Per giochi di ruolo isometrici si intende quei giochi in cui l’azione viene visualizzata "a volo d’uccello", con la telecamera posta in alto e leggermente inclinata.
Questo tipo di impostazione grafica riflette solitamente (ma non sempre, vedi Ultima 7) un gameplay incentrato sul combattimento tattico, solitamente a turni.
Senza dimenticarsi però che, agli albori del genere, quando i limiti tecnici erano più stretti, la visuale isometrica ha consentito ai gamedesinger di portare l’avventura fuori dagli angusti limiti dei dungeon, nelle sconfinate terre aperte del fantasy!
LE ORIGINI:
Anche in questo caso, come per i gdr in soggettiva, preferisco non sbilanciarmi troppo sulle origini del “genere”. Non avendo avuto modo di giocare i primi giochi isometrici al momento della loro pubblicazione, li ho in seguito trovati poco appetibili per rigiocarli, a causa dei limiti grafici e delle interfacce ostiche. E quindi non li conosco molto.
Mi limito qui a segnalare alcuni capostipiti interessanti, che comunque reputo degni di una prova.
Il primo da citare è ovviamente Ultima I: "The First Age of Darkness" (Origin, 1981), che utilizzava la visuale isometrica per l’esplorazione degli esterni e delle città. Il gioco è l'ennesimo esempio di come i limiti tecnici andassero a incidere sul gameplay; tanto è vero che Richard Garriott si risolse ad usare la visuale "isometrica" per gli esterni e quella in soggettiva per i dungeon (più, ovviamente, quella ad hoc per lo spazio - per i temerari che l'hanno portato a termine!).
Ad ogni tipologia di gameplay la sua impostazione grafica.
La vera pietra miliare di questa prima generazione di giochi di ruolo isometrici è però indiscutibilmente lo storico e bellissimo Pool of Radiance (Strategic Simulations, Inc. – 1988). Il gioco fu il primo di quattro indimenticabili titoli costruiti dalla SSI utilizzando il "Gold Box Engine": Curse of the Azure Bonds (1989), Secret of the Silver Blades (1990), and Pools of Darkness (1991), a cui seguirono altri titoli ancora negli anni seguenti. Anche il Gold Box Engine utilizza la prima persona in soggettiva per l'esplorazione dei dungeon e la visuale isometrica per i combattimenti (all'aperto e al chiuso).
La saga iniziata con Pool of Radiance resta celebre, oltre che per la profondità di gioco e l'ottimo gameplay, per essere il primo titolo in assoluto a utilizzare la licenza ufficiale di D&D, che la TSR aveva concesso alla SSI dopo aver constatato il grande successo della saga di Ultima.
Giusto per curiosità, credo valga la pena aggiungere che fra le società che richiesero alla TSR i diritti del AD&D c'erano anche la EA (aaargh!) e la Sierra.
LA SECONDA GENERAZIONE:
La strada aperta da Pool of Radiance viene percorsa negli anni dalla SSI con grande maestria, ma senza la forza e la capacità di innovare veramente: si continuava a fare quello che si era sempre fatto, soltanto con qualche miglioria grafica e strutturale minore.
Tuttavia il loro Dark Sun: Shattered Lands (1993), pur realizzato con un motore nuovo ma ancora acerbo (il Dark Sun Engine), è un notevole passo avanti. Sia per il netto salto di qualità nella grafica, sia –soprattutto- per l’ottimo sistema di combattimento, che riproduceva in modo fedele (e divertente!) le regole dell’AD&D.
Il mondo di gioco (per quanto costruito “ad oggetti” e non con fondali disegnati) era ancora ben poco manipolabile, però il gioco era avvincente e riusciva a raccontare in modo soddisfacente la sua storia, riproducendo in modo fedele la bellissima ambientazione di gioco.
I giochi che seguirono, anche da parte di altre SH, non si discostarono troppo da questo schema.
Vale forse la pena segnalare anche gli altri giochi, sempre della SSI, basati sempre sul Dark Sun Engine, perché anche questi offronto un more of the same decisamente divertente e all'altezza delle aspettative; si tratta di: Dark Sun 2: "Wake of the Ravager" (1994 - leggendario e difficilissimo il suo colossale scontro finale!), Al-Quadim: "The Genie’s Curse" (1994) e Entomorph: "Plague of the Darkfall" (SSI, 1995). Quest'ultimo è un ottimo titolo che conclude però con un grosso insuccesso commerciale l'esperienza del Dark Sun Engine, nonostante la bella trama, l'alta risoluzione introdotta dal gioco e il supporto del CD-Rom e quindi di un comparto tecnico all'avanguardia. Tutti questi titoli dimostrano come, anche per i gdr isometrici, ci sono voluti molti anni per recepire le novità introdotte da altre SH più intraprendenti.
