Per giochi di ruolo isometrici si intende quei giochi in cui l’azione viene visualizzata "a volo d’uccello", con la telecamera posta in alto e leggermente inclinata.
Questo tipo di impostazione grafica riflette solitamente (ma non sempre, vedi Ultima 7) un gameplay incentrato sul combattimento tattico, solitamente a turni.
Senza dimenticarsi però che, agli albori del genere, quando i limiti tecnici erano più stretti, la visuale isometrica ha consentito ai gamedesinger di portare l’avventura fuori dagli angusti limiti dei dungeon, nelle sconfinate terre aperte del fantasy!
LE ORIGINI:
Anche in questo caso, come per i gdr in soggettiva, preferisco non sbilanciarmi troppo sulle origini del “genere”. Non avendo avuto modo di giocare i primi giochi isometrici al momento della loro pubblicazione, li ho in seguito trovati poco appetibili per rigiocarli, a causa dei limiti grafici e delle interfacce ostiche. E quindi non li conosco molto.
Mi limito qui a segnalare alcuni capostipiti interessanti, che comunque reputo degni di una prova.
Il primo da citare è ovviamente Ultima I: "The First Age of Darkness" (Origin, 1981), che utilizzava la visuale isometrica per l’esplorazione degli esterni e delle città. Il gioco è l'ennesimo esempio di come i limiti tecnici andassero a incidere sul gameplay; tanto è vero che Richard Garriott si risolse ad usare la visuale "isometrica" per gli esterni e quella in soggettiva per i dungeon (più, ovviamente, quella ad hoc per lo spazio - per i temerari che l'hanno portato a termine!).
Ad ogni tipologia di gameplay la sua impostazione grafica.
La vera pietra miliare di questa prima generazione di giochi di ruolo isometrici è però indiscutibilmente lo storico e bellissimo Pool of Radiance (Strategic Simulations, Inc. – 1988). Il gioco fu il primo di quattro indimenticabili titoli costruiti dalla SSI utilizzando il "Gold Box Engine": Curse of the Azure Bonds (1989), Secret of the Silver Blades (1990), and Pools of Darkness (1991), a cui seguirono altri titoli ancora negli anni seguenti. Anche il Gold Box Engine utilizza la prima persona in soggettiva per l'esplorazione dei dungeon e la visuale isometrica per i combattimenti (all'aperto e al chiuso).
La saga iniziata con Pool of Radiance resta celebre, oltre che per la profondità di gioco e l'ottimo gameplay, per essere il primo titolo in assoluto a utilizzare la licenza ufficiale di D&D, che la TSR aveva concesso alla SSI dopo aver constatato il grande successo della saga di Ultima.
Giusto per curiosità, credo valga la pena aggiungere che fra le società che richiesero alla TSR i diritti del AD&D c'erano anche la EA (aaargh!) e la Sierra.
LA SECONDA GENERAZIONE:
La strada aperta da Pool of Radiance viene percorsa negli anni dalla SSI con grande maestria, ma senza la forza e la capacità di innovare veramente: si continuava a fare quello che si era sempre fatto, soltanto con qualche miglioria grafica e strutturale minore.
Tuttavia il loro Dark Sun: Shattered Lands (1993), pur realizzato con un motore nuovo ma ancora acerbo (il Dark Sun Engine), è un notevole passo avanti. Sia per il netto salto di qualità nella grafica, sia –soprattutto- per l’ottimo sistema di combattimento, che riproduceva in modo fedele (e divertente!) le regole dell’AD&D.
Il mondo di gioco (per quanto costruito “ad oggetti” e non con fondali disegnati) era ancora ben poco manipolabile, però il gioco era avvincente e riusciva a raccontare in modo soddisfacente la sua storia, riproducendo in modo fedele la bellissima ambientazione di gioco.
I giochi che seguirono, anche da parte di altre SH, non si discostarono troppo da questo schema.
