Dopo oltre 20 anni di oblio, SHODAN è tornata. Finalmente la gloriosa opera LookingGlass torna a fare parlare di sé, e lo fa in grande stile, grazie ad una piccola azienda americana, Night Dive Studios, che, in ultima istanza, ha rintracciato e acquistato i diritti di sfruttamento della serie. L’operazione non è stata delle più semplici, a detta del CEO Stephen Kick . Nel frattempo i due System Shock, da videogame di culto, sono diventati tra i titoli più richiesti su GOG, la piattaforma retrogaming del publisher polacco CDProjekt. Ed è probabilmente grazie al successo di questa piattaforma che Night Dive ha deciso di investire nell’acquisizione dei diritti di ri-pubblicazione di diverse glorie del passato e tra queste, System Shock.
L’opera di costruzione di un nuovo pedigree per la serie presso vecchi e nuovi giocatori è stato cautamente pianificato per come sono state gestite le varie uscite. Si è iniziato col rendere disponibile, nel 2013, System Shock 2 sulla piattaforma GOG prima (al tempo il videogame più richiesto in assoluto dagli utenti) e su Steam poi. Successivamente, nel settembre 2015, è stata resa disponibile una versione enhanced del primo System Shock, sempre sulla piattaforma GOG. Contestualmente, Night Dive annunciava di essere al lavoro sul remake proprio del primo capitolo e in trattativa per un capitolo del tutto nuovo. Alla fine del 2015 Night Dive dichiarava di aver “consegnato le chiavi” della serie nelle mani di OtherSide Entertainment, piccola realtà fondata da Paul Neurath che, casualmente (!), è stato anche il co-fondatore di LookingGlass Studios, all’epoca chiamata Blue Sky Productions. Poco dopo da OtherSide Entertainment veniva (ri)chiamato Warren Spector, celebre game designer famoso soprattutto per aver dato i natali a Deus Ex, successore spirituale, e non è un caso, di System Shock. Tutto torna. Con queste premesse, è partito ufficialmente lo sviluppo del nuovo capitolo, di cui attualmente non sappiamo molto. Del remake in lavorazione presso Night Dive invece, abbiamo molte più informazioni. Questo perché da qualche giorno è stata lanciata una campagna di finanziamento sulla piattaforma Kickstarter e al contempo rilasciata una demo, in stato pre-alpha. Ed è di questa che andremo a parlare... tra poco.
Kickstarter
Prima di parlare in dettaglio della demo, vorrei spendere alcune parole circa la campagna di finanziamento dal basso intrapresa su Kickstarter e la natura del progetto stesso di risvegliare System Shock da un sonno criogenico durato 22 anni. Questo perché c’è un po’ di confusione, generata probabilmente dagli sviluppatori stessi (!). Il motivo è presto detto: remaster, remake o reboot? Queste tre parole nascondono altrettante categorie di “trattamento” che un vecchio videogame può subire, e differiscono sensibilmente tra loro. Partiamo dall’ovvio: Night Dive è ben consapevole dei due maggiori difetti del classico datato 1994, sarebbe a dire la grafica e l’interfaccia utente. Dunque il focus sarà principalmente su questi due aspetti. Dalla demo, vediamo appunto che questi aspetti, pur non rappresentando in alcun modo la qualità finale, hanno subito un totale rifacimento. Tutto questo era coerente con quanto dichiarato e possiamo dire che siamo nel campo di una remaster. La confusione è stata generata dalla campagna Kickstarter, dove invece si è iniziato a parlare di reboot (riavvio). A supporto di quanto scrivo, uno degli obiettivi della campagna, fissato a 1.4 milioni di dollari dai 900mila richiesti per dare vita al “nuovo” System Shock (nel momento in cui scrivo siamo oltre 825mila dollari raccolti NdR), recita testualmente: “Aggiornamento delle meccaniche di base” dove si parla di un “sistema di livellamento da vero RPG” e altre caratteristiche più proprie del secondo capitolo che non del primo, laddove infatti queste caratteristiche sono già presenti proprio in System Shock 2 e non, come erroneamente pensato da qualche giocatore meno smaliziato, derivanti da Bioshock. Questo è fondamentale per tenere salde le origini della serie, senza nulla togliere al pur buonissimo FPS di Irrational Games, co-creatori, lo ricordo, proprio di System Shock 2 e motivo di queste similitudini con Bioshock oltre che, più in generale, di questa errata conclusione.
Cambiare le meccaniche base di un gioco come System Shock lo trasformerebbe più in un remake (rifacimento) o anche, appunto, un reboot. L’ovvia conclusione a cui io e anche voi possiamo arrivare è dunque che hanno intenzione di limitarsi ad una remaster ma che, con fondi aggiuntivi, non avrebbero timore di spingersi oltre, fino alla ridefinizione delle meccaniche di base che sostanzialmente consegnerebbe ai fan un altro gioco. Personalmente, non solo sono un fan della serie, no… considero System Shock tra i migliori, più innovativi e seminali videogame mai creati. Era almeno 20 anni avanti. Ragione per cui, un semplice aggiornamento alla grafica e all’interfaccia sarebbe sufficiente a metterlo al passo coi tempi. E accontentare i fan. D’altra parte, non posso pensare alla serie se non in termini di innovazione, per cui, forse controcorrente, sono felice che Night Dive voglia investire soldi e coraggio (credetemi, di coraggio c’è ne vuole a cambiare un’istituzione..!) nel migliorare qualcosa che potrebbe benissimo reggere il confronto con qualsiasi videogame moderno. Questo a maggior ragione se vogliamo criticare la mancanza di coraggio dell’attuale industria videoludica. E noi lo facciamo ogni singolo giorno, giusto? Gli sviluppatori puntano, per quanto riguarda le meccaniche role-play, ad una via di mezzo tra il primo ed il secondo capitolo della serie, con qualche spruzzatina di Bioshock. Testuali parole. Per dovere di cronaca, alcuni obiettivi aggiuntivi della campagna sono relativi a nuove zone esplorabili in Citadel Station, nuovi audio-diari, nuovi enigmi e mini-giochi, nuovi filmati in CG, nuove meccaniche riguardanti le armi (creazione e modifica). Insomma, di lavoro ne vogliono fare.
Demo
La demo, appositamente confezionata per il lancio della campagna di finanziamento a incentivare così la partecipazione, pesa circa 450Mb ed è stata resa disponibile su Steam, GOG e Humble Bundle, gratuitamente (niente Early Access, per capirci). Dopo averla avviata, salterà subito all’occhio la mancanza di opzioni, a parte la possibilità di modificare la risoluzione video e il campo visivo. Tuffandoci nell’azione, a chi ha giocato l’originale, tutto sembrerà maledettamente familiare, e questo è un plus non da poco. Dal level design fortemente geometrico alla paletta cromatica tendente al blu (era azzurro nell’originale, la scelta di un tono più scuro è comunque azzeccata nel migliorare l’atmosfera generale), ai nemici e, infine, alle armi. La demo infatti ricalca fedelmente le prime fasi di gioco dell’originale. Come detto, gli sviluppatori si sono concentrati soprattutto su grafica e interfaccia. Per quanto riguarda la grafica, c’è da dire che la demo è sviluppata col motore Unity anche se potrebbe non essere questa la scelta definitiva. Senza scendere in tecnicismi troppo spinti, le texture e i modelli 3D così come le animazioni sono molto buoni, sebbene lontani dai migliori titoli in commercio. In particolare le texture, da vicino, mostrano qualche pixel di troppo, anche se si tratta di una precisa scelta artistica piuttosto che un difetto tecnico, confermando la scelta di non usare alcun tipo di filtraggio. L’upgrade di maggiore impatto grafico, comunque, riguarda l’illuminazione globale che restituisce un look and feel assolutamente moderno e realistico, donando anche al gameplay sfaccettature non possibili nell’originale, come nemici che escono fuori dall’ombra, sperando in una migliorata componente stealth, laddove possiamo notare delle telecamere che però, ad oggi, non hanno (ancora?) alcun impatto sul gameplay. Per quanto riguarda l’interfaccia, siamo sul tecno-minimale, dunque un deciso passo avanti rispetto all’ingombrante UI dell’originale, anche se gli sviluppatori hanno già mostrato prototipi più avanzati, con nuove funzionalità.
