LA STORIA DEI GIOCHI DI RUOLO IN SOGGETTIVA
I giochi di ruolo in soggettiva sono quei giochi in cui l’avventura viene vissuta attraverso gli occhi dei nostri personaggi.
Agli albori, ben prima dell'arrivo delle moderne schede grafiche, era una sorta di 3D "primitivo". Costretti in un ambiente bidimensionale, i movimenti del party non avvenivono in modo fluido a 360°, ma bensì "di quadrato in quadrato", quasi una sorta di Myst primitivo. E, come se non bastasse, non ci si poteva nemmeno guardare intorno a 360° gradi, ma solo a destra o a sinistra, di 90° alla volta.
È del tutto evidente come un tale limite tecnico influì in maniera determinante sul gamplay di un'intera generazione di titoli. Si può dire che non fu il gameplay a ideare la rappresentazione grafica di sé stesso, ma il contrario.
LE ORIGINI:
La visuale in soggettiva viene usata per la prima volta in un gioco di ruolo (che non sia un semplice “esci dal labirinto”) in Akalabeth: "World of Doom", il predecessore del più noto Ultima I. Era il 1979 ed il gioco era programmato per Apple II.
La grafica dei dungeon, che definirei "stilizzata" (tecnicamente la si può definire "grafica renderizzata in wireframe"), era accompagnata da un interessantissimo generatore casuale di labirinti, che ritroviamo riproposta di quando in quando in altri giochi, per arrivare poi -infinitamente più avanzato!- in Daggerfall.
Questa "generazione" di gdr in soggettiva è caratterizzata da un'interfaccia testuale con controlli esclusivamente da tastiera, da combattimenti a turni, da un’interattività tutto sommato limitata rispetto agli standard successivi, ma anche da una difficoltà notevole.
Infatti, come è accaduto in tanti altri generi, all'introduzione di interfaccie punta e clicca più user friendly, corrisponde poi anche una graduale massificazione del genere e un conseguente drastico abbassamento della difficoltà e della longevità dei titoli.
Questa generazione, che negli anni ha raggiunto anche vette notevoli di grafica e di gameplay (vedi ad esempio Might & Magic II: "Gates to Another World" del 1988), mi sembra però oggi afflitta da una scarsa rigiocabilità. La grafica scarna, le interfacce complesse e un gameplay decisamente superato, ne fanno dei giochi decisamente non più appetibili per il giocatore medio.
IL PERIODO D’ORO:
Il periodo d’oro per i gdr in soggettiva si apre con il grandioso Dungeon Master della FTL Games. E’ il 1989.
E’ difficile elencare quali fossero le caratteristiche veramente uniche ed innovative di Dungeon Master. La verità è che questo gioco fa cose già viste, ma le fa alla perfezione! La prima di queste è ovviamente l'introduzione di un'interfaccia grafica, completamente utilizzabile tramite mouse.
Fu un immediato successo di pubblico e di critica, che aprì la strada ad un numero infinito di cloni.
Con Dungeon Master il gameplay di questi giochi diviene completamente basato su tre elementi distinti, che convivono in misura diversa a seconda del titolo: esplorazione, combattimenti in tempo reale ed enigmi di logica.
Per finire va segnlato come con le nuove interfaccie grafiche gestite interamente tramite mouse, i gdr diventano finalmente sufficientemente immediati e divertenti: finalmente accessibili per chiunque. E anche di questo dobbiamo ringraziare sicuramente Dungeon Master.
I titoli più famosi di questa generazione appartengono indiscutibilmente alla saga di Eye of Beholder (dei Westwood Studios, il primo capitolo è del 1990): avvincente ed immediato, ma al tempo stesso molto lineare e ripetitivo.
Parte del loro successo è dovuto sicuramente alla licenza ufficiale del AD&D, ma anche ad una notevolissima semplificazione delle meccaniche di gioco e al drastico abbassamento del livello di difficoltà rispetto al maestoso e difficilissimo Dungeon Master.
