Vampire: The Masquerade - Bloodlines

 
Affrontare la recensione di un gioco come Vampire: The Masquerade - Bloodlines non è facile. Specie a distanza di ormai dieci anni, con tutte le patch che sono state fatte, con tutto quello che c'è da dire e fare e riorganizzare. 
Ho deciso infatti di approfondire un po' questo discorso, facendo diventare il lasso di tempo dall'uscita un punto a favore: partiamo quindi con la recensione liscia, poi le considerazioni.
 
Vampire: The Masquerade - Bloodlines è un titolo del 2004, sviluppato su motore Source (Half Life? Counter-strike? Zeno Clash?) dalla - fermate i canti di lutto che salgono dalla valle di lacrime - Troika Games e si presenta come un RPG piuttosto audace che alterna la prima alla terza persona. Il setting è la partita standard di Vampire cartaceo: Los Angeles e la sua notte ci circondano, affascinandoci con la presenza di qualsiasi deviazione umana possibile, specchiata con l'ingenua innocenza - apparente? - dei normali "abitanti". Abitanti che sono tuttavia fonte di nutrimento per i Kindred, vampiri. Leggenda? Chiedetelo a lei, magari mentre siete al buio e girati di spalle.
 
 
La leggenda tuttavia esiste, dentro la leggenda vivente: si dice il primo vampiro fosse Caino - sì, QUEL Caino - che uccise il fratello e nell'originale fu condannato all'infertilità dei raccolti, che poi ebbe la stirpe che Dio tentò di cancellare con il Diluvio Universale. Se non era un vampiro, come nella versione della storia di Vampire, certo ha fatto un sacco di casino, a modo suo.
 
Nella versione di Masquerade quindi, Caino è stato condannato a bere sangue umano e da lui sono discesi i vari vampiri che poi hanno dato vita alle fazioni di numero infinito correntemente esistenti al mondo. Il nostro vampiro, di cui potremo scegliere caratteristiche abbastanza fedeli al cartaceo, è un povero disgraziato che è stato appena "abbracciato", cioè è appena diventato un Kindred. La trama si svilupperà poi sulla rincorsa ad un sarcofago per conto della Camarilla, setta che riunisce sette fazioni vampiriche e che rispettano la Masquerade (un codice di condotta per evitare di far scoprire i vampiri) e che a inizio gioco ucciderà il nostro partner per aver violato la Masquerade, insieme di regole tra vampiri, rendendoci per l'appunto uno di loro senza autorizzazione. A capo della Masquerade, il "principe" Lacroix vuole recuperare il sarcofago al cui interno vi è un vampiro assiro molto potente, probabilmente perché bevendo il sangue di un vampiro se ne acquisiscono i poteri.
 
 
Ecco che iniziamo il gioco con un veloce ed abbastanza dettagliato tutorial e via, passando per missioni principali e sottomissioni di vario tipo - alcune delle quali veramente memorabili, come la missione nella villa stregata, vero momento horror del gioco e davvero suggestivo - fino a raggiungere il finale multiplo, mentre nel frattempo avremo plasmato - molto limitatamente, purtroppo - il mondo di gioco con le nostre scelte nel corso dell'avventura. Come in ogni action RPG che si rispetti, avremo armi ed abilità che ci aiuteranno, ed in moltissime occasioni avremo più possibilità di gestirci le situazioni: entrare ad armi spianate e fare piazza pulita, andare di diplomazia, assassinare soltanto chi ci interessa, far sembrare il misfatto che andiamo compiendo uno spiacevole incidente e così via.  Da citare il fatto che le relazioni con i personaggi del mondo di gioco si modificheranno a seconda della strada scelta per risolvere le situazioni.
 
Fatto il veloce recap di cosa stiamo parlando, andiamo con i giudizi tecnici nudi e crudi: i punti di forza del gioco - specialmente nel 2004 - sono la grande attenzione posta sul far sì che ogni abilità risulti utile in più situazioni e introduzioni piuttosto innovative per il tempo. In quei giorni in cui una cosa del genere era degna di un applauso, l'introduzione della skill di hacking fu un colpo molto riuscito, così come il vero sistema di stealth. Le musiche ed il doppiaggio meritano sicuramente menzione d'onore - anche il plagio preciso di Angel dei Massive Attack della schermata del titolo - , ma non i suoni, che passano dal limitarsi al loro lavoro, ad essere davvero esagerati (le armi paiono tutte delle .44 Magnum con il silenziatore messo o tolto) così come la grafica, forse uno dei grandi "peccati" (oltre che pecca) del gioco: la Troika acquistò l'allora freschissimo - ed esoso oltre ogni limite economico e di requisiti - motore Source della Valve, ma non lo sfruttò veramente. Eccoci di fronte quindi ad animazioni, oggetti e "popolazione" delle scene che, confrontate con Half-Life 2, uscito e sottolineo - anzi, fatemelo fare per bene - LO STESSO GIORNO, il 16 Novembre 2004, non regge proprio il paragone nemmeno per un secondo. La stessa mimica facciale a volte è incerta,  il sistema di combattimento in prima persona una GIGANTESCA operazione di sforzo mentale e cognitivo per cercare di non uscire pazzi nello sparare con un revolver senza abbastanza punti skill... nel 2004 era stato definito un "sistema che favoriva il combattimento corpo a corpo ed il realismo" ma in questo caso non è molto benefico. Il corpo a corpo vi porterà infatti otto volte su dieci ad essere ridotti a zero o metà vita e, per quanto questa si riempa nuovamente succhiando il sangue dalle persone, si rischia la morte con una semplicità disarmante anche in una sparatoria da bar - il che rende lo script molto realistico, in quanto dev'essere un'imboscata ai nostri danni, ma di certo fa capire quanto è limitato il sistema di combattimento - ed andrebbe bene fossimo Larry Laffer, ma qui siamo dei vampiri che sono di natura supernaturalmente veloci e forti. Un punto soggettivo, forse.
L'incapacità dell'AI nei riguardi del vostro stealth o in svariate ed innumerevoli occasioni - come quando ci saranno muri fra voi, o angoli - non è soggettivo. Manco un po'.
 