Passiamo all’azione vera e propria, ossia la componente shooter, dicendo che siamo di fronte ad un gameplay realistico, con un protagonista pesante nei movimenti, a dimostrazione di un particolare riguardo alla fisica, comunque non ancora implementata nemmeno a livello base: ad esempio infatti non si potranno lanciare le granate, che pure troveremo in giro, e l’impatto dei colpi non è riprodotto (né sui nemici né sul protagonista), ed è un vero peccato, sperando venga davvero implementata una cosa del genere. Dimenticatevi quindi il gameplay frenetico da shooter puro a la Bioshock. Questo non vuol dire però che non si possa migliorare la situazione, nonostante preferisca questo ritmo di gioco. Prendiamo il tubo pesante (vi ricorda qualcosa?). Ha praticamente un solo tipo di attacco e un’unica animazione. Spero vogliano diversificare questo comportamento. Riporto infine le molte lamentele sulle scarse performance e su di una certa instabilità della demo. Chiaramente è ancora troppo presto per parlare di ottimizzazione ma è giusto riportare lamentele e problemi: personalmente non ho avuto problemi di performance ma ho riscontrato alcuni problemi di stabilità, soprattutto crash improvvisi.
La demo comunque verrà aggiornata nei prossimi giorni con alcune migliorie in tal senso, e verrà anche aggiunto il tipo di filtraggio tri-lineare per le texture. Sarà possibile inoltre sfruttare i consumabili, in particolare le granate. Anche il combattimento subirà alcuni miglioramenti non meglio specificati alla reattività e al feeling.
Aspettative, aspettative
Molto alte, per quanto mi riguarda, anche se molto dipenderà dalla cifra raccolta durante la campagna di finanziamento. Quello che possiamo aspettarci di sicuro, oltre al citato aggiornamento a grafica e interfaccia, è un completo voice-over (in inglese, con sottotitoli nelle lingue FIGS se l’obiettivo sarà raggiunto su Kickstarter) e un miglioramento della sceneggiatura originale ad opera del freelance per eccellenza e uomo ovunque ultimamente, Chris Avellone (!). Pur senza stravolgere nulla, sarà arricchita e scritta meglio. Quello che invece mi aspetto personalmente è un trattamento di upgrade degno del nome System Shock, ponendo il focus sulla filosofia LookingGlass nel farlo. Ovvero innovazione. All’epoca questo voleva dire IA e fisica soprattutto, ma anche soluzioni multiple di approccio ai problemi e un sistema RPG profondo. Tutto questo venne fatto… per realizzare System Shock 2. Alcune di queste cose, soldi permettendo, sono state promesse anche per questo reboot, come detto. Non resta che sperare in una buona implementazione e, soprattutto, che la spruzzatina di Bioshock non rovini quello che sembra un cocktail di elementi vecchi e nuovi davvero invitante.
Un mostro sagro del videoludo molto avanti per il suo tempo, questo è System Shock 2, un gioco pieno di stupefacenti qualità troppo nascoste così da essere godute da solo coloro che hanno avuto la pazienza di spogliarlo del suo aspetto duro ed emertico.
Gianluca Santilio ci porta a bordo di una nave spaziale guidata da una Intelligenza Artificiale chiamata Xerxes. Ma qualcosa è andato storto anche questa volta.
Avatar di tutto il mondo, gioite!
È iniziata ieri su KickStarter la campagna di finanziamento di Underworld Ascendant, quello che sarà a tutti gli effetti il terzo capitolo della saga di Ultima Underworld, lo storico titolo con cui la Looking Glass rivoluzionò per sempre il genere dei giochi di ruolo e, più in generale, tutta l'industria del videogioco (ispirando anche un titolo di poco successivo quale Doom).
Vale la pena aggiungere che al fianco di Paul Neurath sembra garantita la presenza di Warren Spector. Che altro aggiungere quindi? Dai creatori di titoli come System Shock, Deus Ex e Bioshock non ci possiamo aspettare niente di meno che un titolo rivoluzionario e la promessa di riporre grande attenzione alla libertà d'azione, all'ecologia dell'Abisso e alle interazioni con le fazioni che lo abitano, sembrano andare nella direzione giusta. Un progetto da finanziare, quanto meno per ringraziare i nomi coinvolti degli immensi titoli che ci hanno saputo regalare nel corso delle loro carriere!
Finanzia il progetto su KickStarter
Il sito ufficiale di OtherSide Entertainment
Il sito ufficiale di Underworld Ascendant
Gioca a Ultima Underoworld 1 IN ITALIANO con la nostra traduzione!
LA STORIA DEI GIOCHI DI RUOLO IN SOGGETTIVA
I giochi di ruolo in soggettiva sono quei giochi in cui l’avventura viene vissuta attraverso gli occhi dei nostri personaggi.
Agli albori, ben prima dell'arrivo delle moderne schede grafiche, era una sorta di 3D "primitivo". Costretti in un ambiente bidimensionale, i movimenti del party non avvenivono in modo fluido a 360°, ma bensì "di quadrato in quadrato", quasi una sorta di Myst primitivo. E, come se non bastasse, non ci si poteva nemmeno guardare intorno a 360° gradi, ma solo a destra o a sinistra, di 90° alla volta.
È del tutto evidente come un tale limite tecnico influì in maniera determinante sul gamplay di un'intera generazione di titoli. Si può dire che non fu il gameplay a ideare la rappresentazione grafica di sé stesso, ma il contrario.
LE ORIGINI:
La visuale in soggettiva viene usata per la prima volta in un gioco di ruolo (che non sia un semplice “esci dal labirinto”) in Akalabeth: "World of Doom", il predecessore del più noto Ultima I. Era il 1979 ed il gioco era programmato per Apple II.
La grafica dei dungeon, che definirei "stilizzata" (tecnicamente la si può definire "grafica renderizzata in wireframe"), era accompagnata da un interessantissimo generatore casuale di labirinti, che ritroviamo riproposta di quando in quando in altri giochi, per arrivare poi -infinitamente più avanzato!- in Daggerfall.
Questa "generazione" di gdr in soggettiva è caratterizzata da un'interfaccia testuale con controlli esclusivamente da tastiera, da combattimenti a turni, da un’interattività tutto sommato limitata rispetto agli standard successivi, ma anche da una difficoltà notevole.
Infatti, come è accaduto in tanti altri generi, all'introduzione di interfaccie punta e clicca più user friendly, corrisponde poi anche una graduale massificazione del genere e un conseguente drastico abbassamento della difficoltà e della longevità dei titoli.
Questa generazione, che negli anni ha raggiunto anche vette notevoli di grafica e di gameplay (vedi ad esempio Might & Magic II: "Gates to Another World" del 1988), mi sembra però oggi afflitta da una scarsa rigiocabilità. La grafica scarna, le interfacce complesse e un gameplay decisamente superato, ne fanno dei giochi decisamente non più appetibili per il giocatore medio.
IL PERIODO D’ORO:
Il periodo d’oro per i gdr in soggettiva si apre con il grandioso Dungeon Master della FTL Games. E’ il 1989.
