Da qualche giorno il quasi scomparso dai radar John Romero, uno dei fondatori di Id Software e Ion Storm, nonché autore di Doom, ha rilasciato Sigil, un seguito non-ufficiale ma ufficiale di Doom.
Questo nuovo capitolo (il quinto del gioco) si colloca alla fine di Thy Flesh Consumed contenuto in The Ultimate Doom, e prima di Doom 2. Romero ha festeggiato così il 25° anniversario di Doom.
Il donwload è gratuito e c'era la possibilità anche di acquistare due versione scatolate ricche di gadget; "c'era" perché al momento è tutto sold-out. Per poter giocare a Sigil è cmq necessario possedere una copia completa di Doom come per esempio quella venduta su GOG.
Rituffiamoci tutti insieme nel padre degli FPS!
Dopo almeno dieci anni di fermo causa rottura hard drive e conseguente perdita dei salvataggi a oltre metà gioco, decido di combattere la perdita di stimoli e riprendere da zero un titolo che mi stava prendendo davvero tantissimo.
Il gioco di cui mi appresto a parlare nasce dalla grande passione di Tom Hall per i giochi fuori dalle righe: per chi non lo ricordasse, si tratta sicuramente di uno dei fondatori di id Software più creativi (a lui dobbiamo il celebre Dopefish che tutt'oggi spesso appare come easter egg).
Id brillava indiscutibilmente per l'incredibile sinergia esistente tra le menti di chi ci lavorava, non mancavano però alcune differenze di veduta che pian piano hanno fatto si che il nostro Tom, assime a John Romero, decidessero di fondare la propria Software House, dandole il nome di Ion Storm. I più ricorderanno questo nome per avere dato i natali alla serie Deus Ex (curato da W. Spector), per averci regalato un terzo Thief (curato da R. Smith) e per il controverso Daikatana (curato da J. Romero). Tom Hall decise di concentrarsi su di un gioco di ruolo Sci-Fi che riprendesse le meccaniche di uno dei suoi (e di Romero) JRPG preferiti: Chrono Trigger.
Anachronox inizia nell'omonimo, distopico, multietnico, malfamato pianeta, nel quale il nostro avatar, Sylvester “Sly Boots” Bucelli, lavora con scarso successo come investigatore privato. A fargli da spalla, la digitalizzazione della sua segretaria, Fatima, morta in un incidente qualche tempo prima.
Il gioco inizia dopo che Sly viene scagliato fuori dalla finestra del proprio ufficio da un creditore e il “nostro” iniziale obiettivo è rimetterci in sesto e trovare un qualsiasi impiego.
Dopo avere parlato con il gestore del bar, sopra il quale lavoriamo, e alla varietà di clienti che lo popolano, trovando oltretutto un'ombra di ingaggio, torniamo nel nostro ufficio per prendere la macchina fotografica che ci tornerà utile per alcune missioni e per imparare i rudimenti dello scasso. Quando poi ci apprestiamo a raggiungere la zona abitazioni, veniamo fermati da un malvivente ed ingaggiati nel primo combattimento, nel quale perdiamo miseramente prima ancora di iniziare. Fatima ci suggerisce quindi di intraprendere qualche lezione di autodifesa presso il Temple of Beating, dove impareremo le meccaniche del combattimento e l'interfaccia.
Le abilità basilari sono tre: Might, Agility e Wisdom. La prima indica quanto siamo forti fisicamente ed è un importante attributo per la robustezza e le abilità combattive, la seconda indica quanto siamo veloci, in grado di evitare i colpi ed è importante per velocità e le abilità di blocco, la terza è un altro importante attributo per le abilità di blocco.
Tutte e tre assieme determinano quanto siamo capaci nelle varie abilità combattive: Beefiness, Beat, Speed e Beat Block. La prima è la nostra capacità d'incassare colpi, la seconda è la capacità di portarli a segno e fare danno, la terza è indice di quanto velocemente possiamo attaccare, mentre la quarta è indice di quanti colpi riusciremo ad evitare.
Ogni personaggio che si unirà al gruppo avrà delle predisposizioni particolari in fatto di armi e potrà usarne solo di simili a quelle iniziali. Sly usa solamente una pistola, colpendo quindi solamente da distanza, altri usano attacchi ravvicinati con armi contundenti che, qualora potenziate, potranno ottenere attacchi a distanza.
I combattimenti saranno abbastanza familiari con chi ha già giocato ad un qualsiasi jrpg: il combattimento si svolge a “turni” sebbene non ci siano attimi di pausa e dopo ogni azione si deve attendere il periodo di recupero, durante il quale si può usare un'altro personaggio oppure potrà agire il nemico. Oltre alla grafica tridimensionale rappresentante lo scenario di combattimento, nella parte inferiore dello schermo possiamo vedere l'interfaccia: l'icona del nostro personaggio sulla sinistra, circondata da un cerchio che mano a mano si riempie di rosso durante il recupero. Sulla destra abbiamo tre icone con relative barre: vita, energia e bouge. Terminato il recupero avremo disponibili le icone di combattimento, tramite le quali daremo istruzioni ai nostri personaggi: attacco base, spostamento, inventario e azione (interazione scenario). Più avanti nel gioco avremo a disposizione le abilità di battaglia (attacchi avanzati ed abilità difensive che consumano punti energia) e l'attacco MysTech (che consuma punti bouge, assieme agli scudi). Una volta selezionata l'istruzione, verrà richiesto il bersaglio (amico o nemico) verso il quale intervenire. Degna di nota la possibilità di interagire con alcuni elementi dello scenario, come pulsanti e leve, per ottenere effetti che sfavoriscono il nemico.