 
Parlando di quanto invece la storia ci piaccia - perché ci piace, per quanto scada un po' verso il finale - è bene iniziare a parlare della storia dietro la produzione di Bloodlines. Molti di voi sapranno sicuramente che questo fu l'ultimo titolo pubblicato dalla Troika Games, nata dalla dipartita dalla storicissima Interplay di tre avvenenti programmatori. Chiuso il progetto del Tempio del Male Elementale di cui OldGamesItalia ha anche la traduzione ed un Let's Play, la Troika dovette confrontarsi con Bloodlines ed i suoi continui problemi nello sviluppo, oltre che con quella graziosissima casa infame e da evitare Since 1979 (o poco dopo) che è l'Activision. Dopo tre anni di sviluppo, l'appena citato publisher raddoppia il budget di sviluppo e manda due programmatori - sicari? - a completare il progetto insieme il team di sviluppo, che nel frattempo era stato sostituito nel settore di scrittura durante le prime fasi di sviluppo.
 
Uno dei problemi che ha portato a più ritardi fu sicuramente il fatto che l'AI del Source, che era in stato alpha al momento dell'acquisto da parte della Troika, non era completa e dunque richiese di essere scritta al momento dagli sviluppatori, con i risultati piuttosto incerti di Bloodlines. Dunque con i due programmatori Activision, il progetto viene ultimato durante Settembre 2004 e cominciato a testare. Sicuramente i primi bug evidenti si fanno largo, così che l'Activision, sfruttando la clausola di contratto con la Valve che impediva la pubblicazione di giochi con Source prima del rilascio ufficiale di quest'ultimo, concede alla Troika una settimana per correggere i bug critici. Il motivo per cui le versioni retail di Bloodlines, dunque, recano la scritta "v1.1" nei file di gioco, è esattamente questo.
 
Dopo l'uscita, che non ripeteremo mai abbastanza, ma fu la più grossa cazzata mai realizzata, vista l'importanza di un titolo come Half Life 2, la Troika era in uno stato di profonda confusione esistenziale in cui l'insoddisfazione per come il gioco era uscito si univa agli sgoccioli di vita dell'azienda. Se l'Activision aveva messo in chiaro che Bloodlines non era più un progetto importante e da chiudere, i tre ragazzi rimasti alla Troika dopo la liquidazione di pressoché tutto il team erano in cerca dell'idea per salvarsi dal baratro della chiusura. In tutto questo disastro che possiamo tranquillamente immaginare, una patch ufficiale di Bloodlines  viene rilasciata un mese dopo l'uscita del gioco, con il lavoro combinato degli ultimi tre rimasti della Troika e dipendenti che erano stati licenziati a causa dell'imminente chiusura, avvenuta nel Febbraio del 2005.
 
La Troika chiusa ed il gioco patchato ma ancora pieno di buchi sugli scaffali, a soltanto tre mesi dalla sua uscita, stava a significare che non esisteva più un supporto tecnico nel caso di bug.
Dalla morte della Troika, una fenice nella community si erge: Dan Upright con due community patch e Wesp5 (ovvero Wesp Spahl, chimico analista) con le infinite e continue patch non ufficiali hanno portato il gioco ad uno stato decisamente completo. In particolare le patch non ufficiali del secondo sono sviluppate sulla base di quelle del primo ed hanno la particolarità di essere in produzione da ormai nove anni, con l'ultima 8.9 pubblicata ad inizio Febbraio di quest'anno. Wesp5, anche e soprattutto grazie al supporto della community, ha reintegrato moltissimo materiale apparentemente tolto per motivi di tempo o di altro tipo e lavora sulla ricostruzione e sistemazione dei vari bug ed è già riuscito a ricostruire intere sezioni tolte. Il suo installer, tanto per dire, propone un'installazione basic dove corregge e reintegra parte del materiale, o una "Tweaked" dove ci sono anche cambiamenti e correzioni di altro genere che, tuttavia, possono risultare un po' troppo invadenti.
 
 
Mentre ci avviciniamo al decimo anniversario di Vampire: The Masquerade - Bloodlines (aspettandoci qualche gradita sorpresa, si spera) dunque, c'è ancora chi lavora per far sì che il gioco risulti completo e non quel "capolavoro unfinished" che fu a suo tempo. Un po' come Il Tempio del Male Elementale, forse, Bloodlines è uno di quei casi dove la community non ci sta, dove la mancanza di veri successori o anche solo cloni degni spinge a finire, rifinire e perfezionare il progetto iniziale.
 
