Giochiamo insieme a Lumina!

Lumina è un puzzle game in cui dovremo esplorare una piramide perduta e scoprire i segreti che nasconde dietro ai suoi giochi di luce e di specchi.

Il faraOjO affronta questa sfida con l'intenzione di diventare un egittologo più famoso di Zahi Hawass.

Giochiamo insieme a macdows 95!

OjO è sempre il primo a provare le novità nell'ambito dell'informatica... e oggi ci porta alla scoperta di Macdows 95!

Si tratta di un nuovo "sistema operativo" che ci mette di fronte a una serie di puzzle in cui l'interfaccia grafica e le più comuni applicazioni diventano parte di un grande enigma la cui soluzione si colloca tra i grandi misteri esoterici che potrebbe portare l'umanità verso una nuova epoca di prosperità e ricchezza.

O forse è solo il prodotto della mente bislacca (ma geniale) dell'autore, Yunus Ayyildiz.

Giochiamo insieme a Plunge

Oggi OjO ci porta un po' di oldgames in veste moderna con Plunge, un action/puzzle game in salsa roguelike, che unisce un frenetico gameplay a turni e uno stile grafico effetto nostalgia che ricorda certi classici in isometrica per ZX Spectrum.

Riuscirà OjO ad aiutare il prigioniero Billie a tornare libero? Scopriamolo nel video qui sotto!

Giochiamo insieme a RAILED

Oggi il nostro OjO indossa il cappello del capotreno e ci mostra RAILED, un puzzle game a tema ferroviario dalle meccaniche semplici: su una griglia 6x6 dovremo piazzare delle "tessere binario" pescate casualmente e creare collegamenti tra le quattro stazioni ai margini della mappa, possibilmente includendo nel tragitto miniere d'oro e caselle bonus.

Seguiamo quindi OjO in questa nuova avventura, nel video qui sotto!

Catherine Classic

Cosa fare se la vostra ragazza vi chiede di sposarla ma voi siete, ehm, indecisi sulla questione? Se “sfondarvi di alcol” è la risposta che stavate pensando, siete in buona compagnia: anche il nostro Vincent, protagonista di Catherine Classic, ha scelto questa strada quando la sua Katherine gli ha fatto capire che l'altare si avvicina. Purtroppo per lui, si sveglierà accanto a una bellissima sconosciuta... di nome Catherine! Ma i suoi problemi non sono solo questi: di notte si trova intrappolato in un incubo, in cui deve scalare una torre di cubi i cui gradini più bassi cadono nel vuoto. Si dice che se si muore nel sogno, si muore anche nella realtà. Sarà vero? Riuscirà Vincent a fare ordine nella propria vita? Scopriamolo assieme!

Cathering Classic è il porting su pc di un gioco famosissimo e, ve lo dico subito (ma tanto avete già guadato il voto) fantastico, della ATLUS, sviluppatori anche della serie giapponese di Persona.

Il gioco, fondamentalmente, è un puzzle game molto adrenalinico. Ogni notte, Vincent dovrà scalare un livello della torre, livello che è diviso in due o tre “mappe”. Il problema è che i cubi non formano una comoda scala: bisogna spostarli, creare dei ripiani su cui salire, arrampicarsi e spostare altri cubi. E dovremo essere veloci, perché i cubi inferiori cadono progressivamente: se ci schiantiamo a terra moriremo anche nella vita reale.

Il gioco ci mette davanti diversi tipi di cubi: da quelli normali a quelli inamovibili, a quelli di ghiaccio (su cui si scivola), a quelli che si spostano da soli, a quelli con le trappole... non lo fa tutto in una volta, ovviamente. La curva di apprendimento è davvero ben calibrata e non si viene mai lanciati in un livello troppo difficile per noi (anche se alcuni sono MOLTO difficili). La varietà di cubi e la possibilità di trovare soluzioni diverse per ogni ostacolo e per ogni pezzo della scalata fanno sì che i livelli non siano mai ripetitivi e che il gioco non venga a noia.

Oltre a tutto questo, alla fine di ogni livello della torre ci aspetterà uno scenario con un Boss, rappresentato da una delle paure di Vincent. Il Boss ci darà ulteriore disturbo durante la scalata, lanciandoci cose o rompendo la torre, o cercando di infilzarci... o tutto questo assieme ^^.

Presto svilupperemo delle tecniche di base per scalare la torre e per cavarcela con pochi blocchi a disposizione; altre tecniche ci verranno fornite da diversi personaggi, altre le creeremo modificando quelle già esistenti. Diversi punti ci potranno tenere impegnati per giorni mentre altri pezzi di alcune mappe saranno subito intuitivi. La soddisfazione di arrivare in cima alla mappa, e poi in cima al livello, lasciandoci alle spalle l'orrendo e spaventoso Boss, è immensa.