Durante il gioco, missione dopo missione, altri (ironicissimi) personaggi si uniranno al nostro party, aiutandoci ognuno con le proprie peculiari capacità ed abilità. I personaggi, incluso Sly, sono in totale 7 e dovremo decidere passo passo gli altri due elementi che ci accompagneranno in giro per i pianeti di Sender One, il contesto di gioco. Accumulando punti esperienza saliremo di livello, le nostre caratteristiche miglioreranno e potremo trovare nuove abilità, armi, scudi e molto altro. Ogni personaggio avrà anche una WorldSkill, un'abilità utilizzabile al di fuori dai combattimenti (come lo scasso di Sly), che tornerà molto utile e che spesso sarà determinante per la scelta della configurazione del nostro party.
Presto la nostra ricerca d'ingaggio ci porterà al primo personaggio giocabile: Grumpos, con il quale ci adentreremo nei tunnel MysTech, sotto la città e nei dettagli della trama. Scopriremo le pietre MysTech, la loro grande energia, le loro varietà, oltre a scoprire che non siamo gli unici interessati e che.. l'universo intero è in pericolo!
Per un accordo preso con l'ex socio John Carmack, John Romero riceveva i sorgenti dei motori di id, ideati dallo stesso Carmack, ogni qualvolta questi fossero stati messi da parte per una nuova versione: ecco quindi che all'uscita dell'id Tech 3 di Quake 3 Arena, Ion Storm fu autorizzata ufficialmente ad adoperare l'id Tech 2 di Quake 2, un motore OpenGL quindi. Si tratta di un'implementazione ben realizzata e l'engine modificato rende davvero meglio di un qualsiasi altro gioco che usa lo stesso, concedendo ottimi scorci panoramici, però sia a livello di dettaglio poligonale che di textures è fuori da ogni dubbio che il gioco, come mostrava già al tempo nei confronti della concorrenza, risulta tecnicamente piuttosto carente. Di buono ci sono delle animazioni facciali curate che in quel periodo erano una novità, almeno per i modelli poligonali, il che è assolutamente positivo perché le cut-scenes di Anachronox sono davvero divertentissime e valgono da sole il prezzo del gioco. Al tempo inoltre un grosso limite era dato dalla presenza di due sole scelte fattibili per la risoluzione grafica: low (640x480) ed high (1280x960). Fortunatamente, ad oggi si trovano widescreen fix per tutte le risoluzioni. Il motore audio Miles Sound System sfrutta a dovere le librerie posizionali A3D ed EAX, i campioni sono ottimi e così pure le musiche che accompagnano il nostro gioco.
Anachronox vanta meritatamente una nutrita schiera di appassionati, eppure viene da chiedersi se abbia ricevuto davvero tutta l'attenzione che avrebbe meritato: non è certo uno di quei titoli che si sente nominare sistematicamente ad ogni discussione tra giocatori di lunga data, eppure è impossibile non notare le influenze che più o meno direttamente ha avuto su molti altri giochi venuti poi.
Ho realizzato solo dopo averlo ripreso quanto Mass Effect si sia ispirato ad alcune scelte di design come il fatto di dover alternare i personaggi per poter affrontare in maniera diversa le missioni, ad esempio. Ed allo stesso modo mi è venuto in mente Blackguards per come si può interagire con lo scenario durante i combattimenti a turni per poter sfavorire i propri avversari, cosa che ho trovato innovativa in quest'ultimo, scordando che anche in Anachronox era presente.
Le quasi 50 ore di gioco non hanno mai stancato per un attimo e l'atmosfera sci-fi, seppure pregna di umorismo e ironia, è davvero riuscitissima. Si tratta assolutamente di uno di quei giochi per i quali avrebbe davvero senso fare una riedizione con un nuovo motore grafico mantenendo intatto il sistema di gioco che non è invecchiato di un solo giorno. Consigliato a tutti gli amanti del genere disposti a chiudere un occhio sul comparto grafico, eventualmente partendo in modalità difficile dato che il livello di sfida (eccetto che per il DoorLord) non è elevatissimo.
Dopo che la Looking Glass chiuse i battenti, la serie di Thief passò alla Ion Storm (insieme anche a parecchi dipendenti della Looking), la quale si occupò di produrre il terzo gioco, proposto come Thief: Deadly Shadows. In genere quando il timone di una serie cambia produttore, succede che perda anche il proprio vigore; per Deadly Shadows fortunatamente non è successo… o almeno non del tutto. Pur restando il valido seguito di questa storica serie, ha comunque delle pecche che salteranno all’occhio a chi ha provato i capitoli precedenti. Si parla anche di un nuovo capitolo, per ora noto solo come “Thief 4“, ma su cui non si sa ancora qualcosa di sicuro: si dava la pubblicazione nel 2010, ma fino ad oggi (nel 2011) il gioco non si è ancora visto.
Dopo i fatti mostrati in Thief 2, è tornato un precario equilibrio di potere tra i due gruppi dominanti nella Città, i Pagani e gli Hammeriti, senza che nessuno riuscisse a prevalere, e Garret ha continuato come sempre nella sua professione da ladro. Dopo uno dei suoi lavori “di routine” nello svaligiare la magione di una delle più importanti famiglie della città, viene contattato dai suoi vecchi maestri, i Keepers, intenzionati a commissionargli il furto di due manufatti speciali, dando in ricompensa la possibilità di ascoltare la lettura della profezia il cui compimento è imminente. Incuriosito, Garret accetta di svolgere il lavoro, ignaro di essere stato già coinvolto in una congiura all’interno dei Keepers che finirà per sconvolgere la stessa società segreta, e potrebbe dare inizio alla temuta “Età Oscura”.
