Wasteland è una saga che arriva da lontano, il primo titolo è stato realizzato dalla prima Interplay nel 1988 ma il brand è stato rilanciato solo nel 2014 con l’avvento dei Kickstarter tra cui anche quello di Brian Fargo, fondatore della Interplay e ora capo della InXile, che riacquistò il brand dalla EA e riuscì dopo anni a farci un seguito.
Su quella scia la InXile ha prodotto anche questo terzo capitolo finanziato sulla piattaforma Fig.co sempre di crowd funding, ma, rispetto a Kickstarter, qui era possibile anche finanziare i progetti a scopo di investimento con un ritorno monetario dipendente dalle vendite del prodotto.
Wasteland 3, come il predecessore, si pone sul solco di RPG che vogliono riproporre gameplay, profondità e complessità più legate alle produzioni degli anni 80 e 90 di videogiochi, meccaniche che erano state completamente abbandonate nel nuovo millennio e che sono state mantenute vive tra gli indie prima e dai progetti in crowdfunding dopo. Ci viene proposto un RPG classico dove avremo a disposizione un party di Ranger del Deserto dell’Arizona che conta fino a 6 elementi di cui alcuni creati da noi (da 2 a 4 elementi) e il resto composto da personaggi arruolabili che si uniranno a noi nel corso del gioco.
Il set di regole arriva dal lontano RPG del 1988 e ha avuto nel corso del tempo delle evoluzioni, i personaggi sono caratterizzati da attributi fisici che condizioneranno le capacità in termini di spostamento, mira e punti azione durante il combattimento, rispetto ai predecessori anche questi valori muteranno durante il gioco potendo assegnare ulteriori punti con il susseguirsi dei livelli. I personaggi hanno inoltre delle abilità, tutte quelle legate alle varie tipologie di armi ma anche quelle di interazione con l'ambiente, come per scassinare porte e cassaforti o quella per hackare computer e robot, pronto soccorso per curare i compagni, quella per addestrare animali, per la sopravvivenza, per aiutarci ad evitare scontri o in altre situazioni, fino ad arrivare alle abilità dialettiche che sono due e concorrono a sbloccare ulteriori opzioni di dialogo.
I dialoghi sono abbastanza asciutti e non c’è quella interazione a parole chiavi che era stata proposta nel secondo ma le classiche scelte multiple arricchite da un ampio uso di check sulle abilità e non solo le due dialettiche. Di sicuro rispetto al precedente c’è molto meno da leggere e anche tutte le storie dei luoghi che visitiamo questa volta sono rese con delle audiocasette con dei messaggi vocali che ci danno delle instantanee di quello che è successo in quei luoghi.
Sempre rispetto al titolo precedente c’è stato un lavoro di riduzione del numero di abilità, molte sono state accorpate insieme, per esempio pistole e fucili nel 2 erano separate, qui sono sotto l’unica chiamata “armi di piccolo calibro”, ma anche per esempio primo soccorso e chirurgia sono state unificate in una unica abilità. D’altro canto invece sono stati aggiunti talenti sbloccabili legati alle abilità e colpi speciali per le armi.
Un lavoro di semplificazione che rientra in un processo di modernizzazione fatto tra il secondo e terzo capitolo, si nota come gli autori abbiano cercato di eliminare alcuni fattori ereditati dai gameplay dei anni 90 che ora possono appesantire e rallentare l’esperienza di gioco. Sono state eliminate le limitazioni di peso, gli inventari sono stati unificati e in qualunque momento del gioco è possibile assumere a pagamento un nuovo ranger così da coprire i buchi che si potrebbero creare nel momento in cui rivisitiamo la composizione del party.
Chi non è nostalgico dei cabinati anni '80 o non è in cerca di un 3DO?
Non si corre più il rischio di perdere tempo per distribuire il peso degli oggetti o di ritrovarsi un party sbilanciato perché costruito all’inizio senza sapere chi si sarebbe poi unito a noi, avendo per esempio distribuito parecchi punti per una abilità che ora è ridondante dopo aver aggiunto un determinato personaggio. Processo che può far storcere il naso a chi è più purista del genere, ma che trovo sia necessario per rendere i giochi più moderni e fruibili anche da un pubblico non più disposto a star dietro a quelle microgestioni o a sopportare situazioni che possono generare un po’ di frustrazione.
Faccio una nota su un aspetto che non ha mai convinto riguardo questo set di regole, le abilità in fondo non sono influenzate dalla caratteristiche fisiche dei personaggi, quindi ci troviamo a dispensare abilità a uno o all'altro personaggio più che altro a seconda di chi ha disponibilità di punti da attribuire, più che a chi dovrebbe essere portato per quell'abilità. Ecco che colui che è addetto a scassinare è lo stesso che poi brandisce un’arma contundente e incassa colpi o un’abilità dialettica può essere sviluppata benissimo da un personaggio con bassissimo carisma. Sicuramente un sistema come lo SPECIAL di Fallout da questo punto di vista è migliore, in quanto la percentuale base di successo di ogni abilità dipende proprio dagli attributi e non solo dai punti assegnati al passaggio di livello.
Il successo nell'uso di un'abilità è determinato esclusivamente dal grado di abilità posseduto, è possibile compiere un'azione solo se possediamo un grado sufficiente in una data abilità (niente possibilità casuale di fallimento insomma e quindi niente più reload compulsivo finché un'azione va a buon fine anche se abbiamo solo il 10% di possibilità di farcela) e questo porta a conservare i punti abilità e a non assegnarli finché non ci sarà una occasione che ce li richieda.
Uno dei mostri-robot più iconici di Wasteland: lo scorpitron
Come combat system il gioco ci propone combattimenti a turni su una griglia a quadretti e uso delle coperture per rendere i combattimenti più tattici. Abbiamo un’ampia varietà di tipologia di armi con area e gittate diverse, ogni arma usa un determinato tipo di proiettili che condivide solo con qualche altra. Rispetto al capitolo precedente, nonostante la riduzione delle abilità, si è data una maggior profondità inserendo varie tipologie di tipo di danno, non più solo fisico ma anche danni causati da esplosione, dal fuoco, dal freddo o di tipo energetico. Utilizzare un'arma con danni elementali spesso ci aiuterà contro nemici più corazzati mentre quelli a energia saranno più adatti contro mezzi meccanici o robot. Un ampliamento delle variabili che nel secondo erano più limitate ai soli aspetti fisico o energetico, con robot e armature metalliche più soggetti ai danni energetici. La difficoltà dello scontro quindi può cambiar radicalmente cambiando modo di approcciarlo o con un uso di armi più adeguate alla situazione. Sicuramente un bel passo avanti nelle dinamiche degli scontri che son anche particolarmente interessanti e non facili.
Un po’ meno interessanti sono le mappe, si nota come in questo capitolo si sia voluto intervenire sulla razionalizzazione del lavoro, non abbiamo più le aree disegnate in modo artistico caratterizzando ogni mappa e curando ogni singolo particolare. Si sono abbandonate le grandi aree, soprattutto cittadine e all’aperto, che in qualche modo ricordavano un po’ Baldur’s Gate, e si è passati a mappe più piccole costruite modularmente con elementi che costituiscono corridoi, stanze e muri dove anche quelle che dovrebbero rappresentare ambienti all’aperto sono riconducibili a corridoi e passaggi da percorrere ed esplorare. In linea generale si vede che si è preferito curare i punti di incontro e adottare strumenti per creare le mappe senza dover disegnare ogni singolo elemento, perdendo come detto di unicità e artisticità ma riuscendo a mantenere così la qualità e la complessità per tutto l’arco del gioco, cosa che non succede per esempio in Wasteland 2 dove nella seconda parte del gioco le mappe seppure uniche erano sicuramente di un livello inferiore rispetto a quelle iniziali con molte aree minori che erano composte da alcuni semplici incroci. Personalmente ho preferito in questo aspetto il secondo capitolo ma comprendo che dal punto dal punto di vista economico mappare tutto come si è fatto nel secondo capitolo sarebbe altamente dispendioso.
