Wunderdoktor

I dottori sono una categoria richiesta in ogni tempo e luogo. E anche in Wunderdoktor è così. Il nostro medico ambulante non ha carenza di pazienti, ovunque vada, e questo nonostante l'attività della Quack Co., una corporazione che produce pozioni e che non vede di buon occhio l'operato del nostro dottore. Ma ci sarà un motivo, se tutti quelli che comprano le pozioni della Quack Co non sembrano guarire...

Wunderdoktor è un gioco realizzato dalla Ghostbutter. In rete l'ho trovato descritto come un incrocio fra Trauma Center, Samorost e Papers, Please; non ho mai giocato a Trauma Center, ma l'accostamento mi pare ovvio: in entrambi i giochi si devono operare dei pazienti.

Le similitudini con Samorost e Papers Plaese sono abbastanza azzeccate, sebbene Wunderdoktor si distacchi da questi due titoli per diversi motivi.

L'impianto del gioco è quello che più ricorda Papers, Please. Noi seguiremo i viaggi del dottore, e in ogni nuova location dovremo curare una sfilza di pazienti dai sintomi più disparati. Ogni sintomo corrisponde a un minigioco o a uno strumento particolare. Wunderdoktor è molto “fisico” - qui la somiglianza con Samorost: dovremo mimare spesso i movimenti del bisturi o di ago e filo, o ancora dovremo usare il mouse per “schiaffare” via dei fantasmi molesti o cliccare furiosamente per schiacciare bubboni.

Ogni paziente ha una barra della vita, che si accorcia col passare del tempo, quindi è vitale sbrigarsi nell'eliminare ogni malattia prima la barra si consumi del tutto. Nei livelli più avanzati, i pazienti presentano molti più sintomi e spesso tutti assieme (es, dovremo tagliare qualcosa su un paziente in preda alle convulsioni con degli insetti minacciosi da evitare...), quindi è richiesta precisione assoluta e velocità. Chiariamo, i mini-giochi non sono poi così difficili. Ho letto che molti si lamentano del minigioco musicale (dovremo ascoltare una serie di note e riprodurle), ma neanche quello è davvero ostico, bisogna “solo” essere veloci e avere sangue freddo. Ci sono anche dei fuocherelli azzurri che magicamente ripristinano parte della vita del paziente.

Questa parte è quella che più somiglia a Papers, Please, in cui precisione e velocità erano due abilità chiave. Ma dove PP andava a fondo, Wunderdoktor si contenta di realizzare un'esperienza più casual, sia dal punto di vista del gameplay che dal punto di vista narrativo.

Non è infatti possibile arrivare al game over o a un “brutto” finale. Se un paziente morirà, semplicemente dovremo ripeterlo finché non riusciremo a salvarlo, ed è anche possibile che compaiano più lucette azzurre per facilitarci l'esistenza, se perdiamo troppo spesso. Al massimo è possibile perdere qualche collezionabile.

Anche la narrazione ha un tono molto più leggero e meno sfumato di PP. Dove PP ci poneva di fronte a scelte morali continue, fra le quali non c'era una via “giusta” da seguire, non c'erano certezze (se non quella di andare incontro a un destino amaro), in Wunderdoktor non ci sono scelte vere e proprie. Il gioco è un lungo corridoio ed è molto facile capire subito chi è buono e chi è kattivo – non che importi poi molto, visto che non abbiamo la possibilità di scegliere.
Non c'è nulla di male in tutto questo, ma chi si aspetta la profondità di un PP resterà deluso.

Graficamente, Wunderdoktor è adorabile. Sfondi e personaggi sembrano assemblati con ritagli di carta e hanno un'aria giocosa e un po' creepy al tempo stesso – in rete lo hanno paragonato ai film di Tim Burton, e in effetti siamo lì, forse Wunderdoktor è un po' meno creepy e più kawaii. Lo stile rende un buon 60% dell'atmosfera, direi.

Le musiche sono graziose, non me ne ricordo nessuna in particolare, il che vuol dire sì che nessuna mi ha colpito, ma anche che nessuna mi ha dato fastidio. Importanti gli effetti sonori, che spesso ci avvisano di un sintomo o di un evento a cui prestare attenzione.

Wunderdoktor è disponibile solo in inglese. È un inglese facilissimo e non solo, spesso non serve proprio capirlo in quanto il gioco è molto grafico. Moltissime cose si capiscono o sono spiegate tramite disegni, e non tramite parole. Bisognerà, in un paio di casi badare alla professione esercitata dai nostri pazienti, quindi un minimo di inglese bisogna conoscerlo, ma basta davvero poco.

Cosa dire, quindi, di questo Wunderdoktor? E' un gioco simpatico, che vi farà passare piacevolmente delle ore, con un'ambientazione carina e dei personaggi adorabili. Forse non diventerà il vostro gioco del cuore, ma e forse qualche sfumatura in più avrebbe fatto sì che lasciasse di più il segno, ma anche così fa il suo mestiere, ossia divertire.

Sorry, James

A James Garner viene affidato un compito più importante del solito: decrittare una serie di documenti e inviare il tutto al cliente. Naturalmente, è richiesta la massima riservatezza... non è che James può mettersi a spiare i documenti che decritta. O no?

Sorry, James è un “gioco narrativo”/puzzle game della Konstructors Entertainment, una software house ucraina. Dico “gioco narrativo” fra virgolette perché la definizione è, in questo caso, ingannevole. In realtà, tutta la descrizione del gioco sulla pagina Steam è ingannevole.

La pagina Steam dice, infatti: “Sorry, James is non-linear story-driven puzzle game which takes unusual step on storytelling.”. Questa affermazione è tutta falsa XD. Sorry, James ha una storia, che non è raccontata in maniera inusuale (a parte un twist finale metanarrativo, ma è un caso singolo, poi ne parliamo), non è non lineare e comunque non è il punto principale del gioco, non “drives” il resto del gioco.

Partiamo dalla “maniera inusuale”. Sorry, James regala alcune chicche graziose che fanno l'occhiolino al giocatore, rompendo la quarta parete. Si tratta di un enigma che coinvolge la pagina Steam del gioco e di un “avvenimento” finale (che non vi svelo), che riguarda il vostro account Steam. Fine. Il resto della storia si legge fra un pezzo del gioco e l'altro.

E qui passiamo alla parte “story-driven”. Ora, “story-driven” significa che la storia fa da padrona o che è lei che traina il gioco. To The Moon è “story-driven” (o “story-all”, ma vabbè). In un altro senso, The Witcher 3 è “story-driven”.

In Sorry, James, la storia è un inserto fra un pezzo di gameplay e l'altro, fine. E si passa anche molto meno tempo con la storia che con il gameplay (che sono totalmente slegati fra loro, aggiungo). Che non è una cattiva cosa, ma è altro rispetto allo story driven.

Terzo: “non-lineare” significa che la storia, invece di essere una linea dritta che va da A a B, può avvenire in modi diversi. Per esempio, un rpg non è lineare perché, spesso, offre scelte che modificano l'ordine o la portata degli eventi. Her Story non è lineare nel modo in cui uno ha esperienza della storia, e lo stesso dicasi di Analogue: A Hate Story.

Sorry, James, invece, è lineare. E' possibile leggere i documenti in qualsiasi ordine si vuole, ma questo non altera in modo particolare la nostra esperienza della trama, la rende solo più confusa perché con tutta probabilità non si capirà bene che cosa è successo. Inoltre, così facendo si affrontano prima puzzle più difficili e poi altri più facili, segno che i programmatori l'hanno pensata per essere letta in modo lineare.

Tutti questi non sono problemi di per sé, ma io avevo cominciato il gioco pensando di trovarmi di fronte a una specie di visual novel/film interattivo intervallato da leggeri puzzle, perché questo è ciò che la descrizione porta a pensare. Non è così.

Sorry James è un puzzle-game molto tosto, con una storia non particolarmente esaltante ma curiosa nel mezzo. Decrittando i messaggi, scoprirete le chat di una ragazza, Elisa, con altre persone, i cui testi non potrete leggere. Arrivati alla fine, avrete modo di leggere anche i testi degli altri interlocutori, per quei documenti che avete decrittato senza sbagliare neanche una mossa (è possibile rifare il procedimento quante volte volete), e così capire meglio il tutto. Ma qualcosa resterà poco spiegato. In verità, non vi importerà poi granché, perché la storia manca di coinvolgimento emotivo o di sviluppo e di pathos. Al massimo sarete curiosi, ma non è una storia che “prende”.

Essenzialmente, a questa storia mancano personaggi e svolgimento. Né Elisa, né tantomeno James risaltano come personaggi a tutto tondo. Di Elisa sappiamo, circa, qualcosa di più - principalmente le sue preferenze erotiche - ma questo non basta. Di James non sappiamo una mazza e James di fatto ha 0 importanza all'interno della storia. Non è sufficiente per farci attaccare a questi personaggi, quindi, che ci frega di quel che succede? Non molto.
Avrebbe avuto più senso se noi fossimo stati l'interlocutore di Elisa, per esempio. Ok, lo scherzetto finale non sarebbe stato possibile, ma saremmo stati coinvolti nella vicenda.

C'è anche un piccolo bug, che credo verrà risolto: in sostanza, come spiego nel video che trovate qua attorno, se si va nella modalità in cui è possibile leggere tutti i messaggi quando ancora NON avrete sbloccato tutto in maniera “perfetta” (senza sbagliare mosse), ma, diciamo, ne avete sbloccati solo 5, potrete sempre e comunque leggere al 100% solo quei 5. Anche se poi decritterete tutto in maniera perfetta, il gioco vi mostrerà al 100% solo i primi 5. Quindi, entrate nella modalità “speciale” solo dopo aver decrittato tutto in maniera perfetta.

E passiamo al gameplay. Il gameplay consiste in una serie di puzzle per decrittare i documenti. I puzzle sono una specie di Campo Minato (again, gli sviluppatori tirano in ballo il Sudoku... no, sono due tipi di puzzle diversi). Vanno dal molto semplice al davvero complesso, e alcuni possono richiedere anche una mezz'oretta per essere completati con successo. I più difficili presentano diverse varianti e caratteristiche speciali che li rendono alquanto bastardi. Siete avvisati.

L'atmosfera del gioco è davvero curata. Gli effetti grafici e sonori, che simulano un pc dell'epoca di Cristo, sono stupendi. E' possibile disattivarli, volendo, così come la musica.

Il gioco è disponibile in 4 lingue, e non in italiano. Ho trovato l'inglese particolare, nel senso che sembra scritto da ucraini che parlano inglese come seconda lingua (e non benissimo) e non da madrelingua inglesi. Credo sia voluto, e non voglio criticare questa cosa, perché aggiunge una punta di realismo, lasciando il tutto comprensibilissimo. Ho un'amica ucraina con cui parlo in inglese, e ho in effetti ritrovato le stesse costruzioni sintattiche e gli stessi errori che fa lei.

Il giudizio che do a Sorry, James non tiene conto del fatto che uno può essere facilmente ingannato. Lo ribadisco: questo NON è un gioco narrativo, è un puzzle game! Se vi aspettate una specie di film interattivo, sarete molto delusi.
Detto questo, non boccio il gioco ma non posso neanche promuoverlo. Il connubio che rappresenta non è abbastanza ben riuscito da meritare la promozione piena, anche come puzzle game in sé. Sorry James è equivalente a una rivista di Sudoku con degli intermezzi narrativi ogni tot pagine: se vi piacciono i puzzle game, vi piacerà anche Sorry, James, altrimenti, no.

The Mind of Marlo

Marlo soffre di un grave disturbo: la Sindrome della Testa Stupida (Silly Head Syndrome). Casualmente, durante la giornata, la sua testa cambia forma, diventando quella di un gatto, di uno squalo o di una lumaca. Quando è in una di queste forme, cambiano anche le necessità e i comportamenti di Marlo, che quindi si trova in grave imbarazzo nell'affrontare la vita quotidiana.

Marlo decide quindi di visitare un dottore, che gli suggerisce una soluzione: trovare ciò che le varie forme detestano e usarle su di loro, in modo da annientarle. Sarà sufficiente? Vediamolo insieme.

The Mind of Marlo, il gioco che INDIEtro Tutta vi mostra oggi, è una breve e semplice avventura grafica (dura circa un'oretta, anche meno) in cui dovremo aiutare Marlo a risolvere il suo problema. Il concept nacque grazie al Ludum Dare 33, il cui tema era “Tu sei il mostro”; il gioco fu poi modificato per l'uscita su Steam.