Le scalate sono intervallate da “pianerottoli” in cui incontreremo altri sventurati come noi, intrappolati nell'incubo. Potremo parlarci, scambiare tecniche di scalata o cercare di incoraggiarli. Incoraggiare gli altri personaggi, o aiutarli con tecniche varie, significa aiutarli a sopravvivere: se non ci riusciremo, alcuni di loro potrebbero apparire, cadaveri, nel notiziario del giorno dopo.

Sì, perché gli incubi sono a loro volta intervallati da cutscene e da parti in stile più “visual novel”. In particolare, quando lui andrà al bar con gli amici, potremo chiacchierare con i suoi amici e con gli altri avventori, far loro da confidente e, forse, scoprire che qualcuno di loro è nell'incubo con noi.

Un ruolo importante lo hanno anche le scelte che compiremo durante il gioco, ma in maniera un po' diversa rispetto al solito sistema delle visual novel. Prima di tutto, sia Katherine che Catherine ci manderanno messaggi sul cellulare e, a seconda di come risponderemo loro, Vincent tenderà più all'Ordine o più al Caos. Anche nei “pianerottoli” dovremo compiere delle scelte: una misteriosa figura in un confessionale ci porrà delle domande a cui dovremo rispondere e, di nuovo, a seconda delle nostre scelte, cambierà il nostro allineamento. Da tutto questo dipenderà il finale che andremo a beccare. Ce ne sono in tutto 8 (più uno segreto). E, ve lo devo dire, questo gioco riuscirà a sorprendervi (forse più di una volta) anche nel finale ^^!

Catherine contiene diverse modalità bonus, una volta che avrete terminato con quella principale, in cui potrete sperimentare lo stesso concept in modi diversi. Vincent stesso potrà giocare a una versione da cabinato del suo incubo, Rapunzel, in cui dovremo aiutare un principe a raggiungere la sua principessa sistemando cubi (senza restrizione di tempo, però). Anche questo giochino ha diversi finali... e 127 livelli.

Abbiamo poi la Colosseum Mode e la Babel Mode, in cui potremo affrontare diversi livelli in multiplayer o in co-op.

Dal punto di vista tecnico, prima di tutto esaminiamo l'unica magagna: un paio di volte, la mia tastiera non è stata abbastanza responsiva. Posso immaginare che il problema non si ponga con un pad: è essenziale avere un controllo perfetto del personaggio perché basta un comando non preso al momento giusto per morire.

Di tutto il resto non ho di che lamentarmi. La grafica, sia quella delle cutscene animate, sia quella delle parti in 3d, è magnifica. Le espressioni di Vincent e le sue reazioni di terrore/gioia sono meravigliose, esagerate il giusto. Ho letto di cali di frame rate, ma io non li ho riscontrati, il gioco è filato liscio come l'olio.

Bellissima anche la colonna sonora e il doppiaggio giapponese è perfetto. Il gioco presenta sottotitoli in italiano e anche menu e interfaccia, ovviamente, sono tradotti.

Beh, ve l'avevo anticipato all'inizio della recensione: Catherine Classic è un gioco fantastico. E' abbastanza fuori di testa (nella media, per essere una produzione giapponese), ha un gameplay semplice da capire ma difficile da padroneggiare e mai noioso grazie alla varietà di scenari e situazioni proposte. Chiunque non sia riuscito a giocarlo su console dovrebbe dargli una chance adesso che è disponibile per pc: non ve ne pentirete!

Californium

Lo scrittore Elvin Green sta passando un brutto periodo. Da quando sua figlia Alice è morta in un incidente, non riesce più a scrivere. Sua moglie lo ha appena lasciato e la sua unica compagnia rimangono le droghe. Adesso, una voce esce dalla televisione e parla, direttamente a lui, e gli oggetti che lo circondano... glitchano. Sarà la droga, o Elvin è diventato capace di percepire e modificare altre realtà?

Californium è un gioco in prima persona fortemente ispirato a Philip K. Dick e ai suoi lavori. Quando dico “fortemente ispirato” intendo dire che molto, se non quasi tutto, nel gioco, è un richiamo più o meno esplicito alle opere o alla vita di Dick (ora, se non sapete chi sia Philip Dick, per favore informatevi mentre io abbandono questo mondo evidentemente perduto e mi ritiro su un monte in eremitaggio...).

Questo è il punto forte dell'esperienza di gioco: l'atmosfera, l'ambientazione, i dialoghi, persino i colori, tutto è molto “dickiano”. I realizzatori, da questo punto di vista, sono stati bravissimi. I fan noteranno dettagli, piccoli e grandi, ricorderanno le opere da cui provengono o i temi fondamentali dei lavori di Dick... insomma, obiettivo centrato in pieno al 100%! Anche la colonna sonora e la grafica fanno la loro parte. I personaggi e gli edifici sono dei “cartonati” dipinti e i pochi abitanti del quartiere hanno poche linee di dialogo, spesso ripetute, che credo volessero rendere un senso di alienazione e confusione del protagonista.

Ma non si vive di solo fanservice, e finito quello arrivano i dolori.

