Wasteland è una saga che arriva da lontano, il primo titolo è stato realizzato dalla prima Interplay nel 1988 ma il brand è stato rilanciato solo nel 2014 con l’avvento dei Kickstarter tra cui anche quello di Brian Fargo, fondatore della Interplay e ora capo della InXile, che riacquistò il brand dalla EA e riuscì dopo anni a farci un seguito.
Su quella scia la InXile ha prodotto anche questo terzo capitolo finanziato sulla piattaforma Fig.co sempre di crowd funding, ma, rispetto a Kickstarter, qui era possibile anche finanziare i progetti a scopo di investimento con un ritorno monetario dipendente dalle vendite del prodotto.
Wasteland 3, come il predecessore, si pone sul solco di RPG che vogliono riproporre gameplay, profondità e complessità più legate alle produzioni degli anni 80 e 90 di videogiochi, meccaniche che erano state completamente abbandonate nel nuovo millennio e che sono state mantenute vive tra gli indie prima e dai progetti in crowdfunding dopo. Ci viene proposto un RPG classico dove avremo a disposizione un party di Ranger del Deserto dell’Arizona che conta fino a 6 elementi di cui alcuni creati da noi (da 2 a 4 elementi) e il resto composto da personaggi arruolabili che si uniranno a noi nel corso del gioco.
Il set di regole arriva dal lontano RPG del 1988 e ha avuto nel corso del tempo delle evoluzioni, i personaggi sono caratterizzati da attributi fisici che condizioneranno le capacità in termini di spostamento, mira e punti azione durante il combattimento, rispetto ai predecessori anche questi valori muteranno durante il gioco potendo assegnare ulteriori punti con il susseguirsi dei livelli. I personaggi hanno inoltre delle abilità, tutte quelle legate alle varie tipologie di armi ma anche quelle di interazione con l'ambiente, come per scassinare porte e cassaforti o quella per hackare computer e robot, pronto soccorso per curare i compagni, quella per addestrare animali, per la sopravvivenza, per aiutarci ad evitare scontri o in altre situazioni, fino ad arrivare alle abilità dialettiche che sono due e concorrono a sbloccare ulteriori opzioni di dialogo.
I dialoghi sono abbastanza asciutti e non c’è quella interazione a parole chiavi che era stata proposta nel secondo ma le classiche scelte multiple arricchite da un ampio uso di check sulle abilità e non solo le due dialettiche. Di sicuro rispetto al precedente c’è molto meno da leggere e anche tutte le storie dei luoghi che visitiamo questa volta sono rese con delle audiocasette con dei messaggi vocali che ci danno delle instantanee di quello che è successo in quei luoghi.
Sempre rispetto al titolo precedente c’è stato un lavoro di riduzione del numero di abilità, molte sono state accorpate insieme, per esempio pistole e fucili nel 2 erano separate, qui sono sotto l’unica chiamata “armi di piccolo calibro”, ma anche per esempio primo soccorso e chirurgia sono state unificate in una unica abilità. D’altro canto invece sono stati aggiunti talenti sbloccabili legati alle abilità e colpi speciali per le armi.
Un lavoro di semplificazione che rientra in un processo di modernizzazione fatto tra il secondo e terzo capitolo, si nota come gli autori abbiano cercato di eliminare alcuni fattori ereditati dai gameplay dei anni 90 che ora possono appesantire e rallentare l’esperienza di gioco. Sono state eliminate le limitazioni di peso, gli inventari sono stati unificati e in qualunque momento del gioco è possibile assumere a pagamento un nuovo ranger così da coprire i buchi che si potrebbero creare nel momento in cui rivisitiamo la composizione del party.
Chi non è nostalgico dei cabinati anni '80 o non è in cerca di un 3DO?
Non si corre più il rischio di perdere tempo per distribuire il peso degli oggetti o di ritrovarsi un party sbilanciato perché costruito all’inizio senza sapere chi si sarebbe poi unito a noi, avendo per esempio distribuito parecchi punti per una abilità che ora è ridondante dopo aver aggiunto un determinato personaggio. Processo che può far storcere il naso a chi è più purista del genere, ma che trovo sia necessario per rendere i giochi più moderni e fruibili anche da un pubblico non più disposto a star dietro a quelle microgestioni o a sopportare situazioni che possono generare un po’ di frustrazione.
Faccio una nota su un aspetto che non ha mai convinto riguardo questo set di regole, le abilità in fondo non sono influenzate dalla caratteristiche fisiche dei personaggi, quindi ci troviamo a dispensare abilità a uno o all'altro personaggio più che altro a seconda di chi ha disponibilità di punti da attribuire, più che a chi dovrebbe essere portato per quell'abilità. Ecco che colui che è addetto a scassinare è lo stesso che poi brandisce un’arma contundente e incassa colpi o un’abilità dialettica può essere sviluppata benissimo da un personaggio con bassissimo carisma. Sicuramente un sistema come lo SPECIAL di Fallout da questo punto di vista è migliore, in quanto la percentuale base di successo di ogni abilità dipende proprio dagli attributi e non solo dai punti assegnati al passaggio di livello.
Il successo nell'uso di un'abilità è determinato esclusivamente dal grado di abilità posseduto, è possibile compiere un'azione solo se possediamo un grado sufficiente in una data abilità (niente possibilità casuale di fallimento insomma e quindi niente più reload compulsivo finché un'azione va a buon fine anche se abbiamo solo il 10% di possibilità di farcela) e questo porta a conservare i punti abilità e a non assegnarli finché non ci sarà una occasione che ce li richieda.
Uno dei mostri-robot più iconici di Wasteland: lo scorpitron
Come combat system il gioco ci propone combattimenti a turni su una griglia a quadretti e uso delle coperture per rendere i combattimenti più tattici. Abbiamo un’ampia varietà di tipologia di armi con area e gittate diverse, ogni arma usa un determinato tipo di proiettili che condivide solo con qualche altra. Rispetto al capitolo precedente, nonostante la riduzione delle abilità, si è data una maggior profondità inserendo varie tipologie di tipo di danno, non più solo fisico ma anche danni causati da esplosione, dal fuoco, dal freddo o di tipo energetico. Utilizzare un'arma con danni elementali spesso ci aiuterà contro nemici più corazzati mentre quelli a energia saranno più adatti contro mezzi meccanici o robot. Un ampliamento delle variabili che nel secondo erano più limitate ai soli aspetti fisico o energetico, con robot e armature metalliche più soggetti ai danni energetici. La difficoltà dello scontro quindi può cambiar radicalmente cambiando modo di approcciarlo o con un uso di armi più adeguate alla situazione. Sicuramente un bel passo avanti nelle dinamiche degli scontri che son anche particolarmente interessanti e non facili.
Un po’ meno interessanti sono le mappe, si nota come in questo capitolo si sia voluto intervenire sulla razionalizzazione del lavoro, non abbiamo più le aree disegnate in modo artistico caratterizzando ogni mappa e curando ogni singolo particolare. Si sono abbandonate le grandi aree, soprattutto cittadine e all’aperto, che in qualche modo ricordavano un po’ Baldur’s Gate, e si è passati a mappe più piccole costruite modularmente con elementi che costituiscono corridoi, stanze e muri dove anche quelle che dovrebbero rappresentare ambienti all’aperto sono riconducibili a corridoi e passaggi da percorrere ed esplorare. In linea generale si vede che si è preferito curare i punti di incontro e adottare strumenti per creare le mappe senza dover disegnare ogni singolo elemento, perdendo come detto di unicità e artisticità ma riuscendo a mantenere così la qualità e la complessità per tutto l’arco del gioco, cosa che non succede per esempio in Wasteland 2 dove nella seconda parte del gioco le mappe seppure uniche erano sicuramente di un livello inferiore rispetto a quelle iniziali con molte aree minori che erano composte da alcuni semplici incroci. Personalmente ho preferito in questo aspetto il secondo capitolo ma comprendo che dal punto dal punto di vista economico mappare tutto come si è fatto nel secondo capitolo sarebbe altamente dispendioso.
Una fase di combattimento contro Babbo Natale
I vari capitoli di Wasteland portano il nostro party di ranger a sistemare i problemi nelle comunità presenti sulla mappa globale di gioco seguendo lo spirito che si son dati, cioè di portare libertà, giustizia e uguaglianza.
Starà a noi scegliere come farlo, utilizzando il piombo dei proiettili dei nostri fucili o attraverso mezzi alternativi. I risultati che otterremo? Molto dipenderà da noi: non sempre saranno propriamente quelli che ci eravamo prefissato ma l'aspetto principale del gioco è proprio il fatto che saranno le nostre scelte a determinare le sorti di una specifica comunità, caratteristica che è un po' il marchio di fabbrica della serie.
Il gioco comunque ci vuole spesso far scontrare con la dura realtà, spesso le vicende si concluderanno come non ci eravamo ripromessi. Ci possiamo impegnare e rigiocare ma in pochi casi otterremo risultati che ci diano la sensazione di aver fatto pienamente bene la nostra parte, invece qualche volta ci si interroga se il nostro intervento non abbia fatto solo che più danni.
Wasteland 3 ci porta lontano delle nostre lande desertiche dell'Arizona per giungere invece in mezzo alla neve e al ghiaccio del Colorado. Siamo in missione per conto dei ranger, siamo un convoglio diretto in Colorado per dar supporto al Patriarca che governa la regione e che in cambio ha promesso rifornimenti, necessari ora come non mai, ai ranger reduci dagli avvenimenti del capitolo precedente. I ranger sono una organizzazione che ha subito molti colpi soprattutto nel capitolo precedente, in sostanza il sogno di giustizia e libertà si sta spegnendo sotto i colpi di spettri arrivati da lontano e che hanno lasciato grosse cicatrici. Per questo le risorse che il Patriarca ci offre sono fondamentali per noi.
Il gioco si apre con la neve e il ghiaccio del Colorado e con un brutta sorpresa, una banda attacca il nostro convoglio, il tutorial vedrà uscire sani e salvi, di fatto, solo i nostri 2 ranger creati a inizio gioco, a parte un gatto e un altro ranger che una volta guarito si potrà unire al party. Wasteland 3 ci ha portato in un paese dove il Patriarca governa in modo assolutistico appoggiato dalle famiglie più influenti, ma siamo finiti in mezzo a una disputa di successione con i figli del Patriarca che vedono il vecchio con un piede nella fossa ma che non intende mollare il trono e che hanno iniziato a creare grossi problemi al babbo.