E’ difficile elencare quali fossero le caratteristiche veramente uniche ed innovative di Dungeon Master. La verità è che questo gioco fa cose già viste, ma le fa alla perfezione! La prima di queste è ovviamente l'introduzione di un'interfaccia grafica, completamente utilizzabile tramite mouse.
Fu un immediato successo di pubblico e di critica, che aprì la strada ad un numero infinito di cloni.
Con Dungeon Master il gameplay di questi giochi diviene completamente basato su tre elementi distinti, che convivono in misura diversa a seconda del titolo: esplorazione, combattimenti in tempo reale ed enigmi di logica.
Per finire va segnlato come con le nuove interfaccie grafiche gestite interamente tramite mouse, i gdr diventano finalmente sufficientemente immediati e divertenti: finalmente accessibili per chiunque. E anche di questo dobbiamo ringraziare sicuramente Dungeon Master.
I titoli più famosi di questa generazione appartengono indiscutibilmente alla saga di Eye of Beholder (dei Westwood Studios, il primo capitolo è del 1990): avvincente ed immediato, ma al tempo stesso molto lineare e ripetitivo.
Parte del loro successo è dovuto sicuramente alla licenza ufficiale del AD&D, ma anche ad una notevolissima semplificazione delle meccaniche di gioco e al drastico abbassamento del livello di difficoltà rispetto al maestoso e difficilissimo Dungeon Master.
Accanto a Eye of Beholder, sorgono però altre storiche saghe fantasy, fra cui quella di Ishar (della Silmarils – il primo capitolo -Ishar: "Legend of the Fortress"- esce nel 1992).
Contemporaneamente anche le altre saghe storiche, tipo quella di Wizardry (della mai sufficientemente compianta Sir-Tech Software), corrono ai ripari e si adeguono ai nuovi standard.
Da vero appassionato del genere, trovo che l’apice di questi giochi fu raggiunto con Might & Magic 4: Clouds of Xeen (New World Computing, 1992), che poteva essere unito al suo seguito (Might & Magic 5: Darkside of Xeen, 1993), per formare il maestoso World of Xeen: un’epica avventura che rappresenta senz’altro l’apoteosi del trio "esplorazione + combattimenti + enigmi".
Questa generazione di gdr in soggettiva si conclude non molto tempo dopo che era nata: era il 1993 e la Westwood (orfana della SSI e quindi "espropriata" della saga di Eye of the Beholder) se ne esce con Lands of Lore.
Il gioco, nelle intenzioni degli sviluppatori, avrebbe dovuto innovare significativamente il genere, pur restando un titolo completamente 2D. Rivisto con gli occhi di oggi, Lands of Lore è in realtà un titolo ancora fortemente ancorato alla tradizione, ma sostanzialmente privato di uno dei tre elementi cardine del gameplay dei gdr in soggettiva: l'esplorazione. Infatti, fra i pareri contrastanti degli appassionati, introduce definitivamente l'auto-mapping.
La SSI risponde a Lands of Lore con Eye of the Beholder 3: "Assault on Myth Drannor". Privo di automapping, all'epoca il titolo fu ampiamente criticato. Chi scrive lo ritiene invece probabilmente superiore a Lands of Lore.
Quel che è certo è che i due titoli sono il simbolo di un gameplay che stava per per cedere definitivamente il testimone...
IL FATICOSO PASSAGGIO AL VERO 3D:
E’ il 1992 quando un fulmine a ciel sereno mette in ginocchio più di un game designer: esce Ultima Underworld: "The Stygian Abyss".
Mentre le varie software house storiche del periodo (SSI, Westwood, Sir-Tech, New World Computing, ecc.) si crogiolano nei loro motori bidimensionali, la Origin (allora sempre di proprietà di Richard Garriott – abbasso la EA!), insieme alla Blue Sky Production (poi diventata la celebre Looking Glass) scuote il mondo dei giochi di ruolo: un motore finalmente 3D, tecnicamente superiore e in anticipo rispetto a quello di Doom, un gameplay completamente nuovo, un’interattività fino ad allora neppure immaginabile, un dungeon *vivo* pieno di PNG con cui interagire… insomma: un’altra dimensione (di nome e di fatto)!
È la rivoluzione di un genere: nuovo gameplay, un nuovo livello di realismo, un mondo virtuale finalmente credibile!
Le altre SH rispondono come possono o… non rispondo affatto.
La SSI cerca di adeguarsi ai nuovi standard con Ravenloft: "Strahd's Possession" (1994). Il gameplay resta lo stesso di Eye of Beholder, ma applicato senza modifiche ad uno scarno motore 3D dà come risultato un pessimo gioco.
Ne seguono anche altri, prodotti con lo stesso engine, fra cui Ravenloft 2: "The Stone Prophet" (1994) e Menzoberranzan, però (nonostante la licenza AD&D, il conte vampiro e i drow -questi ultimi di gran moda in quegli anni-) il risultato non cambia: gli ambienti di gioco sembrano spogli, insignificanti e superati.
Non a caso la licenza di AD&D passera nelle mani più meritevoli e innovative dei creatori di Baldur's Gate, che rinunceranno a competere sul campo del 3D e sforneranno il grande capolavoro isometrico (mosso dall'Infinity Engine) che tutti conosciamo.
Più in ritardo, ma anche in modo più convincente, arriva la risposta della New World Computing. Con Might & Magic VI: The Mandate of Haven (1998, sei anni dopo UU1!) riescono a riproporre il vecchio gameplay (esplorazione + combattimenti + enigmi) in un mondo 3D. L’esperimento riesce (tanto è vero che seguiranno altre 2 capitoli di notevole successo, con medesimo gameplay e medesimo motore 3D), ma è palese che il futuro del genere risiede ormai altrove…
Anche i Westwood, con la loro neonata saga di Lands of Lore, cercano di adeguarsi, ma in ritardo (Lands of Lore 2: "Guardians of Destiny" esce che è già il 1997) e senza un autentico slancio innovativo, anzi forse regredendo ad una tipologia di gioco di ruolo più immediato e semplificato. Una delusione per i puristi del genere, in cerca delle sensazioni dei vecchi giochi di una volta o del realismo di Ultima Underworld..
L’unica risposta all’altezza ad Ultima Underworld viene dalla Beteshda Softwork. E’ il 1993 ed esce The Elder Scrolls: "Arena".
Un gioco all’altezza dei nuovi standard tecnici, ma che coraggiosamente batte una nuova strada. Se Ultima Underworld punta sul realismo e l’interattività, Arena punta sulla libertà d’azione.
Ultima Underworld è un grosso dungeon di "soli" 8 livelli, ma creati come fossero un vero ecosistema: ogni PNG ha una sua storia ed è caratterizzato come il personaggio di un libro; le quest sono costruite in modo articolato e con grande cura; ecc.
Arena (e più ancora il suo seguito: Daggerfall, 1996) è un mondo di dimensioni mai viste. Agli 8 livelli di Ultima Underworld contrappone decine e decine di dungeon, la maggior parte dei quali generati casualmente. Ai pochi ma indimenticabili PNG di UU, Arena contrappone città popolate come non mai... ma i dialoghi sono quasi sempre uguali. Decine e decine di quest secondarie, carriere da intraprendere, dungeon da esplorare… insomma, libertà d’azione al posto di realismo del mondo di gioco.
Due concezioni di gioco di ruolo innovative e… alternative.
IL FUTURO
Con i moderni motori 3D sembra che ormai sia la visuale in prima (o terza) persona ad aver preso il sopravvento su quella isometrica.
Il vero salto di qualità nella rappresentazione 3D del mondo di gioco mi sembra sia stato fatto da Ultima 9: Ascension (1999).