The Mind of Marlo si presenta come una specie di mokumentary; Marlo infatti ha accettato di farsi filmare durante la sua battaglia con la malattia e diversi sono i richiami a questo tipo di produzione. Per esempio, osservando un oggetto, avremo un close-up di Marlo che ce ne spiega il significato o le origini.

La maggior parte del gioco è spesa proprio ad esaminare la casa di Marlo alla ricerca degli oggetti odiati dalle varie forme... ma in realtà questa altro non è che una scusa per scoprire il passato del protagonista e per indagare sulle cause della sua trasformazione. La Sindrome della Testa Stupida è infatti causata, o quantomeno triggerata, da un trauma, e se all'inizio Marlo sembra pensare che sia stata la rottura con la sua ragazza a causare il peggioramento, esplorando le varie stanze potremmo scoprire che non è così.

Questo è il cuore di The Mind of Marlo e anche la parte meglio riuscita. Il gioco unisce l'indagine psicologica a un umorismo nero, ed entrambi questi aspetti sono riuscitissimi. Le battute sono fantastiche, “secche” al punto giusto, con il giusto ritmo, e centrano sempre il punto: si ha pena per il povero Marlo, ma si sorride anche delle sue sventure. Allo stesso tempo, il risvolto più serio della storia è reso in maniera credibile: capiamo cosa è successo a Marlo e perché si trova in queste condizioni, perché ha tanto disagio a uscire di casa. Se non fosse che la Sindrome è chiaramente inventata e “sciocca”, non faremmo fatica a credere che Marlo sia una vera persona, che soffre di un reale disturbo e di una reale depressione.

Per trovare gli oggetti, o per metterli insieme, dovremo risolvere un paio di enigmi. Niente di trascendentale, si tratta di piccoli enigmi alla portata di chiunque. Il gioco avrebbe potuto essere un po' più impegnativo, ma in parte questo è compensato dal ritmo fantastico e dalla brevità del gioco. Si tratta di un gioco molto compatto e “intenso”, che è meglio terminare in una sola seduta, e a questo scopo degli enigmi leggeri non creano problemi.

Il gioco è pieno di interazioni e ogni oggetto può svelare qualcosa sulla vita di Marlo o regalarci una chicca più o meno assurda.
Oltre tutto questo, c'è una piccola sorpresa che non voglio svelarvi, sbloccabile dopo la “fine” del gioco.

A corredo di tutto ciò abbiamo una grafica pixellosa carinissima, un effetto “film” che è possibile disabilitare e una colonna sonora minimale ed efficace. Le musiche tristissime accentuano il senso di disperazione di Marlo, che contrasta con le battute e la generale assurdità dello scenario.

Kudos anche per il doppiaggio (in inglese), specialmente per il doppiatore di Marlo, che col suo tono monocorde rende benissimo le battute.

Il gioco è solo in inglese e in spagnolo. Non si tratta di un inglese molto difficile, ma siccome non è possibile mettere “in pausa” le scritte per leggerle con calma, potrebbe essere scomodo per chi non mastica abbastanza bene la lingua. Consiglio di dare un'occhiata a qualche video sul tubo, prima di acquistare il gioco, per chi non fosse sicuro di farcela. Il costo è comunque contenuto (3 euri), nel caso si volesse rischiare.

Consiglio, dunque, The Mind of Marlo? Assolutamente sì. E' un giochino simpaticissimo ma non per questo stupido, tutt'altro. Il personaggio e la situazione sono coinvolgenti e tristissimi, le battute sono realizzate in maniera eccellente e recitate splendidamente dal doppiatore e le numerose chicche sparse nel gioco vi strapperanno più di un sorriso.

Headliner

Lo stato di Galizia deve affrontare più di un problema. Da un lato, ci sono gli screzi, sempre più profondi a causa del diffondersi delle modifiche genetiche, fra Modificati e Puristi; da un'altra parte c'è il conflitto nella vicina Learis, che sta portando un'ondata di immigrati verso Galizia stessa; infine, c'è il festival nazionale,che dovrebbe essere un momento, per tutto il popolo, di unirsi e pensare assieme al passato e al futuro della nazione.

Qual è il ruolo che i giornali svolgono in questo tipo di conflitto? Quanta capacità hanno di spostare l'opinione pubblica, e quanto sono condizionate le loro buone intenzioni dalle necessità personali e familiari?
Headliner cerca di dare una risposta a queste domande. Vediamo se e come ci riesce.

Headliner, il gioco che INDIEtro Tutta vi porta oggi, è un breve “simulatore di giornalismo” realizzato dalla Unbound Creations e disponibile su Steam. Ci mette nei panni dell'headliner di GalMedia, uno dei giornali di Galizia: il nostro compito, insomma, è quello di decidere quali notizie andranno pubblicate, e quali no, fra quelle che ci vengono sottoposte dai nostri giornalisti.

Naturalmente, le nostre scelte andranno a influenzare non solo la società di Galizia, ma anche le nostre vicende personali: se riusciremo a far avere successo al giornale, potremo ricevere una promozione e dei benefici maggiori, mentre se i numeri calano, caleranno anche i nostri benefici. Per far salire i numeri, però (e qui casca l'asino), quel che serve è un “forte angolo” a cui aggrapparsi: in sostanza, una posizione che il giornale terrà a priori, in modo che la gente possa facilmente identificarsi con esso. Siamo pro-puristi? Ebbene, lo siamo *a prescindere* dalla realtà dei fatti, in modo che, sempre e comunque, i Puristi e chi li sostiene possano identificarsi col giornale.

Headliner parte da questo presupposto, purtroppo molto attinente alla realtà, e ossia che la polarizzazione delle opinioni da parte dei giornali porti agli stessi molte più views e molti più soldi di quanto non faccia un discorso più ampio, in grado di vedere i pro e i contro della situazione. Per esempio, a inizio gioco potremo pubblicare un articolo che spiega come uno studio abbia dimostrato che i Puristi siano il 18% meno efficienti dei Modificati sul lavoro. Non ci sono prove che lo studio sia falso, quindi un giornalista in buona fede può decidere di volerlo pubblicare. Qualche giorno dopo, salta fuori un secondo articolo che mostra come i Puristi siano meno inclini ad alcune malattie specifiche dei modificati, e così compensino quel 18% di efficienza in meno, facendo risparmiare sui costi sanitari. Il giornalista di cui sopra, onesto e desideroso di informare la sua utenza, potrebbe volerlo pubblicare... ma siccome i lettori sono polarizzati e l'editore *vuole* questa polarizzazione, il risultato è un calo di views e quindi di prestigio per il nostro giornalista.

A tutti piace aggregarsi sotto una bandiera che gridi “abbasso il prossimo”, chiunque sia questo prossimo; a nessuno piace seguire qualcuno che dice: “beh, lui ha ragione... ma in verità anche il suo avversario.”.

Questo è l'aspetto su cui questo Headliner riesce lì dove altri giochi spesso neanche ci provano. E' ormai abbastanza comune (e molto positivo) vedere giochi che ci mostrano come la realtà non sia solo in bianco e nero; prendiamo Papers, Please, gioco a cui Headliner chiaramente si ispira: lì, noi eravamo messi di fronte a delle scelte difficili e ci veniva mostrato, molto da vicino, che è possibile compiere cose terribili non per malvagità, ma perché spinti dalle circostanze (es, non vedere nostro figlio malato o morente).

In Headliner c'è tutto questo (ci arriviamo fra poco), ma c'è anche un aspetto spesso trascurato della realtà giornalistica, ossia quello di avere a che fare con un pubblico che non *vuole* essere informato, non vuole arrivare alla verità delle cose, vuole solo leggere qualcuno che segua, a prescindere da tutto, la sua ideologia, la sua idea politica o sociale o etica, e nessun'altra. La figlia del nostro Headliner fa proprio parte di questo tipo di pubblico: è contenta quando seguiamo una linea precisa, perché così lei è meno confusa, sa cosa pensare, non deve mettersi lì a riflettere su due articoli apparentemente contraddittori, che rivelano una realtà più complessa del classico “o è bianco o è nero”. Il che fa riflettere anche sul potere educativo dei media, perché la figlia del nostro Headliner è abbastanza giovane (sta finendo il liceo) ed è già stata disabituata a ragionare. Il nostro partner, invece, desidera un giornale più “giusto”, che dia voce ai due lati della medaglia. Il nostro capo, da parte sua, se ne frega di quale corrente seguiamo, gli basta che alziamo le views.

Headliner fa un buon lavoro anche nella presentazione delle varie fazioni. Le varie posizioni hanno diversi pro e contro dalla loro, anche se in alcuni casi possiamo effettivamente trovare posizioni più giuste di altre (per esempio, perché impedire ai Puristi di sposarsi?), ma non mi è parso un problema. Dopotutto, anche nella realtà, a volte le cose sono o in un modo o in un altro.

Sono rimasta piacevolmente sorpresa da alcuni scenari che, in una mano più buonista, sarebbero stati inverosimili o superficiali. Per esempio, non è detto che l'idea di uno stato di polizia sia per forza una cosa negativa, se i disordini diventano eccessivi.

E' possibile cercare di essere super-partes e di fare il “giornalista onesto”, ma il nostro capo non ci rende il compito facile. A volte dovremo forzatamente scegliere fra due articoli opposti, oppure dovremo scegliere un minimo o un massimo di articoli da approvare, cosa che impedisce di poter selezionare davvero con cura o in maniera obiettiva.

Come dicevo, c'è anche da considerare la nostra famiglia. Non solo nostro marito e nostra figlia avranno delle opinioni, ma saranno anche direttamente colpiti dai cambiamenti di Galizia. Nostro marito potrebbe perdere il lavoro, o potremmo non essere in grado di pagare per la sua malattia (credo che Galizia sia modellata sugli USA, o comunque su un posto dove l'assistenza sanitaria è ugualmente barbarica); nostra figlia potrebbe avere problemi a entrare in un college o potrebbe essere in pericolo al festival.

Questa parte non è fatta male, per quel che riguarda il nostro partner. Per quel che riguarda nostra figlia, invece, sono rimasta insoddisfatta. Intanto, Headliner presenta una piccola parte relativa esclusivamente alla nostra famiglia: possiamo, in sostanza, essere comprensivi col nostro partner, oppure maleducati; possiamo essere severi con nostra figlia oppure no; possiamo ricordarci di prendere le crocchette del cane, oppure fregarcene. Credo che l'utilità di questa parte sia quella di dare un minimo di tridimensionalità alla famiglia, e ok, ma risulta un po' slegata dal resto.

Ma, mentre il nostro partner sarà molto influenzato dall'opinione pubblica e dai cambiamenti che avvengono grazie ai nostri articoli, per nostra figlia questo non vale: lei sarà un'egoista testa di caz-ehm, cacchio in ogni caso. Peggio, se nel giorno del festival ci sono disordini (bombe, sparatorie...) e lei non torna a casa quella sera, noi non avremo l'opzione di, chessò, chiamare la polizia, o setacciare le strade. No, le lasceremo un messaggio sul cellulare e andremo a dormire. No, sapete, hanno solo sparato a della gente nella piazza dove stava mia figlia, che volete che sia! Sarà a fare qualche bravata con un'amica! Inaccettabile e incomprensibile per un gioco che era stato così attento in tanti altri punti.

Volendo continuare a parlare delle cose che non vanno, c'è da dire che l'effetto delle news sulla gente è un tantino esagerato. Delle *nostre* news, nel senso che non è mai specificato cosa fanno gli altri giornali, quindi sembra che tutti i cambiamenti nelle strade sono opera nostra. Ebbene, i nostri articoli sono capaci di scatenare rivolte e instaurare uno stato di polizia, fra le altre cose. In... meno di due settimane. Alla faccia!

Mi rendo conto che, per ottenere un effetto più sfumato e credibile, il gioco avrebbe dovuto essere più lungo e meno pregnante, quindi in parte scuso questo difetto, ma a volte è difficile chiuderci un occhio, in game.