In conclusione; non possiamo sapere cosa sarebbe successo se Bloodlines avesse avuto più tempo di sviluppo, o una data di uscita non coincidente con un colosso come Half-life 2,  o se la Troika sarebbe riuscita a far completare una Redemption - che battuta triste - a Bloodlines, ma possiamo sicuramente sapere ed essere certi che qui non si sta parlando di un gioco riuscito male, con difetti di gameplay o errori di game design, ma di un vero e proprio classico cult, reso immortale grazie ai fan... ed un'uscita su Steam che ha riacceso qualche animo e risvegliato il vampiro.

La storia dei Gdr - capitolo quarto
I Giochi di Ruolo Isometrici

Per giochi di ruolo isometrici si intende quei giochi in cui l’azione viene visualizzata "a volo d’uccello", con la telecamera posta in alto e leggermente inclinata.
Questo tipo di impostazione grafica riflette solitamente (ma non sempre, vedi Ultima 7) un gameplay incentrato sul combattimento tattico, solitamente a turni.
Senza dimenticarsi però che, agli albori del genere, quando i limiti tecnici erano più stretti, la visuale isometrica ha consentito ai gamedesinger di portare l’avventura fuori dagli angusti limiti dei dungeon, nelle sconfinate terre aperte del fantasy!

LE ORIGINI:
Anche in questo caso, come per i gdr in soggettiva, preferisco non sbilanciarmi troppo sulle origini del “genere”. Non avendo avuto modo di giocare i primi giochi isometrici al momento della loro pubblicazione, li ho in seguito trovati poco appetibili per rigiocarli, a causa dei limiti grafici e delle interfacce ostiche. E quindi non li conosco molto.
Mi limito qui a segnalare alcuni capostipiti interessanti, che comunque reputo degni di una prova.

Il primo da citare è ovviamente Ultima I: "The First Age of Darkness" (Origin, 1981), che utilizzava la visuale isometrica per l’esplorazione degli esterni e delle città. Il gioco è l'ennesimo esempio di come i limiti tecnici andassero a incidere sul gameplay; tanto è vero che Richard Garriott si risolse ad usare la visuale "isometrica" per gli esterni e quella in soggettiva per i dungeon (più, ovviamente, quella ad hoc per lo spazio - per i temerari che l'hanno portato a termine!).
Ad ogni tipologia di gameplay la sua impostazione grafica.

La vera pietra miliare di questa prima generazione di giochi di ruolo isometrici è però indiscutibilmente lo storico e bellissimo Pool of Radiance (Strategic Simulations, Inc. – 1988). Il gioco fu il primo di quattro indimenticabili titoli costruiti dalla SSI utilizzando il "Gold Box Engine":  Curse of the Azure Bonds (1989), Secret of the Silver Blades (1990), and Pools of Darkness (1991), a cui seguirono altri titoli ancora negli anni seguenti. Anche il Gold Box Engine utilizza la prima persona in soggettiva per l'esplorazione dei dungeon e la visuale isometrica per i combattimenti (all'aperto e al chiuso).
La saga iniziata con Pool of Radiance resta celebre, oltre che per la profondità di gioco e l'ottimo gameplay, per essere il primo titolo in assoluto a utilizzare la licenza ufficiale di D&D, che la TSR aveva concesso alla SSI dopo aver constatato il grande successo della saga di Ultima.
Giusto per curiosità, credo valga la pena aggiungere che fra le società che richiesero alla TSR i diritti del AD&D c'erano anche la EA (aaargh!) e la Sierra.

       

LA SECONDA GENERAZIONE:
La strada aperta da Pool of Radiance viene percorsa negli anni dalla SSI con grande maestria, ma senza la forza e la capacità di innovare veramente: si continuava a fare quello che si era sempre fatto, soltanto con qualche miglioria grafica e strutturale minore.
Tuttavia il loro Dark Sun: Shattered Lands (1993), pur realizzato con un motore nuovo ma ancora acerbo (il Dark Sun Engine), è un notevole passo avanti. Sia per il netto salto di qualità nella grafica, sia –soprattutto- per l’ottimo sistema di combattimento, che riproduceva in modo fedele (e divertente!) le regole dell’AD&D.
Il mondo di gioco (per quanto costruito “ad oggetti” e non con fondali disegnati) era ancora ben poco manipolabile, però il gioco era avvincente e riusciva a raccontare in modo soddisfacente la sua storia, riproducendo in modo fedele la bellissima ambientazione di gioco.

I giochi che seguirono, anche da parte di altre SH, non si discostarono troppo da questo schema.
Vale forse la pena segnalare anche gli altri giochi, sempre della SSI, basati sempre sul Dark Sun Engine, perché anche questi offronto un more of the same decisamente divertente e all'altezza delle aspettative; si tratta di: Dark Sun 2: "Wake of the Ravager" (1994 - leggendario e difficilissimo il suo colossale scontro finale!), Al-Quadim: "The Genie’s Curse" (1994) e Entomorph: "Plague of the Darkfall" (SSI, 1995). Quest'ultimo è un ottimo titolo che conclude però con un grosso insuccesso commerciale l'esperienza del Dark Sun Engine, nonostante la bella trama, l'alta risoluzione introdotta dal gioco e il supporto del CD-Rom e quindi di un comparto tecnico all'avanguardia. Tutti questi titoli dimostrano come, anche per i gdr isometrici, ci sono voluti molti anni per recepire le novità introdotte da altre SH più intraprendenti.
Da non dimenticare, quando si parla dei giochi SSI dgli anni '90 l'importante e innovativo MMRPG  Dark Sun Online: "Crimson Sands" (praticamente sconosciuto qui in italia).