Partiamo dal gameplay: in ogni area del quartiere dove abitiamo (in ogni edificio e poi per strada) dovremo trovare un certo numero di simboli nascosti... ovunque. Sulle pareti, dietro qualche oggetto, *sotto* qualche oggetto... Alcuni simboli appaiono solo se ci muoviamo, altri solo se sostiamo in un determinato punto, altri sono indicati da dei glitch della realtà circostante. Una volta trovato un simbolo, lo cliccheremo e si aprirà un “buco” nella nostra realtà, attraverso il quale ne vedremo un'altra, parallela. Trovati tutti i simboli (le televisioni sparse in giro ci diranno quanti ne mancano di volta in volta), faremo comparire un simbolo gigantesco che, premuto, porterà Green nella realtà successiva.
Rinse and repeat fino alla fine del gioco.

Se state pensando che tutto ciò è noioso... è perché lo è ^^, specialmente dopo le prime due-tre volte. Le realtà non sono poi tante, ma spesso i simboli sono nascosti davvero bene e non c'è una variante a questo tipo di gameplay. Presto ci si stufa, nonostante la curiosità di sapere che cosa c'è nella realtà successiva.

E questo ci porta alla storia, dolore maggiore di Californium. Inizialmente, sembra che Green dovrà, nel suo procedere di realtà in realtà, venire a patti con l'incidente occorso alla figlia e con l'abbandono della moglie. Le diverse realtà sono sempre più distopiche e ci daranno un ruolo progressivamente più potente da ricoprire, ma Green non sarà contento di nessuna di queste.

Il finale, però, rimette tutte le carte in tavole senza far capire nulla. Ok, vagamente si intuisce a che cosa stiamo assistendo, ma è tutto molto confuso e, se ho davvero ben capito il finale, l'intero gioco è svuotato di gran parte del suo significato.

Chiariamoci, “simbolicamente” tutto ciò è perfetto: immaginiamo questo Elvin Green che gira per tutti gli edifici a cercare simboli che solo lui può vedere per cambiare la realtà e cianciando di voci che gli parlano dalla televisione, non sapendo se si trova davvero davanti a una rottura della realtà o se sono solo le droghe che gli fanno vedere cose. È una situazione molto Dickiana, se non fosse che nei suoi racconti di solito c'è un qualche motivo per questa confusione, o la confusione porta a qualcosa o ancora la confusione è la realizzazione finale del personaggio (che capisce che non può fidarsi della realtà come l'ha sempre percepita). Insomma, c'è una benedetta fine. Non si resta così a guardare i pixel sullo schermo pensando “ma cosa succede, ma che significa, ma cosa?”.

Californium mi suggerisce che, forse, devo smettere di aspettarmi molto dai videogiochi “ispirati” agli autori: come il gioco ispirato a Murakami prima e quello ispirato a Kafka dopo, anche Californium non convince. I fan sfegatati di Dick potrebbero apprezzare comunque l'atmosfera e le citazioni, e persino le prime fasi del gioco, ma non posso consigliare il gioco in sé e per sé.

Little Nightmares

Little Nightmares è un videogioco appartenente alla categoria dei platform-rompicapo, che, per chi non fosse avvezzo al termine, sono i videogiochi come Limbo o Inside, i nipotini del grande Another World.

Su console questo genere è fortemente presente, sebbene sia interessante notare come la maggior parte dei titoli siano creati da sviluppatori indie, mentre su pc abbiamo visto arrivare solo i pochi giochi che costituiscono la produzione migliore, anche se devo dire che ultimamente questo trend è un po’ cambiato, anche grazie al rilascio di molti progetti Kickstarter.

Little Nightmares è stato realizzato da Tarsier Studios, una casa di sviluppo indie svedese, grazie ai soldi destinati a questo tipo di progetti stanziati dalla Comunità Europea.
Avete presente quando al cinema vedete un film italiano e alla fine dei titoli di coda c’è scritto che è stato realizzato con finanziamenti statali? Ecco, qui è la stessa cosa, solo che i soldini sono arrivati da mamma Europa, e immagino in parte anche da Bandai Namco Entertainment, che è il publisher.
Premetto che a differenza dei film di Boldi e De Sica, questo denaro è stato speso egregiamente, e aggiungo, come nota personale, che fa male vedere che persino gli svedesi riescono a fare meglio di noi italiani, parlando del settore videoludico.