Accanto a Eye of Beholder, sorgono però altre storiche saghe fantasy, fra cui quella di Ishar (della Silmarils – il primo capitolo -Ishar: "Legend of the Fortress"- esce nel 1992).
Contemporaneamente anche le altre saghe storiche, tipo quella di Wizardry (della mai sufficientemente compianta Sir-Tech Software), corrono ai ripari e si adeguono ai nuovi standard.
Da vero appassionato del genere, trovo che l’apice di questi giochi fu raggiunto con Might & Magic 4: Clouds of Xeen (New World Computing, 1992), che poteva essere unito al suo seguito (Might & Magic 5: Darkside of Xeen, 1993), per formare il maestoso World of Xeen: un’epica avventura che rappresenta senz’altro l’apoteosi del trio "esplorazione + combattimenti + enigmi".
Questa generazione di gdr in soggettiva si conclude non molto tempo dopo che era nata: era il 1993 e la Westwood (orfana della SSI e quindi "espropriata" della saga di Eye of the Beholder) se ne esce con Lands of Lore.
Il gioco, nelle intenzioni degli sviluppatori, avrebbe dovuto innovare significativamente il genere, pur restando un titolo completamente 2D. Rivisto con gli occhi di oggi, Lands of Lore è in realtà un titolo ancora fortemente ancorato alla tradizione, ma sostanzialmente privato di uno dei tre elementi cardine del gameplay dei gdr in soggettiva: l'esplorazione. Infatti, fra i pareri contrastanti degli appassionati, introduce definitivamente l'auto-mapping.
La SSI risponde a Lands of Lore con Eye of the Beholder 3: "Assault on Myth Drannor". Privo di automapping, all'epoca il titolo fu ampiamente criticato. Chi scrive lo ritiene invece probabilmente superiore a Lands of Lore.
Quel che è certo è che i due titoli sono il simbolo di un gameplay che stava per per cedere definitivamente il testimone...
IL FATICOSO PASSAGGIO AL VERO 3D:
E’ il 1992 quando un fulmine a ciel sereno mette in ginocchio più di un game designer: esce Ultima Underworld: "The Stygian Abyss".
Mentre le varie software house storiche del periodo (SSI, Westwood, Sir-Tech, New World Computing, ecc.) si crogiolano nei loro motori bidimensionali, la Origin (allora sempre di proprietà di Richard Garriott – abbasso la EA!), insieme alla Blue Sky Production (poi diventata la celebre Looking Glass) scuote il mondo dei giochi di ruolo: un motore finalmente 3D, tecnicamente superiore e in anticipo rispetto a quello di Doom, un gameplay completamente nuovo, un’interattività fino ad allora neppure immaginabile, un dungeon *vivo* pieno di PNG con cui interagire… insomma: un’altra dimensione (di nome e di fatto)!
È la rivoluzione di un genere: nuovo gameplay, un nuovo livello di realismo, un mondo virtuale finalmente credibile!
Le altre SH rispondono come possono o… non rispondo affatto.
La SSI cerca di adeguarsi ai nuovi standard con Ravenloft: "Strahd's Possession" (1994). Il gameplay resta lo stesso di Eye of Beholder, ma applicato senza modifiche ad uno scarno motore 3D dà come risultato un pessimo gioco.
Ne seguono anche altri, prodotti con lo stesso engine, fra cui Ravenloft 2: "The Stone Prophet" (1994) e Menzoberranzan, però (nonostante la licenza AD&D, il conte vampiro e i drow -questi ultimi di gran moda in quegli anni-) il risultato non cambia: gli ambienti di gioco sembrano spogli, insignificanti e superati.
Non a caso la licenza di AD&D passera nelle mani più meritevoli e innovative dei creatori di Baldur's Gate, che rinunceranno a competere sul campo del 3D e sforneranno il grande capolavoro isometrico (mosso dall'Infinity Engine) che tutti conosciamo.
