Per celebrare degnamente i 30 anni della saga di Monkey Island, Gwenelan e il signor OjO hanno deciso di giocare in diretta al primo capitolo della serie, non perdendo l'occasione per lasciarsi andare a lunghe chiacchierate e scambi di opinioni.
Torna Tim Schafer con la sua Double Fine e un nuovo, ambizioso, progetto: Psychonauts 2!
Seguito diretto di Psychonauts 1, questo Psychonauts 2 verrà finanziato in parte sulla piattaforma Fig, in parte da "risorse esterne" e in parte con fondi della stessa Double Fine Production. La somma richiesta su Fig è di 3.300.000 dollari di cui al momento è stato raggiunto il 41%. Ma la Double Fine vorrebbe raggiungere i 10-13 milioni di dollari, ossia la cifra richiesta per lo sviluppo del primo Psychonauts.
Sul forum si è già accesa la discussione sul possibile finanziamento di questo progetto e anche molti backers sono scettici, specialmente considerando il precedente gioco della Double Fine, Broken Age, e il fatto che alcuni rewards delle precedenti campagne non sono stati ancora spediti.
Finanziato grazie ad una raccolta fondi record sul KickStarter, a lungo atteso e in due parti diviso Broken Age (nomen omen) è, come da promessa, un ritorno al passato, un tentativo di creare un capolavoro degno dell’epoca d’oro del videoludo. Di più: Broken Age è il ritorno di Tim Schafer all’avventura grafica pura, il genere che lo ha consacrato all’olimpo del gaming. Pregi e difetti.
Vella & Shay
Il titolo di Double Fine si apre con un menu di selezione che permette di intraprendere a turno le avventure di Vella o Shay, due bambini oramai divenuti adolescenti. Quella che si presenta al giocatore è una sfarzosa schermata bipartita gravida di premesse che trasuda vecchie, ma buone dicotomie e chiari simbolismi: sole e luna, ragazzo e ragazza, bianco e nero, natura e scienza sono elementi che ci pongono immediatamente di fronte alla realtà di due universi differenti che cercano di sfiorarsi, di fondersi e che, forse, non arriveranno mai ad incontrarsi se non per brevissimi momenti.
Mamma 2.0
Nelle profondità dello spazio, a bordo dell’incrociatore Nostranavis, un’intelligenza artificiale impazzita che risponde all’identificativo di “Mamma” tiene prigioniero un adolescente di nome Shay Volta; intorno al proprio “cucciolo” ha elevato scudi protettivi di pezza e innalzato firewall a base di panna montata.
Accade poi che l’infanzia termini, che ci si stufi di questa prigione imbottita. È in questo preciso momento che si risveglia il lupo, un’entità latente finché un giovane ragazzo che cresce prova il desiderio di salvare damigelle in pericolo.
Costume
Nel contempo, lungo le coste glassate di Dulcia, Velouria Tartine ha ricevuto il più grande onore: essere selezionata per partecipare al banchetto delle damigelle… come portata principale!
Un leviatano iroso, il temibile Mog Chotra, minaccia periodicamente il pacifico villaggio di fornai e deve essere placato. Quello di Vella è un mondo fatto di bei vestiti, torte e pasticcini e parenti sorridenti (con una piacevole eccezione) che, con nonchalance, imbastiscono un sacrificio che ha i crismi di una festa di compleanno o forse di un addio al nubilato.
Puzzle 1.0
Broken Age parte uno è un viaggio che ha il sapore dell’avventura punta e clicca tradizionale, qui proposta con sfide facilitate per meglio incontrare i gusti delle generazioni moderne; una prima tranche semplificata forse anche per rimanere in linea con il tema del gioco.
Nulla di male: il titolo, che ha il suo punto di forza nella presentazione e nell’illustrazione delle vicende, scorre veloce (circa 4 ore) e si regge piacevole sulle invenzioni di enigmi “innocui”.
