Dungeons and Dragons
The Digital Antiquarian (traduzione ufficiale italiana)

 
Anche se i wargame sono stati venduti commercialmente dal 1954, e i grandi nomi del settore (come la Avalon Hill) ne stavano ricavando dei profitti ragguardevoli, la maggior parte delle innovazioni arrivava da una rete di appassionati dediti alla causa, che formarono club e si riunirono per scambiarsi storie, suggerimenti, miniature, e perfino interi giochi sviluppati da loro stessi (in modo non dissimile da quello che facevano i primissimi appassionati di computer con le loro associazioni tipo l'Homebrew Computer Club).
 
 
Nel 1959 un tale Allan Calhamer, dopo essersi ritirato dalla Harvard Law School, auto-pubblicò in 500 copie un gioco di sua ideazione, Diplomacy. Ambientato in Europa alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, questo grandioso gioco di strategia a prima vista poteva sembrare il tipico esemplare del nuovo promettente hobby che la Avalon Hill aveva inventato solo qualche anno prima. Tuttavia, ad un'osservazione più attenta, esso rivelava un design decisamente inusuale. In questo gioco la gestione degli eserciti e le meccaniche di conquista erano quasi secondarie. Il vero succo del gioco, come si poteva intuire già dal titolo, erano le interazioni sociali e i negoziati fra giocatori. Ad ogni giocatore di Diplomacy veniva chiesto di impersonare, attivamente ed esplicitamente, il capo di una potenza Europea impegnato nelle trattative con i suoi pari. Certo anche altri wargame avevano già (e avrebbero continuato ad avere) simili richieste, a volte implicitamente e a volte anche esplicitamente. Ad esempio sullo scatolato di Afrika Korps del 1964 si legge che: "Adesso sei TU al comando di questa realistica campagna militare nel deserto, della Avalon Hill.". Tuttavia impersonare Rommel in Afrika Korps alla fin fine si riduceva a muovere le solite pedine di cartone sulla solita scacchiera; nessuno si sarebbe mai presentato ad una sessione vestito in uniforme militare Tedesca per poi mettersi a inveire contro l'interferenze di Hitler e dei suoi amiconi di Berlino. E invece questo tipo di scene teatrali erano assolutamente comuni fra i giocatori hardcore di Diplomacy. Dopo essere stato raccolto da un vero publisher un paio di anni dopo, Diplomacy era avviato a diventare un classico intramontabile, ancora oggi venduto e giocato. 
 
 
Una delle zone più calde agli albori del wargaming erano gli Stati Uniti d'America medio-occidentali, dove nella metà degli anni '60 spuntavano come funghi associazioni come la Midwest Military Simulation Association e la Lake Geneva Tactical Studies Association. Un membro particolarmente attivo del primo gruppo era uno studente universitario di fisica, residente a Minneapolis, chiamato Dave Wesely, che era un avido divoratore tanto dei prodotti dell'industria dei wargame, quanto di qualunque libro trovasse sul nascente campo della teoria del gioco. Nel 1967 egli combinò idee raccolte da numerose fonti per creare quella che è stata indubbiamente la prima vera narrativa ludica.
 
Il gioco Braunstein era iniziato come il tipico scenario da wargame, con Wesely che aveva preparato una scacchiera dettagliata che doveva rappresentare l'area intorno all'immaginaria cittadina di Braunstein. Al cuore del gioco c'era una battaglia fittizia fra le forze d'invasione di Napoleone e l'esercito Prussiano a difesa della città. Il suo scenario di fantasia, invece che storico, era un po' inusuale, ma non era certo una novità fra gli appassionati di wargame. Quel che aveva di davvero unico erano le innovazioni che Wesely aveva inserito all'interno di una cornice da wargame duro e puro, alcune delle quali derivavano da Diplomacy.
 
Seguendo l'esempio di quest'ultimo gioco, Wesely chiedeva ai suoi giocatori di impersonare il ruolo di qualcuno all'interno del suo scenario. Due di questi ruoli erano scontati: i comandanti dei rispettivi eserciti (gli analoghi dei capi delle nazioni di Diplomacy). Tuttavia Wesely stavolta spinse l'aspetto da gioco di ruolo molto oltre, creando anche i ruoli di un esploratore dell'esercito Francese, del borgomastro della città (preoccupato non tanto della gloria militare, quanto di minimizzare le perdite e la distruzione che la battaglia porterebbe sulla sua città), del cancelliere dell'università cittadina, e di alcuni studenti universitari di dubbia fedeltà mossi da propri secondi fini estremisti (facile immaginare che questi ultimi fossero stati probabilmente ispirati dal clima politico del 1967). Per facilitare tutte queste personalità e questi fini così diversi, Wesely avrebbe agito da arbitro imparziale per tutti gli altri. Per prima cosa prendeva in disparte ogni giocatore prima dell'inizio della partita, per dargli un'infarinatura del personaggio e dei suoi scopi; poi, durante il gioco vero e proprio, supervisionava il tutto, informando i vari giocatori di ciò che stava accadendo dal loro punto di vista, al fine di mantenere una certa "fog of war", svolgendo al contempo la funzione di giudice e giuria di tutto ciò che accadeva. O, almeno, questo era il piano. 
Durante la prima vera partita di Braunstein regnò il caos più assoluto. Sean Patrick Fannon descrive la scena in The Fantasy Roleplaying Gamer’s Bible:
 
“Wesely non aveva fatto i conti con l'immaginazione e l'entusiasmo dei suoi giocatori. Tutti restarono subito incantati dall'idea di assumere un ruolo specifico, con degli obbiettivi speciali e segreti. Dopo pochi minuti dall'inizio del gioco (anzi, mi pare di capire, perfino prima che il gioco fosse iniziato) i giocatori erano già in piedi nei vari angoli della stanza a cospirare e discutere l'uno con l'altro.” 
 
In un certo senso le trattative e i tradimenti che avvennero non erano poi troppo diversi da quelli a cui si può assistere in una sessione ben riuscita di Diplomacy. Tuttavia Braunstein era diverso perché affondava le sue radici in uno scenario immaginario molto specifico e perché offriva ai suoi giocatori un'ampia varietà di personalità fittizie, ma ben definite, da impersonare. E -a differenza di Diplomacy (che nella sostanza era un gioco "a somma zero", con una parte vincente e una parte perdente)- lo scopo di Braunstein in realtà era solo quello di giocare, andando ad abitare un personaggio all'interno dello storyworld proposto. 
Sempre Fannon ci dice:
 
“Quando Wesely comprese ciò che stava accadendo, tentò di prenderne il controllo. Le persone venivano da lui e gli chiedevano cose, a turno. Quando domandò come fosse possibile che lo studente universitario fosse in contatto con il ricognitore Francese (visto e considerato che la sua miniatura era ancora in città), il relativo giocatore scrollò le spalle e disse: 'Facciamo finta che abbia attraversato il fiume a nuoto e che lo abbia raggiunto, ok?' Wesely, cercando di fare in modo che tutti si divertissero, si sforzò di assecondare le idee dei  giocatori il più possibile.”
 