Più in ritardo, ma anche in modo più convincente, arriva la risposta della New World Computing. Con Might & Magic VI: The Mandate of Haven (1998, sei anni dopo UU1!) riescono a riproporre il vecchio gameplay (esplorazione + combattimenti + enigmi) in un mondo 3D. L’esperimento riesce (tanto è vero che seguiranno altre 2 capitoli di notevole successo, con medesimo gameplay e medesimo motore 3D), ma è palese che il futuro del genere risiede ormai altrove…
Anche i Westwood, con la loro neonata saga di Lands of Lore, cercano di adeguarsi, ma in ritardo (Lands of Lore 2: "Guardians of Destiny" esce che è già il 1997) e senza un autentico slancio innovativo, anzi forse regredendo ad una tipologia di gioco di ruolo più immediato e semplificato. Una delusione per i puristi del genere, in cerca delle sensazioni dei vecchi giochi di una volta o del realismo di Ultima Underworld..
L’unica risposta all’altezza ad Ultima Underworld viene dalla Beteshda Softwork. E’ il 1993 ed esce The Elder Scrolls: "Arena".
Un gioco all’altezza dei nuovi standard tecnici, ma che coraggiosamente batte una nuova strada. Se Ultima Underworld punta sul realismo e l’interattività, Arena punta sulla libertà d’azione.
Ultima Underworld è un grosso dungeon di "soli" 8 livelli, ma creati come fossero un vero ecosistema: ogni PNG ha una sua storia ed è caratterizzato come il personaggio di un libro; le quest sono costruite in modo articolato e con grande cura; ecc.
Arena (e più ancora il suo seguito: Daggerfall, 1996) è un mondo di dimensioni mai viste. Agli 8 livelli di Ultima Underworld contrappone decine e decine di dungeon, la maggior parte dei quali generati casualmente. Ai pochi ma indimenticabili PNG di UU, Arena contrappone città popolate come non mai... ma i dialoghi sono quasi sempre uguali. Decine e decine di quest secondarie, carriere da intraprendere, dungeon da esplorare… insomma, libertà d’azione al posto di realismo del mondo di gioco.
Due concezioni di gioco di ruolo innovative e… alternative.
IL FUTURO
Con i moderni motori 3D sembra che ormai sia la visuale in prima (o terza) persona ad aver preso il sopravvento su quella isometrica.
Il vero salto di qualità nella rappresentazione 3D del mondo di gioco mi sembra sia stato fatto da Ultima 9: Ascension (1999).
Un gioco ricco di bug e forse deludente per i fan della serie, ma senz’altro un notevole passo avanti come engine di un gioco di ruolo. Un mondo vero, con torri e montagne, tutto esplorabile senza dover attendere noiosi caricamenti.
Sul fronte del gameplay mi sembra che si ripropongano tuttora i due schemi introdotti da Ultima Underworld e Arena: realismo vs. libertà d’azione.
Nella prima categoria figurano, fra gli altri: Ultima 9 (1999), Gothic (2001), Arx Fatalis (2002), Vampire - The Masquerade: Bloodlines (2004).
Per la seconda categoria credo che basti un nome su tutti: The Elder Scroll: Morrowind (2002). E certo in questo secondo filone mi sembrano inserirsi -con le dovute distinzioni!- quasi tutti i MMORPG.
Credo che l’attuale successo della libertà d’azione nei gdr sia dovuto ad una serie di fattori:
- l’immediatezza e l’attrazione offerta dalle maggiori possibilità di max playing. Unito al fascino del grande pubblico per il freeroaming e per le dinamiche da mondo sandbox.
- La somiglianza del gameplay di questi giochi con quello dei sempre più diffusi MMORPG, caratterizzati da quest e da un livello di libertà di azione molto simili. E, alla base, da un farming estremo (che ha raggiunto vette stratosferiche nel recente Skyrim) e da una ricerca costante dal max playing.
Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!