Vale forse la pena segnalare anche gli altri giochi, sempre della SSI, basati sempre sul Dark Sun Engine, perché anche questi offronto un more of the same decisamente divertente e all'altezza delle aspettative; si tratta di: Dark Sun 2: "Wake of the Ravager" (1994 - leggendario e difficilissimo il suo colossale scontro finale!), Al-Quadim: "The Genie’s Curse" (1994) e Entomorph: "Plague of the Darkfall" (SSI, 1995). Quest'ultimo è un ottimo titolo che conclude però con un grosso insuccesso commerciale l'esperienza del Dark Sun Engine, nonostante la bella trama, l'alta risoluzione introdotta dal gioco e il supporto del CD-Rom e quindi di un comparto tecnico all'avanguardia. Tutti questi titoli dimostrano come, anche per i gdr isometrici, ci sono voluti molti anni per recepire le novità introdotte da altre SH più intraprendenti.
Da non dimenticare, quando si parla dei giochi SSI dgli anni '90 l'importante e innovativo MMRPG Dark Sun Online: "Crimson Sands" (praticamente sconosciuto qui in italia).
Un titolo estremamente significativo di questa “seconda generazione” di giochi di ruolo isometrici è rappresentato sicuramente da Ultima 6: "The False Prophet". Datato 1990 (e quindi antecedente al Dark Sun Engine), il gioco della Origin apre con il suo motore grafico nuove strade, che saranno poi battute e perfezionate dal suo seguito (Ultima 7).
Le innovazioni sono tantissime, ma il gameplay non ha ancora quella stupefacente profondità e immediatezza della generazione successiva.
Ultima 6 ci presenta un mondo enorme, liberamente esplorabile, anni luce distante per profondità e credibilità dalle limitate mappe di Dark Sun (ma anche -diciamocelo- da quelle di Baldur’s Gate!!!).
I fondali, non disegnati a mano ma costruiti con oggetti, presentano un’interattività mai vista prima in un gioco per computer, che consente al gioco di raggiunge un realismo fino ad allora inimmaginabile. Basti dire che il motore che muoveva la Britannia di Ultima 6 era talmente avanzato da essere riutilizzato, molti anni dopo, come base per l’engine di Ultima On-line (era il 1997).
La grafica in finestra (e non a schermo intero come nel Dark Sun Engine) ci appare però oggi troppo superata e l’interfaccia, certo rivoluzionaria per quel tempo (il mondo dPC doveva ancora conoscere Windows e già Ultima 6 funzionava esclusivamente tramite mouse!), oggi risulta ostica e toglie moltissimo all’immediatezza del gioco.
Tuttavia, nonostante la scarsa giocabilità odierna del titolo, ad Ultima 6 va riconosciuto il gran merito di aver dimostrato che la grafica isometrica non è funzionale solo ai combattimenti tattici, ma anzi è lo strumento ideale su cui costruire un mondo credibile e raccontare una storia di grandissima profondità.
Ultima 6 è anche uno dei pochissimi giochi di ruolo che conosco che non si conclude con uno “scontro finale contro il super boss”: un’autentica perla, che dona nuova dignità al genere e corona in modo perfetto una storia tutt'altro che banale che affronta in chiave fantasy il tema del razzismo.
LA TERZA GENERAZIONE:
Andando avanti negli anni, notiamo che anche i GdR isometrici tendono a dividersi in due categorie (in base ai loro engine grafici e quindi in base al gameplay che propongono).
Da una parte abbiamo i successori di Dark Sun, prevalentemente caratterizzati da sfondi disegnati a mano o comunque scarsamente interattivi; solitamente incentrati sul combattimento a turni..
Dall’altra parte i successori di Ultima 6, che presentono mondi costruiti “per oggetti”, sempre più dettagliati e credibili e che fanno dell’interattività e della storia la loro bandiera. Spesso lasciando il combattimento e le stats in secondo piano.