Thief: Deadly Shadows riprende i punti fondamentali dei giochi precedenti della serie, applicandoci dei cambiamenti e semplificazioni che, pur restando funzionali al gameplay, potrebbero non essere molto gradite dai veterani della saga. Per prima cosa, si noterà che una parte dell’equipaggiamento è sparito o sostituito con altro: le mine a gas sono state eliminate, e sono presenti solo quelle esplosive, e al posto della spada corta Garret ora porta un più snello pugnale per autodifesa (anche la parte del gameplay relativo alla scherma è stato eliminato); il rimpiazzo più evidente è l’eliminazione delle famose e utilissime “freccie-corda” (quelle che, una volta colpita una superficie di legno, facevano apparire una corda per arrampicarsi) dei primi Thief, che sono state rimpiazzate con dei guanti per arrampicarsi sui muri: sostanzialmente i guanti assolvono alla stessa funzione anche se limitati solo a superfici di pietra e mattoni, ma a mio giudizio si sono dimostrati molto meno versatili da usare, perchè ci sono anche muri di pietra che, a causa della forma, non si possono ugualmente scalare, e si è dimostrato più difficile saltare su piattaforme laterali o alla schiena del personaggio, quando invece le freccie-corda permettevano una maggiore possibilità di movimento, pur essendoci la condizione di trovare un appiglio di legno dove incastrarle.
Da lamentarsi anche per il remake dell’arco, il cui mirino è diventato inutile rispetto agli altri giochi, dove invece effettivamente funzionava a dovere e con un certo allenamento di potevano fare lunghi tiri da arcieri provetti. Va anche segnalato un HUD che è molto più ingombrante rispetto a quello scarno, ma discreto e ugualmente funzionale, dei giochi precedenti.
Tutti cambiamenti che sono stati fatti in vista dell’uso di un motore grafico più moderno rispetto al Dark Engine, ossia quello di Unreal II, e per poter essere portato anche per l’hardware della prima Xbox, macchina che disponeva di un hardare più limitato rispetto al PC. A tutti gli effetti, ciò si è tramutato in una versione più “povera”, in tutti i termini, del vecchio Thief, pur conservandone le basi.
Grossa pecca sta anche nei controlli, ci sono varie occasioni dove ho trovato difficoltà a fare alcuni movimenti, come salire sopra alcune piattaforme o muoversi su superfici strette: mi è capitato più volte di non riuscire ad arrampirare il personaggio su una piattaforma dove invece sembrava possibile poterlo fare, e di scivolare giù da alcune superfici che invece avrebbero dovuto consentire di camminarci; il gioco sembra dimostrare una scarsa tolleranza in certi punti dove si possono applicare certe azioni, senza però neanche dare un indizio al giocatore del comportamento che poi il programma metterà in pratica, tuttavia ho avuto l’impressione che siano errori di programmazione anzichè di design dei livelli. Sotto questo punto il Dark Engine dei primi Thief era migliore.
Eppure nonostante tutti questi difetti non sminuiscono la bellezza di questo terzo capitolo. Possono essere problemi irritanti (e alcuni aggiungerebbero forse “particolarmente”), ma non a un livello così critico da rovinare l’esperienza di gioco.
Fortunatamente nell’ambientazione Deadly Shadows riesce a mantenere la qualità dei predecessori, l’universo di Thief possiede ancora le tinte fosche che lo rendono unico e Garret non ha perso la sua lingua adorabile lingua tagliente anche nelle situazioni peggiori. L’aspetto dei livelli conserva ancora un aspetto lugubre e cupo, non solo per gli innumerevoli angoli sparsi ovunque per i livelli e necessari a questo tipo di gioco, ma anche come fedeltà allo stile caratteristico della saga. Gli ambienti cittadini nella notte sono stati resi come un contorto labirinto di luci e ombre su cui vi è stato steso un triste velo grigiastro, un efficiacie riflesso del mondo fatto di tumulti e cospirazioni in cui si muove Garret; le locazioni degli Hammeriti restano fedeli ad un design vagamente sacro e alle superfici dominate da pietra e metallo, e i Pagani ai luoghi decadenti e corrosi del tempo. Ma in particolare è stata mostrata maestria nel creare i livelli più affini all’horror, per inciso la sezione della Abysmal Gale e Shalebridge Cradle che meriterebbero una menzione nella lista delle locazioni più tetre e inquietanti del mondo dei videogiochi, se ne esistesse una!
Invece non si può esaltare allo stesso modo i filmati, che seppur adeguati appaiono di qualità inferiore rispetto ai primi due Thief e privi di quello stile allucinato che li rendeva unici; e sfortunatamente, le missioni stesse mancano di cutscene introduttivi, sostituiti da briefing di solo testo.
Il gameplay, nonchè il modo di narrare la trama, ha subito una modifica sostanziale rispetto ai precedenti giochi, anch’essa con i suoi alti e bassi. Se nei primi due Thief le missioni erano sequenziali, da svolgersi una dietro l’altra, in Thief 3 invece esiste un’area di gioco generale, cioè i quartieri della Città, all’interno in cui le missioni sono state inserite come destinazioni da raggiungere in punti specifici della trama. All’inizio sono esplorabili due quartieri, ma col proseguire della storia si apriranno nuove aree da visitare, insieme alle loro relative missioni.