I puzzle hanno lo stesso valore pedagogico del gioco delle forme, perché in BA è divertente aprire pacchi regalo, camminare sulle nuvole (letteralmente!), raccogliere spruzzatori di panna montata e premere bottoni colorati senza sentire il “peso” della sfida; il tutto mentre impariamo a conoscere Vella e Shay.
“Nuvole di panna su nel cielo” – cit.
Non si può continuare a parlare di BA, senza rendere tributo all’eccellente grafica. Dal sapiente pennello dell’artista Nathan Stapley, intinto sulla tavolozza del genio di Tim Schafer (inventore del Cron-o-binetto!), non potevamo che aspettarci una massiccia iniezione di fantasia in quella che presto si traduce in una psichedelica overdose sensoriale.
La grafica di BA è un tripudio di tinte sature e forme stilizzate: sull’astronave di Shay troviamo un quadro comandi di gomma, che pare scaturito da un catalogo di articoli per la dentizione, e tanta, tanta lana lavorata in buffi animaletti antropomorfi; le cabine di teletrasporto sono “comari” pasticcione e parlanti, mentre icone colorate formano una segnaletica di sorrisi e frecce che decora le pareti della Nostranavis. Non mancano, nei punti chiave, orbi di controllo che materializzano, con inquietante frequenza, il volto benevolente e sempre vigile di Mamma.
Per contro, Vella, rigorosamente a piedi scalzi, galleggia leggiadra fra le periferie di villaggi di nuvole dipinti, casette di dolciumi, paeselli costruiti con sabbia e secchiello e foreste di alberi parlanti; ciascun ambiente popolato dalle costituenti basilari delle fiabe: tagliaboschi, nonne, serpenti.
Molto del “testo” di BA è nelle immagini, nelle invenzioni e nei personaggi fantastici e coloratissimi. BA è come un libricino per bambini con le sagome che si innalzano pronte per essere afferrate e manipolate per il nostro godimento.
Il lupo perde il pelo… e tutto il suo charme
Dopo un primo atto fatto di non troppo velate, ma eleganti allegorie, di raffinate maschere e buffe ubicazioni, Tim decide inspiegabilmente di togliere il vestimento a tutte le sue creazioni, mostrandocele per quello che in realtà sono. Mai scelta fu più infelice!
Nudo, Broken Age delude. Quando l’allegoria sveste la giubba e assume le sembianze di ridicoli alieni, che paiono fuoriusciti da uno dei peggiori episodi di Star Trek, e di pallidi genitori che vantano un campionario di battute estremamente povero, finalizzato in buona parte alla risoluzione degli enigmi, BA si sgretola come un castello di Costarena davanti ai nostri occhi.
Un villain formidabile, in grado di rivaleggiare con i fasti di Adrian Ripburger o di Hector LeMans, un nemico che nel primo atto ci era parso alla stregua di un frammento di psiche che si ribella agli schemi sicuri dell’infanzia, diventa un antagonista da B-movie con cui condivide la propensione per lo sproloquio. Lo stesso incontro di Vella con l’entità Mamma è momento assolutamente anticlimatico: se era logico immaginare che l’argomento principale del dibattito fosse Shay, preparatevi piuttosto a disquisizioni su come armare una bomba e come reindirizzare i controlli manuali dell’astronave.
Al di là dell’interpretazione, che è elemento legato alla sensibilità di ciascuno, mi pare oggettivo il difetto di BA: mentre nella prima installazione le allegorie vengono presentate al giocatore tramite due vettori complementari, i.e. grafica e testo, nella seconda parte questa comunione di spezza, gli ambienti fungono unicamente da cornice ai puzzle, mentre il narrato viene condensato in due lunghissime esposizioni didascaliche, peraltro prive di mordente.
Con un po’ di fantasia è ancora possibile ricollegare gli scampoli di trama presentati nel secondo atto a quanto già appreso e immaginare un quadro allegorico complessivo che però non ha né la forza, né la freschezza della prima parte, arrivando a “culminare”, per altro, in un finale scialbo e banale.
