Zork II, Parte 1
The Digital Antiquarian (la traduzione ufficiale italiana)

 
Bentornati cari esploratori tra le pagine più avventurose (e polverose) dai tempi di U.S. News and Dungeon Report. Siete bramosi di nuove avventure e non riuscite più a dormire alla pallida luce delle stelle e della luna? Ebbene, non temete, perché stiamo per tornare nel mondo sotterraneo, il dominio dell'incredibile Mago di Frobozz! Dunque è finalmente giunto il momento di esplorare Zork II: The Wizard of Frobozz! Pregustate allora il secondo capolavoro di Infocom attraverso le dotte parole dell'Antiquario Digitale, mentre la nostra attesissima traduzione è ormai prossima alla pubblicazione...
(qualcuno ha detto beta testing?)
 
 L'invidiabile lista degli articoli del ciclo Infocom:
 
Zork II, Parte 1
Zork II, Parte 2
– Lo Zork User Group
Zork III, Parte 1
Zork III, Parte 2
 
Riprendete la vecchia lanterna, si torna nel regno sotterraneo di Zork!
 
Festuceto

C’è un fenomeno, di cui noi appassionati di musica parliamo spesso, chiamato “sophomore slump” [“Il secondo album è sempre il più difficile” (Caparezza); ndAncient]. Prima di firmare con una casa discografica e di registrare il proprio primo album, le band in genere passano anni a perfezionare la propria arte e a forgiare la propria identità musicale. E, quando alla fine entrano in studio per la prima volta, sanno esattamente chi sono e che cosa li ha portati fin lì, e hanno anche a disposizione la crema di tutti quegli anni di scrittura di canzoni: rifinite, suonate e risuonate, e testate davanti al pubblico. Però, quando arriva il momento del secondo album (e che arrivi non è una cosa scontata!), le cose di colpo si fanno molto più incerte. Tutte quelle grandi canzoni che li definivano sono già state usate nell’album precedente e ora non resta che frugare nel materiale che era stato scartato dal primo album e/o creare del materiale nuovo (ma stavolta con dei limiti di tempo che fino ad allora non avevano mai avuto). A questo si aggiunge che, solitamente, in quella circostanza insorge anche una specie di crisi esistenziale. Che tipo di band vogliono essere? Intendono continuare con il sound che hanno avuto fin qui, oppure vogliono spingersi oltre e diventare più sperimentali? In molti scelgono di percorrere entrambe le strade, producendo album altalenanti, che non riescono a fare fino in fondo nessuna delle due cose, e pieni di canzoni e di esecuzioni che (seppur spesso realizzate con perizia) mancano di quella scintilla di originalità che li aveva contraddistinti in precedenza.
 
Vedo un po’ di questo in Zork II: The Wizard of Frobozz. Lebling e la Infocom con questo gioco hanno fatto altri significativi passi in avanti, iniziando ad andare oltre la struttura “raccogli i tesori per fare punti” del primo gioco, ma nel complesso il tutto risulta un po’ indefinito. Il parser e il world-modeling della Infocom restano distanti anni luce da tutto quello che gli altri stavano producendo, ma non hanno più lo stesso “effetto shock” di quando li si osservava per la prima volta. La scrittura diviene più pungente, più divertente, e più uniforme nel tono, ma (almeno nella prima release che esamineremo noi) il gioco soffre un po’ della necessità di uscire prima di Natale, con un insolito (almeno per la Infocom) numero di bug, di glitch, e di frustrazioni varie legate al parser. Ci sono degli enigmi meravigliosi, accanto ad altri enigmi (molti più che in Zork I, in effetti) che avrebbero bisogno di una messa a punto per diventarlo a loro volta; ma ci sono anche delle castronerie assurde, incluse due tra le più universalmente detestate dell'intero canone Infocom. Sono la prova che, anche se Lebling sentiva di dover rendere Zork II più difficile del suo predecessore, non era ancora certo di quale fosse il modo migliore per farlo. E così, come accade a molti secondi album, Zork II è un miscuglio di cose diverse. Può essere visto in molti modi diversi, a seconda di cosa si intende enfatizzare, e (in conseguenza di ciò) troverete molti giudizi contrastanti sul suo valore complessivo.

 
Come ho fatto con Zork I, vi condurrò in un piccolo tour di Zork II. La mappa qui sopra potrebbe aiutarvi a seguirmi. Anche stavolta rendo disponibile lo "story file" originale (piuttosto raro) per coloro che vogliono sperimentare il gioco nella forma storicamente più autentica. Potete anche giocarlo direttamente sul vostro browser, grazie ai bravi ragazzi di Parchment, oppure potete scaricarlo e giocarlo con un interprete che supporta la Versione 2 della Z-Machine. Oppure potete scegliere l’immagine del disco per Apple II.
 