Il gioco in questa area comune è diverso da quello delle missioni, più simile piuttosto a Grand Thief Auto sotto certi punti: per prima cosa, sono presenti molti personaggi neutrali verso Garret, e che anzi ne ignoreranno la presenza finchè il giocatore non mostrerà un atteggiamento aggressivo verso i loro confronti (come attaccarli o minacciali con un’arma). Seconda cosa, se nei vecchi Thief l’equipaggiamento e la vendita della refurtiva era relegata ad una singola schermata, in questo terzo gioco sarà necessario invece andare dai ricettatori e negozianti per vendere e comprare la merce necessaria. Altra caratteristica di quest’area è la possibilità di effettuare l’”attività di ladro” in maniera indipendente dalle missioni: vi sono vari edifici in cui ci si può intrufolare e ripulire di tutto ciò che è di valore per il solo scopo di raccogliere denaro, così come si possono borseggiare e rapinare i passanti che portano borse di denaro e altri preziosi. Alcune parti della trama principale si svolgeranno anche in questa parte, spesso come giustificazione per il progressivo sbloccarsi di nuovi quartieri durante la storia. Concettualmente quest’area è “a gioco libero” indirizzata sulle attività ladresche, senza però la profondità di un gioco di tipo sandbox come Oblivion. Sfortunatamente la AI che governa i personaggi in quest’area si dimostra scadente: in molte occasioni capita che il gioco si “confonda” e faccia reagire certi personaggi in maniera sbagliata alla situazione, per esempio può succedere di vedere le Guardie cittadine attaccare dei inermi cittadini o i tirapiedi armati, oppure Hammeriti o Pagani essere i primi ad assalire le Guardie, fazioni che teoria dovrebbero essere neutrali tra loro. L’evento peggiore è quando la AI decide di attaccare il giocatore perchè ha avuto la sfortuna di essere vicino ad una occasionale rissa, anche senza aver fatto nulla per causare la loro antipatia!
In cambio questa AI psicopatica occasionalmente mette in scena degli improbabili scontri urbani che possono tornare utili per sbarazzarsi di certi elementi ostili e rendersi più facile la vita… o anche solo come spettacolo da vedere (in ogni caso, durante queste “risse” è consigliabile restare nascosti per tutto il tempo finchè i personaggi non si sono completamente calmati, per evitare di essere attaccati senza motivo). Può essere un elemento che piace o meno. Per certi versi non credo che sia qualcosa di davvero necessario a Thief, che resta incentrato su missioni dove è necessario evitare ogni anima viva, ma non nego che sia comunque un elemento abbastanza divertente da provare, e gestito adeguatamente per questo tipo di gioco.
Se viene messo al confronto con i predecessori, Thief: Deadly Shadows è inferiore sotto il punto del gameplay: le semplificazioni che ha subito lo rendono una copia più povera dei primi Thief, e gli elementi aggiunti e modificati sono acerbi nella giocabilità. E nonostante questo, è un titolo degno di essere giocato fino in fondo, perché la storia conclude in modo egregio il ciclo narrativo del Maestro Ladro Garret, insieme ad alcuni livelli disegnati in modo superbo. Deadly Shadow merita di poter affiancare Dark Project e The Metal Age, seppur manchi della loro brillantezza videoludica.
Il modo più semplice per reperire il gioco attualmente è tramite la piattaforma di digital delivery Steam attorno al prezzo di 10 euro, anche se occasionalmente è possibile sfruttare delle offerte speciali con sconti anche sopra al 50%.
Torniamo sulla nostra macchina del tempo virtuale in compagnia questa volta di Grifen che ci porta a ripercorrere le orme di Thief 3 alias Deadly Shadows, terza e (per ora) ultima sortita del ladro Garret sui nostri schermi.
Sottraendosi alla regola del seguito senza arte né parte questo episodio si riscopre essere un degno successore delle prime due iterazioni, riuscendo nella non facile impresa di non deludere i fan; il resto vi invitiamo a scoprirlo voi stessi leggendo la recensione e visitando il sito del nostro caro amico.
Buona lettura!
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GRAFICA
Questo sicuramente è uno dei punti delicati di questo titolo. Certamente, il colpo d'occhio è assolutamente impressionante, per capirci come livello di dettaglio siamo alla pari con Doom3, se non qualcosina di più...Il sistema di illuminazione e le ombre dettagliate in tempo reale sono qualcosa di stupefacente, rasentano il puro realismo.Ma allora perchè la valutazione è di 7/10 ? Perchè chiaramente cìè il rovescio della medaglia: mentre il titolo della Id-Software garantiva un eccellente compromesso tra impatto visivo-prestazioni, il motore grafico di Dx2 si è ben presto dimostrato il punto debole dell'intera opera. E infatti tutte queste finezze grafiche vanno a incidere in modo drastico, e a volte direi drammatico, sulle prestazioni, in particolare sulla fluidità di gioco, soprattutto quando è necessaria una certa precisione nella mira. Gli scatti rimangono una fastidiosa costante in tutto il gioco, sia nei momenti concitati delle sparatorie ma anche, ahimè!,durante un semplice giretto tranquillo per le strade di Seattle (tanto per fare un esempio). Questo a PRESCINDERE dal tipo di computer voi abbiate: il gioco fu testato su un Pc di ultimissima generazione, con scheda video all'avanguardia, e presentava questi fastidiosi difetti. In più occorre aggiungere la presenza anch'essa fastidiosa di numerosi bug, che causano il crash al desktop del gioco. Fortunanatamente tutto ciò accadeva nella versione americana: in Italia il gioco è stato distribuito già aggiornato alla versione 1.2, in cui tutti questi difetti (soprattutto i crash) sono stati eliminati, ed è stata introdotta la possibilità, per far girare il titolo anche su Pc meno potenti, di "scalare" gli effetti grafici più onerosi in termini di prestazioni e di fluidità di gioco. Anche così, però, tutto il comparto grafico rimane pesantissimo da gestire, anche sui Pc più potenti.