Puzzle 2.0
Broken Age atto II doveva essere il momento in cui i due protagonisti, scambiatisi di contesto, maturavano e discioglievano le bugie intessute per il loro bene dai genitori, perché Broken Age mi era parsa una novella della crescita, e invece ci troviamo dinanzi al classico muro di enigmi innalzato in locazioni riciclate (fatte salve alcune variazioni cosmetiche davvero minime).
Non solo dobbiamo tutta la longevità della seconda parte (doppia rispetto alla prima, parliamo di circa 8 ore) al lavoro necessario per disciogliere i puzzle, ritroviamo qui quanto di “peggio” la generazione old-school abbia partorito nel corso degli anni: backtracking, pensiero laterale e trial and error. Per aggiungere danno alla beffa, molti degli enigmi sono i medesimi dell’atto primo, riproposti al giocatore in una variante a difficoltà aumentata.
È doveroso poi accennare ad un particolare enigma concernete la riattivazione di un simpatico poliedro, un puzzle talmente “eccitante”, almeno così deve essere parso a Tim, che, per l’occasione, saremo costretti a rifare ben TRE volte!
Quel che è peggio, Broken Age atto II si svolge come un episodio di McGyver, o A-team, dove i protagonisti sono intrappolati in un ambiente “ostile” disseminato per nostro uso e consumo di tutte quelle chincaglierie utili per fabbricare impensati ed impensabili (almeno finché non realizzati) ordigni, aggeggi e congegni necessari per evadere col botto! Sic!
Infine, il gioco nasconde indizi per procedere nella storia di Shay nei segmenti di Vella e viceversa, spezzando così la sospensione dell’incredulità. Il giocatore è costretto a diventare entità alienata dal gioco che tutto gnosce; solo la sua onniscienza consente di trasmettere gli indizi tra i due personaggi grazie ad una supposta telepatia fra i due character (unica spiegazione possibile, ma non soddisfacente).
Sonoro 2.0
La musica di BA rientra nella categoria non mi ha dato fastidio, né mi ricordo di alcun brano in particolare. È bene invece spendere due parole sul doppiaggio: Elijah Wood (Frodo della trilogia dell’anello), Wil Wheaton (il guardiamarina Wesley Crusher di Star Trek: Next Generation) e Jennifer Hale (la metà dei videogiochi in commercio) sono alcune delle voci celebri che donano verbo alle belle figure. Il lavoro svolto è qui incredibile con Jennifer Hale che, nemmanco a dirlo, è carismatica come al solito.
Il gioco spezzato
Broken Age, con la sua produzione travagliata, dimostra chiaramente come spezzettature, episodi e trilogie non giovino all’armonia complessiva di un videogioco. E non si tratta necessariamente del riciclo di alcuni asset o, finanche, di un finale poco ispirato, il vero problema riguarda la possibilità di modificare in corso d’opera. Durante il gap fra un’installazione e la successiva si rischiano contaminazioni sia da parte dello stesso artista, che dedicando troppo tempo all’opera rischia di appesantirne le “tinte”, sia da parte del vociare di un pubblico insoddisfatto che richiede modifiche sostanziali, spesso con poca cognizione di causa.
È anche dilatato il tempo concesso al giocatore per pensare e riflettere sulle tematiche del gioco; c’è tempo per farsi un’idea e “ricamare” su di essa per poi provare frustrazione quando si realizza d’improvviso che il giocattolo ha preso una direzione diversa rispetto all’immaginato e da quanto sperato.
Soppesando
Come si può non volere bene a Tim Schafer? Day of the Tentacle, Full Throttle e Grim Fandango, esistono grazie al suo genio. Pregi e difetti di Broken Age sono sulla bilancia, il giudizio complessivo dipende dunque da quanto siamo disposti a perdonargli.
Per quanto mi riguarda la bontà del primo atto, corto ma ispirato, viene vanificata dal cambio di rotta del secondo. La trama spoglia e spogliata, il muro di enigmi eretto e le ambientazioni riciclate deprezzano il valore complessivo dell’avventura che raggiunge una sufficienza stiracchiata, un sei di incoraggiamento che fa del titolo Double Fine il classico capolavoro mancato.
