essere giocato soltanto una volta, o al pericolo reale di Lose/Lose (Zach Gage), che ad ogni morte cancella un file a caso dal nostro PC, compresi quelli di sistema.

Giocatore che viene conquistato anche grazie a nuove concezioni di vendita e di diritto d'autore: il fatto che tutti questi piccoli sviluppatori siano in primo luogo videogiocatori li porta a concepire il gamer come un "cliente" e non più una vacca da mungere, e più il cliente è contento, più compra e comprerà.

I giochi gratuiti, i "pay what you want", le offerte stracciate temporanee, le forti decurtazioni dei prezzi dopo un anno, le open beta sono tutti concetti a cui l'industria attuale si è già dimostrata non solo refrattaria ma addirittura avversa per il basso ritorno economico nell'immediato, ma che ristabilendo un reciproco rispetto fra giocatore e sviluppatore, creano un rapporto di fiducia e la voglia nell'utente di premiare la software house con l'acquisto, andando a relegare la pirateria ad una minoranza che non avrebbe mai acquistato il gioco a prescindere, e quindi diminuendone enormemente i danni.

Basta guardare i recenti successi di Machinarium (Amanita Design, già nota per diversi giochi freeware come Samorost) e della sua "Pirate Amnesty", che abbassando il prezzo a 5$ per un periodo di tempo limitato ha consentito di piazzare altre 20.000 copie a quasi un anno dalla sua uscita, e soprattutto dei due Humble Indie Bundle, compilation di giochi indipendenti (tra cui lo stesso Machinarium!) vendute secondo il sistema del pay what you want che, assemblano titoli validi ma meno conosciuti ad altri più famosi ma che hanno esaurito il loro potenziale di vendita a prezzo pieno.

La prima compilation ha guadagnato quasi 2 milioni di dollari, ma proprio per non tradire i principi enunciati poco sopra, ogni acquirente poteva decidere come suddividere la cifra scelta fra gli sviluppatori e delle fondazioni benefiche, senza alcun limite di sorta. Ce la vedete una Activision o una Electronic Arts a fare altrettanto?

Un autentico caos calmo che ha investito e sta investendo il mercato in modo lento ma inarrestabile, alterando regole di game design e di marketing che ormai sembravano scolpite nella roccia, fino a fare breccia nell'ambito finora ritenuto il più inespugnabile: le console.

Microsoft e Nintendo infatti con questa generazione hardware hanno inaugurato i rispettivi online shop, dotati di sezioni dedicate ai giochi indipendenti; in particolare la casa di Redmond ha un'offerta molto consistente ed abbastanza articolata, grazie all'XNA che ha reso la creazione di giochi relativamente semplice per chiunque, mentre la Nintendo ha soltanto parzialmente aperto le porte agli indie, consentendo la vendita su WiiWare soltanto di titoli altamente selezionati e limitando quindi l'offerta, ma mantenendo nel contempo una qualità media più alta.

Benchè si tratti chiaramente di un passo importante e di una graditissima opportunità per gli utenti, sarà però necessario osservare quale sarà l'evoluzione futura di questo strano, nuovo rapporto: infatti se da un lato possiamo sicuramente leggere la presenza dei giochi indipendenti su console come un'ammissione di merito ed un riconoscimento del diritto ad esistere di un universo sotterraneo ma non più ignorabile, dall'altro le limitazioni e le costrizioni imposte agli sviluppatori dai produttori di console per consentire la vendita nei rispettivi negozi online potrebbero essere le prime movenze di un tentativo di imbrigliare gli sviluppatori indipendenti in politiche di marketing più classiche, imponendo prezzi e spezzando quel filo diretto che si è creato fra programmatore e giocatore.

Un rapporto che a noi giocatori di vecchia data appare tanto più importante e prezioso immaginando cosa sarebbe stato se anche 30 anni fa avessimo avuto la possibilità di interagire, acquistare e comunicare direttamente con David Braben, Jeff Minter o Lord British mentre giocavamo per la prima volta Elite, Attack of the Mutant Camels o Ultima.

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