La traduzione di Ultima Underworld: The Stygian Abyss si avvia finalmente alla conclusione! Il testo del gioco è stato tradotto e riveduto al 100%, potete vederne degli esempi dallo screenshot qui sopra e dalle immagini pubblicate nel thread ufficiale dell'OGI Forum.
Al momento la traduzione è in fase di beta test, già a buon punto. Resta ancora da tradurre parte della documentazione allegata al gioco, mappa e manuali, e da impacchettare il tutto. La traduzione completa dovrebbe uscire fra qualche settimana.
Consultate la scheda della traduzione per rimanere aggiornati sui progressi
Uscito nel lontano 1992, Ultima Underworld gettò immediatamente le basi per una nuova concezione del gioco di ruolo, ancor prima del mitico Arena, nel quale vennero poi ripresi ed amplificati i temi introdotti in Ultima Underworld.
Sotto tutti i punti di vista possiamo certamente affermare che UW è un gioco unico e irripetibile, che ha dato "linfa vitale" a moltissimi titoli successivi, non solo nell’ambito dei giochi di ruolo ma in senso generale, a parte ovviamente lo stupendo Arx Fatalis, in pratica un Ultima Underworld dei giorni nostri, in tutto e per tutto identico a UW, esclusa la grafica ovviamente, ed uno dei giochi in assoluto più sottovalutati da tutti, critica e videogiocatori. Una delle principali caratteristiche di UW è infatti costituita dall’esplorazione dei labirintici dungeon dei vari livelli: a mio avviso è proprio questa la chiave di lettura di questo titolo, ed è esattamente qui che troviamo i primi spunti anche per il cosiddetto genere "survival horror" che avrebbe trovato importanti "vie di sfogo" in titoli che avrebbero preso vita (guarda caso) proprio qualche annetto più tardi, come Alone in the Dark o Resident Evil.
In UW viene infatti ribaltata la figura dell'eroe protagonista (il famoso "eroe da un altro mondo" dei capitoli precedenti della serie di Ultima). Infatti, il nostro è un personaggio all’inizio debole e smarrito, dopo essere stato, per così dire, "gentilmente" rinchiuso negli abissi stigi, e questa sarà una sensazione che continuerà a pervadere il giocatore per gran parte della sua avventura. La scarsità delle armi a disposizione, delle provviste e dell’equipaggiamento in generale contribuiscono a tenere sempre ben alta questa sensazione di pericolo che può celarsi dietro ogni angolo buio che dovremo oltrepassare… Questo elemento verrà poi rielaborato in una concezione migliore e di più ampio respiro anche nel capolavoro successivo, System Shock, che in pratica si potrebbe definire come l'Ultima Underword dall'ambientazione fantascientifica.
Certo, questo non è il solo elemento che contraddistingue UW dai suoi predecessori della serie di Ultima (o dei RPG in senso generale), poiché infatti l'altra cosa che balza subito agli occhi non appena si inizia una partita è la saggia impostazione nella creazione del personaggio molto elementare, che disdegna complicate tabelle numeriche di difficile comprensione e soprattutto l’approccio decisamente "action" del titolo. Mai prima di allora vi era stata questa "contaminazione" tra generi, e bisogna dire che questa soluzione fu particolarmente gradita a molte produzioni successive, nel corso degli anni. Infatti, non fu Wolfenstein 3D - che è stato pubblicato due mesi dopo di UW - il primo gioco d’azione con visuale in soggettiva. Certo, UW non è propriamente un gioco d'azione, ma fu tuttavia il primo gioco in assoluto in cui vennero introdotti elementi d'azione in un gioco di ruolo, con una visuale in soggettiva (ancor prima di System Shock o di Arena). E' per questo che, dunque, anche Doom è "debitore" ad UW.