Wesely in realtà lasciò la prima sessione di gioco piuttosto avvilito, credendo che la struttura del gioco si fosse spezzata in così tanti punti che il risultato finale non poteva che essere stato insoddisfacente per tutti. Si sbagliava: ben presto i giocatori iniziarono a supplicarlo di rifarlo di nuovo. Dopo aver giocato molte altre sessioni, Wesely si arruolò nell'esercito e lasciò Minneapolis. Tuttavia a quel punto il suo nuovo approccio ai giochi aveva ormai già infettato i suoi amici. 
Fra i più grandi fan di questo nuovo modo di giocare c'era un tizio chiamato Dave Arneson, che prese in carico il testimone di Braunstein e iniziò a curare delle proprie sessioni di gioco, inizialmente usando lo scenario di Wesely e poi introducendone altri di sua invenzione.
 
Da alcuni punti di vista Arneson era la persona ideale per questo compito. A differenza di molti giocatori di wargame, che potevano fissarsi per ore sulla più insignificante delle regole, Arneson era interessato alle questioni di game designing solo nella misura in cui esse gli consentivano di aprire dei panorami sulla narrazione. Era cioè il prototipo del giocatore focalizzato sul contesto, che giocava per l'esperienza narrata e non per il fascino del sistema di gioco sottostante. Tale impulso  lo aveva spinto verso le opere di un autore la cui popolarità era esplosa alla fine degli anni '60, J.R.R. Tolkien. Con degli interessi di questo tipo, Arneson iniziò gradualmente ad allontanarsi dai temi militari dei classici wargame a favore di un fantasy in stile Tolkien. Nel 1970 aveva già creato un reame fantasy tutto suo, che aveva chiamato Blackmoor, nel quale ospitare una campagna di ampio respiro, nella quale i suoi giocatori avrebbero potuto vivere intere carriere di loro personaggi attraverso una serie di avventure interconnesse. I suoi giocatori gradivano quell'idea e adoravano il ricco arazzo di intrighi politici, storia, ed ecologia che Arneson aveva intessuto per il suo Blackmoor, anche se poi in realtà il tutto si rivelava spesso difficile e frustrante. La forza di Arneson era la delicata arte del world-building, piuttosto che la rigida scienza della progettazione delle regole. Senza nessuna regola preesistente alla quale attingere (come aveva potuto invece fare con i suoi scenari per i wargame) si era ritrovato a dover inventare tutto all'occorrenza: un procedimento che agli occhi dei suoi giocatori appariva arbitrario e capriccioso. Fu così che Arneson e i suoi amici si misero alla ricerca di un sistema di regole da adottare per Blackmoor. Lo trovarono in un piccolo libricino in bianco e nero chiamato Chainmail: Rules for Medieval Miniatures, e specificatamente nel suo Fantasy Supplement, che conteneva delle regole per utilizzare la magia e tutta una schiera di creature fantastiche a cui dare battaglia.
 
 
Chainmail era un prodotto della scena amatoriale degli Stati Uniti d'America medio-occidentali, pubblicato da una minuscola società chiamata Guidon Games, con base in Indiana. E infatti Arneson conosceva molto bene il principale autore di Chainmail, avendo già collaborato con lui per un gioco navale Napoleonico chiamato Don’t Give Up the Ship! Il suo nome era E. Gary Gygax.
 
Nel 1958 Gygax era un ragazzo di vent'anni con impieghi saltuari e con una carriera universitaria singhiozzante, quando su uno scaffale di un negozio di Chicago scoprì uno dei primi giochi della Avalon Hill, Gettysburg. Una personalità pedante e in un certo qual modo puntigliosa, poco interessato e certamente non abbastanza paziente per la tipica educazione scolastica, Gygax era da sempre affascinato dai meccanismi di funzionamento dei sistemi complessi. Se fosse stato esposto in età più giovanile ai computer, con buone probabilità sarebbe diventato un hacker. Ma poiché ciò non accadde, la sua propensione all'hacking si sfogò sui giochi tradizionali. Gli scacchi furono il suo primo amore, ma Gettysburg gli aprì gli occhi su un intero nuovo mondo di possibilità ludiche. Anche dopo il suo matrimonio e la nascita di cinque figli, Gygax continuò a dedicare sempre più energia al suo hobby, non solo giocando con regolarità, ma anche lavorando su regole, scenari, e filosofie di gioco, arrivando anche a pubblicare i suoi lavori sulle riviste amatoriali. Nel 1966 partecipò alla fondazione di una federazione dal nome altisonante: "International Federation of Wargamers". Nel 1968 organizzò la prima edizione di una convention annuale dedicata ai wargame, Gen Con, che si svolgeva nel suo paese natio (nel quale era recentemente tornato ad abitare): Lake Geneva, un centro turistico del Wisconsin. In quell'anno Gygax era già una delle figure leader fra gli appassionati, specialmente nel Midwest.
 
 
Sarebbe certamente una semplificazione affermare che  Dungeons and Dragons è la combinazione dell'immaginazione e della visione d'insieme di Arneson, unite all'attenzione per i dettagli e alla messa a punto delle regole di Gygax; tuttavia una tale semplificazione darebbe comunque un'idea di massima dell'ampiezza del contributo di entrambi. Già nel 1972 Arneson era andato ben oltre il semplice adattamento di Chainmail, incontrandosi e corrispondendo regolarmente con Gygax, per sviluppare insieme un sistema di regole completamente nuovo. Insieme abbandonarono le tradizionali meccaniche dei wargame che caratterizzavano Chainmail (nelle quali ogni pedina rappresentava circa 20 soldati), per sviluppare un gioco che si svolgeva in larga parte nell'immaginazione dei giocatori, anziché sulla scacchiera, e in cui ogni giocatore assumeva il ruolo di un singolo individuo all'interno del mondo di gioco, che doveva interagire con gli altri e con il resto del mondo sotto la guida di un arbitro. 
Arneson non assecondava sempre Gygax (“Non ci crederete, ma aveva un libretto specifico perfino per i vari tipi di alabarda, cosa che secondo me è l'assurdità massima”, ebbe a dire una volta Arneson, “in fondo un'alabarda è solo una cosa appuntita montata in cima a un bastone!”). Tuttavia in questo periodo iniziale D&D aveva bisogno del rigore di Gygax, non meno di quanto aveva bisogno della visione da creatore di mondi di Arneson.
Con una decisione che in seguito avrebbe ampiamente rimpianto, però Arneson lasciò in larga parte a Gygax il compito di documentare per scritto le loro innovazioni, per poi lasciare che egli le pubblicasse con il suo minuscolo logo delle Tactical Studies Rules (TSR) nel gennaio del 1974. 
 