        

Un titolo estremamente significativo di questa “seconda generazione” di giochi di ruolo isometrici è rappresentato sicuramente da Ultima 6: "The False Prophet". Datato 1990 (e quindi antecedente al Dark Sun Engine), il gioco della Origin apre con il suo motore grafico nuove strade, che saranno poi battute e perfezionate dal suo seguito (Ultima 7).
Le innovazioni sono tantissime, ma il gameplay non ha ancora quella stupefacente profondità e immediatezza della generazione successiva.
Ultima 6 ci presenta un mondo enorme, liberamente esplorabile, anni luce distante per profondità e credibilità dalle limitate mappe di Dark Sun (ma anche -diciamocelo- da quelle di Baldur’s Gate!!!).
I fondali, non disegnati a mano ma costruiti con oggetti, presentano un’interattività mai vista prima in un gioco per computer, che consente al gioco di raggiunge un realismo fino ad allora inimmaginabile. Basti dire che il motore che muoveva la Britannia di Ultima 6 era talmente avanzato da essere riutilizzato, molti anni dopo, come base per l’engine di Ultima On-line (era il 1997).
La grafica in finestra (e non a schermo intero come nel Dark Sun Engine) ci appare però oggi troppo superata e l’interfaccia, certo rivoluzionaria per quel tempo (il mondo dPC doveva ancora conoscere Windows e già Ultima 6 funzionava esclusivamente tramite mouse!), oggi risulta ostica e toglie moltissimo all’immediatezza del gioco.
Tuttavia, nonostante la scarsa giocabilità odierna del titolo, ad Ultima 6 va riconosciuto il gran merito di aver dimostrato che la grafica isometrica non è funzionale solo ai combattimenti tattici, ma anzi è lo strumento ideale su cui costruire un mondo credibile e raccontare una storia di grandissima profondità.
Ultima 6 è anche uno dei pochissimi giochi di ruolo che conosco che non si conclude con uno “scontro finale contro il super boss”: un’autentica perla, che dona nuova dignità al genere e corona in modo perfetto una storia tutt'altro che banale che affronta in chiave fantasy il tema del razzismo.

        

LA TERZA GENERAZIONE:
Andando avanti negli anni, notiamo che anche i GdR isometrici tendono a dividersi in due categorie (in base ai loro engine grafici e quindi in base al gameplay che propongono).
Da una parte abbiamo i successori di Dark Sun, prevalentemente caratterizzati da sfondi disegnati a mano o comunque scarsamente interattivi; solitamente incentrati sul combattimento a turni..
Dall’altra parte i successori di Ultima 6, che presentono mondi costruiti “per oggetti”, sempre più dettagliati e credibili e che fanno dell’interattività e della storia la loro bandiera. Spesso lasciando il combattimento e le stats in secondo piano.

La "terza generazione" è inevitabilmente segnata dall'uscita di Ultima 7 Part 1: "The Black Gate" (Origin, 1992). Se confrontate le date, vedete che Ultima 7 esce prima di Dark Sun, pur surclassandolo da ogni punto di vista; limpido esempio di quale scarto tecnologico potesse esistere all'epoca fra un gioco e l'altro. Ecco che Ultima 7 supera di gran lunga ogni aspettativa e segna un nuovo standard di interattività e immersione per i mondi virtuali. Mai come allora un mondo virtuale era stato tanto credibile e affascinante nella sua complessità.
Non mi sembra necessario spendere altre parole su Ultima 7, se non per aggiungere che –ahimè!- non ha avuto il seguito di cloni che era legittimo aspettarsi. E credo che la spiegazione sia abbastanza semplice: non c’è dubbio che sia molto più rapido e meno costoso creare un gioco “alla Dark Sun” piuttosto che un clone di Ultima 7 e non è assolutamente detto che il primo venda meno del secondo!

Due dei pochi cloni all’altezza dei due Ultima 7 Part 1 sono proprio… Ultima 7 Part 2: "Serpent Isle" (1993) e Ultima 8: “Pagan” (Origin, 1994). 
Soffermiamoci su Ultima 8; a causa dell’aggiunta di numerosi elementi arcade e di un più generale stravolgimento delle macchine e dei cliché della saga, il gioco è stato bistrattato dai fan di Ultima e si è rivelato un sonoro flop di incassi (tanto è vero che si è perfino arrivati alla cancellazione del suo datadisk, pur praticamente ultimato: Ultima 8: "The Lost Vale"). La verità, credo, è che Ultima 8 è un buon gioco e l’unica sua pecca è di mancare (almeno in parte) proprio nella cura della storia e dei PNG, cioè nei due elementi che più di tutti distinguono la saga di Ultima.
Comunque, per il discorso che qui interessa, rilevo che Ultima 8 rappresenta uno dei punti di arrivo dei GdR isometrici “ad oggetti”, presentando una grafica e delle animazioni di altissimo livello, con un mondo di gioco ricco e dettagliato.

