Ci sono progetti che in un mondo razionale non dovrebbero esistere eppure succede che in qualche angolo del pianeta qualcuno si mette in testa di realizzarli.
Questa volta parliamo del progetto guidato da JackAsser della Booze Design di realizzare un porting non ufficiale di Eye of the Beholder per le macchine a 8bit di casa Commodore, per C64 e C128, che è arrivato finalmente al rilascio della versione definitiva v1.00 dopo molti anni di sviluppo.
Il risultato finale è spettacolare come si era già intravvisto da quello che era stato mostrato in fase di sviluppo e possiamo dire che ci sembra proprio il porting abbia mantenuto tutte le aspettative.
Per poter giocare avrete bisogno o di un emulatore di Commodore 64/128 o naturalmente di un vero C64 o C128 con una cartuccia Easyflash (o qualcosa di equivalente come 1541 Ultimate 2+) e di scaricare il gioco distribuito gratuitamente. Come detto questa è una versione non ufficiale, lo sviluppatore non ha un accordo per lo sfruttamento della licenza quindi il gioco è stato reso disponibile in open source alla comunità.
Segnaliamo qualche aggiunta interessante e che, scherzosamente, fa anche un po' discutere i più puristi del genere: nel gioco, oltre al bestiario tramite tasto 'B', è stata inserita anche una funziona di automapping sul tasto 'M'. Voi siete per l'automapping? O staccherete il tasto M della tastiera per non usarlo?
Gianluca "Musehead" Santilio, youtuber raffinato che trasmette dalla campagna senese, esperto di retrogame, avventure grafiche e birre. Voce nota anche per le varie partecipazioni a podcast come Archeologia Videoludica e Calavera Cafè, per chi desidera seguirlo ricordiamo, oltre al suo canale YouTube dell'Archivio del Sig. Santilio, anche il suo blog, dove approfondisce i propri video e la pagina Patreon, dove chi vuole può sostenerlo con una donazione mensile.
Siamo lieti di annunciare la pubblicazione della traduzione italiana di Eye of the Beholder, storico dungeon crawler della SSI. Questa traduzione è il primo tassello che il "BEHOLDER TEAM" è lieto di offrire alla comunità di OldGamesItalia e a tutti i vecchi e nuovi amanti dei dungeon crawler classici.
Per i nuovi avventurieri, ma anche per gli oldgamer, speriamo che la traduzione italiana sia una valida scusa per rispolverare un classico dell'era moderna del videogioco. Questo gioco ha conquistato il suo posto d‟onore nella storia e, ancora oggi, vale la pena di essere giocato fino alla fine. Il divertimento è assicurato.
Scarica la traduzione italiana di Eye of the Beholder dal sito di OldGamesItalia.
Discuti della traduzione direttamente sul forum dedicato su OldGamesItalia.
LA STORIA DEI GIOCHI DI RUOLO IN SOGGETTIVA
I giochi di ruolo in soggettiva sono quei giochi in cui l’avventura viene vissuta attraverso gli occhi dei nostri personaggi.
Agli albori, ben prima dell'arrivo delle moderne schede grafiche, era una sorta di 3D "primitivo". Costretti in un ambiente bidimensionale, i movimenti del party non avvenivono in modo fluido a 360°, ma bensì "di quadrato in quadrato", quasi una sorta di Myst primitivo. E, come se non bastasse, non ci si poteva nemmeno guardare intorno a 360° gradi, ma solo a destra o a sinistra, di 90° alla volta.
È del tutto evidente come un tale limite tecnico influì in maniera determinante sul gamplay di un'intera generazione di titoli. Si può dire che non fu il gameplay a ideare la rappresentazione grafica di sé stesso, ma il contrario.
LE ORIGINI:
La visuale in soggettiva viene usata per la prima volta in un gioco di ruolo (che non sia un semplice “esci dal labirinto”) in Akalabeth: "World of Doom", il predecessore del più noto Ultima I. Era il 1979 ed il gioco era programmato per Apple II.
La grafica dei dungeon, che definirei "stilizzata" (tecnicamente la si può definire "grafica renderizzata in wireframe"), era accompagnata da un interessantissimo generatore casuale di labirinti, che ritroviamo riproposta di quando in quando in altri giochi, per arrivare poi -infinitamente più avanzato!- in Daggerfall.
Questa "generazione" di gdr in soggettiva è caratterizzata da un'interfaccia testuale con controlli esclusivamente da tastiera, da combattimenti a turni, da un’interattività tutto sommato limitata rispetto agli standard successivi, ma anche da una difficoltà notevole.