SONORO
Il comparto sonoro invece è di qualità eccellente, le voci dei personaggi sono estremamente realistiche (sebbene manchi la traduzione in italiano per il doppiaggio) e tutti gli effetti sonori sono sinceramente stupefacenti. La musica riveste una parte non eccessiva nel gioco, è presente solo in determinate situazioni, oltre che il brano introduttivo (stupenda rivisitazione dello stesso brano principale del primo episodio della saga), ma è pur sempre comunque estremante gradevole e ben azzeccata.
TRAMA
Un assoluto capolavoro dell'intrigo e del mistero, sicuramente rappresenta una evoluzione, una "summa" elevata all'infinito dei grandi precursori a cui questo gioco si ispira: The Elder Scrolls Arena ma soprattutto System Shock 2.
La storia riprende esattamente venti anni dopo la conclusione del primo episodio,quando il mitico JC Denton riportò la Terra allo stato primordiale, abbattendo il sistema mondiale delle telecomunicazioni, situato al di sotto della celeberrima Area 51. Tuttavia, l'uomo ha cercato di risorgere, aggrappandosi a due entità ben distinte: il noto WTO (World Trade Organization), una organizzazione ormai completamente militarizzata che fa della speculazione finanziaria il suo credo, per il controllo politico-economico del pianeta, e dall'altra parte la Chiesa dell'Ordine, un gruppo di pazzoidi pseudo-religiosi che rifiutano ogni altra organizzazione precostituita al di fuori della loro, anche se la loro fede si rifà alla violenza più oscurantista... Quando cominceremo a vestire i panni del fantomatico Alex Denton (vi ricorda niente il cognome...? ) un violentissimo attacco terroristico rade al suolo l'intera città di Chicago. Già da subito ci troveremo completamente disorientati dalla ricchezza di questo mondo, e verremo proiettati in una realtà corrotta, cosi ricca di personaggi con cui interagire da perdere la testa, in cui una sola cosa è certa: Alex D. non potrà fidarsi di nessuno, al di fuori di se stesso... Infatti assisteremo all'incontro con decine e decine di personaggi, ognuno con delle proprie idee, che si farà un'opinione su di voi a secondo di come gli parlerete e agirà di conseguenza, ognuno importante a modo, per rendere incredibilmente realistico l'universo post-apocalittico ricreato dinanzi ai nostri occhi.
E si consideri che per scoprire tutto di tutti non basterà assolutamente finire il gioco una sola volta, ma dovremo portarlo a termine più di una volta, affrontando le situazioni magari in modo diametralmente opposto rispetto alle volte precedenti: quelli che nella partita precedente erano nostri alleati, ora potrebbero essere nostri nemici. In Dx2 non esistono i "buoni" o i "cattivi"...
GIOCABILITA'
Se abbiamo giocato al primo Deus Ex, non avremo fatica a prendere immediatamente il controllo di Alex, ma anche se ci avviciniamo per la prima volta a un gioco di questo tipo. L'interfaccia di gioco è stata infatti notevolmente semplificata rispetto al primo episodio, e un semplice tutorial all'inizio del gioco ci guiderà passo passo, cosi non avremo alcun problema. La cosa che mi ha creato più fastidio sono stati tuttavia i numerosi e frequenti caricamente intermedi fra i vari livelli, che in certo modo spezzano troppo l'azione. Dall'altro lato bisogna però osservare come l'intelligenza artificiale dei nemici sia semplicemente incredibile, e come sia possibile interagire praticamente con QUALSIASI COSA presente nello scenario. Inoltre potremo diversificare a nostro piacimento il nostro personaggio, attraverso i biomod che troveremo via via durante l'avventura, affrontano il gioco magari in stile action, tuffandoci alla commando in una base piena di nemici, robot di sorveglianza, telecamere, etc...oppure magari seguendo un approccio più razionale e "meditato", in stile "stealth" alla "Thief", per intenderci. La scelta sta solo a noi.
LONGEVITA'
Purtroppo il gioco è abbastanza corto, si arriva appena a un terzo della lunghezza del primo mitico episodio della saga, con una lunghezza media di circa 15 ore effettive di gioco.Tuttavia, tutto il resto effettivamente ricompensa questa brevità, garantendo una intensità di gioco incredibile, che vi farà rimanere incollati allo schermo per ore e ore. Se poi si mette in conto che rigiocare daccapo il titolo magari seguendo un altro "approccio" alla storia (che può portare chiaramente ad un differente finale della storia stessa) comporta certamente nuovi stimoli, tutto sommato alla fine le ore di gioco sono sufficientemente elevate...!!
TOTALE: 4/5
Sebbene il titolo si presenti almeno in apparenza strutturato come un FPS, piano piano si verrà catturati dalla narrazione degli eventi e dall'enorme libertà concessa al giocatore,facendoci capire come questo titolo si discosti moltissimo dal FPS classico: si potrebbe definire un gioco di ruolo "dentro" un action game. Soprattutto, è un gioco che ci farà molto riflettere, soprattutto per spinose controversie teologiche-umanistiche. La morale è che non esiste una morale.