I sottotitoli in Italiano del documentario dedicato alla produzione di Broken Age, su LucasDelirium
"Iniziata nella primavera del 2012 e conclusasi tre anni dopo, la lavorazione dell'avventura grafica Broken Age di Tim Schafer, realizzata dalla sua Double Fine Productions, è stata raccontata dai 2 Player Productions con un documentario in venti puntate. Non un semplice aggiornamento ripreso col telefonino o col tablet, ma un documentario vero e proprio, girato e montato da professionisti, un lavoro che si regge sulle sue gambe. Un'operazione niente affatto secondaria alla produzione del gioco in sè, pagata dai backer nella stessa campagna Kickstarter (febbraio-marzo 2012), evento epocale per il finanziamento di produzione videoludiche indipendenti. Intervistati o colti al volo dalle videocamere del regista Paul Owens e della sua troupe, Tim e i suoi ci fanno capire, volontariamente o involontariamente, cosa significhi realizzare un videogioco: ricerca creativa, responsabilità, errori di calcolo, definizione di un modus operandi, spirito di corpo, orgogli personali, delusioni, soddisfazioni e soprattutto tre anni della propria vita dedicati a un progetto."
Con queste parole Diduz (creatore di LucasDelirium e storico membro e collaboratore di OldGamesItalia) ci presenta il suo nuovo progetto: la sottotiotolazione in Italiano del documentario dedicato alla produzione di Broken Age, l'ultima avventura grafica di Tim Shafer.
Il bravissimo Diduz ci regala oggi un articolo particolare: una "lettura interpretativa" della trama di Broken Age, che potete leggere in versione completa sul suo sito, LucasDelirium.
Diduz ci spiega che il suo post nasce dal: "veder liquidare Broken Age come infantile, sgangherato e privo di carisma: reagisco con sofferenza perché trovo Broken Age secondo solo a Psychonauts come ambizione di contenuti, tra i lavori di Schafer (sì, nemmeno Grim Fandango era così ambizioso nei contenuti, per quel che mi riguarda, pur essendo migliore come esperienza complessiva)."Il suo articolo nasce quindi per "creare una soluzione miscelata a un' "interpretazione del testo", che ne valorizzi il lavoro di scrittura (ma che all'occorrenza critichi anche alcune falle). Lo scopo non è farne il capolavoro che non è, ma cercare di rettificare una tendenza per me a dir poco sconcertante, cioè quella di usare addirittura il gioco come metro di paragone negativo nelle conversazioni che leggo in giro nella rete.".
Se lo scopo è riuscito, questo sta a voi giudicarlo. Noi vi lasciamo al suo interessante articolo e alla piccola discussione che è nata sul forum di OGI, che trovate al link qua sotto. Diteci la vostra!
Il secondo episodio di Broken Age, l'avventura targata Double Fine Productions e realizzata attraverso uno dei progetti Kickstarter più riusciti del mondo videoludico, verrà rilasciato il 28 aprile. A darci la conferma è un comunicato ufficiale della software house californiana. Il secondo atto di questo gioco per Windows, Mac, Linux,Ouya, iOS, Android, PS4 e PS Vita, arriva a circa quindici mesi di distanza dal primo episodio. Una buona notizia per gli appassionati di avventure grafiche che attendevano da tempo ulteriori sviluppi della storia di Vella e Shay e del gioco partorito dalle mente di Tim Schafer e del suo team .
An Epic Tale of Crime and Corruption in the Land of the Dead!
Manny Calavera torna sui nostri schermi grazie a questo remake del classico senza tempo della LucasArts curato dai Double Fine Productions di Tim Schafer.
Per PS4, PSVita, PC, MacOS e Linux.
Lo seguivamo da tempo e finalmente è uscito.
Riusciranno gli oldgamer di tutto il mondo a resistere al suo fascino?!?