Infatti, come è accaduto in tanti altri generi, all'introduzione di interfaccie punta e clicca più user friendly, corrisponde poi anche una graduale massificazione del genere e un conseguente drastico abbassamento della difficoltà e della longevità dei titoli.
Questa generazione, che negli anni ha raggiunto anche vette notevoli di grafica e di gameplay (vedi ad esempio Might & Magic II: "Gates to Another World" del 1988), mi sembra però oggi afflitta da una scarsa rigiocabilità. La grafica scarna, le interfacce complesse e un gameplay decisamente superato, ne fanno dei giochi decisamente non più appetibili per il giocatore medio.
IL PERIODO D’ORO:
Il periodo d’oro per i gdr in soggettiva si apre con il grandioso Dungeon Master della FTL Games. E’ il 1989.
E’ difficile elencare quali fossero le caratteristiche veramente uniche ed innovative di Dungeon Master. La verità è che questo gioco fa cose già viste, ma le fa alla perfezione! La prima di queste è ovviamente l'introduzione di un'interfaccia grafica, completamente utilizzabile tramite mouse.
Fu un immediato successo di pubblico e di critica, che aprì la strada ad un numero infinito di cloni.
Con Dungeon Master il gameplay di questi giochi diviene completamente basato su tre elementi distinti, che convivono in misura diversa a seconda del titolo: esplorazione, combattimenti in tempo reale ed enigmi di logica.
Per finire va segnlato come con le nuove interfaccie grafiche gestite interamente tramite mouse, i gdr diventano finalmente sufficientemente immediati e divertenti: finalmente accessibili per chiunque. E anche di questo dobbiamo ringraziare sicuramente Dungeon Master.
I titoli più famosi di questa generazione appartengono indiscutibilmente alla saga di Eye of Beholder (dei Westwood Studios, il primo capitolo è del 1990): avvincente ed immediato, ma al tempo stesso molto lineare e ripetitivo.
Parte del loro successo è dovuto sicuramente alla licenza ufficiale del AD&D, ma anche ad una notevolissima semplificazione delle meccaniche di gioco e al drastico abbassamento del livello di difficoltà rispetto al maestoso e difficilissimo Dungeon Master.
Accanto a Eye of Beholder, sorgono però altre storiche saghe fantasy, fra cui quella di Ishar (della Silmarils – il primo capitolo -Ishar: "Legend of the Fortress"- esce nel 1992).
Contemporaneamente anche le altre saghe storiche, tipo quella di Wizardry (della mai sufficientemente compianta Sir-Tech Software), corrono ai ripari e si adeguono ai nuovi standard.
Da vero appassionato del genere, trovo che l’apice di questi giochi fu raggiunto con Might & Magic 4: Clouds of Xeen (New World Computing, 1992), che poteva essere unito al suo seguito (Might & Magic 5: Darkside of Xeen, 1993), per formare il maestoso World of Xeen: un’epica avventura che rappresenta senz’altro l’apoteosi del trio "esplorazione + combattimenti + enigmi".
Questa generazione di gdr in soggettiva si conclude non molto tempo dopo che era nata: era il 1993 e la Westwood (orfana della SSI e quindi "espropriata" della saga di Eye of the Beholder) se ne esce con Lands of Lore.
Il gioco, nelle intenzioni degli sviluppatori, avrebbe dovuto innovare significativamente il genere, pur restando un titolo completamente 2D. Rivisto con gli occhi di oggi, Lands of Lore è in realtà un titolo ancora fortemente ancorato alla tradizione, ma sostanzialmente privato di uno dei tre elementi cardine del gameplay dei gdr in soggettiva: l'esplorazione. Infatti, fra i pareri contrastanti degli appassionati, introduce definitivamente l'auto-mapping.
La SSI risponde a Lands of Lore con Eye of the Beholder 3: "Assault on Myth Drannor". Privo di automapping, all'epoca il titolo fu ampiamente criticato. Chi scrive lo ritiene invece probabilmente superiore a Lands of Lore.
Quel che è certo è che i due titoli sono il simbolo di un gameplay che stava per per cedere definitivamente il testimone...
IL FATICOSO PASSAGGIO AL VERO 3D:
E’ il 1992 quando un fulmine a ciel sereno mette in ginocchio più di un game designer: esce Ultima Underworld: "The Stygian Abyss".