Iniziamo Zork II dove lo avevamo (presumibilmente) lasciato: all’interno del tumulo che si era aperto dopo aver raccolto l’ultimo dei tesori di Zork I. A differenza dello Zork per PDP-10, il tumulo si richiude alle nostre spalle dopo essere entrati. Manteniamo però i nostri due fedeli compagni di Zork I: la nostra lanterna e la nostra spada (e, per fortuna, la lanterna è di nuovo completamente carica, per qualche misteriosa ragione).
 
Appena iniziamo ad allontanarci più in profondità dalla location iniziale, collocata all’estremo nord della mappa, notiamo subito il segno più ovvio e gradito di un netto progresso rispetto al predecessore: Lebling non sembra più interessato a fare della geografia un enigma. Ogni stanza è collegata alle altre in modo lineare e consistente, tutt’altra cosa rispetto all’inizio di Zork I, dove venivamo subito sfidati a trascorrere un’ora o due nel mappare laboriosamente tutti le contorte interconnessioni della foresta. In Zork II non c’è neppure il labirinto (fino ad allora un elemento obbligatorio di ogni avventura testuale), almeno non nel senso tradizionale del termine (ciò che lo rimpiazza, infatti, è così fastidioso che a tratti si vorrebbe poter affrontare al suo posto un buon vecchio labirinto classico; ma di questo parlerò meglio in seguito…)
 
In breve tempo faremo il nostro primo incontro con colui che sarà la nostra nemesi per tutto il gioco: il Mago di Frobozz.
 
A STRANGE LITTLE MAN IN A LONG CLOAK
APPEARS SUDDENLY IN THE ROOM. HE IS
WEARING A HIGH POINTED HAT EMBROIDERED
WITH ASTROLOGICAL SIGNS. HE HAS A LONG,
STRINGY, AND UNKEMPT BEARD.
THE WIZARD DRAWS FORTH HIS WAND AND
WAVES IT IN YOUR DIRECTION. IT BEGINS TO
GLOW WITH A FAINT BLUE GLOW.
THE WIZARD, IN A DEEP AND RESONANT
VOICE, SPEAKS THE WORD "FERMENT!" HE
CACKLES GLEEFULLY.
 
YOU BEGIN TO FEEL LIGHTHEADED.
 
Il Mago è una delle innovazioni introdotte da Lebling per la versione PC di Zork II e ha vari punti di interesse. Appare molto più frequentemente ed è molto meglio caratterizzato del ladro di Zork I. Mentre il ladro era solo un ostacolo e un fastidio, il nostro scopo principale in Zork II sarà quello di sconfiggere il Mago, da qui il posto d’onore nel sottotitolo del gioco. Ma non temete: il Mago non è certo meno fastidioso di quanto non fosse il ladro! Appare di quando in quando per lanciare contro di noi uno dei suoi incantesimi, scelti a caso; ognuno di essi inizia con la lettera “F”: Filch, Freeze, Float, Fall, Fence, Fantasize, etc. Alcuni di questi, come Ferment (che ci impedisce di camminare dritti per un numero casuale di turni), sono solo dei fastidi. Altri, come Filch (che fa sparire dal nostro inventario un determinato oggetto scelto a caso) o come Fall (che può ucciderci all’istante, se ci viene lanciato contro quando siamo -ad esempio- su un precipizio) non ci lasciano altra scelta che ricaricare l’ultimo salvataggio. E, a causa della nostra fonte di luce che si esaurisce inesorabilmente e non può essere ricaricata, anche il meno potente di questi incantesimi può crearci dei problemi, costringendoci a sprecare dei turni preziosi attendendo che i suoi effetti si esauriscano. Per questo non ci metteremo molto a prendere l’abitudine di ricaricare ogni volta che saremo vittima di un incantesimo.
 
Sta ad ogni giocatore chiedersi se il Mago è abbastanza divertente da controbilanciare quanto è fastidioso. Ma il vecchio Mago pasticcione, i cui incantesimi talvolta fanno cilecca nei modi più divertenti, è autenticamente buffo.
 
THE WIZARD DRAWS FORTH HIS WAND AND
WAVES IT IN YOUR DIRECTION. IT BEGINS TO
GLOW WITH A FAINT BLUE GLOW.
THERE IS A LOUD CRACKLING NOISE. BLUE
SMOKE RISES FROM OUT OF THE WIZARD'S
SLEEVE. HE SIGHS AND DISAPPEARS.
 