La "terza generazione" è inevitabilmente segnata dall'uscita di Ultima 7 Part 1: "The Black Gate" (Origin, 1992). Se confrontate le date, vedete che Ultima 7 esce prima di Dark Sun, pur surclassandolo da ogni punto di vista; limpido esempio di quale scarto tecnologico potesse esistere all'epoca fra un gioco e l'altro. Ecco che Ultima 7 supera di gran lunga ogni aspettativa e segna un nuovo standard di interattività e immersione per i mondi virtuali. Mai come allora un mondo virtuale era stato tanto credibile e affascinante nella sua complessità.
Non mi sembra necessario spendere altre parole su Ultima 7, se non per aggiungere che –ahimè!- non ha avuto il seguito di cloni che era legittimo aspettarsi. E credo che la spiegazione sia abbastanza semplice: non c’è dubbio che sia molto più rapido e meno costoso creare un gioco “alla Dark Sun” piuttosto che un clone di Ultima 7 e non è assolutamente detto che il primo venda meno del secondo!
Due dei pochi cloni all’altezza dei due Ultima 7 Part 1 sono proprio… Ultima 7 Part 2: "Serpent Isle" (1993) e Ultima 8: “Pagan” (Origin, 1994).
Soffermiamoci su Ultima 8; a causa dell’aggiunta di numerosi elementi arcade e di un più generale stravolgimento delle macchine e dei cliché della saga, il gioco è stato bistrattato dai fan di Ultima e si è rivelato un sonoro flop di incassi (tanto è vero che si è perfino arrivati alla cancellazione del suo datadisk, pur praticamente ultimato: Ultima 8: "The Lost Vale"). La verità, credo, è che Ultima 8 è un buon gioco e l’unica sua pecca è di mancare (almeno in parte) proprio nella cura della storia e dei PNG, cioè nei due elementi che più di tutti distinguono la saga di Ultima.
Comunque, per il discorso che qui interessa, rilevo che Ultima 8 rappresenta uno dei punti di arrivo dei GdR isometrici “ad oggetti”, presentando una grafica e delle animazioni di altissimo livello, con un mondo di gioco ricco e dettagliato.
Altri titoli isometrici dotati di una grandissima ambientazione e di un’elevata interattività con l'ambiente circostante sono stati Fallout (Interplay, 1997, e il suo seguito Fallout 2 datato 1998 sivluppato da Black Isle Studios - sì, quelli di Baldur's Gate!), un capolavoro del genere che ogni appassionto di gdr dovrebbe aver giocato, e Arcanum: "Of Steamworks & Magick Obscura" (Sierra – Troika Games, 2001).
Non meno piacevoli e significativi sono Final Fantasy VII (Sqaure, 1997) e Final Fantasy VIII (1999), sui quali però qui non ci si soffermerà, appartenendo anche al genere di JRPG..
Tutti questi titoli possono senz’altro competere ad armi pari con Ultima 7, ma testimoniano anche come si fatichi a fare un vero e proprio ulteriore salto in avanti nel realismo e nell’interattività con il mondo circostante. Da questi punti di vista il capolavoro di Richard Garriott resta probabilmente l'apice del genere.
L’altro filone di questa generazione di GdR isometri è occupato dal mai sufficientemente lodato Infinity Engine, sviluppato dalla BioWare per Baldur’s Gate (Interplay – Black Isle Studios, 1998).
L’Infinity Engine è caratterizzato da un innovativo (e estremamente divertente!) sistema di combattimento in tempo reale, nel quale però si può mettere in pausa per preparare accuratamente la propria strategia. Come era accaduto molti anni primi con Eye of Beholder, ritengo che sia stata la grande semplicità d’uso a fare dell’Infinity Engine un grandioso successo commerciale capace di rilanciare su scala mondiale i GdR isometrici.
L’altra caratteristica di questo innovativo motore di gioco sono, appunto, gli sfondi disegnati a mano. Indubbiamente di una bellezza disarmante, impongo però al gioco un’interattività con l'ambiente di gioco ridotta al minimo; forse perfino inferiore a quella del suo predecessore spirituale Dark Sun (con cui Baldur’s Gate ha innegabilmente moltissimi punti in comune, oltre alla licenza del D&D).
