La Macchina Del Tempo - Novembre 1987 (Commodore 64): Parte III

 
Bentornati alla nuova puntata de La Macchina del Tempo.
 
Continua la trafila di pubblicazioni sessantaquattriste, davvero una valanga, in cui la macchina Commodore dà sfoggio della propria versatilità in ogni genere, e proprio questa sua qualità di trasformarsi da "quasi-console" a piattaforma per giochi complessi è stata tra quelle più vincenti.
 
L'uscita di Morpheus è quasi un evento, dato che Zzap! ne aveva illustrato lo sviluppo in un appassionante diario, ma il risultato finale è controverso, anche se quel che contava era stato di più il tuffo nel mondo del "game development" per un pubblico quasi a digiuno. 
Il quasi omonimo Moebius: the Orb of Celestial Harmony è pure molto interessante, peraltro mai importato in Europa, per cui bisogna giocarlo su un C64 NTSC. La Origin Systems presenta un RPG ambizioso e unico grazie all'introduzione di combattimenti in tempo reale consegnati all'abilità del giocatore.
 
Uscite originali non ne mancano, e se la variazione su Breakout di Jinks è più che altro bizzarra, Hyper Blob è un puzzle game fresco, simpatico e ancora divertente, così come si fa valere Water Polo, che resta una rarissima simulazione di pallanuoto.
Ad esaltare di più, inevitabilmente, sono due classiconi come la conversione molto apprezzabile di Track & Field che devasta i joystick di una generazione, e soprattutto International Karate +, a livello mondiale uno dei picchiaduro ad incontri più tecnici della sua epoca e semplicemente impeccabile nell'esecuzione. Un simbolo del Commodore 64.
 
A presto per una nuova puntata!
 

Gianluca "Musehead" Santilio, youtuber raffinato che trasmette dalla campagna senese, esperto di retrogame, avventure grafiche e birre. Voce nota anche per le varie partecipazioni a podcast come Archeologia Videoludica e Calavera Cafè, per chi desidera seguirlo ricordiamo, oltre al suo canale YouTube dell'Archivio del Sig. Santilio, anche il suo blog, dove approfondisce i propri video e la pagina Patreon, dove chi vuole può sostenerlo con una donazione mensile.

Wing Commander: Prophecy in italiano su GOG

Siamo contenti di annunciare che un altro gioco si aggiunge alla lista di giochi tradotti in italiano su GOG.com!

Si tratta di Wing Commander: Prophecy, l'ultimo titolo della famosa serie. Oltre al gioco, sono disponibili in versione italiana il Manuale di Volo, le Schede di Riferimento, la Mappa dell'Universo e il Sistema informativo Integrato di combattimento.

Ringraziamo indiana per aver passato a GOG tutti questi contenuti, e vi lasciamo il link per l'acquisto del gioco!

Amiga vs. PC: La sfida dei colori - PARTE III
Un viaggio in due mondi dell'hardware grafico vintage

Nel primo e nel secondo round di questa sfida cromatica tra Amiga e PC nei primi anni '90, abbiamo preso in considerazione giochi d'azione con massiccio e veloce spostamento di grafica 2D e/o scrolling, constatando senza troppi patemi la vittoria dell'Amiga. Se tuttavia la macchina Commodore non poteva su questo fronte essere impensierita dal PC, un altro pericoloso fronte era rimasto sguarnito...

III ROUND: PC POMPATO CONTRO AMIGA PRESO IN CONTROPIEDE

Nel 1990 due case, la Sierra e la Origin, decisero che i 256 colori della VGA li volevano proprio usare, 64Kb di RAM video o meno. I fondali digitalizzati di King's Quest 5 o lo spettacolo di Wing Commander misero per la prima volta il PC al centro dell'attenzione videoludica. Ovviamente i porting Amiga di questi titoloni non potevano mancare, ma...
Abbiamo visto come con sprite hardware e scambi di palette l'Amiga poteva arrivare anche a spalmare centinaia di colori su schermo, ma con un caveat grosso come una casa: la composizione dell'immagine doveva essere stata pensata in funzione di queste procedure. Insomma, le animazioni avrebbero dovuto avere una certa larghezza e un certo numero di colori, le sfumature dovevano essere distribuite su linee orizzontali... Ma se la grafica nasceva su VGA? Non c'era bisogno di porsi questi limiti sul PC, quei 256 colori potevi metterli dove volevi! Non era più questione di finezze tecniche, era solo questione di muscoli. Essendo quasi impossibile il processo inverso, cioè scomporre in aree ciò che nasceva omogeneo, il porting Amiga di un King's Quest 5 non poteva che accontentarsi di... avrete indovinato... esatto: 32 colori, il limite massimo per la grafica "libera" su Amiga. Che botta. Sfumature sparite, aree sporche, dettagli persi: per la prima volta la macchina Commodore subiva lo stesso destino che aveva subito il PC qualche anno prima. L'unica feature tipicamente amighesca usata in queste conversioni era un solo soletto sprite hardware: il cursore del mouse! Anche liberare due-tre colori era importante, in queste condizioni...
Ma era proprio inevitabile che la conversione cromatica fosse così crudele?

La Sierra fu corresponsabile di un affossamento esagerato della macchina: ho infatti realizzato con orrore che le loro avventure grafiche che giravano con il motore SCI1 (quello che su PC offriva i 256 colori e il punta & clicca, per intenderci), una volta portate su Amiga, usavano una palette di 32 colori fissa. Perché mai avranno deciso di non rimappare i colori schermata per schermata, avendone a disposizione 4096? Mistero, specie se consideriamo che il sonoro era piuttosto curato, e che le conversioni grafiche dell'affiliata Dynamix erano invece buone (si veda Rise of the Dragon). Fatto sta che avventure come King's Quest 5, Space Quest 4 o Leisure Suit Larry 5 su Amiga avevano un aspetto orrendo, indegno della macchina, pur tenendone in conto i limiti.

