Draugen

Ragnar Tornquist, l'autore dell'acclamato The Longest Journey e del recente Dreamfall Chapters, torna con la sua Red Thread Games e con un nuovo titolo: Draugen, un thriller psicologico ambientato nella Norvegia degli anni '20.

Noi siamo Edward Charles Harden, un americano in viaggio nel piccolo paese di Graavik con l'amica Lissie, alla ricerca della sorella Betty. Arrivati a Graavik, però, i due scopriranno che il paese è deserto e che quindi nessuno potrà indirizzarli nella ricerca.

Partiamo subito dai fatti: Draugen è un walking simulator. Nel corso del gioco, che peraltro dura 3-4 orette circa, dovremo solo camminare da una parte all'altra e cliccare alcuni hotspot, in un'esperienza di gioco linearissima. Non c'è mai una scelta: anche nei dialoghi dove avremo più di una opzione, è in realtà indifferente scegliere una piuttosto che l'altra. Se non dovessimo neanche cliccare per aprire le porte, e vedessimo solo una sequela di cutscenes, poco cambierebbe.
Questo sistema, al solito, è fatto per “lasciare spazio alla storia”, quindi passiamo a questa.

Le storie di Draugen sono, in realtà, due: si intrecciano infatti il mistero di Graavik e la quest personale di Edward (quella di trovare la sorella... apparentemente).

La prima è abbastanza banale e prevedibile, sebbene molto d'atmosfera. Per un lettore sgamato (ma anche un “guardatore di film” sgamato) è facile capire, bene o male, cosa sia accaduto nel paesino, e le continue scarrozzate da una parte all'altra per far fare a Edward 2+2 quando noi stiamo già cercando di fare il 4+1 che ci porterebbe alla rivelazione finale, sono noiose.

Un po' banali anche i modi con cui avvengono le rivelazioni, in particolare la bambina che disegna, casualmente, scene piene di importanza per il villaggio tutto. Disegni che, sottolineo, il nostro protagonista ignorerà prima del momento in cui il gioco vuole che li esaminiamo, anche se li avremo sotto il naso.

La seconda storia, quella personale di Edward, è fatta meglio e sarebbe anche più interessante se non fosse per due piccoli particolari.

Uno: Lissie è veramente insopportabile. Nella situazione in cui si trovano, i suoi continui richiami a Edward, “fissato” con l'idea di ritrovare sua sorella, forse dispersa, forse morta, suonano un po' fuori luogo. Ok, a posteriori hanno senso, ma nel mentre è una tortura.

Due: il momento dell'epifania di Edward manca di preparazione e non mi è parso abbastanza approfondito. È difficile analizzare questo punto senza fare spoiler, ma diciamo che Edward capisce come stanno le cose un po' all'improvviso e dopo una serie di rivelazioni che forse sarebbero state meglio in un flashback. Il finale, in generale, mi è parso un po' affrettato.

Segnalo la presenza di piccole cose poco verosimili su cui è comunque possibile chiudere un occhio, come il fatto che Edward abbia imparato a leggere il norvegese in due mesi, ma non sappia la parola per “cassa” quando ne conosce di molto più difficili...

A fianco di questi problemi, troviamo dei dettagli curiosi, come il fatto che Lissie voglia essere guardata in faccia mentre ci parla: se gireremo la telecamera per guardare il paesaggio o esplorare, in certi momenti lei ci richiamerà all'ordine. È un tocco carino, che aiuta l'immedesimazione.

Insomma, la storia parte da presupposti non malvagi, sebbene per nulla originali, ma non riesce a svilupparsi in qualcosa di sufficientemente complesso da meritare pieni voti. Il non-gameplay è ai massimi livelli, qui l'interazione è minima e minimamente significativa.

Il lato artistico è l'aspetto più curato di Draugen, anche con le limitazioni di budget – e quindi tecniche – a cui è stata soggetta la Red Thread Games.

Graficamente, spicca l'uso delle luci, davvero magistrale in alcuni casi; anche gli scorci di Graavik sono molto suggestivi e, per chi apprezza la natura, camminarci dentro è un'esperienza piacevole. Nei modelli dei personaggi e nelle loro animazioni cominciano a vedersi le limitazioni maggiori, una certa legnosità e un'espressività non eccelsa. Siamo comunque su ottimi livelli.

Il sonoro è un altro aspetto molto curato, a partire dalla musica del menu iniziale, per arrivare a tutta la OST, composta da Simon Pole, che già ha realizzato le musiche per The Secret World e Dreamfall. Non indimenticabile, forse, ma decisamente sopra la media.

Il doppiaggio, invece, ha alti e bassi: il nostro protagonista fa un buon lavoro, mentre Lissie suona forzata in molti casi.

Draugen non presenta, al momento, l'italiano, né per doppiaggio né per i sottotitoli. L'inglese utilizzato non è troppo complesso, ma non è possibile fermare le linee di dialogo per leggerle con comodo (né è possibile skippare i dialoghi, cosa che capisco, ma è veramente noiosa, accoppiata alla staticità delle scene).

Un po' con tristezza non promuovo questo Draugen. Non voglio bocciarlo a priori per il fatto di essere un walking simulator, ma avrebbe dovuto avere una storia di ben altro calibro per compensare la mancanza di un qualsivoglia gameplay. Non posso nascondere che in parte me lo aspettavo, ma allo stesso tempo, leggendo che si trattava di un mystery, ho sperato di poter vivere in parte questa indagine, invece di vedermela raccontata attraverso mezzi cliché e supposizioni del protagonista. Peccato.

Dal creatore di Dreamfall Chapters, arriva Draugen

Dopo la Director's Cut di Dreamfall Chapters, Ragnar Tornquist e la sua Red Thread Games tornano con un altro titolo: Draugen.

In Draugen, un "fjord mystery" ambientato nella Norvegia degli anni '20, noi impersoniamo Edward Charles Harden, un americano alla disperata ricerca della sorella, Betty. Arrivati nella cittadina norvegese, però, saranno ben altri i misteri da investigare.

Draugen è stato finanziato con l'aiuto della Comunità Europea e con il supporto del Norwegian Film Institute, e uscirà nei negozi il 29 Maggio.

Sito Ufficiale

Dreamfall Chapters viene aggiornato con il Final Cut

Dreamfall Chapters viene aggiornato con una patch gratuita per tutti coloro che avevano già acquistato il gioco: la versione attuale è la Final Cut, che comprende migliorie grafiche, scene tagliate e altre chicche aggiuntive.

Questa sarà la versione finale del gioco e molto probabilmente la fine della saga di April e Zoe. Il titolo di cui si era parlato tempo fa, The Longest Journey Home, non verrà probabilmente realizzato - e forse è meglio così.

Recensioni di Dreamfall Chapters

Dreamfall Chapters: Book V - Redux

Ce n'è voluto, per chiudere questa storia.
E' cominciata nel 2001, con l'avventura grafica The Longest Journey, è proseguita nel 2006 con Dreamfall e termina adesso, nel 2016, con la quinta parte di Dreamfall: Chapters.
I fan del primo gioco, che sono parecchi, hanno atteso questo finale con speranza e con un buona dose di timore. Al di là di tutti gli scivoloni commessi durante i precedenti Books di questo Dreamfall: Chapters, avere un finale degno era quello che tutti desideravano. Ci siamo riusciti?
Dai, che avete già guardato il giudizio.

Redux, che recensiamo oggi per INDIEtro Tutta, è il titolo del Book 5 di Dreamfall Chapters, in cui tutti i nodi vengono al pettine, tutte le trame e sottotrame di chiudono, tutta la storia svela i suoi perché e i suoi percome. Ok, quasi tutti i suoi percome. Ma andiamo con ordine.
Solito disclaimer che ormai dovreste sapere a memoria: ci saranno piccoli SPOILER dei giochi precedenti. Beware.

Avevamo lasciato Zoe all'ennesimo risveglio, reso più misterioso da alcuni non piccoli dettagli che non vi svelerò; Kian si stava occupando di porre fine all'egemonia nazis-erhm, stava facendo delle *incredibili scoperte* sui piani del popolo Azadi, che a prima vista sembrava tanto puccettoso e ben disposto verso il prossimo (le sorprese della vita); e Saga stava disobbedendo al padre per andare a perdersi in qualche anfratto spazio-temporale.
Il Book 5 continua la tradizione instaurata dagli altri Book e ci propone, a turno, tutti e tre i protagonisti.

La parte di Zoe è senza mezzi termini quella migliore. Non solo ripropone la magia (in tutti i sensi del termine) che ci ha conquistati ai tempi di TLJ, ma è quella più strettamente connessa alla storia principale e quella con il personaggio più approfondito (non considero la crescita di Kian da razzista a paladino delle minoranze, dal momento che non è credibile). Il percorso personale di Zoe si chiude in maniera coerente e nel frattempo faremo varie scoperte sui misteri della storia.
Purtroppo, andare nel particolare significherebbe fare spoiler, quindi posso sinteticamente dire che è bella e non mi ha fatto rimpiangere i soldi spesi.

La parte di Kian non è così tremenda come immaginavo prima di giocare, in larga parte grazie al fatto che non ci sono più pipponi su niente! Abbiamo scampato i diritti dei gay (e, a questo proposito, sì, Kian è gay e no, non è questo gran problema, forse perché non si affronta la tematica a sproposito. Dai che ce la facciamo quando vogliamo, Tornquist! Il tuo pg gay avrebbe avuto più dignità se gli avessi dato un ruolo decente nel resto della storia, cmq...) e anche l'oppressione del proletariato! 1 minuto di gioia per questa bella notizia!

