Perché non piango se un robot muore
Nostalgia in Planetfall

Ogni volta che fra videogiocatori della mia età, o un po' più anziani, si parla di Planetfall (l'avventura testuale della Infocom) qualcuno tira inevitabilmente fuori il suo rapporto con Floyd, un piccolo robot che per la maggior parte del gioco è il vostro unico compagno. Floyd vi segue per il pianeta abbandonato, con occasionali commenti da saccente e aiutandovi di quando in quando. Tuttavia, in un momento climatico del gioco, Floyd (e qui cito Wikipedia) compie il sacrificio definitivo, donando la sua vita per recuperare dal Biolab l'essenziale Scheda di Miniaturizzazione.

Negli ultimi anni la morte di Floyd nel Biolab è diventata una pietra angolare delle emozioni nei videogiochi. E ormai è spesso citata come momento cruciale nel percorso di maturazione dei videogiochi, insieme (ovviamente) alla morte di Aerith in Final Fantasy VII (per esempio, nei commenti degli 11 Momenti Da Nerd che Vi Faranno Sicuramente Piangere, alcuni menzionano Floyd, affiancandolo a tutti gli effetti la sua morte a quella di Spock in Star Trek o a quella di Gandalf nel Signore degli Anelli). La morte di un personaggio è ormai un aspetto degno di celebrazione nella mitologia dei videogiocatori.

In questo articolo intendo smontare questa falsa nostalgia, che ha santificato una delle parti meno importanti di Planetfall, oscurando ciò che davvero rende quel gioco una delle avventure testuali più importanti mai create.




La Terra di Tamir
Il Parser Testuale come Gioco

Cara Mamma,

Pessime notizie. Ti scrivo da una piccola magione ubicata da qualche parte nel Tamir meridionale e mi sono bloccato. Nel soffitto c'è una botola che non riesco a raggiungere. Ho provato a spostare i mobili, ma non me lo lascia fare. Ho provato a saltare, ma la gonna che indosso non è adatta a questo genere di acrobazie. Nell'inventario ho cianfrusaglie di tutti i tipi, ma niente che funzioni. E, come se non bastasse, ho impiegato anche un sacco di tempo per arrivare fin qui: è come se il mondo non mi lasciasse fare niente di quel che provo a fare.




La gioia nevrotica del giocare
Titolo originale: The Neurotic Joy of Gaming

Vi proponiamo oggi la traduzione di un pezzo scritto da Chris "Artful Gamer", autore di un blog dove potete trovare diversi spunti di riflessione interessanti e che siamo sicuri potrà diventare uno dei vostri punti di riferimento nel prossimo futuro qualora amiate leggere qualcosa che vada aldilà di semplici recensioni o soluzioni.

In "La gioia nevrotica del giocare", sapientamente tradotto da The Ancient One, analizzeremo infatti il cosa e il perchè ci spinge a giocare, a prendere in mano giorno dopo giorno quegli strumenti fondanti della nostra passione.

Curiosi di conoscere la risposta? Non vi resta che proseguire nella lettura..