Ieri abbiamo terminato il nostro Longplay di Baldur's Gate: Enhanced Edition e oggi vi riproponiamo l'intera playlist.
Seguite le vicende del party NEUTRALE di Gwenelan nelle sue avventure per i Forgotten Realms, fra il saccheggio di una cittadina, il salvataggio di qualche gattino e l'occasionale smascheramento dei complotti dietro la crisi del ferro che ha investito la Costa della Spada!
Per giochi di ruolo isometrici si intende quei giochi in cui l’azione viene visualizzata "a volo d’uccello", con la telecamera posta in alto e leggermente inclinata.
Questo tipo di impostazione grafica riflette solitamente (ma non sempre, vedi Ultima 7) un gameplay incentrato sul combattimento tattico, solitamente a turni.
Senza dimenticarsi però che, agli albori del genere, quando i limiti tecnici erano più stretti, la visuale isometrica ha consentito ai gamedesinger di portare l’avventura fuori dagli angusti limiti dei dungeon, nelle sconfinate terre aperte del fantasy!
LE ORIGINI:
Anche in questo caso, come per i gdr in soggettiva, preferisco non sbilanciarmi troppo sulle origini del “genere”. Non avendo avuto modo di giocare i primi giochi isometrici al momento della loro pubblicazione, li ho in seguito trovati poco appetibili per rigiocarli, a causa dei limiti grafici e delle interfacce ostiche. E quindi non li conosco molto.
Mi limito qui a segnalare alcuni capostipiti interessanti, che comunque reputo degni di una prova.
Il primo da citare è ovviamente Ultima I: "The First Age of Darkness" (Origin, 1981), che utilizzava la visuale isometrica per l’esplorazione degli esterni e delle città. Il gioco è l'ennesimo esempio di come i limiti tecnici andassero a incidere sul gameplay; tanto è vero che Richard Garriott si risolse ad usare la visuale "isometrica" per gli esterni e quella in soggettiva per i dungeon (più, ovviamente, quella ad hoc per lo spazio - per i temerari che l'hanno portato a termine!).
Ad ogni tipologia di gameplay la sua impostazione grafica.
La vera pietra miliare di questa prima generazione di giochi di ruolo isometrici è però indiscutibilmente lo storico e bellissimo Pool of Radiance (Strategic Simulations, Inc. – 1988). Il gioco fu il primo di quattro indimenticabili titoli costruiti dalla SSI utilizzando il "Gold Box Engine": Curse of the Azure Bonds (1989), Secret of the Silver Blades (1990), and Pools of Darkness (1991), a cui seguirono altri titoli ancora negli anni seguenti. Anche il Gold Box Engine utilizza la prima persona in soggettiva per l'esplorazione dei dungeon e la visuale isometrica per i combattimenti (all'aperto e al chiuso).
La saga iniziata con Pool of Radiance resta celebre, oltre che per la profondità di gioco e l'ottimo gameplay, per essere il primo titolo in assoluto a utilizzare la licenza ufficiale di D&D, che la TSR aveva concesso alla SSI dopo aver constatato il grande successo della saga di Ultima.
Giusto per curiosità, credo valga la pena aggiungere che fra le società che richiesero alla TSR i diritti del AD&D c'erano anche la EA (aaargh!) e la Sierra.
LA SECONDA GENERAZIONE:
La strada aperta da Pool of Radiance viene percorsa negli anni dalla SSI con grande maestria, ma senza la forza e la capacità di innovare veramente: si continuava a fare quello che si era sempre fatto, soltanto con qualche miglioria grafica e strutturale minore.
Tuttavia il loro Dark Sun: Shattered Lands (1993), pur realizzato con un motore nuovo ma ancora acerbo (il Dark Sun Engine), è un notevole passo avanti. Sia per il netto salto di qualità nella grafica, sia –soprattutto- per l’ottimo sistema di combattimento, che riproduceva in modo fedele (e divertente!) le regole dell’AD&D.