Di certo però in tema di divertiento l'Infinity Engine è un degno successore del Dark Sun Engine e dell'ancora precedente Gold Box Engine, sapendo riprendere la tradizione degli storici titoli SSI e riuscendo a traghettarla con successo nel nuovo millenio.
E’ così che la BioWare si fa carico della decennale eredità della SSI, occupando saldamente il suo posto nel cuore degli appassionati di GdR.
Come da tradizione a Baldur’s Gate seguono numerosi seguiti (divisi fra seguiti veri e propri e data disk) e altri giochi ugualmente basati sull’Infinity Engine. Fra questi vale la pena ricordare almeno il fantastico Planescape (1999) e Icewind Dale (2000), quest'ultimo decisamente più votato al combattimento.
A questo filone dei giochi dotati di una scarsa interattività con l'ambiente di gioco appartengono a pieno titolo i due Diablo (Blizzard, 1996 e 2000), caratterizzati da una vocazione al combattimento in tempo reale ancora più marcata, al punto di collocarli a pieno titolo nella "nuova" categoria degli hack'n'slash. Al riguardo si è discusso a lungo se tale categoria sia una specie del più ampio genere "gioco di ruolo" oppure no. Ma questa discussione ci porta lontano dagli scopi di questo articolo e quindi non l'approfondiremo.
IL FUTURO:
Come ho già detto, l’avvento di sofisticati motori 3D spezza il legame fin qui osservato fra grafica e gameplay.
E, se continuano ad uscire GdR isometrici (basati più o meno completamente su un motore 3D), la tendenza sembra puntare decisamente verso i GdR in terza persona, sulla scia di Morrowind.
I titoli isometrici che sono usciti negli ultimi anni non mi sono sembrati sinceramente innovatori dal punto di vista del gameplay e comunque sono ben noti.
Partendo da Dunegon Siege (Microsoft, 2002), passando per Pool of Radiance: "Ruins of Myth Drannor" (UbiSoft, 2001) e il famoso Temple of Elemental Evil (Atari, 2003), prima trasposizione su computer della celebre e complessa terza edizione del D&D.
È chiaro che la potenza dei nuovi engine 3D sta spostando l'esperienza del gioco di ruolo su computer verso titoli in soggettiva o in terza persona, con risultati grafici indiscutibilmente notevoli e con una capacità evocativa ineguagliabile (vedi Skyrim).
Tuttavia ritengo che la visuale isometrica sia ancora oggi uno strumento preziosissimo in mano ai gamedesigner, sia per rendere al meglio i combattimenti tattici (vedi Baldur's Gate), sia più in generale per costruire dei mondi fantasy davvero credibili e interattivi (vedi Ultima 7).
Se l'obbiettivo è il realismo, il rispetto dei regolamenti originali pen&paper e l'interattività con il mondo, ecco che la visuale isometrica è ancora oggi insuperata. Tanto più quando il mondo non è disegnato a mano, ma costruito "ad oggetti".
Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!
La fantastica recensione di Sartorius ha risvegliato in alcuni baldi componenti del team di OldGamesItalia l'insana volontà di mettere mano al codice di questo gioco per scrollargli di dosso, una volta per tutte, il marchio di "Gioco bello, maaaaa... ultrabuggato!".
Una impresa mai tentata da nessuno!
Sappiamo tutti che la versione italiana, uscita anche in allegato al manuale del giocatore di D&D 3.5, presentava innumerevoli problemi di giocabilità, crash e una esperienza di gioco a tratti dimenticabile. Sappiamo inoltre che le successive patch rilasciate da Atari sebbene risolvessero alcuni bug, purtroppo ne introducevano di nuovi e cosa ben peggiore trasformavano il gioco in inglese.