Zork ha sempre avuto una doppia personalità. Gli autori o ci restituivano una commedia sfacciatamente sciocca e leggermente satirica, oppure ci restituivano un mondo invecchiato e ormai desertico, in possesso di un’antica grandezza solitaria e ormai offuscata. Essendo il prodotto di più autori, che sostanzialmente scrivevano assecondando i propri capricci del momento, entrambi questi approcci sono già visibili nello stesso Zork I, che oscilla fra i due senza particolari remore. Per ogni maestosa vista sulle cascate Aragain, c’era un ciclope da sfamare con dei peperoncini piccanti. Tuttavia, con Zork II, Lebling ha chiaramente deciso di costruire esplicitamente uno “Zork buffo”. E così ci ritroviamo con numerosi macchinari di pessima qualità etichettati come prodotti della “The Frobozz Magic <insert item here> Company”, una specie di equivalente del nostro Mago della Acme Corporation di Willy il Coyote. E ci ritroviamo anche con un mucchio di sciocchi aneddoti sugli eccessi della famiglia reale dei Testapiatta e del suo patriarca, Lord Dimwit in persona. Per tutto il gioco, Lebling mostra un vero talento per la commedia leggera, capace di creare dei momenti ironici senza forzare la mano e senza farci sbattere la testa(piatta) contro.
 
In un gazebo nel giardino, una delle nuove aree aggiunte di Lebling, troviamo un omaggio allo Zork originale, una copia dell’U.S. News and Dungeon Report.
 
** U.S. NEWS AND DUNGEON REPORT **
 
FAMED ADVENTURER TO EXPLORE GREAT
UNDERGROUND EMPIRE
 
OUR CORRESPONDENTS REPORT THAT A
WORLD-FAMOUS AND BATTLE-HARDENED
ADVENTURER HAS BEEN SEEN IN THE VICINITY
OF THE GREAT UNDERGROUND EMPIRE. LOCAL
GRUES HAVE BEEN REPORTED SHARPENING
THEIR (SLAVERING) FANGS....
 
"ZORK: THE WIZARD OF FROBOZZ" WAS
WRITTEN BY DAVE LEBLING AND MARC BLANK,
AND IS (C) COPYRIGHT 1981 BY INFOCOM,
INC.
 
Vi ricorderete infatti che una rivista con lo stesso nome era sempre collocata all’interno della casa bianca della versione per PDP-10 di Zork e serviva per annunciare, alla community online che si era creata intorno al gioco, le ultime novità e le ultime aggiunte.
 
Come i suoi predecessori, anche Zork II impone uno stringente limite all’inventario, costringendoci a scegliere una base per le nostre operazioni, dove tenere tutte le cose che raccogliamo. Una buona scelta è la Stanza del Carosello, uno snodo centrale intorno al quale si sviluppa –letteralmente– la geografia del gioco (il gioco sceglie casualmente una direzione ogni volta che usciamo dalla Stanza del Carosello; è possibile risolvere un enigma per fermarne la rotazione). Questo genera una vera esplosione combinatoria  che aggiunge moltissimo alla difficoltà del gioco. La mappa è piuttosto grande, e in gran parte aperta fin dall’inizio, lasciandoci liberi di scegliere fra montagne di enigmi irrisolti, in cerca di quelli che possiamo effettivamente risolvere in ciascun momento. Anche solo capire ciò su cui dovremmo concentrarci è di per sé buona parte della sfida.
 
A sudest della Stanza del Carosello, c’è la Stanza dell’Indovinello (mai nome fu più adatto). Dinanzi a una porta sigillata leggiamo quanto segue:
 
WHAT IS TALL AS A HOUSE,
ROUND AS A CUP,
AND ALL THE KING'S HORSES
CAN'T DRAW IT UP?
 
La risposta è un pozzo.
 
Oggigiorno gli indovinelli non sono ben visti nella creazione di interactive fiction, prevalentemente perché dipendono molto dall’intuizione del giocatore e spesso anche dal bagaglio culturale di chi li ha creati, e quindi presentano una difficoltà molto variabile da giocatore a giocatore. E poi gli indovinelli sanno un po’ di “brodo allungato”, una qualità che hanno in comune con i labirinti. Un designer in cerca di un enigma, può inserire un indovinello in pochi minuti, per poi guardare soddisfatto una fetta dei propri giocatori agonizzarci per ore. Nonostante questo, rispetto agli standard dei giochi d’avventura, questo indovinello non è dei peggiori, ed è anche innegabile che risolvere un indovinello con un lampo di genio dia un certo brivido (quasi come quando si risolvono enigmi di tipo più stimato dalla comunità). In Twisty Little Passages, Nick Montfort cita gli indovinelli come l’antecedente letterario più importante delle avventure testuali. Personalmente non ne sono pienamente convinto, ma se ciò fosse vero, questo ci offre l’opportunità di considerare l’indovinello di Zork II come uno dei primi sguardi gettati da questa nuova forma espressiva sulle proprie radici. Non che creda che i designer avessero niente del genere in mente, ovviamente.
 