Per fortuna, alla LucasArts c'era chi si muoveva meglio... Nel caso di avventure e giochi a tutto schermo era complicatissimo ricorrere allo scambio di palette (non essendo appunto i cambi di colore su VGA regolati su linee orizzontali), eppure alcuni programmatori di George seguirono una strategia di questo tipo, per i loro adventure game con inventario e interfaccia nella parte inferiore dello schermo. Guardiamo queste schermate dell'immortale Monkey Island 2 - LeChuck's Revenge (1992).L'immagine PC, ovviamente in modalità VGA piena, presenta ben 207 colori. Quella Amiga si difende con... 42! Da dove arrivano? Il gioco su Amiga adotta sempre la modalità a 32 colori, ma è visualizzato combinando due schermi diversi, uno sopra all'altro: quello superiore mostra la schermata di gioco (con palette variabile), quello in basso mostra l'inventario (con palette fissa). La linea di demarcazione nera tra i due schermi è furbescamente mimetizzata dalla naturale cesura orizzontale nera tra le due zone, a due terzi dello schermo. E' possibile comunque notarla con un minimo d'attenzione, perché - fateci caso - il cursore del mouse vi passa sotto!

Nello screenshot qui sopra ci sono per esempio 27 colori per la schermata di gioco e 22 per l'inventario (la somma dà 49, ne deduciamo che in quest'immagine 7 erano in comune a entrambe le zone). Si trattava di salvare il salvabile. Immaginate cosa sarebbe accaduto senza adottare due schermi con palette distinte: se la finestra di gioco avesse condiviso i 32 colori con l'inventario, ne sarebbero rimasti liberi in media una decina!!!
Anche se si perdevano alcuni dettagli, nonché gli effetti di illuminazione progressiva su Guybrush, pochi amighisti rimasero delusi dalla conversione, almeno per quanto riguarda la grafica, che si avvaleva inoltre per la prima volta dello scrolling fluido a 50fps dell'Amiga.
Così come nessuno rimase deluso dal lavoro della Westwood, che usò i 32 colori al meglio per tradurre altri baluardi della VGA: Legend of Kyrandia, Dune 2 e Eye of the Beholder 2 (quest'ultimo l'ho piazzato ad honorem in cima all'articolo).

Umiliata dalla concorrenza, la Sierra aveva provato a rialzare la testa con Conquest of the Longbow, uno dei pochi titoli su Amiga che rischiasse in-game la modalità EHB a pseudo-64 colori (spiegata nella parte II), finalmente con un pizzico di rimappatura qui e lì. Nonostante però una resa migliore delle precedenti, la velocità su un Amiga standard era imbarazzante: al confronto con il buon Robin Hood, un bradipo era Usain Bolt. Dopo Longbow, la Sierra sventolò bandiera bianca, ammettendo di non riuscire a ottimizzare i porting Commodore. Per non lasciare l'amaro in bocca, uscì dalla scena Amiga affidando la conversione di King's Quest 6 ai britannici Revolution Software (quelli di Broken Sword), che con saggezza rimasero sui 32 colori rimappandoli costantemente. Un bagno d'umiltà tardivo.

La vera umiliazione per gli amighisti arrivò nel 1992, quando dopo due anni la Mindscape, su licenza Origin, presentò il porting di Wing Commander. Una lavorazione che qualcuno riteneva impossibile, al limite del vaporware annunciato. Era un momento delicato. Wing Commander era la spettacolarità pura, era il nuovo corso. Vi lascio a contemplare il risultato. No, su Amiga i colori non erano nemmeno 32. Erano 16! Il programmatore Nick Pelling, che prese a cuore il compito, ci provò in tutti i modi: ci fu un rolling demo in EHB, poi scartò i 32 colori per problemi di velocità. Ma i cattivi Kilrathi erano ancora troppo lenti e allora... obtorto collo... 16. Per l'architettura interna dell'Amiga, all'attivazione della modalità a 32 colori, la gestione della memoria rallentava sensibilmente. Era un problema relativo per giochi leggeri negli asset, o per giochi pesanti negli asset ma lenti nel ritmo (come Monkey Island 2), ma Wing Commander, pesante e veloce, sarebbe risultato ingiocabile... Non era quindi il caso di disprezzare Pelling, al quale è legata peraltro una bella storia. Si ammalò gravemente di encefalite durante il lavoro di conversione; un po' per rispetto, un po' perché la committente Origin riteneva il trasloco su Amiga impossibile e secondario, la Mindscape decise di aspettare la sua guarigione e di non assumere un altro coder. Storie d'altri tempi.
Scommetto che qualche appassionato di action avrà deciso di pensionare la macchina Commodore di fronte a questi 16 colori. Certo, due anni dopo sarebbe arrivata la versione a 256 colori per la console Amiga CD32, ma quattro anni di distanza dall'originale PC furono davvero troppi per la reputazione della gloriosa linea.

Dopo due round a favore dell'Amiga, questo giro lo vince quindi a mani basse il PC. La VGA era stata scoperta in tutta la sua gloria. Ma almeno sugli action a scorrimento in 2D l'Amiga aveva ancora l'egemonia assoluta, no? No?

IV ROUND: PC MATURO CONTRO AMIGA RAFFINATO

Facciamo un piccolo passo indietro. Nella I parte avevo scritto che i 16 colori per gli action bidimensionali su PC erano preferibili, perché la memoria video poteva preparare più di un fotogramma per volta, con guadagno di fluidità e velocità. Avevo anche scritto che ciò non era possibile con i 64Kb di RAM video della VGA nella "modalità più semplice". Non ho scritto solo "i 64Kb della VGA", perché... beh... la VGA in realtà di serie aveva 256Kb di RAM video! Per facilità di programmazione e per retrocompatibilità con una sorta di pre-VGA che si chiamava MCGA, ci si limitava a usarne solo 64Kb in una modalità semplificata.
Nel 1991 tuttavia il famoso programmatore Michael Abrash pubblicò sul Dr. Dobb's Journal un articolo in cui sostanzialmente diceva: "Vabbe', mo' basta con 'sti 64Kb. Vogliamo usare tutta la RAM o no? Vogliamo applicare lo stesso processo che applicavamo con i 16 colori allo splendore dei 256?" Abrash ribattezzò queste tecniche di programmazione (per molti una vera rivoluzione) con il nome di "Mode X": lui stesso ammetteva di non averle inventate, ma di volerle solo condividere, a differenza di altri programmatori che le conoscevano e le avevano usate senza troppa pubblicità. A cosa si riferiva? Forse a questo? La versione PC del coin-op Golden Axe della Sega, datata 1990 (!!!), è ancora oggi ricordata con piacere: sfido io, si presentava con scrolling fluido, animazioni grandi e una trentina di colori su schermo. VGA pura, e spiando tra le pieghe degli emulatori.... scopriamo che era in "Mode X", ancora prima che Abrash lo battezzasse!