Nel videogioco vestiremo i panni di Six, una ragazzina prigioniera nel “resort” delle Fauci, una specie di nave-isola galleggiante, ricolma di orrori di tutti i tipi. Six è perennemente affamata e vuole fuggire da questa sorta di Purgatorio-Inferno, dove esseri umani deformi e di dimensioni gigantesche catturano i bambini per farne chissà che cosa.
Il gioco è totalmente privo di dialoghi e testi e la storia si dipana attraverso l’esplorazione e a livello visivo, mostrando eventi, situazioni, che piano piano ci fanno capire cosa stia succedendo all’interno del resort. La scelta di portare avanti la narrazione attraverso questo ermetismo è forse ispirata dal più vecchio Inside o, se vogliamo andare ancora più indietro, da Another World, dove per l’appunto (e per fortuna) mancano i maledetti e orribili spiegoni o il reperimento di lunghi documenti cartacei che li sostituiscano. Scelta molto saggia a mio parere, che aumenta il livello di attenzione e coinvolgimento del videogiocatore. Questo non significa che la trama sia banale, anzi! C’è una certa profondità nella storia, ricca di sorprese e momenti carichi di pathos. La scelta poi di rappresentare gli adulti del gioco come dei mostri giganti e deformi è probabilmente il tentativo di riprodurre come la mente di un bambino, circondato da orrori, visualizzi i propri carnefici.

La grafica del gioco e le animazioni sono arte allo stato puro, scenari cupi e scuri dove la nostra unica fonte di luce sarà l’accendino in possesso di Six, ma illuminare il buio è comunque inquietante perché non si sa mai cosa si stia annidando nelle tenebre.
Lo stile grafico dei mostri assomiglia molto alle illustrazioni della saga di Gormenghast, mentre Six è rivestita di una semplice mantellina gialla, una novella Cappuccetto Rosso all’interno del bosco pieno di orrori. I fondali sono meravigliosi e variegati e la loro tematica cambierà in base al procedere del gioco, le animazioni sono fluide e ben realizzate e io, giocando con un processore i7, 16 gb di ram, scheda video Nvidia 970 GTX, in Full HD, ho potuto impostare tutti i dettagli al massimo, senza accusare mai neppure un rallentamento e forse di questo bisogna ringraziare la bontà dell’Unreal Engine 4, il motore del gioco.
Aggiungo che non ho mai incontrato neppure un bug giocandoci, quindi chapeau, in un’epoca in cui i videogiochi escono in uno stadio quasi di beta. Ovviamente, visto lo stile del gioco, che prevede il salto da piattaforme, la risoluzione di puzzle ambientali e mille altre cose, l’utilizzo di un gamepad si rende quasi del tutto necessario. L’audio e gli effetti sonori sono stupendi e contribuiscono a creare l’atmosfera di pericolo imminente e tensione che permea le fasi di gioco, tra respiri, scricchiolii e rumori incomprensibili .

Come spiegavo, la narrazione si dipana attraverso il procedere del gioco. I primi passi di Six all’interno delle Fauci non sono particolarmente emozionanti e qualche videogiocatore potrebbe stufarsi dopo una decina di minuti, pensando di aver visto tutto, ma dopo poco la storia prende il suo abbrivio e ci troviamo sempre più coinvolti, curiosi di procedere e vedere dove si andrà a parare e capire cosa sta succedendo all’interno della struttura. Ovviamente il videogiocatore disattento, il bimbominchia superficiale, quello che skippa i dialoghi negli rpg e per cui c’è un girone speciale all’inferno, non coglierà nulla della storia di fondo e finirà il gioco con un grosso punto interrogativo sulla testa.
Per farvi un esempio, c’è un punto del gioco dove osservando alcuni quadri coperti da un panno, il videogiocatore attento farà un ragionamento che gli svelerà un aspetto molto importante della storia. Questo gioco va gustato con calma e ponendo attenzione a tutto quello che Tarsier Studios ha messo sullo schermo.
Little Nightmares presenta una discreta rigiocabilità, un po’ perché è bellissimo e quindi lo tirerete fuori di nuovo per farlo vedere agli amici o per farvi un’altra run, ma anche perché lo riprenderete una volta finito per cercare di cogliere altri dettagli che potreste esservi persi la prima volta e arricchire la vostra comprensione della storia delle Fauci.

Nel gioco sono presenti anche dei “segreti”, cioè degli oggetti che dovremo recuperare in locazioni dal difficile accesso. Raccogliendoli tutti, purtroppo non si accede a un secondo finale oppure a qualche goodies, semplicemente si sbloccano degli achievements. Ora… non apprezzo molto questa scelta: sbloccare un achievement, secondo me, non è una spinta sufficiente a indurmi alla ricerca dei segreti, però visto che la situazione è questa, vi consiglio di giocare o attraverso Steam o attraverso GOG Galaxy, almeno da vedervi premiati in tal senso. Io giocando con la versione GOG installer classico, non ho avuto nemmeno la soddisfazione di veder premiati i miei sforzi con lo sblocco di un achievement.

Il gioco è fornito di tre Dlc molto ben realizzati e divertenti da giocare, importanti ai fini della comprensione della trama, che tra le cose ci spiegano l’origine dei nomini, strane creature silenziose a forma di fungo dotate di gambe e braccia, che si aggirano per le Fauci. I nomini scappano e si nascondono dai mostri, ma anche da Six, sono impauriti da tutto e temono tutti. Raggiungerli e abbracciarli costituisce una delle sidequest del gioco.