In verità, alcuni dei punti che fino alla fine del book precedente sembravano banalissimi vengono un po' rimescolati, anche se non si arriva a niente di particolarmente originale o profondo. Ma è sempre meglio un po' di banalità in meno che in più.

Il secondo motivo per cui le parti di Kian non sono orripilanti è che finalmente si scopre che accidenti c'entrava tutto quello che ha fatto lui con il resto della storia – che era quella che stavamo cercando di seguire. Questo succede, bene o male, perché arriva Saga che costringe Kian a smettere di concentrarsi sui problemi che affliggono la società e gli ricorda che fa parte di una storia che cerca di avere un senso.

E qui cominciano i dolori. Saga diventa, essenzialmente, un Deus Ex-Machina ambulante. La ritroviamo improvvisamente adulta alla ricerca del modo per compiere una profezia di cui non ci viene detto niente. Non sappiamo chi le ha detto la profezia, né che profezia è, né a che pro la si debba seguire... lei sa cosa bisogna fare per far andare la trama “come deve andare”. Lo dice proprio, nel gioco: “Così è stato scritto e così le cose devono andare”. Sembra una presa in giro, della serie: “Non c'avevo voglia di far fare ai personaggi quello che devono fare, quindi ecco Saga che magicamente SA e aiuta gli altri pg”. Questo è il grande problema di questo book. Il finale sarebbe andato completamente all'aria se non fosse saltata fuori Saga a fare quello che fa, con la conoscenza derivatale da una fonte misteriosa.

Ed è un problema, secondo me, di facile soluzione. Perché non tagliare alcune delle stupide e inutili scene di Kian (nei book precedenti, dico) e inserirne alcune in cui Saga scopre della profezia e si capisce cosa la spinge a cercare di farla avverare? Così com'è, c'è un bel buco nella storia di questo personaggio e nella sua logica all'interno della storia generale di Dreamfall, cosa che rende tutta la narrazione più debole e superficiale.

In generale ho percepito una certa fretta di chiudere: moltissimo spazio è dato alle spiegazioni, molto chiare e necessarie, di quello che è successo dalla fine di TLJ ad ora, e si arriva al climax della storia per botta di culo, come se si fosse pensato: “basta, ora facciamoli incontrare così finiamo sta storia!”. Si susseguono una serie di rivelazioni minori che sarebbero pure interessanti ma che non abbiamo il tempo per metabolizzare e che sopratutto lasciano poche tracce sui personaggi. Zoe è, di nuovo, quella trattata meglio e il suo finale è quello più soddisfacente. Kian, al solito, è l'uomo impermeabile: le rivelazioni gli passano sopra come se riguardassero qualcun altro. “Oh, questa persona di cui mi fidavo ciecamente mi tradisce, che cosa terribile! Vabbè, si va avanti.” Anche no.

Si aggiungono alcuni problemi minori di stupidità dei personaggi, che generano scene da B movie, come il fatto che un Kattivo lasci un Buono mezzo morto a terra senza ucciderlo per sicurezza. Per due volte di seguito. Sì, lo stesso kattivo. Questo tipo di scena non è frequentissimo e non raggiungiamo le vette di idiozia dei book precedenti. Non mi ha convinta, per esempio, la conversione improvvisa di tutti gli Azadi (anche se mi si potrebbe dire che ho l'esempio di Kian...), che temono la stregoneria e quindi... si alleano con i non-umani? Mah.

Ugualmente ho dei dubbi sulle motivazioni di un kattivo, di cui non vi svelo l'identità anche se si era bene o male capita. Anche qui, sarebbe stata necessaria più attenzione ai personaggi, più scene che li mostrassero. Ed era facile, bastava togliere parte dei pipponi dei book precedenti.

Non posso non citare Crow, uno dei motivi per cui questo Book vale i soldi spesi. Le sue scene sono adorabili, a volte divertenti, sempre e comunque sceme. W Crow!

Parentesi gameplay. Dico “parentesi” perché quasi non ce n'è. L'esperienza, da non molto interattiva che era, diventa anche molto lineare e ci sono pochissime scelte da compiere. Non ho molto da aggiungere, è meglio così rispetto al gameplay atroce del primo book, ma comunque è una cosa deludente e una scelta pigra.

Fa eccezione Saga, che non poteva mancare di avere un puzzle stupido e irritante. Indovinate? Sì, dobbiamo girare per l'ennesima volta la sua maledetta casa alla ricerca di roba che neanche lei sa dove ha ficcato! Ho capito solo adesso (nei precedenti books il dolore mi ottenebrava la mente) che questo è un espediente per farci esaminare tutto e mostrarci come la vita di Saga è cambiata da un pezzo della storia al successivo... ok. Peccato che 1) la parte importante in cui veniamo a sapere che cosa c'entra la fanciulla in tutto questo non ci viene mostrata; 2) siano pezzi frustranti, noiosi e sempre uguali.

Seriamente, sono stata un'ora (in real life, non è un eufemismo) a cercare un martello. Un'ora. Ok, magari io sono lenta e ciecata. E come me tutti quelli che hanno scritto disperati su internet perché non trovavano questo o quell'oggetto. Ritengo che questo tipo di puzzle sia un'ingiustizia sociale nei confronti di noi sfortunati: è ora che le SH e il governo comincino a pensare un po' anche a noi e ci facilitino l'accesso a queste esperienze interattive. Per penitenza, il protagonista del prossimo gioco deve passare il suo tempo in una casa di cura a occuparsi di un vecchietto cieco e deve mostrare bene il cinismo che la società riserva ai meno atletici e svelti!

Molto più intelligente (e misericordiosa) la parte finale in cui non dobbiamo cercare una ceppa e abbiamo la libertà di esplorare comunque la casa a piacimento se così ci va di fare. Stesso risultato con zero frustrazione = win/win.

Nonostante tutto questo, questo Book finale mi è piaciuto. E' stato l'unico che non vedevo l'ora di riprendere in mano, ci pensavo costantemente anche quando non ero al pc. Mi rendo conto che gran parte di questo attaccamento è derivato dal mio affetto per The Longest Journey, con cui questo Book V fa più di una connessione: tanti dettagli di TLJ trovano qua spiegazione. E' bello vedere come quadra il cerchio, è bello ritrovare il vecchio spirito e la vecchia magia (motivo in più per avere più scene di Saga, maledizione!). Non siamo allo stesso livello: lì dove TLJ aveva un tema centrale chiaro e forte, che poi è quello che, assieme all'ambientazione e alla protagonista, è rimasto nelle menti dei fan, Chapters va un po' da tutte le parti e scende spesso nel ridicolo. Tutt'ora non ho capito dov'è la coerenza tematica fra i pezzi di Kian che combatte i mali del mondo, e quelli in cui si parla della necessità di equilibrio tra bene e male, tenebra e luce e blabla: quindi c'è bisogno anche dei nazisti per avere "equilibrio"? Un personaggio propone un modo per trasformare il mondo, liberandolo da questi “mali”; il gioco rappresenta abbastanza chiaramente questo pg come “malvagio” o comunque “pazzo” - quando a me la cosa non sembrava così assurda.

Il problema non è tanto nel tipo di “morale” (pro “luce&tenebra” o pro “solo luce”), quanto nel fatto che il tema della storia non è chiaro, non si capisce dove si vuole andare a parare e si resta confusi. Era tutto molto più chiaro in TLJ, che non si faceva problemi “morali” e teneva conto della natura del mondo e dell'essere umano – benché io sospetti che il tema di fondo nei due giochi vorrebbe essere lo stesso.

Ma i pezzi di Zoe restituiscono un po' di quell'atmosfera e di quel senso di ricerca anche personale che c'erano in TLJ. Zoe è l'unico personaggio nel cui percorso di crescita si rispecchiano gli eventi della storia, per la quale “dormire”, “sognare” e “svegliarsi” sono sia normali azioni, sia fasi psicologiche, sia azioni magiche e dal grande impatto sulla narrazione. Tutti i personaggi principali dovevano essere tratteggiati in questo modo.

Troviamo qualcosa del genere anche in Saga, benché del suo sviluppo psicologico si sappia poco o nulla. Ma chi ha ben presente TLJ vedrà in lei la continuazione e la risoluzione del percorso di un altro personaggio: anche il suo ruolo assume un significato sotto questa luce (benché narrativamente non sia scusabile). A maggior ragione avrei voluto un approfondimento sulle sue vicende che così come sono risultano monche.
Inutile parlare del “percorso” di Kian, che non è pervenuto.

Insomma, come concludere? Non è un buon titolo, non fa neanche schifo. E' molto al di sotto delle aspettative che avevo quando ho iniziato il primo Book, ma non così orrido come temevo. Più che brutto sembra un po' incompleto, come se mancassero dei pezzi – non mi sorprenderebbe una Director's Cut.

Sono delusa da tutto Dreamfall Chapters: anche considerandolo un film interattivo, non è ben fatto, basta giocare un qualsiasi gioco TellTale o persino Life is Strange (che almeno è girato come dio comanda!), per rendersi conto della differenza. Lo consiglierei, con riserva, solo a chi ha amato TLJ e ha scalpitato per avere questo dannato seguito. Il finale mi ha soddisfatta e ha chiuso tutti, ma proprio tutti, i fili lasciati in sospeso, restituendomi un po' di quel feeling che cercavo dalla fine di TLJ. Il mondo e la storia sono affascinanti, anche quando sono narrati male, e questo, come dico dalla prima recensione, è uno dei grandi punti forza del titolo.