Oltre la Stanza dell’Indovinello c’è la Stanza Circolare:
 
CIRCULAR ROOM
 
THIS IS A DAMP CIRCULAR ROOM, WHOSE
WALLS ARE MADE OF BRICK AND MORTAR. THE
ROOF OF THIS ROOM IS NOT VISIBLE, BUT
THERE APPEAR TO BE SOME ETCHINGS ON THE
WALLS. THERE IS A PASSAGEWAY TO THE
WEST.
 
THERE IS A WOODEN BUCKET HERE, 3 FEET IN
DIAMETER AND 3 FEET HIGH.
 
Aiutati da un po’ d’intuizione, oltre che dall’indovinello appena risolto, possiamo dedurre che siamo in fondo a un pozzo. Scopriremo però che non è un semplice pozzo, bensì un pozzo magico; se versiamo dell’acqua nel secchio, esso ci isserà su in una nuova area. Prima ho accennato al fatto che alcuni enigmi di Zork II erano a un solo passo dall’eccellenza. Questo ne è un buon esempio. E se dietro vi è certamente una sua elegante logica, è pur vero che non ci viene detto che siamo di fronte a un pozzo magico finché non siamo arrivati in cima e non vediamo il logo della “Frobozz Magic Well Company”. Nella sua forma attuale è un po’ troppo come balzo intuitivo da compiere. O forse il gioco si aspetta che si sia in grado di trarre un qualche indizio dalle incisioni che troviamo sul fondo del pozzo?
 
       O  B  O
 
       A  G  I
         E L
 
       M  P  A
 
Se qualcuno riesce a capire di cosa parlino, fatemelo sapere.
[In realtà è piuttosto facile:
 
        FrO B Ozz 
         MA G Ic
          WE Ll

       CoM P Any
 
  come spiegato qui; ndAncient]
 
In cima al pozzo c’è la così detta area “di Alice”. Lewis Carroll è sempre stato uno dei grandi favoriti degli scrittori di avventure testuali, perché il suo miscuglio di surrealismo, illogicità logica, e amore per gli enigmi si addice così bene al genere, rendendo le sue opere perfette più di ogni altra per essere adattate in forma di interactive fiction. Però, prima ancora di qualunque adattamento ufficiale, la Infocom gli ha reso omaggio qui. Come l’area del pozzo, anche l’area di Alice era presente già nella versione per PDP-10, e risale quindi all’incirca al 1978. Troviamo dei dolcetti con gli effetti attesi sulle nostre dimensioni e, dopo esserci rimpiccioliti adeguatamente, visitiamo una pozza di lacrime presa direttamente dalle Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie. Il tutto tradotto in una serie di ottimi enigmi. In un certo senso è simpatico che in Zork II per visitare l’area di Alice sia necessario risalire un pozzo, mentre nel libro Alice inizia le proprie avventure cadendoci dentro. Del resto c’è anche una certa similitudine fra le premesse della serie di Zork e i libri di Alice: entrambi includono degli sconfinati paesaggi magici a cui si accede tramite portali costituiti da oggetti comuni, ed entrambi si occupano di enigmi e di gioco piuttosto che di trama.
 
Come già dimostrato attraverso il Mago, Zork II ha effettivamente un briciolo di interazione interpersonale in più rispetto al suo predecessore, il che rende le avventure nei suoi dungeon un po’ meno solitarie. Per la prima volta (se non contiamo la versione PDP-10) ci permette di parlare con altri personaggi, avventurandosi in un terreno insidioso che ancora oggi tormenta gli autori di IF. Il sistema di dialogo di Zork II è ancora piuttosto sgraziato: possiamo solo “TELL <someone> ‘<something>’”, con la necessità di inserire gli apostrofi. Tuttavia ciò non gli impedisce di dare una dimostrazione piuttosto impressionante della tecnologia della Infocom, sotto forma di un piccolo robot che troviamo sempre in cima al pozzo, a cui possiamo dare ordini proprio come si trattasse di noi stessi (come Zork I, anche Zork II passa allegramente dai robot della fantascienza ai mostri fantasy a elementi moderni senza esitazione alcuna). Il robot è la chiave per un altro di quegli enigmi a cui sarebbe bastato giusto un po’ più di lavoro per diventare fantastico.
 