Il mondo di gioco (per quanto costruito “ad oggetti” e non con fondali disegnati) era ancora ben poco manipolabile, però il gioco era avvincente e riusciva a raccontare in modo soddisfacente la sua storia, riproducendo in modo fedele la bellissima ambientazione di gioco.
I giochi che seguirono, anche da parte di altre SH, non si discostarono troppo da questo schema.
Vale forse la pena segnalare anche gli altri giochi, sempre della SSI, basati sempre sul Dark Sun Engine, perché anche questi offronto un more of the same decisamente divertente e all'altezza delle aspettative; si tratta di: Dark Sun 2: "Wake of the Ravager" (1994 - leggendario e difficilissimo il suo colossale scontro finale!), Al-Quadim: "The Genie’s Curse" (1994) e Entomorph: "Plague of the Darkfall" (SSI, 1995). Quest'ultimo è un ottimo titolo che conclude però con un grosso insuccesso commerciale l'esperienza del Dark Sun Engine, nonostante la bella trama, l'alta risoluzione introdotta dal gioco e il supporto del CD-Rom e quindi di un comparto tecnico all'avanguardia. Tutti questi titoli dimostrano come, anche per i gdr isometrici, ci sono voluti molti anni per recepire le novità introdotte da altre SH più intraprendenti.
Da non dimenticare, quando si parla dei giochi SSI dgli anni '90 l'importante e innovativo MMRPG Dark Sun Online: "Crimson Sands" (praticamente sconosciuto qui in italia).
Un titolo estremamente significativo di questa “seconda generazione” di giochi di ruolo isometrici è rappresentato sicuramente da Ultima 6: "The False Prophet". Datato 1990 (e quindi antecedente al Dark Sun Engine), il gioco della Origin apre con il suo motore grafico nuove strade, che saranno poi battute e perfezionate dal suo seguito (Ultima 7).
Le innovazioni sono tantissime, ma il gameplay non ha ancora quella stupefacente profondità e immediatezza della generazione successiva.
Ultima 6 ci presenta un mondo enorme, liberamente esplorabile, anni luce distante per profondità e credibilità dalle limitate mappe di Dark Sun (ma anche -diciamocelo- da quelle di Baldur’s Gate!!!).
I fondali, non disegnati a mano ma costruiti con oggetti, presentano un’interattività mai vista prima in un gioco per computer, che consente al gioco di raggiunge un realismo fino ad allora inimmaginabile. Basti dire che il motore che muoveva la Britannia di Ultima 6 era talmente avanzato da essere riutilizzato, molti anni dopo, come base per l’engine di Ultima On-line (era il 1997).
La grafica in finestra (e non a schermo intero come nel Dark Sun Engine) ci appare però oggi troppo superata e l’interfaccia, certo rivoluzionaria per quel tempo (il mondo dPC doveva ancora conoscere Windows e già Ultima 6 funzionava esclusivamente tramite mouse!), oggi risulta ostica e toglie moltissimo all’immediatezza del gioco.
Tuttavia, nonostante la scarsa giocabilità odierna del titolo, ad Ultima 6 va riconosciuto il gran merito di aver dimostrato che la grafica isometrica non è funzionale solo ai combattimenti tattici, ma anzi è lo strumento ideale su cui costruire un mondo credibile e raccontare una storia di grandissima profondità.
Ultima 6 è anche uno dei pochissimi giochi di ruolo che conosco che non si conclude con uno “scontro finale contro il super boss”: un’autentica perla, che dona nuova dignità al genere e corona in modo perfetto una storia tutt'altro che banale che affronta in chiave fantasy il tema del razzismo.
LA TERZA GENERAZIONE:
Andando avanti negli anni, notiamo che anche i GdR isometrici tendono a dividersi in due categorie (in base ai loro engine grafici e quindi in base al gameplay che propongono).
Da una parte abbiamo i successori di Dark Sun, prevalentemente caratterizzati da sfondi disegnati a mano o comunque scarsamente interattivi; solitamente incentrati sul combattimento a turni..