E nonostante tutti i dannati problemi, adesso vorrei veder prodotta l'unificazione dei due mondi. Dannatissimo Tornquist!

Leggi la recensione del Book I

Leggi la recensione del Book II

Leggi la recensione del Book III

Leggi la recensione del Book IV

Dreamfall Chapters: Book IV - Revelations

Eccoci di nuovo a recensire, per INDIEtro Tutta, Dreamfall Chapters, questa volta col Book IV, il penultimo della serie. Ormai la storia è più che cominciata, quindi (disclaimer) ovviamente ci saranno spoiler sugli episodi precedenti. Se non li avete giocati, trovate le recensioni qui, qui e qui. Riassunto: i primi due sembrano un inutile prologo, il terzo, nonostante problemi più o meno gravi, almeno porta la storia da qualche parte.

Ma arriviamo finalmente all'episodio di cui ci occuperemo in questa recensione, ossia il quarto, chiamato Revelations. In questo Book seguiremo sia Zoe che Kian, protagonisti di tutta la serie, che la ormai cresciutella Saga. I lettori più fedeli stanno già soffrendo, sentendo questo nome, e vi anticipo subito che hanno ragione di farlo.

La prima novità di questo Book è la grafica. Il passaggio a Unity 5 ha richiesto parecchio tempo ma ha dato, graficamente, i suoi frutti. Adesso, in effetti, le immagini sono più belle da vedere, le luci sono stupende, i colori più contrastati. Non ho notato differenze nelle animazioni, che comunque non erano brutte neanche prima. Però è sicuramente più bello da vedere.
Mi è anche parso, in questo episodio, che la regia sia stata migliorata. Non siamo ancora a livelli tali da poterla citare come un pregio del gioco, ma non ricordo nessuna inquadratura alla “cazzo di cane” come invece avveniva nei primi episodi.

La storia è divisa in Capitoli, come al solito. Inizieremo da Zoe, arrivata a Marcuria tramite Dream Machine e alla ricerca dei ribelli e di Kian. Purtroppo, Kian è andato a salvare un marmocchio magico, quindi lui e Zoe non riescono a incrociarsi. Ma, grazie a Corvo e a una bella dose di fortuna, Zoe riesce comunque a capire come può trovare Lux, il primo sognatore.
Questa è la parte che più mi è piaciuta del gioco, anche perché ricorda molto le avventure di April a Marcuria. Zoe deve compiere un percorso simile e rivedremo alcuni personaggi presenti in The Longest Journey, anche se il significato del suo viaggio è, ovviamente, diverso. Mi ha anche fatto piacere che non ci si sia adagiati su un mero “riproponiamo le vecchie location e i vecchi pg per compiacere i fan”, ma che si sia scelto un percorso che abbia senso con la storia di Zoe. Scopriremo il villaggio degli Oular, razza che non avevamo avuto modo di conoscere. Purtroppo, non la visiteremo per molto tempo, non come April fece in TLJ con le altre razze marcuriane. Dopo un breve soggiorno e una chiacchierata con un vecchio amico, che ci farà, effettivamente, delle rivelazioni (alcune delle quali erano comunque intuibili) Zoe tornerà a Stark regalandoci qualche nuova domanda.

Mi è parso che questa parte di trama avvenisse un po' troppo in fretta. D'altra parte, sono contenta che non si siano aggiunte nuove sottotrame che minacciavano di arrivare dal terzo Book (ringrazio Lief per questa bella espressione sulle sottotrame). I fili rimasti "sciolti" alla fine di Dreamfall si stanno prendendo e chiudendo e quando lasceremo Zoe avremo le idee più chiare, anche su quesiti lasciati aperti in The Longest Journey (tipo chi è una certa vecchina...). Mentre giocavo non vedevo l'ora di andare avanti, durante questa parte, anche se avrei preferito che ci fossero meno spiegazioni dirette (Tizio che si mette e parla, parla, parla spiegando tutto a Zoe) e più roba mostrata. Mi è piaciuto l'incontro di Zoe con la "strega" nel bosco (no spoiler) e la parte di Lux.

Un altro aspetto positivo è il modo in cui è stata gestita la memoria di Zoe (che dopo il risveglio dal come in cui era caduta alla fine di Dreamfall, non ricordava nulla di quello che era successo nei vari mondi) e quella del giocatore. E' infatti possibile che il giocatore ricordi tutto quello che Zoe ha dimenticato, o che lo ricordi almeno in parte. Oppure, è possibile che sia un giocatore nuovo, che non ha mai giocato né TLJ né Dreamfall. Possiamo quindi, di volta in volta, scegliere i particolari che Zoe ricorda per adattarli a quello che *noi* ricordiamo. Incontreremo, per esempio, un vecchio personaggio, e Zoe potrà scegliere che approccio avere in base a quanto noi ci ricordiamo di lui. Sistema molto carino per accontentare tutti i giocatori senza creare situazioni stupide.

La parte su Kian, al solito, l'ho trovata meno incisiva e più stupidotta. Intanto, pur essendo lui un Azadi super-powah dai super-riflessi e tutto, riesce a infiltrarsi un po' troppo facilmente nel campo di concentramento Azadi. Io non ci credo che basta acquattarsi dietro un soldato, fregarsi il cannocchiale e andarsene, perché tutto fili liscio e questi non si accorga di niente. Non solo, ma pure Likho (magico e dalla pelle BLU, quindi non proprio uno che puoi confondere con un Azadi qualsiasi...) riesce tranquillamente a infiltrarsi, creare incendi e arrivare nel *laboratorio segreto* degli Azadi. Ammazzando le guardie (quindi manco di nascosto).

Ok, anche April si infiltrava nella stazione di polizia con un cassonetto della spazzatura, ma in UNA scena in tutto il gioco!

A questo aggiungiamo che ritornano i pipponi e i Messaggi Cliché. Un paio di pipponi, per la verità, ce li eravamo sorbiti durante la parte di Zoe (uno che può essere riassunto così, e l'altro che ho dovuto rivedere su youtube perché la mia mente si era rifiutata di registrarlo durante il gioco, tanto era noioso) , ma la parte di Kian supera tutto! Abbiamo, in ordine sparso:

- Il blutto lazzismo;
- La blutta violenza;
- L'analogia coi blutti nazisti e i blutti campi di concentlamento;
- I blutti espelimenti dei blutti lazzisti (e non mi dite che è una “rivelazione”, perché l'avevano capito anche i sassi dal Book I!);
- I Bambini Povelini;
- La blutta guella;
- La violenza sulle donne;
- La blutta vendetta.
E un tocco di:
- La leligione usata come scusa dai kattivi, ma gli uomini di Vela Fede sono buoni.

Mancano giusto la discriminazione sui gay e l'oppressione del proletariato. Ma non disperiamo, abbiamo ancora il Book 5!

Il lato positivo è che, dopo un lungo pippone e una scena in cui il cervello invoca il suicidio assistito mentre tenta di comprendere la logica dei kattivi, tutta la faccenda sembra arrivare a una svolta. Che, spero, vedremo nel Book 5.

La parte di Kian non è tutta da buttare. Benché la scelta in cui io speravo tanto non abbia poi apportato queste grandi modifiche alla storia, ci sono bei momenti, come la “tregua” fra Kian e Likho e una scena con i ribelli che è peccato spoilerarvi. Però, in generale, tutta questa parte mi sembra ancora slegata dalla *vera* storia e messa lì giusto perché si riteneva di dover far la morale su tutti i punti precedenti. Io mi aspettavo, una volta scoperto il laboratorio “segreto”, una rivelazione di diverso genere, che legasse tutta la faccenda degli Azadi all'Equilibrio, alla ricerca di Zoe, ecc ecc... Non è (apparentemente) così.

Resta la parte di Saga. Oh, gioia.
Se nella parte di Zoe e Kian avevamo scampato la ricerca a casaccio per le locations (tant'è che il mio cuoricino s'era tranquillizzato, pensando: “bene, l'hanno capita che ha rotto, non era un caso nel Book precedente!”), nella parte di Saga tale “gameplay” ritorna con prepotenza. Vi siete rotti le scatole di guidare bambina-Saga alla ricerca dei quattromila disegni sparsi per la casa nel Book III? Ripenserete a quel passaggio con nostalgia: avete potuto farlo correndo! Adesso vi toccherà rifarlo *camminando*, per cercare tre stupidi sigilli da rompere, in quanto la marmocchia, ora quattordicenne, vuole disobbedire al papà e andarsene a spasso per gli stessi varchi in cui s'è persa la mamma. SIGH.

E sorvoliamo sul fatto che il padre le lasci il modo di trovare i sigilli sotto il naso, proprio dopo che avevano avuto una discussione in merito. Come se vostro figlio vi dicesse che vuole prendere la macchina per andarsene in discoteca (facendo la stessa strada sulla quale la vostra dolce metà s'è schiantata morendo in un incidente), voi diceste di no e dopo una bella litigata ve ne andaste a dormire lasciandogli le chiavi lì accanto.

