INDIEtro Tutta: Si comincia...
Parte INDIEtro Tutta, la nuova rubrica di Old Games Italia

Eccoci qui alla prima puntata di INDIEtro Tutta, un appuntamento settimanale che ogni lunedì vi accompagnerà in un viaggio alla scoperta del mondo del game making indipendente, attraverso notizie, interviste, discussioni e curiosità. Questa rubrica nasce oggi, ma a livello embrionale era nelle nostre menti ormai da molto tempo, perché da sempre Old Games Italia ha rivolto un'attenzione particolare a questa realtà che negli ultimi anni ha saputo ritagliarsi un ruolo sempre più importante, nel tentativo non sempre riuscito ma encomiabile di proporre qualcosa di più coraggioso e concettualmente più originale di quanto ormai ci regali il mercato mainstream.

Il numero dei prodotti indipendenti e dei protagonisti di questo mondo è cresciuto in modo esponenziale, la scena sembra in gran fermento  e questa new wave del videogioco ha raggiunto finanche le console (pensiamo al fenomeno xblig). Non è dunque un caso se alcuni dei titoli più interessanti degli ultimi tempi (prendiamo Papers, Please di Lucas Pope o al successo di Minecraft) sono stati realizzati seguendo modalità diverse da quelle alle quali eravamo abituati fino a qualche anno fa. Il cambio in alcuni casi è radicale.

Il game designer indipendente fa una scelta ben precisa, decide di aggirare o di fare a meno della figura tradizionale del publisher (negli ultimi anni diventata sempre meno vicina alle logiche e alle esigenze di una certa tipologia di giocatori, quelli più esigenti) e prende le distanze da un approccio eccessivamente “commerciale” (in tutte le sfumature di questo termine), puntando invece su un'autonomia supportata da forme di autofinanziamento o di crowdfunding , soluzioni che hanno conquistato anche autori del calibro di Jane Jensen e Tim Schafer  e che hanno risvegliato gruppi e nomi storici come Al Lowe e i  Two Guys of Andromeda, i  Revolution, solo per fare alcuni esempi.

Tutto questo è stato possibile anche perché questi progetti promuovono, di fatto, un coinvolgimento più diretto degli utenti nella fase di sviluppo e  una forma di interazione da parte di community di giocatori. La scelta del game designer indie è oggi sicuramente favorita da alcuni fattori non trascurabili, come la capacità di aggregazione della rete, la distribuzione digitale, e non ultimo la possibilità di usufruire di tanti software open source dedicati al video game development “fatto in casa”. Ma il concetto di "indie" nasconde tante sfumature, etichettare questo movimento è estremamente complesso, perchè il termine comprende mille anime, mille voci ed esigenze diverse, mille piattaforme di sviluppo e mille protagonisti diversi, dal game maker amatoriale o autodidatta che si arrangia come può e smanetta nel cuore nella notte al professionista del settore con alle spalle esperienze di lavoro importanti.

Si perchè dal subire il fascino dell'indipendenza artistica non sono esenti neanche protagonisti del ricco mercato a tripla A che mette a disposizione budget faraonici, infatti anche in questa discussa schiera ci sono game designer che hanno deciso di prendere una pausa da questo tipo di mercato per intraprendere una strada più intima, autoriale e personale, da Ken Levine a Peter Molyneux. Il perchè questo avvenga è spesso al centro di dibattiti. Per quanto mi riguarda mi sono dato una spiegazione molto semplice.

Anche per i nomi più importanti trovare finanziatori lungimiranti e in qualche modo appassionati (come i coniugi Williams) e imporre una propria idea di gioco a chi mette davanti a tutto la logica del guadagno è diventato davvero difficile. Questo accade nei piani alti. Nei piani bassi succede che alcuni autori - giocatori, hanno cominciato a non riconoscersi più in un certo modo di fare videogiochi, prodotti sempre più carenti di una forza distintiva, con una struttura sempre più semplice, “casual”, sia a livello ludico che narrativo. I motivi di questa regressione sono evidenti. Le risorse e le idee scarseggiano e l'unico obiettivo diventa quello di racimolare il possibile e raggiungere una fetta più grande di potenziali acquirenti, ma in questo processo vengono spesso tagliati fuori gli appassionati veri e viene sacrificata , ça va sans dire, la qualità complessiva del prodotto che diventa in tal modo piatto e banale.