Un gioco ricco di bug e forse deludente per i fan della serie, ma senz’altro un notevole passo avanti come engine di un gioco di ruolo. Un mondo vero, con torri e montagne, tutto esplorabile senza dover attendere noiosi caricamenti.
Sul fronte del gameplay mi sembra che si ripropongano tuttora i due schemi introdotti da Ultima Underworld e Arena: realismo vs. libertà d’azione.
Nella prima categoria figurano, fra gli altri: Ultima 9 (1999), Gothic (2001), Arx Fatalis (2002), Vampire - The Masquerade: Bloodlines (2004).
Per la seconda categoria credo che basti un nome su tutti: The Elder Scroll: Morrowind (2002). E certo in questo secondo filone mi sembrano inserirsi -con le dovute distinzioni!- quasi tutti i MMORPG.
Credo che l’attuale successo della libertà d’azione nei gdr sia dovuto ad una serie di fattori:
- l’immediatezza e l’attrazione offerta dalle maggiori possibilità di max playing. Unito al fascino del grande pubblico per il freeroaming e per le dinamiche da mondo sandbox.
- La somiglianza del gameplay di questi giochi con quello dei sempre più diffusi MMORPG, caratterizzati da quest e da un livello di libertà di azione molto simili. E, alla base, da un farming estremo (che ha raggiunto vette stratosferiche nel recente Skyrim) e da una ricerca costante dal max playing.
Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!
Ho avuto intenzione di rigiocare Thief: The Dark Project letteralmente per anni, ma nelle poche occasioni in cui ho avuto tempo per ricominciarlo, non mi è mai sembrato di poterlo fare. Uno degli effetti collaterali del giornalismo videoludico è stato quello di rendermi riluttante a rigiocare vecchi giochi – mi è sempre sembrato di spendere meglio il mio tempo giocando cose nuove, tenendomi aggiornato.
Quindi quando chiusi col giornalismo videoludico per cominciare il mio nuovo lavoro, la prima cosa che ho fatto è stata reinstallare Thief, come un modo per reclamare il mio hobby. Adesso, dopo aver speso cinque weekend per finire il gioco, sono giunto a una strana conclusione.
Questa conclusione è che, anche se mi sono divertito molto a rigiocarlo, Thief è un gioco leggermente “rotto”. E' splendido sotto molti aspetti, ma ci sono cose che non funzionano bene – e ad un livello veramente basilare.
Prima di arrivarci, però, vale la pena di spiegare cos'è che rende Thief così ottimo. Per come la vedo, Thief è un gioco costruito su due semplici concetti. Questi due concetti definiscono ogni elemento del design ed esprimono pienamente il fascino del gioco. Sono:
1) Sei sempre vulnerabile.
2) Il mondo è prevedibile; è costruito su sistemi che sembrano fisici.
Per esperienza, è il primo che sembra sempre entrare in risonanza con le persone. Ho sentito molti dire che Thief è un gioco incentrato sulla vulnerabilità; sul doversi sempre nascondere. E' vero che nascondersi è un elemento chiave, ma per me Thief è un gioco di contrasti – è incentrato sull'essere vulnerabile nella luce e sull'essere invulnerabile nelle tenebre.
Il contrasto è un tema che percorre Thief come una cucitura. Luce e tenebra; fede e conoscenza; scienza e magia; arte e FMV – il gioco è costruito su elementi deliberatamente in contrasto fra loro che lo fanno risaltare.
Ma proseguiamo. Questi sistemi prevedibili sono il vero elemento chiave, perché Thief si sforza molto di stabilirne la prevedibilità per poterli distorcere in seguito. Letteralmente ogni livello prende un sistema che prima era prevedibile, e lo distrugge, forzandoti ancora e ancora ad attraversare un ciclo di tre stadi ludici – vulnerabilità, sperimentazione, padronanza.
Lo fa ancora e ancora, astutamente e con sicurezza, aggiungendo delle distorsioni narrative dov'è possibile in modo che il gioco non sembri mai sleale. C'è una distorsione su un sistema diverso letteralmente in ogni livello.
Livello 1 – Maniero di Lord Bafford
Questo è il primo livello, quindi stabilisce gli schemi. Se proprio ce n'è una, la distorsione qui è che tu non sei Duke Nukem, anche se il gioco è in prima persona. Seriamente, però, impari il combattimento, lo stealth e l'esplorazione. Alla fine del livello, hai la padronanza di tutte e tre le abilità.
Livello 2 – Fuga dalla Prigione di Cragscleft
Vengono introdotti gli zombie, senza nessuna guida che ci spieghi come sconfiggerli. Il combattimento contro di loro è molto diverso rispetto a quello normale e anche lo stealth può essere diverso, visto che non puoi incapacitare uno zombie senza fare rumore. La prima volta che un morto si rialza, è dannatamente terrificante.
Livello 3 – Mucchio d'Ossa
Sono introdotte le trappole, quindi adesso devi fare attenzione anche quando sei sicuro di essere solo. Ce ne sono di diverso tipo – a dardi, a massi, ecc. Inoltre, Mucchio d'Ossa si focalizza maggiormente sugli spazi verticali.
Livello 4 – Assassini
Narrativamente, questo è il primo livello in cui parti sulla difensiva. Seguire gli assassini è un cambiamento interessante, ma la grande distorsione qui è che cominci la missione con i grimaldelli, che fondamentalmente cambiano il modo in cui esplori e procedi nel livello.
Livello 5 – La Spada
Prima di questo livello Thief si focalizza su locations realistiche – e per la maggior parte manieri. Questo livello riprende il maniero, ma toglie il realismo. Il Maniero di Costantine è pieno di architetture bizzarre e spazi impossibili. E' una missione standard, ma in uno spazio non-standard.
Livello 6 – La Cattedrale Maledetta
Prima della cattedrale potevi mischiare l'aggressività e lo stealth facilmente nascondendo i cadaveri. Adesso, appaiono i Craymen che sono troppo pesanti da sollevare – assieme alle Apparizioni che non hanno corpo. Ti aspetti anche di dover rubare un preziosissimo gioiello, ma poi scopri di dover rubare un artefatto senziente. Nel frattempo, vengono svelati i Guardiani.
Livello 7 – La Città Perduta
Da una città in rovina ad un'altra, molto diversa. Appaiono gli Elementali del Fuoco, senza nessun tipo di preavviso. Questi nemici distruttori di ombre sono difficili da oltrepassare cautamente, perché non hanno una linea visiva convenzionale. Diventano disponibili anche le frecce di gas, che cambiano drammaticamente il modo in cui affronti il nemico a distanza, e le luci degli edifici si accendono automaticamente, rendendo lo stealth più difficile.
Livello 8 – Sotto Copertura
La distorsione qui è in tuo favore; un travestimento che ti fa avvicinare a molti nemici direttamente e trasforma questo livello più in un puzzle da risolvere che in una missione stealth. Si stabilisce anche com'è fatto il Tempio degli Hammeriti, cosa che diventerà importante in seguito.
Livello 9 – Ritorno alla Cattedrale
Appaiono gli Haunts come nuovi nemici; veloci, spaventosi e, di nuovo, senza nessun preavviso. Appaiono anche le Apparizioni Amichevoli, dimostrando che non tutti i non-morti sono cattivi. Questo livello inoltre contrasta la fede (Hammeriti) con lo scetticismo (Garrett) più di ogni altro.
Livello 10 – Fuga!
Quasi ogni livello prima di questo ti fa scegliere l'equipaggiamento prima di cominciare la missione, ma qui cominci quasi nudo. Ottieni le mine di gas e incontri le Frogbeasts per la prima volta, che corrono verso di te ed esplodono – due cose che cambiano il bilanciamento del combattimento drasticamente. Nel frattempo, appare il Trickster.