Devo dire che l'enigma associato ai sigilli non mi è dispiaciuto, perché aveva senso nel contesto e non sono dovuta andare a caso, o ricordare eventi dei giochi precedenti.
Giacché parliamo di enigmi, giova ricordare che siamo ai minimi termini, anche se per fortuna non raggiungiamo i livelli di stupidità del Book III (ricordo a tutti le due guardie sceme messe a protezione di una porta *aperta* dietro cui si celava il Grande Segreto degli Azadi).
Zoe non ne ha di rilevanti. Ad un certo punto riacquisterà i suoi poteri (quelli che aveva nel Dreamtime) e dovrà fare una piccola scena “'d'azione”, ma niente di che. Per il resto, zero assoluto.
Kian ne ha un paio, se vogliamo chiamarli enigmi, che non sono molto logici o verosimili, ma chiudendo un occhio sono ancora accettabili.
Quello di Saga, come dicevo, è grazioso.

Considero questa riduzione enigmistica un miglioramento, perché se provo una fitta allo stomaco al pensiero di ricominciare il Book I e il Book II, per via dei noiosissimi, stupidi e pallosi enigmi (Il fiume! I tombini! Il messaggero azadi!), non provo la stessa sensazione all'idea di rifare il Book IV. Meglio che un aspetto non ci sia piuttosto che ci sia e sia fatto male.

Le musiche, al solito, sono molto belle e sempre adatte alle scene. Il doppiaggio è molto migliore, grazie alla crescita di Saga, che adesso è doppiata da una ragazzina (credo) normale. Abbiamo già detto della grafica migliorata.

Qual è dunque il verdetto? Con la storia stiamo procedendo nella direzione giusta. Si è scampato il pericolo di aprire altre sottotrame che avrebbero allungato il brodo e si stanno toccando i tasti giusti con la parte di Zoe e Saga. I nodi stanno venendo al pettine e per adesso sembrano bei nodi. La parte di Kian, al solito, lascia a desiderare e sembra uscita da un B-movie concepito da un quindicenne intellettualoide. E' evidente che tutta l'eleganza retorica di TLJ, che pure veicolava i suoi bei messaggi, è ormai evaporata nel vuoto. I riempitivi fra una cutscene e l'altra sono stati semplificati e accorciati, quindi chi cercava del gameplay non lo troverà come non l'ha trovato negli episodi precedenti.
E' ancora difficile “godersi” Dreamfall Chapters appieno, ma si sta migliorando e spero di poter mettere, per il Book finale, un bel “Da Giocare” come giudizio.

Dreamfall Chapters: Book III - Realms

Dopo un noioso e lentissimo Book I e un fastidioso e altalenante Book II, ho approcciato questo Book III: Realms con una certa rassegnazione. Troverò i soliti maledetti pipponi, ho pensato, i soliti enigmi da cervello arrugginito e, sopratutto, passerò 3 delle 5 ore di questo gioco a camminare senza meta per le strade di questa o quella location, cosa doppiamente frustrante per una come me, priva di senso dell'orientamento.
Beh, per una volta, ero troppo negativa. 

Correggiamo subito il tiro: Book III – Realms non è perfetto, anzi. Ma sembra che Tornquist e compagni abbiano ascoltato almeno alcuni dei consigli e delle lagnanze sui due episodi precedenti, perché alcune cose sono decisamente migliorate.

Solito disclaimer: ci saranno spoiler sugli episodi precedenti, è inevitabile. Chi non ne vuole, non legga e passi al paragrafo finale della recensione. 

Il cambiamento principale è che questa volta la storia non ci fa perdere tempo con fiumi inquinati e altre scemenze, ma arriva direttamente al sodo. Sì, finalmente si va da qualche parte, finalmente la storia di Dreamfall (il gioco precedente) viene presa e sviluppata! Non ricordo quasi nessun momento, in questo Book III, in cui io abbia pensato: “ma che cosa sto facendo, perché il gioco mi fa perdere tempo così?”. Anzi, arrivata a un certo punto ero anche impaziente di vedere cosa sarebbe successo, curiosità che negli episodi precedenti era al minimo sindacale.

Se Book I si occupava di Zoe, e Book II di Kian, Book III ce li mostra entrambi sotto una nuova luce. E' passato qualche mese e le cose sono cambiate.

Kian, oltre ad aver sviluppato una simpatica barbetta, ha istituito una routine e dei rapporti più o meno amichevoli col gruppo dei ribelli (che dipendono in parte dalle scelte che avete compiuto in passato). Lo vedremo indagare sui macchinari che gli Azadi stanno costruendo a Marcuria e avremo un paio di rivelazioni importanti, che non vi svelerò.

Kian resta un personaggio non troppo interessante, e il suo cambiamento da “blutto lazzista” a “difensore dei diritti delle minoranze” è poco credibile (bruttina la scena con l'ingegnere, che è peraltro la macchietta di una macchietta). Verremo anche a sapere chi è Anna e perché lo segue, e devo dire che anche questa parte mi ha lasciata indifferente. Si sentiva davvero il bisogno di quest'altro personaggio? Non si è ancora capito se ha un ruolo, oltre a essere un possibile interesse romantico di Kian (cosa di cui non potrebbe fregarci di meno...). Più interessante invece lo sviluppo del rapporto fra Kian e Likho, perché più complesso. Alla fine di questo Book III, in particolare, c'è una scena che potrebbe portare a sviluppi interessanti.

Zoe, a seguito dell'incidente da cui mi è stato impossibile salvarla in Book II, sfoggia una nuova cicatrice e un nuovo taglio di capelli e deve avere a che fare con le nuove misure di sicurezza del governo, che includono un coprifuoco, la possibilità di trovarsi senza luce in casa un giorno sì e l'altro pure e, per la mia gioia, un robot che ti guida da una zona all'altra della città senza permettere che tu svii dal percorso indicato!

Niente più passeggiate in lungo e in largo: quelle volte che Zoe dovrà uscire di casa andremo direttamente a destinazione senza uscire pazzi! Potreste dire che questo sistema limita la libertà d'azione, ma non è che negli scorsi episodi ci fosse tutto questo gran da fare, girando senza meta per la città, visto che i luoghi con cui interagire erano e sono rimasti quattro in croce. Quindi, a conti fatti, poco cambia.

Ad ogni modo, Zoe non passerà troppo tempo a Europolis, perché ben presto farà uso di una Dream Machine per tornare a Marcuria e ritrovare i suoi ricordi e magari qualche risposta.

Questa è stata la parte più bella del capitolo, anche perché finalmente troveremo Corvo! Sicuramente il personaggio meglio scritto e meglio doppiato della serie, Corvo aiuterà nuovamente Zoe con piccoli enigmi e facendole da guida per le strade di Marcuria. E Marcuria di giorno è più viva rispetto alla Marcuria notturna (che è quella che visitiamo con Kian): Zoe può avvicinarsi alla gente e ascoltare i loro discorsi e, come già per Europolis, questo dà un senso di verosimiglianza alla città. Alcuni parlano delle purghe dei magici, altri dei problemi col raccolto, altri ancora degli Azadi: il ritratto che ne esce fuori non è quello di una città politicamente “viva” come Europolis, ma nondimeno è il ritratto di una città abbastanza “reale”.

 

Purtroppo, questa è la fine dei lati positivi. Fra quelli negativi troviamo gli enigmi, quasi tutti brutti e scialbi. Il gioco si apre proprio con uno di questi: nei panni della piccola e orribilmente doppiata Saga dovremo trovare 8 maledetti disegni disseminati per la casa. La piccola Saga è disordinatissima, a quanto pare, perché i disegni sono ovunque, e raccoglierli è, inutile dirlo, noioso. Una volta raccolti vanno messi in ordine e qui auguri a tutti quelli che non hanno giocato The Longest Journey, perché l'ordine dei disegni segue la trama di quel gioco.

Dopo questa parentesi passiamo a Kian, e ci troviamo davanti un paio di enigmi decenti, finché non dobbiamo entrare in una costruzione segreta sorvegliata dagli Azadi. Ora, è ovvio e logico che il grande segreto degli Azadi sarà controllato da... due (2) guardie sceme messe davanti a una porta non chiusa a chiave. Logico, no?

Questi enigmi, peraltro, vanno risolti con un po' di “botta di culo”, anche detta “vai a controllare tutte le location nella speranza che sia magicamente apparso quel che ti serve per questo enigma”. E' il caso dell'enigma di Kian e della porta, che richiede che noi notiamo delle stupide capre che apparentemente non hanno alcuna rilevanza con il nostro problema finché Kian non ci dice di osservarle.

Dopo un po' di sana violenza sugli animali, passiamo a Zoe, che ha degli enigmi macchinosi ma più decenti. Anche qui troviamo però un paio di guardie dementi, questa volta scagnozzi di un boss mafioso: fra Book II e Book III, Dreamfall Chapters ci insegna che trovare i nascondigli dei boss mafiosi, entrarci e derubarli è un gioco da ragazzi, quindi provateci pure a casa col boss mafioso locale, bambini!

Già nello scorso episodio abbiamo potuto notare le conseguenze che le nostre scelte hanno nel gioco; nel Book III ne vedremo altre, anche se si nota che sono piccoli cambiamenti dall'impatto per ora limitato. E' ancora presto per dire se avranno un effetto più importante in futuro e, in particolare, una scelta fatta in questo Book III è all'apparenza un po' troppo “grande” perché non abbia grandi ripercussioni.

Gli aspetti tecnici non sono cambiati di una virgola rispetto agli episodi precedenti, il che vuol dire che la grafica è graziosa, ma non da strapparsi i capelli dall'entusiasmo; i modelli dei personaggi principali sono ben fatti anche se un po' legnosi durante i dialoghi “normali” (meno nelle cutscenes).