Alla TSR ci vollero quasi due anni interi per vendere le prime 4.000 copie, ma già alla fine del decennio la TSR e Dungeons and Dragons stavano crescendo insieme a un passo quasi esponenziale, mentre ad Arneson non restava che citare in giudizio il suo partner di un tempo nella speranza di avere un ruolo nel film che aveva aiutato a creare.
 
 
Ogni volta che  Dungeons and Dragons viene menzionato dai media, lo si fa con un tono leggermente derisorio, accompagnato dai vecchi stereotipi di nerd rinchiusi in scantinati umidi, senza una vita sociale, e con qualche problema di igiene personale. Se devo essere sincero, è impossibile dargli completamente torto: è molto difficile scrivere di D&D senza scherzarci un po' su. 
Del resto la voce di quel primo D&D era quella precisa (ma anche sgraziatamente artefatta e pseudo-accademica) dello stesso  Gygax, che altri incanalavano in organi ufficiali come la Dragon Magazine della TSR, all'interno di serissimi articoli che indagavano questioni della massima rilevanza come la compatibilità fra scienza e magia nel mondo di D&D, o (restando in tema) le interazioni fra donna e magia -due argomenti egualmente sconosciuti alla maggior parte dei lettori di Dragon (“I ladri di sesso femminile sono uguali a quelli di sesso maschile, eccetto che agli alti livelli, quando i ladri di sesso femminile posso apprendere un po' di magia e le Ladre Belle possono lanciare incantesimi di seduzione e di Charme Uomini.”). Un altro articolo scandalizza le masse affermando che: “Gandalf era solo un mago di quinto livello”, tipico esempio della sconcertante tendenza a ricondurre le abilità dei grandi personaggi della narrativa a un insieme di statistiche numeriche (lo stesso articolo ci informa che lo stesso Sauron “non è più di 7° o 8° livello”, concludendo quindi che la Terra di Mezzo doveva essere necessariamente un'ambientazione gestita da “un DM [l'arbitro] molto severo”, sotto il quale “ci sono voluti più di 2.000 anni per uno pseudo-angelo per raggiungere il 5° livello”.)
 
Non va però dimenticato che, allo stesso tempo, D&D era anche qualcosa di stupefacente: il primo sistema completo di narrativa ludica, un motore con il quale gli arbitri (i “dungeon master” - la tipica espressione che solo Gygax poteva ideare senza fini ironici) potevano creare storie interattive per i loro giocatori. 
 
Gygax ha scritto nel 1979:
 
“Anche se sembrerà un paragone un po' azzardato per il gioco, di recente ho iniziato ad apprezzare la Poetica di Aristotele e quindi spingerò il mio paragone verso vette ancora ridicolamente più alte, affermando che ogni Dungeon Master usa le regole per diventare un drammaturgo (di statura  Shakespeariana, si spera), che però della sua trama deve scrivere solo i contorni, mentre i giocatori divengono i suoi Tespi. Prima che l'incredulità svanisca, rendendomi ostile l'intervistatore, mi affretto ad aggiungere che questa analogia si applica solo ai concetti base del nostro passatempo nel suo insieme, e non ai meriti propri del D&D, dei suoi DM, o dei suoi giocatori. Ma, se considerate il gioco in sé, vedrete che l'analogia non è infondata. DUNGEONS & DRAGONS non ha eguali, perché richiede che il 'game master' crei in tutto, o in parte, un mondo fantasy. A quel punto i giocatori diventano personaggi di questo luogo e iniziano ad interagire con l'altra popolazione del mondo. Il che, ovviamente, è un compito impegnativo per tutti i soggetti coinvolti: le regole, il DM, e i giocatori.”
 
Sarà anche insopportabilmente orgoglioso della sua creatura, ma Gygax ha indiscutibilmente ragione. Infatti, senza perdermi in queste grandiose affermazioni, vi dirò subito che considero (senza usare alcuna iperbole) il D&D niente di meno che il primo esempio di una nuova forma d'arte. E aggiungo anche che il suo impatto sulla cultura nel suo insieme è stato (per il meglio o per il peggio) più grande di qualunque altro singolo romanzo, film, o opera musicale apparsa in questi anni.
 
Questo però, ovviamente, non poteva avvenire attraverso la sua incarnazione di gioco da tavolo, ma solo quando le sue idee e le sue meccaniche essenziali furono tradotte nelle loro controparti informatiche. 
E fu ancora una volta Gygax a intuirne il potenziale:
 
“DUNGEONS & DRAGONS potrà essere giocato su qualunque computer. I computer sono indiscutibilmente un aspetto importante del futuro prossimo, specie gli home computer. I giochi per computer non programmabili stanno già penetrando nel mercato dei giocattoli e degli hobby. Continueranno a crescere e presto i giochi programmabili si uniranno a questo trend. Dei programmi di D&D su cassetta verranno inseriti negli home computer e ovvieranno alla mancanza di un DM o di giocatori. Verrà così meno la necessità di preparare una campagna o di avere un gruppo numeroso di persone con cui giocare. La grafica sarà eccitante e il computer terrà traccia di tutti i dati e di tutte le meccaniche necessarie per il gioco, restituendo risultati praticamente istantanei al giocatore o ai giocatori. La versione informatica di D&D avrà anche altri benefici, ma non è destinata a distruggere le campagne gestite da umani, quanto piuttosto a integrarle. Questa è la direzione in cui speriamo di poter spingere D&D. Staremo a vedere se la mia lungimiranza sarà affilata quanto il mio senno di poi.”
 
Abbiamo già visto un esempio in cui il D&D ha inspirato direttamente uno dei primi e più influenti giochi per computer, nella forma dell'originale Adventure, il cui creatore Will Crowther era uno dei primissimi fan del gioco. Tuttavia Adventure e le tante avventure testuali, che gli fecero seguito, si limitarono a prendere dal D&D un'inspirazione tematica e concettuale. Quando quelle parole apparvero nel numero di Febbraio 1979 di Dragon infatti c'erano già altri che stavano tentando di tradurre il gioco più letteralmente in forma digitale. Il mio prossimo passo sarà quello di esaminare questi tentativi. 