Mentre le varie software house storiche del periodo (SSI, Westwood, Sir-Tech, New World Computing, ecc.) si crogiolano nei loro motori bidimensionali, la Origin (allora sempre di proprietà di Richard Garriott – abbasso la EA!), insieme alla Blue Sky Production (poi diventata la celebre Looking Glass) scuote il mondo dei giochi di ruolo: un motore finalmente 3D, tecnicamente superiore e in anticipo rispetto a quello di Doom, un gameplay completamente nuovo, un’interattività fino ad allora neppure immaginabile, un dungeon *vivo* pieno di PNG con cui interagire… insomma: un’altra dimensione (di nome e di fatto)!
È la rivoluzione di un genere: nuovo gameplay, un nuovo livello di realismo, un mondo virtuale finalmente credibile!
Le altre SH rispondono come possono o… non rispondo affatto.
La SSI cerca di adeguarsi ai nuovi standard con Ravenloft: "Strahd's Possession" (1994). Il gameplay resta lo stesso di Eye of Beholder, ma applicato senza modifiche ad uno scarno motore 3D dà come risultato un pessimo gioco.
Ne seguono anche altri, prodotti con lo stesso engine, fra cui Ravenloft 2: "The Stone Prophet" (1994) e Menzoberranzan, però (nonostante la licenza AD&D, il conte vampiro e i drow -questi ultimi di gran moda in quegli anni-) il risultato non cambia: gli ambienti di gioco sembrano spogli, insignificanti e superati.
Non a caso la licenza di AD&D passera nelle mani più meritevoli e innovative dei creatori di Baldur's Gate, che rinunceranno a competere sul campo del 3D e sforneranno il grande capolavoro isometrico (mosso dall'Infinity Engine) che tutti conosciamo.
Più in ritardo, ma anche in modo più convincente, arriva la risposta della New World Computing. Con Might & Magic VI: The Mandate of Haven (1998, sei anni dopo UU1!) riescono a riproporre il vecchio gameplay (esplorazione + combattimenti + enigmi) in un mondo 3D. L’esperimento riesce (tanto è vero che seguiranno altre 2 capitoli di notevole successo, con medesimo gameplay e medesimo motore 3D), ma è palese che il futuro del genere risiede ormai altrove…
Anche i Westwood, con la loro neonata saga di Lands of Lore, cercano di adeguarsi, ma in ritardo (Lands of Lore 2: "Guardians of Destiny" esce che è già il 1997) e senza un autentico slancio innovativo, anzi forse regredendo ad una tipologia di gioco di ruolo più immediato e semplificato. Una delusione per i puristi del genere, in cerca delle sensazioni dei vecchi giochi di una volta o del realismo di Ultima Underworld..
L’unica risposta all’altezza ad Ultima Underworld viene dalla Beteshda Softwork. E’ il 1993 ed esce The Elder Scrolls: "Arena".
Un gioco all’altezza dei nuovi standard tecnici, ma che coraggiosamente batte una nuova strada. Se Ultima Underworld punta sul realismo e l’interattività, Arena punta sulla libertà d’azione.
Ultima Underworld è un grosso dungeon di "soli" 8 livelli, ma creati come fossero un vero ecosistema: ogni PNG ha una sua storia ed è caratterizzato come il personaggio di un libro; le quest sono costruite in modo articolato e con grande cura; ecc.
Arena (e più ancora il suo seguito: Daggerfall, 1996) è un mondo di dimensioni mai viste. Agli 8 livelli di Ultima Underworld contrappone decine e decine di dungeon, la maggior parte dei quali generati casualmente. Ai pochi ma indimenticabili PNG di UU, Arena contrappone città popolate come non mai... ma i dialoghi sono quasi sempre uguali. Decine e decine di quest secondarie, carriere da intraprendere, dungeon da esplorare… insomma, libertà d’azione al posto di realismo del mondo di gioco.
Due concezioni di gioco di ruolo innovative e… alternative.
IL FUTURO
Con i moderni motori 3D sembra che ormai sia la visuale in prima (o terza) persona ad aver preso il sopravvento su quella isometrica.
Il vero salto di qualità nella rappresentazione 3D del mondo di gioco mi sembra sia stato fatto da Ultima 9: Ascension (1999).
Un gioco ricco di bug e forse deludente per i fan della serie, ma senz’altro un notevole passo avanti come engine di un gioco di ruolo. Un mondo vero, con torri e montagne, tutto esplorabile senza dover attendere noiosi caricamenti.