Il doppiaggio raggiunge i suoi alti con Corvo e i suoi bassi con Saga, che sembra una marmocchia random messa a leggere un copione senza enfasi alcuna. Gli altri personaggi sono di solito ben doppiati e ho particolarmente apprezzato Mira, che ha una voce e un modo di parlare particolari.

Con questo Book III, Dreamfall: Chapters sembra essere finalmente cominciato. Sembra quasi che i primi due episodi fossero un prologo, un'introduzione alla storia vera e propria, che comincia adesso. E di questo non posso che essere contenta, anche se sono insoddisfatta di come tale storia viene narrata. Fra enigmi insensati, messi lì solo per far perdere tempo al giocatore, dialoghi brutti e triti e personaggi che parlano con la voce dell'autore, non si riesce a godere appieno del resto, delle parti belle e fantastiche che Chapters ha in serbo per noi. Quindi, per adesso, il giudizio non è ancora pienamente positivo, anche se un passo avanti rispetto ai vecchi capitoli è stato fatto.

Dreamfall Chapters: Book II - Rebels

Torna sui nostri schermi il buon Tørnquist, con il suo Dreamfall Chapters. Il Book I - Reborn, ci aveva mostrato il risveglio di Zoe e la sua nuova vita a Europolis, tra intrighi politici, compiti a casa sull'inquinamento e storie d'amore andate a male. Purtroppo, era affetto da un grave caso di “sindrome della staffetta” che, assieme al virus “Aenigmus Absurdus”, rendevano l'esperienza di gioco alquanto noiosa.
Vediamo se in occasione del Book II, la Red Thread Games ha migliorato la situazione o se è il caso di dichiarare emergenza medica.

Se nel Book I abbiamo avuto modo di seguire Zoe per la maggior parte del tempo, con solo una puntatina fugace su Arcadia, il Book II – Rebels si concentra in gran parte su Kian.
Il che è già una scelta poco felice, perché Kian è un personaggio piatto e dallo sviluppo psicologico poco credibile. Già in Dreamfall (SPOILER ALERT) i suoi dubbi sulla sua fede e sulle azioni della sua gente sembravano sbucati dal nulla (FINE SPOILER); in questo Book II lo vediamo compiere delle scelte francamente incomprensibili e dettate solo dalla necessità di avanzare la trama. E, sì, teoricamente sono scelte su cui voi potrete dire la vostra, ma in pratica verrete costretti a fare quello che vuole il gioco – su questo problema torniamo più sotto.
Il lato positivo della scelta di seguire Kian è che gli eventi a cui lui prende parte sono direttamente connessi con il finale di Dreamfall. Nel Book I, gran parte di quel che accadeva sembrava solo relativamente connesso alla storia di cui ci interessa conoscere il finale. In questo Book II, invece, vediamo svolgersi i conflitti che già avevamo visto crearsi in Dreamfall, e che quindi ci interessano molto di più. Anche quando torneremo a Zoe, per la parte finale del “libro”, non dovremo occuparci di stupidi fiumi inquinati o di fare da babysitter a robottini più o meno sboccati, ma vedremo finalmente l'effetto degli eventi passati sul presente di Zoe.

Il problema è, di nuovo, come tutto questo è veicolato al giocatore, sia a livello di gameplay, sia, in parte, a livello narrativo – e il peggio è quando questi due livelli fanno a cazzotti fra loro, uscendone entrambi pesti e malconci.
Inizialmente, sembra che la “sindrome della staffetta” sia stata curata: dopo un inizio molto lineare, a Kian verranno affidate tre missioni che lui dovrà compiere nell'ordine che preferisce. Abbiamo anche pochi indizi su come procedere, cosa che suggerisce che ci tocca esplorare la città, raccogliere eventuali indizi e poi agire.

Ebbene, no.
Oh, *dobbiamo* percorrere la città in lungo e in largo qualcosa come quindici volte, non temete! Ma c'è poco da “esplorare”, visto che è al 90% scenario dipinto, e di investigare non se ne parla per niente.
La maggior parte delle volte la soluzione ad un enigma o a un problema ci viene gentilmente concessa dal gioco sotto forma di “Botta di Culo”.
Dobbiamo cercare il capo mafioso della zona? Toh, guarda, c'è casualmente uno e un solo NPC appostato davanti a una porta a quattro passi da noi che dice a ripetizione: “Il Capo Mafioso è qui”.
Non è un esempio inventato, è così che va nel gioco.
Dobbiamo cercare la parola d'ordine del gruppo Tal dei Tali? Per incredibile coincidenza, una donna sarà così gentile da strappare davanti a noi il foglietto con su scritta la suddetta parola d'ordine, e poi lo lancerà ai nostri piedi, così potremo comodamente raccoglierlo.
Questi non sono neanche eventi che scattano se non si è stati capaci di completare la missione da soli. Sono eventi di default che scattano sempre e comunque, a prescindere dalla nostra bravura (che non avremo ancora potuto testare, visto che abbiamo solo camminato qua e là).
Espedienti del genere non solo tolgono al giocatore la soddisfazione di giocare, ma narrativamente sono dei Deus Ex Machina, anche abbastanza rozzi.

A peggiorare la situazione, il mondo di gioco è pochissimo reattivo alle nostre azioni (o alle azioni scriptate) e a tratti risulta schizofrenico. Esempio: finiamo una delle tre missioni e Kian noterà che non c'è più nessuno nella piazza di Marcuria e che il silenzio è innaturale. Questo presagisce un (ovvio) attacco dei kattivi, finito il quale riprenderemo a camminare. Ebbene, la suddetta piazza si ripopolerà, a festa, per giunta, cinque minuti dopo, perché servono gli NPC per un'altra delle tre missioni, e nessuno ci attaccherà più.
Oppure, abbiamo fatto saltare in aria una zona della città? Non gliene frega niente a nessuno, tutto continuerà come se nulla fosse, ad esclusione di quel pezzetto di città toccato dalle fiamme.
Il risultato è un senso di spaesamento e scollegamento del giocatore con la storia. L'impressione con cui si viene lasciati è che katttivi e marcuriani fossero tutti lì col copione in mano ad attendere istruzioni dal regista. “Ok, ragazzi, attacchiamo Kian per dieci minuti, poi pausa caffè”.

Menzione particolare la meritano due casi di “Aenigmus Absurdus”, uno che richiede di scovare degli hotspot invisibili mentre ci si muove in modalità più o meno stealth (sì, è il tormento che state immaginando), e l'altro che ci costringe a girare per la trentamilionesima volta tutta la città alla ricerca di una sconosciuta che ci ha lasciato un indizio criptico su dove si trova.

Qui notiamo anche uno dei problemi principali degli “enigmi” in Chapters: raramente abbiamo idea di cosa fare. Ci viene spesso detto: “trova X”, ma non sappiamo dove, come, e cosa fare una volta trovato. Sempre con Kian, dovremo assistere a un raduno di gente per scovare un traditore. Andiamo al raduno, osserviamo tutti quanti e poi? Non sappiamo se dobbiamo stare lì fino alla fine del raduno (e nel caso, perché?), se dobbiamo prendere il traditore lì su due piedi (e come?), se c'è qualcosa che non stiamo notando... ci si sente spesso allo sbaraglio, mentre a tentoni si cerca di capire cosa il gioco si aspetti che facciamo.



La parte in cui controlleremo Zoe vede invece una ricaduta nella “sindrome della staffetta”. Anche Zoe avrà un paio di missioni da compiere, le più grosse delle quali richiederanno di camminare per tutta la città più e più volte, anche qui spesso senza un senso di dove andare esattamente, e anche in questo caso sarà un bel Deus Ex Machina a far progredire la storia.

Se l'impressione che avete avuto fino ad ora è un mix di noia e irritazione, è proprio così che mi sentivo “giocando” Dreamfall. Non è tutto da buttare, però: come nel caso del Book I, sono la storia, i personaggi e l'ambientazione a far andare avanti nel gioco.
In questo Book II, anche la storia perde colpi, tra continui Deus Ex Machina, soluzioni senza mezzi termini stupide, e pippozzi retorici da temino delle medie (questa volta sul razzismo, per gentile concessione del Capo Mafioso. Bambini, il razzismo è blutto e kattivo, porta infelicità nel mondo ed è una cosa che non si fa! Scrivete adesso 500 parole sugli orrori del razzismo, forza! Poi non si dica che i VG non fanno Qultura ed Eduqazione).

Ma, quando il gioco decide che non deve farvi la morale, se ne esce fuori con pezzi molto, molto belli e personaggi realistici e credibili. La storia fra Zoe e Reza, che va lentamente allo sbando nonostante i loro sforzi, è vera e ben resa. RPS lo fa notare prima di me: tocca le corde giuste sopratutto perché non ci viene sparata in faccia con colpi di scena o melodrammi di vario tipo. Succede e basta, e ha più potenza di tutti i pippozzi sugli orrori dell'umanità perché la percepiamo come vera e si svolge davanti ai nostri occhi. E' anche qualcosa che raramente si vede nei videogiochi, che di solito si concentrano più sull'innamoramento che sulle altre fasi di una relazione. Ho apprezzato quasi tutte le scene fra Zoe e Reza, compresa una che non mi aspettavo proprio di vedere, dopo aver visto la sequela di cliché e stupidate presenti nel pezzo di Kian.
Anche il rapporto fra Zoe e Baruti, il suo collega nel partito, mi ha sorpresa per la sua concretezza e verosimiglianza, e sono rimasta colpita, seppur in misura minore, anche da alcune scene fra Kian e un bambino “magico”.