Passando all'aspetto grafico, siamo nella decenza. I disegni non fanno gridare al miracolo, forse (mi ricordano un gioco per cellulare), ma fanno la loro parte. I segmenti in cui dobbiamo tornare a casa e passiamo per le strade di Galizia avrebbero necessitato di modelli per i cittadini un po' più diversificati, almeno per noi e i nostri familiari.
Le musiche e gli effetti sonori sono adeguati. Si distingue la track del menu, particolarmente “minacciosa”.

Consiglio dunque questo Headliner? Direi che può piacere a chi ha apprezzato Papers, Please, perché il gioco è sullo stesso filone. Headliner riesce a fare bene molte cose, non ultimo a mostrare come un'informazione onesta e bilanciata sia difficile da portare avanti con successo, nonostante le migliori intenzioni. Risulta un po' esagerato sotto alcuni aspetti, ma per i 3 euro che chiede, glielo si può perdonare.

Majotori

Chi non ama i trivia games? Ok, tu che hai alzato la mano, puoi lasciare questa recensione. Tutti gli altri possono continuare a leggere di Majotori, un tivia game single player con un tocco di visual novel, un sacco di citazioni e un senso dell'umorismo che vira all'inquietante.

In Majotori, il gioco che INDIEtro Tutta vi mostrerà oggi, seguiremo le storie di più di 25 personaggi. Alcuni cercano la felicità, altri vogliono solo passare bene la giornata, ma tutti vengono contattati da Lariat, una streghetta che fa loro una proposta: giocare a un gioco di trivia, per vedere esaudito il loro desiderio. Ma c'è una condizione: per ogni risposta sbagliata che daranno, ci sarà una possibilità che invece di quel che desiderano, avvenga qualcosa di orribile.

In termini di gioco, questo si traduce in un gioco di trivia seguito da una roulette. Ogni risposta giusta è una possibilità di vittoria, ogni risposta sbagliata è una possibilità di fallimento – e quando si fallisce le conseguenze possono essere fatali. Chiedete a Paca, la vecchietta che voleva solo un lieto fine per la sua soap opera preferita, e si è ritrovata con un attacco di cuore...

Majotori è un gioco veloce, dura un paio di orette, e non si prende troppo sul serio. Le storie dei vari personaggi, che portano a più di 50 scenari diversi, sono simpatiche ma non molto approfondite. Alcuni personaggi sono ricorrenti (o lo saranno, se sopravviveranno), mentre altri li vedremo solo per una scenetta. Alcuni si incrociano, altri non si conosceranno mai. Ho letto recensioni che criticano questo aspetto, ma secondo me si è frainteso lo scopo: le storie vanno viste con una certa ironia, servono a fare ridere o a far incuriosire, non sono fatte per coinvolgere emotivamente più di tanto. A volte giocano con gli stereotipi che “toccano il cuore” (es, la bambina orfana, la vecchietta solitaria, l'innamorato, il cieco, il cagnetto solo, ecc); altre volte prendono per il culo questa o quella opera (es, un'intera storyline è presa di peso da Sword Art Online). Ma in realtà sono un accompagnamento al vero fulcro del gioco, ossia i trivia.

Le domande sono più di 1000 e sono divise in 4 categorie: anime, videogames, cinema e roba mista. Quel “roba mista” di solito è “geografia”, ma c'è qualche domanda di storia e qualche domanda molto basilare di fisica. Le domande di geografia sono le peggiori in assoluto: frequente è la domanda così strutturata: “Qual è lo stato più a nord/sud/est/ovest fra questi 4 stati degli USA?”. Fastidiosa anche la domanda, anche questa molto frequente: “Quali fra questi film è uscito prima nei cinema?”. Sono due tipi di domande puramente nozionistici, senza un vero collegamento con la materia in questione.

La maggior parte delle domande, però, sono “normali”, e richiedono una certa conoscenza di anime, videogames e film per essere superate. Majotori cerca comunque di non andare mai troppo a fondo nella materia, e molte domande riguardano opere mainstream (es, Naruto, o Harry Potter o simile). Sono stata piacevolmente sorpresa di trovare anche una domanda su Broken Sword, però!

Nelle opzioni, in ogni caso, è possibile modificare la frequenza con la quale ogni materia viene chiesta: dai commenti che vedo in giro, per esempio, molti hanno trovato difficili le domande sugli anime e d'altronde non è detto che uno sia appassionato di tutte e tre queste categorie.

Graficamente, il gioco è puccioso e minimalista, come vedete dalle immagini. I colori sono piatti, le animazioni poche, i disegni poco dettagliati, ma tutto questo basta a evocare la giusta atmosfera e a far procedere il gioco. Le musiche, disponibili a parte su Steam, sono graziose anche se un po' ripetitive. Non mi hanno dato fastidio, però, quindi kudos al compositore.

Il gioco è disponibile solo in inglese. Si tratta di un inglese abbastanza facile, ma possono sorgere difficoltà con termini specifici di qualche ambientazione (es, i personaggi di Harry Potter, o i titoli dei libri: se uno conosce la versione italiana, non è detto che riesca ad associare quella inglese). Nulla è a tempo, però, quindi è sempre possibile affrontare il gioco con un cellulare con cui cercare i termini più inconsueti.

Mi sono divertita tantissimo con Majotori. Non è un gioco col quale passerete le ore; probabilmente farete un paio di partite e nulla più. E' un peccato che manchi una modalità multiplayer con la quale sfidare gli amici, perché questo avrebbe sicuramente aumentato la longevità del titolo. Così com'è, resta comunque un gioco carinissimo, abbastanza vario e diversificato da non annoiare.

Paradigm

Paradigm è un mutante, il cui scopo nella vita è diventare il più grande musicista elettronico di tutti i tempi. Il suo aspetto orripilante e il fatto di essere povero e circondato da esseri peggio mutati di lui, non aiutano le sue aspirazioni, ma il vero problema sorge quando Olof, un bradipo che vomita caramelle, decide, per qualche misterioso motivo, di dargli la caccia.
Riuscirà Paradigm a salvare il mond-ehm, salvare la sua vit-ehm, comporre dei fantastici beat? Solo giocando lo scoprirete!

INDIEtro Tutta oggi vi porta Paradigm, un'avventura grafica surreale punta e clicca, sviluppata da Jacob Janerka. Ed è insieme un'opera nuova e fresca e un inno alle avventure di un tempo, dal tono, agli enigmi, alla grafica, allo humour. In effetti, durante i primi minuti di gioco, mi sembrava quasi di avere per le mani un'avventura di quando ero bambina, complice anche l'ambientazione del gioco, che è quella del futuro come lo vedevano negli anni '70/80: computer giganti, floppy disk ancora in uso, monitor CRT. Per un sacco di avventurieri, l'ambientazione di Paradigm sarà familiare come la propria casa, anche se è punteggiata da milioni di stranezze e personaggi mutati.

I personaggi di Paradigm sono uno dei suoi punti forza, assieme all'umorismo. Sono uno più strano dell'altro: si va dal cactus che vende beats in strada per pagare l'affitto, a un distributore dell'acqua vittima dell'alienazione aziendale, al carlino a capo di un culto glam metal (...sì). Ma non serve andare troppo lontano dal nostro protagonista per incontrare il suo tumore, fonte di Hints in game, che ama essere toccato... in un certo modo.

L'umorismo di Paradigm è allo stesso tempo molto sopra le righe (la quarta parete non esiste) e contestualizzato all'interno dell'ambientazione così bene che è difficile, spesso, dire dove finisce il worldbuilding e dove comincia il lol. Le assurdità dei vari personaggi sono credibili, perché sono caricature di atteggiamenti e situazioni comuni nella società. Si ride, spesso, ma sotto la risata si percepisce la tristezza di questi personaggi, abbandonati da una società distopica che non sa neanche lei bene dove sta andando e che con il suo comportamento irresponsabile sta condannando anche se stessa. Ogni riferimento, in Paradigm, a fatti o persone esistenti, credo sia voluto, anche se non è necessario riconoscere le numerose citazioni per apprezzarne il significato, come in ogni buona opera.

Ambientazione e personaggi, come avrete capito, sono abbastanza surreali. Il tono mi ha ricordato un po' certi aspetti di Wasteland, dove la pazzia dei personaggi è giocata per il lulz ma è anche eco della pazzia nella quale è caduto il mondo intero attorno ai personaggi.

Paradigm è, ovviamente, il personaggio in cui tutto ciò è più visibile. Ridiamo delle sue sventure e delle sue forme orrende, dei suoi complessi, ma la sua miseria è molto riconoscibile; lui è un personaggio sfigato, sì, ma è più di una macchietta: la sua gentilezza verso il prossimo (e verso le cose, provate a farlo parlare con gli oggetti) e la sua solitudine ce lo fanno comunque stare simpatico.

Tutte le componenti del gioco partecipano nella narrazione della storia e nella descrizione dei personaggi. Anche le interazioni sono personalizzate e “usare” cose e persone o “prenderle” (pick up), mostra aspetti della psicologia del protagonista. Una cosa che una volta davamo per scontata e che oggi tocca invece specificare.

Ho apprezzato moltissimo il fatto che Paradigm (il gioco, non il personaggio) non si preoccupi del politically correct. Le sue battute, al di là del fatto che fanno ridere, non si fermano davanti a nulla, non sono “educate”. Non puntano necessariamente all'irriverenza estrema, come fa un South Park; è un umorismo più secco, cinico e non caciarone.

Non voglio dare l'impressione che il gioco sia una mera satira sociale: Paradigm è un'avventura divertente, e un sacco delle battute sono dedicate a prendere in giro giochi moderni, comportamenti poco carini dell'industria videoludica o, semplicemente, le abitudine poco igieniche di qualche personaggio.

La storia forse poteva essere strutturata un po' meglio: passa un bel po' di tempo prima che Paradigm (il personaggio) entri in contatto con la “trama principale” (il bradipo vomita-caramelle). E' un peccato che gli si perdona, però, perché l'avventura riesce a divertire dall'inizio alla fine. Dove la storia è lenta, il gioco sopperisce con scorci della vita miserabile del protagonista, altre quest assurde, l'incontro con personaggi diversi e, ovviamente, battute a non finire.

Ma passiamo agli enigmi. Sono contenta di dire che Paradigm è un'avventura grafica punta e clicca vera e propria. Gli enigmi sono degni di questo nome. Molti sono basati sull'uso dell'inventario (oggetto X + Oggetto Y), ma nel corso del gioco si varia parecchio. Bisogna interpretare “indovinelli” per trovare dei codici; c'è una sequenza di “combattimento” con un cagnetto; bisogna saper dire le cose giuste ai personaggi e c'è persino un minigioco, un “picchiaduro” a scorrimento. Con un twist.

Alcuni enigmi sono facili, ma si arriva ad altri difficilotti. Ho recensito così tanti giochi dove dico “l'oggetto per risolvere gli enigmi di solito si trova nella stessa stanza dell'engima”... Questo non è il caso: gli oggetti stanno sparsi nelle varie location, come nelle avventure di una volta. Dovrete esplorare e cercarli, e poi immaginare come si possono mettere insieme. Spesso, la soluzione non è ovvia, tipo: come fare a far volare un cono del traffico? Mah...

In ogni caso, nessun enigma mi è parso ingiusto. Anche quando sono rimasta bloccata, una volta trovata la soluzione ho sempre capito la logica dietro l'enigma. Solo in un caso, secondo me, è rifiutata una soluzione che sarebbe dovuta essere accettabile.

L'esplorazione è sempre premiata, in Paradigm. Ci sono un sacco di oggetti da esplorare, le stanze sono dettagliatissime, e ogni oggetto ha delle frasi scritte apposta. L'interazione “pick up”, che in inglese significa “prendere” ma anche “abbordare” nel senso di “flirtare con qualcuno”, regala frasi lollissime se usata con gli oggetti.

Dal punto di vista tecnico, devo ammettere che non mi sento capace di giudicare a sufficienza. Il motivo principale è che grafica e animazioni mi ricordano moltissimo lo stile delle avventure di anni fa, ma non sono capace di dire se la cosa è un problema (ossia, se son fatte male) o se è un effetto voluto. A me è sembrato il secondo caso, specialmente considerato il fortissimo richiamo, in tutti gli altri aspetti del gioco, a quell'epoca.

Paradigm è disponibile solo in inglese, e questo è un ostacolo per tutti i non-angolofoni, perché le battute possono essere difficili da capire senza una buona preparazione. L'avventura è doppiata; il doppiaggio è buono, il fatto che tutti i personaggi abbiano l'accento aiuta a calarsi nell'ambientazione “russa-style”.