Mosche bianche a parte, dopo la pubblicazione dell'articolo di Abrash, il PC osò salire sul ring dell'Amiga con regolarità, lasciandosi definitivamente alle spalle le palle al piede EGA e CGA. Guardiamo cosa ci combinò il Mode X nel 1993, con il porting PC di una pietra miliare del platform come James Pond 2 - Robocod (Millennium), di due anni prima. Su Amiga il classico di Chris Sorrell girava a 16 colori, con uno sfondo monocromatico in parallasse, colorato in tempo reale tramite scambio di palette: in quella schermata i colori alla fine sono una trentina. Con la VGA libera e bella, il merluzzo bionico sul PC ne offriva altrettanti, pur con un parallasse diverso (forse perché lo scrolling era più facile da gestire con un pattern più piccolo? Chissà).

Ma sempre grazie al Mode X il PC nel 1994 andò oltre e osò l'inosabile: Superfrog. Osserviamo prima quest'immagine. Eroe del periodo tardo dell'Amiga, quando l'uso del computer si sposava alla finezza, il ranocchio supereroico dei Team 17 offriva una grafica in 320x256 a 32 colori, organizzata in-game in modo elegantissimo. Solo la barra di stato in alto mostra 36 colori: sarebbero 27, ma ci sono due scambi di palette nella prima e nell'ultima linea della barra (!), giusto per creare una leggera ombreggiatura. Tiè, finezza del grafico Rico Holmes, tanto per gradire. La finestra di gioco è disegnata con un'altra palette variabile di 32 colori (nello screenshot ce ne sono 30). Infine, ciliegina sulla torta per usare tutte le possibilità dei chip, il protagonista e il contatore delle monete in basso a destra sono sprite hardware. Tra ripetizioni, sprite e aree dello schermo diverse, l'immagine Amiga di cui sopra alla fine vi sbatte in faccia 57 colori. E per raggiungerli il Team 17 non ebbe nemmeno bisogno delle solite barre di colore acide. Ora passiamo al PC. Per ragioni di diversa risoluzione e scrolling, che per questo titolo doveva essere fluidissimo e veloce, gli autori della versione PC decisero di liberarsi della barra di stato, rendendo alcune informazioni a scomparsa e collocando il tempo rimanente in basso a destra. Ma fu l'unico strappo grafico.
I colori nella finestra di gioco erano esattamente gli stessi, e per giunta la versione PC si avvaleva grazie al Mode X di una risoluzione comunque leggermente più alta del solito 320x200, cioè 320x240. Cosa più significativa, girava in scioltezza sfiorando i 60fps! C'erano differenze rispetto al controllo del personaggio su Amiga (su PC il gioco era più veloce e più difficile anche a livello "facile"), ma quello che ci interessa in questa sede è che non c'erano più sensibili compromessi estetici.

Un cattivo bilancio per l'Amiga. Battuto sul fronte avventure, gdr e grandi produzioni, cominciò a trovarsi il PC in casa propria, nell'universo arcade. Lì vinceva ancora, ma il punto era un altro: perché case come la Millennium o i Team 17 azzardavano versioni PC di giochi che fino a due anni prima sarebbero risultati tecnicamente proibitivi per gli IBM compatibili, nonché alieni a quell'utenza? Risposta semplice: in due anni, dal 1991 al 1993, il serio PC era diventato una macchina da gioco a 360°.
Nella prossima e ultima parte tireremo le somme su questa appassionante battaglia, non prima di aver discusso di casi particolari, cioè di alcuni giochi che, come il citato Golden Axe, sovvertirono in parte le regole descritte fino ad ora in questi articoli...

A cura di: Domenico "Diduz" Misciagna

Nuvie - Un Engine per Ultima VI

Nuvie è un engine open source amatoriale creato per far girare Ultima VI: "The False Prophet" sui moderni sistemi operativi. Nelle intenzioni dei programmatoi dovrà presto essere in grado di gestire anche i due spinoff della serie "Worlds of Ultima": Martian Dreams e Savage Empire.
Un po' come Exult per Ultima VII e Pentagram per Ultima VIII.

Nuvie ha recentemente rilasciato, in occasione del ventennale di Pagan, una nuova versione. Ora Ultima Vi è completabile al 100% godendo anche di importanti migliorie, fra cui la possibilità di attivare la visuale a schermo intero (in stile Ultima VII) e di godere di nuovi sprite personalizzati per certi PNG.

Potrebbe essere l'occasione giusta per (ri)giocare a questo intramontabile classico del passato!

Visita il sito di Nuvie

Notizia Ultima 7 - Aggiornata la traduzione dei mod!

Pubblichiamo le versioni italiane aggiornate del Keyring Mod (un mod amatoriale per Ultima 7 part 1: "The Black Gate") e del Serpent Isle Fixes Mod (un mod amatoriale per  Ultima 7 part 2: "Serpent Isle")

Il Keyring Mod, oltre a correggere alcuni bug del gioco originale, aggiunge al gioco delle quest aggiuntive e altre features particolarmente utili e interessanti.
Il Serpent Isle Fixes Mod invece corregge alcuni importanti bug del gioco originale ed è altamente consigliato a chiunque voglia avventurarsi sull'Isola del Serpente!

Entrambi i mod sono opera di Marzo Sette Torres Jr.
Al solito il faticosissimo lavoro di aggiornamento è stato svolto da Toniak, a cui vanno tutti i nostri ringraziamenti!

Scarica il Keyring Mod in Italiano dal sito di OldGamesItalia

Scarica il SIFixes Mod in Italiano dal sito di OldGamesItalia

Commenta la traduzione di Ultima 7 sul nostro forum

La storia dei Gdr - capitolo quarto
I Giochi di Ruolo Isometrici

Per giochi di ruolo isometrici si intende quei giochi in cui l’azione viene visualizzata "a volo d’uccello", con la telecamera posta in alto e leggermente inclinata.
Questo tipo di impostazione grafica riflette solitamente (ma non sempre, vedi Ultima 7) un gameplay incentrato sul combattimento tattico, solitamente a turni.
Senza dimenticarsi però che, agli albori del genere, quando i limiti tecnici erano più stretti, la visuale isometrica ha consentito ai gamedesinger di portare l’avventura fuori dagli angusti limiti dei dungeon, nelle sconfinate terre aperte del fantasy!