Non sono solo pochi e sparsi momenti a colpire: ci sono interi pezzi narrativamente svolti molto bene e finalmente si ha la soddisfazione di vedere che la storia sta andando da qualche parte, solo che per arrivarci bisogna farsi strada in mezzo alla noia. E' come se gli sviluppatori abbiano prima pensato le parti “importanti” della storia, e poi abbiano aggiunto alla bell'e meglio gli altri pezzi, quelli in cui noi giocatori possiamo fare qualcosa, creando un minestrone poco riuscito.



Dal momento che questo è il Book II, possiamo finalmente vedere le conseguenze di alcune delle scelte che abbiamo compiuto nel Book I! E devo dire che sono rimasta abbastanza soddisfatta: le conseguenze ci sono e hanno un diverso grado di complessità. Ovviamente è presto per dire quanta influenza avranno sul finale, ma danno in generale l'impressione che quello che facciamo conta qualcosa.
Ho storto il naso solo davanti a due “scelte per finta”, mascherate peraltro malissimo. Una  è la prima scelta che può compiere Kian: nonostante ci venga messa di fronte, e ci sia pure il simbolino dell'Equilibrio a penzolare sulla nostra capoccia, segno che si tratta di un momento capace di spostare il destino dei due mondi, il gioco semplicemente ignorerà una delle due opzioni. Se la selezioneremo, saremo forzati a fare comunque come se avessimo scelto l'altra. Momento fastidiosissimo, inutile dirlo.
Il secondo tocca a Zoe. Alla fine del Book II partirà un ralenty, noi avremo il controllo di Zoe, e... e niente. Qualsiasi cosa faremo, il risultato sarà lo stesso, cosa che fa domandare a che pro lasciarmi il controllo e pure metterci un ralenty, segno, come il simbolino dell'Equilibrio, che quello che seguirà (e suppongo quindi le mie azioni) ha grande importanza.
Ma si tratta di due casi su tutti gli altri, che invece funzionano e sono abbastanza ben mostrati.

Graficamente, siamo allo stesso livello del Book I, che non è eccelso ma che non sfigura nemmeno, sopratutto se consideriamo il basso budget a disposizione della Red Thred Games. Ho di nuovo avuto l'impressione che Marcuria sia stata resa peggio di Europolis, ma i modelli dei personaggi principali sono tutti abbastanza curati (e non mi riferisco solo a Zoe e Kian, ma anche ai personaggi con cui loro interagiscono di più, come Reza, il bambino “magico”, Likho e così via).

Anche per quello che riguarda musica e doppiaggio siamo agli stessi ottimi livelli del Book I: le musiche sono evocative, riprendono molto bene il feeling di Dreamfall, e la maggior parte dei doppiatori sa il fatto suo (non ho molto apprezzato un paio di personaggi dal pesante accento, che mi è suonato un po' falso, ma probabilmente sono troppo severa).

Quindi, come abbiamo potuto vedere, anche questo Book II soffre degli stessi problemi del Book I, problemi che molto probabilmente si trascineranno per gli altri tre Books. Ha qualche lato negativo in più, tra Deus Ex Machina a go-go e situazioni poco credibili, ma dà un calcio alla storia nella giusta direzione. Ormai è facile capire se Dreamfall Chapters fa per voi: se avete amato TLJ e volete vedere come finisce la faccenda, ingoierete tutti i rospi del mondo e giocherete anche questo. Se di TLJ non ve ne frega niente, o se già avete lanciato improperi giocando a Dreamfall, state lontani da questo Book II.

Dreamfall Chapters: Book I - Reborn

Nel 2001, Ragnar Tørnquist creava The Longest Journey, assieme alla casa di sviluppo norvegese FunCom. Era la storia di April Ryan, una studentessa d'arte un po' sfortunata, che doveva ripristinare l'Equilibrio dell'universo, diviso fra Tecnologia e Magia. Nel 2006 arrivò il seguito, Dreamfall, sempre sviluppato dalla FunCom. Questa volta, i protagonisti della storia erano tre: la stessa April Ryan di TLJ, cresciuta e ormai disillusa dalla vita, Kian, un soldato Azani proveniente da Arcadia (la metà magica dell'universo ideato da Tørnquist), e Zoe Castillo, piccola rompiballe universitaria, con tante tare mentali e poca voglia di crescere.
La storia di TLJ, pur essendo aperta a seguiti, poteva considerarsi chiusa. La storia di Dreamfall, invece, era chiaramente rimasta aperta: il destino di tutti i personaggi era ancora da decidere, per non parlare delle conseguenze che le loro azioni avevano avuto sui due mondi.

Oggi, a fine 2014, arriva finalmente il tanto atteso (dai fan di Tørnquist, quantomeno) finale della storia! O, almeno, ne arriva un pezzo: sviluppato grazie a un kickstarter, Dreamfall: Chapters è stato diviso a sua volta in “libri”. Ecco, quindi, che oggi recensiamo Dreamfall: Chapters – Book I.

Partiamo da alcuni doverosi disclaimer. Benché, all'inizio del gioco, ci venga fornito un riassuntino di ciò che è avvenuto in TLJ e Dreamfall, tale riassunto non è assolutamente bastevole per chi non ha mai giocato i primi due giochi. Immaginate di prendere Il Signore degli Anelli e di cominciare a leggere dal secondo libro, con un riassuntino del primo: si potrà capire qualcosa, ma tantissime sfumature, tanti personaggi, tanti dettagli, si perdono. Consiglio, quindi, a chi voglia giocare Chapters, di giocare prima TLJ e Dreamfall.
Secondo disclaimer: questa recensione, per forza di cose, farà qualche spoiler su TLJ e Dreamfall, perché gli eventi di Chapters sono direttamente collegati a quelli dei giochi precedenti – si tratta, di fatto, una sola storia. Chi non vuole nessuno spoiler, salti direttamente alla conclusione (ultimo paragrafo della recensione), oppure non legga.
Fine dei disclaimer, passiamo alla recensione vera e propria.

Dreamfall: Chapters Book I comincia esattamente lì dove avevamo lasciato i nostri protagonisti. Si apre con la bellissima scena del funerale di April, vediamo Kian imprigionato e in attesa di giudizio (sommario), e Zoe è ancora in coma. O meglio, il corpo di Zoe è ancora in coma: lei si trova nel Dreamtime (Tempo dei Sogni, circa), bloccata con il Cantastorie, e passa il tempo ad aiutare i poveri sventurati che finiscono lì a causa della Dream Machine (Macchina dei Sogni). Finché non decide di averne abbastanza di questa vacanza, e di tornare a casa.
Il problema è che, una volta sveglia, ricorda poco o nulla di quello che è successo prima e durante il coma. Gli eventi le vengono spiegati da altri personaggi, e chi ha giocato a Dreamfall noterà che questo o quel dettaglio sono *leggermente* diversi da come erano effettivamente accaduti, e altri eventi saranno più che sospetti.

Una delle cose che temevo moltissimo, quando ho preso in mano questo Chapters, era che tutti i personaggi parlassero come in The Secret World (il MMORPG di Tørnquist), ossia facendo infiniti pipponi retorici sul nulla. In Dreamfall succede solo un paio di volte – perdonabile. In compenso abbiamo alcune scene un filo poco credibili, come quella in cui Zoe e il suo psichiatra parlano appunto degli eventi precedenti al coma di Zoe. E' poco probabile che non ne abbiano già parlato prima (sono passati già 3 mesi dal risveglio di Zoe), è ovvio che adesso lo fanno solo per informare il giocatore/spettatore.
Anche questo di per sé non è grave, se non si ripete continuamente (e in Chapters non succede), ma dà un'idea di come è gestita tutta la storia di questo Book I, ossia in maniera un po' altalenante. Si passa da momenti molto ben realizzati, in cui capiamo la drammaticità della scena da piccoli gesti, o da parole non dette – o da determinate parole dette al posto di altre, – a momenti... meh. Gran parte di Book I, per esempio, è passata a gironzolare per la città a svolgere compiti di cui non potrebbe fregarci di meno, tipo prendere il pranzo al fidanzato, oppure andare a buttare alghe nel fiume – peraltro senza poter *fare* niente, visto che il gioco fa tutto da solo, ma di questo parliamo sotto. Ho capito che l'idea era quella di mostrarci l'attuale “vita normale” di Zoe, ma 15 minuti per buttare le alghe nel benedetto fiume, ma che palle!

Quando le cose son fatte bene, sono fatte davvero bene, come nelle scene con Zoe e Reza, il suo fidanzato (che qualcuno ricorderà da Dreamfall). Riusciamo a capire la relazione e i problemi fra i due anche senza spiegazioni – come dovrebbe essere, in pratica. Altre volte, invece, si scende negli abissi del melodramma. Il fondo di Book I lo si tocca con Madame Queenie, classico personaggio anziano, misterioso et super-saggio che parla come un'attrice anziana, saggia e misteriosa dei film: fa domande incredibilmente profonde – per chi non è abituato a pensare, quantomeno, e Zoe sappiamo già da Dreamfall che non lo è – dice le cose come stanno e, chissà come, riesce a far aprire gli altri.