Ebbene sì, dopo l'annuncio qualche mese fa del remastering di Grim Fandango (che a proposito è prossimo all'uscita, fissata per il 26 gennaio su in contemporanea su PC, Mac, Linux, PlayStation 4 e PlayStation Vita) la Double fine ha preso in carica anche la special edition di un altro capolavoro del passato, Day ot the Tentacle!
Difficile da credere? Non tanto, se pensiamo che già nel 2010, poco dopo l'uscita della Special Edition dei primi due capitoli di Monkey Island, si parlava di una special edition di DOTT pronta al 70%.
La domanda che frulla nella testa dei lucasdeliranti doc però non si fa attendere: c'era davvero bisogno di questo remake?
Poco più di un anno fa Ragnar Tornquist aveva riacceso le speranze di tutti gli appassionati di avventure grafiche ed in particolare coloro che avevano adorato The Longest Journey e Dreamfall, annunciando un progetto Kickstarter incentrato sulla realizzazione di Dreamfall Chapters, il sequel dell'ultimo capitolo della saga, che risale al 2006. La campagna di crowdfunding si era conclusa positivamente raggiungendo un budget di circa un milione e mezzo di dollari ai quali si erano aggiunti 174 mila dollari donati dal Norwegian Film Institute. La novità è che, nonostante non fosse inizialmente previsto, lo stesso Tornquist ha annunciato su Twitter che il titolo verrà distribuito in cinque diversi episodi nel tentativo di ottenere ulteriori fondi che permetteranno di seguire l'evoluzione di un'idea che "si sta rivelando più ambiziosa di quanto inizialmente preventivato".
"Il processo creativo è imprevedibile" ha aggiunto il papà di April Ryan e Zoe Castillo, "Avremmo potuto effettuare qualche taglio, eliminare qualche personaggio, qualche locazione, sfoltire la trama, ma avremmo rilasciato un gioco diverso da quello che avevamo in mente e che avevamo promesso ai backer" . In una modalità molto simile a quella di Broken Age della Double Fine di Tim Schafer, il primo episodio di Dreamfall Chapters, che si chiamerà Book One e verrà distribuito per pc, Mac e Linux in autunno, permetterà di ottenere ulteriori introiti e fungerà dunque da traino per i successivi. Ai backer che hanno partecipato al Kickstarter saranno garantiti tutti e cinque gli episodi senza ulteriori esborsi, mentre per tutti gli altri sarà possibile acquistare i vari capitoli su Steam, GOG, Humble Store.
Notizia flash, appena giunta dall'E3 2014 e più precisamente dalla conferenza Sony.
Grim Fandango, uno degli ultimi classici dell'epoca d'oro delle avventure grafiche, tornerà in versione rimasterizzata su PS4 e PSVIta (non si hanno info su ulteriori piattaforme).
A richiederlo a gran voce tramite una lettera strappalacrime, la piccola Sally, 10 anni, manine paffute, barba e il faccione di Tim Schafer.
Eccoci qui alla prima puntata di INDIEtro Tutta, un appuntamento settimanale che ogni lunedì vi accompagnerà in un viaggio alla scoperta del mondo del game making indipendente, attraverso notizie, interviste, discussioni e curiosità. Questa rubrica nasce oggi, ma a livello embrionale era nelle nostre menti ormai da molto tempo, perché da sempre Old Games Italia ha rivolto un'attenzione particolare a questa realtà che negli ultimi anni ha saputo ritagliarsi un ruolo sempre più importante, nel tentativo non sempre riuscito ma encomiabile di proporre qualcosa di più coraggioso e concettualmente più originale di quanto ormai ci regali il mercato mainstream.
Il numero dei prodotti indipendenti e dei protagonisti di questo mondo è cresciuto in modo esponenziale, la scena sembra in gran fermento e questa new wave del videogioco ha raggiunto finanche le console (pensiamo al fenomeno xblig). Non è dunque un caso se alcuni dei titoli più interessanti degli ultimi tempi (prendiamo Papers, Please di Lucas Pope o al successo di Minecraft) sono stati realizzati seguendo modalità diverse da quelle alle quali eravamo abituati fino a qualche anno fa. Il cambio in alcuni casi è radicale.