Tuttavia, anche la risoluzione degli enigmi è una parte predominante del gioco, tant'è che essi sono presenti in gran numero, di una difficoltà talvolta (piacevolmente) terrificante, e ben distribuiti fra gli otto giganteschi livelli di cui si compone UW. Cerchiamo dunque di analizzare sotto tutti questi punti di vista questa pietra miliare dei videogiochi!
Considerata l'epoca, la grafica di UW era semplicemente spettacolare. Soprattutto per come il gioco era impostato, con visuale in prima persona e con ambienti scarsamente illuminati, corridoi tetri, oscuri e solitari che si dipanavano dinanzi al nostro rendevano veramente bene quello stato di angoscia e paura costante che attanagliava il videogiocatore nelle sue peregrinazioni negli abissi stigi. Nemmeno l’uso della minuscola torcia riesce più di tanto a illuminare l’ambiente circostante. Ma ciò che è veramente eccezionale è il design dei vari livelli di gioco. Man mano che procediamo con l’esplorazione infatti la nostra mappa si auto-aggiorna, rendendoci consci del fatto che i dungen sono veramente labirintici, con fiumi sotterranei o zona di lava che talvolta ci bloccano la strada e dunque ci costringono a trovare percorsi alternativi.
Quello che invece rende un po' meno è la realizzazione dei personaggi, piuttosto primitiva, anche se è bene ricordare che eravamo nel 1992. Infatti, quando qualche nemico si avvicina per attaccarci, ci rendiamo immediatamente conto di quanto è stato disegnato. Tutte le azioni di gioco poi si svolgono in una piccola finestra al centro dello schermo, e la risoluzione non è delle migliori (non è nemmeno modificabile). L'interfaccia di gioco è un po' troppo ingombrante, seppur funzionale, e non sarebbe stata una cattiva idea quella di poter scegliere anche una modalità a schermo intero, magari alternandola con quella a finestrella, per poter avere una visuale di gioco più completa. Ad ogni modo, per l’epoca, si trattava già di grandissimi passi in avanti.
L'infelice ritorno dell’Avatar…
Cronologicamente parlando, gli eventi che vengono narrati in Ultima Underworld sono susseguenti a quelli di Ultima IV. Il famigerato "Eroe di un Altro Mondo" era ripetutamente accorso in aiuto dello sprovveduto Lord British durante le crisi precedenti che avevano scosso Britannia, ed aveva in successione eliminato il perfido Mondain, la sua amante Minax e successivamente la loro creatura infernale Exodus. In Ultima IV il misterioso eroe aveva intrapreso la ricerca delle "Otto Virtù" scoprendo di essere egli stesso l’Avatar, cioè colui che poteva mostrare al popolo il cammino che conduce verso la crescita spirituale e le famose "Otto Virtù". E da qui prende il via la storia di Ultima Underworld.
Ancora una volta, l’Avatar fa ritorno a Britannia, ma non appena giunge a destinazione, subito un destino infausto lo vede protagonista. Egli è inavvertitamente testimone del rapimento di Arial, la giovane figlia del Barone Almric, da parte di una strana creatura infernale. Le guardie del castello accorrono, trovandolo sul luogo del misfatto.