Qua e là c'è qualche problemino che chiamare “buco logico” è esagerato, ma nondimeno resta un problema. Di solito entra nella categoria “perché i personaggi non pensano a questa bella soluzione?”, e di solito il motivo è che si voleva rafforzare l'effetto drammatico. Uno di questi problemi si trova proprio alla fine del pezzo dedicato a Kian, che, senza spoiler, possiamo riassumere in: “Perché i personaggi non adottano la soluzione X, bella tranquilla, invece della Y, dolorosa e strappalacrime?”. E, appunto, la risposta è: “perché altrimenti il dramma dove lo metti?”.
Chiariamo, nessuno dei problemi che ho elencato sopra, in realtà, è davvero azzoppante, specialmente perché appaiono qua e là, sporadicamente, in mezzo a pezzi molto belli; sono però tanti piccoli fastidi che costringono a “chiudere un occhio”, e alla lunga giocare con l'occhio chiuso dà fastidio.

Passiamo ai lati positivi, ossia ambientazione e personaggi.
Con l'ambientazione, sapevo già di andare sul sicuro, perché è la stessa di TLJ e Dreamfall. Europolis, la megalopoli in cui vive adesso Zoe e in cui è sempre buio, è abbastanza viva e ben realizzata. Nonostante, dopo averla girata per bene, si possa notare che è formata da corridoi, i ragazzi di Tørnquist si sono sbattuti per “dipingerla” come si deve. Vediamo personaggi che passano e spassano per le vie, drogati della Dream Machine buttati a terra, gente seduta sulle panchine... Possiamo origliare un paio di conversazioni, anche se l'effetto realismo si perde quando ascolteremo la stessa per la terza volta in un'ora. In ogni caso, siamo svariati passi avanti rispetto a quell'orrore della Casablanca di Dreamfall, che era uno scenario di cartapesta con dietro il nulla spinto. In Europolis potremo anche entrare in vari edifici, anche se sarà inutile ai fini di quello che dobbiamo fare.
Molto ben mostrato è il background politico e culturale della città. Zoe e il fidanzato sono attivi politicamente, e dai loro discorsi, e dai discorsi che fanno con altri personaggi, possiamo intuire i problemi di Europolis e gli interessi delle varie fazioni politiche – un po' meglio di come un turista potrebbe capire la politica italiana dai discorsi degli amici al bar, ma nondimeno l'espediente funziona. Si ha l'impressione di trovarsi di fronte a una vera città, con veri problemi, insomma.
Arcadia, in Book I, si vede poco. Seguiremo Kian in prigione, ma in tale prigione ci saremo solo noi, una guardia, un altro tizio e qualche cadavere – benché ci sia una rivolta in corso. Ho anche trovato i modelli e le texture più brutte e povere, come se fossero state fatte con le rimanenze del budget.
Infine, ci sono alcune sorpresine per chi segue la storia dai tempi di TLJ: qualche personaggio qua e là, che riconoscerete sicuramente, e una nuova location, di cui non vi posso dire assolutamente nulla, ma che sarà familiare a tutti i fan.

Anche sui personaggi avevo pochi dubbi, perché è da TLJ che Tørnquist ha dimostrato di saperli realizzare. In Book I, il personaggio che seguiremo più spesso, come avrete intuito, è Zoe. Zoe è maturata abbastanza da Dreamfall (per la gioia di Largo), anche se *quanto* è maturata potrete sceglierlo voi attraverso i suoi dialoghi. Ad ogni modo, sta cercando di rimettersi in piedi dopo il coma, ha ripreso a studiare, ha rotto col padre per via di quanto avvenuto in Dreamfall e adesso vive a Europolis con il fidanzato Reza, col quale va più o meno d'accordo, e si occupa di politica a tempo perso. Arriviamo a conoscerla bene, visto che questo Book I è tutto incentrato su di lei, su quello in cui crede e sui suoi obiettivi nella vita.

Nonostante sia un personaggio che non m'ispiri simpatia, non posso dire che sia mal fatto: è una ragazza – ormai una donna – con la quale non è difficile identificarsi, che cerca di ricostruire la sua vita su quello che è rimasto del passato (non a caso il sottotitolo del Book I è “Reborn”, rinato). I suoi conflitti interiori sono molto ben resi: l'amore per Reza e allo stesso tempo il fastidio per il suo atteggiamento paternalistico; la voglia di dare un obiettivo vero alla sua vita e la convinzione latente che tale obiettivo non sia la politica – e il conseguente senso di colpa al pensiero che lei fa “per spasso” quello che i suoi compagni di partito fanno perché ci credono davvero. Tutti questi sono problemi in cui lei si dibatte giorno per giorno e che Tørnquist ci mostra senza, grazie a dio, pipponi retorici. Zoe risulta credibile e complessa, come complessa risulta la realtà che la circonda.

Anche molti personaggi secondari – Reza, il collega di Reza, e il compagno di partito di Zoe, per esempio – suonano credibili, ognuno con la sua propria “voce” (intento il modo di parlare, non il doppiatore), con i suoi interessi e le sue abitudini.

Molti mi sono rimasti impressi, ma quelli più inusuali sono probabilmente Mira e Wit, due costruttori di robot per i quali Zoe lavora occasionalmente. Mira è una svitata (se qualcuno ricorda Flipper, quello di TLJ, ha più o meno chiaro il livello di svalvolaggine di Mira), e Wit è un energumeno autistico. I due ci regalano scenette spassose, ma ancora più divertente è Shitbot (letteralmente: “bot di merda”), il robottino che dovremo testare per conto di Mira. Questa è una delle parti del gioco meglio riuscite, nonostante alcuni problemi anche qui, di cui parlerò meglio sotto.

E abbiamo più o meno terminato i lati positivi. Gran parte della forza di questo Book I è dovuta a ambientazione, personaggi ed eventuale amore dei fan, che hanno atteso anni questo benedetto finale.

I problemi cominciano col gameplay, che di norma non c'è, e quando c'è è fra il noioso e l'imbarazzante. Già in Dreamfall, Tørnquist aveva avuto la “bellissima idea” (ironia, vieni a me!) di eliminare il gameplay “perché voleva raccontare una storia” (citazione più o meno testuale da un sacco di interviste). E' inutile che sottolinei come sia un'idea balorda eliminare il gameplay nella speranza che aumenti il coinvolgimento del giocatore; fatto sta che in Dreamfall si passava da una cutscene all'altra, tranne quando toccava fare un orrendo combattimento legnosissimo, capace di tirare le peggio imprecazioni anche dalle suore.

In Chapters, Tørnquist si è superato! Mi ha quasi fatto rimpiangere la presenza di un QTE! La maggior parte del tempo è spesa (direi “sprecata”) a camminare per Europolis, come se si stesse facendo la staffetta. Vai fino alla sede del giornale di Reza. Ok, adesso vai fino al laboratorio. Oh, sei appena entrata, adesso esci dal laboratorio. Adesso vai fino al fiume. Oh, ora torna dentro il laboratorio. Esci di nuovo dal laboratorio.
Sì, con tutti i caricamenti che state immaginando.
Due. Palle.

Persino un momento spassoso, come quello in cui si testa Shitbot, è ammorbato dal fatto che non c'è *niente* da fare. Peggio ancora è il pezzo delle alghe, in cui bisogna stare fermi a guardare sto robot che setaccia il fiume, mentre lui e Zoe si dicono cose di cui non frega niente a nessuno.
Prima di scrivere la recensione ho spulciato qualche filmato sul tubo, per vedere se cambiando questa o quella scelta si sbloccavano scene nuove, e più di una volta ho beccato i giocatori a dire: “Che perdita di tempo. Ma che palle. Vabbè, questa parte è noiosa”.
Non aiuta che tutti questi spostamenti non mandino avanti la storia quasi per niente. A metà gioco – che dura un cinque ore, per la cronaca – ero lì che pensavo: “ok, tutto molto bello... ma la storia dove sta? Che cosa sto facendo, ma che me ne frega a me delle alghe, del Kaiser e dei problemi sentimentali di Zoe?!”.

Quando qualche pezzo di gameplay è introdotto, era meglio se non ci fosse stato. Si va da degli pseudo-enigmi a dello pseudo-stealth. Gli pseudo-enigmi sono più o meno insensati. Premessa: ci viene detto e mostrato più volte come Europolis sia sotto un regime di polizia da dittatura, ossia se ti arrestano e non ti pestano sei un miracolato. Detto questo, un enigma consiste nel rischiare di mandare in galera un povero vecchio, sempre perché Zoe deve buttare quelle stupidissime alghe in quello stupidissimo fiume. Non ho trovato alcun sistema alternativo (e meno mostruoso) per risolvere quell'enigma.

Un altro enigma è semplicemente banale e noioso (e richiede, indovinate un po', di andare avanti e indietro per altri 15 minuti), ma è magnifica la sua utilità. Dobbiamo riuscire a ottenere udienza presso la Queenie di cui parlavo sopra. La marmocchia di guardia non ci lascia passare. Superiamo questo enigma noioso. La marmocchia continua a non farci passare. Improvvisamente, Queenie stessa decide di darci udienza, così, tanto per (ma probabilmente perché lei è una saggia matusa e SA di avere davanti l'Eroina!). A che è servito quell'enigma palloso? Ma il bello deve ancora venire. Andiamo da Queenie e lei ci accoglie con: “Beh, siccome hai superato la mia marmocchia, ho deciso di darti udienza”. Come cosa? Ma se hai dovuto intercedere tu perché mi facesse passare! Mah, forse anche le vecchie sagge hanno problemi di memoria...