Anche la musica e gli effetti sonori, realizzati da Jonas Kjellberg, ricordano gli anni 70/80 e calzano benissimo nel periodo.

Sono contenta di aver scoperto Paradigm. E' una bella avventura, con enigmi veri e propri, con uno stile personale, anche se influenzato dai titoli del passato, che dimostra chiaramente come sia possibile realizzare un *gioco* impegnativo e divertente, far ridere i giocatori e anche raccontare una storia con personaggi umani, le cui sventure possono emozionare e anche far riflettere.
Ma in realtà sapevamo già che era possibile, no? Vogliamo più giochi così!

The Shrouded Isle

Fra 3 anni, il grande Chernobog si risveglierà e distruggera tutti coloro che non sono degni. Il nostro compito, in quanto grandi sacerdoti del suo culto, è quello di far sì che il villaggio sotto la nostra protezione *sia* degno. E non sarà facile, non con tutti quei peccatori, che leggono troppo, che disobbediscono agli ordini, che si ritraggono di fronte alle necessarie penitenze! Bisognerà trovarli e utilizzarli per l'unica cosa alla quale possono servire: come sacrificio per il grande Chernobog!

The Shrouded Isle è un breve manageriale realizzato da Kitfox Games in occasione di un Ludum Dare, il cui tema era “You are the monster” (Tu sei il mostro). The Shrouded Isle ci mette nei panni dell'alto sacerdote del villaggio, e il nostro compito è prepararci all'arrivo di Chernobog. Ma come farlo?

Il villaggio è guidato da noi e da 5 famiglie principali, ognuna delle quali è responsabile di un aspetto dell'educazione dei fedeli. Una famiglia si occupa di mantenere i fedeli Ignoranti, per esempio, un'altra si occupa di gestire le Punizioni, un'altra ancora si occupa di accendere il Fervore della fede, e così via. Abbiamo quindi 5 statistiche da tenere d'occhio: Ignoranza, Fervore, Obbedienza, Disciplina e Penitenza. Alla fine dei 3 anni di attesa, tutte queste statistiche devono essere abbastanza alte da soddisfare Chernobog.

Ogni stagione, noi dovremo scegliere un rappresentate di ogni famiglia come consigliere: egli, o ella, si occuperà quindi di alzare il parametro di cui è responsabile. Ma ogni membro delle famiglie ha anche due tratti nascosti, un Vizio e una Virtù, che modificano l'effetto che la sua azione avrà sui parametri. Una persona con il tratto Cleptomane, per esempio, avrà un impatto negativo sulla Penitenza; il Tratto Ascetico, invece, aumenta la Disciplina.

La nostra principale preoccupazione sarà quella di scoprire tutti questi tratti, non solo per appuntare i consiglieri giusti, ma sopratutto perché ogni stagione dovremo sacrificare qualcuno, e non tutti i sacrifici sono uguali. Sacrificare un grande peccatore, ossia qualcuno con un Vizio particolarmente forte, alzerà parecchio gli attributi del villaggio e farà felice il nostro Dio. Inoltre, Chernobog potrà richiederci un sacrificio particolare (es, il Cleptomane), quindi ci toccherà trovarlo e sacrificare proprio lui.

La famiglia del sacrificato, però, non la prenderà molto bene, specialmente se sacrificheremo qualcuno che aveva solo un Vizio minore o di cui non conoscevamo i tratti. Bisognerà quindi gestire anche il Favore delle varie famiglie nei nostri confronti, se non vorremo essere uccisi nottetempo.

I tratti, che sono assegnati a caso ad ogni partita, vengono scoperti in due modi. E' possibile, se si ha un Favore abbastanza alto con una famiglia, usare una Inquiry (Domanda) direttamente al o alla capofamiglia. Oppure, potremo scoprire i tratti usando una determinata persona durante una stagione, usando quella persona per alzare la statistica associata.

Inoltre, i tratti hanno 3 “livelli”: possono esser del tutto sconosciuti, e quindi vedremo solo dei punti interrogativi sotto il ritratto della persona che stiamo esaminando; possono essere solo voci di corrodoio (Rumors), e quindi sapremo genericamente quale aspetto è toccato da un tratto, ma non sapremo quanto gravemente; oppure possono essere conosciuti. Non possiamo passare da “sconosciuto” direttamente a “conosciuto”, si va solo per gradi.

A questo aggiungiamo che le Inquiries non possono essere dirette specificamente al tratto che ci interessa: magari vogliamo scoprire il Vizio, ma verrà scoperta la Virtù.

Il tutto crea un gioco facile da capire ma difficile da padroneggiare, dove anche la fortuna fa la sua parte. E' possibile avere partite sfigate, in cui vincere è quasi o del tutto impossibile, per esempio, perché la scoperta dei tratti, in parte, è casuale. Ma il gioco non suona mai ingiusto, perché dà al giocatore diversi modi di aggirare il problema e le partite sono abbastanza brevi (1-2 orette se calcoliamo un playthrough completo) da non far incazzare troppo per le sconfitte. E' possibile, per esempio, capire quali sono i Vizi e le Virtù andando per esclusione, e quindi possiamo dirigere le nostre Inquiries con più effetto. Potremo anche sacrificare qualcuno che *sappiamo* avere un certo Vizio, anche se non l'abbiamo scoperto: questo farà incazzare una famiglia, ma se il sacrificato era quello che Chernobog voleva, potrebbe essere una mossa furba. Insomma, il giocatore può usare la sua intelligenza per “giocare” il sistema, e The Shrouded Isle lo sa.

Questo ci cala ancora di più nei panni del nostro personaggio, perché... immaginate la scena: il nostro Dio ci manda una visione in cui ci chiede di trovare il Cleptomane. Noi facciamo domande in giro, ma nessuno dice nulla di utile (ovviamente tutti vogliono che venga sacrificato qualcuno di un'altra famiglia!). Noi abbiamo i nostri sospetti, e raduniamo i possibili Cleptomani come consiglieri per la stagione. Usandoli, ancora non viene rilevato il loro Vizio, ma dall'impatto sulle statistiche riusciamo a restringere il campo a due persone, o addirittura a una sola! La sua famiglia si incazzerà, ma forse è possibile rimediare durante la prossima stagione, facendole dei favori ( = dando più importanza all'aspetto che ricade sotto la sua responsabilità). Decidiamo dunque di sacrificare questo sospetto, confidando nel nostro giudizio – e Chernobog ci ricompensa con una nuova visione! Questi stupidi fedeli, che pensano di poter aggirare la giustizia divina!

Ehm, dicevamo, il fattore di rischio e il fatto che il gioco ci spinga a ragionare e ad affidarci al nostro giudizio, piuttosto che alle sole statistiche rivelate dal gioco stesso rendono le partite più tese e calano bene nel personaggio.

L'unica cosa di cui ho da lamentarmi è la mancanza di un tutorial. Mi pare di capire che sia una fissazione dei giochi indie, ultimamente (quanti ne sto recensendo che non hanno tutorial? Mi sembra di dirlo *sempre*) e non capisco perché. Ok, non ci vuole assai a capire come funziona The Shrouded Isle e di norma sono per rendere minimo il tutorial, ma quando è superfluo, non quando in effetti servirebbe.

Lo stile grafico del gioco è stupendo. Tutte le illustrazioni, i menu e l'interfaccia hanno diverse colorazioni disponibili: quella verde/gialla che vedete nella rece (che è quella di default), una sul viola, una rossa e una sul grigio scuro. In tutti i casi, si rende benissimo il senso di malvagità e di oppressione che il gioco vuole rappresentare. Lo stile grafico, nel complesso, mi ha ricordato da una parte le atmosfere di certi racconti di Lovecraft, in parte l'horror giapponese, specialmente nello stile dei personaggi.

Devo menzionare il fatto che lo stile grafico, in particolare la colorazione di default, gialla e verde, ha dato probemi di nausea e vertigini a qualche giocatore. Magari, se pensate di poter essere affetti, date uno sguardo a qualche video prima, per vedere se riuscite a sopportarlo.

Le musiche sono fighissime, gli effetti sonori pochi ma ben scelti. La ost è acquistabile a parte su Steam.

Il gioco è solo in inglese. L'inglese utilizzato non è difficile, ma chi non riesce a leggere velocemente in lingua potrebbe avere problemi a interpretare le visioni di Chernobog, perché sono mini-filmatini che non possono essere messi in pausa. A fine filmato ci sarà una schermata riassuntiva a lato dello schermo, ma un indizio sul sesso della persona che dovete sacrificare viene dato solo nel filmato (in forma scritta). Chi ha un inglese scolastico, però, non deve necessariamente rinunciare al gioco: una volta capito dove viene dato l'indizio, basta che durante il filmato si badi solo a quello. Il resto, lo si capirà con più calma dallo specchietto.

The Shrouded Isle è divertentissimo. Mi ha ricordato un po' Black Closet, nella sua parte manageriale, ma The Shrouded Isle è molto più corto e ha un po' il problema opposto, ossia che dopo aver fatto un po' di partite vi stancherete, perché ormai lo avrete giocato. Magari ci tornerete fra qualche mese, ma non è un gioco che vi ruberà più di una settimana e sto probabilmente esagerando.

Lo stesso, per il tempo che vi occuperà, saprà divertirvi e forse anche strapparvi qualche sorriso: nonostante il tema e lo stile horror, è fondamentalmente un gioco satirico, quindi non vi farà spaventare. Una piccola gemma.

Antihero

Si potrebbe pensare che le difficoltà, nella vita di un ladro, derivino dal dover evitare di essere beccati, dall'essere inseguiti dalla polizia o dalle vittime che decidono di prendere la giustizia nelle proprie mani. Eppure, non è così. Il vero problema sono i rivali: altri ladri, contrabbandieri, assassini, persino nobili scocciati... tutti pronti a farvi la pelle!

INDIEtro Tutta, questa settimana, vi porta Antihero, uno strategico simil-gioco da tavola di Tim Conkling, in cui vestiremo i panni di Lightfinger, capo di una gilda di ladri, e di Emma, la sua seconda in comando. Il loro scopo sarà arricchirsi e possibilmente restare vivi, schivando gli attacchi della marea di rivali che li circonda. Il tutto, in un'ambientazione vittoriana che ricorda un po' Dickens.

Partiamo subito dicendo che Antihero è pensato per essere giocato in multiplayer, cioè contro un essere umano. E' presente una campagna in single player, ma, benché sia graziosa, non sviluppa tutte le opportunità offerte dal gioco, sembra quasi un intero tutorial per prepararci agli scontri “veri”. Antihero restituisce moltissimo il feeling di avere davanti un gioco da tavola e il bello è proprio nel modo in cui un altro essere umano utilizza gli strumenti che il gioco mette a disposizione per fregarci. La IA, anche in modalità difficile, non è quasi mai abbastanza furba (tranne in una mappa specifica, che è davvero tosta anche in modalità normale) e quindi non spinge davvero e pensare mille strategie per vincere.

E Antihero si presta a diversi stili di gioco. Ogni giocatore rappresenta un ladro – Lightfinger o Emma nella campagna single player, altri personaggi, come Sherlock Holmes o Alice, sono disponibili per il multiplayer. Il ladro può esplorare la mappa, scoprendo zone ed edifici, può saccheggiare le case e guadagnare quindi soldi e lampade.

Le lampade servono a comprare upgrade: dall'utilizzo di Urchins (i bambini straccioni), alle bande criminali, alla possibilità per il nostro ladro di attaccare o di fare mosse in più ad ogni turno.
I soldi servono ad assoldare il personale che avremo sbloccato: a comprare più Urchins, per esempio.

Esistono diverse tipologie di edifici, ognuno con le sue caratteristiche: le Chiese danno, appunto, le mazzette per la vittoria; le banche danno soldi se occupate con degli Urchins, le Trading Houses danno lanterne e così via.

Ogni mappa ha diverse condizioni di vittoria, e noi dovremo soddisfarne un certo numero per vincere tutta la partita. Ad esempio, possiamo occupare una chiesa con 3 Urchins, e guadagnare così una Mazzetta; oppure, potremo uccidere alcuni NPC su cui qualcuno ha messo una taglia, e raccogliere il premio; oppure ancora, dovremo saccheggiare un palazzo, e così via. Il primo giocatore (massimo 2) che riesce a soddisfare il giusto numero di condizioni di vittoria, vince.