Dinanzi a questo scenario una folta schiera di artisti e sognatori, variegata sia dal punto di vista anagrafico che geografico, ha deciso di scendere in campo con i pochi mezzi a disposizione, con spirito creativo, innovativo ma anche con l'intenzione di riprendere l'insegnamento di molti titoli storici del passato. Avendo intervistato diversi autori indie posso affermare che il concetto che regge la loro forte volontà e la loro grande passione, che li porta a sacrificare tempo libero e spesso anche risorse personali è questo: se il mercato offre sempre meno quello che ci piace, non resta che rimboccarsi le maniche e provare ad offrire un'alternativa. Sia ben chiaro, lavorando senza grandi cifre, con le forbici e con la colla come dice Dave Gilbert, il fondatore della Wadjet Eye Games, e senza la presunzione di riuscirci sempre, ma con delle buone intenzioni.

D'altronde diversi titoli indie di questi anni ci hanno insegnato che se ci sono in ballo idee valide, professionalità, entusiasmo e passione, si può spesso sopperire anche ad una scarsità di fondi. A patto ovviamente di dover rinunciare a qualcosa. Compromesso fondamentale, i giocatori sono dunque avvisati. Quale modo migliore , dunque, di provare a migliorare questo universo se non... diventarne protagonisti? 

Poco importa se si parli di remake o di sequel, prequel, di fan game o di progetti più coraggiosi e ambiziosi, di rpg o di ag, di game jam, di giochi distribuiti in modo completamente gratuito , finanziati attraverso delle campagne o previo contributo e offerte, il concetto è fondamentalmente lo stesso che regge tutto il fenomeno e il manifesto indie, nella musica così come nella letteratura o nel cinema. Libertà artistica, autonomia creativa e se volete anche un pizzico di ribellione rispetto ai paletti imposti dal mercato tradizionale, per molti sempre più un ostacolo alla qualità.

In molti si chiedono se queste belle intenzioni bastino a sfornare un buon gioco e non mancano neanche i detrattori di questo tipo di produzione, che viene spesso ritenuta pretenziosa, c'è chi vede in questo approccio quasi un anacronistico rigurgito sessantottino in salsa tecno-radical chic. Per quanto ci riguarda, abbiamo fiducia nelle possibilità della scena indipendente , così come dimostra la nostra particolare attenzione rivolta ai tanti progetti minori e i nostri progetti di traduzione, ma questo non si tradurrà in un atteggiamento paternalistico o ipocritamente affettuoso nei confronti dei prodotti indie.

Seguiremo gli sviluppi con curiosità, senza aspettarci rivoluzioni o grossi stravolgimenti, ma cercando di valorizzare lo spirito di iniziativa, la forza delle idee, la creatività e la competenza di molti game maker, favorendo l'incontro con i giocatori e con l'utenza del nostro sito. Ci limiteremo a garantire un supporto costante agli autori, non scevro da critiche o da suggerimenti, ma sempre mirato ad incoraggiare e a sostenere i loro progetti. Il nostro taglio editoriale sarà quello di sempre e che contraddistingue Old Games Italia , ovvero massimo rispetto e sostegno per gli autori e per il loro lavoro ma allo stesso tempo anche obiettività e onestà intellettuale. Lasceremo il giudizio finale , l'unico che conti, ai giocatori ed ai fruitori di questi prodotti.

Si ma...perché una rubrica di videogiochi indipendenti in un sito di appassionati del retrogame? Perché spesso questa realtà alternativa alle logiche del mercato mainstream ha molto più in comune con il passato di quanto si possa immaginare e non solo per alcune scelte estetiche (leggasi grafica pixellata) o per l'abbondanza di fan game e remake amatoriali. Secondo i luoghi comuni del genere l'appassionato di vecchie glorie videoludiche è descritto quasi sempre come un inguaribile nostalgico ancorato al passato per ricordi personali e poco informato ed obiettivo sul presente. I più cattivi aggiungono che il retrogamer solitamente veste solo in gilet e mocassini e utilizzi acqua di colonia da quattro soldi. In realtà sappiamo che in pochi e rari casi questo corrisponde alla verità e se così spesso il giocatore più maturo volge il proprio sguardo al passato è perché probabilmente con gli anni, in molti autori o produttori qualcosa è venuto a mancare in termini di passione e di capacità di esplorare le possibilità ludiche o narrative di alcuni generi che hanno sicuramente vissuto momenti migliori.

In questi casi le alternative sono poche, a questi disadattati cronici non resta infatti che aggrapparsi ai grandi titoli storici e all'esempio da loro lasciato. Un principio simile permea molta filosofia indie che riprende spesso idee, entusiasmo e un pizzico di quella follia creativa e di quella passione che facevano parte del DNA di molti game designer che oggi ci ritroviamo a venerare. Dopo aver spiegato quest'ultimo passaggio, direi che questo lungo e noioso preambolo è finalmente giunto a conclusione, ci siamo dilungati troppo e probabilmente avremo già perso metà dei lettori che hanno iniziato a leggere le prime righe.