Da non dimenticare, quando si parla dei giochi SSI dgli anni '90 l'importante e innovativo MMRPG Dark Sun Online: "Crimson Sands" (praticamente sconosciuto qui in italia).
Un titolo estremamente significativo di questa “seconda generazione” di giochi di ruolo isometrici è rappresentato sicuramente da Ultima 6: "The False Prophet". Datato 1990 (e quindi antecedente al Dark Sun Engine), il gioco della Origin apre con il suo motore grafico nuove strade, che saranno poi battute e perfezionate dal suo seguito (Ultima 7).
Le innovazioni sono tantissime, ma il gameplay non ha ancora quella stupefacente profondità e immediatezza della generazione successiva.
Ultima 6 ci presenta un mondo enorme, liberamente esplorabile, anni luce distante per profondità e credibilità dalle limitate mappe di Dark Sun (ma anche -diciamocelo- da quelle di Baldur’s Gate!!!).
I fondali, non disegnati a mano ma costruiti con oggetti, presentano un’interattività mai vista prima in un gioco per computer, che consente al gioco di raggiunge un realismo fino ad allora inimmaginabile. Basti dire che il motore che muoveva la Britannia di Ultima 6 era talmente avanzato da essere riutilizzato, molti anni dopo, come base per l’engine di Ultima On-line (era il 1997).
La grafica in finestra (e non a schermo intero come nel Dark Sun Engine) ci appare però oggi troppo superata e l’interfaccia, certo rivoluzionaria per quel tempo (il mondo dPC doveva ancora conoscere Windows e già Ultima 6 funzionava esclusivamente tramite mouse!), oggi risulta ostica e toglie moltissimo all’immediatezza del gioco.
Tuttavia, nonostante la scarsa giocabilità odierna del titolo, ad Ultima 6 va riconosciuto il gran merito di aver dimostrato che la grafica isometrica non è funzionale solo ai combattimenti tattici, ma anzi è lo strumento ideale su cui costruire un mondo credibile e raccontare una storia di grandissima profondità.
Ultima 6 è anche uno dei pochissimi giochi di ruolo che conosco che non si conclude con uno “scontro finale contro il super boss”: un’autentica perla, che dona nuova dignità al genere e corona in modo perfetto una storia tutt'altro che banale che affronta in chiave fantasy il tema del razzismo.
LA TERZA GENERAZIONE:
Andando avanti negli anni, notiamo che anche i GdR isometrici tendono a dividersi in due categorie (in base ai loro engine grafici e quindi in base al gameplay che propongono).
Da una parte abbiamo i successori di Dark Sun, prevalentemente caratterizzati da sfondi disegnati a mano o comunque scarsamente interattivi; solitamente incentrati sul combattimento a turni..
Dall’altra parte i successori di Ultima 6, che presentono mondi costruiti “per oggetti”, sempre più dettagliati e credibili e che fanno dell’interattività e della storia la loro bandiera. Spesso lasciando il combattimento e le stats in secondo piano.
La "terza generazione" è inevitabilmente segnata dall'uscita di Ultima 7 Part 1: "The Black Gate" (Origin, 1992). Se confrontate le date, vedete che Ultima 7 esce prima di Dark Sun, pur surclassandolo da ogni punto di vista; limpido esempio di quale scarto tecnologico potesse esistere all'epoca fra un gioco e l'altro. Ecco che Ultima 7 supera di gran lunga ogni aspettativa e segna un nuovo standard di interattività e immersione per i mondi virtuali. Mai come allora un mondo virtuale era stato tanto credibile e affascinante nella sua complessità.
Non mi sembra necessario spendere altre parole su Ultima 7, se non per aggiungere che –ahimè!- non ha avuto il seguito di cloni che era legittimo aspettarsi. E credo che la spiegazione sia abbastanza semplice: non c’è dubbio che sia molto più rapido e meno costoso creare un gioco “alla Dark Sun” piuttosto che un clone di Ultima 7 e non è assolutamente detto che il primo venda meno del secondo!
Due dei pochi cloni all’altezza dei due Ultima 7 Part 1 sono proprio… Ultima 7 Part 2: "Serpent Isle" (1993) e Ultima 8: “Pagan” (Origin, 1994).