Compagni animali, il maggiore Tom al vostro servizio
Prima di addentrarmi di più sulla trama e su alcune considerazioni che per forza di cosa non saranno prive di spoiler vi dico che secondo me è un titolo che sicuramente deve essere nelle librerie di chi apprezza il genere degli RPG. Non è un titolo perfetto, ce ne sono altri che offrono una maggior interazione con il mondo o che ci fanno protagonisti di storie più epiche, ma mi sento di consigliarlo anche a chi è meno propenso alle meccaniche e alla struttura delle quest vecchio stile in quanto il titolo è impegnato per offrire un prodotto più immediato e fruibile.
Se vogliamo fare un piccolo parallelismo il Patriarca è un Putin appoggiato dai suoi oligarchi. Solo che è un Putin che si atteggia da signor America e che inizia ad aver grossi problemi di successione. Messi in mezzo noi poveri ranger siamo divenuti pedine del dittatore perché bisognosi del gas rus… perché bisognosi delle risorse del Colorado per sistemare i problemi in Arizona, inizieremo presto a chiederci se questa è una situazione accettabile. D'altro canto ormai ci siamo e bisogna ballare, ballare sui cadaveri dei nostri compagni morti per aiutare il Patriarca a tenersi la poltrona.
Sicuramente Wasteland 3 è un gioco che affronta diversi temi politici: avremo per esempio a che fare con l'immigrazione delle persone verso la capitale, non ci sono le ONG ma troverete a un certo punto una situazione in cui si dovrà decidere che fare con chi aiuta i rifugiati, sarete voi il Salvini della situazione?
Uno dei temi centrali del gioco è la questione del passaggio di potere. In paesi democratici sappiamo che avviene attraverso le elezioni ma in una dittatura? In una dittatura non è così facile, così ci troviamo in mezzo da un lato al nuovo che avanza, che vuole prendersi la scena, e dall'altra il Patriarca che invece, nonostante l'età, ancora non si decide a passare la mano, forse perché passare la mano spesso per un dittatore significa anche rinunciare alla propria testa. Il nuovo ci viene presentato nella forma dei 3 figli ribelli del Patriarca, anche se presto sarà chiaro che due di loro sono solo figure senza un futuro: Valor, un idiota perso dietro ai computer e che si crede un genio ma che invece è solo uno stupidotto, e Victory uno psicopatico drogato fino al midollo che passa il tempo a torturare la gente sfruttando una banda di altri strafatti che vivono in un sogno perenne.
E' chiaro che la prima vera antagonista del Patriarca è la figlia Liberty, sveglia e intelligente, che ritiene che il padre si sia rammollito e che sta arrivando da oriente con la sua orda di ex alleati. Come una Cina inarrestabile, ha portato a sé tutte quelle bande che prima erano alleate con accordi segreti di coesistenza, accordi che farebbero arrossire la CIA o il KGB per quanto vergognosi. Accordi che hanno consentito fino ad ora al Patriarca di mantenere il potere e quella stabilità necessaria per non aver problemi nel riconoscimento della sua figura.
L'inventario unificato ha semplificato molto la gestione del party
Riguardo le fazioni in gioco trovo questo terzo capitolo inferiore al precedente da questo punto di vista: quelle presenti in questo capitolo sono troppo sopra le righe, sono tutte sciroccate, non c'è nessuna che si avvicini per esempio agli Scorpioni Rossi e alla situazione della prigione nel capitolo precedente. Lì quella fazione per volere del suo leader vuole vendicarsi e fare le scarpe a noi ranger, ma lo faceva per spirito di vendetta con motivazioni che arrivavano da lontano, da un evento che lo ha segnato, e lo faceva con una sorta di contrappasso vendendosi al mondo come i nuovi che vogliono proteggere, portare giustizia e prosperità nelle comunità, incolpando i Ranger di non esserne più capaci. Poi visitando la zona della prigione, la nostra vecchia base sotto la protezione degli Scopioni Rossi, capiamo che non è protezione ma assoggettamento e la loro giustizia è solo la volontà di aiutare chi fa comodo loro, mentre la prosperità promessa non è per le persone comuni, che invece hanno perso qualsiasi forma di speranza per il futuro. Personalmente ho trovato alcune scene nell'area della prigione molto più dure di quanto lo siano le animazioni splatter presenti in avvio del terzo capitolo.
Qui la prima banda che ci viene presentata vuol vendicarsi del Patriarca e delle 100 famiglie che governano il Colorado, ma lo fa facendo stragi anche di bambini in modo cruento: difficile poter creare qualsiasi legame con loro. Eppure verso la fine del gioco conosceremo il capobanda: un membro di rilievo del paese prima di essere accusato e perseguitato dal Patriarca per le sue idee democratiche che sono andate in attrito con il dittatore, poi fuggito per scampare alla trucidazione e scomparso per molti anni. Ci viene presentato solo in questo frangente come persona con una base di ideali democratici, ma rinnegati e seppelliti per ottenere la vendetta sul Patriarca e sulle famiglie che si erano macchiate di avere distrutto la sua di famiglia.
Il gioco non fa niente per trasporre questi principi e valori del capobanda nel comportamento della banda. Ritengo sia stata una occasione persa. Le altre bande, tra clown a cui piace dar fuoco ai maiali, indiani che fanno volare aquiloni con esseri umani mutilati appesi, fino ai fanatici che mutilano il proprio corpo per sostituire le parti con componenti cibernetiche, restano per me incomprensibili in ciò che le spinge da una parte o dall'altra.
Così anche Liberty non è molto approfondita: il gioco ci propone questo personaggio molto carismatico ma non scava molto a fondo. Avrei preferito saperne e capirne di più. Così come non ci dà opportunità di scegliere di appoggiare lei contro il padre per rafforzare la dittatura con una figura che possiamo ritenere più forte e fresca. Un'altra strada che il gioco non ci concede è far perdere l'appoggio delle 100 famiglie al Patriarca, famiglie che rimangono spesso sullo sfondo e che non fanno tanto oltre a parlar male degli immigrati.
Liberty e Angela, le vere antagoniste del Patriarca
Il gioco ci propone una strada alternativa all'appoggio incondizionato al Patriarca e si chiama rivoluzione, una rivoluzione che è guidata da una nostra vecchia conoscenza: Angela, che molti davano per morta, è anche lei in Colorado, mandata in missione dai Ranger per prendere contatto con il Patriarca. Ma, vista la natura dittatoriale di questa figura, presto abbandona la missione per darsi alla clandestinità. Il nostro Che Guevara in gonnella e con fucile di assalto in spalla presto prenderà contatto con noi per farci scoprire man mano tutte le magagne che il Patriarca nasconde sotto il tappeto del suo regime.
Angela rappresenta in tutto e per tutto lo spirito originario dei Ranger: portare giustizia e libertà a chi ne ha bisogno, anche contro gli ordini degli attuali Ranger, più concentrati sulla sopravvivenza e sul trovare accordi con chi possa dar loro degli aiuti. Così la distanza tra Angela in versione “rivoluzione perenne alla Che Guevara”, sempre in cerca di nuovi scenari in giro per il mondo, e il vertice dei Ranger (che come un Fidel Castro che, per rafforzare il proprio regime locale, cerca di consolidare i rapporti con l'Unione Sovietica anche a rischio dell'isolamento globale e del vassallaggio rispetto a una potenza straniera) si è fatta abissale e non più risanabile.
Queste due opzioni ci vengono proposte per tutta la durata del gioco: scegliere di supportare la rivoluzione per un futuro ignoto, ma che non ci faccia quindi rinunciare agli ideali con cui siamo cresciuti, oppure il pragmatismo di sapere di non poter esportare la democrazia e di chiudere gli occhi su accordi disgustosi fatti sulla pelle della gente comune.
E' ora di finirla, in un modo o nell'altro
Con la caduta di Liberty non resta che fare la nostra scelta definitiva, prendere con noi chi ci appoggia in questa scelta e andare verso lo scontro finale. Il gioco ci propone la conclusione in modo identico e speculare allo stesso tempo: il percorso da fare, gli obbiettivi intermedi sono gli stessi, solo i personaggi accanto a noi saranno alcuni e non altri e anche il climax cambia radicalmente. Da una parte andiamo contro il Patriarca, che alla fine ci aspetta dentro il suo carro corazzato fatto di mostrine e colori tipici della bandiera americana; dall'altra la colonna sonora ci accompagna con una composizione musicale che è come una preghiera triste: stiamo andando ad abbattere i nostri stessi ideali, stiamo andando ad uccidere l'ultimo ranger che era presente anche nel primo Wasteland. Angela ci aspetta con i suoi fedelissimi pronti a morire, si presenta davanti a noi e non dentro il piccolo blindato. Dalla nostra abbiamo anche dei rinforzi da parte del Patriarca, che vorrebbe combattere, ma a cui la ragion di Stato impone di rifugiarsi al sicuro. È un vecchio che non può neanche più combattere le proprie guerre, ma che grazie a noi manterrà il suo potere ancora per un po'.
Lo scontro finale non ha storia, è solo la fine di una rivoluzione che non poteva aver successo, la fine degli ideali di democrazia che non possono funzionare in quel mondo. Questo è il finale migliore che ci propone il gioco. Possiamo tornare a casa con una medaglia al petto, con rifornimenti e un accordo che garantirà prosperità ai Ranger e all'Arizona.
In Arizona non sanno quello che abbiamo fatto in Colorado.
Se li tradimmo o li salvammo se facemmo il nostro lavoro o se fallimmo.
Ci sono progetti che in un mondo razionale non dovrebbero esistere eppure succede che in qualche angolo del pianeta qualcuno si mette in testa di realizzarli.
Questa volta parliamo del progetto guidato da JackAsser della Booze Design di realizzare un porting non ufficiale di Eye of the Beholder per le macchine a 8bit di casa Commodore, per C64 e C128, che è arrivato finalmente al rilascio della versione definitiva v1.00 dopo molti anni di sviluppo.
Il risultato finale è spettacolare come si era già intravvisto da quello che era stato mostrato in fase di sviluppo e possiamo dire che ci sembra proprio il porting abbia mantenuto tutte le aspettative.