       

Altri titoli isometrici dotati di una grandissima ambientazione e di un’elevata interattività con l'ambiente circostante sono stati Fallout (Interplay, 1997, e il suo seguito Fallout 2 datato 1998 sivluppato da Black Isle Studios - sì, quelli di Baldur's Gate!), un capolavoro del genere che ogni appassionto di gdr dovrebbe aver giocato, e Arcanum: "Of Steamworks & Magick Obscura" (Sierra Troika Games, 2001).
Non meno piacevoli e significativi sono Final Fantasy VII (Sqaure, 1997) e Final Fantasy VIII (1999), sui quali però qui non ci si soffermerà, appartenendo anche al genere di JRPG..
Tutti questi titoli possono senz’altro competere ad armi pari con Ultima 7, ma testimoniano anche come si fatichi a fare un vero e proprio ulteriore salto in avanti nel realismo e nell’interattività con il mondo circostante. Da questi punti di vista il capolavoro di Richard Garriott resta probabilmente l'apice del genere.

       

L’altro filone di questa generazione di GdR isometri è occupato dal mai sufficientemente lodato Infinity Engine, sviluppato dalla BioWare per Baldur’s Gate (Interplay Black Isle Studios, 1998).
L’Infinity Engine è caratterizzato da un innovativo (e estremamente divertente!) sistema di combattimento in tempo reale, nel quale però si può mettere in pausa per preparare accuratamente la propria strategia. Come era accaduto molti anni primi con Eye of Beholder, ritengo che sia stata la grande semplicità d’uso a fare dell’Infinity Engine un grandioso successo commerciale capace di rilanciare su scala mondiale i GdR isometrici.
L’altra caratteristica di questo innovativo motore di gioco sono, appunto, gli sfondi disegnati a mano. Indubbiamente di una bellezza disarmante, impongo però al gioco un’interattività con l'ambiente di gioco ridotta al minimo; forse perfino inferiore a quella del suo predecessore spirituale Dark Sun (con cui Baldur’s Gate ha innegabilmente moltissimi punti in comune, oltre alla licenza del D&D).
Di certo però in tema di divertiento l'Infinity Engine è un degno successore del Dark Sun Engine e dell'ancora precedente Gold Box Engine, sapendo riprendere la tradizione degli storici titoli SSI e riuscendo a traghettarla con successo nel nuovo millenio.

       

E’ così che la BioWare si fa carico della decennale eredità della SSI, occupando saldamente il suo posto nel cuore degli appassionati di GdR.
Come da tradizione a Baldur’s Gate seguono numerosi seguiti (divisi fra seguiti veri e propri e data disk) e altri giochi ugualmente basati sull’Infinity Engine. Fra questi vale la pena ricordare almeno il fantastico Planescape (1999) e Icewind Dale (2000), quest'ultimo decisamente più votato al combattimento.

       

A questo filone dei giochi dotati di una scarsa interattività con l'ambiente di gioco appartengono a pieno titolo i due Diablo (Blizzard, 1996 e 2000), caratterizzati da una vocazione al combattimento in tempo reale ancora più marcata, al punto di collocarli a pieno titolo nella "nuova" categoria degli hack'n'slash. Al riguardo si è discusso a lungo se tale categoria sia una specie del più ampio genere "gioco di ruolo" oppure no. Ma questa discussione ci porta lontano dagli scopi di questo articolo e quindi non l'approfondiremo.

        


IL FUTURO
:
Come ho già detto, l’avvento di sofisticati motori 3D spezza il legame fin qui osservato fra grafica e gameplay.
E, se continuano ad uscire GdR isometrici (basati più o meno completamente su un motore 3D), la tendenza sembra puntare decisamente verso i GdR in terza persona, sulla scia di Morrowind.

I titoli isometrici che sono usciti negli ultimi anni non mi sono sembrati sinceramente innovatori dal punto di vista del gameplay e comunque sono ben noti.
Partendo da Dunegon Siege (Microsoft, 2002), passando per Pool of Radiance: "Ruins of Myth Drannor" (UbiSoft, 2001) e il famoso Temple of Elemental Evil (Atari, 2003), prima trasposizione su computer della celebre e complessa terza edizione del D&D.

       

È chiaro che la potenza dei nuovi engine 3D sta spostando l'esperienza del gioco di ruolo su computer verso titoli in soggettiva o in terza persona, con risultati grafici indiscutibilmente notevoli e con una capacità evocativa ineguagliabile (vedi Skyrim).
Tuttavia ritengo che la visuale isometrica sia ancora oggi uno strumento preziosissimo in mano ai gamedesigner, sia per rendere al meglio i combattimenti tattici (vedi Baldur's Gate), sia più in generale per costruire dei mondi fantasy davvero credibili e interattivi (vedi Ultima 7).
Se l'obbiettivo è il realismo, il rispetto dei regolamenti originali pen&paper e l'interattività con il mondo, ecco che la visuale isometrica è ancora oggi insuperata. Tanto più quando il mondo non è disegnato a mano, ma costruito "ad oggetti".

Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!

Il tempio del Male Elementale - La traduzione agli enzimi

La fantastica recensione di Sartorius ha risvegliato in alcuni baldi componenti del team di OldGamesItalia l'insana volontà di mettere mano al codice di questo gioco per scrollargli di dosso, una volta per tutte, il marchio di "Gioco bello, maaaaa... ultrabuggato!".
Una impresa mai tentata da nessuno!

Sappiamo tutti che la versione italiana, uscita anche in allegato al manuale del giocatore di D&D 3.5, presentava innumerevoli problemi di giocabilità, crash e una esperienza di gioco a tratti dimenticabile. Sappiamo inoltre che le successive patch rilasciate da Atari sebbene risolvessero alcuni bug, purtroppo ne introducevano di nuovi e cosa ben peggiore trasformavano il gioco in inglese.