Una fase di combattimento contro Babbo Natale
I vari capitoli di Wasteland portano il nostro party di ranger a sistemare i problemi nelle comunità presenti sulla mappa globale di gioco seguendo lo spirito che si son dati, cioè di portare libertà, giustizia e uguaglianza.
Starà a noi scegliere come farlo, utilizzando il piombo dei proiettili dei nostri fucili o attraverso mezzi alternativi. I risultati che otterremo? Molto dipenderà da noi: non sempre saranno propriamente quelli che ci eravamo prefissato ma l'aspetto principale del gioco è proprio il fatto che saranno le nostre scelte a determinare le sorti di una specifica comunità, caratteristica che è un po' il marchio di fabbrica della serie.
Il gioco comunque ci vuole spesso far scontrare con la dura realtà, spesso le vicende si concluderanno come non ci eravamo ripromessi. Ci possiamo impegnare e rigiocare ma in pochi casi otterremo risultati che ci diano la sensazione di aver fatto pienamente bene la nostra parte, invece qualche volta ci si interroga se il nostro intervento non abbia fatto solo che più danni.
Wasteland 3 ci porta lontano delle nostre lande desertiche dell'Arizona per giungere invece in mezzo alla neve e al ghiaccio del Colorado. Siamo in missione per conto dei ranger, siamo un convoglio diretto in Colorado per dar supporto al Patriarca che governa la regione e che in cambio ha promesso rifornimenti, necessari ora come non mai, ai ranger reduci dagli avvenimenti del capitolo precedente. I ranger sono una organizzazione che ha subito molti colpi soprattutto nel capitolo precedente, in sostanza il sogno di giustizia e libertà si sta spegnendo sotto i colpi di spettri arrivati da lontano e che hanno lasciato grosse cicatrici. Per questo le risorse che il Patriarca ci offre sono fondamentali per noi.
Il gioco si apre con la neve e il ghiaccio del Colorado e con un brutta sorpresa, una banda attacca il nostro convoglio, il tutorial vedrà uscire sani e salvi, di fatto, solo i nostri 2 ranger creati a inizio gioco, a parte un gatto e un altro ranger che una volta guarito si potrà unire al party. Wasteland 3 ci ha portato in un paese dove il Patriarca governa in modo assolutistico appoggiato dalle famiglie più influenti, ma siamo finiti in mezzo a una disputa di successione con i figli del Patriarca che vedono il vecchio con un piede nella fossa ma che non intende mollare il trono e che hanno iniziato a creare grossi problemi al babbo.
Compagni animali, il maggiore Tom al vostro servizio
Prima di addentrarmi di più sulla trama e su alcune considerazioni che per forza di cosa non saranno prive di spoiler vi dico che secondo me è un titolo che sicuramente deve essere nelle librerie di chi apprezza il genere degli RPG. Non è un titolo perfetto, ce ne sono altri che offrono una maggior interazione con il mondo o che ci fanno protagonisti di storie più epiche, ma mi sento di consigliarlo anche a chi è meno propenso alle meccaniche e alla struttura delle quest vecchio stile in quanto il titolo è impegnato per offrire un prodotto più immediato e fruibile.
Se vogliamo fare un piccolo parallelismo il Patriarca è un Putin appoggiato dai suoi oligarchi. Solo che è un Putin che si atteggia da signor America e che inizia ad aver grossi problemi di successione. Messi in mezzo noi poveri ranger siamo divenuti pedine del dittatore perché bisognosi del gas rus… perché bisognosi delle risorse del Colorado per sistemare i problemi in Arizona, inizieremo presto a chiederci se questa è una situazione accettabile. D'altro canto ormai ci siamo e bisogna ballare, ballare sui cadaveri dei nostri compagni morti per aiutare il Patriarca a tenersi la poltrona.
Sicuramente Wasteland 3 è un gioco che affronta diversi temi politici: avremo per esempio a che fare con l'immigrazione delle persone verso la capitale, non ci sono le ONG ma troverete a un certo punto una situazione in cui si dovrà decidere che fare con chi aiuta i rifugiati, sarete voi il Salvini della situazione?
Uno dei temi centrali del gioco è la questione del passaggio di potere. In paesi democratici sappiamo che avviene attraverso le elezioni ma in una dittatura? In una dittatura non è così facile, così ci troviamo in mezzo da un lato al nuovo che avanza, che vuole prendersi la scena, e dall'altra il Patriarca che invece, nonostante l'età, ancora non si decide a passare la mano, forse perché passare la mano spesso per un dittatore significa anche rinunciare alla propria testa. Il nuovo ci viene presentato nella forma dei 3 figli ribelli del Patriarca, anche se presto sarà chiaro che due di loro sono solo figure senza un futuro: Valor, un idiota perso dietro ai computer e che si crede un genio ma che invece è solo uno stupidotto, e Victory uno psicopatico drogato fino al midollo che passa il tempo a torturare la gente sfruttando una banda di altri strafatti che vivono in un sogno perenne.
E' chiaro che la prima vera antagonista del Patriarca è la figlia Liberty, sveglia e intelligente, che ritiene che il padre si sia rammollito e che sta arrivando da oriente con la sua orda di ex alleati. Come una Cina inarrestabile, ha portato a sé tutte quelle bande che prima erano alleate con accordi segreti di coesistenza, accordi che farebbero arrossire la CIA o il KGB per quanto vergognosi. Accordi che hanno consentito fino ad ora al Patriarca di mantenere il potere e quella stabilità necessaria per non aver problemi nel riconoscimento della sua figura.
L'inventario unificato ha semplificato molto la gestione del party
Riguardo le fazioni in gioco trovo questo terzo capitolo inferiore al precedente da questo punto di vista: quelle presenti in questo capitolo sono troppo sopra le righe, sono tutte sciroccate, non c'è nessuna che si avvicini per esempio agli Scorpioni Rossi e alla situazione della prigione nel capitolo precedente. Lì quella fazione per volere del suo leader vuole vendicarsi e fare le scarpe a noi ranger, ma lo faceva per spirito di vendetta con motivazioni che arrivavano da lontano, da un evento che lo ha segnato, e lo faceva con una sorta di contrappasso vendendosi al mondo come i nuovi che vogliono proteggere, portare giustizia e prosperità nelle comunità, incolpando i Ranger di non esserne più capaci. Poi visitando la zona della prigione, la nostra vecchia base sotto la protezione degli Scopioni Rossi, capiamo che non è protezione ma assoggettamento e la loro giustizia è solo la volontà di aiutare chi fa comodo loro, mentre la prosperità promessa non è per le persone comuni, che invece hanno perso qualsiasi forma di speranza per il futuro. Personalmente ho trovato alcune scene nell'area della prigione molto più dure di quanto lo siano le animazioni splatter presenti in avvio del terzo capitolo.
Qui la prima banda che ci viene presentata vuol vendicarsi del Patriarca e delle 100 famiglie che governano il Colorado, ma lo fa facendo stragi anche di bambini in modo cruento: difficile poter creare qualsiasi legame con loro. Eppure verso la fine del gioco conosceremo il capobanda: un membro di rilievo del paese prima di essere accusato e perseguitato dal Patriarca per le sue idee democratiche che sono andate in attrito con il dittatore, poi fuggito per scampare alla trucidazione e scomparso per molti anni. Ci viene presentato solo in questo frangente come persona con una base di ideali democratici, ma rinnegati e seppelliti per ottenere la vendetta sul Patriarca e sulle famiglie che si erano macchiate di avere distrutto la sua di famiglia.