Per poter giocare avrete bisogno o di un emulatore di Commodore 64/128 o naturalmente di un vero C64 o C128 con una cartuccia Easyflash (o qualcosa di equivalente come 1541 Ultimate 2+) e di scaricare il gioco distribuito gratuitamente. Come detto questa è una versione non ufficiale, lo sviluppatore non ha un accordo per lo sfruttamento della licenza quindi il gioco è stato reso disponibile in open source alla comunità.
Segnaliamo qualche aggiunta interessante e che, scherzosamente, fa anche un po' discutere i più puristi del genere: nel gioco, oltre al bestiario tramite tasto 'B', è stata inserita anche una funziona di automapping sul tasto 'M'. Voi siete per l'automapping? O staccherete il tasto M della tastiera per non usarlo?
Ieri abbiamo terminato il nostro Longplay di Baldur's Gate: Enhanced Edition e oggi vi riproponiamo l'intera playlist.
Seguite le vicende del party NEUTRALE di Gwenelan nelle sue avventure per i Forgotten Realms, fra il saccheggio di una cittadina, il salvataggio di qualche gattino e l'occasionale smascheramento dei complotti dietro la crisi del ferro che ha investito la Costa della Spada!
Nell'attesa di poter mettere le mani su Baldur's Gate 3, Gwenelan torna al primo titolo della saga, nella sua versione Enhanced.
In questo video iniziale, esploriamo insieme Candlekeep e avventuriamoci oltre le sue mura.
E' uscito da pochissimi giorni Wasteland 3, il nuovo titolo della inXile e ultimo "diretto" da Brian Fargo.
Torniamo nel mondo post-apocalittico di Wasteland e Wasteland 2, ma questa volta i Ranger si recano in Colorado, in aiuto del Patriarca, la maggior figura di rilievo della zona, che ha promesso sostegno e risorse in cambio.
La grande novità del titolo è forse la possibilità di giocare in co-op, un po' come era possibile nel primo Original Sin. Dovremo infatti creare una coppia di Rangers fin dall'inizio, a cui potranno aggiungersi fino a 4 altri personaggi.
Chi di voi ha già acquistato il gioco e lo sta provando? Cosa ne pensate finora? Raccontateci le vostre avventure nel freddo Colorado!
Svegliarsi senza alcun ricordo, per tanti degli eroi che siamo abituati a interpretare, è una maledizione. Per il protagonista di Disco Elysium, invece, forse è una benedizione. È vero, ora è spaesato, in una cittadina di provincia dove non conosce nessuno e alle prese con un omicidio che toccherebbe a lui risolvere... ma ci sarà un motivo se il suo cervello, compresa la sua parte rettiliana, sta facendo di tutto per non fargli ricordare cosa è successo.
Disco Elysium è il primo gioco della ZA/UM, ed è un rpg dalle grandi ambizioni: ha da subito promesso un sistema di gioco flessibile, miriadi di abilità e grande reattività, il tutto in un setting originale e ben curato, che fa da sfondo a una storia personale e costellata di personaggi interessanti. Titoli con ben altro budget hanno fatto promesse simili e non sono riuscite a mantenerle; come se la sarà cavata Disco Elysium?
Per una volta partiamo dal gameplay, perché è davvero una ventata di aria fresca, anche se a prima vista potrebbe non sembrare.
Disco Elysium si gioca quasi tutto leggendo: ogni interazione con l'ambiente, dai dialoghi con i personaggi all'utilizzo degli oggetti, al combattimento (sì) è gestita tramite il testo. Quasi ogni azione, attiva o passiva che sia, ha un check di abilità e quasi tutti gli obiettivi che il gioco ci pone sono raggiungibili usando diversi approcci.
Le abilità, 24 in totale, coprono 4 aree: Intelletto, Psiche, Fisico e Abilità Motorie. Quel che ho subito apprezzato è che, a differenza di molti altri rpg che si pongono obiettivi simili, in Disco Elysium tutte le abilità sono alla pari. Quel che succede di solito è che le abilità “intellettuali”, di ragionamento, di carisma o simili, finiscono per diventare le più usate, a scapito di quelle di combattimento che sono sì presenti e utilizzabili, ma che portano a scenari più banali o prevedibili.
In Disco Elysium, invece, anche le abilità fisiche sono trattate come le altre ed eccellere in queste ultime, o essere veramente scarsi, porta ugualmente a risultati interessanti e coerenti con il nostro personaggio.
Questo funziona sia perché il gioco è veramente molto reattivo, sia perché abbraccia un realismo estraneo a molti giochi: le abilità “fisiche” sono molteplici e sono utilizzate per ben più che il mero combattimento (che in Disco Elysium è relegato a un paio di incontri importanti *e basta*). Anche afferrare un oggetto in movimento, o ballare, sono azioni che richiedono abilità fisiche, per esempio.
La reattività è altissima e si manifesta sia in piccoli cambiamenti o approcci alle quest, sia in interi scenari diversi da partita a partita. Alcune quest è impossibile trovarle senza le giuste abilità; altre non è possibile completarle in un certo modo e altre volte una specifica abilità può darci il modo di compiere una piccola azione che, nella sua banalità, può assumere grande significato nella nostra partita (per chi sta già giocando: l'Espressione è un esempio).
I check in cui una data abilità è obbligatoria per il proseguimento nella trama principale sono pochi; in particolare ce n'è uno che non credo sia aggirabile. Ma questi check, come d'altronde anche la maggior parte di quelli non obbligatori, hanno dei bonus nascosti: facendo altre azioni nel corso del gioco, possiamo ottenere dei bonus a questo check (o anche dei malus, se siamo particolarmente sfigati).
I check, a loro volta, possono essere bianchi o rossi. È possibile ritentare i bianchi, in caso di fallimento, a patto di alzare la relativa abilità almeno di un punto; i rossi, invece, è possibile tentarli una volta sola.
Anche l'abbigliamento può modificare la nostra capacità di superare alcuni check, perché il ruolo dell'equipaggiamento è, essenzialmente, dare bonus e malus alle varie abilità.
Tutto questo crea un sistema capace di adattarsi alle decisioni del giocatore, che non esclude quasi nessun check a priori, ma che non risulta neanche facilissimo da “manipolare”. Sì, verso la fine del gioco è facile riuscire a ottenere una percentuale decente in qualsiasi check, con un po' di sforzo, ma ci saranno comunque casi in cui la possibilità di riuscita è dell'8% o giù di lì. È un sistema migliore di, per esempio, quello di Numenera: anche quest'ultimo cercava di ottenere più o meno lo stesso risultato, ma era troppo facile arrivare al punto in cui, fra personaggio principale e companion, si poteva riuscire in tutti i casi. Disco Elysium evita questo problema.
Resta da parlare del Thought Processing, una meccanica che Disco Elysium aveva annunciato, anche se non in questi termini, quando ancora si chiamava "No Truce With The Furies". In sostanza, il nostro personaggio può riflettere su dei concetti fino a svilupparli e tenerli conservati nel cervello. Ogni pensiero così sviluppato gli dà dei bonus e dei malus e molti di questi hanno altri effetti all'interno del gioco.
È un'idea semplice e fantastica, che si intreccia con le altre meccaniche del gioco in modo molto naturale. Disco Elysium simula, in parte, il cervello umano, e la rigorosità con la quale il sistema è stato realizzato, la suddivisione precisa delle abilità, il Thought Processing, uniti al tono un po' surreale di tutta la narrazione, creano un mix vincente. Il vostro detective parla con gli altri personaggi, che gli danno idee, spunti; lui decide di dedicare ulteriore riflessione ad alcuni di questi spunti, e con il tempo questi spunti gli danno idee fisse, che modificano il suo modo di essere e introducono altri argomenti nelle conversazioni con gli altri personaggi, che a loro volta gli daranno altri spunti... Il nostro detective potrà decidere di abbandonare alcuni pensieri, se questi non gli interessano più, per perseguirne altri.
Aggiungiamo a questo il fatto che le vostre abilità, a loro volta, hanno opinioni precise e ve le sottoporranno per farvi cambiare idea. Sì, perché voi parlerete quasi tutto il tempo con le vostre abilità, ognuna delle quali è una parte del vostro cervellino, che ha vita propria.
E qui siamo arrivati al punto in cui non possiamo non citare la storia, perché il gameplay e la storia, per una volta e finalmente, sono veramente intrecciati.
Il nostro detective, come dicevamo, ha perso la memoria dopo una sbronza colossale. Ma è successa anche qualche altra cosa, nel suo passato, che ha portato alla sbronza, e il nostro cervello cerca in tutti i modi di non farci tornare lì. Disco Elysium è la storia di come quest'uomo affronta questo problema – mentre cerca di gestire un omicidio e, se possibile, di esprimere la propria angoscia al karaoke, che è una cosa non meno importante.
Dovrete quindi girare per Martinaise, la cittadina nella quale è stato commesso l'omicidio, per cercare di capirci qualcosa. Il vostro unico “vero” companion sarà Kim Kitsuragi, detective di un altro distretto, che vi seguirà fino alle 21 (orario in game, ovviamente) – e che vorrebbe che voi vi concentraste sulla missione invece di andare a ballare nelle chiese.
Ma, come dicevo, voi avrete sempre dietro 24 altri companion: le vostre abilità, ognuna delle quali vi aiuterà nei diversi check, vi informerà sul mondo che vi circonda, sugli effetti delle droghe che potreste provare e vi suggerirà che tipo di azione intraprendere.
Ho trovato le “voci” delle vostre abilità tutte azzeccate: certe volte il battibecco fra diverse parti del cervello è così ben simulato che sembra vero. Anche gli altri personaggi sono ben scritti e tutti, anche la più miserabile comparsa, sono in qualche modo memorabili e vi regalano battute significative. Il gioco è costellato di quest secondarie, alcune più originali di altre, ma posso dire che nessuna di quelle che ho beccato rientra nella categoria del “che cacchio mettiamo qui, va beh buttaci una fetch quest a caso”: sono tutte particolari, anche quelle più banali che vi portano a interrogare un sospetto o a scrivere un rapporto di polizia o ancora a comunicare una terribile notizia a una povera donna del posto.