Sul fronte del gameplay mi sembra che si ripropongano tuttora i due schemi introdotti da Ultima Underworld e Arena: realismo vs. libertà d’azione.
Nella prima categoria figurano, fra gli altri: Ultima 9 (1999), Gothic (2001), Arx Fatalis (2002), Vampire - The Masquerade: Bloodlines (2004).
Per la seconda categoria credo che basti un nome su tutti: The Elder Scroll: Morrowind (2002). E certo in questo secondo filone mi sembrano inserirsi -con le dovute distinzioni!- quasi tutti i MMORPG.
Credo che l’attuale successo della libertà d’azione nei gdr sia dovuto ad una serie di fattori:
- l’immediatezza e l’attrazione offerta dalle maggiori possibilità di max playing. Unito al fascino del grande pubblico per il freeroaming e per le dinamiche da mondo sandbox.
- La somiglianza del gameplay di questi giochi con quello dei sempre più diffusi MMORPG, caratterizzati da quest e da un livello di libertà di azione molto simili. E, alla base, da un farming estremo (che ha raggiunto vette stratosferiche nel recente Skyrim) e da una ricerca costante dal max playing.
Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!
Siamo lieti di annunciare che la traduzione del primo capitolo della celebre saga di Eye of the Beholder si sta avvicinando alla conclusione dei lavori.
Terminata la fase di programmazione e di traduzione dei testi, adesso non resta che il beta test dell'intero gioco. Si cercano prodi avventurieri!
Se siete così coraggiosi da offrirvi volontari per esplorare i minacciosi sotterranei della Città di Waterdeep, c'è una missione che vi aspetta!
La Città di Waterdeep è in pericolo!!!
Una presenza malvagia minaccia la città e solo un manipolo di coraggiosi avventurieri potranno salvarla.Il primo volume della celeberrima trilogia di Eye of the Beholder finalmente localizzato in Italiano!
Un dungeon crawl classico che vi riporterà indietro di molti anni, agli albori dell'AD&D! Create il vostro party e non dimenticate carta e penna per disegnare le mappe.
Se avete problemi con Windows 10, leggete questo articolo!
Malevolence: The Sword of Ahkranox è il titolo di un nuovo e promettente gioco di ruolo in arrivo da Visual Outbreak, un team indipendente con sede a Brisbane (Australia) che conta circa 30 collaboratori da svariate parti del mondo.
Il loro scopo è ricreare il vecchio genere di gioco di ruolo in prima persona a turni, stile i gloriosi Eye of Beholder o Might & Magic, ma con la tecnologia moderna.
Il frutto dei loro sforzi potete ammirarlo negli screenshot che trovate nel sito ufficiale o guardando il video qui sotto.
Il sistema di movimento è quello classico di Dungeon Master, e anche la grafica sembra indicare questa vecchia gloria come fonte di ispirazione (non vedo altre persone oltre al personaggio principale). Inoltre, nel gioco ci sarà un generatore che permette di creare in automatico armi, mostri, dungeon, città ecc. in stile Daggerfall.
Un demo si potrà provare entro la fine dell'anno, mentre per il gioco completo bisognerà attendere dicembre 2012.
Sito ufficiale
Blog degli sviluppatori
Discussione nell'OGI Forum
Finita la loro epoca d'oro, i giochi di ruolo alla Dungeon Master sono rapidamente spariti dai nostri PC, pur continuando a sopravvivere su console con titoli come Etrian Odyssey e i vari Wizardry in salsa giapponese. Non stupiamoci, dunque, se l'unica speranza di rivedere sui nostri desktop qualcosa di simile a Eye of the Beholder risiedeva nell'abilità di qualche gruppo indie.
E infatti le preghiere dei fan del dungeon crawling sono state accolte dai ragazzi di Almost Human, una piccola software house finlandese che si è rimboccata le maniche e sta costruendo mattone su mattone una bella distesa di cunicoli e segrete da riempire di mostri da affrontare e tesori da sgraffignare.
Questo imponente lavoro prende il nome di Legend of Grimrock e al solo vedere gli screenshot sembra riportarci indietro di almeno una ventina d'anni (anche se vent'anni fa la grafica mica era così).