Non voglio spoilerare i contenuti dei DLC, vi dico solo che interpreteremo il Fuggiasco, un bambino che, come Six, vuole fuggire dalle Fauci. La sua storia avviene in simultanea a quella della nostra protagonista, ma, oltre ad alcune vecchie locations, ne visiteremo anche di nuove, che comprenderanno anche un boss inedito.
I tre DLC, divisi pur costituendo un’unica storia, sono stati rilasciati tra Luglio 2017 e Febbraio 2018; le riviste del settore hanno recensito i primi due in maniera non proprio entusiastica, questo perché ognuno di essi presenta una tipologia prevalente di stile di gioco che presa singolarmente può spiazzare.
Il primo DLC è simile al gioco base, il secondo presenta una modalità coop con i nomini molto simile a quella dei vecchi videogiochi della saga Goblins (pur mantenendo inalterate le fasi platform e action).
Il terzo capitolo è quello più ricco di enigmi e caratterizzato dalla complessità degli stessi. In effetti gli enigmi che si trovano nel gioco base e nei primi due DLC sono di difficoltà media tendente al facile, mentre quelli del terzo capitolo sono parecchio più complicati.
Comunque, i vari recensori, trovandosi a recensire i 3 DLC separatamente, hanno dato giudizio poco positivo, mentre presi nella loro interezza sono assolutamente da elogiare e avrebbero meritato reazioni ben più entusiastiche. Quella di dividere l’esperienza in tre blocchi, che quando siete in gioco ha invece un’assoluta soluzione di continuità, è stata in questo caso una decisione nefasta per i realizzatori del gioco: uscire direttamente a Febbraio 2018 con un’unica espansione gli avrebbe fruttato di più anche in termini di pubblicità derivante dalle recensioni.
L’esperienza totale del gioco base si assesta sulle 4 ore, come quella dei 3 DLC, per un totale di 8 ore di puro divertimento, una durata molto più elevata di quella a cui ci hanno abituati i videogiochi appartenenti a questo genere! Little Nightmares Complete viene venduto a 29.99 euro, una cifra regalata per un videogioco che non ha nulla da invidiare a produzioni più ricche come un tripla A. Una nota a margine: da Little Nightmares è stato creato un fumetto in lingua inglese, che gli fa da prequel, ma essendo un prodotto davvero di nicchia è stato cancellato dopo due soli numeri, e mentre scrivo stanno parlando di produrre anche una riduzione per la tv.

Per concludere vi posso dire che questo gioco è un piccolo capolavoro, e farà la gioia degli amanti del genere, ma anche di chi ci si approccia per la prima volta. Unica nota negativa è che dopo averci giocato e rigiocato sarete veramente tristi di averlo finito e messo via, un po’ per la bellezza del gioco in sé, un po’ perché non ci sono molti giochi di questo genere e di questa qualità su PC. Come voto gli affibbierei un bel 9. Speriamo in un Little Nightmares 2!

Death Coming

Sapete come si dice, no? La morte arriva per tutti, prima o poi. In Death Coming, la morte arriva più prima che poi.

Death Coming è un puzzle game della NEXT Studio in cui impersoniamo l'assistente del Tristo Mietitore. Il nostro compito è, ovviamente, quello di ammazzare più persone possibile, scatenando dei piccoli (o, a volte, non tanto piccoli) incidenti.

Ogni mappa va esaminata a fondo, in modo da imparare i pattern dei vari personaggini e la posizione delle varie Trappole Mortali, degli oggetti, dall'aspetto anche innocuo, che possono essere usati per uccidere qualcuno. Per esempio, un semplice vaso di fiori, se cade nel momento giusto, può essere infausto...

Bisogna avere inventiva e tempismo, in modo da non sprecare le Trappole e da far fuori più gente possibile. In alcuni casi, dovremo eliminare alcuni NPC specifici in modo da attirarne altri, che altrimenti sarebbero inaccessibili.

Le aree sono molto varie e tutte simpaticissime. Si va da una fabbrica di missili alla prigione di King Kong a un'isola misteriosa. C'è sempre una storiella che fa da sfondo alle mappe. Per esempio, nella mappa di King Kong, c'è la biondina che vuole liberare Kong e fuggire con lui. Nella mappa dell'isola, abbiamo una specie di Indiana Jones che vuole scoprire i segreti dell'isola.

Uccidendo i giusti NPC, faremo progredire queste storie, ma non è necessario farlo per vincere lo scenario. Dobbiamo uccidere un numero minimo di personaggi, e ci sono 3 NPC speciali per ogni mappa (i personaggi chiave per la “storiella” dello scenario, diciamo). Se riusciamo a uccidere tutti, ma proprio tutti gli NPC, avremo un bel bonus al punteggio, oltre che la soddisfazione di vedere lo scenario completo. Altri bonus si ottengono facendo delle combo kill, ossia uccidendo più gente in una sola mossa.