Il gioco è semplice da capire, ma a seconda di come gioca l'avversario, una partita può essere facile o tostissima. Raramente, può capitare che ci si metta la sfiga: la disposizione dei vari edifici è casuale all'inizio di ogni partita, e può capitare che uno dei due giocatori sia avvantaggiato (per esempio, perché ha due banche o due chiese vicine alla propria base). Anche una disposizione simile, comunque, non significa automaticamente che il giocatore avvantaggiato vincerà.

Sono disponibili due modalità multiplayer: una classica, in cui ci si connette a internet e si gioca con qualcun altro, e una “Hot Seat”, in cui si gioca a turno sullo stesso pc (e possibilmente il giocatore che non è di turno non deve guardare durante il turno dell'altro...). Questa modalità è più divertente di quanto non possa sembrare, perché si sta nella stessa stanza con l'amico e si vedono le sue reazioni immediate!

Graficamente, il gioco è puccioso quanto basta: i personaggi sono caricaturali (li vedete nelle immagini) e risultano simpatici; gli sfondi sono cartooneschi ma non troppo da bambini piccoli. Le musiche sono vendute a parte, ma sinceramente non mi hanno colpita particolarmente. Gli effetti sonori, invece, sono molti e ben scelti.
Non ho riscontrato alcun bug.

Il gioco è solo in inglese, ma si tratta di un inglese semplice e comunque c'è poco da leggere, quindi penso che chiunque abbia una buona base scolastica possa apprezzare il gioco senza problemi; al massimo, servirà consultare un paio di parole specifiche sul dizionario (es, Urchin).

Sono rimasta piacevolmente sorpresa da Antihero. Quando ho capito che era un gioco pensato per il multy, ero sicura che la campagna single player sarebbe stata buttata via, invece non è così. E' divertente, può risultare difficile e fa imparare bene le meccaniche di gioco, che poi potrete sfruttare contro tutti i vostri amici. Non ci giocherete in eterno, ma potreste scoprire di tornarci di tanto in tanto anche a distanza di tempo.

West of Loathing

Sarò sincera, quando ho avviato West of Loathing, mi aspettavo un giochino da poco. Simpatico, sì, ma uno di quei giochi in cui la simpatia compensa il gioco vero e proprio, che invece non è granché.
Ma sono stata smentita: West of Loathing è un rpg vero e proprio, forse non il più bello, o il più complesso, del mondo, ma è un gioco più che dignitoso che non cerca di mascherare la propria mediocrità dietro una patina di umorismo. Ma vediamolo nel dettaglio.

West of Loathing è, tanto per cominciare, lo spin-off single-player di Kingdom of Loathing, un MMORPG sviluppato dalla Asymmetric, che trovate al link più sopra. Mentre Kingdom of Loathing ha un'ambientazione fantasy abbastanza classica, West of Loathing si rifà al selvaggio West, quello dei pistoleri micidiali, delle scazzottate nei saloon e dei goblin e delle mucche demoniache. Come, dite che le mucche demoniache non sono proprio tipiche dell'ambientazione? Beh, dopo aver giocato a West of Loathing, lo saranno!

Noi interpretiamo una ragazza, o un ragazzo, che decide di lasciare la fattoria dei genitori e di partire all'avventura. Le classi a nostra disposizione sono un po' le classiche Guerriero, Mago e Ladro, con un piccolo twist dato dall'ambientazione e dall'umorismo che la pervade: il Guerriero qui è Cow Puncher (Picchiatore di Mucche); il Mago è il Beanslinger (Lanciatore di Fagioli) e il Ladro è lo Snake Oiler (Oliatore di Serpenti). Ogni classe ha delle abilità specifiche, ma esistono anche delle abilità generali che potrete imparare leggendo dei libri trovati in giro per il mondo di gioco.

Il gioco non ha livelli: sconfiggere i nemici e completare le quest donerà punti esperienza, che potremo spendere per migliorare statistiche e abilità, a piacere.

Molte recensioni definiscono WoL un gioco facile, e in una certa misura è vero: ci sono diverse opzioni che facilitano la vita al giocatore. Per esempio, di default, quando si comincia una nuova partita, è attivo l'auto level-up, che crea un personaggio bilanciato. Anche il combattimento, a turni, è semplificato: avremo un massimo di 3 personaggi nel party, ma noi potremo muoverne direttamente solo due, ossia noi stessi e il nostro companion. Alcune azioni, come l'utilizzo degli oggetti, sono gratuite, e questo può portare a uno spam di cure selvaggio. Non è davvero possibile morire: essere sconfitti significa rialzarsi Incazzati, cosa che dà un bonus a diverse statistiche, rendendo quindi i futuri scontri più facili. Lo status Incazzato (Angry), come tutti gli status, sparisce solo dormendo. In ogni caso, dopo ogni combattimento, il nostro gruppo sarà guarito, non importa quanti danni avessimo subito.

Tutti questi fattori contribuiscono ad abbassare la difficoltà complessiva del gioco, ma il gameplay resta abbastanza profondo e vario da non annoiare mai. Gli scontri, anche quando non sono difficilissimi, richiedono una certa pianificazione per essere portati a termine (tranne quelli proprio facili contro mostriciattoli random). Sono numerosissimi i puzzle, alcuni anche abbastanza complessi, ed è più facile restare bloccati per uno di questi che per altro. Abbondano anche i segreti, le sorprese, più o meno simpatiche, e in generale le opzioni nascoste. WoL è un gioco che vuole essere esplorato e che ricompensa sempre la curiosità del giocatore, ma davvero sempre: non ricordo una sola area, o zona, che io abbia esplorato e che non nascondesse qualcosa che valesse la pena, fosse anche una battuta cretina.

Giacché ne stiamo parlando, il senso dell'umorismo di WoL vale metà del prezzo del gioco. Ok, abbiamo visto tanti giochi umoristici, ma WoL fa davvero bene il suo lavoro, inanellando una serie costante di battute e giochi di parole e doppi-sensi e prese il giro dei Western, degli RPG, di qualsiasi cosa, senza mai risultare ovvio o noioso. Il “segreto”, se così possiamo definirlo, è che WoL non è “condito” di umorismo, è costruito su di esso, la battuta crea il gioco, e infatti è onnipresente. C'è già nel menù, che possiamo divertirci a crivellare di colpi. C'è nelle animazioni, che definire adorabili è dire poco. C'è nelle opzioni, che includono: una Nostalgia Mode sbloccabile in-game, che colora tutto lo schermo di seppia; una Walking Stupid Mode, che fa camminare il nostro personaggio in modo... stupido; tre settaggi grafici: Good, Bad e Ugly; e una Nerd Mode, che mostra diverse statistiche nel combattimento. E ancora dobbiamo cominciare a giocare ^^.

Tutto ciò si paga con un inglese più difficile della media, proprio perché molte linee di dialogo e molte descrizioni non vanno prese alla lettera, o sono un gioco di parole: serve una conoscenza un po' superiore a quella scolastica, per godersi il gioco. Oppure serve armarsi di pazienza e di vocabolario.

Tornando al gioco vero e proprio, e siccome stiamo parlando di un RPG, non possiamo non spendere due righe per la reattività. Non è allo stesso livello di rpg più “blasonati”, come un Pillars o un Original Sin, per capirci, ma non è neanche terribile come avevo immaginato. Molte quest possono essere risolte in più modi, ma in realtà il loro impatto è moderato, ed è difficile che la risoluzione di una quest modifichi in maniera organica l'ambientazione. E' più frequente il caso in cui fare alcune azioni “chiude” determinate strade, o impedisce di prendere certi oggetti e quindi di completare altre quest, ma in questi casi è quasi sempre possibile trovare “il modo giusto” in cui “avere tutto”, basta fare attenzione all'ordine in cui si compiono le quest. Uno di queste casi è quello dei companions: potremo conoscerli e reclutarli tutti nella prima zona del gioco, ma è facile non reclutarne due, o addirittura ucciderne uno, se non si fanno le cose in un certo ordine.

Quello su cui avremo un maggiore impatto è il finale del gioco, che terrà conto di molte delle scelte che abbiamo compiuto durante il viaggio, alcune ovvie, altre un po' meno. Il finale, a dire il vero, non è un vero e proprio finale: arrivati a un certo punto, il gioco ci chiederà (in un modo particolare, che in game ha senso) se vogliamo vedere il filmato finale. Dopo averlo visto, potremo continuare a giocare tranquillamente. E' una scelta un po' anticlimatica, ma visto il tipo di gioco, è probabile che arrivati alla “fine”, avremo ancora diversi puzzle irrisolti o diverse zone della mappa da esplorare a fondo. Tipo il cimitero con le 999 tombe da scavare, per dirne una...

Una delle caratteristiche di WoL che più mi ha perplessa, all'inizio, è stata la mancanza del diario dove segnare le missioni. Sì, avete capito bene, in West of Loathing non c'è il diario. Ma... non è stato un grande problema, a dire il vero. In WoL ci sono 3 tipi di quest: quelle principali, quelle secondarie e quelle... terziarie. In ogni momento potremo chiedere al nostro companion di ricordarci le quest dei primi due tipi: il companion è una specie di “diario vivente”, diciamo. Quelle “terziarie”, invece, non ce le ricorderà nessuno. Non si tratta, in verità, di vere e proprie quest, ma di suggerimenti volanti che il gioco ci dà. Per esempio, potremo trovare una città con un palco senza musicisti: questa è una quest “terziaria”, noi sappiamo che, se incontriamo qualche musicista durante il viaggio, possiamo indirizzarlo qui o simile. Non è richiesto grande sforzo per completare la “quest”, non è detto che ci sia una ricompensa classica, come XP o oggetti, alla fine, e in generale si tratta di cose che si sistemano da sole, esplorando e parlando a tutti.

L'alternativa, se proprio uno vuole essere sicuro di non scordarsi nulla per strada, è prendere carta e penna. Carta e penna serviranno comunque per i puzzle, e per le location che contengono lucchetti al momento inaccessibili o cose lasciate in sospeso, quindi...

Non ho parlato della storia, perché in effetti non c'è proprio una “storia” nel senso proprio del termine. Ci sono diverse situazioni a cui voi potete rispondere in vari modi. Per esempio, pare che i morti risorgano, potete investigare, anche se nessuno vi obbliga. Le Mucche Sono Tornate, cioè, è pieno di mucche demoniache, potete andare a mazzuolarle e capire da dove vengono, ma nessuno vi obbliga. C'è un gruppo di clown inquietanti, potete averci a che fare, ma anche no.

West of Loathing racconta del vostro viaggio verso ovest, e infatti “finisce” quando sarete arrivati più a ovest possibile. Quello che fate nel frattempo, dipende da voi. Il che non vuol dire che non vi affezionerete ai personaggi o che non ci siano mini-storie qua e là, anzi.

Tecnicamente, come vedete dalle immagini, WoL è l'apice del fotorealismo, roba che i Tripla A possono andare a nascondersi! Vi servirà un computer potentissimo per far girare questo gioco, ma posso garantire che ne vale la pena.

Scherzi a parte, la grafica a stecchini non è una scusa “cheap” per non saper disegnare, ma una precisa scelta di stile, e una molto più espressiva di quanto non si possa pensare. E' incredibile il ventaglio di emozioni che sono riusciti a coprire con quattro omini fatti a stecchini! Le animazioni, come dicevo, sono magnifiche, anche solo la camminata “normale” dei personaggi mostra cura e attenzione ai dettagli, ha una sua "personalità".

Anche il comparto sonoro merita lodi. Le musiche sono fantastiche – ovviamente la maggior parte è “in stile western”, ma variano molto a seconda del contesto, c'è persino musica da discoteca a un certo punto. Da discoteca anni '80, credo.

Kudos anche per gli effetti sonori, che in mancanza del doppiaggio danno personalità a armi, personaggi e ambientazione tutta.