La nuova patch, applicabile alla versione originale italiana ed alla versione GOG.com inglese comprende le seguenti caratteristiche:

- Più di 100 bug risolti
- Alzato il livello massimo raggiungibile da 10 a 20
- Traduzione originale revisionata e corretta
- Aggiunta la piccante quest originale censurata dal distributore italiano "Ophelia e le sue ragazze"
- Nuova grafica dei box in gioco (si ringrazia per il prestito la community Co8)
- Help in linea corretto e più facile da consultare grazie all'introduzione di maggiori link ipertestuali
- Font più grandi per facilitare la lettura alle alte risoluzioni (>1280*1024)
- (OPZIONALE) Rimozione della fog-of-war nelle città e nelle case di Hommlet e Nulb

Siamo inoltre in contatto con il team che ha lavorato alla traduzione di Baldur's Gate Enhanced Edition (Gli Allegri Buffoni) per trasporre nell'italico idioma anche IL mod per eccellenza di ToEE, Circle of Eight.
SO, STAY TUNED!
 

Le persone che hanno lavorato alla patch sono: Micartu (traduzione, supervisione, revisione e controllo), Gwenelan (traduzione), TheAncientOne (traduzione) e TheRuler (dll-hack, help, traduzione, revisione e controllo).

Il forum da cui è partito tutto.
La scheda della traduzione da cui scaricare la patch.

Il tempio del Male Elementale

Il modulo di gioco del Tempio del Male Elementale è ambientato nelle fantastiche terre di Greyhawk (prima campagna sviluppata dal compianto Gary Gygax) patria dei leggendari incantatori Bigby, Leomund e Otiluke, meglio noti per aver sviluppato gli omonimi incantesimi.

Apoteosi del Dungeons & Dragons, il TdME offre un’avventura impegnativa tarata per un manipolo di cinque avventurieri. L’allineamento del party, prima scelta da effettuare attivando la campagna, riveste un ruolo fondamentale nel determinare l’opening scene che fornisce la motivazione all’avventura. Un gruppo di partenza legale-buono, sarà chiamato a contrastare l’attacco di alcuni briganti a una carovana, anche a rischio della propria vita; un gruppo neutrale-malvagio si diletterà, piuttosto, a bruciare chiese, mentre una comitiva caotico-neutrale avrà come obbiettivo primario il profitto e dunque affronterà un dungeon iniziale opzionale a caccia di tesori e antiche mappe.

C’è del marcio a Hommlet

A prescindere dalla scelta iniziale il gruppo si ritroverà tosto nel piccolo villaggio di Hommlet, in cui è ambientata la prima parte dell’avventura. Il villaggio di partenza, ottimamente reso grazie alla presenza di un urbano comprensivo di tutte le attività artigiane, spicca subito per la notevole attenzione al dettaglio e costituisce un eccellente biglietto da visita che illustra l’ottima grafica del gioco. Nel TdME non c’è una sola locazione che sia trascurata: magazzini, sale di preghiera, taverne, moli e i recessi dello stesso Tempio sono finemente rappresentati. Alle ambientazioni si accompagnano animazioni deliziose e mai appariscenti che ritraggono fogliame che placidamente aleggia nella brezza, minuscole farfalle di pixel e lucciole notturne

Giunti a Hommlet, seguendo la vs. particolare inclinazione, verrete presto a conoscenza degli attacchi di alcuni briganti annidati nella fortezza di palude, antico avamposto del Tempio, e che stanno piagando la città saldamente difesa dagli eroi locali: Burne e Rufus. Alcune missioni elementari, che comprendono risolvere la disputa concernente la costruzione di un nuovo granaio e convincere i cittadini a convertirsi a una delle due fedi dominanti nella piccola comunità rurale (la Vecchia Fede e la religione di St. Cuthbert), possono essere subito trascritte nell’essenziale diario di missione.

C’è da dire che queste prime missioni sono fondamentalmente noiose, né è possibile rinvenire personalità di spicco fra gli NPC. Sviluppato con diversi anni di anticipo sulla filosofia ‘darker e sexier’, il modulo del TdME imbastisce solo un canovaccio di trama che risulta al più una scusa per soddisfare il desiderio di una sana strategia a turni che, ben presto, vedrà erratici dardi incantati saettare per lo schermo.

Il tempio e gli elementi

Nelle fasi avanzate del gioco non mancheranno, com’è ovvio, quegli elementi che danno il titolo all’avventura: aria , terra, fuoco e acqua giocano un ruolo essenziale nell’economia del titolo e nelle dispute che agitano gli abitanti del tempio che funge da vera e propria ‘città’ aggiunta con i suoi residenti e le quest secondarie. Ovviamente, è fra le dedaliche mura del tempio che trascorrerete la maggior parte del tempo.

Le stanze di questo antro del male paiono generate seguendo alla lettera i dettami del D&D classico, con la maggior parte degli ambienti che funge da antro-rifugio per i rispettivi mostri. È sicuramente da lodare l’ampio bestiario fra cui è possibile annoverare esemplari che raramente, se non mai, si sono visti al di fuori di questo contesto come la pittoresca Leucrotta, l’energumeno gigante Ettin o il famigerato Cubo Gelatinoso.