"E’ una torrida serata di mezza estate del 2001. Un mercoledì, o giovedì, non ricordo bene. Non ha importanza. Sono lì, davanti allo schermo del Pc, immerso totalmente nell’intreccio narrativo, conscio degli eventi che stanno per portare al collasso della rete globale delle telecomunicazioni e alla conseguente “nuova era primitiva” che esso comporterà. Intorno a me non c’è nulla, a parte il mio personaggio JC, e a tutti gli altri personaggi che hanno a che fare con lui. Sembrano veramente reali. Quando poi scorrono i titoli di coda, non riesco a credere a come sia stato possibile realizzare un’opera di tali proporzioni, e mi rendo conto immediatamente che ho appena portato a termine uno dei migliori giochi mai realizzati nella storia. E dire che potrebbe essere un eccellente film non è un luogo comune, poiché mai come ora si è raggiunto un simile livello di interazione del giocatore, una simile profondità nella storia narrata.”
UN VIAGGIO NEL TEMPO: da “Arena” a “Deus ex”, passando per “System shock”
All’inizio degli anni ’90 venne alla luce “Arena”, il quale insieme ad Ultima Underworld, diede nuova linfa vitale ad un genere, quello dei giochi di ruolo, che fino a quel momento aveva visto quasi esclusivamente trasposizioni caratterizzate da visuale isometrica, combattimenti a turni, sviluppo dei personaggi estremamente complesso e “costellato” da tabelle numeriche di non certo facile ed immediata comprensione. Insomma, prender parte ad un gioco di ruolo poteva risultare in tali casi dannatamente complicato e alla lunga noioso. Un esempio su tutti può essere i primi 3 capitoli della serie di “Ultima”: giochi noiosissimi e incomprensibili, con una infinità di tasti da ricordare (non esisteva ancora nemmeno una interfaccia grafica) e il loro sviluppo per il povero giocatore era pesantissimo.
Con “Arena” la musica cambia, e finalmente viene messa in atto la vera e propria rivoluzione: nascono i RPG con visuale in soggettiva! Finalmente si rielabora in modo più sostanziale il concetto di “libertà d’azione”, estremamente elevato in Arena. Abbiamo la possibilità di muoverci liberamente e di decidere quali quest affrontare e soprattutto quando farlo. Ovviamente le tabelle numeriche non scompaiono, ma per fortuna in Arena lo sviluppo del personaggio è gestito sicuramente attraverso una comoda interfaccia grafica di sicuro più “user-friendly” rispetto a molti altri giochi dello stesso periodo. Tuttavia, la vera e propria rivoluzione in Arena consisteva anche nella gestione dei combattimenti. La visuale in prima persona e gli scontri in tempo reale assomigliavano vagamente a quelli che potevano esserci ad esempio in un FPS, anche se poi in realtà erano presenti pesanti problemi di “manovrabilità” delle armi, visto che per sferrare l’attacco non era sufficiente la classica pressione del pulsante sinistro del mouse ma bisognava “simulare” in modo abbastanza pittoresco i fendenti e gli affondi di spada con il mouse stesso, attraverso dei movimenti di quest’ultimo per niente fluidi…
L’idea stessa però di unire in un gioco dall’impostazione tipica dei RPG anche elementi di azione che ne aumentassero la “giocabilità” e soprattutto il ritmo si dimostrò però vincente. Tant’è che molti titoli successivi seguirono il suo esempio: dal super osannato (e troppo sopravvalutato) seguito Daggerfall, fino ad arrivare alla svolta definitiva in “System Shock”.
Esso rappresenta a mio avviso un altro passo importante nello sviluppo definitivo di quel processo di involuzione del RPG che a suo tempo iniziò Arena. Risultato di un sapiente lavoro sia per quel che riguarda la grafica in SVGA (eccezionale all’epoca, ma ancor oggi mantiene il suo fascino pressochè inalterato) ma soprattutto per l’anbientazione hi-tech dalla quale poi anni dopo Deus ex avrebbe preso ispirazione, System Shock pose ancor di più l’accento sulla fase dei combattimenti, facendo rimanere però inalterato lo spirito di Arena e soprattutto di Ultima Underworld (gioco al quale System shock assomiglia di più). Ora gli scontri sono sapientemente gestiti, quasi alla stregua di un gioco d’azione, e il ritmo è incalzante.
System shock 2 ripropone ed amplifica ancor di più questi presupposti, risultando un geniale mix di molti generi differenti (RPG, FPS, Adventure, action, survival horror), e soprattutto di una complessità e di una profondità nella storia assolutamente impareggiabili. Stanno proprio in questo titolo i presupposti di Deus ex. Sostanzialmente osannato dalla critica, fu però purtroppo nobbato dal pubblico, fondamentalmente per la sua complessità e difficoltà, tant’è che le copie complessivamente vendute sul mercato furono pochine. Ovviamente nello scontro con Half life per l’assegnazione dell’ambito premio di “Game of the year”, System shock 2 uscì sconfitto proprio per questo motivo, anche se avrebbe meritato mille volte di più il titolo piuttosto che non Half life.
Un paio di anni più tardi, finalmente prendeva vita “Deus Ex”, che in un certo senso si può ritenere il “figlio prediletto” di quel capolavoro che fu System Shock 2.