Prima di perdere gli altri direi che è il momento di lasciare spazio ai protagonisti e ai loro giochi, nella speranza di far cosa gradita a tutti quanti voi. Bando alle ciance dunque, tutti a bordo, mollate gli ormeggi, cazzate la randa, issate il bompresso, ammainate il pappafico, si parte! Senza esitazione, avanti verso il futuro, anzi, ripensandoci , è meglio...INDIEtro Tutta!

Thief: Il Progetto Distorto

Ho avuto intenzione di rigiocare Thief: The Dark Project letteralmente per anni, ma nelle poche occasioni in cui ho avuto tempo per ricominciarlo, non mi è mai sembrato di poterlo fare. Uno degli effetti collaterali del giornalismo videoludico è stato quello di rendermi riluttante a rigiocare vecchi giochi – mi è sempre sembrato di spendere meglio il mio tempo giocando cose nuove, tenendomi aggiornato.

Quindi quando chiusi col giornalismo videoludico per cominciare il mio nuovo lavoro, la prima cosa che ho fatto è stata reinstallare Thief, come un modo per reclamare il mio hobby. Adesso, dopo aver speso cinque weekend per finire il gioco, sono giunto a una strana conclusione.

Questa conclusione è che, anche se mi sono divertito molto a rigiocarlo, Thief è un gioco leggermente “rotto”. E' splendido sotto molti aspetti, ma ci sono cose che non funzionano bene – e ad un livello veramente basilare.

Prima di arrivarci, però, vale la pena di spiegare cos'è che rende Thief così ottimo. Per come la vedo, Thief è un gioco costruito su due semplici concetti. Questi due concetti definiscono ogni elemento del design ed esprimono pienamente il fascino del gioco. Sono:

1) Sei sempre vulnerabile.

2) Il mondo è prevedibile; è costruito su sistemi che sembrano fisici.

Per esperienza, è il primo che sembra sempre entrare in risonanza con le persone. Ho sentito molti dire che Thief è un gioco incentrato sulla vulnerabilità; sul doversi sempre nascondere. E' vero che nascondersi è un elemento chiave, ma per me Thief è un gioco di contrasti – è incentrato sull'essere vulnerabile nella luce e sull'essere invulnerabile nelle tenebre.

Il contrasto è un tema che percorre Thief come una cucitura. Luce e tenebra; fede e conoscenza; scienza e magia; arte e FMV – il gioco è costruito su elementi deliberatamente in contrasto fra loro che lo fanno risaltare.

Ma proseguiamo. Questi sistemi prevedibili sono il vero elemento chiave, perché Thief si sforza molto di stabilirne la prevedibilità per poterli distorcere in seguito. Letteralmente ogni livello prende un sistema che prima era prevedibile, e lo distrugge, forzandoti ancora e ancora ad attraversare un ciclo di tre stadi ludici – vulnerabilità, sperimentazione, padronanza.

Lo fa ancora e ancora, astutamente e con sicurezza, aggiungendo delle distorsioni narrative dov'è possibile in modo che il gioco non sembri mai sleale. C'è una distorsione su un sistema diverso letteralmente in ogni livello.

Livello 1 – Maniero di Lord Bafford

Questo è il primo livello, quindi stabilisce gli schemi. Se proprio ce n'è una, la distorsione qui è che tu non sei Duke Nukem, anche se il gioco è in prima persona. Seriamente, però, impari il combattimento, lo stealth e l'esplorazione. Alla fine del livello, hai la padronanza di tutte e tre le abilità.

Livello 2 – Fuga dalla Prigione di Cragscleft

Vengono introdotti gli zombie, senza nessuna guida che ci spieghi come sconfiggerli. Il combattimento contro di loro è molto diverso rispetto a quello normale e anche lo stealth può essere diverso, visto che non puoi incapacitare uno zombie senza fare rumore. La prima volta che un morto si rialza, è dannatamente terrificante.

Livello 3 – Mucchio d'Ossa

Sono introdotte le trappole, quindi adesso devi fare attenzione anche quando sei sicuro di essere solo. Ce ne sono di diverso tipo – a dardi, a massi, ecc. Inoltre, Mucchio d'Ossa si focalizza maggiormente sugli spazi verticali.