Livello 11 – Strani Compagni di Letto.
Devi salvare l'Alto Prete e portare il suo corpo al sicuro – cosa che fa di questa l'unica missione di scorta in Thief e che rende nascondersi e andare in giro molto più difficile. Vengono introdotti i ragni e le Bugbeasts, entrambi riescono a restringere i tuoi movimenti senza farti male direttamente – essenzialmente impedendoti di fuggire.
Livello 12 – Nel Mezzo del Caos
Prima di tutto, di nuovo manca il negozio prima della missione. Il campo di ghiaccio fa un'apparizione dell'ultimo minuto, aumentando il rischio dato dall'ambiente. La grande distorsione qui, però, è la linearità del design del livello: c'è solo una via da percorrere e nessuna stanza da esplorare.
Ci sono anche le missioni di Thief: Gold, che hanno delle distorsioni per conto loro, ma quei livelli sono molto più deboli secondo me. Quel che importa, comunque, è che ogni livello ha qualcosa in sé che lo rende diverso dagli altri – qualcosa di nuovo da farti affrontare. Qualcosa che pensavi di aver padroneggiato viene improvvisamente cambiato – facendoti sentire di nuovo vulnerabile e dandoti qualcosa di nuovo da imparare. E' una buona cosa.
Quindi, cos'è che indebolisce Thief? E' il fatto che ci sono troppe distorsioni delle meccaniche introdotte troppo in fretta. Quando raggiungi il quarto livello hai già affrontato i non-morti, hai imparato ad evitare le trappole e le basi dello stealth e dell'esplorazione. Il gioco cerca di fare un'escalation da qui, ma non ha un punto davvero valido da raggiungere. I Craymen che non si possono sollevare, per esempio, sono un cambiamento interessante, ma non cambiano davvero il modo in cui giochi – e l'Apparizione dello stesso livello è lì più per spaventare che per altro.
Quel che complica il tutto è che Thief accumula costantemente in preparazione per le distorsioni – dandoti molte risorse mentre giochi. Specialmente più avanti nel gioco, quando hai un tale surplus di equipaggiamento che puoi semplicemente aggredire tutto quanto. Giocando il livello Strani Compagni Di Letto, per esempio, avevo così tante mine di gas e frecce di gas che ero praticamente inarrestabile.
Non c'è nulla di male nell'approccio dell'assassino, naturalmente – uccidere tutti è un percorso come un altro – ma quando la violenza deriva dalla possibilità e non dalla necessità, allora causa frizione con la vulnerabilità che è altrimenti il cuore di Thief. In Strani Compagni Di Letto, ho ucciso tutti quanti nel livello solo perché potevo. E' molto diverso rispetto al poter di uccidere una guardia in un angolo particolare.
L'altro problema è che le distorsioni non sempre si legano bene alla narrativa. Prendi Nel Mezzo del Caos per esempio. La storia qui è che stai andando contro un nemico potentissimo; che hai il supporto di altre persone e che hai avuto tempo di prepararti per la missione. Le distorsioni però sono che non hai il negozio prima di cominciare e il pavimento è scivoloso in alcuni punti. La prima non ha senso, la seconda è irrilevante.
Per me, questo, insieme al brutto level design, rende Nel Mezzo del Caos il peggiore livello del gioco. Una distorsione che avrebbe avuto più senso sarebbe stato far sì che Garrett fosse supportato dalle forze degli Hammeriti/Guardiani, o che il Trickster avesse qualche strano potere che doveva essere superato. Invece, il Trickster è essenzialmente il nemico più debole del gioco e gli Hammeriti non si vedono nonostante nel briefing ti appoggino.
Non mi fraintendete, Thief è un gioco eccellente. L'ho detto nell'episodio di Brendon Chung di Unlimited Hyperbole – ma anche giocato nel corso di cinque settimane c'è un elemento di affaticamento meccanico che entra in gioco.
Per me, i livelli migliori sono quelli dove compaiono più distorsioni in una volta che nello stesso tempo sono unite alla narrativa. La Città Perduta per esempio, parte come una spedizione in territori sconosciuti – ed è esattamente quello che è. C'è un arco di vulnerabilità, sperimentazione e padronanza e ha senso ad ogni passo. Il briefing del livello fa una promessa che il livello mantiene.
I giochi moderni possono imparare un sacco di lezioni da Thief sotto questo aspetto. Stabilire delle regole prevedibili e poi distorcerle per il giocatore è qualcosa che i giochi possono fare meglio di qualunque altro media e che può avere un forte impatto sul giocatore. La sequenza AC130 in Modern Warfare, la sequenza con la gravity gun alla fine di Half-Life 2 e il secondo personaggio in Hotline Miami sono tutti grandi esempi. E' anche qualcosa che gli altri giochi della serie Thief hanno fatto bene – Kieron Gillen offre un bell'esempio in un altro episodio di Unlimited Hyperbole, in realtà.
Più interessante per me è però il modo in cui Dishonored, il successore spirituale di Thief, inverte l'idea di queste distorsioni in modo che siano generate dal giocatore e non dall'ambiente. In Thief devi continuare ad adattarti alle nuove minacce che ti si pongono davanti; in Dishonored le minacce sono di solito abbastanza prevedibili. Invece, è il tuo graduale sblocco delle nuove abilità che ti pone in un più breve arco di pura sperimentazione e padronanza. Occasionalmente arriva la distorsione esterna, come gli assassini di Daud, ma quello che manda avanti Dishonored è un senso di potere, non di vulnerabilità.
Ecco perché non è un problema se Dishonored ti dà tante risorse quante te ne dà Thief; in Thief le risorse ti sono utili solo per superare un ostacolo, ma in Dishonored le risorse sono utili solo perché puoi usarle.
Che Dishonored e Thief finiscano per essere così simili essendo lo stesso così diversi è per me molto interessante, specialmente se si nota come Dishonored usi la consistenza dove Thief usa il contrasto. Questa è la discussione per un altro blogpost, comunque. Ho scritto abbastanza già così e, come ho detto all'inizio, non è che mi paghino ancora per questo!
(Questo articolo è stato scritto da Joe Martin, per Unlimited Hyperbole. La traduzione è stata fatta da Gwenelan.)
Ve lo avevamo anticipato ieri via twitter, ma oggi è il momento di aprire il portafoglio e correre sul sito di gog.com per procedere all'acquisto di System Shock 2, uno dei giochi più belli di sempre.
Il prezzo per provare un pezzo di storia? 9,99 $, sicuramente un ottimo esempio di un eccezionale rapporto qualità/prezzo, il giusto obolo per un titolo che potrebbe insegnare davvero molto anche a diversi giochi contemporanei. Credete che stiamo esagerando? Provatelo e poi fateci sapere!
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Dopo che la Looking Glass chiuse i battenti, la serie di Thief passò alla Ion Storm (insieme anche a parecchi dipendenti della Looking), la quale si occupò di produrre il terzo gioco, proposto come Thief: Deadly Shadows. In genere quando il timone di una serie cambia produttore, succede che perda anche il proprio vigore; per Deadly Shadows fortunatamente non è successo… o almeno non del tutto. Pur restando il valido seguito di questa storica serie, ha comunque delle pecche che salteranno all’occhio a chi ha provato i capitoli precedenti. Si parla anche di un nuovo capitolo, per ora noto solo come “Thief 4“, ma su cui non si sa ancora qualcosa di sicuro: si dava la pubblicazione nel 2010, ma fino ad oggi (nel 2011) il gioco non si è ancora visto.