C’è una sfera magica che vogliamo rubare a ogni costo, ma che è protetta da “Frobozz Magic Alarm Company”. Quando proviamo a prenderla, una gabbia ci casca addosso, la stanza si riempie di gas tossico, e moriamo in un paio di turni. Provare a far prendere al robot la sfera al posto nostro non funziona; per qualche motivo la gabbia schiaccia il povero cristo anziché intrappolarlo, in una scena stranamente reminiscente del celebre incidente del successivo Planetfall della Infocom. Nel frattempo la sfera svanisce (ci immaginiamo che sia rimasta dentro la gabbia). La soluzione è avere il robot con noi nella stanza quando facciamo scattare la trappola, per poi ordinargli di “GET CAGE” per liberarci prima che il gas ci asfissi. In astratto come enigma non è male. Nella pratica però è afflitto da problemi di implementazione, al punto che è quasi impossibile dedurre cosa stia accadendo intorno a noi. Il gioco non ci dà nessun indizio sul fatto che sia possibile continuare a interagire con il robot anche dall'interno della gabbia. E, se anche riusciamo a compiere questo balzo intuitivo da soli, il gioco si rifiuta comunque di renderci la vita facile.
 
>GET SPHERE
AS YOU REACH FOR THE SPHERE, A STEEL
CAGE FALLS FROM THE CEILING TO ENTRAP
YOU. TO MAKE MATTERS WORSE, POISONOUS
GAS STARTS COMING INTO THE ROOM.
CAGE
YOU ARE TRAPPED INSIDE A STEEL CAGE.
>TELL ROBOT "GET GAS"
I DON'T KNOW THE WORD 'GAS'.
>TELL ROBOT "HELP"
I DON'T KNOW THE WORD 'HELP'.
>TELL ROBOT "N"
"WHIRR, BUZZ, CLICK!"
YOU CAN'T GO THAT WAY.
>L
CAGE
YOU ARE TRAPPED INSIDE A STEEL CAGE.
>EXAMINE CAGE
I SEE NOTHING SPECIAL ABOUT THE STEEL
CAGE.
>TELL ROBOT "BREAK CAGE"
WHAT DO YOU WANT TO BREAK THE CAGE WITH?
>ROBOT
TRYING TO DESTROY THE STEEL CAGE HAS NO
EFFECT.
>TELL ROBOT "GET CAGE"
THE CAGE SHAKES AND IS HURLED ACROSS THE
ROOM. IT'S HARD TO SAY, BUT THE ROBOT
APPEARS TO BE SMILING.
DINGY CLOSET
THERE IS A BEAUTIFUL RED CRYSTAL SPHERE
HERE.
>GET SPHERE
TAKEN.
 
E dal pezzo qui sopra ho omesso le morti ogni paio di turni.
 
Le domande abbondano. Dov’era la sfera quando eravamo dentro la gabbia, visto e considerato che apparentemente non era né dentro, né fuori? Perché PRENDERE la gabbia fa sì che il robot la spacchi, mentre SPACCARE la gabbia non dà alcun risultato? Sono problemi come questi che a volte fanno sembrare Zork II (almeno in questa prima versione pubblica) un po’ affrettato.

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.
Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto


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Cronistoria dell'Avventura Testuale

Il genere videoludico dell’Avventura Testuale (spesso abbreviata in AT) si sviluppa nell’arco di quasi quattro decadi con una moltitudine di prodotti, pur molto diversi tra loro, commerciali e amatoriali, canonici e sperimentali, ma sempre caratterizzati da una preminenza dell’elemento testuale su quello grafico (tipicamente assente). Nelle avventure testuali il giocatore impartisce al protagonista i comandi testuali da tastiera, per compiere le azioni più disparate, spostarsi tra le location, esplorando il mondo di gioco, risolvendo enigmi, interagendo con personaggi ed oggetti e sviluppando la storia.
Un genere videoludico così antico e longevo, inevitabilmente vanta una storia articolata e complessa. Propongo, pertanto, di adottare una cronologia dell’avventura testuale, suddividendone la lunga storia in macro-periodi cronologicamente discreti, pur consapevole dei limiti e delle semplificazioni insiti in qualsiasi sistema di classificazione.

I PERIODO: GLI ALBORI (1974-1980)
Nella seconda metà degli anni ’70, negli Stati Uniti d’America, nasce l’avventura testuale, in seno ai mainframe universitari, ad opera di studenti e tecnici:  sono i primi vagiti del genere, esercizi di programmazione, ma anche prodotti di intrattenimento dalla distribuzione limitatissima. Oggi ne sopravvivono pochissimi esempi tra cui il ben noto “Adventure” (1976), poi ribattezzato “Colossal Cave Adventure” di William Crowther e Don Woods, vero paradigma per le successive avventure testuali.