Insomma, tutto perfetto, senza difetti? No, ovviamente qualcosa da smussare c'è. Alcune meccaniche non mi sono chiarissime, come il modo in cui i companion passano di livello (mi sembra che accumulino esperienza solo quando compiono azioni relative ai loro interessi personali, ma non sono sicura). Non mi convince per niente il fatto che sia possibile ingerire cibo infinito durante il combattimento, un miglior bilanciamento della difficoltà avrebbe eliminato questa necessità. Parlando di difficoltà, il passaggio da una zona all'altra della mappa (la mappa del mondo è divisa in tre grosse zone) può essere traumatico perché ci si trova di fronte a nemici improvvisamente troppo forti, e non si capisce bene come risolvere. Ci sono delle zone apposite per il grind, ma grindare serve tanto quanto, perché una bella fetta di nemici aumenta in potenza assieme a noi (o così m'è parso). La soluzione è stringere i denti ed esplorare, fino a trovare aree più pacifiche o più facili, o quest dove non è necessario combattere, o un'arma migliore, e poi affrontare pino piano le aree più brutte. Non sono convinta che questo “trauma” sia voluto, e si sarebbe potuto pensare meglio il passaggio fra le zone, in modo da renderlo più organico.

Ma questi difetti non intaccano granché l'esperienza di gioco, sono troppo piccoli o troppo sporadici per essere davvero deleteri. West of Loathing resta un gioco simpaticissimo, anche impegnativo, che si gioca con piacere. Vi divertirà sempre, ma se siete depressi, stanchi o malati, state sicuri che vi tirerà su di morale o vi farà fare due risate. Complimenti alla Asymmetric, e un bel “Promosso!” al suo West of Loathing!

The Wolf's Bite

Ricordate la storia dei Tre Porcellini? Beh, il Lupo Cattivo ha capito che la sua impresa di demolizioni non stava andando troppo bene e ha deciso di darsi alla ristorazione. I Tre Porcellini, però, non hanno intenzione di fargliela passare liscia, e faranno di tutto per sabotarlo. Chi la spunterà? Scopriamolo con INDIEtro Tutta!

The Wolf's Bite, sviluppato dalla Three Little Devs, è un gioco da tavola in versione elettronica, in cui noi interpreteremo, a scelta, il Lupo o i Tre Porcellini. Nei panni del Lupo, dovremo ovviamente cercare di far prosperare il nostro ristorante; nei panni dei Porcellini, dovremo riuscire a sabotare il locale del Lupo per farlo fallire.

Il gameplay è semplice: a turno, i due personaggi (i Porcellini contano come un personaggio) dovranno scegliere una location sulla mappa, e un'azione relativa a quella location. Per esempio, il Lupo può andare al Lago e Pescare o Rilassarsi; può andare al Ristorante e Servire ai Tavoli oppure Lavorare in Cucina. Ogni azione da dei bonus, fissi, a questa o quella statistica. Ciò significa che, per esempio, ogni volta che il Lupo pescherà al Lago, la Qualità del locale aumenterà di 1 punto. Ogni volta che i Porcellini faranno i clienti nel locale del Lupo, la Reputazione del ristorante calerà di 1 punto, e così via.
In più, ad ogni turno ci sarà un Evento bonus, che dipenderà dalla location nella quale ci troviamo e che ci presenterà una scelta. Ad esempio, Servire in Sala potrebbe portare all'incontro con un cliente particolarmente fastidioso e noi dovremo decidere come agire nei suoi confronti. Questi Eventi sono randomici, ma i loro risultati non lo sono, il che significa che un certo Evento avrà sempre la stessa risposta giusta, quella che farà guadagnare più punti. Man a mano che si gioca, si imparano le risposte giuste degli Eventi, e tutto diventa più facile.

Questo è uno dei limiti del gioco: non c'è molta carne al fuoco. All'apparenza, è tutto carino e grazioso, ci sono diverse location, diversi Eventi per location, ma è facile che tutto diventi ripetitivo dopo poche partite, partite che per giunta sono molto brevi (una partita dura 7 turni). A questo si aggiunge il fatto che non tutte le regole del gioco sono proprio chiare... ad esempio, io non ho ancora capito con esattezza come si fa a vincere: ho capito che bisogna avere più Reputazione e più Soldi dell'avversario, ma bisogna avere entrambi, o solo una delle due cose? Il finale cambia a seconda della caratteristica più alta (ci sono 20 varianti a quanto pare), ma, di nuovo, non è chiaro se serve *solo* una o entrambe.

Ho trovato anche particolarmente difficile vincere usando i Porcellini, perché appunto non capivo quale caratteristica del Lupo dovessi attaccare. La Qualità mi è sembrata ininfluente (ho vinto, con il Lupo, avendo 1 sola stellina!), nel qual caso non capisco l'utilità di inserirla.

In generale, l'IA nemica non è eccellente e dà poco filo da torcere. Immagino che il gioco sia molto più soddisfacente contro un avversario umano, ma il multiplayer è solo locale, il che limita molto gli amici con cui è possibile giocare.

Tecnicamente, The Wolf's Bite è delizioso: i disegni sono puccettosi, fanno anche sorridere; gli effetti sonori sono simpatici, i menu sono puliti e facili da capire.
Il gioco è solo in inglese, e serve un livello un po' sopra la media per capire i vari giochi di parole o i vari termini inventati sparsi qua e là negli Eventi.

In conclusione, posso consigliare questo Wolf's Bite? Per 8 euro, è un po' poco, perché il gioco ha poco mordente, è semplicistico e ci giocherete un paio di orette al massimo. Può essere un buon gioco da fare assieme a un bambino, visto anche il multy in locale, ma difficilmente terrà incollato chiunque abbia dai 12 anni in su.

The Darkside Detective

La vita a Twin Lakes non è facile, specialmente se siete Francis McQueen, investigatore dell'occulto. Infatti, nonostante le apparizioni di gremlins e fantasmi siano all'ordine del giorno a Twin Lakes, il dipartimento del Paranormale è snobbato da tutti e lasciato ad affrontare ogni crisi con mezzi irrisori. Non aiuta che il vostro collega, Dooley, sia quel che si definisce “non troppo sveglio”...

The Darkside Detective, il gioco che INDIEtro Tutta vi presenta oggi, è un'avventura grafica, più comica che horror, realizzata da Spooky Doorway. Consiste di 6 casi, tutti molto brevi e autoconclusivi, anche se presentano personaggi ricorrenti.

Ambientazione e personaggi sono comici e le battute, spesso basate su qualche citazione degli anni '80 o '90, si sprecano. A volte, la battuta è fatta sulla battuta stessa: sia McQueen che Dooley hanno un senso dell'umorismo da facepalm, e quel che fa ridere è vedere come *non* facciano ridere. Sono prese di mira anche le convenzioni dei videogiochi e delle avventure grafiche nello specifico, o le convenzioni del genere horror, o gli stereotipi su questo o quel tipo di personaggio. La ciliegina sulla torta sono le battute nel menù: provate a disattivare la “police corruption”!
Insomma, la vena comica è abbondante e ben riuscita, ho facepalmato mille volte durante il corso del gioco.

I personaggi non hanno una psicologia molto approfondita, neanche quelli principali. Suscitano simpatia perché sono ben scritti e perché di norma sono dei poveracci che fanno del loro meglio in condizioni non ideali (persino Dooley, che è un cretino pigro senza appello, fa comunque più simpatia dei colleghi boriosi e scansafatiche di McQueen).

L'ambientazione è interessante, ma non viene approfondita a sufficienza, specialmente il Darkside, ossia la versione “parallela” del mondo reale, che è quella da cui arrivano molti dei problemi che McQueen e Dooley devono affrontare. E' un peccato, perché è affascinante e quel che se ne vede sembra ben fatto.

Questo è un po' il limite del gioco: nulla è davvero approfondito abbastanza. Anche la storia, in realtà, non c'è. Ci sono 6 casi slegati fra loro, graziosi, ma non particolarmente geniali o interessanti. Non è presente un arco narrativo che si sviluppi attraverso tutti e 6 i casi e, sopratutto, nulla di quel che succede è legato in qualche modo ai personaggi principali, ai loro problemi interiori e alle sfide che devono superare. Noi ci troviamo, semplicemente, a risolvere i casi, perché è il nostro mestiere.
Questo approccio toglie profondità alla parte narrativa e non permette di sviluppare soluzioni interessanti. Per esempio, l'ultimo caso riguarda un crimine che i nostri scoprono per caso. Il gioco fa una battuta su questa cosa (una cosa tipo: “che culo che siamo incappati proprio in questi tre indizi! Bastava mancarne uno per non capire che c'era un crimine all'opera!”), ed è simpatica, ok... ma questa resta una soluzione narrativa pessima e pigra. Se i vari casi fossero stati collegati fra loro, si sarebbero potuti spargere gli indizi relativi all'ultimo crimine per tutti e 6 i casi, eliminando così questa orrenda e inverosimile coincidenza.

Ancora, il personaggio di Raxa è buttato lì a caso, senza un motivo. Dapprima sembra il classico interesse romantico del protagonista, ma poi non se ne fa nulla: questo personaggio, di fatto, non ha un'utilità all'interno della storia.

Uno dei casi sembra riguardare nello specifico Dooley, e quindi il rapporto fra McQueen e Dooley, e ci si aspetta una cosa un pochino più profonda, che sia legata al loro passato, ai loro problemi... invece no, è una finta! Anche questo è potenziale sprecato: sì, è tutto molto simpatico, fa ridere e divertire, ma ci si ferma qua. I casi sembrano quasi un'introduzione al vero gioco, che però, ovviamente, non c'è.

Questa impressione è ulteriormente rafforzata dalla brevità del gioco, che si completa in 3 orette circa. Di solito non mi lamento della durata dei giochi e anche in questo caso, il problema secondo me non è il fatto che il gioco duri poco di per sé: è che la sua durata poteva essere spesa meglio, creando un titolo che approfondisse i suoi personaggi principali, senza coincidenze assurde, e che non lasciasse l'idea di aver giocato al prologo di qualcosa. In 3 ore, questo si poteva fare (benché, imho 11 euro siano un po' troppe per 3 ore di gioco, ma vabbè).

Il gameplay consiste nel classico “raccogli oggetti – usa oggetti”, condito con qualche minigioco non troppo odioso. E' molto difficile restare bloccati, perché la logica dietro gli enigmi è... logica e, anche se non proprio banali, gli enigmi non brillano neanche per complessità. Di solito, avrete sempre un'idea di cosa fare con gli oggetti raccolti o almeno di cosa dovete fare in generale, anche se non avete ancora capito come. Le aree non sono mai troppo grandi, quindi avete sempre tutto sotto mano. I minigiochi possono fregare in qualche occasione, ma mai a lungo.

Graficamente, il gioco è stupendo. I dettagli non sono molti, ma sono sufficienti, i personaggi riescono a essere espressivi anche senza faccia (ok, questo è dovuto al writing), le animazioni sono minimali (il nostro personaggio non cammina nelle aree, per dirne una, sta fermo in un punto) ma curiose.

Anche le musiche, realizzate da Ben Prunty, lo stesso musicista dietro quelle di FTL, sono bellissime. Non a caso, sono acquistabili a parte su Steam. Peccato che non ci sia una musica particolare per i credits, di solito lasciano uno dei pezzi più fighi proprio per la fine.

Non ho riscontrato alcun tipo di bug; l'unica scocciatura è che non c'è il salvataggio manuale! E ancora con questo problema, vorrei davvero che qualcuno mi spiegasse a cosa è dovuta questa scelta! Cos'è che impedisce agli sviluppatori di inseirire il save manuale? In The Darkside Detective, questo significa anche che se voi avete cominciato una partita e, diciamo, vostra sorella vuole giocare, o continua da dove avete lasciato voi, o resetta tutto (!) o ricomincia il singolo caso, sovrascrivendo il save... la logica??? Va beh.

Nel complesso, The Darkside Detective è un'avventura simpatica, che però lascia un po' il tempo che trova. Riderete delle battute e forse vi ricorderte anche qualche personaggio, ma il gameplay poco incisivo e la mancanza di una qualsiasi storia nel vero senso del termine non gli fanno fare il salto di qualità. Non è assolutamente brutta e non mi sono pentita di averci giocato, anzi; però si poteva fare di più con gli elementi che si avevano a disposizione. Che la Spooky Doorway riesca a fare meglio la prossima volta?

The Franz Kafka Videogame

Kafka è uno di quegli autori famosi catalogati come “difficili da capire”, per via delle situazioni surreali che spesso sono al centro delle sue opere. Però, sfido chiunque a leggere le Metamorfosi o il Processo e a non capire esattamente quel che succede nella storia e il significato allegorico che questa veicola, significato che in realtà è espresso molto chiaramente dagli eventi della trama.