LE ORIGINI:
Anche in questo caso, come per i gdr in soggettiva, preferisco non sbilanciarmi troppo sulle origini del “genere”. Non avendo avuto modo di giocare i primi giochi isometrici al momento della loro pubblicazione, li ho in seguito trovati poco appetibili per rigiocarli, a causa dei limiti grafici e delle interfacce ostiche. E quindi non li conosco molto.
Mi limito qui a segnalare alcuni capostipiti interessanti, che comunque reputo degni di una prova.

Il primo da citare è ovviamente Ultima I: "The First Age of Darkness" (Origin, 1981), che utilizzava la visuale isometrica per l’esplorazione degli esterni e delle città. Il gioco è l'ennesimo esempio di come i limiti tecnici andassero a incidere sul gameplay; tanto è vero che Richard Garriott si risolse ad usare la visuale "isometrica" per gli esterni e quella in soggettiva per i dungeon (più, ovviamente, quella ad hoc per lo spazio - per i temerari che l'hanno portato a termine!).
Ad ogni tipologia di gameplay la sua impostazione grafica.

La vera pietra miliare di questa prima generazione di giochi di ruolo isometrici è però indiscutibilmente lo storico e bellissimo Pool of Radiance (Strategic Simulations, Inc. – 1988). Il gioco fu il primo di quattro indimenticabili titoli costruiti dalla SSI utilizzando il "Gold Box Engine":  Curse of the Azure Bonds (1989), Secret of the Silver Blades (1990), and Pools of Darkness (1991), a cui seguirono altri titoli ancora negli anni seguenti. Anche il Gold Box Engine utilizza la prima persona in soggettiva per l'esplorazione dei dungeon e la visuale isometrica per i combattimenti (all'aperto e al chiuso).
La saga iniziata con Pool of Radiance resta celebre, oltre che per la profondità di gioco e l'ottimo gameplay, per essere il primo titolo in assoluto a utilizzare la licenza ufficiale di D&D, che la TSR aveva concesso alla SSI dopo aver constatato il grande successo della saga di Ultima.
Giusto per curiosità, credo valga la pena aggiungere che fra le società che richiesero alla TSR i diritti del AD&D c'erano anche la EA (aaargh!) e la Sierra.

       

LA SECONDA GENERAZIONE:
La strada aperta da Pool of Radiance viene percorsa negli anni dalla SSI con grande maestria, ma senza la forza e la capacità di innovare veramente: si continuava a fare quello che si era sempre fatto, soltanto con qualche miglioria grafica e strutturale minore.
Tuttavia il loro Dark Sun: Shattered Lands (1993), pur realizzato con un motore nuovo ma ancora acerbo (il Dark Sun Engine), è un notevole passo avanti. Sia per il netto salto di qualità nella grafica, sia –soprattutto- per l’ottimo sistema di combattimento, che riproduceva in modo fedele (e divertente!) le regole dell’AD&D.
Il mondo di gioco (per quanto costruito “ad oggetti” e non con fondali disegnati) era ancora ben poco manipolabile, però il gioco era avvincente e riusciva a raccontare in modo soddisfacente la sua storia, riproducendo in modo fedele la bellissima ambientazione di gioco.

I giochi che seguirono, anche da parte di altre SH, non si discostarono troppo da questo schema.
Vale forse la pena segnalare anche gli altri giochi, sempre della SSI, basati sempre sul Dark Sun Engine, perché anche questi offronto un more of the same decisamente divertente e all'altezza delle aspettative; si tratta di: Dark Sun 2: "Wake of the Ravager" (1994 - leggendario e difficilissimo il suo colossale scontro finale!), Al-Quadim: "The Genie’s Curse" (1994) e Entomorph: "Plague of the Darkfall" (SSI, 1995). Quest'ultimo è un ottimo titolo che conclude però con un grosso insuccesso commerciale l'esperienza del Dark Sun Engine, nonostante la bella trama, l'alta risoluzione introdotta dal gioco e il supporto del CD-Rom e quindi di un comparto tecnico all'avanguardia. Tutti questi titoli dimostrano come, anche per i gdr isometrici, ci sono voluti molti anni per recepire le novità introdotte da altre SH più intraprendenti.
Da non dimenticare, quando si parla dei giochi SSI dgli anni '90 l'importante e innovativo MMRPG  Dark Sun Online: "Crimson Sands" (praticamente sconosciuto qui in italia).

        

Un titolo estremamente significativo di questa “seconda generazione” di giochi di ruolo isometrici è rappresentato sicuramente da Ultima 6: "The False Prophet". Datato 1990 (e quindi antecedente al Dark Sun Engine), il gioco della Origin apre con il suo motore grafico nuove strade, che saranno poi battute e perfezionate dal suo seguito (Ultima 7).
Le innovazioni sono tantissime, ma il gameplay non ha ancora quella stupefacente profondità e immediatezza della generazione successiva.
Ultima 6 ci presenta un mondo enorme, liberamente esplorabile, anni luce distante per profondità e credibilità dalle limitate mappe di Dark Sun (ma anche -diciamocelo- da quelle di Baldur’s Gate!!!).
I fondali, non disegnati a mano ma costruiti con oggetti, presentano un’interattività mai vista prima in un gioco per computer, che consente al gioco di raggiunge un realismo fino ad allora inimmaginabile. Basti dire che il motore che muoveva la Britannia di Ultima 6 era talmente avanzato da essere riutilizzato, molti anni dopo, come base per l’engine di Ultima On-line (era il 1997).
La grafica in finestra (e non a schermo intero come nel Dark Sun Engine) ci appare però oggi troppo superata e l’interfaccia, certo rivoluzionaria per quel tempo (il mondo dPC doveva ancora conoscere Windows e già Ultima 6 funzionava esclusivamente tramite mouse!), oggi risulta ostica e toglie moltissimo all’immediatezza del gioco.
Tuttavia, nonostante la scarsa giocabilità odierna del titolo, ad Ultima 6 va riconosciuto il gran merito di aver dimostrato che la grafica isometrica non è funzionale solo ai combattimenti tattici, ma anzi è lo strumento ideale su cui costruire un mondo credibile e raccontare una storia di grandissima profondità.
Ultima 6 è anche uno dei pochissimi giochi di ruolo che conosco che non si conclude con uno “scontro finale contro il super boss”: un’autentica perla, che dona nuova dignità al genere e corona in modo perfetto una storia tutt'altro che banale che affronta in chiave fantasy il tema del razzismo.