Il game designer indipendente fa una scelta ben precisa, decide di aggirare o di fare a meno della figura tradizionale del publisher (negli ultimi anni diventata sempre meno vicina alle logiche e alle esigenze di una certa tipologia di giocatori, quelli più esigenti) e prende le distanze da un approccio eccessivamente “commerciale” (in tutte le sfumature di questo termine), puntando invece su un'autonomia supportata da forme di autofinanziamento o di crowdfunding , soluzioni che hanno conquistato anche autori del calibro di Jane Jensen e Tim Schafer e che hanno risvegliato gruppi e nomi storici come Al Lowe e i Two Guys of Andromeda, i Revolution, solo per fare alcuni esempi.
Tutto questo è stato possibile anche perché questi progetti promuovono, di fatto, un coinvolgimento più diretto degli utenti nella fase di sviluppo e una forma di interazione da parte di community di giocatori. La scelta del game designer indie è oggi sicuramente favorita da alcuni fattori non trascurabili, come la capacità di aggregazione della rete, la distribuzione digitale, e non ultimo la possibilità di usufruire di tanti software open source dedicati al video game development “fatto in casa”. Ma il concetto di "indie" nasconde tante sfumature, etichettare questo movimento è estremamente complesso, perchè il termine comprende mille anime, mille voci ed esigenze diverse, mille piattaforme di sviluppo e mille protagonisti diversi, dal game maker amatoriale o autodidatta che si arrangia come può e smanetta nel cuore nella notte al professionista del settore con alle spalle esperienze di lavoro importanti.
Si perchè dal subire il fascino dell'indipendenza artistica non sono esenti neanche protagonisti del ricco mercato a tripla A che mette a disposizione budget faraonici, infatti anche in questa discussa schiera ci sono game designer che hanno deciso di prendere una pausa da questo tipo di mercato per intraprendere una strada più intima, autoriale e personale, da Ken Levine a Peter Molyneux. Il perchè questo avvenga è spesso al centro di dibattiti. Per quanto mi riguarda mi sono dato una spiegazione molto semplice.
Anche per i nomi più importanti trovare finanziatori lungimiranti e in qualche modo appassionati (come i coniugi Williams) e imporre una propria idea di gioco a chi mette davanti a tutto la logica del guadagno è diventato davvero difficile. Questo accade nei piani alti. Nei piani bassi succede che alcuni autori - giocatori, hanno cominciato a non riconoscersi più in un certo modo di fare videogiochi, prodotti sempre più carenti di una forza distintiva, con una struttura sempre più semplice, “casual”, sia a livello ludico che narrativo. I motivi di questa regressione sono evidenti. Le risorse e le idee scarseggiano e l'unico obiettivo diventa quello di racimolare il possibile e raggiungere una fetta più grande di potenziali acquirenti, ma in questo processo vengono spesso tagliati fuori gli appassionati veri e viene sacrificata , ça va sans dire, la qualità complessiva del prodotto che diventa in tal modo piatto e banale.
Dinanzi a questo scenario una folta schiera di artisti e sognatori, variegata sia dal punto di vista anagrafico che geografico, ha deciso di scendere in campo con i pochi mezzi a disposizione, con spirito creativo, innovativo ma anche con l'intenzione di riprendere l'insegnamento di molti titoli storici del passato. Avendo intervistato diversi autori indie posso affermare che il concetto che regge la loro forte volontà e la loro grande passione, che li porta a sacrificare tempo libero e spesso anche risorse personali è questo: se il mercato offre sempre meno quello che ci piace, non resta che rimboccarsi le maniche e provare ad offrire un'alternativa. Sia ben chiaro, lavorando senza grandi cifre, con le forbici e con la colla come dice Dave Gilbert, il fondatore della Wadjet Eye Games, e senza la presunzione di riuscirci sempre, ma con delle buone intenzioni.