La nuova patch, applicabile alla versione originale italiana ed alla versione GOG.com inglese comprende le seguenti caratteristiche:
- Più di 100 bug risolti
- Alzato il livello massimo raggiungibile da 10 a 20
- Traduzione originale revisionata e corretta
- Aggiunta la piccante quest originale censurata dal distributore italiano "Ophelia e le sue ragazze"
- Nuova grafica dei box in gioco (si ringrazia per il prestito la community Co8)
- Help in linea corretto e più facile da consultare grazie all'introduzione di maggiori link ipertestuali
- Font più grandi per facilitare la lettura alle alte risoluzioni (>1280*1024)
- (OPZIONALE) Rimozione della fog-of-war nelle città e nelle case di Hommlet e Nulb
Siamo inoltre in contatto con il team che ha lavorato alla traduzione di Baldur's Gate Enhanced Edition (Gli Allegri Buffoni) per trasporre nell'italico idioma anche IL mod per eccellenza di ToEE, Circle of Eight.
SO, STAY TUNED!
Le persone che hanno lavorato alla patch sono: Micartu (traduzione, supervisione, revisione e controllo), Gwenelan (traduzione), TheAncientOne (traduzione) e TheRuler (dll-hack, help, traduzione, revisione e controllo).
Il forum da cui è partito tutto.
La scheda della traduzione da cui scaricare la patch.
Il modulo di gioco del Tempio del Male Elementale è ambientato nelle fantastiche terre di Greyhawk (prima campagna sviluppata dal compianto Gary Gygax) patria dei leggendari incantatori Bigby, Leomund e Otiluke, meglio noti per aver sviluppato gli omonimi incantesimi.
Apoteosi del Dungeons & Dragons, il TdME offre un’avventura impegnativa tarata per un manipolo di cinque avventurieri. L’allineamento del party, prima scelta da effettuare attivando la campagna, riveste un ruolo fondamentale nel determinare l’opening scene che fornisce la motivazione all’avventura. Un gruppo di partenza legale-buono, sarà chiamato a contrastare l’attacco di alcuni briganti a una carovana, anche a rischio della propria vita; un gruppo neutrale-malvagio si diletterà, piuttosto, a bruciare chiese, mentre una comitiva caotico-neutrale avrà come obbiettivo primario il profitto e dunque affronterà un dungeon iniziale opzionale a caccia di tesori e antiche mappe.
C’è del marcio a Hommlet
A prescindere dalla scelta iniziale il gruppo si ritroverà tosto nel piccolo villaggio di Hommlet, in cui è ambientata la prima parte dell’avventura. Il villaggio di partenza, ottimamente reso grazie alla presenza di un urbano comprensivo di tutte le attività artigiane, spicca subito per la notevole attenzione al dettaglio e costituisce un eccellente biglietto da visita che illustra l’ottima grafica del gioco. Nel TdME non c’è una sola locazione che sia trascurata: magazzini, sale di preghiera, taverne, moli e i recessi dello stesso Tempio sono finemente rappresentati. Alle ambientazioni si accompagnano animazioni deliziose e mai appariscenti che ritraggono fogliame che placidamente aleggia nella brezza, minuscole farfalle di pixel e lucciole notturne
Giunti a Hommlet, seguendo la vs. particolare inclinazione, verrete presto a conoscenza degli attacchi di alcuni briganti annidati nella fortezza di palude, antico avamposto del Tempio, e che stanno piagando la città saldamente difesa dagli eroi locali: Burne e Rufus. Alcune missioni elementari, che comprendono risolvere la disputa concernente la costruzione di un nuovo granaio e convincere i cittadini a convertirsi a una delle due fedi dominanti nella piccola comunità rurale (la Vecchia Fede e la religione di St. Cuthbert), possono essere subito trascritte nell’essenziale diario di missione.
C’è da dire che queste prime missioni sono fondamentalmente noiose, né è possibile rinvenire personalità di spicco fra gli NPC. Sviluppato con diversi anni di anticipo sulla filosofia ‘darker e sexier’, il modulo del TdME imbastisce solo un canovaccio di trama che risulta al più una scusa per soddisfare il desiderio di una sana strategia a turni che, ben presto, vedrà erratici dardi incantati saettare per lo schermo.