Soffermiamoci su Ultima 8; a causa dell’aggiunta di numerosi elementi arcade e di un più generale stravolgimento delle macchine e dei cliché della saga, il gioco è stato bistrattato dai fan di Ultima e si è rivelato un sonoro flop di incassi (tanto è vero che si è perfino arrivati alla cancellazione del suo datadisk, pur praticamente ultimato: Ultima 8: "The Lost Vale"). La verità, credo, è che Ultima 8 è un buon gioco e l’unica sua pecca è di mancare (almeno in parte) proprio nella cura della storia e dei PNG, cioè nei due elementi che più di tutti distinguono la saga di Ultima.
Comunque, per il discorso che qui interessa, rilevo che Ultima 8 rappresenta uno dei punti di arrivo dei GdR isometrici “ad oggetti”, presentando una grafica e delle animazioni di altissimo livello, con un mondo di gioco ricco e dettagliato.
Altri titoli isometrici dotati di una grandissima ambientazione e di un’elevata interattività con l'ambiente circostante sono stati Fallout (Interplay, 1997, e il suo seguito Fallout 2 datato 1998 sivluppato da Black Isle Studios - sì, quelli di Baldur's Gate!), un capolavoro del genere che ogni appassionto di gdr dovrebbe aver giocato, e Arcanum: "Of Steamworks & Magick Obscura" (Sierra – Troika Games, 2001).
Non meno piacevoli e significativi sono Final Fantasy VII (Sqaure, 1997) e Final Fantasy VIII (1999), sui quali però qui non ci si soffermerà, appartenendo anche al genere di JRPG..
Tutti questi titoli possono senz’altro competere ad armi pari con Ultima 7, ma testimoniano anche come si fatichi a fare un vero e proprio ulteriore salto in avanti nel realismo e nell’interattività con il mondo circostante. Da questi punti di vista il capolavoro di Richard Garriott resta probabilmente l'apice del genere.
L’altro filone di questa generazione di GdR isometri è occupato dal mai sufficientemente lodato Infinity Engine, sviluppato dalla BioWare per Baldur’s Gate (Interplay – Black Isle Studios, 1998).
L’Infinity Engine è caratterizzato da un innovativo (e estremamente divertente!) sistema di combattimento in tempo reale, nel quale però si può mettere in pausa per preparare accuratamente la propria strategia. Come era accaduto molti anni primi con Eye of Beholder, ritengo che sia stata la grande semplicità d’uso a fare dell’Infinity Engine un grandioso successo commerciale capace di rilanciare su scala mondiale i GdR isometrici.
L’altra caratteristica di questo innovativo motore di gioco sono, appunto, gli sfondi disegnati a mano. Indubbiamente di una bellezza disarmante, impongo però al gioco un’interattività con l'ambiente di gioco ridotta al minimo; forse perfino inferiore a quella del suo predecessore spirituale Dark Sun (con cui Baldur’s Gate ha innegabilmente moltissimi punti in comune, oltre alla licenza del D&D).
Di certo però in tema di divertiento l'Infinity Engine è un degno successore del Dark Sun Engine e dell'ancora precedente Gold Box Engine, sapendo riprendere la tradizione degli storici titoli SSI e riuscendo a traghettarla con successo nel nuovo millenio.
E’ così che la BioWare si fa carico della decennale eredità della SSI, occupando saldamente il suo posto nel cuore degli appassionati di GdR.
Come da tradizione a Baldur’s Gate seguono numerosi seguiti (divisi fra seguiti veri e propri e data disk) e altri giochi ugualmente basati sull’Infinity Engine. Fra questi vale la pena ricordare almeno il fantastico Planescape (1999) e Icewind Dale (2000), quest'ultimo decisamente più votato al combattimento.
A questo filone dei giochi dotati di una scarsa interattività con l'ambiente di gioco appartengono a pieno titolo i due Diablo (Blizzard, 1996 e 2000), caratterizzati da una vocazione al combattimento in tempo reale ancora più marcata, al punto di collocarli a pieno titolo nella "nuova" categoria degli hack'n'slash. Al riguardo si è discusso a lungo se tale categoria sia una specie del più ampio genere "gioco di ruolo" oppure no. Ma questa discussione ci porta lontano dagli scopi di questo articolo e quindi non l'approfondiremo.
IL FUTURO:
Come ho già detto, l’avvento di sofisticati motori 3D spezza il legame fin qui osservato fra grafica e gameplay.