Sulla scacchiera

Il modulo del Tempio del Male Elementale implementa le regole 3.5 dell’Advanced D&D. La varietà di scelta si presenta subito con il classico set di classi (barbaro, monaco, druido,…) e razze (umano, mezz’elfo, nano,…) che consente di creare un party variegato secondo le proprie esigenze strategiche, con il monaco che può fungere da secondo tank, mentre il mago, lo stregone, il druido e il chierico sono a disposizione a seconda che privilegiate la strategia o la ‘forza bruta’ o la potenza curativa.
Il sistema di assegnazione degli attributi (i classici forza, destrezza, costituzione, intelligenza, saggezza e carisma) avviene tramite generazione casuale o assegnazione di punti (qui in un pool limitato, solo 25 a fronte dei 30 a disposizione, per es., da Neverwinter Nights).

È ovvio che il purista, che voglia cimentarsi con l’assegnazione manuale dei punti, dovrà giocoforza creare dei personaggi con forti handicap: a fronte di un punteggio minimo consigliato di 16 nella statistica primaria, e un paio di altre statistiche sopra i 14, occorrerà assegnare una, ma anche due penalità agli attributi meno confacenti alla classe scelta che resteranno quindi, per tutta l’avventura, al di sotto dei livelli di guardia rendendo la realizzazione dei tiri salvezza sovente difficoltosa.

Personaggi di particolare potenza, quali il Paladino, richiedono viceversa una combinazione di attributi valida, senza particolari debolezze, per poterne sfruttare appieno il potenziale, si consiglia pertanto di ricorrere ai bonus di razza per incrementare alcune statistiche e, in ultima analisi, alla generazione casuale (se volete quei 18!). Con il progredire dell’avventura i personaggi possono essere ulteriormente potenziati con l’assegnazione di abilità e talenti in grado di aumentarne a dismisura la flessibilità.

Ogni regola essenziale del D&D è qui presente rendendo l’avventura divertente e impegnativa. Sull’altare della tattica sono state sacrificate comode scorciatoie (come gli elmi che in BG rendevano impossibili i colpi critici). All’ordine del giorno troviamo gli attacchi di opportunità con ogni nemico che proietta un cerchio d’azione giallo al cui interno azioni extra combattimento (come bere una pozione) o che richiedono particolare concentrazione (il lancio di un incantesimo) provocano un attacco aggiuntivo al personaggio.

I corridoi, spesso claustrofobici, e le strette porte, lasciano spazio solitamente per il passaggio, al massimo, di due PG e ostacolano continuamente il movimento costringendo a studiare l’opportuna strategia. È buona abitudine, in una prima fase, inviare uno scout (un mago invisibile o un ranger) all’interno di una stanza per pianificare al meglio la propria partita sulla bella scacchiera di Greyhawk. Portare un ladro, in modalità furtiva, alle spalle del leader dei guerrieri nemici o addormentare un intero gruppo con l’incantesimo di sonno non ha prezzo.

Non scordatevi di ritagliare un posto anche per il vs. arciere o balestriere che sia: se la traiettoria di tiro è ostacolata, da assalitori o compagni, è prevista una forte penalizzazione al tiro per colpire. Non sono da sottovalutare inoltre i diversi tipi di arma la cui scelta, in altri titoli, risulta puramente estetica o meramente legata al danno. Una lancia, per es., è in grado di colpire anche dalla seconda fila aumentando l’arsenale tattico a disposizione. È possibile anche affiliare al party fino a tre mercenari che, tuttavia, esigeranno la loro parte di bottino che verrà dunque sottratta dai ritrovamenti.

Tocca a te

Il combattimento nel TdME segue una meccanica a turni ben diversa dalla canonica modalità di Baldur’s Gate (in tempo reale con la possibilità di pausa tattica).
All’inizio di ogni battaglia viene stabilito un ordine d’azione, per i PG e i loro avversari, in base a un tiro casuale del dado a cui vengono sommati il bonus per la destrezza e l’eventuale talento improved initiative. Durante il proprio turno, ogni PG ha a disposizione un tempo d’azione rappresentato da una clessidra. La clessidra è divisa in due metà: la parte superiore di colore verde chiaro rappresenta il movimento. Spostando il cursore sullo schermo è possibile vedere il tragitto effettivamente percorribile, per quel turno, dal PG in questione con la capacità di movimento sul campo di battaglia determinata da vari fattori quali la velocità intrinseca del personaggio e il peso dell’armatura e l’eventuale ingombro.

La metà bassa della clessidra, di colore giallo, rappresenta il tempo per un’azione standard in cui è possibile, per es., attaccare o bere una pozione. Alcune azioni particolarmente complesse, come il lancio di incantesimi potenziati da talenti metamagici (come empowered) o un attacco totale (i guerrieri dal 6° livello in poi hanno diritto a un attacco aggiuntivo per round), richiedono un turno completo, quindi l’utilizzo integrale del tempo della clessidra. È altresì possibile utilizzare la parte gialla per muovere ulteriormente il personaggio ‘sacrificando’ il turno in favore di un posizionamento migliore (per es. un mago che voglia sfuggire a un gruppo di vendicativi berserker!!).

Why so harduous?

La difficoltà del TdME segue una curva atipica. All’inizio vi è forse il picco maggiore: di fronte all’ignoto, non conoscendo le abilità dei mostri, un gruppo di livello uno, con un pool di p.f. relativamente basso, incontrerà particolari difficoltà risultando vulnerabile soprattutto nella sfortunata eventualità di colpi critici. Nella prima fase è dunque indispensabile pianificare con assoluta precisione le mosse dei propri avatar, tramite il corretto posizionamento sul terreno di gioco e, ovviamente, sperare che il tiro di dadi virtuale giochi a vs. favore, perché anche la migliore strategia può venire vanificata da un tiro salvezza fallito.