D'altronde diversi titoli indie di questi anni ci hanno insegnato che se ci sono in ballo idee valide, professionalità, entusiasmo e passione, si può spesso sopperire anche ad una scarsità di fondi. A patto ovviamente di dover rinunciare a qualcosa. Compromesso fondamentale, i giocatori sono dunque avvisati. Quale modo migliore , dunque, di provare a migliorare questo universo se non... diventarne protagonisti?
Poco importa se si parli di remake o di sequel, prequel, di fan game o di progetti più coraggiosi e ambiziosi, di rpg o di ag, di game jam, di giochi distribuiti in modo completamente gratuito , finanziati attraverso delle campagne o previo contributo e offerte, il concetto è fondamentalmente lo stesso che regge tutto il fenomeno e il manifesto indie, nella musica così come nella letteratura o nel cinema. Libertà artistica, autonomia creativa e se volete anche un pizzico di ribellione rispetto ai paletti imposti dal mercato tradizionale, per molti sempre più un ostacolo alla qualità.
In molti si chiedono se queste belle intenzioni bastino a sfornare un buon gioco e non mancano neanche i detrattori di questo tipo di produzione, che viene spesso ritenuta pretenziosa, c'è chi vede in questo approccio quasi un anacronistico rigurgito sessantottino in salsa tecno-radical chic. Per quanto ci riguarda, abbiamo fiducia nelle possibilità della scena indipendente , così come dimostra la nostra particolare attenzione rivolta ai tanti progetti minori e i nostri progetti di traduzione, ma questo non si tradurrà in un atteggiamento paternalistico o ipocritamente affettuoso nei confronti dei prodotti indie.
Seguiremo gli sviluppi con curiosità, senza aspettarci rivoluzioni o grossi stravolgimenti, ma cercando di valorizzare lo spirito di iniziativa, la forza delle idee, la creatività e la competenza di molti game maker, favorendo l'incontro con i giocatori e con l'utenza del nostro sito. Ci limiteremo a garantire un supporto costante agli autori, non scevro da critiche o da suggerimenti, ma sempre mirato ad incoraggiare e a sostenere i loro progetti. Il nostro taglio editoriale sarà quello di sempre e che contraddistingue Old Games Italia , ovvero massimo rispetto e sostegno per gli autori e per il loro lavoro ma allo stesso tempo anche obiettività e onestà intellettuale. Lasceremo il giudizio finale , l'unico che conti, ai giocatori ed ai fruitori di questi prodotti.
Si ma...perché una rubrica di videogiochi indipendenti in un sito di appassionati del retrogame? Perché spesso questa realtà alternativa alle logiche del mercato mainstream ha molto più in comune con il passato di quanto si possa immaginare e non solo per alcune scelte estetiche (leggasi grafica pixellata) o per l'abbondanza di fan game e remake amatoriali. Secondo i luoghi comuni del genere l'appassionato di vecchie glorie videoludiche è descritto quasi sempre come un inguaribile nostalgico ancorato al passato per ricordi personali e poco informato ed obiettivo sul presente. I più cattivi aggiungono che il retrogamer solitamente veste solo in gilet e mocassini e utilizzi acqua di colonia da quattro soldi. In realtà sappiamo che in pochi e rari casi questo corrisponde alla verità e se così spesso il giocatore più maturo volge il proprio sguardo al passato è perché probabilmente con gli anni, in molti autori o produttori qualcosa è venuto a mancare in termini di passione e di capacità di esplorare le possibilità ludiche o narrative di alcuni generi che hanno sicuramente vissuto momenti migliori.