Dopo i fatti mostrati in Thief 2, è tornato un precario equilibrio di potere tra i due gruppi dominanti nella Città, i Pagani e gli Hammeriti, senza che nessuno riuscisse a prevalere, e Garret ha continuato come sempre nella sua professione da ladro. Dopo uno dei suoi lavori “di routine” nello svaligiare la magione di una delle più importanti famiglie della città, viene contattato dai suoi vecchi maestri, i Keepers, intenzionati a commissionargli il furto di due manufatti speciali, dando in ricompensa la possibilità di ascoltare la lettura della profezia il cui compimento è imminente. Incuriosito, Garret accetta di svolgere il lavoro, ignaro di essere stato già coinvolto in una congiura all’interno dei Keepers che finirà per sconvolgere la stessa società segreta, e potrebbe dare inizio alla temuta “Età Oscura”.
Thief: Deadly Shadows riprende i punti fondamentali dei giochi precedenti della serie, applicandoci dei cambiamenti e semplificazioni che, pur restando funzionali al gameplay, potrebbero non essere molto gradite dai veterani della saga. Per prima cosa, si noterà che una parte dell’equipaggiamento è sparito o sostituito con altro: le mine a gas sono state eliminate, e sono presenti solo quelle esplosive, e al posto della spada corta Garret ora porta un più snello pugnale per autodifesa (anche la parte del gameplay relativo alla scherma è stato eliminato); il rimpiazzo più evidente è l’eliminazione delle famose e utilissime “freccie-corda” (quelle che, una volta colpita una superficie di legno, facevano apparire una corda per arrampicarsi) dei primi Thief, che sono state rimpiazzate con dei guanti per arrampicarsi sui muri: sostanzialmente i guanti assolvono alla stessa funzione anche se limitati solo a superfici di pietra e mattoni, ma a mio giudizio si sono dimostrati molto meno versatili da usare, perchè ci sono anche muri di pietra che, a causa della forma, non si possono ugualmente scalare, e si è dimostrato più difficile saltare su piattaforme laterali o alla schiena del personaggio, quando invece le freccie-corda permettevano una maggiore possibilità di movimento, pur essendoci la condizione di trovare un appiglio di legno dove incastrarle.
Da lamentarsi anche per il remake dell’arco, il cui mirino è diventato inutile rispetto agli altri giochi, dove invece effettivamente funzionava a dovere e con un certo allenamento di potevano fare lunghi tiri da arcieri provetti. Va anche segnalato un HUD che è molto più ingombrante rispetto a quello scarno, ma discreto e ugualmente funzionale, dei giochi precedenti.
Tutti cambiamenti che sono stati fatti in vista dell’uso di un motore grafico più moderno rispetto al Dark Engine, ossia quello di Unreal II, e per poter essere portato anche per l’hardware della prima Xbox, macchina che disponeva di un hardare più limitato rispetto al PC. A tutti gli effetti, ciò si è tramutato in una versione più “povera”, in tutti i termini, del vecchio Thief, pur conservandone le basi.
Grossa pecca sta anche nei controlli, ci sono varie occasioni dove ho trovato difficoltà a fare alcuni movimenti, come salire sopra alcune piattaforme o muoversi su superfici strette: mi è capitato più volte di non riuscire ad arrampirare il personaggio su una piattaforma dove invece sembrava possibile poterlo fare, e di scivolare giù da alcune superfici che invece avrebbero dovuto consentire di camminarci; il gioco sembra dimostrare una scarsa tolleranza in certi punti dove si possono applicare certe azioni, senza però neanche dare un indizio al giocatore del comportamento che poi il programma metterà in pratica, tuttavia ho avuto l’impressione che siano errori di programmazione anzichè di design dei livelli. Sotto questo punto il Dark Engine dei primi Thief era migliore.
Eppure nonostante tutti questi difetti non sminuiscono la bellezza di questo terzo capitolo. Possono essere problemi irritanti (e alcuni aggiungerebbero forse “particolarmente”), ma non a un livello così critico da rovinare l’esperienza di gioco.
Fortunatamente nell’ambientazione Deadly Shadows riesce a mantenere la qualità dei predecessori, l’universo di Thief possiede ancora le tinte fosche che lo rendono unico e Garret non ha perso la sua lingua adorabile lingua tagliente anche nelle situazioni peggiori. L’aspetto dei livelli conserva ancora un aspetto lugubre e cupo, non solo per gli innumerevoli angoli sparsi ovunque per i livelli e necessari a questo tipo di gioco, ma anche come fedeltà allo stile caratteristico della saga. Gli ambienti cittadini nella notte sono stati resi come un contorto labirinto di luci e ombre su cui vi è stato steso un triste velo grigiastro, un efficiacie riflesso del mondo fatto di tumulti e cospirazioni in cui si muove Garret; le locazioni degli Hammeriti restano fedeli ad un design vagamente sacro e alle superfici dominate da pietra e metallo, e i Pagani ai luoghi decadenti e corrosi del tempo. Ma in particolare è stata mostrata maestria nel creare i livelli più affini all’horror, per inciso la sezione della Abysmal Gale e Shalebridge Cradle che meriterebbero una menzione nella lista delle locazioni più tetre e inquietanti del mondo dei videogiochi, se ne esistesse una!
Invece non si può esaltare allo stesso modo i filmati, che seppur adeguati appaiono di qualità inferiore rispetto ai primi due Thief e privi di quello stile allucinato che li rendeva unici; e sfortunatamente, le missioni stesse mancano di cutscene introduttivi, sostituiti da briefing di solo testo.
Il gameplay, nonchè il modo di narrare la trama, ha subito una modifica sostanziale rispetto ai precedenti giochi, anch’essa con i suoi alti e bassi. Se nei primi due Thief le missioni erano sequenziali, da svolgersi una dietro l’altra, in Thief 3 invece esiste un’area di gioco generale, cioè i quartieri della Città, all’interno in cui le missioni sono state inserite come destinazioni da raggiungere in punti specifici della trama. All’inizio sono esplorabili due quartieri, ma col proseguire della storia si apriranno nuove aree da visitare, insieme alle loro relative missioni.
Il gioco in questa area comune è diverso da quello delle missioni, più simile piuttosto a Grand Thief Auto sotto certi punti: per prima cosa, sono presenti molti personaggi neutrali verso Garret, e che anzi ne ignoreranno la presenza finchè il giocatore non mostrerà un atteggiamento aggressivo verso i loro confronti (come attaccarli o minacciali con un’arma). Seconda cosa, se nei vecchi Thief l’equipaggiamento e la vendita della refurtiva era relegata ad una singola schermata, in questo terzo gioco sarà necessario invece andare dai ricettatori e negozianti per vendere e comprare la merce necessaria. Altra caratteristica di quest’area è la possibilità di effettuare l’”attività di ladro” in maniera indipendente dalle missioni: vi sono vari edifici in cui ci si può intrufolare e ripulire di tutto ciò che è di valore per il solo scopo di raccogliere denaro, così come si possono borseggiare e rapinare i passanti che portano borse di denaro e altri preziosi. Alcune parti della trama principale si svolgeranno anche in questa parte, spesso come giustificazione per il progressivo sbloccarsi di nuovi quartieri durante la storia. Concettualmente quest’area è “a gioco libero” indirizzata sulle attività ladresche, senza però la profondità di un gioco di tipo sandbox come Oblivion. Sfortunatamente la AI che governa i personaggi in quest’area si dimostra scadente: in molte occasioni capita che il gioco si “confonda” e faccia reagire certi personaggi in maniera sbagliata alla situazione, per esempio può succedere di vedere le Guardie cittadine attaccare dei inermi cittadini o i tirapiedi armati, oppure Hammeriti o Pagani essere i primi ad assalire le Guardie, fazioni che teoria dovrebbero essere neutrali tra loro. L’evento peggiore è quando la AI decide di attaccare il giocatore perchè ha avuto la sfortuna di essere vicino ad una occasionale rissa, anche senza aver fatto nulla per causare la loro antipatia!