Le mappe aumentano man a mano di complessità. Ben presto viene inserito il tempo atmosferico, che modifica le Trappole: alcune funzionano solo con la pioggia, per esempio, altre con la neve, altre con il sole, e così via. Quando avremo la possibilità di modificare il tempo a piacimento (circa), ci troveremo spesso a dover intrecciare le trappole fra loro per massimizzare la nostra efficacia.

Un altro ostacolo è dato dagli Angeli, la “polizia” dei cieli che viene a romperci le balle dopo un tot di uccisioni. Gli Angeli hanno un cono visivo celeste e se ci beccano a cliccare su qualcosa entro il loro cono, ci “multano” - ossia, ci tolgono una vita. Come nel più classico dei casi, abbiamo 3 vite, poi dobbiamo ricominciare il livello.

Death Coming è simpaticissimo e molto carino; il problema è che, specialmente all'inizio, risulta ripetitivo. Un'altra cosa che non ho molto apprezzato, è che siamo quasi obbligati a dover rifare lo scenario almeno due volte, se vogliamo puntare a uccidere tutti quanti: la prima volta, è difficile riuscire a capire bene tutti gli intrecci di NPC/trappole/agenti atmosferici/ecc ecc... Quindi tocca “sprecare” una ventina di minuti per scoprire i segreti dello scenario, poi tornare indietro e rifarlo “per bene”. È frustrante anche quando si crepa proprio alla fine, quando mancava giusto UN dannato NPC per terminare con il massimo punteggio: anche in quel caso, bisogna ripartire da zero. Questo, comunque, succede raramente, basta stare davvero attentissimi ai maledetti angeli.

Ulteriore occasione di varietà è data dagli scenari bonus, in cui bisogna ammazzare quanti più angeli possibile, per esempio, o far fuori un sacco di NPC in maniera più “diretta” e cose così.

Graficamente, il gioco è adorabile, pucciosissimo. Tutti i personaggini sono kawaii e blocchettosi, la palette è molto colorata, gli effetti sonori sono comici. La musichetta di fondo è carina e, se non dico sciocchezze, si tratta di una versione dello Schiaccianoci.

Death Coming è anche in italiano. La traduzione presenta qualche errore, ma è più che sufficiente per giocare senza problemi.

Che dire? Ogni tanto serve anche un gioco come Death Coming, da giocare in mezzo a roba più impegnativa, magari. Giocarlo tutto di un fiato potrebbe annoiare, perché, nonostante la varietà che si sforza di introdurre, la meccanica è bene o male sempre quella. Ma è carinissimo, simpatico, dona una sfida non indifferente (specie negli scenari avanzati) ma è scalabile anche per chi non vuole impegnarsi tantissimo. Molto ben riuscito!

The Thin Silence

L'incipit di The Thin Silence ci vede caduti nel fondo di un abisso. Siamo fermi lì da un sacco di tempo e non sembra importarci molto di alzarci. Ma, alla fine, lo facciamo lo stesso, dobbiamo raggiungere la superficie... se solo le nostre allucinazioni e i nostri ricordi ci lasciassero in pace!

The Thin Silence è un puzzle leggermente platformer sviluppato dalla TwoPM Studios (che a quanto pare è l'orario in cui i membri del team lavorano sui loro giochi... per me è l'orario perfetto per alzarsi). È un gioco che cerca di raccontare una storia di depressione e di dubbi del protagonista su se stesso e sulle proprie azioni. Gli sviluppatori tengono tanto alla cosa che hanno deciso di devolvere parte del ricavato di ogni vendita del gioco a CheckPoint, un'associazione che si occupa di malattie mentali.
Ma, al di là di tutte le belle intenzioni, il gioco com'è? Vediamolo assieme.

In The Thin Silence dovremo muoverci per le mappe e cercare di raggiungerne l'uscita. Per farlo, dovremo risolvere piccoli puzzle ambientali sparsi qua e là e occasionalmente qualche indovinello o qualche puzzle “da settimana enigmistica”.

Questi ultimi sono facili e in parte random (nel senso che se avete già giocato non potete usare la stessa soluzione, perché sarà stato generato un nuovo enigma casualmente): si tratta di creare sequenze di numeri oppure di individuare una parola in mezzo a un quadrato di lettere, una specie di crucipuzzle, insomma.

I puzzle ambientali sono più vari e costringono a ragionare di più, anche se non diventano mai vere e proprie sfide. La cosa carina è che per risolverli bisogna trovare e combinare assieme degli oggetti. Ad esempio, una corda + un uncino formano un rampino con il quale è possibile agganciare casse e tirarcele addosso o superare baratri. Stivali + Uncino = stivali per arrampicarsi. E così via. È carino trovare tutte le combinazioni possibili e ragionare su cosa può essere utile in una data situazione.

Purtroppo, il gioco è molto lineare e ripetitivo, quindi dopo un po' la cosa viene a noia. Nei livelli più avanzati, è possibile esplorare aree diverse nell'ordine che preferiamo, e i puzzle diventano più complessi (o più dispersivi, nel senso che bisogna prima risolvere quello dell'area X per poter terminare con successo quello nell'area Z, o così mi è sembrato), però a quel punto il gioco ha già dato quel che aveva da offrire. Serviva un po' di varietà in più oppure un gioco più corto (già dura sulle 5-6 orette).