Perché questa premessa letteraria? Perché The Franz Kafka Videogame prende dall'autore a cui si ispira il “difficile da capire” e lancia dalla finestra tutto il resto. Vediamo come, con INDIEtro Tutta.

The Franz Kafka Videogame (da qui in avanti TFKV) è un'avventura punta e clicca molto minimale, pubblicata da Daedalic Entertainment e realizzata da mif2000, autore anche dell'avventura Hamlet, ispirata ovviamente all'Amleto.

Dico che è un'avventura minimale perché, come già Hamlet, ogni location ha pochissime interazioni e poca o nessuna esplorazione. Somiglia un po' a Samorost o Botanicula come impostazione, piuttosto che a un'avventura grafica classica. A differenza dei titoli della Amanita, che presentano enigmi di diversa complessità e che si dipanano per più aree, liberamente esplorabili, TFKV è un gioco molto lineare e i suoi enigmi sono in realtà dei puzzle, spesso la versione digitale di quelli della settimana enigmistica. Per esempio, troviamo una variante del gioco del 15, oppure dobbiamo comporre un'ombra spostando delle sagome, o unire dei puntini per creare una scritta, e via così.

Di solito sono enigmi semplici di per sé, ma spesso non se ne capisce la logica e bisogna andare a caso. Il gioco del 15, per dirne uno, prevede che noi mettiamo i numeri in un certo ordine... che non è un ordine crescente o decrescente. Tutt'ora non ho capito quale sarebbe. Capite bene che un puzzle così fa solo innervosire, perché è (o quantomeno sembra, assumendo che ci sia una logica che io non ho colto) arbitrario.
Preciso che non tutti i puzzle sono arbitrari: c'è una variante del Gioco dell'Oca, per esempio, che è molto comprensibile, e anche il puzzle in cui bisogna formare una sagoma ha un senso. La sfida è poca, ma l'idea è graziosa, specialmente quella del gioco dell'oca.

Ma passiamo un attimino alla trama, vero punto debole di quest'opera. TFKV mescola elementi di diverse opere di Kafka, principalmente America e Le Metamorfosi (ma numerosi sono i richiami al Processo, o quantomeno ai suoi temi di fondo). Il problema è che la storia che ne viene fuori non ha né capo né coda e i personaggi non hanno spessore. Non si può neanche parlare di storia, in realtà, visto che gli eventi non si capisce come siano collegati fra loro, neanche in senso molto lato.

Non ho neanche capito il senso di alcuni rimaneggiamenti: per esempio, Gregor Samsa, protagonista di Le Metamorfosi, è qui Zamza, un detective trasformato in insetto e “protagonista” (in senso lato, perché non c'è una storia di cui possa essere davvero protagonista... diciamo che lo guidiamo) di una sezione noir del gioco. Il fatto che si sia trasformato in insetto ha zero rilevanza: potrebbe essere insettoide, umano, alieno, una capra, sarebbe la stessa cosa. I temi del racconto sono inesistenti. Non dico che non vada bene, dico che non colgo il senso di prendere un aspetto a caso di un'opera eliminando il resto, quando si vuole fare un tributo, o comunque qualcosa che sia *dichiaratamente ispirato* all'opera in questione. Come se io facessi il Videogame di Zorro, in cui il protagonista è un uomo in carriera alla ricerca di un affare propizio, che si diverte a firmare con una Z e si chiama Zarro. Il nesso fra il mio Zarro e il famoso Zorro sarebbe...?
Uno collega Zamza a Samsa solo se già conosce le Metamorfosi, ma per il resto non c'è alcun nesso fra i due personaggi.

Tornando alla “trama”, dicevo che non si capisce nulla. Quello che ho capito, perché i personaggi lo ripetono costamente come nelle peggio soap opera, è che il punto che l'autore voleva mostrare è che l'esistenza non ha senso; ma, semplicemente, non è così che si mostra in un'opera, meno che mai in una storia. E qui sta secondo me la dimostrazione del fatto che l'autore non abbia capito una mazza delle opere di Kafka, se non appunto la parte più superficiale, il "non si kapisce niente!!!".
Come dicevo sopra, le opere di Kafka hanno un senso preciso. Prendiamo le Metamorfosi (spoiler sul libro!): un uomo si trova improvvisamente trasformato in uno scarafaggio. Non mi sembra difficile da capire. La sua famiglia lo schifa, benché capisca che sia sempre lui, e alla fine lo uccide. Mi sembra altrettanto facile da capire, e anche abbastanza logico nell'universo del racconto (dove gli uomini diventano scarafaggi, direi che ci sta che i familiari possano reagire male a questa trasformazione). Ok, ci vuole forse un pochino a collegare questi eventi al loro significato allegorico, ma confido che l'intelligenza media di una persona sia sufficiente.

Il punto è che c'è una serie di eventi che, pur essendo surreali, hanno perfettamente senso e che mostrano “in azione” il significato allegorico che Kafka voleva esprimere.
Prendiamo anche America, la seconda opera a cui questo gioco si ispira. Leggete la trama nella wiki. Vedete come il romanzo è riassunto in una serie di eventi comprensibilissimi, benché sia un'opera molto “bizzarra”, per usare le parole della wiki stessa?
“Surreale” e “nonsense” non sono sinonimi.

In TFKV, invece, non c'è collegamento apparente fra le cose che succedono (es, prima siamo nella visione di una signora, poi siamo nella nostra, poi ci rapiscono (?), così, a caso) e il significato allegorico (“nulla ha senso”) non è più allegorico, è spiattellato davanti al giocatore tramite i personaggi, come se Gregor Samsa si fosse messo a dire: “Ah, com'è crudele l'alienazione!”. L'effetto è ridicolo.

Si capisce quindi che i puzzle arbitrari sono tali perché appunto l'autore voleva dare l'ennesima dimostrazione di “cose a caso” nell'esistenza, ma, di nuovo, non è così che funziona, così si crea solo un'accozzaglia di roba messa insieme, senza spessore alcuno.

TFKV ha lo stesso problema che affliggeva Memoranda, l'opera ispirata a Murakami, ossia quello di essere tanto fumo e niente arrosto, tanta bella atmosfera surreale dietro la quale si nasconde il nulla. E' ironico come qui la confusione sia molto maggiore e che si capisca ancora meno che in Memoranda, perché fra Kafka e Murakami, è quest'ultimo quello che tende al nonsense!

Parlando del “fumo” dietro cui dovrebbe trovarsi l'arrosto, TFKV presenta un'atmosfera magnifica: i disegni sono molto belli, lo stile è adatto all'idea che si voleva dare (vorrei scrivere “alla storia”, ma non c'è una storia, in realtà, quindi... ehm...), la musica di intro e dei credits è simpatica e gli effetti sonori durante il gioco sono adeguati. L'atmosfera è resa quindi benissimo e dà l'idea di trovarsi davanti a un'opera surreale. Peccato però che la sostanza scarseggi.

TFKV è disponibile anche in italiano. Non c'è doppiaggio, e non c'è molto da leggere in ogni caso. Porterete a termine l'avventura in un'oretta, massimo due se un puzzle vi blocca per molto tempo. Sono disponibili degli hint, a tempo: dopo qualche minuto se ne sblocca uno, e dopo qualche minuto ancora, se ne sblocca un altro. L'avventura è lineare al massimo, quindi non potete abbandonare un puzzle per farne un altro nel frattempo – ma d'altronde, molti puzzle sono arbitrari, quindi il ragionamento che ci mettete è irrilevante, dovrete andare a tentativi.

Memoranda non l'avevo bocciato per un pelo, ma qui non trovo niente che mi faccia promuovere questo titolo. I puzzle in sé non sono divertenti né innovativi: quando va bene sono graziosi, quando va male sono arbitrari. La storia non è pervenuta, di Kafka c'è molto poco, i personaggi non hanno psicologia alcuna... sono belli i disegni, e la canzone dei credits merita, ma niente di tutto questo vale 10 euro, ma neanche 5.

A House of Many Doors

Molti sono i progetti nati sulla scia di Fallen London e del suo spin off Sunless Sea. La Failbetter Games, con la sua iniziativa Fundbetter, ha aiutato diversi titoli a trovare finanziamento, contribuendo, in alcuni casi, direttamente alle campagne kickstarter.
Questo è stato il caso del gioco che recensiamo oggi per INDIEtro Tutta. Si tratta di A House of Many Doors, un “clone”, potremmo dire, di Sunless Seea realizzato da Pixel Trickery, software house fondata da Harry Tuffs, che è anche scrittore e programmatore del gioco.

Premetto che, viste le moltissime somiglianze, il confronto con Sunless Sea è inevitabile, ma farò in modo che anche chi non conosce questo gioco riesca a farsi un'idea di A House of Many Doors. Per una “prova sul campo”, è disponibile anche un video in cui mostro i diversi aspetti del gioco.

Il gioco è un GDR esplorativo molto testuale, che ci mette nei panni del capitano di un kinetopede, una specie di millepiedi meccanico, alla ricerca di una via di fuga dalla Casa. Come da titolo, infatti, c'è una Casa dalle Molte Stanze, che è il mondo nel quale siamo intrappolati: questa Casa gigantesca, infatti, risucchia, da altri mondi, cose e persone. Gli abitanti, col tempo, hanno costruito città e rifugi all'interno della Casa, ma il (o la) nostro protagonista è intenzionato a scappare da tutto ciò.

L'ambientazione, per la quale l'autore ha tratto ispirazione da Calvino e China Mielville fra gli altri, è uno dei punti forza di AHOMF: è fantastica e complessa, piena di stranezze e di meraviglie ad ogni angolo. La Casa è a metà fra una costruzione e un essere vivente, e i suoi abitanti e le sue strutture tendono a riflettere questo mix: più si va a fondo nell'esplorazione della Casa, allontanandosi dalle città principali dell'inizio del gioco, più si fanno incontri strani e più o meno mostruosi.

Nessuno è al sicuro nella Casa, neanche le città sono luoghi totalmente sicuri, ma il peggio lo si incontra nei viaggi da un insediamento all'altro. Su ogni mezzo è installata una Heartlight (letteralmente “Luce del Cuore”), ossia un cuore che genera luce attorno al mezzo di trasporto, in modo da tenere a bada gli esseri che si celano nel buio delle varie stanze. Dovesse spegnersi la Heartlight, i viaggiatori avrebbero due bellissime alternative: la morte o la pazzia.

Durante il viaggio, dovremo tener conto infatti di diversi status: il carburante, per esempio, senza il quale non è possibile muoversi, e la sanità mentale, che decresce, anche con la Heartlight accesa, ogni secondo che restiamo fuori da un insediamento.

Come se tutto questo non bastasse, potremmo incontrare pirati o gruppi di pazzoidi decisi a rapinarci o distruggerci. Il nostro kinetopede può essere infatti upgradato con armi migliori, corazze dalle diverse specialità, “piedini” migliorati e altre amenità.

Il gioco è quindi pieno di ostacoli da superare (o da evitare, perché non è sempre una buona idea abbattere i nemici, non si conquista così l'esperienza, come vedremo), ma, a differenza di Sunless Sea, non è un roguelike, quindi non si rischia di morire per ogni cosa ad ogni passo. Questa differenza incoraggia l'esplorazione e spinge il giocatore a provare cose nuove e diverse, anche se non sembrano particolarmente “sicure”. Per un gioco prettamente narrativo come questo, con un'ambientazione così ricca e fantastica, è un'ottima cosa. A questo si aggiunge il fatto che molti stati “negativi” non portano necessariamente al game over (come succede anche in Fallen London, titolo che in certa misura è stato di ispirazione sia per SS che per AHOMD): si può diventare pazzi, per esempio, e continuare a giocare. Il gioco è veramente molto vasto e offre molte opportunità per creare la propria storia personale al suo interno.

Altre meccaniche ancora incoraggiano l'esplorazione. L'esperienza, qua chiamata Apprehensions (Timori), viene guadagnata completando le quest nei vari insediamenti e scoprendo nuove locations. Questi Timori potranno poi essere usati per aumentare le nostre abilità, parlando con questo o quel personaggio che ci farà da insegnante.