Il gioco non fa niente per trasporre questi principi e valori del capobanda nel comportamento della banda. Ritengo sia stata una occasione persa. Le altre bande, tra clown a cui piace dar fuoco ai maiali, indiani che fanno volare aquiloni con esseri umani mutilati appesi, fino ai fanatici che mutilano il proprio corpo per sostituire le parti con componenti cibernetiche, restano per me incomprensibili in ciò che le spinge da una parte o dall'altra.
Così anche Liberty non è molto approfondita: il gioco ci propone questo personaggio molto carismatico ma non scava molto a fondo. Avrei preferito saperne e capirne di più. Così come non ci dà opportunità di scegliere di appoggiare lei contro il padre per rafforzare la dittatura con una figura che possiamo ritenere più forte e fresca. Un'altra strada che il gioco non ci concede è far perdere l'appoggio delle 100 famiglie al Patriarca, famiglie che rimangono spesso sullo sfondo e che non fanno tanto oltre a parlar male degli immigrati.
Liberty e Angela, le vere antagoniste del Patriarca
Il gioco ci propone una strada alternativa all'appoggio incondizionato al Patriarca e si chiama rivoluzione, una rivoluzione che è guidata da una nostra vecchia conoscenza: Angela, che molti davano per morta, è anche lei in Colorado, mandata in missione dai Ranger per prendere contatto con il Patriarca. Ma, vista la natura dittatoriale di questa figura, presto abbandona la missione per darsi alla clandestinità. Il nostro Che Guevara in gonnella e con fucile di assalto in spalla presto prenderà contatto con noi per farci scoprire man mano tutte le magagne che il Patriarca nasconde sotto il tappeto del suo regime.
Angela rappresenta in tutto e per tutto lo spirito originario dei Ranger: portare giustizia e libertà a chi ne ha bisogno, anche contro gli ordini degli attuali Ranger, più concentrati sulla sopravvivenza e sul trovare accordi con chi possa dar loro degli aiuti. Così la distanza tra Angela in versione “rivoluzione perenne alla Che Guevara”, sempre in cerca di nuovi scenari in giro per il mondo, e il vertice dei Ranger (che come un Fidel Castro che, per rafforzare il proprio regime locale, cerca di consolidare i rapporti con l'Unione Sovietica anche a rischio dell'isolamento globale e del vassallaggio rispetto a una potenza straniera) si è fatta abissale e non più risanabile.
Queste due opzioni ci vengono proposte per tutta la durata del gioco: scegliere di supportare la rivoluzione per un futuro ignoto, ma che non ci faccia quindi rinunciare agli ideali con cui siamo cresciuti, oppure il pragmatismo di sapere di non poter esportare la democrazia e di chiudere gli occhi su accordi disgustosi fatti sulla pelle della gente comune.
E' ora di finirla, in un modo o nell'altro
Con la caduta di Liberty non resta che fare la nostra scelta definitiva, prendere con noi chi ci appoggia in questa scelta e andare verso lo scontro finale. Il gioco ci propone la conclusione in modo identico e speculare allo stesso tempo: il percorso da fare, gli obbiettivi intermedi sono gli stessi, solo i personaggi accanto a noi saranno alcuni e non altri e anche il climax cambia radicalmente. Da una parte andiamo contro il Patriarca, che alla fine ci aspetta dentro il suo carro corazzato fatto di mostrine e colori tipici della bandiera americana; dall'altra la colonna sonora ci accompagna con una composizione musicale che è come una preghiera triste: stiamo andando ad abbattere i nostri stessi ideali, stiamo andando ad uccidere l'ultimo ranger che era presente anche nel primo Wasteland. Angela ci aspetta con i suoi fedelissimi pronti a morire, si presenta davanti a noi e non dentro il piccolo blindato. Dalla nostra abbiamo anche dei rinforzi da parte del Patriarca, che vorrebbe combattere, ma a cui la ragion di Stato impone di rifugiarsi al sicuro. È un vecchio che non può neanche più combattere le proprie guerre, ma che grazie a noi manterrà il suo potere ancora per un po'.
Lo scontro finale non ha storia, è solo la fine di una rivoluzione che non poteva aver successo, la fine degli ideali di democrazia che non possono funzionare in quel mondo. Questo è il finale migliore che ci propone il gioco. Possiamo tornare a casa con una medaglia al petto, con rifornimenti e un accordo che garantirà prosperità ai Ranger e all'Arizona.
In Arizona non sanno quello che abbiamo fatto in Colorado.
Se li tradimmo o li salvammo se facemmo il nostro lavoro o se fallimmo.
La nuova avventura testuale di Marco Vallarino è di genere fantascientifico-demenziale: il giocatore in visita all'università del videogioco si trova a dover fronteggiare un'invasione aliena con l'aiuto dei dirigenti del campus e di quello che troverà in giro, inclusa una misteriosa merendina al catrame.
Lo stile goliardico e paradossale si ricollega a Zigamus, di cui Campus Invaders 1.0 rappresenta lo spin-off con gli alieni al posto degli zombi. Ma è anche un omaggio alla Guida Galattica di Douglas Adams, da cui come sapete la Infocom ha tratto anche una formidabile Interactive Fiction.
Il gioco rappresenta anche un esperimento social-creativo: Campus Invaders 1.0 è infatti un extended-game aperto alle proposte dei giocatori per eventuali modifiche o aggiunte. Chiunque riuscirà a finire l'avventura, tramite la password della sezione segreta, potrà partecipare alla riscrittura dell'avventura per l'edizione 2.0 prevista per il 2023.
Qui trovate la scheda del gioco.
E qui visitate la pagina del sito ufficiale di Marco Vallarino.
In questi giorni è uscito Metroid Dread, nuovo capitolo della saga di Samus Aran e il primo in assoluto per nintendo Switch.
Da buoni oldgamer, abbiamo deciso di rivisitare il passato glorioso di questa serie giocando in diretta a Super Metroid, uscito nel 1994 per SNES. Ecco com'è andata!
L'avventura testuale è di genere fantascientifico-demenziale. Il giocatore in visita all'università del videogioco si trova a dover fronteggiare un'invasione aliena con l'aiuto dei dirigenti del campus e di quello che troverà in giro, inclusa una misteriosa merendina al catrame.
Lo stile goliardico e paradossale si ricollega a Zigamus, di cui Campus Invaders 1.0 rappresenta lo spin-off con gli alieni al posto degli zombi. Ma è anche un omaggio alla Guida Galattica di Douglas Adams, da cui come sapete la Infocom ha tratto anche una formidabile Interactive Fiction.
Il gioco rappresenta anche un esperimento social-creativo: Campus Invaders 1.0 è infatti un extended-game aperto alle proposte dei giocatori per eventuali modifiche o aggiunte. Chiunque riuscirà a finire l'avventura, tramite la password della sezione segreta, potrà partecipare alla riscrittura dell'avventura per l'edizione 2.0 prevista per il 2023.
Titolo: The Dig |
Nel 2020 ci sono stati un sacco di anniversari videoludici da ricordare, ma ce ne era uno che di sicuro non avete visto celebrare, eppure era il venticinquennale dell’unica avventura grafica di LucasArts nata direttamente da un soggetto di Steven Spielberg e, pensate, zio Steve ne voleva fare addirittura un telefilm, o un film, o beh… Niente, perché il commercialista gli fece notare che avrebbe speso troppo e forse tutto quello sbatti per una cosa del genere non valeva proprio la pena.
Alla fine è diventato un videogioco e l’hanno chiamato THE DIG.
Simone Guidi per ricordare questo gioco ha invitato nel suo podcast Atariteca il guru della LucasArts e amministratore del sito LucasDelirium: Domenico "Diduz" Misciagna.