Dall’altra parte i successori di Ultima 6, che presentono mondi costruiti “per oggetti”, sempre più dettagliati e credibili e che fanno dell’interattività e della storia la loro bandiera. Spesso lasciando il combattimento e le stats in secondo piano.
La "terza generazione" è inevitabilmente segnata dall'uscita di Ultima 7 Part 1: "The Black Gate" (Origin, 1992). Se confrontate le date, vedete che Ultima 7 esce prima di Dark Sun, pur surclassandolo da ogni punto di vista; limpido esempio di quale scarto tecnologico potesse esistere all'epoca fra un gioco e l'altro. Ecco che Ultima 7 supera di gran lunga ogni aspettativa e segna un nuovo standard di interattività e immersione per i mondi virtuali. Mai come allora un mondo virtuale era stato tanto credibile e affascinante nella sua complessità.
Non mi sembra necessario spendere altre parole su Ultima 7, se non per aggiungere che –ahimè!- non ha avuto il seguito di cloni che era legittimo aspettarsi. E credo che la spiegazione sia abbastanza semplice: non c’è dubbio che sia molto più rapido e meno costoso creare un gioco “alla Dark Sun” piuttosto che un clone di Ultima 7 e non è assolutamente detto che il primo venda meno del secondo!
Due dei pochi cloni all’altezza dei due Ultima 7 Part 1 sono proprio… Ultima 7 Part 2: "Serpent Isle" (1993) e Ultima 8: “Pagan” (Origin, 1994).
Soffermiamoci su Ultima 8; a causa dell’aggiunta di numerosi elementi arcade e di un più generale stravolgimento delle macchine e dei cliché della saga, il gioco è stato bistrattato dai fan di Ultima e si è rivelato un sonoro flop di incassi (tanto è vero che si è perfino arrivati alla cancellazione del suo datadisk, pur praticamente ultimato: Ultima 8: "The Lost Vale"). La verità, credo, è che Ultima 8 è un buon gioco e l’unica sua pecca è di mancare (almeno in parte) proprio nella cura della storia e dei PNG, cioè nei due elementi che più di tutti distinguono la saga di Ultima.
Comunque, per il discorso che qui interessa, rilevo che Ultima 8 rappresenta uno dei punti di arrivo dei GdR isometrici “ad oggetti”, presentando una grafica e delle animazioni di altissimo livello, con un mondo di gioco ricco e dettagliato.
Altri titoli isometrici dotati di una grandissima ambientazione e di un’elevata interattività con l'ambiente circostante sono stati Fallout (Interplay, 1997, e il suo seguito Fallout 2 datato 1998 sivluppato da Black Isle Studios - sì, quelli di Baldur's Gate!), un capolavoro del genere che ogni appassionto di gdr dovrebbe aver giocato, e Arcanum: "Of Steamworks & Magick Obscura" (Sierra – Troika Games, 2001).
Non meno piacevoli e significativi sono Final Fantasy VII (Sqaure, 1997) e Final Fantasy VIII (1999), sui quali però qui non ci si soffermerà, appartenendo anche al genere di JRPG..
Tutti questi titoli possono senz’altro competere ad armi pari con Ultima 7, ma testimoniano anche come si fatichi a fare un vero e proprio ulteriore salto in avanti nel realismo e nell’interattività con il mondo circostante. Da questi punti di vista il capolavoro di Richard Garriott resta probabilmente l'apice del genere.
L’altro filone di questa generazione di GdR isometri è occupato dal mai sufficientemente lodato Infinity Engine, sviluppato dalla BioWare per Baldur’s Gate (Interplay – Black Isle Studios, 1998).
L’Infinity Engine è caratterizzato da un innovativo (e estremamente divertente!) sistema di combattimento in tempo reale, nel quale però si può mettere in pausa per preparare accuratamente la propria strategia. Come era accaduto molti anni primi con Eye of Beholder, ritengo che sia stata la grande semplicità d’uso a fare dell’Infinity Engine un grandioso successo commerciale capace di rilanciare su scala mondiale i GdR isometrici.