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.

Articoli precedenti:

Sulle tracce di The Oregon Trail
In difesa del BASIC
A Caccia del Wumpus
L'Avventura di Crowther
TOPS-10 in a Box
L'Avventura completata
Tutto il TRaSh del TRS-80
Eliza
Adventureland
Dog Star Adventure
Qualche domanda per Lance Micklus
Un 1979 indaffarato
The Count

Due diverse culture di avventurieri
Microsoft Adventure
La Narrativa Ludica già nota come Storygame
L'Ascesa dei Giochi Esperienziali
- Dungeons And Dragons

Visita il sito ufficiale di The Digital Antiquarian
Discutiamone insieme sul forum di OldGamesItalia!

 

La storia dei Gdr - capitolo terzo
I Giochi di Ruolo in Soggettiva

LA STORIA DEI GIOCHI DI RUOLO IN SOGGETTIVA

I giochi di ruolo in soggettiva sono quei giochi in cui l’avventura viene vissuta attraverso gli occhi dei nostri personaggi.
Agli albori, ben prima dell'arrivo delle moderne schede grafiche, era una sorta di 3D "primitivo". Costretti in un ambiente bidimensionale, i movimenti del party non avvenivono in modo fluido a 360°, ma bensì "di quadrato in quadrato", quasi una sorta di Myst primitivo. E, come se non bastasse, non ci si poteva nemmeno guardare intorno a 360° gradi, ma solo a destra o a sinistra, di 90° alla volta.
È del tutto evidente come un tale limite tecnico influì in maniera determinante sul gamplay di un'intera generazione di titoli. Si può dire che non fu il gameplay a ideare la rappresentazione grafica di sé stesso, ma il contrario.

LE ORIGINI:
La visuale in soggettiva viene usata per la prima volta in un gioco di ruolo (che non sia un semplice “esci dal labirinto”) in Akalabeth: "World of Doom", il predecessore del più noto Ultima I. Era il 1979 ed il gioco era programmato per Apple II.
La grafica dei dungeon, che definirei "stilizzata" (tecnicamente la si può definire "grafica renderizzata in wireframe"), era accompagnata da un interessantissimo generatore casuale di labirinti, che ritroviamo riproposta di quando in quando in altri giochi, per arrivare poi -infinitamente più avanzato!- in Daggerfall.
Questa "generazione" di gdr in soggettiva è caratterizzata da un'interfaccia testuale con controlli esclusivamente da tastiera, da combattimenti a turni, da un’interattività tutto sommato limitata rispetto agli standard successivi, ma anche da una difficoltà notevole.
Infatti, come è accaduto in tanti altri generi, all'introduzione di interfaccie punta e clicca più user friendly, corrisponde poi anche una graduale massificazione del genere e un conseguente drastico abbassamento della difficoltà e della longevità dei titoli.
Questa generazione, che negli anni ha raggiunto anche vette notevoli di grafica e di gameplay (vedi ad esempio Might & Magic II: "Gates to Another World" del 1988), mi sembra però oggi afflitta da una scarsa rigiocabilità. La grafica scarna, le interfacce complesse e un gameplay decisamente superato, ne fanno dei giochi decisamente non più appetibili per il giocatore medio.

 

IL PERIODO D’ORO:
Il periodo d’oro per i gdr in soggettiva si apre con il grandioso Dungeon Master della FTL Games. E’ il 1989.
E’ difficile elencare quali fossero le caratteristiche veramente uniche ed innovative di Dungeon Master. La verità è che questo gioco fa cose già viste, ma le fa alla perfezione! La prima di queste è ovviamente l'introduzione di un'interfaccia grafica, completamente utilizzabile tramite mouse.
Fu un immediato successo di pubblico e di critica, che aprì la strada ad un numero infinito di cloni.

Con Dungeon Master il gameplay di questi giochi diviene completamente basato su tre elementi distinti, che convivono in misura diversa a seconda del titolo: esplorazione, combattimenti in tempo reale ed enigmi di logica.
Per finire va segnlato come con le nuove interfaccie grafiche gestite interamente tramite mouse, i gdr diventano finalmente sufficientemente immediati e divertenti: finalmente accessibili per chiunque. E anche di questo dobbiamo ringraziare sicuramente Dungeon Master.

I titoli più famosi di questa generazione appartengono indiscutibilmente alla saga di Eye of Beholder (dei Westwood Studios, il primo capitolo è del 1990): avvincente ed immediato, ma al tempo stesso molto lineare e ripetitivo.
Parte del loro successo è dovuto sicuramente alla licenza ufficiale del AD&D, ma anche ad una notevolissima semplificazione delle meccaniche di gioco e al drastico abbassamento del livello di difficoltà rispetto al maestoso e difficilissimo Dungeon Master.

 

Accanto a Eye of Beholder, sorgono però altre storiche saghe fantasy, fra cui quella di Ishar (della Silmarils – il primo capitolo -Ishar: "Legend of the Fortress"- esce nel 1992).
Contemporaneamente anche le altre saghe storiche, tipo quella di Wizardry (della mai sufficientemente compianta Sir-Tech Software), corrono ai ripari e si adeguono ai nuovi standard.

Da vero appassionato del genere, trovo che l’apice di questi giochi fu raggiunto con Might & Magic 4: Clouds of Xeen (New World Computing, 1992), che poteva essere unito al suo seguito (Might & Magic 5: Darkside of Xeen, 1993), per formare il maestoso World of Xeen: un’epica avventura che rappresenta senz’altro l’apoteosi del trio "esplorazione + combattimenti + enigmi".

 

Questa generazione di gdr in soggettiva si conclude non molto tempo dopo che era nata: era il 1993 e la Westwood (orfana della SSI e quindi "espropriata" della saga di Eye of the Beholder) se ne esce con Lands of Lore.
Il gioco, nelle intenzioni degli sviluppatori, avrebbe dovuto innovare significativamente il genere, pur restando un titolo completamente 2D. Rivisto con gli occhi di oggi, Lands of Lore è in realtà un titolo ancora fortemente ancorato alla tradizione, ma sostanzialmente privato di uno dei tre elementi cardine del gameplay dei gdr in soggettiva: l'esplorazione. Infatti, fra i pareri contrastanti degli appassionati, introduce definitivamente l'auto-mapping. 
La SSI risponde a Lands of Lore con Eye of the Beholder 3: "Assault on Myth Drannor". Privo di automapping, all'epoca il titolo fu ampiamente criticato. Chi scrive lo ritiene invece probabilmente superiore a Lands of Lore.
Quel che è certo è che i due titoli sono il simbolo di un gameplay che stava per per cedere definitivamente il testimone...