Per approfondimenti vi rimando al sito di Atariteca e all'articolo sulla storia della lavorazione di The Dig su LucasDelirium
I remake di vecchie glorie del passato, nascosti nei meandri del mio Hard Disk e di Internet sono ancora vivi e vegeti, continuamente aggiornati e soprattutto ancora TUTTI GRATIS.
Ecco una lista di giochi che tengo costantemente aggiornati (alcuni purtroppo non più sviluppati) con cui mi diletto di tanto in tanto:
OpenTTD v1.11.0 beta2 (Transport Tycoon Deluxe)
Simutrans v122.0 (Transport Tycoon)
FreeCiv v2.6.3 (Civilization)
Bronze Age v3.1.4.2 (Civilization)
C-Evo v1.2.0 (Civilization - discontinued)
FreeCol v0.11.6 (Colonization - discontinued)
Free MARS v0.8.7.5 (Alpha Centauri)
FreeOrion v0.4.10.1 (Master of Orion)
Widelands v21 (Settlers II)
Unknown Horizons v2019.1.214 (ANNO series)
Triple-A v2.5.22294 (Axis And Allies il boardgame)
Battle for Wesnoth v1.14.15 (Warlords series)
Elona v1.22 (Rogue - discontinued)
Flare v1.11 (Diablo)
Hypnospace è stato appena lanciato, e ha bisogno di moderatori. Volontari, possibilmente, ché i costi sono già tanti. Questi Enforcer, così sono chiamati, avranno a disposizione un account speciale con privilegi specifici, saranno ricompensati in Hypnocoins e risponderanno direttamente al creatore di Hypnospace. Chi si offre?
Hypnospace Outlaw è insieme una simulazione e un'avventura investigativa, sviluppata dalla Tendershoot. È una simulazione di “sistema operativo”, questo HypnOS, appunto, e in questo non è dissimile dagli ormai molti giochi che adottano questa stessa interfaccia, come Digital, per fare un esempio.
La struttura del gioco è semplice: ci verranno assegnati dei casi, che rientrano in varie categorie di infrazioni. Per scovarle, dovremo esplorare HypnOS e, una volta trovato l'elemento che sta violando i Termini di Servizio, lo riporteremo ai nostri superiori con un paio di click.
Le missioni, inizialmente, saranno scollegate fra di loro ma, piano piano, disegneranno una vicenda unitaria, costruita attorno a un mistero che dovremo, alla fine, svelare.
Ma il vero cuore del gioco è proprio l'Hypnospace, questa simulazione di un “internet alternativo” che noi saremo incoraggiati ad esplorare liberamente fin dall'inizio. Hypnospace ricorda vagamente il tempo di MySpace e MSN e sotto questo aspetto toccherà le corde nostalgiche di molti. Nei suoi “abitanti” è riconoscibile la nostra stessa umanità e nelle pagine che potremo spulciare c'è di tutto: dal teenager un po' cazzone, alla madre di famiglia benpensante, all'esperto che dà consigli tecnici, all'hacker che si diverte a piazzare jump scare nelle pagine altrui, al niubbo che non sa personalizzare il proprio theme.
Ma l'ambientazione è anche abbastanza diversa dalla nostra realtà, perché Hypnospace non è esattamente internet. Intanto, per accedervi bisogna indossare una particolare fascia mentre si dorme (dettaglio che sarà molto importante nella “trama principale”); i vari gruppi di utenti hanno sviluppato un loro gergo e delle “usanze” particolari e i problemi e i conflitti che inevitabilmente sorgono fra loro, se per la maggior parte sono lo specchio dei problemi e dei conflitti che hanno accompagnato lo sviluppo del nostro internet, sono sempre “colorati” in modo originale e coerente con l'ambientazione.
Esplorare questo mondo è la miglior esperienza che il gioco offre: è davvero come visitare uno spaccato delle comunità online dell'epoca. Attraverso le pagine e i thread scopriremo personaggi realistici e sfaccettati; assisteremo a quello che accade nelle loro vite, anche quando la cosa non ha rilevanza diretta con i nostri casi; potremo addirittura leggere e ascoltare le loro creazioni, visto che molti di loro si dilettano nella scrittura di fumetti, poesie o piccole storie horror, o nella composizione di tracce musicali. Potremo spendere i nostri Hypnocoins per personalizzare il nostro HypnOS, per scaricare musiche e “pets” che cammineranno allegramente sul nostro schermo.
Naturalmente, conoscere bene le pagine e i threads ci aiuterà moltissimo man a mano che andremo avanti lungo la trama: i casi saranno sempre più difficili da risolvere e spesso conterranno degli pseudo-enigmi che giocheranno molto sulla nostra conoscenza del mondo di gioco, oltre che sulla nostra abilità logica.
Il mondo di Hypnospace sembra vero e vivo e, sebbene la simulazione non sia perfetta, verrà influenzato dalle nostre azioni: rimuovere questo o quel contenuto, bannare questo o quell'utente, sono azioni che avranno ripercussioni, in alcuni casi anche sul finale del gioco.
Il gioco è molto curato nei dettagli, come avrete capito, e pieno di chicche. Una di queste è il nostro aiutante HypnOS, una “testolina volante” che ci avviserà ogni volta che ci sarà arrivato un messaggio o che avremo un nuovo caso, ci incoraggerà a risolvere i casi, ci richiamerà all'ordine se lasceremo la postazione per troppo tempo e, se vogliamo, leggerà ogni testo del gioco (qui devo dire che, benché il gioco sia in inglese, la testolina era settata in italiano, con il risultato che la sua pronuncia era molto comica: credo di aver sbagliato qualcosa nelle opzioni del gioco).
Anche le musiche sono fantastiche, ma il plauso va sopratutto agli effetti sonori, che ci faranno tornare con il pensiero a Windows 95/98, con un tocco di retro-fantescienza..
La vera critica che mi sento di fare al gioco è nel suo finale. L'indagine che porta alla risoluzione dell'ultimo caso va benissimo, ma la “rivelazione finale” ci viene un po' soffiata da sotto al naso da un altro personaggio e quindi non ha l'impatto che avrebbe potuto avere. C'erano molte soluzioni adottabili per evitare questa cosa, un confronto fra noi e questo altro personaggio, per esempio, sarebbe stato sufficiente e si sarebbe potuto lasciare il resto del gioco inalterato.
Hypnospace non presenza vere e proprie scelte, nel senso di “faccio X oppure Y”, ma le nostre azioni nel gioco porteranno a delle diverse conseguenze (non sempre immaginabili) che poi, come dicevo, modificheranno un pochino anche il finale. Il grosso della “storia” è lineare e resta sempre lo stesso, ma entro questi limiti abbiamo molta libertà d'azione e sopratutto di esplorazione.
Una piccola nota per il tool, incluso con il gioco, che permette di creare pagine e musiche da inserire in game, con la grafica e le risorse del gioco. Bellissima aggiunta, che permette di personalizzare l'Hypnospace e di partecipare, anche, al mondo del gioco.
Da ultimo, la lingua: il gioco disponibile solo in inglese. C'è molto da leggere, anche se per la maggior parte non si tratta di testo difficile. È però presente anche una buona parte di slang, per giunta inventato, quindi chi fatica molto con la lingua faticherà probabilmente anche con questo gioco.
Non credo serva che esplichi meglio il mio giudizio: Hypnospace Outlaw è assolutamente promosso. Se cercate un'avventura lineare e diretta, non è il titolo che fa per voi, ma se volete perdervi in un piccolo mondo, in parte nostalgico e in parte fantascientifico, viverci per qualche oretta e svelarne i segreti, Hypnospace è perfetto!