L’altra caratteristica di questo innovativo motore di gioco sono, appunto, gli sfondi disegnati a mano. Indubbiamente di una bellezza disarmante, impongo però al gioco un’interattività con l'ambiente di gioco ridotta al minimo; forse perfino inferiore a quella del suo predecessore spirituale Dark Sun (con cui Baldur’s Gate ha innegabilmente moltissimi punti in comune, oltre alla licenza del D&D).
Di certo però in tema di divertiento l'Infinity Engine è un degno successore del Dark Sun Engine e dell'ancora precedente Gold Box Engine, sapendo riprendere la tradizione degli storici titoli SSI e riuscendo a traghettarla con successo nel nuovo millenio.
E’ così che la BioWare si fa carico della decennale eredità della SSI, occupando saldamente il suo posto nel cuore degli appassionati di GdR.
Come da tradizione a Baldur’s Gate seguono numerosi seguiti (divisi fra seguiti veri e propri e data disk) e altri giochi ugualmente basati sull’Infinity Engine. Fra questi vale la pena ricordare almeno il fantastico Planescape (1999) e Icewind Dale (2000), quest'ultimo decisamente più votato al combattimento.
A questo filone dei giochi dotati di una scarsa interattività con l'ambiente di gioco appartengono a pieno titolo i due Diablo (Blizzard, 1996 e 2000), caratterizzati da una vocazione al combattimento in tempo reale ancora più marcata, al punto di collocarli a pieno titolo nella "nuova" categoria degli hack'n'slash. Al riguardo si è discusso a lungo se tale categoria sia una specie del più ampio genere "gioco di ruolo" oppure no. Ma questa discussione ci porta lontano dagli scopi di questo articolo e quindi non l'approfondiremo.
IL FUTURO:
Come ho già detto, l’avvento di sofisticati motori 3D spezza il legame fin qui osservato fra grafica e gameplay.
E, se continuano ad uscire GdR isometrici (basati più o meno completamente su un motore 3D), la tendenza sembra puntare decisamente verso i GdR in terza persona, sulla scia di Morrowind.
I titoli isometrici che sono usciti negli ultimi anni non mi sono sembrati sinceramente innovatori dal punto di vista del gameplay e comunque sono ben noti.
Partendo da Dunegon Siege (Microsoft, 2002), passando per Pool of Radiance: "Ruins of Myth Drannor" (UbiSoft, 2001) e il famoso Temple of Elemental Evil (Atari, 2003), prima trasposizione su computer della celebre e complessa terza edizione del D&D.
È chiaro che la potenza dei nuovi engine 3D sta spostando l'esperienza del gioco di ruolo su computer verso titoli in soggettiva o in terza persona, con risultati grafici indiscutibilmente notevoli e con una capacità evocativa ineguagliabile (vedi Skyrim).
Tuttavia ritengo che la visuale isometrica sia ancora oggi uno strumento preziosissimo in mano ai gamedesigner, sia per rendere al meglio i combattimenti tattici (vedi Baldur's Gate), sia più in generale per costruire dei mondi fantasy davvero credibili e interattivi (vedi Ultima 7).
Se l'obbiettivo è il realismo, il rispetto dei regolamenti originali pen&paper e l'interattività con il mondo, ecco che la visuale isometrica è ancora oggi insuperata. Tanto più quando il mondo non è disegnato a mano, ma costruito "ad oggetti".
Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!
Partono subito col botto i saldi natalizi di GOG.com: per due giorni a partire da oggi la serie classica di Fallout (1, 2 e Tactics) è disponibile allo straordinario prezzo di... 0 euro! Un'occasione da non perdere per mettere sul proprio scaffale virtuale questi gioielli del gioco di ruolo di fine anni '90.
Da non dimenticare che qui su OGI potete anche trovare le traduzioni realizzate dal sottoscritto per tutti e tre i giochi inclusi nell'offerta.
Ma i saldi di GOG non finiscono qui, con riduzioni di prezzo che vanno dal 33% all'80% su un'ampissima selezione di titoli, tra cui System Shock, Paper Please, Dungeon Keeper 2 e molti molti altri.