        

LA TERZA GENERAZIONE:
Andando avanti negli anni, notiamo che anche i GdR isometrici tendono a dividersi in due categorie (in base ai loro engine grafici e quindi in base al gameplay che propongono).
Da una parte abbiamo i successori di Dark Sun, prevalentemente caratterizzati da sfondi disegnati a mano o comunque scarsamente interattivi; solitamente incentrati sul combattimento a turni..
Dall’altra parte i successori di Ultima 6, che presentono mondi costruiti “per oggetti”, sempre più dettagliati e credibili e che fanno dell’interattività e della storia la loro bandiera. Spesso lasciando il combattimento e le stats in secondo piano.

La "terza generazione" è inevitabilmente segnata dall'uscita di Ultima 7 Part 1: "The Black Gate" (Origin, 1992). Se confrontate le date, vedete che Ultima 7 esce prima di Dark Sun, pur surclassandolo da ogni punto di vista; limpido esempio di quale scarto tecnologico potesse esistere all'epoca fra un gioco e l'altro. Ecco che Ultima 7 supera di gran lunga ogni aspettativa e segna un nuovo standard di interattività e immersione per i mondi virtuali. Mai come allora un mondo virtuale era stato tanto credibile e affascinante nella sua complessità.
Non mi sembra necessario spendere altre parole su Ultima 7, se non per aggiungere che –ahimè!- non ha avuto il seguito di cloni che era legittimo aspettarsi. E credo che la spiegazione sia abbastanza semplice: non c’è dubbio che sia molto più rapido e meno costoso creare un gioco “alla Dark Sun” piuttosto che un clone di Ultima 7 e non è assolutamente detto che il primo venda meno del secondo!

Due dei pochi cloni all’altezza dei due Ultima 7 Part 1 sono proprio… Ultima 7 Part 2: "Serpent Isle" (1993) e Ultima 8: “Pagan” (Origin, 1994). 
Soffermiamoci su Ultima 8; a causa dell’aggiunta di numerosi elementi arcade e di un più generale stravolgimento delle macchine e dei cliché della saga, il gioco è stato bistrattato dai fan di Ultima e si è rivelato un sonoro flop di incassi (tanto è vero che si è perfino arrivati alla cancellazione del suo datadisk, pur praticamente ultimato: Ultima 8: "The Lost Vale"). La verità, credo, è che Ultima 8 è un buon gioco e l’unica sua pecca è di mancare (almeno in parte) proprio nella cura della storia e dei PNG, cioè nei due elementi che più di tutti distinguono la saga di Ultima.
Comunque, per il discorso che qui interessa, rilevo che Ultima 8 rappresenta uno dei punti di arrivo dei GdR isometrici “ad oggetti”, presentando una grafica e delle animazioni di altissimo livello, con un mondo di gioco ricco e dettagliato.

       

Altri titoli isometrici dotati di una grandissima ambientazione e di un’elevata interattività con l'ambiente circostante sono stati Fallout (Interplay, 1997, e il suo seguito Fallout 2 datato 1998 sivluppato da Black Isle Studios - sì, quelli di Baldur's Gate!), un capolavoro del genere che ogni appassionto di gdr dovrebbe aver giocato, e Arcanum: "Of Steamworks & Magick Obscura" (Sierra Troika Games, 2001).
Non meno piacevoli e significativi sono Final Fantasy VII (Sqaure, 1997) e Final Fantasy VIII (1999), sui quali però qui non ci si soffermerà, appartenendo anche al genere di JRPG..
Tutti questi titoli possono senz’altro competere ad armi pari con Ultima 7, ma testimoniano anche come si fatichi a fare un vero e proprio ulteriore salto in avanti nel realismo e nell’interattività con il mondo circostante. Da questi punti di vista il capolavoro di Richard Garriott resta probabilmente l'apice del genere.

       

L’altro filone di questa generazione di GdR isometri è occupato dal mai sufficientemente lodato Infinity Engine, sviluppato dalla BioWare per Baldur’s Gate (Interplay Black Isle Studios, 1998).
L’Infinity Engine è caratterizzato da un innovativo (e estremamente divertente!) sistema di combattimento in tempo reale, nel quale però si può mettere in pausa per preparare accuratamente la propria strategia. Come era accaduto molti anni primi con Eye of Beholder, ritengo che sia stata la grande semplicità d’uso a fare dell’Infinity Engine un grandioso successo commerciale capace di rilanciare su scala mondiale i GdR isometrici.
L’altra caratteristica di questo innovativo motore di gioco sono, appunto, gli sfondi disegnati a mano. Indubbiamente di una bellezza disarmante, impongo però al gioco un’interattività con l'ambiente di gioco ridotta al minimo; forse perfino inferiore a quella del suo predecessore spirituale Dark Sun (con cui Baldur’s Gate ha innegabilmente moltissimi punti in comune, oltre alla licenza del D&D).
Di certo però in tema di divertiento l'Infinity Engine è un degno successore del Dark Sun Engine e dell'ancora precedente Gold Box Engine, sapendo riprendere la tradizione degli storici titoli SSI e riuscendo a traghettarla con successo nel nuovo millenio.

       

E’ così che la BioWare si fa carico della decennale eredità della SSI, occupando saldamente il suo posto nel cuore degli appassionati di GdR.
Come da tradizione a Baldur’s Gate seguono numerosi seguiti (divisi fra seguiti veri e propri e data disk) e altri giochi ugualmente basati sull’Infinity Engine. Fra questi vale la pena ricordare almeno il fantastico Planescape (1999) e Icewind Dale (2000), quest'ultimo decisamente più votato al combattimento.