 

IL FATICOSO PASSAGGIO AL VERO 3D:
E’ il 1992 quando un fulmine a ciel sereno mette in ginocchio più di un game designer: esce Ultima Underworld: "The Stygian Abyss".
Mentre le varie software house storiche del periodo (SSI, Westwood, Sir-Tech, New World Computing, ecc.) si crogiolano nei loro motori bidimensionali, la Origin (allora sempre di proprietà di Richard Garriott – abbasso la EA!), insieme alla Blue Sky Production (poi diventata la celebre Looking Glass) scuote il mondo dei giochi di ruolo: un motore finalmente 3D, tecnicamente superiore e in anticipo rispetto a quello di Doom, un gameplay completamente nuovo, un’interattività fino ad allora neppure immaginabile, un dungeon *vivo* pieno di PNG con cui interagire… insomma: un’altra dimensione (di nome e di fatto)!
È la rivoluzione di un genere: nuovo gameplay, un nuovo livello di realismo, un mondo virtuale finalmente credibile!

Le altre SH rispondono come possono o… non rispondo affatto.

La SSI cerca di adeguarsi ai nuovi standard con Ravenloft: "Strahd's Possession" (1994). Il gameplay resta lo stesso di Eye of Beholder, ma applicato senza modifiche ad uno scarno motore 3D dà come risultato un pessimo gioco.
Ne seguono anche altri, prodotti con lo stesso engine, fra cui Ravenloft 2: "The Stone Prophet" (1994) e Menzoberranzan, però (nonostante la licenza AD&D, il conte vampiro e i drow -questi ultimi di gran moda in quegli anni-) il risultato non cambia: gli ambienti di gioco sembrano spogli, insignificanti e superati.
Non a caso la licenza di AD&D passera nelle mani più meritevoli e innovative dei creatori di Baldur's Gate, che rinunceranno a competere sul campo del 3D e sforneranno il grande capolavoro isometrico (mosso dall'Infinity Engine) che tutti conosciamo.

 

Più in ritardo, ma anche in modo più convincente, arriva la risposta della New World Computing. Con Might & Magic VI: The Mandate of Haven (1998, sei anni dopo UU1!) riescono a riproporre il vecchio gameplay (esplorazione + combattimenti + enigmi) in un mondo 3D. L’esperimento riesce (tanto è vero che seguiranno altre 2 capitoli di notevole successo, con medesimo gameplay e medesimo motore 3D), ma è palese che il futuro del genere risiede ormai altrove…

Anche i Westwood, con la loro neonata saga di Lands of Lore, cercano di adeguarsi, ma in ritardo (Lands of Lore 2: "Guardians of Destiny" esce che è già il 1997) e senza un autentico slancio innovativo, anzi forse regredendo ad una tipologia di gioco di ruolo più immediato e semplificato. Una delusione per i puristi del genere, in cerca delle sensazioni dei vecchi giochi di una volta o del realismo di Ultima Underworld..

L’unica risposta all’altezza ad Ultima Underworld viene dalla Beteshda Softwork. E’ il 1993 ed esce The Elder Scrolls: "Arena".
Un gioco all’altezza dei nuovi standard tecnici, ma che coraggiosamente batte una nuova strada. Se Ultima Underworld punta sul realismo e l’interattività, Arena punta sulla libertà d’azione.
Ultima Underworld è un grosso dungeon di "soli" 8 livelli, ma creati come fossero un vero ecosistema: ogni PNG ha una sua storia ed è caratterizzato come il personaggio di un libro; le quest sono costruite in modo articolato e con grande cura; ecc.
Arena (e più ancora il suo seguito: Daggerfall, 1996) è un mondo di dimensioni mai viste. Agli 8 livelli di Ultima Underworld contrappone decine e decine di dungeon, la maggior parte dei quali generati casualmente. Ai pochi ma indimenticabili PNG di UU, Arena contrappone città popolate come non mai... ma i dialoghi sono quasi sempre uguali. Decine e decine di quest secondarie, carriere da intraprendere, dungeon da esplorare… insomma, libertà d’azione al posto di realismo del mondo di gioco.

Due concezioni di gioco di ruolo innovative e… alternative.

IL FUTURO
Con i moderni motori 3D sembra che ormai sia la visuale in prima (o terza) persona ad aver preso il sopravvento su quella isometrica.

Il vero salto di qualità nella rappresentazione 3D del mondo di gioco mi sembra sia stato fatto da Ultima 9: Ascension (1999).
Un gioco ricco di bug e forse deludente per i fan della serie, ma senz’altro un notevole passo avanti come engine di un gioco di ruolo. Un mondo vero, con torri e montagne, tutto esplorabile senza dover attendere noiosi caricamenti.

Sul fronte del gameplay mi sembra che si ripropongano tuttora i due schemi introdotti da Ultima Underworld e Arena: realismo vs. libertà d’azione.

Nella prima categoria figurano, fra gli altri: Ultima 9 (1999), Gothic (2001), Arx Fatalis (2002), Vampire - The Masquerade: Bloodlines (2004).

Per la seconda categoria credo che basti un nome su tutti: The Elder Scroll: Morrowind (2002). E certo in questo secondo filone mi sembrano inserirsi -con le dovute distinzioni!- quasi tutti i MMORPG.

Credo che l’attuale successo della libertà d’azione nei gdr sia dovuto ad una serie di fattori:
- l’immediatezza e l’attrazione offerta dalle maggiori possibilità di max playing. Unito al fascino del grande pubblico per il freeroaming e per le dinamiche da mondo sandbox.
- La somiglianza del gameplay di questi giochi con quello dei sempre più diffusi MMORPG, caratterizzati da quest e da un livello di libertà di azione molto simili. E, alla base, da un farming estremo (che ha raggiunto vette stratosferiche nel recente Skyrim) e da una ricerca costante dal max playing.

 

Discutiamo insieme della storia dei giochi di ruolo sul forum di OldGamesItalia!

Teniamolo d'occhio: Legend of Grimrock II

Con la scarna immagine che vedete qui sopra, gli Almost Human hanno annunciato al mondo il prossimo arrivo del sequel di un gioco molto apprezzato dal pubblico e dalla critica: Legend of Grimrock.