Le offerte di GOG.com
Discutiamo di portafogli vuoti nell'OGI Forum
Quando Baldur’s Gate uscì nel 1998, era in buona compagnia. Era l’anno videoludico di di Blade Runner, Fallout 2, Oddworld: Abe's Exoddus, MediEvil, Half-Life, Resident Evil 2, The Legend of Zelda: Ocarina of Time (peggio della lista della spesa nd Tsam), e altri titoli interessanti che lasciarono il segno e che, in forma di sequel, in molti casi ci portiamo avanti ancora oggi. Insomma un’annata decisamente positiva e fruttosa... per noi almeno!
Inserirsi in mezzo a questi giganti poteva non essere una cosa semplice, ma per fortuna gli RPG hanno sempre avuto grandi fans. Quella di Baldur’s Gate è una storia incentrata sul GDR fantasy Dungeons & Dragons, il classico gioco di ruolo cartaceo dove si interpreta il ruolo, appunto, di un personaggio scelto o creato dal giocatore (guerriero, mago e così via) all’interno di una storia, ed è ambientato, di conseguenza, nel continente di Faerun del pianeta Abeir-Toril, più precisamente nel territorio della Costa delle Spade. Qui il nostro protagonista dovrà muoversi per dipanare il mistero che cela le sue origini e sventare loschi piani orditi da sconosciuti figuri che lo vedono al centro di intrighi e morti violente.
La serie di Baldur’s Gate è stata creata dalla Bioware basandosi sulle regole di D&D nella loro seconda edizione e conta seguiti ed espansioni tutte per PC (quella intitolata Tales of the Sword Coast è inclusa nell’enhanced), più un “ramo” dedicato alle console sviluppato però da Black Isle Studios, una divisione della Interplay Entertainment, con trame slegate dalla produzione principale.
La serie portò numerose migliorie tecniche nel settore degli RPG per computer, introducendo il nuovo infinity Engine che forniva una visuale isometrica (la classica visuale definita dai tecnici e scienziati “dall’alto” o “a volo d’uccello”) che verrà ripresa anche da altri capolavori del genere tipo, tanto per citarne saccentemente uno, Planescape: Torment.
Se prendiamo come riferimento proprio Baldur’s Gate, in questo tipo di giochi si possono avere quindi nel proprio gruppo o party fino a sei membri, costituendo così dei miniplotoni che possono affrontare ogni evenienza del gioco, a patto di aver costruito un team in cui ci siano membri adatti e con abilità ben distribuite.
Un altro fulcro di tali passatempi ludici è il dialogo; nascendo come giochi “da tavolo” i giocatori in questi dovevano infatti interpretare il proprio personaggio, recitando la parte in cui si dovevano calare, e il parlare con gli altri partecipanti era fondamentale poiché ogni azione del gioco era sottolineata dall’uso della parola.
Tale usanza è stata implementata nella trasposizione elettronica, anziché esserne danneggiata. I dialoghi, infatti, si strutturano in modo che i vari membri del party possano avere un impatto più realistico possibile e, maggiormente verso il protagonista, possa dare via ad affezioni o rancori via via che si va avanti nella narrazione/gioco.
Non è infatti raro vedere un membro del gruppo lasciare i compagni poiché non condivide le scelte o il comportamento del giocatore, come non è difficile conquistare un componente di sesso opposto e stringere legami romantici. Inoltre la presenza di altri elementi nel gruppo da inizio a nuove subquest ad essi legate terminabili, ovviamente, solo se sono ancora nel team.
A distanza di quattordici anni Baldur’s Gates è ancora considerato il miglior gioco del genere, un caposaldo da cui hanno tratto ispirazione decine di altri titoli con fortune alterne questo ha suggerito ad alcuni (malati) appassionati di far rivivere l’epopea e il gioco stesso attraverso un’opera di restauro/ricostruzione dell’originale in modo da farlo riacquistare ai nostalgici e allo stesso tempo permettere ai più giovani di scoprirlo.