Livello 4 – Assassini

Narrativamente, questo è il primo livello in cui parti sulla difensiva. Seguire gli assassini è un cambiamento interessante, ma la grande distorsione qui è che cominci la missione con i grimaldelli, che fondamentalmente cambiano il modo in cui esplori e procedi nel livello.

Livello 5 – La Spada

Prima di questo livello Thief si focalizza su locations realistiche – e per la maggior parte manieri. Questo livello riprende il maniero, ma toglie il realismo. Il Maniero di Costantine è pieno di architetture bizzarre e spazi impossibili. E' una missione standard, ma in uno spazio non-standard.

Livello 6 – La Cattedrale Maledetta

Prima della cattedrale potevi mischiare l'aggressività e lo stealth facilmente nascondendo i cadaveri. Adesso, appaiono i Craymen che sono troppo pesanti da sollevare – assieme alle Apparizioni che non hanno corpo. Ti aspetti anche di dover rubare un preziosissimo gioiello, ma poi scopri di dover rubare un artefatto senziente. Nel frattempo, vengono svelati i Guardiani.

Livello 7 – La Città Perduta

Da una città in rovina ad un'altra, molto diversa. Appaiono gli Elementali del Fuoco, senza nessun tipo di preavviso. Questi nemici distruttori di ombre sono difficili da oltrepassare cautamente, perché non hanno una linea visiva convenzionale. Diventano disponibili anche le frecce di gas, che cambiano drammaticamente il modo in cui affronti il nemico a distanza, e le luci degli edifici si accendono automaticamente, rendendo lo stealth più difficile.

Livello 8 – Sotto Copertura

La distorsione qui è in tuo favore; un travestimento che ti fa avvicinare a molti nemici direttamente e trasforma questo livello più in un puzzle da risolvere che in una missione stealth. Si stabilisce anche com'è fatto il Tempio degli Hammeriti, cosa che diventerà importante in seguito.

Livello 9 – Ritorno alla Cattedrale

Appaiono gli Haunts come nuovi nemici; veloci, spaventosi e, di nuovo, senza nessun preavviso. Appaiono anche le Apparizioni Amichevoli, dimostrando che non tutti i non-morti sono cattivi. Questo livello inoltre contrasta la fede (Hammeriti) con lo scetticismo (Garrett) più di ogni altro.

Livello 10 – Fuga!

Quasi ogni livello prima di questo ti fa scegliere l'equipaggiamento prima di cominciare la missione, ma qui cominci quasi nudo. Ottieni le mine di gas e incontri le Frogbeasts per la prima volta, che corrono verso di te ed esplodono – due cose che cambiano il bilanciamento del combattimento drasticamente. Nel frattempo, appare il Trickster.

Livello 11 – Strani Compagni di Letto.

Devi salvare l'Alto Prete e portare il suo corpo al sicuro – cosa che fa di questa l'unica missione di scorta in Thief e che rende nascondersi e andare in giro molto più difficile. Vengono introdotti i ragni e le Bugbeasts, entrambi riescono a restringere i tuoi movimenti senza farti male direttamente – essenzialmente impedendoti di fuggire.

Livello 12 – Nel Mezzo del Caos

Prima di tutto, di nuovo manca il negozio prima della missione. Il campo di ghiaccio fa un'apparizione dell'ultimo minuto, aumentando il rischio dato dall'ambiente. La grande distorsione qui, però, è la linearità del design del livello: c'è solo una via da percorrere e nessuna stanza da esplorare.

Ci sono anche le missioni di Thief: Gold, che hanno delle distorsioni per conto loro, ma quei livelli sono molto più deboli secondo me. Quel che importa, comunque, è che ogni livello ha qualcosa in sé che lo rende diverso dagli altri – qualcosa di nuovo da farti affrontare. Qualcosa che pensavi di aver padroneggiato viene improvvisamente cambiato – facendoti sentire di nuovo vulnerabile e dandoti qualcosa di nuovo da imparare. E' una buona cosa.

Quindi, cos'è che indebolisce Thief? E' il fatto che ci sono troppe distorsioni delle meccaniche introdotte troppo in fretta. Quando raggiungi il quarto livello hai già affrontato i non-morti, hai imparato ad evitare le trappole e le basi dello stealth e dell'esplorazione. Il gioco cerca di fare un'escalation da qui, ma non ha un punto davvero valido da raggiungere. I Craymen che non si possono sollevare, per esempio, sono un cambiamento interessante, ma non cambiano davvero il modo in cui giochi – e l'Apparizione dello stesso livello è lì più per spaventare che per altro.