E, se continuano ad uscire GdR isometrici (basati più o meno completamente su un motore 3D), la tendenza sembra puntare decisamente verso i GdR in terza persona, sulla scia di Morrowind.
I titoli isometrici che sono usciti negli ultimi anni non mi sono sembrati sinceramente innovatori dal punto di vista del gameplay e comunque sono ben noti.
Partendo da Dunegon Siege (Microsoft, 2002), passando per Pool of Radiance: "Ruins of Myth Drannor" (UbiSoft, 2001) e il famoso Temple of Elemental Evil (Atari, 2003), prima trasposizione su computer della celebre e complessa terza edizione del D&D.
È chiaro che la potenza dei nuovi engine 3D sta spostando l'esperienza del gioco di ruolo su computer verso titoli in soggettiva o in terza persona, con risultati grafici indiscutibilmente notevoli e con una capacità evocativa ineguagliabile (vedi Skyrim).
Tuttavia ritengo che la visuale isometrica sia ancora oggi uno strumento preziosissimo in mano ai gamedesigner, sia per rendere al meglio i combattimenti tattici (vedi Baldur's Gate), sia più in generale per costruire dei mondi fantasy davvero credibili e interattivi (vedi Ultima 7).
Se l'obbiettivo è il realismo, il rispetto dei regolamenti originali pen&paper e l'interattività con il mondo, ecco che la visuale isometrica è ancora oggi insuperata. Tanto più quando il mondo non è disegnato a mano, ma costruito "ad oggetti".
Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!
Septerra Core, un gdr di ispirazione consolara sviluppato dalla defunta Valkyrie Studios, ci trasporta su un pianeta la cui crosta è divisa in sette strati; ogni 1000 anni essi si dispongono in modo tale da esporre il nucleo del pianeta alla luce solare, e questo permette a chi possiede le Chiavi del Nucleo (Core Keys) di ottenere, si dice, grande potere. Inutile dire che noi dovremo impedire che le Chiavi – e di conseguenza il Potere del Creatore – finiscano nelle mani sbagliate.
Uno degli aspetti più affascinanti di Septerra Core è sicuramente il background: Septerra è un pianeta “costruito” come un orologio dal perfetto funzionamento, i cui strati – chiamati “gusci” (shells) nel gioco – ruotano attorno al nucleo in perfetta armonia, finché, ogni mille anni, non si dispongono in modo tale da lasciare che un solo raggio di sole arrivi fino al nucleo, raggio di sole che serve a “dare la carica” al mondo di Septerra per i prossimi mille anni.
Noi impersoneremo Maya, una ragazza proveniente dal secondo strato che per vari accidenti si trova invischiata nella missione per salvare il pianeta. Assieme a lei esploreremo tutti gli strati, e incontreremo una pletora di personaggi diversissimi fra loro. Qui è dove Septerra Core è al suo meglio, beanché non sempre sia particolarmente originale.
I vari strati sono molto diversi fra loro; il primo, quello più lontano dal nucleo, è una specie di Eden bellissimo abitato dai Prescelti, che gettano la propria spazzatura sullo strato inferiore. Il secondo, quello da cui parte Maya, è a metà fra il deserto post-apocalittico, con piccole tribù divise in villaggi che campicchiano ricavando quel che possono dai rifiuti, e lo steampunk. Andando ancora più in basso si arriva a strane giungle colorate e a città molto simili a Midgar, di Final Fantasy 7.
Anche il mix di personaggi che incontreremo ricorda parecchio un Final Fantasy a caso: Maya è una pistolera, ma andando avanti a lei si uniranno robot, bestie selvagge, spadaccini e maghi, in un miscuglio che non sempre ha una propria logica (viene da chiedersi perché mai uno debba girare con la spada quando ha a disposizione un mitra, per esempio, e come faccia tale personaggio a picchiare meglio di tutti gli altri, compreso quello che lancia bombe).
Purtroppo il fascino dell'ambientazione e dei personaggi diminuisce parecchio non appena qualcuno, nel gioco, apre la bocca. Non mi riferisco al doppiaggio – sul quale tornerò più avanti – ma al livello di scrittura. La trama, di per sé non originalissima, è anche molto superficiale. Ci viene detto che dobbiamo salvare il pianeta perché il Cattivo sta facendo X e Y, ma nessuno dei personaggi s'interroga granché sulla questione. Per alcuni di essi, questo è comprensibile, perché il loro background li giustifica, ma per esempio, non accade mai che Maya si fermi un secondo a pensare “ok, perché tocca a me questa rogna?”.