Il lavoro se lo è così accaparrato la Overhaul Games che grazie al publisher Atari, una volta terminato, lo ha potuto porre in vendita digitalmente tramite Beamdog, e a quanto pare non è stato un progetto semplice...
Questa nuova versione, denominata Enhanced Edition (da quando CD Project l’ha tirata fuori con The Witcher questa denominazione è un must), è sembrata infattyi avere diversi problemi che hanno minato la lavorazione tra cui, forse il più importante, quello di non riuscire a ritrovare tutti gli assets originali dell’epoca; a detta del capoccia di Overhaul Trent Oster, ne la Bioware ne la EA (attuale proprietaria dell Bioware) sapevano dare indicazioni in merito per cui si è deciso di ricostruire quelli mancanti per poi procedere ad una successiva renderizzazione in HD. Tale lavoro in più, oltre che a far pensare loro ad abbandonare il progetto, ha contribuito a posticipare l’uscita di molti mesi.
Personalmente non so se le cose siano andate veramente così, quello che so e che di problemi ne hanno avuto parecchi; quello che doveva essere un semplice restyling è invece diventato una nuova sfida: riproporre un classico e cercare di migliorarlo. Ci sono riusciti? Vediamo.
Innanzitutto sono stati introdotti tre nuovi NPC/compagni che aggiungono alla trama originale diverse ore di gioco e nuove locations da esplorare. inoltre è stata inserita la modalità “The Black Pits”, una sorta di arena in cui il protagonista deve guadagnarsi la libertà vincendo incontri su incontri e migliorando la propria attrezzatura tra una pausa e l’altra, qualcosa di simile ad un modalità presente in “The Witcher 2”, se l’avete giocato.
Appeal verso questa aggiunta per quanto mi riguarda zero, ma c’è, tanto vale dare notizia della sua esistenza. Naturalmente anche la veste grafica è stata implementata per quel che era possibile, e si limita, per esempio, a qualche effetto grafico in più o la possibilità di un settaggio HD in grado di farlo adattare ai nostri moderni monitor widescreen; completamente nuovi sono, invece, i filmati di intermezzo visualizzabili mentre si attende o riposa nelle locande.
Per quanto riguarda l’ottimizzazione devo dire che qui si vedono un poco le dolenti note; nel giro dei primi sedici giorni, sono stati rilasciati ben cinque update che andavano a correggere diversi bug, glitch e bilanciamenti. Cinque patches sono tante, soprattutto per un gioco del ‘98 e indicano una sottovalutazione del beta testing, a parer mio; se inoltre considerate che ancora oggi c’è della “sporcizia” nel codice tanto che, per esempio, a Candlekeep, la città di partenza dell’avventura, è ancora possibile riscontrare un bug in una casa dove si effettua il training di gruppo, bug che blocca la maggior parte degli NPC alleati e annulla gli ordini a loro impartiti.
Mi carica di nostalgia, invece, vedere alcuni dei propri personaggi “incastrarsi” nei vicoli ciechi delle città quando li si fa muovere in gruppo verso un punto della mappa, un classico “errore” dei giochi di questo tipo.
Per quanto riguarda la storia, ovviamente, tutto è rimasto inalterato. Il nostro eroe, che per l’occasione e stato chiamato Jokonnoh, è un orfano dal passato avvolto dal mistero posto sotto l’ala protettiva del mago Gorion di Candlekeep.
Ci è possibile decidere, al momento dell’avvio dell’avventura, quale sarà il sesso, la razza e la classe di appartenenza; ad incrementare le possibilità di personalizzazione, ci è dato scegliere, tra una serie di ritratti preconfezionati, il volto del nostro personaggio, nonché il colore della pelle, dei capelli, dei vestiti financo al tono della voce, quest’ultima con nuove versioni. Roba da fare invidia a Skyrim! Bene, una volta terminata la creazione dell’eroe, il nostro ammasso di pixel antropomorfi verrà contattato dal mago Gorion che gli ordinerà di preparare in fretta e furia le valige e tenersi pronti a partire.