Degli pseudo-enigmi che non definirei decenti, ma che non sono neanche da cervello scartavetrato, si trovano nel prologo, prima che Zoe si svegli dal coma. Anche Kian ha un paio di questi enigmi.

Poco c'è da dire invece dello pseudo-stealth: non è difficile come può sembrare (qualcuno ricorderà l'orrendo stealth di Dreamfall), ma non aggiunge niente di che al gameplay.

Io ho capito che cosa voleva fare Tørnquist: una specie di film interattivo, stile Heavy Rain o TWD. Il problema, anche se si vuole imitare una roba del genere, è che mancano dei pezzi. Anche in TWD e in HR non si fa granché, e ci sono enigmi che sarebbe meglio levare, ma almeno lì c'è una regia decente, e le scene sono interessanti da guardare – quantomeno la prima volta che ci incappi. Se uno prende HR, leva quei quattro QTE e le scelte di dialogo, e attacca tutti i pezzi che si muovono da soli, è tranquillamente guardabile come film.

In Chapters, neanche questo. Nel 90% dei casi, in Chapters la regia è usata, direi, “all'ammuzzo”. Il bot deve setacciare il fiume? Noi siamo bloccati nella solita visuale in terza persona su Zoe, non possiamo neanche spostarla di molto, e ci tocca *aspettare*. Non c'è niente di bello da vedere, è solo noioso. Solo occasionalmente il gioco si impadronisce della regia, e anche in questo caso, a volte se ne esce con inquadrature che non paiono essere state pensate neanche due minuti. Se facessimo l'esperimento del film, ossia levassimo gli orrendi enigmi e attaccassimo il resto, verrebbe fuori una palla allucinante, con Zoe che cammina da A a B, fa un dialogo con qualcuno, poi cammina da B ad A.

Ora, scene belle ce ne sono – il già citato funerale di April, per esempio. Ma sono sparse qua e là, e nel mezzo c'è la noia. Quel che manca è qualcosa, qualsiasi cosa, che attacchi il giocatore allo schermo e lo tenga attaccato. Ambientazione e personaggi funzionano, ma da soli non bastano: ambientazioni e personaggi sono il contenuto, ma manca un veicolo decente per tale contenuto. Normalmente, il veicolo sarebbe il gameplay. Mancante quello, restano solo regia e “cinematograficità”. Mancanti anche questi... capite dove voglio arrivare?

Non voglio penalizzare Book I per il fatto di essere un pezzo della storia completa. Ma, secondo me, anche se la storia fosse già uscita tutta, i problemi non cambierebbero. Sì, io lo giocherei e apprezzerei comunque per la storia, e probabilmente come me tanti altri per cui questa è la parte preferita. Ma lo giocheremmo e apprezzeremmo nonostante questa noia imperante.

Unico puntino di luce in questo mare di problemi: i dialoghi, copiati pari pari da TWD e simili, ma senza l'affanno per trovare una risposta in poco tempo. Quando Zoe o Kian devono decidere cosa rispondere, il tempo rallenta e sulla testa del nostro personaggio volteggiano le varie scelte, di solito ridotte a una parola. Ho molto apprezzato che, passando il mouse su una scelta, il personaggio pensi esattamente quello che intende dire, in modo che non ci siano ambiguità (mi è capitato spessissimo in TWD o in Dragon Age 2, di scegliere una risposta che per me significava X, e per il personaggio significava Y).

Altrettanto copiato è l'orrendo “Tizio si ricorderà di questa cosa” che appare quando facciamo una scelta significativa. Capisco voler dare un feedback al giocatore, ma in teoria il feedback si dovrebbe avere in seguito, quando Tizio, ricordandosi di “questa cosa”, reagirà con noi in modo appropriato. In altri momenti, appare un “L'Equilibrio si è spostato”, quando la nostra scelta è talmente significativa da modificare tutto l'Equilibrio, appunto (anche se, in qualche caso, non mi è parso che avessimo scelta).

Passiamo all'aspetto tecnico. La grafica, come potete più o meno vedere dalle immagini (ho dovuto abbassare un po' i dettagli, sul mio pc), non è super-realistica e dettagliata come in altre produzioni, ma regala scene davvero molto belle. Si vede qua e là che il budget non era abbastanza: come già detto, la parte su Arcadia è nettamente più brutta rispetto a quella su Stark. Anche su Stark, c'è una bella differenza fra i modelli di Zoe e Reza, e quelli dei passanti o di altri personaggi minori. Non è la fine del mondo, direi che la grafica si difende comunque bene, tenuto conto che è un progetto indie e non ha dietro i miliardi.

La musica, stranamente, non mi è rimasta granché impressa. Dico “stranamente” perché quella di Dreamfall e di TLJ la ricordo ancora oggi, e parlo di quasi tutti i pezzi delle due OST. Ad ogni modo, i brani sono molto suggestivi, il sound ricorda da vicino quello dei due titoli precedenti, e riesce sempre a restituire il giusto feeling.

Il doppiaggio in inglese va dal buono al “mmm, ok, si può ascoltare”, anche se qualche accento mi è sembrato un po' falso. Alcuni personaggi hanno cambiato doppiatori, in particolare Zoe e Reza; in giro molti hanno storto il naso per la nuova voce di Zoe, che ha perso l'accento e è molto più roca.

In conclusione, com'è questo Book I? Se siete fan di Tørnquist, o semplicemente di The Longest Journey e Dreamfall, vi piacerà sicuramente per via di personaggi, ambientazione e (scampoli di) storia. Anche chi non va matto per l'universo creato da Tørnquist, ma predilige la storia al gameplay troverà probabilmente di che essere contento (tenendo conto che Book I è un pezzo di una storia, quindi è come leggere un terzo di un libro): Dreamfall Chapters: Book I ha dalla sua un bellissimo setting, molto ricco e approfondito, e dei personaggi umani e ben caratterizzati.
Se della storia in questione non ve ne frega niente, invece, potreste restare annoiati dal continuo andare avanti e indietro per la mappa, dagli enigmi ridicoli e da alcuni personaggi poco ispirati e cliché. Book I non ha un gameplay degno di nota, e potrebbe deludere anche gli amanti dei film interattivi perché non ha una regia e/o delle cutscenes in grado di rivaleggiare con altri titoli simili.

Dreamfall Chapters, sarà formula ad episodi

Poco più di un anno fa Ragnar Tornquist aveva riacceso le speranze di tutti gli appassionati di avventure grafiche ed in particolare coloro che avevano adorato  The Longest Journey e Dreamfall, annunciando un progetto Kickstarter incentrato sulla realizzazione di Dreamfall Chapters, il sequel dell'ultimo capitolo della saga, che risale al 2006. La campagna di crowdfunding si era conclusa positivamente raggiungendo un budget di circa un milione e mezzo di dollari ai quali si erano aggiunti 174 mila dollari donati dal Norwegian Film Institute. La novità è che, nonostante non fosse inizialmente previsto, lo stesso Tornquist ha annunciato su Twitter che il titolo verrà distribuito in cinque diversi episodi nel tentativo di ottenere ulteriori fondi che permetteranno di seguire l'evoluzione di un'idea che "si sta rivelando più ambiziosa di quanto inizialmente preventivato".

"Il processo creativo è imprevedibile" ha aggiunto il papà di April Ryan e Zoe Castillo,  "Avremmo potuto effettuare qualche taglio, eliminare qualche personaggio, qualche locazione, sfoltire la trama, ma avremmo rilasciato un gioco diverso da quello che avevamo in mente e che avevamo promesso ai backer" . In una modalità molto simile a quella di Broken Age della Double Fine di Tim Schafer, il primo episodio di Dreamfall Chapters, che si chiamerà Book One e verrà distribuito per pc, Mac e Linux in autunno, permetterà di ottenere ulteriori introiti e fungerà  dunque da traino per i successivi. Ai backer che hanno partecipato al Kickstarter saranno garantiti tutti e cinque gli episodi senza ulteriori esborsi, mentre per tutti gli altri sarà possibile acquistare i vari capitoli su Steam, GOG, Humble Store.

Tornquist ci mostra Dreamfall Chapters

Dopo essere uscito vittorioso dalla sua campagna kickstarter, Ragnar Tørnquist, già creatore di The Longest Journey, è pronto a mostrarci qualcosa del pre-alpha del suo nuovo gioco: Dreamfall Chapters, la cui uscita è prevista per Novembre di quest'anno. "Qualcosa" lungo 30 minuti: mettetevi comodi e godetevi il video, disponibile con o senza i commenti del creatore del gioco.

Sogni da seguire sull'Ogi Forum

Kickstarter Corner: Dreamfall Chapters

The Longest Journey per molto tempo ha rappresentato uno dei più solidi baluardi delle avventure grafiche nel nuovo millennio e il suo seguito, Dreamfall, nonostante qualche sbavatura, si difese abbastanza bene dall'essere il peso di un titolo tanto importante.

Poteva quindi non arrivare su kickstarter un ipotetico seguito? Certo che no! A fronte così di un budget di "solo" 800.000 dollari, ecco arrivare Dreamfall Chapters, titolo che in pochi giorn ha già quasi coperto il budget richiesto.

A questo puntogli amanti delle avventure grafiche possono solo strofinare il mouse chiedendosi se non si è tornati davvero indietro di dieci anni. Avventure grafiche on fire?

La pagina Kickstarter di Dreamfall Chapters
L'Ogi Forum dove vediamo nascere, crescere e morire innumerevoli progetti