In generale, ho apprezzato tutta la scrittura di Disco Elysium, sempre in equilibrio fra la serietà e il comico.
L'ambientazione è ben curata: i dettagli sono tantissimi, sia per quanto riguarda le vite dei personaggi che incontreremo, sia per quel che riguarda la vita politica di Martinaise. La vostra amnesia è una buona scusa per permettere agli altri personaggi di spiegarvi la storia del mondo del gioco, ma il sistema non è abusato e, soprattutto, non viene fornito il facile “spiegone” super-partes che spesso ci viene propinato nei videogiochi (e non solo). Ogni personaggio a cui chiederete informazioni ha, come è normale, la propria politica, le proprie idee, e quel che vi racconterà sarà inevitabilmente “colorato” dai propri bias.
Ma, soprattutto, la politica del mondo “vive” attraverso i personaggi, le loro relazioni e le lotte di potere all'interno della città. Lo stesso omicidio che andrete a investigare è stato causato, o così pare, dagli scontri fra dei membri dell'unione dei lavoratori, in sciopero da ormai mesi, e le milizie assoldate da parte dell'azienda contro cui si sta scioperando.
Molti sono i riferimenti, più o meno velati, al nostro mondo, ma non è necessario tracciare parallelismi per apprezzare Disco Elysium, perché quello del gioco è un mondo a sé, che funziona in modo del tutto autonomo dal nostro. Il protagonista potrà guadagnare punti “Fascisti” o “Ultraliberali”, “Comunisti” o “Moralisti” con le sue scelte di dialogo, punti che gli consentiranno di aderire o meno a una delle ideologie del gioco, ma queste non hanno necessariamente lo stesso valore che hanno nel nostro mondo.
Ancora più di questo, è incredibile il fantastico che è inserito nel mondo di Disco Elysium. Dal fatto stesso che il nostro personaggio parla con il suo cervello (è lui che è allucinato, o è effettivamente qualcosa che sta succedendo?), ai “cryptids”, degli animali strani che forse non esistono realmente, al pale, che non vi spiegherò neanche che cos'è, il mondo di Disco Elysium è pieno di sense of wonder.
Dal punto di vista narrativo, gli unici problemi li ho riscontrati nella parte finale. La storia funziona, ma, arrivati diciamo all'ultimo quarto del gioco, ci sono alcune cose che fanno storcere il naso e che andavano aggiustate – e ovviamente, siccome si tratta della fine, è difficile non fare spoiler. Ma non preoccupatevi, resterò sul generico.
Prima di tutto, c'è il fatto che la soluzione dell'omicidio è “nascosta” dietro un ostacolo che si poteva benissimo superare prima. O, se non era superabile, bisognava dirlo, non lasciare il giocatore incapace di proseguire per quella via, per poi ricordarsi all'improvviso che: "oh, beh, l'unica cosa che resta da investigare è proprio quella". Oppure ancora, il gioco poteva farci escludere quella pista per poi farci rivalutare alcuni indizi sotto una luce diversa. Il mistero regge quasi fino alla fine, ma questa cosa andava aggiustata.
Non sono neanche convintissima del ruolo che ha una quest secondaria nel finale, quest che penso sia possibile saltare (e quindi il finale perderebbe parecchio mordente, suppongo). Sarebbe stato forse meglio sottolineare maggiormente l'importanza di questa quest o renderla, in qualche modo, “obbligatoria”. Quel che succede nel 90% dei casi è che la farete lo stesso, ma c'è sicuramente quel 10% dei casi in cui qualcosa va storto.
In secondo luogo, la risoluzione del problema del protagonista lascia un attimo perplessi, perché avviene in sogno e quasi “en passant”. Sì, ok, siccome si tratta comunque di una realizzazione personale, che il personaggio deve fare tra sé e sé, ha senso e può andare bene, però molti si aspettavano qualcosa di un po' più concreto, e sembra che il motivo dietro la crisi del protagonista venga un po' sminuito.
Queste pecche non sono sufficienti per minare il resto del lavoro svolto dalla ZA/UM, ma è possibile rimanere delusi dalla parte finale e volere un po' di chiusura in più.
Dal punto di vista grafico, il gioco presenta uno stile bellissimo, quasi “dipinto”, sia nei ritratti dei personaggi che nelle texture del mondo di gioco. È una soluzione molto efficace. La colonna sonora completa il quadro con delle musiche bellissime, se non indimenticabili.
Molti dei bug presenti all'uscita del gioco sono stati risolti con delle patch successive. Io ho riscontrato un paio di crash al desktop e un dialogo “bloccato” ad una determinata frase; ho risolto entrambi i problemi ricaricando la partita.
È inutile dire che ho adorato Disco Elysium. È un RPG che riesce a proporre delle meccaniche almeno in parte nuove, assemblate in un sistema che riesce nel suo intento di creare una buona reattività. Il lato narrativo è fantastico e il mondo di gioco in cui ci immerge è complesso, verosimile e ben scritto. Mi ha ricordato Planescape Torment, nello spirito, più di Numenera, sia per i voluti richiami (comunque mai troppo espliciti), sia perché Disco Elysium riesce meglio di Numenera come rpg e anche come narrazione, proponendo una storia costruita meglio e ambientata in un universo molto “umano”, animato da un forte sense of wonder. Consigliato assolutamente a chiunque apprezzi gli rpg.
Giochiamo insieme a questo RPG spaziale firmato Obsidian. Il signor OjO si tuffa per la prima volta in questo universo virtuale in compagnia di un ospite d'eccezione.
Riusciranno a non fare brutta figura di fronte al pubblico di OGI?
Encased è un RPG post-apocalittico a turni che molti ritengono possa essere un degno erede dei Fallout classici.
OjO entra nella misteriosa "Cupola" per scoprire se è davvero così e ci mostra i primi passi del gioco, ora disponibile in Early Access!
America, anni '20. La città di Arkham, e un bel pezzo del terreno che la circonda, viene risucchiata in una dimensione alternativa. È il caos: la mafia locale prende il sopravvento sulla città, ma deve dividere il controllo con dei cultisti pazzi che venerano Chtulhu e marchiano i loro oppositori. Come se non bastasse, strane creature hanno cominciato a sbucare per le vie della città. Gli abitanti della città si aggrappano a quel che resta della loro sanità mentale, grazie alle droghe, o all'alcol, entrambe gestiti dalla mafia.
E voi? Voi siete rimasti bloccati assieme agli altri, ma eravate di passaggio: eravate alla ricerca del Dismal Man, che vi appare nei sogni e vi incita a seguirlo. Ma perché? E dove arriverete, se lo seguirete?
Queste le premesse di Stygian: Reign of the Old Ones, rpg della Cultic Games di ispirazione lovecraftiana, di cui abbiamo fatto una preview qualche settimana fa. Come abbiamo già detto, anche se i videogiochi ispirati a Lovecraft e al suo universo narrativo sono parecchi (ce n'è sempre almeno uno in produzione), sono pochi quelli degni di attenzione. Vediamo assieme se Stygian fa parte di quest'ultima categoria.
Parleremo molto poco della storia, per due motivi. Il primo è che la “storia” in Stygian non è l'esperienza principale del gioco: quel che succede nel mezzo, ciò in cui incapperemo, come riusciremo a risolverlo (se ci riusciremo) sono cose di maggior peso.
Il secondo motivo è che la storia è incompleta. E purtroppo la cosa non è segnalata da nessuna parte nella pagina Steam. Inutile dire che questo è un problema, perché uno spende 25 euro pensando di acquistare un gioco completo. Mi pare di capire che gli sviluppatori abbiano intenzione di completarlo, non capisco se “aggratisse” per chi l'ha già acquistato o meno; vedo comunque che sono molto attivi e hanno intenzione di rilasciare delle patch per i problemi principali che il gioco presenta attualmente. Ma... resta il fatto che si arriva alla “fine” di Stygian e quel che ci aspetta è un bel “continue”.
È un grande peccato, perché in quanto ad ambientazione è uno dei videogiochi più “lovecraftiani” che abbia mai visto, e le premesse e parte delle meccaniche di gioco si sposano benissimo con l'universo dello scrittore di Providence, a partire dalla creazione del personaggio.
Le 8 classi, qui chiamate Archetipi, vanno dall'Aristocratico, al Medico, all'Esploratore all'Occultista. Ognuna ha due abilità in cui specializzarsi (ma è ovviamente possibile mettere punti in qualsiasi abilità) e salendo di livello il nostro personaggio ottiene diversi Perks, a seconda dalle abilità più sviluppate.
Fin qui, tutto è più o meno nella norma di un qualsiasi RPG, ma Stygian ha anche diversi sistemi che simulano la lotta (persa in partenza, ve lo dico) per la sanità mentale del nostro personaggio. Tanto per cominciare, la Sanità Mentale è una statistica del nostro personaggio, assieme alla Salute. Più la Sanità Mentale si abbassa, più è probabile che il nostro personaggio svilupperà delle malattie mentali (la schizofrenia, per esempio), e arrivare a 0 di Sanità Mentale significa impazzire del tutto e arrivare al game over.
I nostri personaggi hanno un “belief system”, diciamo una “filosofia di vita”, che gli permette di riprendersi psicologicamente dagli orrori a cui assisteranno, ossia di riprendere punti di Sanità Mentale. Un personaggio Umanitario, per esempio, potrà aiutare gli altri senza chiedere nulla in cambio; un personaggio Religioso può pregare e uno Materialista può guadagnare soldi o darsi ai piaceri della vita (quelli che son rimasti, quantomeno).
Ovviamente, le occasioni per sfruttare questo sistema sono poche. Il metodo più veloce per riguadagnare Sanità Mentale è sfondarsi di alcol, così come il metodo migliore per ripristinare i punti Salute è quello di iniettarsi droga. Questo può farci sviluppare la dipendenza da una o entrambe le sostanze, con dei malus se non riusciamo ad avere la nostra dose regolarmente.
Le meccaniche “di ostacolo” non finiscono qui: accanto ai Punti Esperienza, che servono, come immaginerete, per passare di livello, il nostro personaggio accumulerà punti Angst ogni volta che assisterà a un evento particolarmente triste o deprimente. Accumulare abbastanza punti Angst ci regalerà un bellissimo Perk negativo, che ci assegnerà un malus permanente. Che gioia.