A questo punto potremo andare diritti al passo successivo o svolgere qualche sidequest sparsa nella città, tanto per prendere confidenza col gioco. In ogni caso una volta riunitici al mago, verremo informati che abbandonare la sicurezza apparente delle mura di Candlekeep è necessario in quanto la nostra vita è in pericolo; in effetti quel paio di delinquenti armati di coltello incontrati mentre girovagavo per la città mi aveva insospettito. Dopo ore di cammino il mago si rende conto di essere proprio un gran Gorion e di essere finito in una trappola dei fantomatici nemici; a questo punto ci verrà suggerito di fuggire (ma va?) mentre il nostro mentore affronterà il gruppo di assalitori rimettendoci le penne.
Dispersi nella campagna verremo avvicinati da Imoen, la nostra amica di infanzia che ci aveva, a nostra insaputa, seguito dalla città, perché alla fine tanto segreto il nostro viaggio mi sa che non era; insieme a lei cominceremo ad esplorare il mondo di “Baldur’s Gate” seguendo le ultime raccomandazioni di Gorion ed allargando il nostro party. Chi ci vuole morto? Cosa nasconde il nostro passato? Quale orribile piano saremo costretti a sventare? La risposta a queste e ad altre domande dovrà essere guadagnata col sudore della nostra fronte e le tendiniti dei nostri polsi!
L’interfaccia di gioco è pressoché identica all’originale, ma leggermente migliorata, e ci da la possibilità di avere a portata di mano le abilità o magie dei vari personaggi, selezionabili in qualsiasi momento, nella parte bassa dello schermo, mentre nel lato sinistro avremo le opzioni meno tattiche, tipo l’inventario, la pausa, il comando riposa, e via dicendo.
La nuova versione è immutata nella difficoltà di gioco, per cui non sperate di fare ore di gioco e non salvare mai; la morte è sempre dietro l’angolo! Imparerete ad usare il tasto “quicksave” con la stessa facilità con la quale respirate e dimenticherete presto il termine “autosave”. Benché sia presente non fateci troppo affidamento o sarete costretti come me a ricominciare il gioco dopo una partita di quasi un’ora... ok ero troppo fiducioso che in questa edizione fosse stata “migliorata” anche questa feature.
La chiave del successo in BGEE e in giochi similari è quella di costruire un party variegato e specializzato poiché ogni classe può essere fondamentale per avanzare nel gioco; per esempio il ladro è indispensabile per aprire serrature, trovare trappole e passaggi nascosti, il chierico è fondamentale per avere il gruppo sempre in forma.
Insomma, questo è un gioco “old School” non sperate di avere salute autorigenerante. Sarà inoltre necessario accumulare “gozilioni” di punti esperienza per salire di livello quindi non vedrete salire il vostro personaggio fino al livello 100 e soprattutto arrivare al livello 2 solo per aver imparato come si estrae la spada dalla fondina. Quasi antesignano di features che troviamo negli RPG moderni potremo vedere armi che si rompono e NPC che si accorgono di tentativi di furto in casa anche se tutt’ora ignoro quale sia la discriminante che faccia scoprire il ladro di turno (roba da regolamento D&D seconda edizione probabilmente).
Per quanto riguarda gli scenari dovete tener conto che si tratta di un restyling di vecchi “fondali” per cui non ci sono particolari lampi di genio artistico e molti degli interni, come le abitazioni, sono riciclati alla nausea, con stessi ambienti e hotspot dove trovare cassapanche e cassetti.
Oggi tale ripetitività sarebbe oggetto di stroncatura da parte di tutte le testate del campo nonché della maggior parte dei videogiocatori (vedi Dragon Age II), ma non bisogna mai dimenticare l’anno di appartenenza.
In conclusione recensire Baldur’s Gate non è semplice come sembra, in fondo è un gioco uscito tredici anni fa, quindi già sviscerato, commentato, criticato, smontato e rimontato a dovere e i giocatori hanno avuto la possibilità di ruminare il titolo per un bel po’ giocandolo ai suoi tempi o recuperandolo più avanti; ciò porta a farmi qualche domanda, soprattutto questa: ne è valsa la pena?