E’ innegabile ed evidentissimo il suo legame con il “masterpiece” della “Looking Glass”, ma il titolo fa anche di più: raccoglie in un certo senso l’eredità di SS2, e ripropone il suo stile di gioco vincente, elevandolo all’ennesima potenza. Il risultato è un superbo modello di videogame che farà scuola anche per le generazioni future che verranno: visuale in prima persona, sviluppo della trama e dello stile di gioco basata prevalentemente sullo sviluppo del nostro personaggio, risoluzione degli enigmi legata alle nostre personali decisioni, ambientazione originalissima dalle tendenze hi-tech e soprattutto una profondità nella storia e nel coinvolgimento del giocatore a mio avviso ancor oggi ineguagliata.
L’ “allievo” (Deus Ex) aveva battuto il suo “maestro” (System shock 2).
Non fidatevi di nessuno…
New York, USA.
E’ un anno imprecisato di un prossimo futuro. La nanotecnologia ha fatto passi da gigante, e ormai nelle grandi metropoli del mondo uomini cibernetici con innesti bionici e cavi scoperti che escono in superficie dall’epidermide sono diffusi tanto quanto una nuova droga sintetica che sta rapidamente degradando le classi sociali inferiori. La economica politica globale è sull’orlo di una crisi irreversibile, e ciò porta ad una sempre più radicale distinzione delle classi sociali stesse. Tutte le principali istituzioni politico-governative sono decadute, ed ora l’unica organizzazione difensiva a livello mondiale è l’ UNATCO, una specie di ONU a mano armata, che tenta di spezzare attraverso la forza qualsiasi tipo di ribellione al regime anarchico che lentamente, ma inesorabilmente, si sta venendo a creare.
In particolare, un gruppo terroristico che si fa chiamare NSF sembra essere il nemico principale dell’UNATCO, e ad esso viene attribuita la diffusione della cosiddetta “Morte Grigia”, un devastante virus in grado di sterminare un numero impressionante di civili, più della metà della popolazione, soprattutto fra la gente più povera, che non può permettersi di comprare il vaccino (“Ambrosia”) che invece viene distribuito solo ai “potenti” del governo e alle persone che rivestono importanti cariche.
Noi impersoneremo JC Denton, un agente speciale dell’UNATCO, appena arruolato, che ha un passato oscuro, indecifrabile (per lo meno fino alla metà del gioco…) e degli innesti cibernetici che gli consentono di fare cose che un normale essere umano non potrebbe mai fare. Dovremo combattere questa organizzazione terroristica, ma ben presto ci ritroveremo coinvolti in una faccenda più grande di noi. Molto più grande di noi. Perché il mondo è arrivato sull’orlo del collasso? Chi sono in realtà li FSN? Ma soprattutto: perché non ricordiamo nulla del nostro passato se non vaghe immagini dei nostri genitori, frammenti di ricordi confusi e all’apparenza insignificanti? Tutte domande, queste, che troveranno una risposta man mano che proseguiremo la nostra avventura, grazie ad un plot davvero straordinario, in cui quella che ritenevamo essere la verità alla fine si dimostra essere menzogna. O viceversa. Solo alla fine, dopo oltre 50 ore effettive di gioco, e ben 3 finali differenti dipendentemente da come agiremo, verremo a scoprire la verità assoluta.
Il senso di coinvolgimento è elevatissimo, e riesce a regalare, alternandoli, momenti di tensione allo stato puro e di interattività del giocatore mai viste prima: quando si procede nel gioco, sembra veramente che esso stesso venga “modellato” in base alle nostre scelte e le nostre decisioni. Tutto ciò dona a Deus Ex una immersività totale del giocatore. E ricordate: non fidatevi di nessuno durante la vostra avventura…se non di voi stessi.
Parlando di gameplay…
Uno dei punti di forza di Deus Ex è senza dubbio l’estrema personalizzazione del nostro, per cosi dire, “modus operandi”. L’approccio alle diverse situazioni di gioco infatti può essere più d’uno, e alla fine a discrezione del giocatore, questo titolo può trasformarsi in un adrenalinico FPS, se decidiamo di adottare metodi poco ortodossi senza badare troppo alle sottigliezze… Oppure è possibile agire perennemente nell’ombra, seguendo metodi “stealth” molto raffinati e in tal caso il gioco risulterebbe come impostazione molto simile a un altro grande successo del passato, “Thief”, dal quale Deus Ex deve molto del suo successo. Altrimenti, si può diventare degli abilissimi hacker, e disattivare tutti i sistemi di sicurezza (telecamere, torrette di sorveglianza, etc…), oppure fare un po’ l’uno o un po’ l’altro. Insomma, tutto questo dipenderà dalle vostre scelte, ed è bene subito precisare che ogni vostra scelta avrà una ripercussione nell’azione di gioco. In questo senso, i miglioramenti rispetto a System shock 2 sono netti: anche nel titolo della Looking Glass infatti era possibile agire come volevamo, ma alla fine la trama del gioco era unica, e sostanzialmente (seppur era prevista una soluzione alternativa a vari enigmi) alla fine si veniva quasi automaticamente “incanalati” verso la direzione del plot principale della trama. Questo in Deus Ex non accade, e anzi, come prima evidenziato, le nostre azioni potrebbero portare a risultati anche considerevolmente differenti.