In cambio questa AI psicopatica occasionalmente mette in scena degli improbabili scontri urbani che possono tornare utili per sbarazzarsi di certi elementi ostili e rendersi più facile la vita… o anche solo come spettacolo da vedere (in ogni caso, durante queste “risse” è consigliabile restare nascosti per tutto il tempo finchè i personaggi non si sono completamente calmati, per evitare di essere attaccati senza motivo). Può essere un elemento che piace o meno. Per certi versi non credo che sia qualcosa di davvero necessario a Thief, che resta incentrato su missioni dove è necessario evitare ogni anima viva, ma non nego che sia comunque un elemento abbastanza divertente da provare, e gestito adeguatamente per questo tipo di gioco.
Se viene messo al confronto con i predecessori, Thief: Deadly Shadows è inferiore sotto il punto del gameplay: le semplificazioni che ha subito lo rendono una copia più povera dei primi Thief, e gli elementi aggiunti e modificati sono acerbi nella giocabilità. E nonostante questo, è un titolo degno di essere giocato fino in fondo, perché la storia conclude in modo egregio il ciclo narrativo del Maestro Ladro Garret, insieme ad alcuni livelli disegnati in modo superbo. Deadly Shadow merita di poter affiancare Dark Project e The Metal Age, seppur manchi della loro brillantezza videoludica.
Il modo più semplice per reperire il gioco attualmente è tramite la piattaforma di digital delivery Steam attorno al prezzo di 10 euro, anche se occasionalmente è possibile sfruttare delle offerte speciali con sconti anche sopra al 50%.
Torniamo sulla nostra macchina del tempo virtuale in compagnia questa volta di Grifen che ci porta a ripercorrere le orme di Thief 3 alias Deadly Shadows, terza e (per ora) ultima sortita del ladro Garret sui nostri schermi.
Sottraendosi alla regola del seguito senza arte né parte questo episodio si riscopre essere un degno successore delle prime due iterazioni, riuscendo nella non facile impresa di non deludere i fan; il resto vi invitiamo a scoprirlo voi stessi leggendo la recensione e visitando il sito del nostro caro amico.
Buona lettura!
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Per me non è facile tornare a parlare di un titolo simile, a distanza di molto tempo dall’ultima volta in cui mi ci sono immerso. Ma non perché i ricordi iniziano a sbiadire. Anzi, per l’esatto contrario: perché le emozioni, le sensazioni che System Shock ha fatto scaturire in me sono molteplici, complesse, e necessitano di un’attenta analisi.
Vorrei anzitutto precisare una questione che ritengo fondamentale: a mio avviso System Shock è uno dei giochi più complessi che la mente umana abbia mai creato (battuto, forse, solamente dal suo ineguagliabile successore System Shock 2!) ma al tempo stesso rappresenta anche un’esperienza di gioco in un certo modo unica e assolutamente gratificante dal punto di vista della giocabilità.
All’epoca, nell’ informaticamente “lontano” 1994 il più grande capolavoro che avrebbero mai realizzato i cervelloni dei Looking Glass faceva la sua comparsa nel mercato videoludico, distribuito dalla Origin, che in quel periodo era florida e prosperosa (ma presto si sarebbero verificati gli effetti nefasti dell'acquisizione da parte della Electronic Arts...) e subito l’impatto con il pubblico fu semplicemente devastante.
L’effetto fu un po’ in antitesi rispetto alla reazione che suscitò sui videogiocatori la pubblicazione del suo – famosissimo – seguito. System Shock 2 all’inizio fu un po' snobbato (tant’è vero che le copie vendute non furono molte) a causa della sua impressionante difficoltà, e poi anche perché nello stesso periodo era uscito un altro titolo che avrebbe con più facilità fatto presa su una gran detta di mercato, cioè Half Life, e solo in seguito fu riconosciuto come uno dei più grandi giochi della storia.
L’affermazione di System Shock fu invece immediata, e meritata. Per molti di noi in effetti questo nome non può non ricordare delle – piacevoli – nottate insonni passate davanti ai monitor dei nostri PC imprecando contro S.H.O.D.A.N. perché ci aveva bloccato una via di fuga, o perché ci aveva scoperti grazie a una delle sue telecamere, o perché un suo cyborg ci aveva fatto la pelle…
Anche il riconoscimento della critica fu subitaneo, come testimoniano i numerosi premi ricevuti:
- Best Game of All-Time (PC Gamer)
- Best Game of All-Time (Gaming Magazine)
- Best Game of All-Time (PC Games)
- Best Game of All-Time (Computer Gaming World)
- Best Action Category for CGW’s Premier Award
- 1994 Single character RPG of the year (Gaming Magazine)
- Best Adventure Game for 1994 (Gaming Magazine)
- Best Adventure Game, Reader’s Choice Awards (Gaming Magazine)
Se pensiamo all'attuale situazione nel campo degli sparatutto in soggettiva, di certo salta subito agli occhi l’oggettiva “ridondanza” di titoli che magari fanno appena capolino nel mercato, per poi tragicamente rivelarsi dei clamorosi “flop”, per scarsa giocabilità, per il fatto di avere la netta sensazione di giocare “qualcosa di già visto”, e soprattutto, dunque, per la mancanza di idee.
Proprio in virtù di questa considerazione, al giorno d’oggi appare ancor più netta la sensazione di trovarsi di fronte ad un vero e proprio capolavoro, sia di originalità che di giocabilità, un piccolo gioiello dei videogiochi, caratterizzato da una complessità tale che nessuno, dico NESSUNO dei videogame attuali è mai stato capace di uguagliare (e né tantomento di superare).
A ben pensarci, non ci sarebbe mai stato nessun Deus Ex (che io ADORO e probabilmente il titolo che, per ispirazione, maggiormente si avvicina al capolavoro dei Looking Glass) senza il fondamentale apporto di System shock. Certo, anche Deus Ex ha una sua identità ben precisa, ma senza System Shock penso che non sarebbe mai venuto alla luce (non a caso, su entrambi i videogame si stende la mano di un unico personaggio, quel Warren Spector che ormai è passato alla leggenda per aver partecipato alla “nascita” di molti titoli storici come Thief, Ultima VII, Ultima Underworld, ecc).
Impersoneremo un Hacker che si trova nella stazione spaziale orbitante “Citadel”, della Trioptium Corporation (multinazione Terrestre impegnata nello sviluppo di nuove tecnologie all’avanguardia), dopo esser stato per diversi mesi in un sonno criogenico (lo scoprirete poi giocando...).
L'intelligenza artificiale centrale della stazione, S.H.O.D.A.N., ha inspiegabilmente preso il controllo totale della base ed ha iniziato a sterminare tutto il personale, con l'intento di popolarla di Cyborg geneticamente mutati prodotti attraverso i cadaveri degli ex-abitanti della stazione spaziale. Ma non solo: anche la Terra stessa è in pericolo, poiché l’intento folle di S.H.O.D.A.N. è di dirigere la stazione verso la Terra e distruggerla attraverso il micidiale Laser di cui essa è provvista.
All'improvviso ci arriva una e-mail da Rebecca, uno degli scienziati della Trioptium sulla Terra, la quale ci informa che la situazione è più grave del previsto, e che dobbiamo... ma non voglio dirvi di più della trama perchè sarebbe un delitto!
la prima e-mail che riceviamo da Rebecca...
All’epoca System Shock stupì per il suo engine grafico (una versione modificata ed aggiornata dello stesso motore grafico attraverso il quale aveva preso vita un altro gioco “storico”, Ultima Underworld).