       

A questo filone dei giochi dotati di una scarsa interattività con l'ambiente di gioco appartengono a pieno titolo i due Diablo (Blizzard, 1996 e 2000), caratterizzati da una vocazione al combattimento in tempo reale ancora più marcata, al punto di collocarli a pieno titolo nella "nuova" categoria degli hack'n'slash. Al riguardo si è discusso a lungo se tale categoria sia una specie del più ampio genere "gioco di ruolo" oppure no. Ma questa discussione ci porta lontano dagli scopi di questo articolo e quindi non l'approfondiremo.

        


IL FUTURO
:
Come ho già detto, l’avvento di sofisticati motori 3D spezza il legame fin qui osservato fra grafica e gameplay.
E, se continuano ad uscire GdR isometrici (basati più o meno completamente su un motore 3D), la tendenza sembra puntare decisamente verso i GdR in terza persona, sulla scia di Morrowind.

I titoli isometrici che sono usciti negli ultimi anni non mi sono sembrati sinceramente innovatori dal punto di vista del gameplay e comunque sono ben noti.
Partendo da Dunegon Siege (Microsoft, 2002), passando per Pool of Radiance: "Ruins of Myth Drannor" (UbiSoft, 2001) e il famoso Temple of Elemental Evil (Atari, 2003), prima trasposizione su computer della celebre e complessa terza edizione del D&D.

       

È chiaro che la potenza dei nuovi engine 3D sta spostando l'esperienza del gioco di ruolo su computer verso titoli in soggettiva o in terza persona, con risultati grafici indiscutibilmente notevoli e con una capacità evocativa ineguagliabile (vedi Skyrim).
Tuttavia ritengo che la visuale isometrica sia ancora oggi uno strumento preziosissimo in mano ai gamedesigner, sia per rendere al meglio i combattimenti tattici (vedi Baldur's Gate), sia più in generale per costruire dei mondi fantasy davvero credibili e interattivi (vedi Ultima 7).
Se l'obbiettivo è il realismo, il rispetto dei regolamenti originali pen&paper e l'interattività con il mondo, ecco che la visuale isometrica è ancora oggi insuperata. Tanto più quando il mondo non è disegnato a mano, ma costruito "ad oggetti".

Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!

20 anni di Ultima 8

Sono passati ormai 20 (VENTI!) anni dall'uscita di Pagan, l'ottavo e controverso titolo della saga di Ultima. La svolta dark e vagamente più action rappresentata da questo capitolo non piacque a tutti i fan, che ancora oggi sono divisi fra coloro che lo amano e coloro che lo odiano.

È comunque un gioco che ha fatto la storia, con molti elementi di gameplay ancora oggi interessanti e che ha saputo ispirare molti altri titoli seguenti.

E voi cosa ne pensate? Venite a dircelo qui sul forum di OGI!

La storia dei Gdr - capitolo terzo
I Giochi di Ruolo in Soggettiva

LA STORIA DEI GIOCHI DI RUOLO IN SOGGETTIVA

I giochi di ruolo in soggettiva sono quei giochi in cui l’avventura viene vissuta attraverso gli occhi dei nostri personaggi.
Agli albori, ben prima dell'arrivo delle moderne schede grafiche, era una sorta di 3D "primitivo". Costretti in un ambiente bidimensionale, i movimenti del party non avvenivono in modo fluido a 360°, ma bensì "di quadrato in quadrato", quasi una sorta di Myst primitivo. E, come se non bastasse, non ci si poteva nemmeno guardare intorno a 360° gradi, ma solo a destra o a sinistra, di 90° alla volta.
È del tutto evidente come un tale limite tecnico influì in maniera determinante sul gamplay di un'intera generazione di titoli. Si può dire che non fu il gameplay a ideare la rappresentazione grafica di sé stesso, ma il contrario.

LE ORIGINI:
La visuale in soggettiva viene usata per la prima volta in un gioco di ruolo (che non sia un semplice “esci dal labirinto”) in Akalabeth: "World of Doom", il predecessore del più noto Ultima I. Era il 1979 ed il gioco era programmato per Apple II.
La grafica dei dungeon, che definirei "stilizzata" (tecnicamente la si può definire "grafica renderizzata in wireframe"), era accompagnata da un interessantissimo generatore casuale di labirinti, che ritroviamo riproposta di quando in quando in altri giochi, per arrivare poi -infinitamente più avanzato!- in Daggerfall.
Questa "generazione" di gdr in soggettiva è caratterizzata da un'interfaccia testuale con controlli esclusivamente da tastiera, da combattimenti a turni, da un’interattività tutto sommato limitata rispetto agli standard successivi, ma anche da una difficoltà notevole.
Infatti, come è accaduto in tanti altri generi, all'introduzione di interfaccie punta e clicca più user friendly, corrisponde poi anche una graduale massificazione del genere e un conseguente drastico abbassamento della difficoltà e della longevità dei titoli.
Questa generazione, che negli anni ha raggiunto anche vette notevoli di grafica e di gameplay (vedi ad esempio Might & Magic II: "Gates to Another World" del 1988), mi sembra però oggi afflitta da una scarsa rigiocabilità. La grafica scarna, le interfacce complesse e un gameplay decisamente superato, ne fanno dei giochi decisamente non più appetibili per il giocatore medio.

 

IL PERIODO D’ORO:
Il periodo d’oro per i gdr in soggettiva si apre con il grandioso Dungeon Master della FTL Games. E’ il 1989.
E’ difficile elencare quali fossero le caratteristiche veramente uniche ed innovative di Dungeon Master. La verità è che questo gioco fa cose già viste, ma le fa alla perfezione! La prima di queste è ovviamente l'introduzione di un'interfaccia grafica, completamente utilizzabile tramite mouse.
Fu un immediato successo di pubblico e di critica, che aprì la strada ad un numero infinito di cloni.

Con Dungeon Master il gameplay di questi giochi diviene completamente basato su tre elementi distinti, che convivono in misura diversa a seconda del titolo: esplorazione, combattimenti in tempo reale ed enigmi di logica.
Per finire va segnlato come con le nuove interfaccie grafiche gestite interamente tramite mouse, i gdr diventano finalmente sufficientemente immediati e divertenti: finalmente accessibili per chiunque. E anche di questo dobbiamo ringraziare sicuramente Dungeon Master.