Speriamo non ci voglia una ventina d'anni anche per giocarci (non è stata ancora resa nota la data di pubblicazione)
Mentre a Stonekeep le giornate radiose scorrevano nel conforto di voci e risa familiari, nella sua camera nel castello, un giovane ragazzo sognava di salvare la bella e dolce Elisabeth dalle grinfia di un temibile drago. Theo, il suo cagnolone, lo osservava dimenare la spada e rispondeva con un caloroso scodinzolio. Era solo questione di tempo. Presto la marcia devastatrice della malvagia divinità Khull-Khuum avrebbe segnato per sempre la vita del giovane Drake. L'oscurità coprì il cielo e calò fino ad invadere la città di Stonekeep. Era la fine: gli abitanti cominciarono ad essere inghiottiti dalle tenebre e presto a Drake sarebbe toccata la stessa sorte. Una misteriosa figura apparì dal nulla e portò in salvo il giovane, giusto in tempo, prima che l'intera città sprofondasse nei più profondi recessi della terra.
Ten years later... Drake returns.
"I am Thera, Goddes of Earth. Prepare yourself, your journey awaits. You must descend to the lost city of Stonekeep and retrive the nine recepticles. To protect you from the magic of the darker realm, I must free your spirit from the confines of your body. Achieve your goal and Stonekeep and I will be set free. Fail and you shall be entombed by the forces of the darkness... Forever."
Subito dopo il filmato introduttivo ci si ritrova in un enorme dungeon a livelli: Stonekeep si presenta come un RPG in soggettiva alla Dungeon Master. E' doveroso avvisare che, nonostante i fondali ogni tanto varino a seconda dell'ambientazione, non vedremo altro che cunicoli e piccole stanze per tutta la durata del gioco: niente ambientazioni all'aperto ne grandi sale dunque, il che si traduce in scarsa libertà e longevità rispetto ad altri titoli del genere (nonostante il dungeon sia liberamente esplorabile). Il primo aspetto che salta all'occhio è la staticità che trasmettono le schermate prerenderizzate: i movimenti consentiti sono limitati ai quattro punti cardinali con cambi di direzione a 90°. Il cursore del mouse varia d'aspetto a seconda di dove lo si posa: tramite esso potremmo sia interagire con gli oggetti che troveremo nelle sezioni del dungeon sia difenderci dagli attacchi delle varie creature che tenteranno di porsi tra noi e la nostra meta. Un inventario è pronto ad accogliere tutto ciò che decidiamo di portarci appresso e presto potremo contare anche su di un diario dove potremo annotare i nostri promemoria e consultare le mappe. Thera, sottoforma di globo fluttuante etereo-luminoso, ci fa' strada attraverso il dungeon.
La musica è l'elemento che più di tutti, assieme ai curatissimi suoni, garantisce una perfetta atmosfera: il suono cristallino emesso da Thera mentre fluttua, la sua voce e la cupa melodia ci accompagnano mentre compiamo i primi passi. Presto ci troviamo faccia a faccia con il maligno Khull-Khuum che, come tutti i personaggi di Stonekeep, è realizzato con estrema cura. Il nostro avversario ci sbeffeggia ricordandoci la nostra miserabile umanità e le nostre scarsissime probabilità di uscire vivi dalla nostra impresa e tramuta Thera in un globo di pietra per poi svanire nel nulla. Thera è il primo dei nove globi magici che rappresentano le varie divinità che ci permetteranno di liberare Stonekeep per terminare la quest. Addentrandosi nel dungeon, come in ogni gioco di ruolo che si rispetti, Drake acquisirà dimestichezza con le armi e con le magie, crescerà nelle caratteristiche personali e potrà accogliere nel party alcuni personaggi trai quali i nani Farli, Karzak e Dombur ed il misterioso Wahooka. Benchè la quest sia una ed una sola il gioco nasconde qualche zona segreta accessibile grazie scomparti segreti o attraverso muri invisibili.
Più una grande avventura interattiva con molti elementi rpg che un rpg puro, Stonekeep, è un gioco che ha pagato ingiustamente un'uscita posticipata nei tempi considerate le tecnologie utilizzate. Risulta comunque un gioco estremamente profondo e gradevolissimo grazie ad una trama solida e ben articolata, agli enigmi da risolvere, ai dialoghi, ai suoni e alle musiche di grande effetto, al feeling che si crea con i personaggi ed al loro carisma. Grafica e gameplay possono risultare rigidi ma sono elementi solidi e funzionali che contribuiscono ad enfatizzare il fattore narrativo. In definitiva uno dei miei best games ever che non esito a consigliare a tutti gli irriducibili del genere che cercano un’esperienza incredibilmente intima ed immersiva.
Il filmato introduttivo, dopo più di dieci anni passati dalla prima volta che lo vidi, mi fa ancora scuotere dai brividi!
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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