Il tempio e gli elementi
Nelle fasi avanzate del gioco non mancheranno, com’è ovvio, quegli elementi che danno il titolo all’avventura: aria , terra, fuoco e acqua giocano un ruolo essenziale nell’economia del titolo e nelle dispute che agitano gli abitanti del tempio che funge da vera e propria ‘città’ aggiunta con i suoi residenti e le quest secondarie. Ovviamente, è fra le dedaliche mura del tempio che trascorrerete la maggior parte del tempo.
Le stanze di questo antro del male paiono generate seguendo alla lettera i dettami del D&D classico, con la maggior parte degli ambienti che funge da antro-rifugio per i rispettivi mostri. È sicuramente da lodare l’ampio bestiario fra cui è possibile annoverare esemplari che raramente, se non mai, si sono visti al di fuori di questo contesto come la pittoresca Leucrotta, l’energumeno gigante Ettin o il famigerato Cubo Gelatinoso.
Sulla scacchiera
Il modulo del Tempio del Male Elementale implementa le regole 3.5 dell’Advanced D&D. La varietà di scelta si presenta subito con il classico set di classi (barbaro, monaco, druido,…) e razze (umano, mezz’elfo, nano,…) che consente di creare un party variegato secondo le proprie esigenze strategiche, con il monaco che può fungere da secondo tank, mentre il mago, lo stregone, il druido e il chierico sono a disposizione a seconda che privilegiate la strategia o la ‘forza bruta’ o la potenza curativa.
Il sistema di assegnazione degli attributi (i classici forza, destrezza, costituzione, intelligenza, saggezza e carisma) avviene tramite generazione casuale o assegnazione di punti (qui in un pool limitato, solo 25 a fronte dei 30 a disposizione, per es., da Neverwinter Nights).
È ovvio che il purista, che voglia cimentarsi con l’assegnazione manuale dei punti, dovrà giocoforza creare dei personaggi con forti handicap: a fronte di un punteggio minimo consigliato di 16 nella statistica primaria, e un paio di altre statistiche sopra i 14, occorrerà assegnare una, ma anche due penalità agli attributi meno confacenti alla classe scelta che resteranno quindi, per tutta l’avventura, al di sotto dei livelli di guardia rendendo la realizzazione dei tiri salvezza sovente difficoltosa.
Personaggi di particolare potenza, quali il Paladino, richiedono viceversa una combinazione di attributi valida, senza particolari debolezze, per poterne sfruttare appieno il potenziale, si consiglia pertanto di ricorrere ai bonus di razza per incrementare alcune statistiche e, in ultima analisi, alla generazione casuale (se volete quei 18!). Con il progredire dell’avventura i personaggi possono essere ulteriormente potenziati con l’assegnazione di abilità e talenti in grado di aumentarne a dismisura la flessibilità.
Ogni regola essenziale del D&D è qui presente rendendo l’avventura divertente e impegnativa. Sull’altare della tattica sono state sacrificate comode scorciatoie (come gli elmi che in BG rendevano impossibili i colpi critici). All’ordine del giorno troviamo gli attacchi di opportunità con ogni nemico che proietta un cerchio d’azione giallo al cui interno azioni extra combattimento (come bere una pozione) o che richiedono particolare concentrazione (il lancio di un incantesimo) provocano un attacco aggiuntivo al personaggio.
I corridoi, spesso claustrofobici, e le strette porte, lasciano spazio solitamente per il passaggio, al massimo, di due PG e ostacolano continuamente il movimento costringendo a studiare l’opportuna strategia. È buona abitudine, in una prima fase, inviare uno scout (un mago invisibile o un ranger) all’interno di una stanza per pianificare al meglio la propria partita sulla bella scacchiera di Greyhawk. Portare un ladro, in modalità furtiva, alle spalle del leader dei guerrieri nemici o addormentare un intero gruppo con l’incantesimo di sonno non ha prezzo.