Uscito un anno fa per PC (e da poco su Mac e Linux), il primo LoG ha saputo accattivarsi l'affetto di molti fan, soprattutto per l'aver riportato alla ribalta un genere, quello dei cosiddetti dungeon crawler, che da troppo tempo latitava su computer (mentre su console vanta ancora un nutrito numero di esponenti, tra cui la serie di Etrian Odyssey, giunta ormai al quarto episodio).

Poco sappiamo riguardo a questo seguito, se non che era nato come un corposo DLC per LoG per poi diventare in breve tempo un titolo a sé stante. Intanto che aspettate di avere qualche informazione in più, tenetevi pronti con fogli a quadretti e matite temperate.

Sito ufficiale
Venite a discuterne con noi nell'OGI Forum
 

Legend of Grimrock

Ricordo ancora, sul mio VIC20, i primi labirinti tridimensionali: erano di una lentezza disarmante e con una grafica che era un susseguirsi di linee che, formando dei rombi, creavano l’illusione delle pareti. Nel tempo e con l’aiuto di macchine più potenti, qualcuno ci infilò dei mostri, delle case, dei personaggi a spezzarne la monotonia e trasformò quei videogiochi in qualcosa di più complesso.

Ricordo Bard’s Tale, ricordo la serie Ultima, da Akalabeth a Ultima V, che sfruttava il 3D per i dungeons ma ricordo ancora quello che diede una vera svolta al genere, creando diversi cloni più o meno validi ma che non raggiunsero mai, almeno al mio gusto, il fascino dell’originale. Era il 1987 e su Atari ST faceva la sua comparsa un gioco dei Faster Than Light (FTL): Dungeon Master.

Dungeon Master fu lo spartiacque che introdusse enigmi, trappole più elaborate di quelle precedenti e l’azione in Real Time. Non c’erano più i turni, bisognava agire e ragionare e fu un successo. Venne prodotto per Amiga, per PC, ne vennero fatte versioni per X68000, FM Towns, Apple II, SNES, Saturn e ad oggi è possibile giocarlo nella sua versione Java. Furono realizzati un seguito e tanti titoli futuri presero spunto da quello. Il più famoso Dungeon Crawler simile a Dungeon Master fu Eye of the Beholder, i più originali, a mio avviso, Black Crypt di EA che introduceva, su Amiga, l’automap e i liveli sott’acqua e Captive della Mindscape, ambientato nel futuro. In seguito il genere andò sparendo grazie all’arrivo di Ultima Underworld e altri titoli che eliminarono il movimento in griglia per una azione tridimensionale più fluida. Fu la morte di un genere.
 
Passano gli anni e dopo circa due decadi di calma, gli Almost Human ci regalano una nuova avventura che può essere un nuovo inizio per chi non ha mai dimenticato quella miscela perfetta che furono Dungeon Master e soci o semplicemente un piccolo gioiello amarcord.
 
La pagina di creazione dei personaggi
 
Il Gioco
 
Legend of Grimrock ci permette di vestire i panni di quattro prigionieri che, in un mondo fantasy, vengono condannati e gettati in un sotterraneo. Qui, legati tra loro (giustificando così i movimenti vincolati dei quattro) dovranno marcire in prigione o cercare di andarsene attraverso quel dedalo intricato e infestato di mostri di varia entità. Durante il cammino si potranno rinvenire diversi oggetti utili al nostro tentativo di fuga, essenziali informazioni scritte sui muri o intricati indovinelli. Prestando attenzione all’ambiente che ci circonda, si potranno evitare trappole mortali, botole, oppure scoprire pulsanti che ci permetteranno di accedere ad aree che nascondono gli equipaggiamenti più interessanti. Interessante la possibilità di osservare l’ambiente circostante a 360°, mediante pressione del tasto destro. 
Nel gioco bisognerà nutrire i nostri eroi e farli riposare per recuperare in fretta le forze. A volte, durante queste fasi, ci appariranno in sogno dei messagi per aiutarci a comprendere la storia e il background di quei luoghi. La lunga discesa attraverso i 13 livelli dovrebbero condurci alla libertà o alla rivelazione di qualche segreto interessante.
 
A me i ragni fanno schifo...Non capisco tutta questa passione da parte degli sviluppatori
 
Gameplay
 
Da buon figlio illegittimo di Dungeon Master, ha nel suo dna molte delle caratteristiche del gioco FTL. All’inizio si potrà decidere se iniziare con un party di default oppure, accedendo all’editor dei personaggi, crearne uno bna proprio piacimento. Questa parte ha qualche carenza, cinque razze con poche caratteristiche a differenziarle e tre classi (Rogue, Warrior e Mage) sono un po’ poche ma è abbastanza per sperimentare il gioco con combinazioni diverse. Non siete obbligati ad avere tutte le classi, potreste anche provare 4 tank o 4 maghi (sconsiglio caldamente 4 rogue, risulterebbero inutili).
 
Ogni classe ha delle caratteristiche uniche e ad ogni passaggio di livello, sarà necessario crescere quelle che riteniamo più utili per quello specifico personaggio. Ad esempio, potremmo creare un mago che potenzierà solo le magie del fuoco, un altro solo le magie della terra. Un ladro potrà essere in prima linea con un alto valore di schivata e un guerriero con specializzazione solo nell’uso dell’ascia. Anche qui, io avrei preferito un qualcosa di più simile a Dungeon Master dove, potenzialmente, ogni personaggio poteva imparare un po’ tutto con molta pratica ma il sistema di Grimrock è sicuramente funzionale.
Passata la selezione del party ci verrà mostrato l’antefatto attraverso immagini fisse e testi a schermo e ci ritroveremo nel primo livello. Questo è una sorta di Tutorial che prosegue nei due successivi. Le scritte sul muro, qui, serviranno per insegnarci a giocare e ci condurranno ad affrontare la prima lumaca che, una volta uccisa, scopriremo essere anche molto nutriente. La sfida vera e propria inizia al quarto livello dove si entrerà nel vivo dell’azione, gli enigmi iniziano ad essere interessanti e ben congegnati, i nemici sempre più ostici e vari e le trappole molto più infami.
 
Il sistema di combattimento è quello tipico del genere, i due personaggi davanti colpiscono e subiscono il grosso degli attacchi, i due dietro attaccano con armi lunghe, armi da lancio o magie, la velocità dei nostri attacchi è legata alla velocità dell’arma. Questo rende il gioco più strategico e meno adatto a chi è abituato a titoli dove bisogna premere un pulsante finche il nemico muore, possibilmente staccando il cervello durante l’operazione per rendere tutto più maniacale.
 