Link e approfondimenti:
- "Wander", le avventure prima di Adventure
- "Colossal Cave Adventure"

II PERIODO: LA "GOLDEN AGE" (1980-1987)
L’avventura testuale, con il successo di “Zork: The Great Underground Empire” (1980), erede di Adventure,  diviene un prodotto commerciale ad ampia distribuzione, convertito per numerose piattaforme casalinghe e alla portata di tutti. Nasce così la Infocom, celebre software house , in prima linea nel nascente mercato delle avventure testuali. Ricordiamo alcune delle più rappresentative avventure della Infocom, oltre a Zork ed i suoi seguiti:  “Enchanter” (1983), “Planetfall” (1983), “A Mind Forever Voyaging” (1985), “Wishbringer: The Magick Stone of Dreams” (1985), “Trinity” (1986), vere pietre miliari del genere, sempre corredate dagli immancabili “feelies”, gadget finalizzati ad aumentare l’immersività dell’esperienza di gioco.
In seguito, alla pioniera Infocom, si affiancheranno, sulla scena delle AT, altre case di produzione degne di nota, tra cui: la britannica Magnetic Scrolls e la Legend Entertainment.
In Italia si affacciano, sul panorama del genere delle avventure, professionisti del calibro di Enrico Colombini e Bonaventura di Bello e fioriscono le riviste dedicate alle avventure testuali, proponendo serie episodiche a cadenza mensile, principalmente per Commodore 64 e ZX Spectrum, gli home computer più in voga, all’epoca, nel Bel Paese.

Link e approfondimenti:
- Una panoramica di IFItalia sulla Golden Age delle avventure testuali
- Infocom, la regina delle avventure testuali
- Zork
- Il decano Enrico Colombini autore della prima avventura testuale italiana, “Avventura nel Castello” (1982)
- Il prolifico Bonaventura di Bello
- Le mitiche collane avventurose

III PERIODO: IL DECLINO (1987-1993)
Tra il 1987 ed il 1988 si afferma il sistema SCUMM della Lucasfilm Games con l’enorme successo di “Maniac Mansion” (1987), aprendo un baratro tra l’avventura testuale classica e l’avventura grafica e decretando l’inizio di un lento declino per la prima. Anche la storica Sierra, casa di produzione di avventure, testuali prima e grafiche poi, rinuncia definitivamente all’interfaccia basata sul parser testuale, ereditata dalle classiche AT, e si adegua al nuovo paradigma lucasiano.
La leggendaria Infocom, l’ottima Magnetic Scrolls  e l’innovativa Legend Entertainment continuano a produrre AT di alto livello, ma il mercato è ormai profondamente, irrimediabilmente cambiato e le avventure testuali scivolano in una lenta ed inesorabile spirale discendente, nonostante l’implementazione di nuove feature, di elementi grafici ad alta risoluzione e di interfacce più accattivanti e “user-friendly”.
Nel 1993 la Legend rilascia due tra le ultime avventure testuali commerciali: “Gateway II” ed “Eric the Unready”.
In Italia chiudono, una dopo l’altra, le riviste dedicate alle avventure testuali, mentre a cavallo degli anni ’80 e ’90 irrompono nel mercato nostrano le rivoluzionarie avventure grafiche della Lucasfilm Games, tradotte finalmente nell’idioma italico, prime tra tutte “Zak McKracken and the Alien Mindbenders” e “Indiana Jones and The Last Crusade” nel 1989.

Link ed approfondimenti:
- “Maniac Mansion”, il capostipite delle classiche avventure grafiche
- La Saga di “Gateway” della Legend Entertainment.
- La demenziale avventura “Eric The Unready”.

IV PERIODO: LA RINASCITA (1993 – Attuale)
Eppure gli appassionati di avventure testuali non svaniscono nell’oblio e nel 1993 Graham Nelson inventa il linguaggio di programmazione “Inform”, col quale programma “Curses”, avventura testuale rilasciata gratuitamente. Nelson apre così la strada ad una moltitudine di programmatori amatoriali che lentamente riporteranno in vita (o manterranno in vita) il genere delle avventure testuali.
Il fenomeno, grazie alla globalizzazione della rete, si trasferisce più tardi anche in Italia dove, nella seconda metà del decennio, si arricchisce progressivamente il panorama delle avventure testuali, grazie alle opere di appassionati  irriducibili.
Nel nuovo millennio il digital delivery, la creazione di nuovi tool di programmazione, la nascita di piccole ma solide comunità di appassionati di AT,  conducono alla ripresa del genere, ormai non più commerciale, ma rigorosamente freeware, alla portata di tutti. Molti autori guardano al passato, seguendo, più o meno fedelmente, il classico paradigma consolidato da Zork, altri sperimentano nuove forme di narrativa interattiva. Sorprendentemente, non solo i nostalgici, ma moltissimi giovani si appassionano ancora alle avventure testuali, trovandosi a proprio agio con parser e schermate di puro testo, complice il supporto per piattaforme moderne (smartphone e tablet) di molti linguaggi di programmazione.
Un genere ritenuto morto, obsoleto e anacronistico, incredibilmente continua ad evolversi e a crescere, in rete, nei forum specializzati, sui blog, sui social network: il futuro delle avventure testuali ci riserverà ancora nuove sorprese.