Quel che complica il tutto è che Thief accumula costantemente in preparazione per le distorsioni – dandoti molte risorse mentre giochi. Specialmente più avanti nel gioco, quando hai un tale surplus di equipaggiamento che puoi semplicemente aggredire tutto quanto. Giocando il livello Strani Compagni Di Letto, per esempio, avevo così tante mine di gas e frecce di gas che ero praticamente inarrestabile.

Non c'è nulla di male nell'approccio dell'assassino, naturalmente – uccidere tutti è un percorso come un altro – ma quando la violenza deriva dalla possibilità e non dalla necessità, allora causa frizione con la vulnerabilità che è altrimenti il cuore di Thief. In Strani Compagni Di Letto, ho ucciso tutti quanti nel livello solo perché potevo. E' molto diverso rispetto al poter di uccidere una guardia in un angolo particolare.

L'altro problema è che le distorsioni non sempre si legano bene alla narrativa. Prendi Nel Mezzo del Caos per esempio. La storia qui è che stai andando contro un nemico potentissimo; che hai il supporto di altre persone e che hai avuto tempo di prepararti per la missione. Le distorsioni però sono che non hai il negozio prima di cominciare e il pavimento è scivoloso in alcuni punti. La prima non ha senso, la seconda è irrilevante.

Per me, questo, insieme al brutto level design, rende Nel Mezzo del Caos il peggiore livello del gioco. Una distorsione che avrebbe avuto più senso sarebbe stato far sì che Garrett fosse supportato dalle forze degli Hammeriti/Guardiani, o che il Trickster avesse qualche strano potere che doveva essere superato. Invece, il Trickster è essenzialmente il nemico più debole del gioco e gli Hammeriti non si vedono nonostante nel briefing ti appoggino.

Non mi fraintendete, Thief è un gioco eccellente. L'ho detto nell'episodio di Brendon Chung di Unlimited Hyperbole – ma anche giocato nel corso di cinque settimane c'è un elemento di affaticamento meccanico che entra in gioco.

Per me, i livelli migliori sono quelli dove compaiono più distorsioni in una volta che nello stesso tempo sono unite alla narrativa. La Città Perduta per esempio, parte come una spedizione in territori sconosciuti – ed è esattamente quello che è. C'è un arco di vulnerabilità, sperimentazione e padronanza e ha senso ad ogni passo. Il briefing del livello fa una promessa che il livello mantiene.

I giochi moderni possono imparare un sacco di lezioni da Thief sotto questo aspetto. Stabilire delle regole prevedibili e poi distorcerle per il giocatore è qualcosa che i giochi possono fare meglio di qualunque altro media e che può avere un forte impatto sul giocatore. La sequenza AC130 in Modern Warfare, la sequenza con la gravity gun alla fine di Half-Life 2 e il secondo personaggio in Hotline Miami sono tutti grandi esempi. E' anche qualcosa che gli altri giochi della serie Thief hanno fatto bene – Kieron Gillen offre un bell'esempio in un altro episodio di Unlimited Hyperbole, in realtà.

Più interessante per me è però il modo in cui Dishonored, il successore spirituale di Thief, inverte l'idea di queste distorsioni in modo che siano generate dal giocatore e non dall'ambiente. In Thief devi continuare ad adattarti alle nuove minacce che ti si pongono davanti; in Dishonored le minacce sono di solito abbastanza prevedibili. Invece, è il tuo graduale sblocco delle nuove abilità che ti pone in un più breve arco di pura sperimentazione e padronanza. Occasionalmente arriva la distorsione esterna, come gli assassini di Daud, ma quello che manda avanti Dishonored è un senso di potere, non di vulnerabilità.

Ecco perché non è un problema se Dishonored ti dà tante risorse quante te ne dà Thief; in Thief le risorse ti sono utili solo per superare un ostacolo, ma in Dishonored le risorse sono utili solo perché puoi usarle.

Che Dishonored e Thief finiscano per essere così simili essendo lo stesso così diversi è per me molto interessante, specialmente se si nota come Dishonored usi la consistenza dove Thief usa il contrasto. Questa è la discussione per un altro blogpost, comunque. Ho scritto abbastanza già così e, come ho detto all'inizio, non è che mi paghino ancora per questo!

(Questo articolo è stato scritto da Joe Martin, per Unlimited Hyperbole. La traduzione è stata fatta da Gwenelan.)

Cosa ne pensate dell'analisi dei livelli di Joe Martin? E del confronto fra le distorsioni di Thief e quelle di Dishonored? Diteci la vostra sull'OGI Forum!