I titoli più famosi di questa generazione appartengono indiscutibilmente alla saga di Eye of Beholder (dei Westwood Studios, il primo capitolo è del 1990): avvincente ed immediato, ma al tempo stesso molto lineare e ripetitivo.
Parte del loro successo è dovuto sicuramente alla licenza ufficiale del AD&D, ma anche ad una notevolissima semplificazione delle meccaniche di gioco e al drastico abbassamento del livello di difficoltà rispetto al maestoso e difficilissimo Dungeon Master.

 

Accanto a Eye of Beholder, sorgono però altre storiche saghe fantasy, fra cui quella di Ishar (della Silmarils – il primo capitolo -Ishar: "Legend of the Fortress"- esce nel 1992).
Contemporaneamente anche le altre saghe storiche, tipo quella di Wizardry (della mai sufficientemente compianta Sir-Tech Software), corrono ai ripari e si adeguono ai nuovi standard.

Da vero appassionato del genere, trovo che l’apice di questi giochi fu raggiunto con Might & Magic 4: Clouds of Xeen (New World Computing, 1992), che poteva essere unito al suo seguito (Might & Magic 5: Darkside of Xeen, 1993), per formare il maestoso World of Xeen: un’epica avventura che rappresenta senz’altro l’apoteosi del trio "esplorazione + combattimenti + enigmi".

 

Questa generazione di gdr in soggettiva si conclude non molto tempo dopo che era nata: era il 1993 e la Westwood (orfana della SSI e quindi "espropriata" della saga di Eye of the Beholder) se ne esce con Lands of Lore.
Il gioco, nelle intenzioni degli sviluppatori, avrebbe dovuto innovare significativamente il genere, pur restando un titolo completamente 2D. Rivisto con gli occhi di oggi, Lands of Lore è in realtà un titolo ancora fortemente ancorato alla tradizione, ma sostanzialmente privato di uno dei tre elementi cardine del gameplay dei gdr in soggettiva: l'esplorazione. Infatti, fra i pareri contrastanti degli appassionati, introduce definitivamente l'auto-mapping. 
La SSI risponde a Lands of Lore con Eye of the Beholder 3: "Assault on Myth Drannor". Privo di automapping, all'epoca il titolo fu ampiamente criticato. Chi scrive lo ritiene invece probabilmente superiore a Lands of Lore.
Quel che è certo è che i due titoli sono il simbolo di un gameplay che stava per per cedere definitivamente il testimone...

 

IL FATICOSO PASSAGGIO AL VERO 3D:
E’ il 1992 quando un fulmine a ciel sereno mette in ginocchio più di un game designer: esce Ultima Underworld: "The Stygian Abyss".
Mentre le varie software house storiche del periodo (SSI, Westwood, Sir-Tech, New World Computing, ecc.) si crogiolano nei loro motori bidimensionali, la Origin (allora sempre di proprietà di Richard Garriott – abbasso la EA!), insieme alla Blue Sky Production (poi diventata la celebre Looking Glass) scuote il mondo dei giochi di ruolo: un motore finalmente 3D, tecnicamente superiore e in anticipo rispetto a quello di Doom, un gameplay completamente nuovo, un’interattività fino ad allora neppure immaginabile, un dungeon *vivo* pieno di PNG con cui interagire… insomma: un’altra dimensione (di nome e di fatto)!
È la rivoluzione di un genere: nuovo gameplay, un nuovo livello di realismo, un mondo virtuale finalmente credibile!

Le altre SH rispondono come possono o… non rispondo affatto.

La SSI cerca di adeguarsi ai nuovi standard con Ravenloft: "Strahd's Possession" (1994). Il gameplay resta lo stesso di Eye of Beholder, ma applicato senza modifiche ad uno scarno motore 3D dà come risultato un pessimo gioco.
Ne seguono anche altri, prodotti con lo stesso engine, fra cui Ravenloft 2: "The Stone Prophet" (1994) e Menzoberranzan, però (nonostante la licenza AD&D, il conte vampiro e i drow -questi ultimi di gran moda in quegli anni-) il risultato non cambia: gli ambienti di gioco sembrano spogli, insignificanti e superati.
Non a caso la licenza di AD&D passera nelle mani più meritevoli e innovative dei creatori di Baldur's Gate, che rinunceranno a competere sul campo del 3D e sforneranno il grande capolavoro isometrico (mosso dall'Infinity Engine) che tutti conosciamo.

 

Più in ritardo, ma anche in modo più convincente, arriva la risposta della New World Computing. Con Might & Magic VI: The Mandate of Haven (1998, sei anni dopo UU1!) riescono a riproporre il vecchio gameplay (esplorazione + combattimenti + enigmi) in un mondo 3D. L’esperimento riesce (tanto è vero che seguiranno altre 2 capitoli di notevole successo, con medesimo gameplay e medesimo motore 3D), ma è palese che il futuro del genere risiede ormai altrove…

Anche i Westwood, con la loro neonata saga di Lands of Lore, cercano di adeguarsi, ma in ritardo (Lands of Lore 2: "Guardians of Destiny" esce che è già il 1997) e senza un autentico slancio innovativo, anzi forse regredendo ad una tipologia di gioco di ruolo più immediato e semplificato. Una delusione per i puristi del genere, in cerca delle sensazioni dei vecchi giochi di una volta o del realismo di Ultima Underworld..

L’unica risposta all’altezza ad Ultima Underworld viene dalla Beteshda Softwork. E’ il 1993 ed esce The Elder Scrolls: "Arena".
Un gioco all’altezza dei nuovi standard tecnici, ma che coraggiosamente batte una nuova strada. Se Ultima Underworld punta sul realismo e l’interattività, Arena punta sulla libertà d’azione.
Ultima Underworld è un grosso dungeon di "soli" 8 livelli, ma creati come fossero un vero ecosistema: ogni PNG ha una sua storia ed è caratterizzato come il personaggio di un libro; le quest sono costruite in modo articolato e con grande cura; ecc.
Arena (e più ancora il suo seguito: Daggerfall, 1996) è un mondo di dimensioni mai viste. Agli 8 livelli di Ultima Underworld contrappone decine e decine di dungeon, la maggior parte dei quali generati casualmente. Ai pochi ma indimenticabili PNG di UU, Arena contrappone città popolate come non mai... ma i dialoghi sono quasi sempre uguali. Decine e decine di quest secondarie, carriere da intraprendere, dungeon da esplorare… insomma, libertà d’azione al posto di realismo del mondo di gioco.