Il livello dei dialoghi è, possibilmente, anche peggiore. Molti personaggi hanno buone premesse, ma queste vengono troppo spesso buttate al vento da dialoghi colmi di cliché, o insensati, e da mini-quest personali scipite e noiose. La parte paradossale, in tutto questo, è che quasi tutti riescono a risaltare più di Maya: tutti hanno la loro storia, il loro obiettivo personale nella faccenda, il loro percorso di maturazione, per quanto mal sviluppato e superficiale. Maya... no. Lei va avanti sempre uguale dall'inizio alla fine, benché si cerchi di mostrare qualche suo lato un po' più profondo (per esempio, nonostante sia una donna “forte”, non ricade nello stereotipo della figura femminile che spacca tutto e tutti). Nel complesso, però, nessuno dei personaggi è indimenticabile.
Ma il vero difetto del gioco, la vera piaga che vi farà desiderare di non averci mai messo le mani sopra, è il combattimento. Il combattimento è in parte ripreso, anch'esso, da un Final Fantasy vecchio stampo: è più-o-meno-circa a turni. I vostri tre personaggi – potrete portarne solo tre con voi – avranno una barretta divisa in tre tacche, che si riempie piano piano col,passare del tempo. Più aspetterete, più la barretta si riempie, più è potente l'attacco che avrete a disposizione. Una volta che un personaggio avrà attaccato, la barra tornerà a zero e ricaricherà.
Anche i nemici seguono lo stesso processo, anche se le loro barre sono a voi invisibili. Quando un personaggio, che sia un vostro compagno o un nemico, eseguirà una mossa qualsiasi, tutte le barre andranno in pausa mentre voi assisterete a una piccola (e brutta) animazione. Appena tale mossa sarà finita le barre ricominceranno a riempirsi, e via di questo passo.
Tutto questo si traduce in una continua, tediosa, allucinante, ATTESA. Il combattimento inizia e voi aspettate che i pg si posizionino. Poi aspettate che si alzino le barre, almeno fino alla prima tacca, altrimenti non potete fare niente (compreso fuggire, andare al menu, o altro). La barra di Maya finalmente raggiunge la prima tacca ma ops, il nemico vi ha preceduto di due millisecondi. Aspettate mentre fa la sua animazione. Aspettate che torni in posizione. Cliccate su Maya, selezionate l'attacco. Aspettate che lei faccia la sua, di animazione. Aspettate che torni in posizione. Aspettate che un altro pg riempia la propria barra.
Sì, va avanti così.
Sì, va avanti così per tutti i combattimenti, non solo per i boss.
Sì, il gioco è PIENO di combattimenti INUTILI.
Quando dico che è pieno, intento dire che qualsiasi area è costellata di incontri da quattro soldi, cioè quei nemici fatti solo per farvi fare esperienza. Non potete fare due passi senza incontrarne uno, sono messi davvero ad arte. A volte potete evitarli camminandoci attorno, ma non spesso. Una volta ripulita l'area potete stare tranquilli... finché non cambiate area: se tornate indietro, i mostri saranno tutti respawnati. Tutti. Anche il più stupido e inutile dei combattimenti, a questo modo, può durare la bellezza di cinque minuti, solo perché i nemici hanno abbastanza HP da tenervi occupati. E non c'è neanche un vero e proprio intento tattico o strategico, dietro questa scelta assurda: il 99% dei combattimenti sono facilissimi, solo i boss vi faranno penare. A dirla tutta, la parte tattico-strategica è assente da qualsiasi aspetto del gioco: i personaggi salianno di livello automaticamente, e non potrete scegliere né abilità, né specializzazione, né niente.
Questo tipo di gameplay non solo è oltremodo tedioso fino alla morte (vostra. Per suicidio), quanto rende la già debole storia molto frammentata, perché dovrete fare centomila combattimenti stupidi, noiosi e tutti uguali prima di avere un pezzettino di storia, peraltro mal narrata. Dopo una decina di ore di gioco io avevo perso ogni interesse in Maya e nelle sue avventure, a malapena ricordavo che cosa stavo cercando nella città in cui ero.
A questo si aggiunge il fatto che il gioco è molto lineare e vi costringe, bene o male, a esplorare l'esplorabile. Ci sono anche missioni secondarie che potete evitare di portare a termine, ma l'area con i diecimila nemici ve la dovrete sorbire, punto.