Aggiungiamo, en passant, che castare magie consuma la Sanità Mentale, e avete un quadro delle difficoltà che il nostro personaggio dovrà affrontare ogni giorno in questo gioco.
Tutti questi sistemi sono molto in linea con il mondo lovecraftiano e funzionano bene. Stygian sa benissimo che i nostri personaggi hanno poche speranze di uscire “puliti” da questa avventura. È scontato che svilupperete manie, dipendenze e quant'altro, è inevitabile. I punti Angst, per esempio, salgono anche solo entrando in combattimento. Prima o poi avrete quel Perk negativo. Stygian è fatto non per essere in sé difficile (c'è solo una battaglia obbligatoria che mi ha fatto dannare), ma per darvi sempre la sensazione che state uscendo a pezzi da qualunque incontro (di combattimento o meno), che le vostre risorse sono preziose e che sono POCHE, e dovete spenderle per forza. Il gioco vuole farvi sentire sempre sul filo del rasoio, e ci riesce.
La cupezza dell'ambientazione, la sua indifferenza per la vita umana, sono ben simulate sulla vostra pelle virtuale, e rendono più potenti, per contrasto, i tentativi dei personaggi di restare ancorati alla normalità della loro vita pre-spostamento dimensionale.
Stygian è in effetti costellato, specialmente nella prima parte, di personaggi dal ruolo molto breve, ma particolari, da quest inusuali e da situazioni strane, che riescono anche a restare impressi. Penso ad esempio alla signora che troveremo a vagare per le lande, accusando la mafia di aver ucciso suo marito, oppure a un tizio ricercato dal culto per non aver voluto rinnegare la sua religione, o ancora all'illusionista che vorrebbe vendicare la sua assistente, o alla bambina muta per aver visto *qualcosa* di troppo agghiacciante.
Il problema, qui, è che da una parte c'è tanta ricchezza e varietà, dall'altra si nota che alcune cose sono state inserite ma non sviluppate (forse dovevano esserlo e sono state tagliate come il finale?). All'inizio del gioco, ci saranno tanti personaggi, tante quest, da risolvere in molti modi diversi... andando avanti, invece, appaiono sempre più le quest (o presunte tali) lasciate in sospeso: personaggi che chiaramente sono lì per fare qualcosa ma con i quali non possiamo parlare, quest vere e proprie che non sono riuscita a chiudere in nessun modo. Il gioco in sé diventa molto più lineare verso la parte finale, in cui dovremo bene o male andare solo da A a B e risolvere alcuni enigmi/puzzle – molto interessanti, ma non complessi e appaganti come il mix di quest della prima parte del gioco.
È peccato, davvero: il gioco aveva bisogno di non uscire per qualche altro mese, per essere rifinito. In sé non è neanche troppo lungo: dura circa 15 orette. E, da come stava proseguendo la storia, non sembrava mancasse poi molto alla fine vera e propria.
Questo è tanto più importante perché il resto del gioco è un po' grezzo e ha problemucci di suo, nessuno soverchiante, ma abbastanza per non rendere l'esperienza di gioco fluida. Che anche il punto forte del gioco sia incompleto fa perdonare meno questi problemucci. Ma vediamoli un attimo.
Uno dei problemi principali è il fatto che manca un tutorial di qualsiasi tipo. Alcune meccaniche vengono spiegate, ma altre no. È difficile, per esempio, capire da soli come usare la magia, perché nessuno ti spiega che prendendo il tasto destro del mouse si apre un menu radiale dove sono nascosti gli incantesimi. Nessuno ti spiega che questi vanno studiati per essere imparati.
Così come nessuno ti spiega che c'è (apparentemente, perché nulla lo conferma) un sistema di cover durante il combattimento... non ne sono certa, perchè c'è il classico simbolino della cover, ma non c'è nulla che mostri che è effettivamente più difficile colpire o esser colpiti se si è in cover (peraltro... la cover vale solo quando si è immediatamente dietro l'ostacolo, oppure vale per tutta la linea direttamente dietro la cover? Chissà).
È anche presente, o così sembra, un sistema di survival: ogni tanto, i vostri personaggi hanno bisogno di mangiare e dormire. Se ho potuto provare con mano l'effetto della mancanza di sonno (il personaggio si stanca e ha diverse penalità alle statistiche), non ho capito se è possibile morire di fame o comunque subire dei malus per la mancanza di cibo, perché non ho mai finito le mie razioni. Inoltre, mentre solo il mio personaggio pare stancarsi con il tempo, tutti mangiano le razioni. Non è ben chiara, questa meccanica.
Il combattimento di per sé è classico, a turni: ad ogni turno viene riconteggiata l'iniziativa e si agisce in ordine. La bassa Sanità Mentale è sempre una variabile impazzita e rende ogni combattimento una scommessa: non saprete mai se quel turno, il vostro personaggio deciderà di avere una crisi isterica e di restare fermo, o di entrare nel panico e non riuscire quindi a cambiare arma, o se deciderà di fuggire per conto suo... Sono tutti tocchi interessanti, che però non sono abbastanza per rendere il combattimento di Stygian davvero unico.
Vediamo all'aspetto tecnico. La grafica è abbastanza spartana, si vede che il budget non era elevato, ma funziona. I disegni sono molto belli e ci si abitua presto alle animazioni un po' legnose (anzi, io direi che si adattano perfettamente all'ambientazione: tutti i personaggi sembrano pupazzetti). La ost è molto bella, dalle sonorità un po' jazz, intervallata da suoni disturbati.
Purtroppo sono ancora presenti diversi bug: qualche freeze qua e là, qualche salvataggio che non carica. Ho sempre risolto tutto riavviando il gioco.
Stygian non permette i salvataggi liberi: il gioco salva in automatico quando usciamo e ad ogni cambio di area (o quasi). Inizialmente questa scelta può sembrare un po' rogue-lite, ma il fatto che il gioco salva, appunto, da solo ogni volta che si cambia un'area rende la restrizione meno importante: si ha sempre un salvataggio abbastanza vicino e non si deve mai rifare intere mezz'ore di gioco a causa di un crash o di una morte improvvisa.
Stygian è solo in inglese e si tratta di un inglese abbastanza complicatello. È ancora possibile farcela con un dizionario anche per chi non è esperto della lingua. Va detto che per l'introduzione non ci sono sottotitoli.
È inutile dire che avevo grandi speranze per questo Stygian. Non sono state completamente disattese, però il fatto che il gioco sia incompleto e lo stato grezzo di alcune sue parti sono cose che non mi aspettavo. Stygian resta comunque un bel gioco, specialmente per chi è appassionato dei racconti di Lovecraft, che troverà non solo diverse citazioni alle opere dello scrittore di Providence, ma sopratutto un'ambientazione davvero fantastica e orrorifica. In attesa che gli sviluppatori completino il lavoro, promuovo comunque Stygian, che resta uno dei giochi lovecraftiani più riusciti.
L'Impero dei Neshalan è in decadenza. Vostro padre, capo dell'Impero, è stato ucciso, e voi siete in fuga con vostro fratello, mentre la ribellione vi strappa via territorio dopo territorio. Sarete in grado di sgominare i ribelli e riprendervi il trono che vi spetta di diritto? E cosa farete degli umani che hanno osato ribellarsi alla vostra razza?
Forged of Blood è un RPG tattico della indonesiana Critical Forge, che ci mette appunto nei panni di un principe di questa “razza superiore”, i Neshalan. Il nostro compito sarà quello di riconquistare il nostro impero, un territorio alla volta.
L'enfasi di questo titolo è sulla complessità – o, in alcuni casi, sulla complicazione – dei diversi sistemi del gioco. Il lavoro che è stato fatto è impressionante, se consideriamo che la Critical Forge è una software house indie, sempre certosino, ma spesso, come vedremo, si è andati un pochino troppo oltre.
Nel corso del gioco guideremo fino a tre “eserciti”, di 5 membri ciascuno, alla riconquista del territorio. Da una parte, dovremo decidere quali territori affrontare di volta in volta, in quale ordine, e quali missioni completare. Dall'altro, dovremo affrontare i singoli combattimenti con le nostre truppe.
Partiamo dal secondo “livello”, quello delle truppe da guidare in combattimento, che è anche il più “semplice”. Si tratta di un classico combattimento a turni. Ognuno dei nostri personaggi può essere equipaggiato con qualsiasi arma: il sistema di avanzamento è senza classi, basato sulle abilità, alcune legate alle armi, altre generali (abilità che aumentano il movimento, l'accuratezza, l'iniziativa e così via). I nostri personaggi, dopo ogni combattimento, guadagneranno dei punti abilità da spendere nelle armi che hanno equipaggiato e un paio di punti da spendere in quelle generali.
L'idea è quella di poter creare il personaggio che si desidera, senza essere legati a determinati ruoli. Questo, in teoria, è ottimo, e devo dire che nonostante le abilità siano veramente una marea, ci si raccapezza abbastanza bene. Però alla fine si finisce instradati su questo o quel “ruolo” per il personaggio, semplicemente perché... serve, per sopravvivere alle battaglie. Così come ci sono delle abilità bene o male imprescindibili (per esempio, quelle che migliorano l'accuratezza) e delle altre pressocché inutili. Manca un po' di varietà, specialmente nelle abilità legate alle armi.
La libertà che viene data quindi, da un lato è un po' inutile, perché bisogna per forza fare certe scelte per vincere, dall'altro lato non è sufficiente, perché manca varietà.
Molto più incasinato è il sistema magico. Sulla carta, è una figata pazzesca: per lanciare incantesimi bisogna equipaggiare una pietra particolare, che “regge” due incantesimi, di due “polarità” opposte. Bisogna quasi sempre alternarli durante il combattimento, cosa che rende necessaria molta pianificazione.
Gli incantesimi, qua starebbe il bello, possono essere costruiti da zero, agendo su determinate variabili (è molto più facile vedere la cosa "in game" che non spiegarla a parole): le variabili sono *tantissime* e il sistema è davvero, davvero, troppo complicato. Sì, ci sono decine di combinazioni di effetti diversi che possiamo creare, ma è difficile capire come funziona il sistema, specialmente perché non è davvero mai spiegato. Ridurre la complessità, qui, sarebbe stata una scelta migliore.