Link ed approfondimenti:
- Inform, il linguaggio di programmazione più utilizzato dai moderni autori di avventure
- “Darkiss! Il Bacio del Vampiro”, di Marco Vallarino, tra le più giocate ed amate avventure testuali italiane del nuovo millennio.
- IF Italia, oggi confluita in OldGamesItalia, fervente community italiana di appassionati di avventure testuali.

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Perché non piango se un robot muore
Nostalgia in Planetfall

Ogni volta che fra videogiocatori della mia età, o un po' più anziani, si parla di Planetfall (l'avventura testuale della Infocom) qualcuno tira inevitabilmente fuori il suo rapporto con Floyd, un piccolo robot che per la maggior parte del gioco è il vostro unico compagno. Floyd vi segue per il pianeta abbandonato, con occasionali commenti da saccente e aiutandovi di quando in quando. Tuttavia, in un momento climatico del gioco, Floyd (e qui cito Wikipedia) compie il sacrificio definitivo, donando la sua vita per recuperare dal Biolab l'essenziale Scheda di Miniaturizzazione.

Negli ultimi anni la morte di Floyd nel Biolab è diventata una pietra angolare delle emozioni nei videogiochi. E ormai è spesso citata come momento cruciale nel percorso di maturazione dei videogiochi, insieme (ovviamente) alla morte di Aerith in Final Fantasy VII (per esempio, nei commenti degli 11 Momenti Da Nerd che Vi Faranno Sicuramente Piangere, alcuni menzionano Floyd, affiancandolo a tutti gli effetti la sua morte a quella di Spock in Star Trek o a quella di Gandalf nel Signore degli Anelli). La morte di un personaggio è ormai un aspetto degno di celebrazione nella mitologia dei videogiocatori.

In questo articolo intendo smontare questa falsa nostalgia, che ha santificato una delle parti meno importanti di Planetfall, oscurando ciò che davvero rende quel gioco una delle avventure testuali più importanti mai create.




Un Capodanno testuale

Appassionati di Avventure Testuali dotati di dispositivi iOS gioite! Appena qualche giorno fa, la Activision ha pubblicato su iTunes una grossa parte del catalogo Infocom. Da Zork a Enchanter, passando per Planetfall e A Mind Forever Voyaging, a solo 8,99 euro ci si può portare a casa (leggi: montare sul proprio iDispositivo) la bellezza di 27 giochi accompagnati dalla versione digitale di manuali, confezioni, feelies e addirittura dei libri degli indizi e delle mappe.




Zork e Police Quest sbarcano su GOG

Dopo aver incuriosito i suoi seguaci con una strana pagina monocromatica, Good Old Games ha oggi rivelato chi sono i nuovi arrivati nel suo portale. E si tratta di titoli di tutto rispetto. Da una parte abbiamo una Zork Anthology che comprende Zork I, II, III, Zork Zero e Beyond Zork (più uno strano bonus, Planetfall); dall'altra la collezione completa di Police Quest, la tetralogia poliziesca di Sierra (da notare che il primo episodio è presente solo nella sua versione VGA e non in quella originale del 1987). Ci auguriamo che questa mossa favorisca l'arrivo di altre avventure, tra cui i tre Zork "moderni".

Good Old Games
Discussione nell'OGI Forum
OGI prova a giocare a Planetfall

Planetfall

Non sempre la vita nella Pattuglia Galattica è emozionante; lo sa bene il protagonista di Planetfall, il cui grado di Cadetto di settima classe lo pone poco al di sopra di uno stura-cessi spaziale e lo costringe a subire le continue angherie di un borioso Guardiamarina. La sua nuova missione, pulire il Ponte 9, si prospetta noiosa come tutte quelle che l'hanno preceduta; quello che il giovane non sa, mentre si dirige (scopa in spalla) verso la sua postazione, è che ad attenderlo non ci sarà un pavimento lurido, ma il suo destino.