Nella fase centrale la difficoltà del gioco si assesta su un livello che definirei medio / basso. Sbloccare incantesimi quali la palla di fuoco e il secondo attacco per i guerrieri consente di aver ragione, con un minimo di strategia, anche dei gruppi più ostici.

L’ultima fase è difficile tanto quanto quella iniziale, ma forse sarebbe opportuno definirla frustrante. Per compensare lo strapotere di alcuni incantesimi e i tre attacchi per round dei vs. tank, il gioco ricorre a boss finali dotati di uno sproposito di p.f. aggravato da un’immunità quasi totale al danno fisico e, come corollario, abilità di evocazione finalizzate a porvi costantemente in inferiorità numerica.

Come ho già detto, il TdME strizza ambedue gli occhi ai puristi. Di default è attivo il danno ad area degli incantesimi, quindi è opportuno mirare con cura quella palla di fuoco, e l’assegnazione dei punti ferita, al passaggio di livello, avvienine tramite il tiro virtuale di un dado vita (stabilito in base alla classe). Per quanto questo approccio sia molto ‘realistico’ occorre tenere conto di certi attacchi devastanti portati, per es., dai giganti delle colline, che arrivano a fare fino a 30 punti di danno (60 in caso di colpo critico). Prima di accettare il compromesso, dunque, ricordatevi che è sempre possibile ricaricare per ottenere un n° di p.f., se non massimo, quantomeno soddisfacente.
Anche la resurrezione di un compagno caduto è pratica gestita secondo i crismi con relativa, e mostruosa, perdita di punti esperienza accompagnata dal possibile danneggiamento dell’attributo costituzione.

Questa processo, a mio giudizio troppo penalizzante, rischia di rendere troppo deboli i personaggi già deboli e obbliga, quasi invariabilmente, al reload di una posizione di gioco precedente. È presente, infine, la temutissima modalità hardcore che prevede, in caso di morte del party, la cancellazione dei salvataggi di gioco.

Il bottino e altri aspetti meno riusciti

Come in tutti i giochi basati sul D&D esistono difetti all’implementazione di abilità e incantesimi, accompagnati da immancabili bachi, qui ancora presenti in discreta quantità*. E così incantesimi in teoria potentissimi, come l’evocativa nube assassina, si rivelano del tutto inutili, mentre l’entagle del 1° livello del druido si rivela efficace fin quasi alla fine del gioco intrappolando con estrema facilità maghi e guerrieri il cui tiro salvezza sui riflessi risulta limitato.
Per la maggior parte del gioco, il party dovrà affrontare numerosi gruppi di combattenti, pochi sono i maghi e, per giunta, poco pericolosi. Potremmo dunque dire che tutti quegli incantesimi tattici di resistenza agli elementi, scudi protezione e altro si rivelano (quasi) inutili, fatta eccezione per l’immancabile stoneskin. L’assenza di trappole al suolo (le uniche trappole da disattivare sono presenti sui forzieri) e le poche serrature da scassinare, rendono la presenza di un ladro nel party del tutto superflua a meno che si decida di dotarlo del talento longsword e farne un guerriero aggiunto in grado di sfruttare il colpo alle spalle per arrecare danno aggiuntivo.
Il bottino nel gioco è alquanto deludente: basso è il numero di forzieri disposti nella mappa, se confrontato con altri giochi, e il loot dei nemici porterà a trovare, sovente, armi e armature di utilità nulla per il party. Questo difetto è ‘voluto’ per spingere il giocatore a utilizzare i talenti ‘creare armi e armature magiche’ e ‘oggetti prodigiosi’, che consentono di personalizzare oggetti magici secondo le esigenze e di realizzare gli indispensabili guanti del potere orchesco.

Nel contesto di un comparto grafico altrimenti eccellente, occorre segnalare le minuscole proporzioni, rispetto alle megalitiche mura del tempio, dei personaggi di gioco che, anche solo alla risoluzione 1024x768, rendono difficile discernere i dettagli dell’equipaggiamento. La ruota delle abilità, del tutto simile a quella di NWN, risulta caotica con l’affastellarsi di abilità, talenti e incantesimi rendendo la selezione di un’azione difficoltosa.

Abituali alle musiche epiche di Soule o di Zur non rimarrete particolarmente colpiti dalla colonna sonora del TdME che, pur vantando alcuni pezzi gradevoli, si ricicla senza posa. Fortunatamente la musica non risulta particolarmente invasiva e, persi come sarete nella furia tattica, diventerà ben presto elemento di sottofondo.

Giudizio complessivo

Nonostante il grado di sfida altalenante e la trama ‘inesistente’, il TdME si rivela un ottima esperienza di GDR a turni che vanta una delle migliori implementazioni delle regole del D&D e un’ampia possibilità di costumizzazione dei personaggi e delle armi. Un’avventura tattica con gli alti e i bassi e le limitazioni tipiche del genere.

Nota tecnica (segnalata da TheRuler)

Sebbene il gioco non permetta di default di usare risoluzioni widescreen, la modalità è comunque compatibile.

Basta aprire il file ToEE.cfg nella cartella del gioco e modificare i seguenti campi:
video_width=1280
video_height=1024
con i valori nativi del proprio monitor. Dovrebbero andare bene tutte le risoluzioni sotto 1920x1080 (che funziona ma scompaiono i personaggi).

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