In un futuro non troppo lontano, il sogno di Icaro diventa realtà: grazie alla scoperta degli Anti-Gravitoni, agli esseri umani è concessa la possibilità di librarsi in volo indossando delle semplici scarpe in grado di generare queste speciali particelle. Ma, come nel mito greco, quando ci si porta troppo in alto, la caduta può essere rovinosa. L’amore, forse, potrà ridare le ali anche a chi le ha perdute...
Con un ritardo di 6 anni rispetto all’uscita giapponese, arriva anche in occidente la visual novel Aokana - Four Rhythms Across the Blue, realizzata da Sprite, software house veterana del genere. Si tratta di un’avventura narrativa di stampo estremamente classico che, pur non presentando una grande interattività (le scelte lasciate al giocatore sono poco meno di una ventina), offre circa cinquanta ore di gioco/lettura e quattro “route” (i “percorsi” principali in cui si può dividere la trama), mentre i finali sono sei: uno “bad”, uno “true” e quattro “good”.
Protagonista della vicenda è Masaya, un liceale che fino a qualche anno prima era considerato un astro nascente di Flying Circus, uno sport aereo nato pochi anni dopo la scoperta di particelle anti-gravità che permettono di far levitare esseri umani e piccoli oggetti.
Tuttavia, una bruciante sconfitta proprio nel momento in cui si credeva imbattibile fa sprofondare il ragazzo nella depressione e lo spinge ad abbandonare definitivamente l’attività tanto amata. Le cose iniziano a cambiare quando Asuka, una ragazza appena trasferita nella sua scuola, gli fa riscoprire la passione per il volo, tanto da spingerlo a diventare suo allenatore e mentore quando la giovane decide di iscriversi al club di Flying Circus della scuola. Da quel momento in poi, Masaya tornerà non soltanto ad aprire nuovamente il suo cuore allo sport tanto amato, ma diventerà anche meno introverso e freddo nei confronti delle persone che lo circondano.
Come detto all’inizio, Aokana ha un impianto classico che è a metà tra il charage e il plotge, termini che identificano sottocategorie di Visual Novel che rispettivamente mettono in primo piano lo sviluppo dei personaggi e quello della trama. Per tale motivo, gli appassionati di lunga data si troveranno subito a loro agio in quest’avventura, riconoscendo molti stereotipi del genere (e del mondo anime/manga), come il carattere delle quattro protagoniste femminili (tra cui non possono mancare una Loli e una delle tante versioni di una -dere, in questo caso una Hiyakasudere), la professoressa dal fascino adulto e dinamiche da "harem", con al centro il buon Masaya, ovviamente. Tantissimi anche i personaggi di contorno, tutti con personalità ben definite che contribuiscono a rendere il mondo di gioco colorato e vitale. E, come ogni Visual Novel scolastica che si rispetti, non manca un po' di fanservice, che fortunatamente si mantiene entro limiti tutto sommato ragionevoli.
Per la cronaca, va aggiunto che Aokana ha anche una componente eroge, almeno in Giappone, il che significa che la versione nipponica include scene di sesso esplicito (non animate) tra il protagonista e le ragazze con cui può intessere una relazione sentimentale. In occidente è arrivata invece la versione “All Ages” che su PC e Switch elimina la componente prettamente hentai (che include la visualizzazione dell’atto sessuale), lasciando quella ecchi (nudità parziali e “preliminari” vari). Su PS4 sono presenti ulteriori censure, ed è quindi l’edizione meno fedele all’originale, mentre su PC esiste la possibilità di scaricare una patch gratuita e ufficiale che reintegra le parti tagliate, completamente tradotte in inglese (solo nei testi, perché il doppiaggio rimane in giapponese come nel resto del gioco).
Tutta questa intricata spiegazione ha lo scopo di avvertire chi, magari incuriosito dai bei disegni e dalle ottime recensioni su Steam, fosse in procinto di scegliere Aokana come introduzione al mondo delle Visual Novel. Date le sue caratteristiche, è difficile consigliare questa avventura a un neofita, a meno che non sia già un grande appassionato di anime e manga dove la componente romantica la fa da padrone. Sia chiaro che non è certo per la difficoltà (di fatto inesistente), bensì per alcune caratteristiche di base del genere, come il fanservice, i personaggi chiaramente minorenni (nonostante i messaggi che ne attestano la maggiore età), un protagonista insopportabile e insofferente e, da un punto di vista più ludico, una quasi totale assenza di interattività che confinano questo gioco a una nicchia molto specifica.
Inoltre, e questo riguarda anche il “target” cui è rivolto Aokana, nonostante la grande attenzione posta nell’ideare il Flying Circus e nel ricreare tutto l’universo che ci gira attorno (i tornei, i vari produttori di attrezzi e accessori e così via), la verità è che questo sport non è poi così interessante, dato che ha come base il gioco dell’acchiapparella (con vari fronzoli e regole ad hoc, ma siamo lì). Le dinamiche del Flying Circus, poi, essendo basate non solo sulla tattica, ma anche sulla rapidità dell’azione, mal si sposano con un formato fatto di immagini principalmente statiche, risultando meno coinvolgenti di quanto potrebbero essere in un anime (che tra l’altro esiste, per chi fosse interessato).
Così, se il giocatore/lettore non riesce ad appassionarsi a quello che, di fatto, è uno dei punti cardine della trama, anche il resto dell’avventura perde sicuramente slancio, diventando un lento percorso verso una delle quattro possibili storie d’amore non molto dissimili da altre viste in decine di titoli simili.
Aokana è dunque una brutta Visual Novel? No, perché grafica (con decine di sfondi e di illustrazioni molto belle) e sonoro (splendide le musiche e ottimo il doppiaggio giapponese) sono di alto livello e perché in ogni caso i testi sono di buona qualità e oggettivamente il mondo del Flying Circus è stato realizzato in maniera impeccabile, sebbene soggettivamente possa poi piacere o meno. Rimane comunque un’avventura non innovativa (era già “vecchia” ai tempi dell’uscita giapponese, nel 2014) e che dal lato della trama non offre nulla di così strabiliante da farla distinguere dalla massa.
Tirando le somme, Aokana - Four Rhythms Across the Blue è un gioco consigliato agli appassionati incuriositi dal setting scolastico/sportivo che cercano una Visual Novel narrativa lunga e tecnicamente ben realizzata. Chi invece si avvicina per la prima volta al genere, forse dovrebbe rivolgere la propria attenzione ad avventure più brevi e più originali.
E' uscito da pochissimi giorni Wasteland 3, il nuovo titolo della inXile e ultimo "diretto" da Brian Fargo.
Torniamo nel mondo post-apocalittico di Wasteland e Wasteland 2, ma questa volta i Ranger si recano in Colorado, in aiuto del Patriarca, la maggior figura di rilievo della zona, che ha promesso sostegno e risorse in cambio.
La grande novità del titolo è forse la possibilità di giocare in co-op, un po' come era possibile nel primo Original Sin. Dovremo infatti creare una coppia di Rangers fin dall'inizio, a cui potranno aggiungersi fino a 4 altri personaggi.
Chi di voi ha già acquistato il gioco e lo sta provando? Cosa ne pensate finora? Raccontateci le vostre avventure nel freddo Colorado!
L'agente speciale Vera viene inviata nella cittadina di Nodsund per indagare su alcuni omicidi. Il caso si rivela ben presto più complicato del previsto, quando cominciano a fare capolino indizi che collegano gli omicidi a una questione scottante nel mondo di Whispers of a Machine: lo sviluppo dell'intelligenza artificiale.
Ogni forma di IA è infatti proibita, a causa di una non meglio specificata crisi avvenuta nel passato proprio a causa di robot troppo intelligenti. Ma, come sempre, non tutti gli abitanti del mondo si sono decisi ad accettare il divieto. E, in fin dei conti, non è detto che le paure siano giustificate.