La domanda è legittima in quanto il grosso lavoro di restauro/restyling che è stato fatto, peraltro con poche aggiunte tra cui un multiplayer ancora in beta che per ora supporta solo connessioni dirette tramite indirizzo IP, potrebbero non valere la candela.
Se su Beamdog, infatti, troviamo la “Enhanced Edition” a 19,99 dollari (circa 15 euro) su GOG si può comprare la versione originale completa di espansione a 10,00 dollari (circa 7,50 euro). Fate voi. Ma chiedetevi come il giocatore casual, abituato a ben altri stili e difficoltà di gioco, si approccerà. E, soprattutto, lo approccerà?
BGEE è un gioco SOLO per appassionati, nostalgici e pazienti, gente che non si fa scoraggiare da una decina di game over consecutivi e non si lascia sopraffare dalla bellezza degli scenari e della grafica poiché sono persone che mettono in primo piano le statistiche invece dei poligoni e che hanno molto tempo da dedicare all’esperienza videoludica.
In quanti sono là fuori? E quanti di quelli che lo hanno già giocato saranno disposti a pagare il doppio per rigiocarlo in una versione solamente migliorata ma pressoché identica? Secondo me, che sono il signor distrugginessuno, è stata una scommessa azzardata, vedremo se, come tutte le scommesse di questo tipo, pagheranno il doppio.
Accostarsi a “Fallout” senza la riverenza che si prova verso i grandi classici è davvero impossibile. Fulgido esempio del genere, l'rpg della Interplay è un titolo figlio dei suoi tempi, quando era più frequente imbattersi in produzioni rivolte al cosiddetto target 'hardcore'.
In effetti, tale natura rivela tanto i punti di interesse quanto i fattori che potrebbero, per così dire, respingere chi lo approccia oggi per la prima volta. Per quanto riguarda gli elementi a favore troviamo un'atipica ambientazione post-apocalittica, inusuale nei gdr classici, che costituisce l'ottimo sfondo di una trama raccontata freddamente e caratterizzata da una progressione molto scarsa. Nel selvaggio mondo di gioco, il protagonista è chiamato a esplorare, risolvere dispute, combattere e stringere alleanze, il tutto attraverso un sistema di scelte piuttosto evoluto.
A volte ritornano..è proprio il caso di dirlo. E qui stiamo parlando di una delle software house che hanno fatto la storia degli rpg su pc: capolavori come Fallout, Planescape Torment e Icewind Tale probabilmente non hanno bisogno di presentazioni e sapere che potremmo rivivere quegli anni ci fa correre un old brivido sulla schiena.
Certo, le voci di corridoio parlando di un recupero delle vecchie ip Interplay (il che non è bene) e molte delle vecchie glorie si sono accasate altrove (e anche questo è male), però permettete al cuore di questo vecchio oldgamer di battere ancora con una piccola speranza.
E come si dice..chi vivrà vedrà..
Il sito (nuovo) di Black Isle Studios
Valutazioni da oldgamers +3 carisma sull'Ogi Forum
Se avevate qualche dubbio sul fatto che GoodOldGames (ora Gog) potesse diventare il vostro sito di riferimento per qualsiasi videogioco nella vostra vita, beh, da oggi non dovrete più averne.
Sul sito in questione infatti è possibile accaparrarsi gratuitamente il primo episodio della serie Fallout, uno dei migliori rpg mai usciti sui nostri amati pc; qualora foste poi ancora qui a leggere questa news (e non siete ancora corsi a prenderlo), vi ricordiamo che per giocarlo in italiano è sufficiente utilizzare la patch del nostro mitico Ragfox.
Ok, ora potete andare a vivere la vostra avventura!
La pagina di Fallout su Gog (dove prendere Fallout)
La patch per giocarlo in italiano
Per aprire la mascella dalla gioia sul nostro Ogi Forum
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Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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