Ma c'è un altro modo per guadagnare esperienza, che personalmente ho adorato. Viaggiando ed esplorando le varie città, potremo trovarci ad assistere a diverse “scenette” che non sono quest, non sono storie: sono momenti a cui prenderemo parte brevemente o a cui assisteremo soltanto, che ci lasceranno dei ricordi (per esempio, dei Frammenti di Epifania, o dei Momenti Romantici ecc). Tornati a casa, nella nostra città principale, potremo combinare questi momenti per creare delle poesie che il nostro personaggio pubblicherà, e ogni poesia vale un tot di esperienza. E' un sistema fantastico, che rende rilevanti anche aspetti dell'ambientazione che altrimenti resterebbero solo “estetici”, e simula il modo in cui una persona cresce anche grazie ad eventi tutto sommato poco rilevanti nella sua vita. Pubblicando le nostre poesie (scritte dall'autore del gioco e poi “tirate a caso” dal gioco a seconda del tipo di poesia che decidiamo di comporre), potremo diventare abbastanza famosi ed essere riconosciuti da altri personaggi del mondo di gioco.

Ho trovato apprezzabile il livello di reattività di AHOMD, più limitato rispetto ad altri Rpg dal budget più elevato, ma comunque soddisfacente. Sono diversi i modi in cui è possibile avere un'influenza sul mondo. Possiamo decidere di appoggiare questa o quella fazione all'interno della Casa, o di fare il doppio gioco o ancora di restare neutrali; possiamo diventare giornalisti, scoprire e divulgare i segreti di città diverse, e così via.

Un'altra differenza fra AHOMD e Sunless Sea è che in questo caso avremo subito un obiettivo ben definito. AHOMD ha una storia principale, che non esaurisce le possibilità e le storie offerte dal gioco, ma che regala un senso di direzione e un filo comune ai nostri viaggi.
Il nostro equipaggio è diviso fra personaggi “importanti” e “gente che fa numero”. Il primo gruppo include per esempio il capitano delle guardie, mentre le singole guardie fanno parte del secondo. Tutti i personaggi “importanti” hanno una loro quest che potremo sbloccare sotto le giuste circostanze (alcuni vogliono essere lasciati in pace, altri vogliono essere inseguiti, per altri ancora bisogna aspettare che un evento esterno li faccia venire da voi a chiedere aiuto). Non ho provato tutte le quest, perché questi personaggi sono davvero molti, ma tutti quelli che ho visto erano ben fatti e interessanti.

Ho apprezzato il fatto che l'autore si sia sforzato di dare una certa organicità alle quest dell'equipaggio: non si tratta di “parla al pg ogni tot missioni finché nn ti apre il suo cuore, poi fai la missione e vincilo alla tua causa forevah and evah”. I personaggi hanno una loro agenda e aiutarli può anche voler dire lasciarli andare o persino inimicarveli.

Una volta in città, potrete anche licenziare uno dei vostri compagni, magari perché è stato ferito, e assoldare un sostituto. Se il compagno che avete lasciato aveva una buona opinione di voi (ossia, se avevate alzato la vostra relazione durante i viaggi), potrete poi richiamarlo nel gruppo all'occorrenza.

E passiamo brevemente al combattimento. Non è una componente fondamentale del gioco e, come dicevo, non è sempre bene combattere i nemici: a volte conviene evitarli sgusciando in un'altra stanza (i nemici non vi seguono). Quando si deve combattere, si passa a una visuale stile FTL, a turni, con i due mezzi uno vicino all'altro. E' possibile sparare con i cannoni o avvicinarsi e abbordare il mezzo avversario, o ancora, se si dispone dell'abilità necessaria, si possono lanciare maledizioni o golem sul nemico. Non è una meccanica che brilla per profondità, ma è sufficiente per il ruolo che ha nel gioco. I colpi di cannone, ovviamente, possono non solo distruggere il kinetopede, che andrà riparato, ma anche ferire i vostri uomini. Inoltre, se viene colpita la Heartlight questa rischia di spegnersi (non credo possa rompersi, o, almeno, a me non è mai capitato).

Passiamo al writing, componente fondamentale del gioco, visto che è quasi tutto testuale. Non è sempre ispirato come quello di Sunless Sea, ma spesso è anche più semplice e diretto, più pulito. Paesaggi e personaggi sono tutti molto vividi e le opzioni che ci troviamo di fronte durante le scelte sono sempre chiare.

Fino ad ora ho tessuto le lodi di questo gioco, ma non tutto è perfetto. Per esempio, quando ci si trova ad esplorare zone molto lontane fra loro, il viaggio può risultare noioso. La mappa è divisa in stanze, ossia in quadrati, e questo è un altro fattore che aiuta ad orientarsi e a non sentirsi troppo spersi. Ma significa anche che a volte uno sa che, prima di arrivare alla meta, deve attraversare 20 quadratini vuoti, nei quali al massimo può trovare dei nemici che comunque gli conviene spesso evitare. Vi chiederete se non ci siano degli eventi minori sparsi qua e là per la mappa: ci sono, e all'inizio sono sufficienti a tenere desto l'interesse, ma sono poco vari e presto si ripetono. Servivano più eventi e più vari. Capisco che l'autore si sia concentrato principalmente su tutte le parti davvero interessanti del gioco e questo è, alla fine, un problema minore; nondimeno, c'è.

Un altro problema è la mancanza di una spiegazione per le varie stats. All'inizio del gioco potremo creare il nostro pg, scegliendo un background che definirà un po' la nostra storia passata e anche che tipo di abilità abbiamo sviluppato... ma non c'è nulla a spiegarci a che servono le singole abilità ^^'. Si può posticipare la creazione del pg, ma comunque manca una spiegazione delle stats, che si capiscono solo giocando. Anche questo problema non è proprio insormontabile, però bastava poco per risolverlo.

Ultimo difetto, questa una scocciatura bella e buona, sono le note. Le note compaiono in basso a sinistra sullo schermo ogni tanto, per “fare colore”. Contengono cose di scarso interesse, e sarebbero anche carine, ma sono scomode, inutili e quando si cerca di evitare un nemico rompono le scatole. Sono utili quando segnalano che si è scoperta una nuova location, ma basta sentire il “ding” del gioco per capirlo, si potrebbe fare a meno della nota.

Per completezza segnalo anche che sono disponibili due livelli di difficoltà, uno normale e uno difficilissimo. Non ho provato quest'ultimo, ma l'autore stesso dice che è estremamente crudele e non bilanciato. Insomma, se volete la Krudeltà assoluta, l'avete!

I salvataggi, grazie al cielo, sono liberi, anche se sono solo 3; il gioco fa comunque un autosave ogni volta che si entra in un insediamento. Salvare in mezzo alla Casa, in una delle stanze “vuote”, riporta all'ultimo insediamento, ma mantiene tutto quello che è stato accumulato nel frattempo (oggetti, esperienza, ecc).

Passando al lato tecnico, bellissimi sono gli artwork, realizzati da Catherine Unger, che costellano il gioco e che illustrano le varie città, i sogni del protagonista e alcuni personaggi. Potete vederne un paio nella recensione: i colori vividi e lo stile da “favola dark” sono perfetti per il gioco e in generale molto evocativi.

Anche le musiche sono altrettanto belle (anche se non tutte vorrete ascoltarle all'infinito...), composte da Zach Beever. Brillano specialmente quando si raggiungono le location più spaventose, inquietanti o esotiche, dove la colonna sonora sottolinea la stranezza del posto. Kudos per gli effetti sonori, specialmente quelli legati alla pazzia, davvero eccellenti.

Segnalo la presenza di qualche bug. Il programmatore continua a dare supporto al gioco e durante le mie giocate, sono incappata in pochissimi problemi, ma è sempre bene salvare spesso.

Il gioco è solo in inglese ed è necessario un livello superiore a quello base per comprendere tutto (anche se non è difficile come certi passaggi di Tides of Numenera). Sono presenti diverse parole “nuove”, proprie dell'ambientazione, che potrebbero confondere alcuni.

Si sarà capito che questo A House of Many Doors mi è piaciuto un sacco. E' un gioco che necessiterebbe di un'ulteriore aggiustatina per essere perfetto, ma quello che c'è è già molto, molto buono: un'ambientazione meravigliosa, da esplorare a piacere; delle storie interessanti e fantastiche, condite da illustrazioni bellissime e da effetti sonori evocativi. Chi ha amato Sunless Sea, probabilmente amerà anche questo A House of Many Doors; chi ha trovato Sunless Sea troppo frustrante, apprezzerà la versione più "friendly" di AHOMD; e chi semplicemente apprezza questo tipo di gioco, avrà di che scialarsi per ore e ore.

The Deed Dynasty

Qualcuno ricorda The Deed? Il gioco in cui dovevamo uccidere nostra sorella – e far ricadere la colpa su un altro dei nostri parenti.
The Deed Dynasty, che recensiamo oggi per INDIEtro Tutta, è un “more of the same” che ci mette nei panni di tre antenati di Arran Bruce, il protagonista del primo gioco, tutti interessati ad accoppare qualcuno. Di solito un parente più o meno diretto.

The Deed Dynasty non è molto diverso da The Deed, a partire dall'impostazione del gioco. E dalla mancanza di sufficienti indicazioni per capire come procedere. All'inizio del gioco, potremo scegliere fra i tre scenari disponibili, ambientati in tre periodi storici diversi: il 1401, con lo scenario “Blood will have blood”; il 1868, con lo scenario “The Scarlet Lady”; e il 1895, con lo scenario “A Crimson Garland”. Ogni scenario ha il suo o la sua protagonista e si tratta sempre di un membro della famiglia Bruce (che è un miracolo che si sia perpetrata nei secoli, vista la quantità di assassinii e gente finita in galera).

Scelto quindi chi interpretare, un breve filmatino ci mostrerà qual è la nostra vittima e perché stiamo cercando di ammazzarla (e bene o male sono tutti dei pezzi di stronzi, ma già in The Deed avevamo potuto constatare che la benevolenza non è un tratto tipico della nostra famiglia). Dopodiché, potremo girare per l'abitazione della vittima, parlare con gli altri personaggi lì presenti, e scegliere due oggetti da portarci dietro: un'arma e una prova (oppure, beh, potete prendere due armi o due prove... ma questo creerebbe solo complicazioni nelle fasi successive).
Quello che il gioco non spiega è l'utilità della prova: dovete scegliere un oggetto che, posto in questa o quella stanza, “punti il dito” verso uno dei personaggi, in modo che la polizia pensi che sia quello il colpevole. Oppure, ovviamente, potete lasciare un indizio che suggerisca che la vittima si è suicidata.
Non è complicatissimo capire cosa fare, quindi la mancata spiegazione non è così grave, ma si rischia di dover ricominciare un playthrough, almeno la prima volta.

Una volta uccisa la vittima, la polizia perquisirà la casa e vi interrogherà – e qui dovrete fare attenzione a tutto quello che avrete detto prima agli altri NPC e con le risposte che darete al poliziotto stesso. Scegliendo accuratamente le frasi giuste, potremo cambiare il modo in cui il poliziotto vede gli altri personaggi e quindi indirizzarlo verso il giusto colpevole.

The Deed Dynasty lascia ampia scelta di approccio. Anche se alcune combinazioni sono infelici (es. se volete incolpare una vecchina inferma, ha poco senso che uccidiate la vittima a colpi di fucile, visto che la vecchina è già tanto se riesce a sollevarlo, quel fucile!), ci sono diversi modi per arrivare a creare l'omicidio perfetto e quasi ogni NPC può essere incolpato per diversi motivi. E allo stesso modo, non è facile evitare che si sospetti di noi, specialmente durante l'interrogatorio, quando ricordarsi cosa si è detto con gli altri personaggi – e quello che vogliamo far trapelare – è fondamentale.

Un gameplay dura una 40ina di minuti, se è la prima volta che affrontate uno scenario, e anche solo 10 se è la seconda o la terza volta, perché saprete già dove sono i personaggi e gli oggetti, quindi cosa prendere, con chi parlare e cosa dire. L'inglese utilizzato è molto semplice, se si esclude qualche parola specifica dell'epoca buttata qua e là, ma nulla che impedisca a chi mastica un pochino la lingua di giocare il titolo.

Come The Deed, anche questo The Deed Dynasty non è un capolavoro, ma è simpatico e divertente, fa scervellare quel che basta che passare un'oretta o due fra due giochi più impegnativi. Chi ha apprezzato il primo, si divertirà anche con questo, e chi è appassionato di "crimini perfetti" non può che provarlo.