Queste le premesse dell'avventura grafica con piccoli elementi RPG realizzata dagli autori di Samaritan Paradox e Kathy Rain, per Raw Fury. Non sono premesse originalissime... e purtroppo la storia non riesce a svilupparle più di tanto.
L'avventura parte bene, con una protagonista, Vera, abbastanza credibile e con un problema da risolvere alle spalle: la morte del fidanzato, che l'ha lasciata sola e ha vanificato le sue speranze di mettere su famiglia. In quanto agente speciale, lei ha accesso al Blue, una sostanza composta da nanomacchine che, se iniettata, a lungo andare dona abilità particolari.
Questo è uno dei primi pregi del gioco: a seconda delle risposte che daremo ai vari personaggi, svilupperemo Vera in una di tre direzioni (Empatica, Analitica, Assertiva), ognuna con due abilità speciali. Nel corso della partita, quindi, a seconda di come avremo giocato, potremo sbloccare varie combinazioni di abilità, che ci consentono di risolvere gli enigmi in modo sempre diverso. Ancora meglio, quasi non ci si accorge di questo processo, che risulta molto naturale. Davvero complimenti per il risultato raggiunto.
Le diverse scelte che faremo durante il gioco, inoltre, possono modificare le reazioni degli altri personaggi e quindi gli aiuti e gli ostacoli che incontreremo nel resto della partita. Non è possibile salvare manualmente: il gioco salva in automatico in modo da non permettere il "save scumming" (sempre che non vogliate smanettare ogni volta con i "save" nella cartella).
Ciò nonostante, è solo l'ultima scelta a portare a uno dei due finali del gioco. I finali, purtroppo, non sono molto soddisfacenti, principalmente perché il gioco, verso la fine, diventa affrettato e poco curato. Dove la storia non aveva brillato comunque per originalità, ma era stata curata anche nei suoi personaggi secondari, all'improvviso abbiamo eventi inverosimili, Deus Ex Machina, e la corsa verso una chiusura che non è stata preparata. Questo si nota specialmente nel personaggio di Vera, il cui sviluppo resta in sospeso fino alla scelta finale, scelta che dovrebbe legarsi emotivamente alla protagonista (il gioco sembra farcelo credere) ma che la manda semplicemente OOC.
Il grosso del gioco è in sé piacevole, gli enigmi non sono mai né troppo ripetitivi, né veramente intelligenti: si resta sul classico, ma le abilità da utilizzare e le loro combinazioni possibili danno più pepe a tutto quanto.
Whispers of a Machine è ora disponibile anche in italiano, benché non so quale sia la qualità della traduzione. Per chi volesse giocare l'avventura in originale, il suo inglese non è difficile e i pochi termini nuovi possono essere affrontati senza problemi, secondo me, anche da chi non conosce benissimo la lingua. Il doppiaggio è buono, e ho apprezzato anche la colonna sonora.
Graficamente il gioco fa il suo mestiere: Kathy Rain mi era sembrato più vario, ma forse ciò è dovuto alla palette più vivace e diversa utilizzata. Il mondo di Whispers of a Machine è un mondo futuristico, semi-asettico, quindi i grigi, i bianchi e i marroni prevalgono, assieme al blu della sostanza “magica”.
Ho apprezzato Whispers of a Machine, ma sono convinta che si potesse fare di meglio. Né l'ambientazione né i personaggi hanno la profondità e la cura di quelli di un Primordia, o anche la simpatia e la caratterizzazione di quelli di Technobabylon. Il sistema di creazione e “avanzamento” del personaggio è molto buono ed è ben implementato, e gli enigmi, anche se non spiccano, fanno la loro parte. Un buon titolo, da provare.
A Los Ojos si trovano tutte le ultime meraviglie della tecnologia, inclusi i taxi “auto-guidanti” di Capra, la megacorporazione che controlla la città.
Lina è una tassista e non è molto felice di vedere il proprio lavoro messo a rischio dalle nuove auto. Ma si sta comunque trasferendo a Los Ojos, perché è stata invitata dalla sua migliore amica di un tempo, Savy. È l'occasione di riallacciare i rapporti con lei, finalmente.
Ma quando Savy sparisce senza dare notizie e lasciando Lina senza neanche un posto per dormire, la situazione cambia radicalmente.
Così inizia Neo Cab, visual novel futuristica di Chance Agency, approdata sui nostri schermi da poco. Nei panni di Lina, dovremo riuscire a guadagnarci da vivere a Los Ojos, giorno dopo giorno, mentre investighiamo sulla scomparsa della nostra amica e, soprattutto, mentre osserviamo i cambiamenti che stanno avvenendo nella città.
La città di Los Ojos, la società di Neo Cab in generale, è una proiezione non troppo lontana nel tempo della nostra società e delle sue nuove problematiche, relative, in parte, alla tecnologia e all'abuso che ne viene fatto a spese, di solito, dei consumatori.
Per certi versi, Neo Cab ha molto in comune con Eliza, ma devo dire che Neo Cab riesce a rendere ancora più personali tante delle conseguenze che in Eliza restavano solo teoriche.
Vediamo subito, per esempio, la situazione di Lina, una delle ultime tassiste in un mondo che si sta riempiendo di macchine guidate dalla IA. È molto palese l'ansia di Lina di restare senza lavoro, cosa rimarcata dal fatto che i suoi clienti si sorprendono di trovare un “vero tassista”, come se la cosa fosse ormai un relitto di un'epoca lontana.
Ancora più straniante è l'incontro con due clienti, che cercano di “testare” Lina per capire se sia umana o sia solo un robot che finga di esserlo. Al di là di come finisce questa piccola analisi, è indice di un mondo che, rispetto a quello in cui noi ancora viviamo, sta ribaltando alcuni dei suoi valori e delle sue opnioni: lasciare la guida alle auto alle AI, per esempio, viene considerato “più sicuro” che lasciarla agli esseri umani, tant'è che nel corso del gioco assisteremo all'avanzare di una legge che vuole proibire del tutto a ogni umano di guidare.
Queste problematiche sono legate a doppio filo a un'altra innovazione tecnologica di Capra, la megacorporazione della città: i Mood Bracelet. Ricordate quando da piccoli trovavate nelle patatine quegli anelli che cambiavano colore con il vostro umore? Ecco, il Mood Bracelet è essenzialmente questo: lo indossate e lui cambia colore a seconda di come vi sentite. Lina ne riceve uno in regalo dalla sua amica.
Naturalmente, avere sempre le proprie emozioni messe in piazza e avere un oggetto attaccato addosso che “legge” costantemente come stai apre una serie di problematiche, sulla privacy e sulla manipolazione possibile da parte di chi il braccialetto le crea, che non sto neanche a elencarvi.
Tutto questo, come dicevo, è mostrato in modo molto umano, dal punto di vista di Lina e dei suoi clienti. Neo Cab segue questo schema: prima dovremo fare almeno 3 corse con i clienti, poi dovremo trovare un posto per dormire (a seconda del nostro budget), tenendo conto anche che ogni tanto occorrono soldi per “fare benzina”. Il lato manageriale del gioco è molto semplice e non si rischia davvero di restare senza soldi, se facciamo un po' di attenzione.
La vera variabile sono i clienti, perché a seconda di come li tratteremo e delle conversazioni che avremo con loro, riceveremo un punteggio più o meno elevato e più o meno soldi. Se scendiamo sotto le 4 stelle di punteggio, avremo solo 3 corse per rettificare la situazione prima del game over.