In questi casi le alternative sono poche, a questi disadattati cronici non resta infatti che aggrapparsi ai grandi titoli storici e all'esempio da loro lasciato. Un principio simile permea molta filosofia indie che riprende spesso idee, entusiasmo e un pizzico di quella follia creativa e di quella passione che facevano parte del DNA di molti game designer che oggi ci ritroviamo a venerare. Dopo aver spiegato quest'ultimo passaggio, direi che questo lungo e noioso preambolo è finalmente giunto a conclusione, ci siamo dilungati troppo e probabilmente avremo già perso metà dei lettori che hanno iniziato a leggere le prime righe.
Prima di perdere gli altri direi che è il momento di lasciare spazio ai protagonisti e ai loro giochi, nella speranza di far cosa gradita a tutti quanti voi. Bando alle ciance dunque, tutti a bordo, mollate gli ormeggi, cazzate la randa, issate il bompresso, ammainate il pappafico, si parte! Senza esitazione, avanti verso il futuro, anzi, ripensandoci , è meglio...INDIEtro Tutta!
La situazione era già nota da tempo: nonostante (o forse per colpa di) lo straordinario successo della campagna kickstarter di Broken Age, la nuova avventura targata Double Fine, i soldi raccolti per il suo sviluppo non sono sufficienti a garantire il completamento del gioco nella maniera pensata da Tim Schafer. Secondo lo stesso Schafer, se il gioco venisse rilasciato applicando gli ultimi ritocchi a quanto già prodotto, i contenuti da tagliare ammonterebbero al 75% di quelli fin qui pianificati.
Ma è notizia di queste ore che, per evitare un simile disastro, la Double Fine ha deciso di rinunciare a proporre un secondo kickstarter (che sarebbe stato un colpo d'immagine mica da ridere) e di rilasciare il gioco in due parti, la prima delle quali proposta nella formula dello Steam Early Access, dove chi paga ha diritto di provare la beta del gioco prima della release ufficiale (quasi un beta testing a pagamento, insomma). La speranza è che questa soluzione, che partirà a gennaio 2014, consenta di finanziare i lavori sulla seconda parte del gioco (prevista per maggio 2014), limitando al minimo i tagli da effettuare per rientrare nei costi.
La rete e soprattutto i backer della prima ora (che comunque avranno diritto a scaricare il gioco completo senza ulteriori esborsi di denaro) non stanno prendendo bene la notizia, soprattutto perché la campagna kickstarter per Broken Age aveva raccolto quasi dieci volte la cifra richiesta in origine. Diciamo che, come tutti i geni creativi, il buon vecchio Tim ha le idee un po' più vaste del suo portafogli.
La lettera di Tim ai backer (da Kotaku.com)
Discutiamone nell'OGI Forum
Regalo di Pasqua della Double Fine a tema GDC, opera dell'ormai mitico Marius Fietzek e gioco freeware che siamo sicuri saprà strapparvi ben più di un sorriso.
Se infatti i premi che vengono consegnati alla GDC sono fra i più importanti nel mondo videoludico, vista la cornice in cui vengono assegnati, il non riuscire ad arrivare alla presentazione perché non si ha più l'ormai mitico pizzetto, è un problema che il nostro Schafer evidentemente teme di affrontare.
Riuscirete ad aiutarlo?
Host Master: Quest for Identity
Se volete incensare come sempre il buon Marius sull'Ogi Forum
Probabilmente non è una notizia del tutto inaspettata, ma il venire a sapere che il buon Ron Gilbert abbandona la Double Fine Productions di Tim Schafer, sarà probabile causa di un moto di tristezza per buona parte degli oldgamers: immaginare cosa avrebbe potuto regalarci questa coppia dopo The Cave rimarrà, per ora, solo un esercizio di fantasia.
Certo, questo non vuol dire che il Re rimarrà con le mani in mano avendo già annunciato un suo possibile futuro lavoro, Scurvy Scallywags in The Voyage to Discover the Ultimate Sea Shanty: A Musical Match-3 Pirate RPG (sarà questo il titolo? Dubitiamo), ma per ora non ci resta che attendere nuove informazioni...
Il blog di Ron con la notizia
Congetture e ipotesi si sprecano sull'Ogi Forum
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
Chi siamo | Contattaci | Policy | Manifesto