Due parole sul sistema magico. Anche questo parte da buone premesse: in Septerra Core il “mana” è chiamato “core energy” (energia del nucleo) ed è dato da alcuni aggeggi che i pg possono portarsi dietro. La quantità di core energy dei singoli pg viene sommata per creare il totale dei core energy, che è quella utilizzabile per fare magie. Per esempio: se Maya ha 5 core energy, e l'amico Grubb ne ha altri 5, i due hanno 10 punti di core energy a disposizione. Se Maya vuole lanciare la magia di cura, che richiede 9 core energy... può farlo, perché i 10 punti sono a disposizione del gruppo. Ovviamente, poi resterà un solo punticino e non sarà possibile fare altre magie per un po'.
Le magie in questione sono delle carte collezionabili che Maya trova in giro, e che possono essere combinate fra loro per ottenere degli incantesimi particolari. Per esempio, Maya può usare la carta dello Scudo, e Grubb nello stesso turno la carta del Fuoco, per creare uno Scudo di resistenza al Fuoco.
E' anche possibile evocare entità di vario tipo da schierare a fianco del nostro gruppo in combattimento.
Dal punto di vistra grafico, purtroppo, c'è poco di bello da dire. I modelli dei personaggi sono bellini, finché stanno fermi, ma le animazioni sono proprio bruttarelle, anche per un titolo dell'epoca. Alcuni dei background sono molto belli, altri grigi e ripetitivi. In ogni caso, non è possibile alzare la risoluzione del gioco, così che il tutto risulta anche più bruttino di quanto non sia realmente (è fissa su un 640x480).
Il sonoro è migliore, anche se non ricorderete nessuna musica in particolare – tranne forse quella che fa da sfondo ai combattimenti, che vi farà venire il vomito dopo 4 ore di gioco in cui la sentirete quasi ininterrottamente. Gli effetti sonori sono senza infamia e senza lode, alcuni particono un po' in ritardo, mentre altri sono perfetti. Nota semi-negativa per il doppiaggio: di solito oscilla fra il decente e il brutto, con picchi di assoluto orrore e qualche punta di eccellenza.
Avevo iniziato Septerra Core con la speranza di trovare una specie di Final Fantasy “in piccolo”, ma le mie aspettative sono state un po' troppo deluse. Il 90% del gioco, cioè il combattimento, è tedioso, brutto e sopratutto del tutto inutile ai fini del gioco stesso, e la storia e i personaggi non sono abbastanza interessanti e ben sviluppati da bilanciare questa noia mortale.
Vi proponiamo oggi la traduzione di un pezzo scritto da Chris "Artful Gamer", autore di un blog dove potete trovare diversi spunti di riflessione interessanti e che siamo sicuri potrà diventare uno dei vostri punti di riferimento nel prossimo futuro qualora amiate leggere qualcosa che vada aldilà di semplici recensioni o soluzioni.
In "La gioia nevrotica del giocare", sapientamente tradotto da The Ancient One, analizzeremo infatti il cosa e il perchè ci spinge a giocare, a prendere in mano giorno dopo giorno quegli strumenti fondanti della nostra passione.
Curiosi di conoscere la risposta? Non vi resta che proseguire nella lettura..
Con “sindrome di Superman” in rete si tende a parlare un po’ di tutto, dal fare soldi sulla pelle degli altri al superare i propri limiti, con un evidente richiamo al superuomo nietzscheano più che al personaggio ideato da Siegel & Shuster; al contrario quella che interessa noi videogiocatori, da sempre nerds impenitenti, è proprio la sindrome dell’ultimo figlio di Kripton: chi è l’unico che in tutta la storia dei fumetti sia stato in grado di sconfiggere Superman?
Superman stesso, o meglio i suoi (troppi) super-poteri: come si possono infatti rendere interessanti ed avvincenti le storie di un protagonista praticamente onnipotente ed immortale?
Inizialmente la DC Comics rispose a questo dilemma semplicemente aggiungendo nuovi poteri ad ogni numero di Superman/Nembo Kid (tra i quali vale la pena di ricordare il “super-ventriloquio” e la “super-memoria”…), ma dopo 50 anni di pubblicazioni potete immaginare quanto il personaggio fosse divenuto ingestibile ; così nel 1986 ne vennero riscritte le origini: i Kent non erano più morti, i poteri di Clark comparvero man mano crescendo e, soprattutto, erano limitati. Ma anche questo non risolse il problema, e dopo neanche 7 anni si arrivò alle estreme conseguenze: Supes venne di nuovo ucciso (stavolta anche narrativamente) e fatto ritornare dopo un lungo ciclo per dimostrarne la battibilità e definirne ancora meglio i limiti.
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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