Ragnar Tornquist, l'autore dell'acclamato The Longest Journey e del recente Dreamfall Chapters, torna con la sua Red Thread Games e con un nuovo titolo: Draugen, un thriller psicologico ambientato nella Norvegia degli anni '20.
Noi siamo Edward Charles Harden, un americano in viaggio nel piccolo paese di Graavik con l'amica Lissie, alla ricerca della sorella Betty. Arrivati a Graavik, però, i due scopriranno che il paese è deserto e che quindi nessuno potrà indirizzarli nella ricerca.
Partiamo subito dai fatti: Draugen è un walking simulator. Nel corso del gioco, che peraltro dura 3-4 orette circa, dovremo solo camminare da una parte all'altra e cliccare alcuni hotspot, in un'esperienza di gioco linearissima. Non c'è mai una scelta: anche nei dialoghi dove avremo più di una opzione, è in realtà indifferente scegliere una piuttosto che l'altra. Se non dovessimo neanche cliccare per aprire le porte, e vedessimo solo una sequela di cutscenes, poco cambierebbe.
Questo sistema, al solito, è fatto per “lasciare spazio alla storia”, quindi passiamo a questa.
Le storie di Draugen sono, in realtà, due: si intrecciano infatti il mistero di Graavik e la quest personale di Edward (quella di trovare la sorella... apparentemente).
La prima è abbastanza banale e prevedibile, sebbene molto d'atmosfera. Per un lettore sgamato (ma anche un “guardatore di film” sgamato) è facile capire, bene o male, cosa sia accaduto nel paesino, e le continue scarrozzate da una parte all'altra per far fare a Edward 2+2 quando noi stiamo già cercando di fare il 4+1 che ci porterebbe alla rivelazione finale, sono noiose.
Un po' banali anche i modi con cui avvengono le rivelazioni, in particolare la bambina che disegna, casualmente, scene piene di importanza per il villaggio tutto. Disegni che, sottolineo, il nostro protagonista ignorerà prima del momento in cui il gioco vuole che li esaminiamo, anche se li avremo sotto il naso.
La seconda storia, quella personale di Edward, è fatta meglio e sarebbe anche più interessante se non fosse per due piccoli particolari.
Uno: Lissie è veramente insopportabile. Nella situazione in cui si trovano, i suoi continui richiami a Edward, “fissato” con l'idea di ritrovare sua sorella, forse dispersa, forse morta, suonano un po' fuori luogo. Ok, a posteriori hanno senso, ma nel mentre è una tortura.
Due: il momento dell'epifania di Edward manca di preparazione e non mi è parso abbastanza approfondito. È difficile analizzare questo punto senza fare spoiler, ma diciamo che Edward capisce come stanno le cose un po' all'improvviso e dopo una serie di rivelazioni che forse sarebbero state meglio in un flashback. Il finale, in generale, mi è parso un po' affrettato.
Segnalo la presenza di piccole cose poco verosimili su cui è comunque possibile chiudere un occhio, come il fatto che Edward abbia imparato a leggere il norvegese in due mesi, ma non sappia la parola per “cassa” quando ne conosce di molto più difficili...
A fianco di questi problemi, troviamo dei dettagli curiosi, come il fatto che Lissie voglia essere guardata in faccia mentre ci parla: se gireremo la telecamera per guardare il paesaggio o esplorare, in certi momenti lei ci richiamerà all'ordine. È un tocco carino, che aiuta l'immedesimazione.
Insomma, la storia parte da presupposti non malvagi, sebbene per nulla originali, ma non riesce a svilupparsi in qualcosa di sufficientemente complesso da meritare pieni voti. Il non-gameplay è ai massimi livelli, qui l'interazione è minima e minimamente significativa.
Il lato artistico è l'aspetto più curato di Draugen, anche con le limitazioni di budget – e quindi tecniche – a cui è stata soggetta la Red Thread Games.
Graficamente, spicca l'uso delle luci, davvero magistrale in alcuni casi; anche gli scorci di Graavik sono molto suggestivi e, per chi apprezza la natura, camminarci dentro è un'esperienza piacevole. Nei modelli dei personaggi e nelle loro animazioni cominciano a vedersi le limitazioni maggiori, una certa legnosità e un'espressività non eccelsa. Siamo comunque su ottimi livelli.
Il sonoro è un altro aspetto molto curato, a partire dalla musica del menu iniziale, per arrivare a tutta la OST, composta da Simon Pole, che già ha realizzato le musiche per The Secret World e Dreamfall. Non indimenticabile, forse, ma decisamente sopra la media.
Il doppiaggio, invece, ha alti e bassi: il nostro protagonista fa un buon lavoro, mentre Lissie suona forzata in molti casi.
Draugen non presenta, al momento, l'italiano, né per doppiaggio né per i sottotitoli. L'inglese utilizzato non è troppo complesso, ma non è possibile fermare le linee di dialogo per leggerle con comodo (né è possibile skippare i dialoghi, cosa che capisco, ma è veramente noiosa, accoppiata alla staticità delle scene).
Un po' con tristezza non promuovo questo Draugen. Non voglio bocciarlo a priori per il fatto di essere un walking simulator, ma avrebbe dovuto avere una storia di ben altro calibro per compensare la mancanza di un qualsivoglia gameplay. Non posso nascondere che in parte me lo aspettavo, ma allo stesso tempo, leggendo che si trattava di un mystery, ho sperato di poter vivere in parte questa indagine, invece di vedermela raccontata attraverso mezzi cliché e supposizioni del protagonista. Peccato.
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