Non scordatevi di ritagliare un posto anche per il vs. arciere o balestriere che sia: se la traiettoria di tiro è ostacolata, da assalitori o compagni, è prevista una forte penalizzazione al tiro per colpire. Non sono da sottovalutare inoltre i diversi tipi di arma la cui scelta, in altri titoli, risulta puramente estetica o meramente legata al danno. Una lancia, per es., è in grado di colpire anche dalla seconda fila aumentando l’arsenale tattico a disposizione. È possibile anche affiliare al party fino a tre mercenari che, tuttavia, esigeranno la loro parte di bottino che verrà dunque sottratta dai ritrovamenti.
Tocca a te
Il combattimento nel TdME segue una meccanica a turni ben diversa dalla canonica modalità di Baldur’s Gate (in tempo reale con la possibilità di pausa tattica).
All’inizio di ogni battaglia viene stabilito un ordine d’azione, per i PG e i loro avversari, in base a un tiro casuale del dado a cui vengono sommati il bonus per la destrezza e l’eventuale talento improved initiative. Durante il proprio turno, ogni PG ha a disposizione un tempo d’azione rappresentato da una clessidra. La clessidra è divisa in due metà: la parte superiore di colore verde chiaro rappresenta il movimento. Spostando il cursore sullo schermo è possibile vedere il tragitto effettivamente percorribile, per quel turno, dal PG in questione con la capacità di movimento sul campo di battaglia determinata da vari fattori quali la velocità intrinseca del personaggio e il peso dell’armatura e l’eventuale ingombro.
La metà bassa della clessidra, di colore giallo, rappresenta il tempo per un’azione standard in cui è possibile, per es., attaccare o bere una pozione. Alcune azioni particolarmente complesse, come il lancio di incantesimi potenziati da talenti metamagici (come empowered) o un attacco totale (i guerrieri dal 6° livello in poi hanno diritto a un attacco aggiuntivo per round), richiedono un turno completo, quindi l’utilizzo integrale del tempo della clessidra. È altresì possibile utilizzare la parte gialla per muovere ulteriormente il personaggio ‘sacrificando’ il turno in favore di un posizionamento migliore (per es. un mago che voglia sfuggire a un gruppo di vendicativi berserker!!).
Why so harduous?
La difficoltà del TdME segue una curva atipica. All’inizio vi è forse il picco maggiore: di fronte all’ignoto, non conoscendo le abilità dei mostri, un gruppo di livello uno, con un pool di p.f. relativamente basso, incontrerà particolari difficoltà risultando vulnerabile soprattutto nella sfortunata eventualità di colpi critici. Nella prima fase è dunque indispensabile pianificare con assoluta precisione le mosse dei propri avatar, tramite il corretto posizionamento sul terreno di gioco e, ovviamente, sperare che il tiro di dadi virtuale giochi a vs. favore, perché anche la migliore strategia può venire vanificata da un tiro salvezza fallito.
Nella fase centrale la difficoltà del gioco si assesta su un livello che definirei medio / basso. Sbloccare incantesimi quali la palla di fuoco e il secondo attacco per i guerrieri consente di aver ragione, con un minimo di strategia, anche dei gruppi più ostici.
L’ultima fase è difficile tanto quanto quella iniziale, ma forse sarebbe opportuno definirla frustrante. Per compensare lo strapotere di alcuni incantesimi e i tre attacchi per round dei vs. tank, il gioco ricorre a boss finali dotati di uno sproposito di p.f. aggravato da un’immunità quasi totale al danno fisico e, come corollario, abilità di evocazione finalizzate a porvi costantemente in inferiorità numerica.
Come ho già detto, il TdME strizza ambedue gli occhi ai puristi. Di default è attivo il danno ad area degli incantesimi, quindi è opportuno mirare con cura quella palla di fuoco, e l’assegnazione dei punti ferita, al passaggio di livello, avvienine tramite il tiro virtuale di un dado vita (stabilito in base alla classe). Per quanto questo approccio sia molto ‘realistico’ occorre tenere conto di certi attacchi devastanti portati, per es., dai giganti delle colline, che arrivano a fare fino a 30 punti di danno (60 in caso di colpo critico). Prima di accettare il compromesso, dunque, ricordatevi che è sempre possibile ricaricare per ottenere un n° di p.f., se non massimo, quantomeno soddisfacente.