Altre piccole cose sono invece state curate in modo adeguato. Per esempio, il movimento durante il combattimento. È diviso in tre “tipi” di movimento, e le varie abilità “usano” uno, due o tutti e tre questi tipi. Quindi, bisogna sempre scegliere di quanto effettivamente avanzare, per lasciare al personaggio la capacità, nello stesso turno, di usare le abilità legate agli altri due tipi di movimento.
In generale, il combattimento è molto tattico, e può essere vinto anche fuggendo, in alcuni casi. Ho anche trovato carino il fatto che ci sia una particolare battaglia pensata per non essere vinta... ma che i programmatori hanno lasciato “aperta”, inserendo anche la possibilità di una vittoria del giocatore (e in effetti qualcuno l'ha vinta).
Questo tipo di atteggiamento, poco impositivo e che cerca di restare aperto alle azioni dei giocatori che non erano state previste, si intravede spesso nel gioco, per esempio quando una missione cambia nel momento in cui un personaggio che non doveva morire, per caso, muore.
Ma veniamo al livello “superiore”, quello strategico. Anche questa volta, in teoria, era una figata, e per certi versi lo resta. L'idea è che ogni territorio che andiamo a conquistare abbia il suo “allineamento” o la sua personalità, e tanto più questa si avvicina al comportamento del nostro Principe, meno resistenza farà il territorio. Se si allontana troppo, potrebbero scoppiare rivolte, i nostri soldati potrebbero lasciarci e, in generale, l'appoggio del territorio non sarà tanto saldo.
Questo sistema, che gli sviluppatori chiamano Tri-Axis Philosophical Index, e di cui potete leggere nel dettaglio qui, è molto complesso. L'allineamento del nostro personaggio è sempre in mutamento, perché dipende dalle azioni che decideremo di compiere, e i suoi effetti a volte sono imprevedibili, perché non è facile calcolare quando si è scesi sotto la soglia minima di sopportazione delle truppe. E capite che non è bello trovare i soldati che disertano proprio quando avete una battaglia importante il giorno dopo!
Ho invece apprezzato il sistema di quest. Ci sono molte quest in ogni territorio, e non avrete mai il tempo di farle tutte. Decidere dove andare, cosa lasciare indietro e in che ordine fare le quest è importante, e anche questo può essere un fattore di caos: è possibile che alcune quest importanti appaiano in luoghi poco raggiungibili dalla vostra location e che abbiate solo pochi giorni per portarle a termine. Si doveva bilanciare un po' meglio la cosa, ma ho apprezzato che si sia creato un mondo troppo vasto per essere esplorato appieno, com'è il mondo reale.
Infine, parliamo brevemente della storia. Le premesse in sé sono semplici, e nessun personaggio risalta particolarmente, ma la storia è resa più significativa dalle scelte morali continue che dovremo compiere, e che sposteranno il nostro “allineamento”. L'ambientazione, di stampo dark-fantasy, riprende molto l'estetica dell'Antica Roma e benché manchi di luoghi e personaggi davvero caratteristici, mi è piaciuto com'è stato reso questo mix.
La grafica del gioco è molto spartana e la palette cromatica lo è altrettanto, con pochissimi colori a risaltare qua e là. Ci sta, visto il tono cupo del gioco, ma si sente la mancanza di qualche location suggestiva. I nemici e i nostri stessi soldati sono davvero così uguali che a volte non li si distinguerebbe se non fosse per il colore dell'armatura (e non sempre c'è quello ad aiutarci). Anche dal punto di vista sonoro non c'è nulla che lasci il segno.
Forged of Blood è disponibile solo in inglese: secondo me è un inglese alla portata di tutti, sia perché non è così complicato di per sé, sia perché i dialoghi non vanno avanti da soli. Inoltre, gran parte del gioco si svolge sul campo di battaglia, dove bisogna capire solo a cosa servono le varie abilità.
Forged of Blood è un gioco che partiva da belle idee, ma che non le ha sviluppate tutte benissimo. Il risultato è un gioco troppo complesso e un po' ripetitivo, che però mantiene il suo fascino e la sua sfida tattica e strategica.
E' stata annunciata la prossima uscita di Disco Elysium, rpg investigativo open world di cui vi avevamo già parlato diverso tempo fa, quando ancora si chiamava No Truce With the Furies: il 15 Ottobre è la data prefissata!
La ZA/UM, software house dell'Estonia, ha rilasciato un nuovo trailer, che troverete più sotto e che mostra le features principali promesse dal gioco: un mondo aperto e soprattutto vivo, popolato di personaggi dotati di vita propria che potremo convincere, manipolare o aiutare, ottenendo reazioni sempre diverse. E anche un sistema di abilità unico con il quale modellare il nostro detective, basato sulla possibilità di combinare i pensieri del nostro personaggio come oggetti dell'inventario, ottenendo concetti nuovi da usare nella risoluzione dei casi.
Disco Elysium promette molto, e noi di OldGamesItalia siamo curiosi di vedere le innovazioni che potrà apportare al genere. Vi lasciamo ora al trailer... buona attesa!
La città di Icenaire è stata colpita dalla maledizione del King of Shades (Re delle Ombre): è bloccata dal ghiaccio, piena di non-morti e tagliata via dal resto del mondo da una barriera insuperabile. Solo un magico artefatto, il Vambrace, può permettere di oltrepassare questa barriera... e questo artefatto lo abbiamo noi. Noi siamo Lyric, una ragazza alla ricerca di informazioni sulla morte del padre, e abbiamo l'unico oggetto che potrebbe cambiare le sorti del mondo.
Il gioco di cui parliamo oggi è Vambrace: Cold Soul, un jrpg roguelite della coreana Devespresso Games. E, ve lo dico subito, è purtroppo un gioco che ha grandi pecche assieme a bei pregi.
I pregi iniziano dal comparto grafico, davvero ben realizzato. I disegni sono splendidi, i colori bellissimi, e l'insieme è molto accattivante. Anche l'interfaccia e l'impostazione generale del gioco, “rubate” a Darkest Dungeon, fanno la loro figura e le numerose illustrazioni sono una gioia da vedere. Anche le musiche che ci accompagnano sono molto belle; ottima la scelta di non doppiare i personaggi ma di assegnare loro una “voce” e dei “versi” a seconda della situazione.
Inoltre l'idea base del gioco non è affatto male. Noi partiamo in città, dove possiamo riposare, reclutare companions, vendere e comprare oggetti (armi, consumabili, ecc.) e in generale prepararci per scendere nel dungeon. Il dungeon è composto da una serie variabile di stanze, sempre diverse, in ognuna delle quali, a caso, possiamo trovare un evento: uno scontro, un accampamento, un evento speciale, casse da aprire o un mercante. Superati diversi livelli del dungeon, arriviamo al boss che dovremo, naturalmente, sconfiggere.
Proseguendo nel dungeon, dobbiamo tenere conto di tre barre: quella della Salute fisica degli eroi, quella del loro Vigore, utile a usare abilità speciali, e quella del Terrore. Più a lungo restiamo nel dungeon, più il Terrore sale; se arriva al massimo, i nostri eroi fuggono e dobbiamo ripartire daccapo.
La morte dei nostri companion è permanente, mentre la nostra ci riporta in città: il dungeon viene resettato ma gli oggetti che abbiamo trovato restano con noi, così come eventuali abilità che abbiamo imparato.
Qui cominciano i dolori. Tanto per cominciare, le meccaniche non sono spiegate chiaramente, e si va avanti per trial and error per le prime mappe. L'accampamento, per esempio, è l'unico posto in cui possiamo usare i consumabili, riposare e dormire, per recuperare salute e vigore. Non è chiaro, inizialmente, se dormendo, per esempio, “chiudiamo” l'evento dell'accampamento oppure no, o cosa succede cliccando sul fuoco. Il fatto poi che solo qui si possano usare i consumabili non ha senso, perché le aree sulla mappa sono appunto randomiche: è possibile che in una mappa ci siano 3 aree accampamento una dietro l'altra e che nella mappa successiva non ce ne sia nessuna!
La mappa stessa è molto confusionaria: voi camminate e vedete, per esempio, una porta dritto davanti a voi. Pensate quindi che vi porterà nell'area della mappa... dritto davanti a quella in cui siete adesso. Ma magari no, magari vi porta in quella che sta SOPRA l'area dove siete adesso, o sotto. Orientarsi è molto difficile, e non per motivi logici o coerenti con il resto del game design.
Importante è il crafting, effettuabile in aree apposite. È particolarmente importante craftare oggetti curativi, sia per la Salute che per il Vigore. Il problema, qui, è che alcuni dei componenti sono relegati alle prime aree: bisogna quindi periodicamente tornare indietro per farmare lì dentro, con spreco di tempo e risorse.
Infine, veniamo al combattimento e alle abilità. Gli eroi che possiamo assoldare possono ricoprire diversi ruoli (tank, healer, dps, ecc.) e possiamo quindi creare un party coerente con il nostro stile di gioco, tenendo conto che alcuni ruoli sono necessari: provate ad avventurarvi senza nessuno che sappia scovare e bloccare le trappole, e vediamo quanto durate.
Il combattimento all'inizio è anche divertente, ma poi si capisce che c'è molta poca varietà di tattiche utilizzabili, nonostante la varietà dei ruoli nel party. Bisogna avere due tizi che colpiscono da vicino, per occupare le prime posizioni, e due che hanno un'arma a distanza, per occupare le ultime due posizioni. Le abilità secondarie sono poche e poco varie. E qui, parentesi, dico che non è facile capire come farle ottenere alla nostra protagonista: ho giocato più di 6 ore senza aver capito come fare – poi mi sono documentata su YouTube.
Non è possibile, inoltre, usare oggetti di cura durante le battaglie: possiamo solo essere curati da un personaggio apposito, l'healer, che... non può attaccare, o che ha attacchi veramente debolissimi e che costringe, quindi, a sprecare un turno per metà del tempo.
Sulla storia c'è poco da dire, purtroppo: le premesse non sono molto originali e neanche lo è il resto della narrazione. Ci sono molti dialoghi, anche troppi per quello che serve, ma la storia procede su binari prevedibili anche se piacevoli. Ho poco da dire sui personaggi, anche perché, a parte Lyric, gli altri restano abbastanza sullo sfondo. Senza infamia e senza lode, nel complesso.