Una mancanza spiacevole è l’impossibilità di schiacciare i mostri sotto le porte (come mi manca Dungeon Master) mentre lanciare magie contro un muro, ad esempio una palla di fuoco, non è mai una buona idea. I movimenti sono gestiti dalla classica configurazione WASD (per muovere nei quattro punti cardinali) e Q o E per ruotare la visuale di 90°. Premendo R il party riposerà nel tentativo di recuperare le forze. Cercate di riposare lontano dai mostri, non siamo su Skyrim, non aspettano i vostri comodi!
 
A differenza di altri titoli del genere, sono stati inseriti, a circa metà di ogni livello, dei checkpoint che, se cliccati, ripristineranno energia e mana e salveranno automaticamente i nostri progressi È possibile accedere ai checkpoint più volte ma bisogna attendere qualche minuto. Il vantaggio è che velocizzeranno le operazioni di recupero, evitandoci di dormire e quindi affamarci o di consumare pozioni preziose. L’unico aiuto generoso concesso dai programmatori.
 
Il tutorial, tramite immagini fisse, ci introdurrà ai rudimenti del gioco
 
Magia e pozioni
 
In Legend of Grimrock lanciare un incantesimo richiede buona memoria oppure di non perdere, per nessun motivo, le pergamene che ci spiegano come eseguirli. Una piccola griglia di 3x3 contiene 9 rune. Combinando queste rune e premendo il pulsante per attivare la magia, si potranno scagliare incantesimi di vario tipo. Si va dalla semplice nuvola di fuoco o veleno ad incantesimi più potenti come le più classiche palle di fuoco o di ghiaccio o le frecce di veleno. Non mancheranno gli incantesimi per aumentare la resistenza agli elementi, la possibilità di avere la luce senza doversi portare a spasso le torce o l’invisibilità. Che ancora devo sperimentare per capirne la bonta.
 
Non c’è possibilità di creare liste di incantesimi preferiti e quindi, ogni volta, bisognerà reinserire la combinazione corretta. Io ho poca memoria, per questo motivo porto con me tutte le scroll delle magie necessarie.
Altra caratteristica mutuata dal genere è la possibilità di creare pozioni. Per farlo sono necessari vari ingredienti che si trovano lungo il nostro cammino. Si potranno creare pozioni per ripristinare mana o energia, per aumentare le capacità dei nostri eroi, in modo temporaneo oppure per curare avvelenamenti e malattie. Nel gioco si trovano anche pozioni di fuoco, ghiaccio o veleno, così come armi incantate ma non credo che queste si possano creare da sè.
 
Nota molto positiva, visto che il peso e lo spazio negli zaini sono veramente risicati, è la possibilità di creare mucchietti di questi reagenti, risparmiando così qualche casella nell’inventario.
 
Volete sapere quanti nemici avete abbattuto? Quanti incantesimi avete lanciato o quante volte siete finiti in una buca? Ecco le statistiche!
 
Vecchio stile moderno
 
Il menu iniziale prevede poche opzioni, tutto è molto spiccio, poche impostazioni grafiche e pochi fronzoli. C’è la possibilità di giocare Grimrock a diverse difficoltà, consiglio a tutti di provarlo a livello HARD ed eventualmente ridurla (anche se a me sembra, per ora, che sia ben bilanciato così). Abbiamo detto che il movimento è vincolato ad una griglia, come i vecchi dungeon crawler o i primi giochi di ruolo carta e penna in stile D&D e gli spostamenti sono legati al peso trasportato.
 
Un simbolo di una lumaca sulla testa dei personaggi impedirà di muovere rapidamente e visto l’alto numero di rompicapo risolvibili grazie alla velocità di spostamento, avere troppo peso significa non riuscire a proseguire nel gioco, oltre al fatto che, durante i combattimenti, si rischia di morire miseramente perché veniamo colpiti più del necessario. 
 
Nei vecchi dungeon crawler, cadere in una trappola significava scendere, controvoglia, di un piano o morire miseramente. Qui, se vogliamo scoprire tutti i segreti del gioco, è bene caderci dentro e spesso. Ci permetterà, in questo modo di trovare aree isolate della prigione che ci condurranno ad armi e armature molto utili.
 
La grafica è totalmente in 3D, a differenza dei suoi illustri antenati e come già accennato, sarà possibiltà ruotare la visuale di 360° per poterci guardare attorno e capire meglio cosa ci circonda e l’eventuale presenza di pulsanti per attivare trappole, teletrasporti o aprire porte segrete. I mostri sono ben realizzati e animati e non mancano certo di varietà. Si va dalle lumache ai classici ragni, da scheletri guerrieri a troll che fanno veramente male quando vi “accarezzano”. Insomma, ce n’è per tutti.
 
L’automap del gioco. Per gli oldgamers c’è la possibilità di eliminare questa opzione! Vai di fogli a quadretti!
 
In breve
 
Presentazione: 9
Su gog.com o sul sito ufficiale, con il gioco vi viene fornito un bel bottino di download. Si va dalla colonna sonora agli artwork, dal manuale (tradotto a livello amatoriale in molte lingue) a un foglio per disegnare le proprie mappe
 
Grafica: 8
Certo non è paragonabile a The Witcher 2 o altri giochi da tripla ma fa il suo dovere molto bene, con poche sbavature
 
Sonoro: 9
Il main theme è molto suggestivo e gli effetti ambientali bellissimi. I movimenti e i versi dei mostri sono buoni e tutto concorre ad immergervi nell’atmosfera e a farvi prestare attenzione.
 
Longevità: 9
Le poche razze e le poche classi non invogliano a rigiocarlo più volte ma viste le premesse e le promesse per il futuro (tra cui l’editor fino a 50 livelli) rendono davvero interessante l’esperienza di gioco che, comunque, si attesta sulla ventina di ore, molto più di giochi che costano 70€ e in mezzo pomeriggio li rimetti a scaffale, soprattutto considerandone il prezzo!
 
Conclusione: 9
In questo periodo di continui ritorni grazie ai soldi dei player, un gioco fatto da un gruppo di ragazzi autonomo si è saputo imporre in un mondo di tanta grafica e poco contenuto merita il successo che sta avendo. Bravi davvero! Ora non resta che aspettare le espansioni di Grimrock, l’editor di mappe e un nuovo lavoro dagli Almost Human!
 

 

Teniamolo d'Occhio: Malevolence

Malevolence: The Sword of Ahkranox è il titolo di un nuovo e promettente gioco di ruolo in arrivo da Visual Outbreak, un team indipendente con sede a Brisbane (Australia) che conta circa 30 collaboratori da svariate parti del mondo.
Il loro scopo è ricreare il vecchio genere di gioco di ruolo in prima persona a turni, stile i gloriosi Eye of Beholder o Might & Magic, ma con la tecnologia moderna.
Il frutto dei loro sforzi potete ammirarlo negli screenshot che trovate nel sito ufficiale o guardando il video qui sotto.