Due concezioni di gioco di ruolo innovative e… alternative.

IL FUTURO
Con i moderni motori 3D sembra che ormai sia la visuale in prima (o terza) persona ad aver preso il sopravvento su quella isometrica.

Il vero salto di qualità nella rappresentazione 3D del mondo di gioco mi sembra sia stato fatto da Ultima 9: Ascension (1999).
Un gioco ricco di bug e forse deludente per i fan della serie, ma senz’altro un notevole passo avanti come engine di un gioco di ruolo. Un mondo vero, con torri e montagne, tutto esplorabile senza dover attendere noiosi caricamenti.

Sul fronte del gameplay mi sembra che si ripropongano tuttora i due schemi introdotti da Ultima Underworld e Arena: realismo vs. libertà d’azione.

Nella prima categoria figurano, fra gli altri: Ultima 9 (1999), Gothic (2001), Arx Fatalis (2002), Vampire - The Masquerade: Bloodlines (2004).

Per la seconda categoria credo che basti un nome su tutti: The Elder Scroll: Morrowind (2002). E certo in questo secondo filone mi sembrano inserirsi -con le dovute distinzioni!- quasi tutti i MMORPG.

Credo che l’attuale successo della libertà d’azione nei gdr sia dovuto ad una serie di fattori:
- l’immediatezza e l’attrazione offerta dalle maggiori possibilità di max playing. Unito al fascino del grande pubblico per il freeroaming e per le dinamiche da mondo sandbox.
- La somiglianza del gameplay di questi giochi con quello dei sempre più diffusi MMORPG, caratterizzati da quest e da un livello di libertà di azione molto simili. E, alla base, da un farming estremo (che ha raggiunto vette stratosferiche nel recente Skyrim) e da una ricerca costante dal max playing.

 

Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!

Addio Aaron Allston!

Con colpevole ritardo e una sincera tristezza, diamo la triste notizia della scomparsa avvenuta il 27 Febbraio 2014 di Aaron Allston, poliedrico autore di fantasy e sci-fi.

Nella sua lunga e prolifica carriera ha scritto romanzi, fumetti, giochi di ruolo cartacei e videogiochi di ruolo.
Aaron Allston è stato l'ennesimo di tanti Texani che hanno arricchito i nostri hobby preferiti.
Con la sua opera ha arricchito l'universo di Star Wars, il fantastico mondo di Mystara (l'ambientazione originale del Original Dungeons & Dragons) e le celebri saghe di Ultima e di Wing Commander.

Chi scrive però non smetterà mai di ringraziarlo per due sue opere in particolare: il leggendario atlante di Mystara intitolato "Il Granducato di Karameikos" e il bellissimo gioco "The Savage Empire".

Addio, Aaron!

 

Ultima VII Serpent Isle tradotto!

Questa che vedete qui sopra è la faccia di chi aspettava questo giorno da 19 anni (dal 25 marzo 1993, per l'esattezza).
Da oggi non servirà più essere così tesi, perché la traduzione di Serpent Isle è finalmente completa e disponibile per il download.

Ci sarebbe tanto da dire, nomi da fare, aneddoti da raccontare, ma non sono particolarmente bravo a fare discorsi, per cui lascerò che sia la nostra patch a parlare.

Buon divertimento.

SCARICATELA!!!
Venite a rovinarci la festa nell'OGI Forum, segnalando errori e imprecisioni

Teniamolo d'occhio: Wing Commander Saga - The Darkest Dawn

Quando si ricorda la chiusura di Origin Systems, spesso il ricordo va a Richard Garriott e alla saga di Ultima. Eppure la casa di Austin (Texas) era famosa anche per uno dei capisaldi della science fiction su computer: la serie di Wing Commander.

Sono passati ormai 15 anni dall'ultima volta che abbiamo indossato il nostro casco da pilota per affrontare i crudeli Kilrathi, per sventare i complotti di un pazzo assetato di potere o per difendere l'umanità da una minaccia giunta da un'altra dimensione. Niente più siparietti con i nostri compagni d'ala, niente più liti con quel pazzo di Maniac, niente più atterraggi spericolati sulla nostra nave madre...




Ultima Underworld sarà tradotto

Mentre i lavori su Serpent Isle si avviano verso la conclusione, un insolito trio (Calavera, Max_R e The Ancient One) ha deciso di dedicarsi alla traduzione di Ultima Underworld, il primo capitolo (o meglio spin-off) con visuale in soggettiva della saga ideata da Richard Garriott.
Da notare che ad essere tradotto non sarà soltanto il gioco, ma anche la documentazione che lo accompagnava (come dimostra questa prima versione di una pagina del manuale che vedete qui sotto).

Il progetto è nato solo da qualche giorno, per cui non è nemmeno pensabile ipotizzare una data d'uscita. Vi terremo informati.

OGI SottoForum dedicato alla traduzione
Scheda della traduzione

Nel frattempo, sull'Isola del Serpente...

Dopo anni e anni di lavoro, periodi passati a lasciar marcire le cose già fatte e momenti di crisi mistica, la traduzione italiana di Ultima VII part 2 - Serpent Isle inizia finalmente ad avvicinarsi al traguardo. Al momento il progetto è nella delicata fase di rilettura testi, alla quale seguirà un periodo di test in-game per cercare di limare il più possibile le ultime spigolosità. Il percorso è ancora lungo, ma le previsioni adesso parlano di settimane/mesi e non più di anni. Ancora un po' di pazienza.


L'area dell'OGI Forum dedicata alla traduzione di Serpent Isle

 

OGI Retrounboxing #3: Autoduel

Eccoci giunti al terzo appuntamento con il descatolamento retrò. Oggi è la volta di Autoduel, un gioco creato nientepopodimeno che da Richard Garriott, il creatore della serie di Ultima. Stranamente non si tratta di un capitolo della saga dell'Avatar, ma di un titolo minore realizzato in collaborazione con Chuck "Chuckles" Bueche su licenza Steve Jackson Games.

Dotato di una confezione tutto sommato poco ricca (mini-attrezzi da meccanico a parte), Autoduel è un action-rpg ambientato negli USA in un futuro distopico, dove vale la legge del più forte e l'abilità al volante diventa il metro con cui si misura il valore di un uomo.

Discussione nell'OGI Forum