In verità, forse la cosa peserebbe meno se non fosse che il personaggio cammina *molto lentamente* e non c'è il tasto sprint. È una cosa voluta (come vedremo tra poco), ma... che palle! Dover camminare lentamente per 1 minuto buono solo perché abbiamo sbagliato a risolvere un puzzle è noioso; magari rifare il puzzle non ci seccherebbe, sono i tempi morti che tolgono più di quanto non aggiungano.

La storia di Thin Silence è duplice e viene svelata man a mano che andiamo avanti, da documenti trovati in giro, registrazioni militari e ricordi e allucinazioni del protagonista, Ezra. È duplice perché da un lato racconta la storia travagliata del paese di Ezra, diviso da quella che pare una guerra civile (o qualcosa del genere: c'è un gruppo di ribelli che si oppone al governo), dall'altro racconta la storia di Ezra stesso, il cui ruolo si comprende fino in fondo solo alla fine.

Il sistema funziona così così. La storia del paese è un po' troppo generica all'inizio, poi all'improvviso troppo specifica; seguiamo la storia di singoli personaggi che era meglio seguire fin dall'inizio. E nello stesso tempo la storia di Ezra a tratti sparisce per poi riaffiorare alla fine.

Il risultato è una storia che in realtà non prende davvero, ma che ha una bella atmosfera, dove con “bella” intendo “opprimente”.

Molti degli elementi del gioco, dagli ambienti, agli effetti sonori, dalla lentezza del protagonista, allo stile grafico, sono realizzati per enfatizzare il senso di depressione di Ezra, il suo essere insicuro delle sue decisioni e intrappolato fra due scelte egualmente sbagliate. L'abisso dal quale cerchiamo di risalire, i colori un po' sbiaditi, le interazioni minimali con i pochi pg che incontreremo, tutto lascia capire lo stato d'animo del protagonista. Kudos alla TwoPM per questo aspetto del gioco. Credo che avrebbero fatto meglio a concentrarsi su questo al 100%, lasciando la questione della nazione sullo sfondo.

Avrete capito che grafica e sonoro sono ben fatti e ben supportano il gioco. Il problema, dal punto di vista tecnico, sono i comandi. Capisco che siano basati su un pad, ma perché non è possibile cambiarli? Quelli di default sono strani: A per compiere le azioni, Q e E per muoversi nei menu, INVIO per aprire lo stesso... roba assolutamente controintuitiva che fa perdere tanto tempo quando si vorrebbe solo cambiare oggetto nell'inventario.
Il gioco è solo in inglese. Si tratta di un inglese di media difficoltà. Per chi non lo capisce bene, il problema può sorgere durante alcuni dialoghi, che magari sono troppo veloci (e non è possibile fermarli fino al click).

Consiglio The Thin Silent? Sì, se piace il genere e il gioco è in sconto. È un po' troppo oberato dalla lentezza e dalla ripetitività degli scenari, in sé anche troppo semplici, per far arrivare alla fine senza annoiare un pochino. Ma a chi bastano le atmosfere di un gioco, The Thin Silence potrebbe regalare qualche ora piacevole.

In Eastward, seguiamo le avventure di John e della piccola Sam

Eastward è ambientato in un mondo post-apocalittico, abitato da strane creature e da umani ancora più strani.

In questo mondo, noi dovremo guidare John e la piccola Sam nel loro viaggio, di città in città, verso una meta per ora ignota.

Eastward è un rpg/puzzle adventure in sviluppo presso la Pixpil, software house cinese. Come potete vedere dal trailer, i richiami ai classici del passato sono innegabili e lo sviluppo sembra star procedendo bene.

Non è ancora stata dichiarata una data di rilascio ufficiale; il gioco è previsto per PC e Mac.

Sorry, James

A James Garner viene affidato un compito più importante del solito: decrittare una serie di documenti e inviare il tutto al cliente. Naturalmente, è richiesta la massima riservatezza... non è che James può mettersi a spiare i documenti che decritta. O no?

Sorry, James è un “gioco narrativo”/puzzle game della Konstructors Entertainment, una software house ucraina. Dico “gioco narrativo” fra virgolette perché la definizione è, in questo caso, ingannevole. In realtà, tutta la descrizione del gioco sulla pagina Steam è ingannevole.

La pagina Steam dice, infatti: “Sorry, James is non-linear story-driven puzzle game which takes unusual step on storytelling.”. Questa affermazione è tutta falsa XD. Sorry, James ha una storia, che non è raccontata in maniera inusuale (a parte un twist finale metanarrativo, ma è un caso singolo, poi ne parliamo), non è non lineare e comunque non è il punto principale del gioco, non “drives” il resto del gioco.