Anche la resurrezione di un compagno caduto è pratica gestita secondo i crismi con relativa, e mostruosa, perdita di punti esperienza accompagnata dal possibile danneggiamento dell’attributo costituzione.
Questa processo, a mio giudizio troppo penalizzante, rischia di rendere troppo deboli i personaggi già deboli e obbliga, quasi invariabilmente, al reload di una posizione di gioco precedente. È presente, infine, la temutissima modalità hardcore che prevede, in caso di morte del party, la cancellazione dei salvataggi di gioco.
Il bottino e altri aspetti meno riusciti
Come in tutti i giochi basati sul D&D esistono difetti all’implementazione di abilità e incantesimi, accompagnati da immancabili bachi, qui ancora presenti in discreta quantità*. E così incantesimi in teoria potentissimi, come l’evocativa nube assassina, si rivelano del tutto inutili, mentre l’entagle del 1° livello del druido si rivela efficace fin quasi alla fine del gioco intrappolando con estrema facilità maghi e guerrieri il cui tiro salvezza sui riflessi risulta limitato.
Per la maggior parte del gioco, il party dovrà affrontare numerosi gruppi di combattenti, pochi sono i maghi e, per giunta, poco pericolosi. Potremmo dunque dire che tutti quegli incantesimi tattici di resistenza agli elementi, scudi protezione e altro si rivelano (quasi) inutili, fatta eccezione per l’immancabile stoneskin. L’assenza di trappole al suolo (le uniche trappole da disattivare sono presenti sui forzieri) e le poche serrature da scassinare, rendono la presenza di un ladro nel party del tutto superflua a meno che si decida di dotarlo del talento longsword e farne un guerriero aggiunto in grado di sfruttare il colpo alle spalle per arrecare danno aggiuntivo.
Il bottino nel gioco è alquanto deludente: basso è il numero di forzieri disposti nella mappa, se confrontato con altri giochi, e il loot dei nemici porterà a trovare, sovente, armi e armature di utilità nulla per il party. Questo difetto è ‘voluto’ per spingere il giocatore a utilizzare i talenti ‘creare armi e armature magiche’ e ‘oggetti prodigiosi’, che consentono di personalizzare oggetti magici secondo le esigenze e di realizzare gli indispensabili guanti del potere orchesco.
Nel contesto di un comparto grafico altrimenti eccellente, occorre segnalare le minuscole proporzioni, rispetto alle megalitiche mura del tempio, dei personaggi di gioco che, anche solo alla risoluzione 1024x768, rendono difficile discernere i dettagli dell’equipaggiamento. La ruota delle abilità, del tutto simile a quella di NWN, risulta caotica con l’affastellarsi di abilità, talenti e incantesimi rendendo la selezione di un’azione difficoltosa.
Abituali alle musiche epiche di Soule o di Zur non rimarrete particolarmente colpiti dalla colonna sonora del TdME che, pur vantando alcuni pezzi gradevoli, si ricicla senza posa. Fortunatamente la musica non risulta particolarmente invasiva e, persi come sarete nella furia tattica, diventerà ben presto elemento di sottofondo.
Giudizio complessivo
Nonostante il grado di sfida altalenante e la trama ‘inesistente’, il TdME si rivela un ottima esperienza di GDR a turni che vanta una delle migliori implementazioni delle regole del D&D e un’ampia possibilità di costumizzazione dei personaggi e delle armi. Un’avventura tattica con gli alti e i bassi e le limitazioni tipiche del genere.
Nota tecnica (segnalata da TheRuler)
Sebbene il gioco non permetta di default di usare risoluzioni widescreen, la modalità è comunque compatibile.
Basta aprire il file ToEE.cfg nella cartella del gioco e modificare i seguenti campi:
video_width=1280
video_height=1024
con i valori nativi del proprio monitor. Dovrebbero andare bene tutte le risoluzioni sotto 1920x1080 (che funziona ma scompaiono i personaggi).
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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