Vambrace non è un gioco brutto o ingiocabile, anzi; ma è piagato da difetti e problemi che rendono poco divertente il tempo che ci si spende sopra. È un peccato, perché poteva essere un gioco impegnativo quanto basta. Così com'è, non mi sento di consigliarlo ad occhi chiusi: se vi piace il genere, dateci un'occhiata e vedete se fa per voi.
Come tutti gli armaioli sanno, qualsiasi oggetto può diventare un'arma. Qualsiasi.
The World is Your Weapon parte esattamente da questa premessa per arrivare... scopriamo dove assieme!
Come avrete intuito, si tratta di un JRPG particolare: la nostra protagonista, Weaco, si trova di fronte a un terribile Slime e deve difendersi, ma non ha armi! A mali estremi... prendiamo da terra un bastone. O uno scheletro. O, perché no, il laghetto lì accanto.
E picchiamo lo Slime
Sì, avete capito: “picchia Slime con laghetto” sarebbe un comando perfetto per questo gioco, se fosse un'avventura testuale ^^!
Tutto, ma veramente tutto, in The World is Your Weapon, è un'arma. Anche interi edifici possono essere presi e usati per pestare i nemici. All'inizio, le caratteristiche delle nuove armi ci sarano sconosciute: dovremo usarle per scoprirle. Una volta scoperte, potremo metterle in vendita nel negozio di famiglia e intanto andare alla ricerca di nuove armi. Lo scopo? Trovare la LOL Sword, la spada LOL, una spada dalle proprietà fantastiche di cui ci ha raccontato nostro padre prima di morire.
Il gioco è davvero tutto qui, purtroppo. La storia, come potete immaginare, non è molto sviluppata, benché siano presenti diversi finali, ma questo non sarebbe un problema se il gioco fosse divertente.
Purtroppo, ben presto diventa molto ripetitivo. Sì, è una figata all'inizio. Girare per le mappe e scoprire quante cose possiamo prendere – non pensate che solo gli oggetti inanimati possano diventare armi ^^ – ma il fascino della novità presto si esaurisce e resta solo il picchia picchia, che di per sé non è molto affascinante.
Il gioco cerca di dare una spruzzata di varietà, sia proponendo mostri diversi, sia aggiungendo meccaniche per la parte relativa al negozio: potremo infatti far riforgiare le armi di cui abbiamo scoperto le caratteristiche, per riutilizzarle in combattimento o anche solo perché si sono distrutte (ogni arma si consuma con l'uso, finché non si distrugge del tutto) e potremo anche usare l'abilità di prendere qualsiasi cosa in modi creativi, per raggiungere posti altrimenti inaccessibili, per esempio.
Purtroppo, non è abbastanza per tenere incollati con piacere più di un paio d'ore allo schermo.
Il lato tecnico del gioco è mediocre: i disegni, come potete vedere, sono un po' "sdomi" (anche se credo che in parte il look “disegnato da un bimbo” sia voluto, e in parte ci sta) e le musiche sono presto dimenticate.
Mi dispiace dire che The World is Your Weapon non riesce a essere promosso, nonostante la sua premessa sia assolutamente fantastica. Serviva qualcosa di più vario e curato per appoggiare il concept principale del gioco, perché fra picchiare qualcuno con una spada o picchiarlo con la nostra porta di casa, alla fine, non c'è grande differenza.
Cosa succede quando una determinata regione è senza legge, sede di briganti, mostri e maledizioni? Che si manda qualcuno a conquistarla. Questo è il compito che ci affiderà Jamandi Aldori, dello stato confinante di Restov, a noi e a diversi altri avventurieri che hanno risposto alla chiamata.
Purtroppo, conquistare le terre dello Stag Lord è solo il primo passo, perché le maledizioni a cui è soggetto il territorio sono veramente tenaci: bisogna scoprirne la causa ed eliminarla se non vogliamo essere solo un altro staterello nato e morto nel giro di pochi anni. Saremo capaci di compiere l'impresa?
Pathfinder: Kingmaker ha bisogno di poche presentazioni, ma facciamole lo stesso: è un rpg in tempo reale con pausa sviluppato dalla Owlcat Games e pubblicato dalla Deep Silver. È basato sul gioco di ruolo da tavolo Pathfinder, come suggerisce il nome, il che è una bella “eredità” di regole e ambientazione da cui partire per costruire il mondo virtuale nel quale andremo a immergerci.
Ma la sua particolarità, rispetto ad altri rpg dall'impostazione simile, è la presenza del Regno, il nostro Regno, che dovremo gestire, allargare, migliorare. Purtroppo, questa è una parte quasi opzionale, visto che è possibile renderla automatizzata: dico “purtroppo” perché è veramente una parte molto importante e molto bella dell'esperienza di gioco, che “colora” il nostro soggiorno virtuale in maniera diversa rispetto ad altri rpg dello stesso genere.
Ma procediamo con ordine, e parliamo un attimo del gameplay; è necessaria una premessa: il gioco, dalla sua uscita, ha ricevuto millemila patch, alcune per risolvere i (numerosissimi) bug, altre per modificare il gameplay e il suo bilanciamento. Io ho provato due versioni: una bacatissima, poco seguente l'uscita, e una molto più stabile... che però non è comunque quella attuale, visto che il gioco è stato patchato ancora ed è uscita proprio pochissimi giorni fa la Enhanced Edition.
Un gioco così, che cambia ogni due giorni circa, è impossibile da “fissare” in una recensione. Ciò nonostante, molti elementi restano immutati: cercherò di analizzare questi nel corso della recensione. Forse, un domani, esamineremo le differenze con la EE.
Detto questo, torniamo al gioco. Non conosco bene il regolamento originale di Pathfinder, quindi non posso giudicare quanto è fedele la trasposizione, ma posso dire che questa fa il suo sporco lavoro. Il sistema di creazione del personaggio e di combattimento si avvantaggia della profondità del regolamento originario e risulta abbastanza complesso e flessibile. Questo è il classico gioco “D&D-esco” in cui è possibile stare ore a progettare la build perfetta e ogni classe può essere ben sfruttata, anche quella apparentemente più inutile. C'è la possibilità di costruire build un tantino OP, incrociando con attenzione diverse classi, e poco si può fare invece per salvare alcuni companion, che saranno già avviati verso percorsi bene o male inutili (Linzi, per esempio, il companion più inutile della storia). Alcune classi, forse inevitabilmente, risultano più forti di altre: i maghi, a prescindere dal tipo di mago, sono molto più versatili delle altre classi, non c'è niente da fare.
Il prezzo da pagare, ovviamente, è una grande difficoltà iniziale nel “digerire” il regolamento, anche questa tipica degli rpg “D&D-eschi”. Chi è a digiuno del sistema deve leggere quintali di roba per capire come meglio costruire il personaggio e anche lì sbaglierà di sicuro qualcosa prima di azzeccare la build “giusta”.
Il gioco ci aiuta, suggerendo di volta in volta i talenti e le abilità più utili fino ad arrivare ad automatizzare il passaggio di livello. Si vede lo sforzo, che plaudo, per non traumatizzare il giocatore con mille scelte iniziali e aiutarlo il più possibile a entrare nel sistema, ma la soluzione va bene così così: sarebbe meglio trovare un modo per poter introdurre più gradualmente il giocatore alle varie scelte senza dover togliere la possibilità di fargliele fare, ma capisco che la complessità del sistema renda la cosa difficile.
Lo stesso ragionamento vale per il combattimento, nel quale per il neofita può essere difficile capire come sfruttare al meglio le abilità dei personaggi.
Il combattimento in sé è in tempo reale con pausa: non proprio una soluzione ideale, ma Kingmaker riesce ad evitare il mischione in cui non si capisce nulla che era invece molto frequente in PoE. Anche gli scontri filler sono tutto sommato di meno, specialmente perché sono molto più distribuiti nella mappa: i dungeon sono di solito brevi e il gioco si sforza di dare un senso anche ai “mostri erranti” che troviamo in determinati periodi del gioco (ne parliamo meglio dopo).
Di converso, devo dire che troppo spesso è possibile semplicemente buttare i pg in mezzo alla mischia, senza starci tanto a ragionare. Questi momenti sono intervallati da un paio di scontri, del tutto opzionali, in cui la difficoltà ha un'impennata pazzesca. E non parlo dei problemi di bilanciamento che il gioco aveva nei primi mesi dall'uscita. Parlo di scontri proprio pensati per essere difficilissimi.
Ok, il giocatore sgamato sa che DEVE salvare ogni tre passi: ricarica e va avanti, per tornare a quello scontro con un paio di livelli in più. Peccato però che: 1) se uno ha deciso di giocare in Ironman Mode può dire addio al salvataggio; 2) scoprire di dover ricaricare per tornare lì dopo non è proprio il massimo dell'immersività. Qui sarebbe bastato mettere dei chiari segnali di pericolo eccessivo da qualche parte, così che fosse poi il giocatore a scegliere se provarci comunque oppure no.
Anche il dungeon finale è un po' pesante, con dei puzzle che costringono a fare e rifare la stessa strada più volte, in DUE labirinti praticamente identici (sono dimensioni parallele). Un po' troppo, specialmente dopo un titolo così lungo come Kingmaker, che dura ben oltre le 100 ore.
Insomma, il design degli scontri ha alti e bassi, anche se la maggior parte degli scontri sono invece ben fatti e richiedono attenzione e un'accurata gestione del party.
Parzialmente da apprezzare è il sistema di riposo e di razioni. Per far dormire i nostri personaggi, e quindi farli curare e memorizzare gli incantesimi, dovremo trovare una locanda o mettere su il campo: quest'ultima soluzione richiede uno spazio libero abbastanza grande e soprattutto cibo. È possibile cacciare o portarsi dietro delle razioni, che però pesano un quintale (e nei dungeon, ovviamente, non è possibile cacciare). Spero che questo sistema sia stato aggiustato un po' nelle patch successive, perché in teoria è interessante e cerca di essere verosimile e di mettere sotto pressione, specialmente quando stiamo esplorando un dungeon e non possiamo tornare in superficie solo per dormire.