Esattamente poi come nel miglior stile dei RPG, nel corso della nostra avventura potremo migliorare le caratteristiche del nostro personaggio. Infatti portando a termine le quest principali e anche quelle secondarie (non indispensabili per il proseguimento della storia) guadagneremo un certo quantitativo di punti abilità che potremo distribuire a nostro piacimento tra le nostre capacità. Ad esempio, se decidiamo di specializzarci nell’uso dei fucili di precisione, mano a mano che miglioreremo questa abilità, si noterà che il mirino resterà più fermo quando miriamo e che la probabilità di centrare il bersaglio aumenterà. Altrimenti potremo specializzarci nello scassinare le serrature, bypassare i sistemi di sicurezza, nella medicina (per curarsi più velocemente), nell’uso dei computer, nel resistere alle scariche elettriche e alle tossine velenose, etc… Addirittura è prevista la possibilità di effettuare periodici “upgrade” dei nostri innesti cibernetici attraverso l’applicazione nel nostro organismo di speciali “contenitori di potenziamento” che ci conferiranno nuovi poteri bionici, come ad esempio il vedere attraverso i muri, il resistere alle pallottole, addirittura pilotare un piccolo drone spia che si infiltri nelle basi nemiche per spiare i loro movimenti (!!), e tante altre cose che adesso è impossibile elencare una per una. Rispetto a SS2, lo sviluppo del personaggio è reso più accurato, ed al tempo stesso molto più semplice da gestire, attraverso una comoda interfaccia con l’inventario ove stipare tutti gli oggetti che raccoglierete e un’UNICA tabella numerica dove vengono elencate le vostre abilità. Questo è un altro miglioramento sostanziale rispetto a SS2, dove invece si faticava e non poco a tenere sott’occhio tutte le vostre caratteristiche.
Ma il vero tocco di genio, quel “senso di realtà” che manca in SS2, e che invece contraddistingue Deus Ex, è rappresentato dai dialoghi con i personaggi (completamente assenti in SS2), curatissimi e cruciali per poter ricevere utili informazioni che altrimenti non riuscireste mai a carpire. Potete interrogare tutti i personaggi che troverete, anche più di una volta, per acquisire maggiori informazioni, ma la cosa straordinaria è che sembrano quasi “vivi”, e si ricorderanno di noi se con loro agiremo in un determinato modo.
La cura dei particolari, in questo contesto, viene resa addirittura in modo paranoico!
Un motore grafico per tutti…
Dal punto di vista tecnico, Deus Ex fa sfoggio di una versione modificata (piuttosto pesantemente) del motore grafico di Unreal. All’apparenza non sembra, ma se osserviamo per esempio i riflessi sul pavimento (ad esempio nelle stanze dell’UNATCO) o altri giochi di luce/ombra, sarà facile individuare quelle “chicche” che avevano contraddistinto Unreal. Gli ambienti di gioco sono molto grandi, ma gestiti in modo eccellente (non si nota alcun rallentamento nemmeno su Pc piuttosto datati, tant’è che è possibile effettuare un’ottima esperienza di gioco anche con un P2 a 350Mhz con 64Mb ram e una scheda video con 16 Mb di memoria). Anche in questo caso, il confronto con SS2 risulta vincente. Dove in verità ci sono dei problemi è nelle animazioni dei personaggi, piuttosto primitive e in taluni casi non propriamente convincenti, anche se nel complesso siamo sulla sufficienza piena. Inoltre, le numerose “scene di intermezzo”, anche se in realtà è improprio parlare di scene di intermezzo, poiché si tratta di una sorta di sequenze di gioco ove avviene una narrazione degli eventi che ci vede protagonisti (un po’ come in Half life, anche se qui si passa automaticamente, durante tali fasi, ad una visuale in terza persona e non è possibile muovere il personaggio) sono di fattura eccezionale .
Come in SS2, anche l’audio è ottimo, soprattutto per quel che riguarda la colonna sonora, davvero molto bella e composta da una serie di brani strumentali molto orecchiabili e che è possibile scaricare nel Web. Ottimo anche il parlato (in inglese con sottotitoli in italiano, ed infine un po’ carente invece la gestione dell’audio negli effetti ambientali (talvolta sembrano quasi irreali…)
In conclusione…
Deus Ex ha dato il via ad un nuovo genere di videogame, ha messo insieme il contributo di tanti altri giochi del passato, e rielaborandoli in un mix esplosivo, è stato capace di attirare l’attenzione di un’ampia fascia di pubblico. Questo è a mio avviso il maggior merito che va riconosciuto a questo gioco: è riuscito dove invece SS2 ha fallito (probabilmente a causa della sua estrema complessità, non era un titolo adatto a tutti i videogiocatori). Ciò non significa che Deus ex sia un gioco semplice, intendiamoci. Tutt’altro. Il fatto è che la gestione del gioco, pur mantenendo un’impostazione originalissima come in SS2, è più agevole rispetto al titolo della Looking Glass, ed ha incontrato un successo incredibile.
Forse è per questo che gli è stato assegnato l’ambito premio nel 2000 di “Game of the year”, surclassando praticamente tutti gli altri avversari.
Ed infatti coloro che si avvicineranno a Deus Ex saranno sia i maniaci “esperti” di giochi di ruolo, sia i giocatori più frenetici votati all’azione pura dei FPS, sia quelli più metodici, più “ragionati”, desiderosi di un’esperienza “stealth”, ma anche tutti coloro ai quali piace prendere parte a una vera storia, ricca, complessa, di spessore, spesa a fare conversazione con i personaggi di Deus Ex, o anche solamente ad ascoltare i loro discorsi.
Se siete uno di loro, allora correte subito a comprare Deus Ex!!!!
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