Il sistema di movimento è quello classico di Dungeon Master, e anche la grafica sembra indicare questa vecchia gloria come fonte di ispirazione (non vedo altre persone oltre al personaggio principale). Inoltre, nel gioco ci sarà un generatore che permette di creare in automatico armi, mostri, dungeon, città ecc. in stile Daggerfall.
Un demo si potrà provare entro la fine dell'anno, mentre per il gioco completo bisognerà attendere dicembre 2012.

Sito ufficiale
Blog degli sviluppatori
Discussione nell'OGI Forum

Teniamolo d'Occhio: Legend of Grimrock

Finita la loro epoca d'oro, i giochi di ruolo alla Dungeon Master sono rapidamente spariti dai nostri PC, pur continuando a sopravvivere su console con titoli come Etrian Odyssey e i vari Wizardry in salsa giapponese. Non stupiamoci, dunque, se l'unica speranza di rivedere sui nostri desktop qualcosa di simile a Eye of the Beholder risiedeva nell'abilità di qualche gruppo indie.

E infatti le preghiere dei fan del dungeon crawling sono state accolte dai ragazzi di Almost Human, una piccola software house finlandese che si è rimboccata le maniche e sta costruendo mattone su mattone una bella distesa di cunicoli e segrete da riempire di mostri da affrontare e tesori da sgraffignare.
Questo imponente lavoro prende il nome di Legend of Grimrock e al solo vedere gli screenshot sembra riportarci indietro di almeno una ventina d'anni (anche se vent'anni fa la grafica mica era così).
Speriamo non ci voglia una ventina d'anni anche per giocarci (non è stata ancora resa nota la data di pubblicazione)

Sito (blog) ufficiale
Discussione nell'OGI Forum

Stonekeep

Mentre a Stonekeep le giornate radiose scorrevano nel conforto di voci e risa familiari, nella sua camera nel castello, un giovane ragazzo sognava di salvare la bella e dolce Elisabeth dalle grinfia di un temibile drago. Theo, il suo cagnolone, lo osservava dimenare la spada e rispondeva con un caloroso scodinzolio. Era solo questione di tempo. Presto la marcia devastatrice della malvagia divinità Khull-Khuum avrebbe segnato per sempre la vita del giovane Drake. L'oscurità coprì il cielo e calò fino ad invadere la città di Stonekeep. Era la fine: gli abitanti cominciarono ad essere inghiottiti dalle tenebre e presto a Drake sarebbe toccata la stessa sorte. Una misteriosa figura apparì dal nulla e portò in salvo il giovane, giusto in tempo, prima che l'intera città sprofondasse nei più profondi recessi della terra.

Ten years later... Drake returns.
"I am Thera, Goddes of Earth. Prepare yourself, your journey awaits. You must descend to the lost city of Stonekeep and retrive the nine recepticles. To protect you from the magic of the darker realm, I must free your spirit from the confines of your body. Achieve your goal and Stonekeep and I will be set free. Fail and you shall be entombed by the forces of the darkness... Forever."

Subito dopo il filmato introduttivo ci si ritrova in un enorme dungeon a livelli: Stonekeep si presenta come un RPG in soggettiva alla Dungeon Master. E' doveroso avvisare che, nonostante i fondali ogni tanto varino a seconda dell'ambientazione, non vedremo altro che cunicoli e piccole stanze per tutta la durata del gioco: niente ambientazioni all'aperto ne grandi sale dunque, il che si traduce in scarsa libertà e longevità rispetto ad altri titoli del genere (nonostante il dungeon sia liberamente esplorabile). Il primo aspetto che salta all'occhio è la staticità che trasmettono le schermate prerenderizzate: i movimenti consentiti sono limitati ai quattro punti cardinali con cambi di direzione a 90°. Il cursore del mouse varia d'aspetto a seconda di dove lo si posa: tramite esso potremmo sia interagire con gli oggetti che troveremo nelle sezioni del dungeon sia difenderci dagli attacchi delle varie creature che tenteranno di porsi tra noi e la nostra meta. Un inventario è pronto ad accogliere tutto ciò che decidiamo di portarci appresso e presto potremo contare anche su di un diario dove potremo annotare i nostri promemoria e consultare le mappe. Thera, sottoforma di globo fluttuante etereo-luminoso, ci fa' strada attraverso il dungeon.

La musica è l'elemento che più di tutti, assieme ai curatissimi suoni, garantisce una perfetta atmosfera: il suono cristallino emesso da Thera mentre fluttua, la sua voce e la cupa melodia ci accompagnano mentre compiamo i primi passi. Presto ci troviamo faccia a faccia con il maligno Khull-Khuum che, come tutti i personaggi di Stonekeep, è realizzato con estrema cura. Il nostro avversario ci sbeffeggia ricordandoci la nostra miserabile umanità e le nostre scarsissime probabilità di uscire vivi dalla nostra impresa e tramuta Thera in un globo di pietra per poi svanire nel nulla. Thera è il primo dei nove globi magici che rappresentano le varie divinità che ci permetteranno di liberare Stonekeep per terminare la quest. Addentrandosi nel dungeon, come in ogni gioco di ruolo che si rispetti, Drake acquisirà dimestichezza con le armi e con le magie, crescerà nelle caratteristiche personali e potrà accogliere nel party alcuni personaggi trai quali i nani Farli, Karzak e Dombur ed il misterioso Wahooka. Benchè la quest sia una ed una sola il gioco nasconde qualche zona segreta accessibile grazie scomparti segreti o attraverso muri invisibili.

 


Più una grande avventura interattiva con molti elementi rpg che un rpg puro, Stonekeep, è un gioco che ha pagato ingiustamente un'uscita posticipata nei tempi considerate le tecnologie utilizzate. Risulta comunque un gioco estremamente profondo e gradevolissimo grazie ad una trama solida e ben articolata, agli enigmi da risolvere, ai dialoghi, ai suoni e alle musiche di grande effetto, al feeling che si crea con i personaggi ed al loro carisma. Grafica e gameplay possono risultare rigidi ma sono elementi solidi e funzionali che contribuiscono ad enfatizzare il fattore narrativo. In definitiva uno dei miei best games ever che non esito a consigliare a tutti gli irriducibili del genere che cercano un’esperienza incredibilmente intima ed immersiva.
Il filmato introduttivo, dopo più di dieci anni passati dalla prima volta che lo vidi, mi fa ancora scuotere dai brividi!