Le conversazioni sono il vero cuore del gioco. Dovremo conoscere i nostri clienti e rispondere in maniera adeguata, tenendo a bada le nostre emozioni, che influiranno sulle battute di dialogo a nostra disposizione: se Lina sarà troppo arrabbiata, o troppo felice o troppo triste, potremmo trovarci costrette a dire determinate cose o impossibilitati a dirne altre. Bisogna un po' gestire questo equilibrio: compiacendo troppo i clienti nelle loro opinioni, si rischia di arrivare a uno stato emotivo che ci è sfavorevole; viceversa, dicendo quel che pensiamo sempre e comunque, rischiamo di risultare sgradite e di ricevere una cattiva valutazione.
I clienti sono spesso ricorrenti (starà a noi decidere quanto spesso servirli) e ognuno ha la sua mini-storia da scoprire e da portare a compimento. Non voglio raccontarvi le mie preferite perché vi rovinerei la sorpresa, ma le ho trovate tutte carinissime e ben fatte. È attraverso di loro che vedremo le sfaccettature delle problematiche che Neo Cab “affronta” ed è sempre attraverso di loro che il gioco ci mostra quello che la società rischia di perdere con una sostituzione indiscriminata della tecnologia al posto degli esseri umani.
Dove Neo Cab non mi ha soddisfatta molto è nella storia principale, che ho trovato un po' tirata per i capelli. Ho apprezzato molto però l'ultima scena, una specie di puzzle/showdown fra le due amiche, in cui dobbiamo manipolare i nostri (di Lina) e i suoi (di Savy) stati emotivi per riuscire ad arrivare a una soluzione che fa “vincere” la nostra protagonista su più livelli.
Ci sono diversi finali in Neo Cab, legati a questa scena finale, ed è possibile, credo, trovarli tutti solo rifacendo l'ultima parte.
Passando al reparto tecnico, ho poco da dire su grafica e sonoro: entrambi sono adeguati anche se un po' anonimi. Il gioco è anche in italiano, per la gioia dei tanti non-anglofoni in lettura; se si volesse comunque affrontarlo in inglese, i testi non sono difficili, ma sono presenti diversi neologismi.
Neo Cab è una buona visual novel, in un certo senso complementare a Eliza: lì dove Eliza ha delle pecche (le scelte poco significative, per esempio), Neo Cab riesce bene e viceversa a Neo Cab manca un po' della raffinatezza, sia nella scrittura che nella psicologia dei personaggi, che ha Eliza. Ma fa bene il suo mestiere e offre una critica non pedante alle problematiche tecnologiche di oggi, mostrate sotto la luce diversa di tante piccole storie.
E' stata annunciata la prossima uscita di Disco Elysium, rpg investigativo open world di cui vi avevamo già parlato diverso tempo fa, quando ancora si chiamava No Truce With the Furies: il 15 Ottobre è la data prefissata!
La ZA/UM, software house dell'Estonia, ha rilasciato un nuovo trailer, che troverete più sotto e che mostra le features principali promesse dal gioco: un mondo aperto e soprattutto vivo, popolato di personaggi dotati di vita propria che potremo convincere, manipolare o aiutare, ottenendo reazioni sempre diverse. E anche un sistema di abilità unico con il quale modellare il nostro detective, basato sulla possibilità di combinare i pensieri del nostro personaggio come oggetti dell'inventario, ottenendo concetti nuovi da usare nella risoluzione dei casi.
Disco Elysium promette molto, e noi di OldGamesItalia siamo curiosi di vedere le innovazioni che potrà apportare al genere. Vi lasciamo ora al trailer... buona attesa!
Forse è superfluo spiegare cos'è Eliza, il programma del 1964, ma andiamo sul sicuro: Eliza fu un simulatore di conversazione sviluppato appunto nel 1964 al MIT da Joseph Weizenbaum. Era un programma molto rozzo, che simulava molto alla buona l'approccio di un terapeuta: faceva domande all'interlocutore usando le parole chiave che venivano fuori durante la conversazione.
Nonostante la sua scarsa intelligenza, Eliza fu ben ricevuto quando venne realizzato: all'epoca molti ebbero la sensazione di parlare con una persona “vera” ed erano convinti che il programma fosse davvero intelligente.
Ebbene, l'Eliza di cui parliamo oggi prende spunto dall'Eliza del 1964 e costruisce una storia sulla salute mentale e sull'uso della tecnologia per risolvere i problemi di oggi. Si tratta di una visual novel, realizzata da Zachtronics, in cui noi interpretiamo Evelyn, nuova assunta alla Skandha.
La Skandha offre il servizio di consulenza psicologica Eliza, così chiamato in nome dell'Eliza originale: è un'IA che ascolta le persone, diagnostica un problema e offre delle soluzioni, fra cui esercizi di meditazione e consigli su quali medicine richiedere al proprio medico.
Evelyn è un Proxy: a differenza di altri programmi di consulenza psicologica, Eliza offre un'interfaccia umana. Il Proxy legge le risposte che il programma consiglia in modo che il servizio possa godere sia della precisione del programma, che del “tocco umano” dato dalla “persona vera” che sta dall'altro lato del tavolo. Può un programma sostituire effettivamente una vera seduta psicologica? È possibile, grazie alla tecnologia, ridurre le sofferenza dell'umanità? Quali sono i rischi in cui è possibile incorrere durante il percorso? Queste sono le principali, ma non le uniche, domande che si pone Eliza.
Partiamo dunque dall'analisi della storia. Attraverso la storia di Evelyn, che deve fare i conti con il suo passato e con i tre anni in cui si è allontanata dal mondo, andremo a esplorare le possibilità di Eliza, il suo futuro, e a conoscere le persone che ci hanno lavorato in passato e quelle che ci lavorano adesso.
La narrazione è molto coinvolgente e i personaggi sono veramente ben resi, tutti quanti: da Evelyn, sulla quale ho un paio di riserve che esprimerò più sotto, ai clienti con cui avrà a che fare, ai colleghi e ai pochi amici che ha. Quello che mi ha colpito di più è forse Soren, personaggio molto fastidioso, ubriacone e totale "creep", che però suscita lo stesso la compassione del giocatore, quando il gioco ci mostra le sue motivazioni.
Le tematiche affrontate sono terribilmente attuali e tutte, ma proprio tutte, sono drammatizzate attraverso i vari personaggi. Eliza mostra la nostra società, nel futuro, sì, ma fondamentalmente è la nostra, ossia una società che tende non solo e non tanto a sostituire l'essere umano con la macchina, quanto a usare la macchina per “pensare” e dedurre al posto dell'essere umano.
Perché la cosa più inquietante dello scenario proposto dal gioco non è tanto la mancanza di contatto umano, quanto la presunta capacità di Eliza di diagnosticare correttamente il problema del “paziente” (fra virgolette perché Eliza, nel gioco, non è ancora riconosciuto come strumento medico e non può prescrivere medicinali, ma, come dice un personaggio, la cosa è destinata a cambiare “se l'FDA continua a stare dalla nostra parte”). E, soprattutto, di saper applicare il rimedio necessario. Tutto questo, senza che ci sia alcun medico nel team che ha creato Eliza e che lo aggiorna costantemente.
Pochi personaggi si pongono quest'ultimo problema e le domande sull'efficacia del programma, che sono in effetti parecchie nel corso del gioco, non vengono quasi mai affrontate in maniera seria e professionale, ossia chiedendo il parere di medici. Si ricorre quasi sempre all'esperienza personale, che come è ben risaputo, non è mai prova sufficiente di alcunché, e alle “idee” che i diversi personaggi hanno della situazione.
L'unico personaggio nel gioco che è effettivamente uno psicologo nutre dubbi sull'efficacia del programma, ma propone lui stesso una soluzione che non è veramente tale, che ricorre anch'essa alla tecnologia come panacea di tutti i mali e che di fatto “sposta” il problema sotto il tappeto invece che risolverlo. Non risulta un personaggio particolarmente autorevole.