Uscito nel 1984, Planetfall è il primo gioco realizzato da uno dei grandi delle Avventure Testuali, Steve Meretzky; in questa opera prima si intravede già uno dei "segnali di stile" che più caratterizzano la produzione dell'autore statunitense: sin dalle prime battute è impossibile non notare come l'ironia pervada l'intero gioco, anche se in misura meno massiccia rispetto ai titoli successivi. Non si tratta, infatti, di un'avventura demenziale, bensì di un racconto fantascientifico che rispetta gran parte dei canoni del genere e a cui non mancano (come ogni space opera che si rispetti) anche i momenti più riflessivi, pur mitigati dalle evidenti venature di umorismo che si colgono quasi in ogni angolo. L'atmosfera che troveremo, quindi, non sarà mai eccessivamente pesante, nonostante il protagonista si muova in un ambiente desolato e i rapporti con altri esseri siano praticamente inesistenti. Fortunatamente Meretzky ha pensato bene di inserire almeno un personaggio secondario che seguirà il cadetto per buona parte dell'avventura, contribuendo a "riscaldare" l'ambiente con i suoi continui siparietti (mai troppo invasivi, seppure un po' ripetitivi). Il robot Floyd non a caso è considerato una delle migliori "spalle" apparse nelle avventure commerciali, nonostante il suo contributo in puri termini di gioco sia molto limitato (ma determinante).

La storia in sé non è particolarmente originale o sorprendente, ma scorre chiara e lineare, tanto che raramente ci si trova a dover prendere appunti o a ripercorrere alcuni passaggi per trovare il bandolo della matassa. La componente narrativa si riscatta nelle descrizioni delle singole stanze, sempre molto curate, e in alcuni frangenti particolari (tradurre la strana lingua ideata da Meretzky è facile, ma divertente). Un po' meno convincenti sono le descrizioni degli oggetti, che talvolta non aiutano ad identificare bene certe caratteristiche della "cosa" che il protagonista sta esaminando (e in un paio di occasioni è piuttosto fastidioso).

I puzzle sono di difficoltà medio-bassa, tanto che l'avventura è consigliabile anche ai neofiti del genere: in molti casi si tratta di portare un oggetto dal punto A al punto B e, cosa rara per un'AT, quasi mai ci si ritrova bloccati per aver "sprecato" un oggetto. Nonostante la facilità possa far storcere il naso ai veterani, il ritmo con cui si succedono gli enigmi è buono; c'è solo un punto in cui il gioco ha una battuta d'arresto piuttosto evidente, costringendo il giocatore a ripetere una determinata azione prima di permettergli di avanzare. Il brutto è che non esistono indizi chiari sul comportamento che si dovrebbe tenere (se non uno molto, molto velato) e quindi si rischia di rimanere bloccati per diverso tempo senza aver compiuto passi falsi. Una volta ripreso il cammino, però, non ci si ferma più. Il sistema di gioco è reso più profondo dalla necessità di mangiare e dormire (il che richiede un minimo di organizzazione), mentre la presenza di diversi oggetti "inutili" contribuisce a creare qualche grattacapo in più.

Da un punto di vista tecnico, il parser testuale è di buon livello e vanta un vocabolario sufficientemente ampio, anche se una maggiore flessibilità sarebbe stata gradita. Il limite più grande riguarda la gestione dei dialoghi; è il tallone d'achille di molte AT (spesso parlare con qualcuno si rivela macchinoso e frustrante) e Planetfall, purtroppo, implementa questo aspetto in maniera insufficiente: in pratica non è possibile intavolare un discorso o chiedere informazioni ai personaggi. Essendo un gioco "in solitaria" non dovrebbe essere un problema, ma si rivela una scelta (forse dettata da impossibilità tecniche) un po' infelice, in quanto limita il potenziale del "sidekick" Floyd. Per il resto, la struttura del mondo di gioco è molto semplice e consona al basso livello di difficoltà generale: le stanze sono disposte in una griglia quadrata e la distanza tra una location e l'altra è quasi sempre fissa; anche gli spostamenti in altezza sono limitatissimi, con sentiti ringraziamenti da parte delle nostre gomme da cancellare.

Non si tratta forse di un capolavoro per via di alcuni limiti legati alla semplicità e banalità di buona parte degli enigmi, ma l'atmosfera è ottima e il mondo di gioco (e Floyd, soprattutto) è reso splendidamente. Planetfall è un titolo consigliato a tutti e in particolare a chi muove i primi passi nell'oscuro mondo dell'Interactive Fiction.

Valore storico: Clone/Pietra miliare
Non definisce, né ridefinisce un genere, ma contribuisce ad espanderlo. Il gioco si guadagna lo status di pietra miliare in quanto opera prima di un
grande autore.

Valore attuale: Per irriducibili
Forse anche i "normali" appassionati di retrogaming potranno apprezzarlo, ma chi è digiuno di avventure testuali si troverà comunque di fronte ad un muro: il giardino al di là dell'ostacolo è ricco di frutti saporiti, ma chi ha il coraggio di scavalcare la recinzione?