Questo è uno degli aspetti su cui è stata riposta attenzione, ma ce ne sono molti altri. Per esempio, con il cambiare delle stagioni (torneremo più avanti sul passare del tempo), cambia il clima e cambiano le reazioni dei nostri personaggi: se piove, cammineremo più lentamente, per esempio, e questo sarà anche un problema in combattimento. Ci sono tanti “dettagli” del genere, che sorprendono e fanno sentire di essere veramente nel mondo di Golarion. Davvero complimenti agli sviluppatori!
Ma veniamo al Regno, una delle parti più gustose di questo Kingmaker, perché è piena di opzioni da personalizzare e di eventi di cui occuparci nel modo che preferiamo.
Il nostro allineamento e le nostre decisioni avranno un impatto più o meno considerevole sull'andazzo del nostro regno; i consiglieri che appunteremo, da scegliere anche fra i nostri companions, potranno essere o meno d'accordo con le nostre decisioni e potranno anche decidere di andarsene, se li contrarieremo troppo spesso. Scegliere di accettare una persona nel nostro regno potrà aprire nuove quest o portarci a esplorare nuove aree, o regalarci nuovi oggetti.
Come dicevo sopra, sarà possibile automatizzare molte delle decisioni da prendere, tranne quelle più importanti, legate alla trama principale. Sarà sempre il caso di tornare una volta al mese, almeno, alla capitale per affrontare di persona queste situazioni. Ma io consiglio di giocare con l'autonomia del regno a livello “normale”, perché è davvero un peccato perdere questa particolarità dell'esperienza del gioco.
Man a mano che il nostro regno si espanderà, potremo fondare villaggi e città in altre regioni e poi potremo decidere cosa costruire in questi insediamenti. Questa parte è un po' all'acqua di rose, rispetto a un vero manageriale, ma è molto più approfondita di quel che mi aspettassi in un RPG.
Ovviamente, le caratteristiche dei singoli insediamenti si aggiungeranno alle caratteristiche del regno, che a loro volta determineranno il suo stato di benessere, la sua sicurezza e in generale la sua capacità di sopportare il peso delle maledizioni che man a mano ci verranno scagliate contro.
Il passaggio del tempo è una meccanica importante di Kingmaker ed è anche quella che dà un tocco particolare alla storia. Molte missioni richiedono del tempo per “preparare” il regno; altre devono essere portate a termine entro tot giorni; upgradare questo o quell'aspetto del regno porta via interi mesi. Non vi spaventate: c'è sempre tempo più che bastevole per far tutto, specialmente fra una missione principale e l'altra. Il passaggio dei mesi e degli anni, però, dà al regno un aspetto “vitale”, di qualcosa che si muove e cambia, e dà alla nostra avventura maggior realismo.
Questo aspetto sfavilla quando si mescola con la gestione della storia. Sia la trama principale che le quest dei nostri companions sono scaglionate nel corso dei mesi di gioco. Le quest dei companions sono particolarmente degne di menzione. La scrittura in sé non è sempre massimo, ma i companions hanno la loro voce e un carattere e un background ben costruiti, e il fatto che le loro quest tornino e ritornino a distanza di mesi, diverse a seconda di come avremo risolto i pezzi precedenti (più o meno, si seguono comunque uno o due binari alla fine), li fa sembrare più veri: non sono solo personaggi utili a rendere forte il nostro party e le loro quest non sono solo le missioni utili ad alzare la loro lealtà, una mera distrazione prima di proseguire con la quest principale. Sono invece mescolate alla storia principale che, a sua volta, si sviluppa in maniera naturale attorno alla crescita del nostro regno.
Un effetto molto bello, ben reso, che ho visto raramente riuscire così.
Tutta l'ambientazione di Kingmaker mi ha colpita in positivo. Nonostante le premesse molto “D&D-esche”, numerosi elementi sono invece realistici e l'ambientazione risulta molto più credibile del classico fantasy con elfi e nani.
Questo in parte è dovuto alla presenza dei “fey”, delle creature fiabesche, sì, ma nel senso più autentico e “crudo” del termine. Sono creature aliene, non umani travestiti (come troppo spesso sono le razze magiche nelle ambientazioni fantasy) e sono, per i nostri standard, crudeli: non conoscono la morte, e questo li porta a essere incuranti della vita altrui oltre che della propria. La storia principale ha molto a che fare con loro e il loro essere così diversi e paradossali rispetto alle razze mortali dà un senso anche a uno dei finali, che potrebbe sembrare anticlimatico (saltiamo a piè pari lo scontro finale) ma che risulta invece molto calzante.
Anche la varietà di aree, mostri e popoli contribuisce a questo senso di realismo: possiamo passare dalle verdi foreste, nelle quali è possibile trovare qualche ninfa degli alberi, alle paludi, colpite (indovinate?) da una maledizione. Ci sono piccoli villaggi di pescatori, con le loro usanze vecchie di secoli, e grandi città artistiche.
Giacché abbiamo parlato di finali, ce ne sono... diversi. La quest principale ha i suoi finali (almeno 3), ma poi tante cose cambiano a seconda di cosa abbiamo deciso di fare. Il nostro regno ha una marea di variabili da considerare; per esempio, i nostri companions hanno, ognuno, endings diversi a seconda di come abbiamo terminato le loro missioni; alcuni regni vicini hanno finali legati al finale del nostro regno... insomma, la varietà è tantissima e non posso che dirmi soddisfatta.
La reattività del gioco è maggiore dal punto di vista narrativo, forse, ma si vede lo sforzo di permettere diversi approcci alle varie quest che ci vengono proposte. In alcuni casi, si vede anche "la pezza", ossia dove non si è riusciti a prevedere tutti i possibili intrecci di decisioni; mi è capitato però poche volte (meno che in Wasteland 2, per esempio, o comunque in modo meno rilevante).
Tornando alla storia, mi ha sorpreso il ruolo e l'attenzione riservati alle “razze malvagie”. Kingmaker non ci presenta infatti le sole classiche opzioni di asfaltare tali razze o di allearci con esse; sarà possibile dare loro la possibilità di integrarsi nel nostro regno come sudditi “alla pari”; dal canto loro, alcune razze normalmente considerate subumane, come i goblin, saranno interessate ad evolversi per sopravvivere e quindi a scendere a compromessi fra la loro “natura malvagia” (che nel regolamento di Pathfinder è bene o male insita nel canon) e i comportamenti richiesti dalla “civilità” delle altre razze, con il risultato di una buona, se non priva di screzi, integrazione.
Anche nei nostri companions vediamo che l'allineamento “malvagio” non determina necessariamente tutta la psicologia di un personaggio - peraltro, alcuni fra i companion malvagi sono tra i più belli! Nok Nok è fantastico!
Anche nella gestione del regno, essere più o meno “scorretti” o “kattivi” (per esempio, permettendo ai sudditi di “vendersi” ai negromanti, per essere utilizzati dopo la morte) non porta conseguenze negative a tutti i costi e neanche la disapprovazione del popolo, che è interessato molto di più al benessere che possiamo garantire. In generale, siamo abbastanza liberi da giudizi morali, l'allineamento è gestito nella maniera più fluida che abbia visto in un titolo “D&D-esco”, nonostante limiti un po' assurdi durante i dialoghi, e siamo quindi liberi di dare un'impronta personale al nostro regno.
Chiudiamo con l'aspetto tecnico. Né grafica né sonoro spiccano particolarmente, ma sono più che adeguati. Alcune tracce in particolare sono molto belle e ho apprezzato tantissimo le animazioni dei personaggi in mezzo alla pioggia e alle tempeste (anche se niente batte i pg in mezzo alla neve di Original Sin 2). I villaggi che possiamo fondare sono inizialmente alquanto spogli e, sopratutto, "fermi": non possiamo interagire significativamente con molta parte dello scenario o con NPC interessanti. Ma cambiano e crescono man a mano che li ingrandiamo e a seconda degli edifici che decidiamo di costruirci.
Il doppiaggio, inglese, è buono. Manca la localizzazione italiana e Kingmaker per chi non mastica bene la lingua può essere molto difficile, sia per diversi giochi di parole e “dialetti”, usati sporadicamente, sia per la mole di testo, che è comunque importante.
E poi... i bug. È difficile giudicare questo aspetto perché è in continuo mutamento. Quando ho iniziato il gioco, ero convinta di doverlo penalizzare, e parecchio, per i bug, che erano veramente ma veramente tanti. Sembrava di avere in mano un'alfa, il gioco si sfaldava letteralmente davanti ai miei occhi.
Dopo diverse patch, l'esperienza è cambiata parecchio e adesso il gioco è stabile. Ho riscontrato ancora qualche bug, ma niente di catastrofico come prima. Ora è uscita la EE... e il giorno dopo è uscita la prima patch della EE.
Questo atteggiamento è un problema. Io, ADESSO, posso consigliare il gioco senza remore; ma a due mesi dall'uscita, o anche a sei mesi dall'uscita del gioco, non avrei potuto farlo in tutta coscienza. Non era proprio possibile posticipare l'uscita di qualche mesetto? Poi non c'è da sorprendersi che uno aspetti un paio di anni prima di acquistare un gioco.
C'è da dire che il team non ha mai abbandonato i giocatori e ha continuato a patchare senza sosta, ma spero davvero che questo iter non si ripeta per i titoli futuri – anche perché c'è un nome per questo tipo di “uscite”, ed è “Early Access”. Fai un'Uscita Anticipata e tutti sanno bene che il tuo gioco avrà mille bug; chi vuole, compra subito e chi preferisce, aspetta.
Tiriamo dunque le somme di questo Pathfinder: Kingmaker. L'ho preso senza troppe aspettative: volevo vedere come era stata realizzata la gestione del regno, ma non mi aspettavo che tutto fosse così approfondito. Il regno è veramente una sorpresa, ma il titolo tutto colpisce per la cura con cui è stato costruito – bug a parte. Anche la storia, benché mancante di perizia tecnica in più punti, rivela l'attenzione con cui personaggi, ambientazione ed eventi sono stati intrecciati. Ho apprezzato molto che si sia cercato di creare qualcosa di maturo anche a partire da elementi spesso cliché. Kingmaker non ha la cupezza di un Witcher, e nello stesso tempo risulta molto più reale e meno infantile di un Dragon Age. Posso solo fare i complimenti alla Owlcat Games e sperare che il prossimo titolo sia ancora migliore di questo.
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
Chi siamo | Contattaci | Policy | Manifesto