Non critico questa scelta dal punto di vista narrativo... ma è curioso come sia involontariamente specchio di una bruttissima abitudine della nostra società, quella appunto di non appoggiare il nostro parere su quello degli esperti del settore, ma di costruire le nostre idee sulle fragilissime basi del sentimento personale. Peccato che anche questo non sia stato tenuto in conto dal gioco.
La cosa furba di Eliza, se non un po' irrealistica, è stata quella di creare dei personaggi, la gran parte se non tutti, dalle buone intenzioni. Quasi nessuno, nel gioco, parte con l'idea “maligna” di sfruttare il malessere e i dati dei “pazienti”, tutti vogliono aiutare i propri simili, o se stessi, o vogliono cavalcare un'onda che, comunque, qualcuno cavalcherà. La dipendenza dalla tecnologia, l'assimilazione dei dati personali da parte delle multinazionali, lo sviluppo di intelligenze artificiali che un giorno ci sostituiranno o ci affiancheranno anche nelle mansioni che ora consideriamo nostro appannaggio, appaiono inevitabili in ogni caso.
Eliza dipinge quindi lo scenario migliore possibile, ossia quello in cui il nostro benessere psicologico è affidato a gente che è seriamente benintenzionata e che adotta tutte le misure necessarie per tenere al sicuro i nostri dati sensibili – e mostra che, nonostante questo, le complicazioni ci sono, sono gravi, e il problema originario è tutto fuorché risolto.
Questo si vede prima di tutto nei pazienti, persone con problemi spesso gravi che, nonostante il disclaimer all'avvio di Eliza che raccomanda di rivolgersi a una vera figura medica in questa situazione, non possono, per soldi, per vergogna, perché non sanno di stare davvero male, andare da un vero medico. Ed è ambigua la posizione degli impiegati della Skandha: quanto vogliono davvero aiutare queste persone? Perché non c'è una feature in Eliza che avvisi della gravità del problema e suggerisca, invece del programma di meditazione incorporato nell'app, di rivolgersi a uno specialista?
Viene quindi mostrata anche la questione etica: cosa fare quando quello che stai programmando può, sì, avere utilizzi positivi, ma può anche essere usato per fare danni, ma grossi danni? È lecito per un programmatore considerarsi solo “l'esecutore” dei comandi dall'alto e non assumersi alcuna responsabilità di quello che sta andando a creare e di come sarà usato? Anche il Proxy, d'altronde, è mero “strumento” del programma, recita le battute che deve recitare, e quanta responsabilità ha quando interagisce con persone che dovrebbero essere in cura?
Come dicevo, la scelta furba è stata quella di creare personaggi ben intenzionati e non macchiette malvagie disposte a tutto pur di fare quel milioncino in più: è stato furbo perché indubbiamente molti di coloro che lavorano dietro programmi controversi sono effettivamente ben intenzionati. Il gioco lascia aperto il giudizio finale, ossia quanto questa gente abbia ragione e quanto invece sia avulsa dalla realtà e dalle logiche normali. Eliza è pieno di piccoli dettagli che, anche se non commentati apertamente, mostrano diverse sfaccettature della problematica scelta come tema, e non posso dire di essere rimasta delusa, anzi.
Veniamo al gameplay. Qui, si poteva fare di meglio. Apparentemente, il sistema è più complesso del solito, per una visual novel. Abbiamo numerose scelte durante i dialoghi e nessuna, invece, nelle sedute con i pazienti: qui possiamo solo dire quello che ci suggerisce Eliza.
Per il primo capitolo (Eliza ne ha 7 in tutto) va anche bene, ma presto ci si accorge che le scelte che facciamo durante i dialoghi sono poco significative. Possiamo decidere di dirci pro o contro certe idee, ma questo non ci preclude la possibilità di scegliere un finale diverso nel capitolo 7; possiamo anche decidere se passare alcuni pomeriggi con questo o quel personaggio o da soli, ma anche questo non porta a nessuna conseguenza specifica. Alla fine del capitolo 7 potremo decidere cosa fare e raggiungeremo uno di 5 finali. Non c'è un finale migliore dell'altro (se non dal punto di vista soggettivo).
Anche per quanto riguarda le sedute come Proxy, avremo la possibilità di andare "off script" solo nell'ultimo capitolo. Fa strano che Evelyn non possa/voglia provare ad andare "off script" prima, specialmente quando si trova davanti a persone che chiaramente hanno bisogno di aiuto e non di sentirsi raccomandare l'app meditativa “Delfini Golosi”. E per giunta sembra anche una stronza, quando dice di farlo “per ricerca”. Quando infine possiamo andare "off script", i rischi per noi sono minimi, e il momento è spogliato dell'impatto che poteva avere.
Capisco anche che l'idea era quella di farci esplorare Eliza e le possibilità offerte ad Evelyn nella loro interezza prima di farci scegliere. Ma ci sarebbero stati modi di ottenere lo stesso risultato con delle scelte che facessero la differenza. Al momento, mi è parso quasi di avere davanti una kinetic novel in alcuni momenti, specialmente nelle sedute con i pazienti, e fa strano che nonostante i comportamenti diversi che possiamo avere, alla fine il mondo aspetti la nostra scelta come se fossimo la principessa sul pisello. Un gameplay più significativo avrebbe reso anche la storia più profonda e avrebbe accentuato l'importanza della scelta presa dalla protagonista.
Chiudiamo, come sempre, con il punto di vista tecnico. Dal lato grafico, Eliza non delude: i disegni sono bellissimi, sia quelli degli sfondi che gli sprite dei personaggi. La colonna sonora non sarà indimenticabile ma ha bei pezzi, adatti alle varie scene e poco intrusivi.
Lamento invece la mancanza di un tasto “passa veloce oltre il testo già letto”. Quando si vuole fare una visual novel che non usi Ren'Py, si dovrebbero quanto meno inserire le opzioni a cui Ren'Py ci ha abituati. È vero che qui possiamo saltellare da un capitolo all'altro e che è possibile skippare intere scene già lette, ma non è la stessa cosa: se io voglio ricominciare il gioco per vedere se facendo determinate scelte dall'inizio cambia qualcosa alla fine, sono comunque costretta a fare una marea di click!
È invece presente un tasto “history” che ci mostra quel che abbiamo letto fino a quel momento, e c'è la funziona "Auto", anche se ha solo due velocità (quindi non è possibile settarla alla velocità super-folle per ovviare alla mancanza del tasto Skip ^^').
Eliza è una buona visual novel, con un comparto narrativo di ottimo livello. Si sarebbero potute migliorare diverse cosucce, ma nel complesso sono soddisfatta di come mostra uno spaccato della nostra società e dell'industria tecnologica attraverso le vicende di un cast di personaggi realistico e abbastanza sfaccettato. Il gameplay invece poteva essere curato di più, o forse meglio: peccato, perché se così fosse stato avrebbe fatto un bel salto di qualità. Nonostante questo, la consiglio a tutti quelli che non odiano le visual novel e sono interessati all'argomento.
Oggi, OjO prende le provviste, si rifugia nel bunker e gioca con noi a 60 Seconds! Reatomized, remaster dell'omonimo (senza "reatomized") gioco uscito nel 2015 che ci metteva nei panni di una tipica famiglia americana anni '50 alle prese con il disastro atomico.
Dopo una breve fase "action" in cui dovremo raccogliere quante più provviste (e familiari) possibile, ci ritroveremo nel nostro rifugio antiatomico: quanti giorni sarà riuscito a sopravvivere il nostro OjO? Scopriamolo assieme!
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Grazie, OGI. Arrivederci!
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