Nella versione CD la grafica è in SVGA e devo dire che fa la sua ottima figura anche al giorno d'oggi, nell'era del DirectX o dell'OpenGL e degli acceleratori grafici. Il design dei livelli, poi, era semplicemente straordinario. Strutturati su più piani differenti, uniti attraverso ponti sospesi e inclinati di altezze variabili, labirintici all’inverosimile e, oggettivamente, molto inquietanti in alcuni punti poco illuminati, caratterizzati magari da tetri corridoi apparentemente deserti (apparentemente…), frastornavano il videogiocatore attraverso una miriade di colori di differente cromaticità. Nessuno dei giochi di allora (e credo ben pochi dei giochi attuali) possedeva una simile complessità strutturale ed architettonica.
Qualcosa di molto simile si era già visto un paio d’anni prima, con Ultima Underworld, ma a mio avviso in System Shock si raggiunge lo “stato dell’arte”.
Un’altra delle novità più importanti introdotte dal gioco fu sicuramente la possibilità di farsi dei veri e propri “viaggetti” nel “cyberspazio”, una sorta di realtà “ciberneticamente alternativa” all’interno della quale l’IA S.H.O.D.A.N. aveva il controllo.
Ad essa è possibile accedere attraverso specifici terminali dedicati, disseminati in giro per i vari livelli.
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un portale del cyberspazio | il cyberspazio in tutto il suo splendore |
Di regola, in ogni livello ce n’è almeno uno (in alcuni casi anche di più). Una volta “entrati nella rete”, vi troverete all’interno di un mondo tutto particolare, costituito da stanze a geometria variabile contornate da linee perimetrali di colori scintillanti e popolate da strani oggetti partoriti dalla “mente” di S.H.O.D.A.N. Questi “viaggetti” sono molto importanti, e nel gioco in alcuni punti rivestono un ruolo cruciale poiché all’interno del cyber-spazio dovremo riuscire a trovare delle chiavi o dei codici d’accesso necessari per sbloccare alcune aree, introvabili in altri luoghi.
Ciò ovviamente contribuisce ad accentuare la difficoltà del gioco, ma anche al tempo stesso il senso di “appagamento” che magari deriva dal ritrovamento di questi oggetti e dal fatto di essere riusciti ad andare avanti.
Sul fronte dell’azione nuda e cruda, invece, come si pone System Shock?
Beh, da questo punto di vista penso di non avere dubbi: nessun gioco di quegli anni poteva reggere il confronto. Nemmeno il tanto blasonato e osannato Doom poteva stargli dietro.
Sebbene inizialmente questa considerazione potrebbe trovare molti in disaccordo, poiché oggettivamente nelle prime battute del gioco non si assiste a molta azione, andando avanti però ci si accorge che l’adrenalina inizia poco alla volta a scorrere sempre di più, fino allo spasmodico culmine nel livello 7 e nel livello 8, dove dovremo reggere il confronto con centinaia di nemici pronti a massacrarci. Senza contare che poi System shock dava al videogiocatore un vasto arsenale di armi (di gran lunga superiore a quello di Doom), garantendo una interattività col mondo di gioco che Doom stesso nemmeno si sognava: munizioni diverse per ogni arma, possibilità di impostare la “potenza di fuoco” per le armi ad elettricità, che si esauriscono ogni volta che la nostra bio-energia finisce (e in tal caso dobbiamo trovare delle stazioni di ricarca, o delle pile), tutti gli oggetti visibili nel gioco sono cliccabili, come il cibo, i corpi degli altri personaggi, i detriti, etc…In Doom al massimo si preme qualche pulsante e via. Senza contare che poi in quest’ultimo NON è possibile alzare ed abbassare lo sguardo, cosa invece fattibile in System Shock (e a riguardo, raggiunge il massimo divertimento giocando con un bel joypad), e né tantomeno ci si poteva scorgere da una parete o da un angolo per dare un'occhiata senza essere scorti dai nemici più avanti (cosa oramai in uso nella totalità degli sparatutto odierni).
Il numero e la diversità dei nemici è, poi, spaventosamente grande, ed anche il loro design non è male (di certo migliore di quello dei mostri di Doom…). Basti pensare ai tre scontri che dovremo affrontare con Edward Diego (uno dei principali “cattivi” del gioco, vedi la soluzione per scoprire il suo ruolo nella trama): in ciascuno di essi, Diego comparirà accompagnato da tanti “amichetti” diversi e ben equipaggiati…
Alla luce delle considerazioni testè messe in evidenza, possiamo dire che questo videogame si potrebbe in qualche modo definire come un eccellente punto d’incontro tra Ultima Underworld e Doom.
il luogo perfetto per un agguato... Appunto :(
Esso riesce a fondere insieme quanto di meglio avevano dato questi due giochi, che assumiamo come due dei rappresentanti più illustri dei rispettivi generi d’appartenenza ovvero giochi di ruolo (“RPG”) e first person shooter (“FPS”). System Shock è certamente uno shooter in soggettiva, con dei momenti di azione adrenalinica che non fanno di certo rimpiangere i fan più accaniti di Doom e dei suoi “cloni” successivi, ma è anche (e soprattutto, a mio modo di vedere) un gioco di ruolo molto ben articolato, con un’infinità di modi differenti per “upgradare” i sistemi hardware e software dell’hacker che impersoneremo e sorretto da una complessa sceneggiatura, veramente entusiasmante. Come già detto, in un certo senso qualcosa del genere lo avevamo visto già in Ultima Underworld, anche se dai toni molto minori. Tant’è che molti accostano questi due giochi, definendo System shock l’Ultima Underworld "hi-tech".
In realtà, sebbene all’apparenza potrebbe sembrare così, non sono del tutto d’accordo con quest'affermazione. E’ certamente vero che in System shock si ritrovano moltissime delle caratteristiche che avevamo visto in Ultima Underworld: ciò che maggiormente accosta questi due titoli secondo me, oltre chiaramente alla struttura generale del gioco, è l’importanza enorme che assume l’esplorazione dei livelli. Tuttavia, System shock è più legato anche al concetto di azione pura (e qui sta l’influenza di Doom), tant'è vero che i combattimenti sono il pane quotidiano, mentre invece in Ultima Underworld erano un po’ più “diradati” e soprattutto il sistema di combattimento era leggermente più complesso che non in System Shock (non bastava cioè la solo pressione del tasto di fuoco del mouse), cosa questa che mi fa ritornare in mente invece i combattimenti di Arena, altro grande RPG in soggettiva di quel periodo.
Per quanto concerne la giocabilità, si attesta su livelli direi ottimali, ci basteranno pochi minuti all'inizio per entrare nell'ottica e per imparare a usare bene il MFD (Multi Function Display) e il PDA per archiviare i dati (e-mails o logs), poi copiati spudoratamente da Doom3 (ma questo è un altro discorso), anche se proprio nei primi istanti di gioco potremo trovarci legittimamente un pò spaesati. Tuttavia, per chi è poco avvezzo ai giochi di ruolo in generale, potrebbe risultare abbastanza ostico e duro da digerire.
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un tetro corridoio, che porta chissà dove | un altro corridoio oscuro |
In conclusione, System Shock è un MUST ASSOLUTO per il popolo degli OldGamers e per tutti gli appassionati di videogame in generale, che ha dato nuova linfa vitale ad un genere (quello dei FPS) che fino a quel momento aveva visto come massimo esponente Doom, ma soprattutto "mischiando le carte in tavola" e creando un nuovo genere attraverso un mix di generi, che poi negli anni successivi ha letteralmente preso piede nel mondo videoludico (non a caso Warren Spector, uno dei creatori di System Shock, è anche il creatore del capolavoro successivo Deus Ex, che rappresenta in un certo senso la naturale evoluzione di System Shock).
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