Ben presto, l'Avatar senza troppi convenevoli viene ritenuto colpevole di questo reato. L'Avatar non può nemmeno dimostrare di essere tale, ma gli viene data un'ultima chance per dimostrare chi dice di essere veramente e di riportare al Barone la sua amata figlia. L’unico modo per venire a capo di questa situazione è ritrovare la ragazza e riportarla al castello. Il problema è che per fare tutto questo dovrete avventurarvi nei pericolosi abissi stigi… La partita vera e propria inizia esattamente in questo momento. Verrete rinchiusi nel dungeon del primo livello e sentirete le guardie che si assicurano che il portare che conduce all’esterno sia saldamente chiuso. Da questo momento in poi dovete riuscire a ritrovare la ragazza seguendo ogni possibile indizio che riconduca a lei, oppure perirete negli abissi. Ben presto tuttavia, vi renderete conto nell’esplorazione di questo mondo sotterraneo e nell’entrare a contatto con tutti gli abitanti che lo popolano, che dietro a questo rapimento si cela ben altro, e voi ne siete l’inconsapevole protagonista…
A proposito di gameplay
Da quando entrerete nell’abisso, potrete contare solo su voi stessi… I sinistri cunicoli, caverne e quant’altro che trovate laggiù sono abitati da svariate creature: goblin, ghoul, demoni vari ed anche umani, ma la maggior parte di loro non saranno propriamente amichevoli. E’ chiaro quindi che dovete entrare fin da subito nei meccanismi di gioco. A tal proposito, uno dei punti di forza di Ultima Underworld è la sua interfaccia, molto semplice, intuitiva e dal facile utilizzo, anche se, come dicevamo, un po’ troppo ingombrante. Alla vostra sinistra trovate il menù di gioco, e le varie azioni che potete compiere per interagire con l’ambiente circostante (esaminare, aprire porta, attaccare, parlare con un personaggio, ecc…). Alla vostra destra trovate invece il vostro personaggio con tutto l’inventario ed il vostro equipaggiamento. Fin da subito verrete in possesso della mappa, importantissima per non perdervi nei meandri dell’abisso (cosa facilissima senza di essa!) grazie alla quale potete aggiornare i vostri progressi anche effettuando voi stessi delle annotazioni in corrispondenza di eventuali luoghi cruciali per il proseguimento della storia. Le due ampolle alla destra della bussola indicano rispettivamente la vostra vita (rossa) e il mana - che serve a poter lanciare incantesimi - ancora a vostra disposizione (blu). A proposito di questi ultimi, UW dispone di un discreto numero di incantesimi. Per poter essere lanciati, dovete trovare le rune apposite (sono dei fogli dal colore blu con delle incisioni gialle) e la sacca che le contiene, che si trova da qualche parte nel primo livello. Ad ogni combinazione diversa di queste rune (che devono essere trascinate nel riquadro a destra della bussola) corrisponde un diverso incantesimo. Se invece preferite usare metodi “poco ortodossi”, specializzandovi nel combattimento, basta che imbracciate la vostra arma, portandola o nello slot principale a destra (se la impugnate con la mano destra) o a sinistra (se la impugnate con la sinistra). A questo punto tenete premuto il pulsante sinistro del mouse e poi rilasciatelo: in questo modo verrà sferrato il vostro affondo con l’arma. Più a lungo terrete premuto il pulsante, più energico sarà il vostro colpo. In questo senso, la gestione dei combattimenti corpo a corpo è piuttosto agevole (inspiegabilmente verrà poi peggiorata in “Arena”, con un sistema di combattimento del tutto astruso…).
Quello che invece viene reso in modo peggiore sono i controlli dei movimenti, tramite tastiera. O meglio, per i movimenti di base (muoversi a destra, sinistra, avanti e indietro) sono usati i canonici tasti W-A-D-X, ma per il salto si usa la lettera J, ed è un po’ complicato il controllo (visto che la J è lontana dai quattro tasti di prima…) in determinate situazioni in cui è prevista una certa destrezza nei movimenti.
Infine, ci sono i dialoghi che rivestono anche essi un ruolo determinante per poter apprendere in pieno ogni sfaccettatura della trama e per ottenere indispensabili indizi che ci indichino come proseguire le nostre avventure. E' anche probabile che qualche personaggio ci assegnerà delle "sottoquest" che potremo o no portare a compimento, a nostra discrezione, oltre alle quest principali che servono per poter procedere con il gioco.
E la musica?
Bè, probabilmente non è uno dei punti principali di UW, anche perché la colonna sonora è composta da pochi brani in formato midi che si alternano durante la partita e alla lunga diventano anche abbastanza ripetitivi. Tuttavia, riescono bene a creare e soprattutto a mantenere nel giocatore quel senso di disagio e di pericolo costante di cui parlavamo in precedenza. Non sono affatto male!
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Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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