Partiamo dalla “maniera inusuale”. Sorry, James regala alcune chicche graziose che fanno l'occhiolino al giocatore, rompendo la quarta parete. Si tratta di un enigma che coinvolge la pagina Steam del gioco e di un “avvenimento” finale (che non vi svelo), che riguarda il vostro account Steam. Fine. Il resto della storia si legge fra un pezzo del gioco e l'altro.

E qui passiamo alla parte “story-driven”. Ora, “story-driven” significa che la storia fa da padrona o che è lei che traina il gioco. To The Moon è “story-driven” (o “story-all”, ma vabbè). In un altro senso, The Witcher 3 è “story-driven”.

In Sorry, James, la storia è un inserto fra un pezzo di gameplay e l'altro, fine. E si passa anche molto meno tempo con la storia che con il gameplay (che sono totalmente slegati fra loro, aggiungo). Che non è una cattiva cosa, ma è altro rispetto allo story driven.

Terzo: “non-lineare” significa che la storia, invece di essere una linea dritta che va da A a B, può avvenire in modi diversi. Per esempio, un rpg non è lineare perché, spesso, offre scelte che modificano l'ordine o la portata degli eventi. Her Story non è lineare nel modo in cui uno ha esperienza della storia, e lo stesso dicasi di Analogue: A Hate Story.

Sorry, James, invece, è lineare. E' possibile leggere i documenti in qualsiasi ordine si vuole, ma questo non altera in modo particolare la nostra esperienza della trama, la rende solo più confusa perché con tutta probabilità non si capirà bene che cosa è successo. Inoltre, così facendo si affrontano prima puzzle più difficili e poi altri più facili, segno che i programmatori l'hanno pensata per essere letta in modo lineare.

Tutti questi non sono problemi di per sé, ma io avevo cominciato il gioco pensando di trovarmi di fronte a una specie di visual novel/film interattivo intervallato da leggeri puzzle, perché questo è ciò che la descrizione porta a pensare. Non è così.

Sorry James è un puzzle-game molto tosto, con una storia non particolarmente esaltante ma curiosa nel mezzo. Decrittando i messaggi, scoprirete le chat di una ragazza, Elisa, con altre persone, i cui testi non potrete leggere. Arrivati alla fine, avrete modo di leggere anche i testi degli altri interlocutori, per quei documenti che avete decrittato senza sbagliare neanche una mossa (è possibile rifare il procedimento quante volte volete), e così capire meglio il tutto. Ma qualcosa resterà poco spiegato. In verità, non vi importerà poi granché, perché la storia manca di coinvolgimento emotivo o di sviluppo e di pathos. Al massimo sarete curiosi, ma non è una storia che “prende”.

Essenzialmente, a questa storia mancano personaggi e svolgimento. Né Elisa, né tantomeno James risaltano come personaggi a tutto tondo. Di Elisa sappiamo, circa, qualcosa di più - principalmente le sue preferenze erotiche - ma questo non basta. Di James non sappiamo una mazza e James di fatto ha 0 importanza all'interno della storia. Non è sufficiente per farci attaccare a questi personaggi, quindi, che ci frega di quel che succede? Non molto.
Avrebbe avuto più senso se noi fossimo stati l'interlocutore di Elisa, per esempio. Ok, lo scherzetto finale non sarebbe stato possibile, ma saremmo stati coinvolti nella vicenda.

C'è anche un piccolo bug, che credo verrà risolto: in sostanza, come spiego nel video che trovate qua attorno, se si va nella modalità in cui è possibile leggere tutti i messaggi quando ancora NON avrete sbloccato tutto in maniera “perfetta” (senza sbagliare mosse), ma, diciamo, ne avete sbloccati solo 5, potrete sempre e comunque leggere al 100% solo quei 5. Anche se poi decritterete tutto in maniera perfetta, il gioco vi mostrerà al 100% solo i primi 5. Quindi, entrate nella modalità “speciale” solo dopo aver decrittato tutto in maniera perfetta.

E passiamo al gameplay. Il gameplay consiste in una serie di puzzle per decrittare i documenti. I puzzle sono una specie di Campo Minato (again, gli sviluppatori tirano in ballo il Sudoku... no, sono due tipi di puzzle diversi). Vanno dal molto semplice al davvero complesso, e alcuni possono richiedere anche una mezz'oretta per essere completati con successo. I più difficili presentano diverse varianti e caratteristiche speciali che li rendono alquanto bastardi. Siete avvisati.

L'atmosfera del gioco è davvero curata. Gli effetti grafici e sonori, che simulano un pc dell'epoca di Cristo, sono stupendi. E' possibile disattivarli, volendo, così come la musica.

Il gioco è disponibile in 4 lingue, e non in italiano. Ho trovato l'inglese particolare, nel senso che sembra scritto da ucraini che parlano inglese come seconda lingua (e non benissimo) e non da madrelingua inglesi. Credo sia voluto, e non voglio criticare questa cosa, perché aggiunge una punta di realismo, lasciando il tutto comprensibilissimo. Ho un'amica ucraina con cui parlo in inglese, e ho in effetti ritrovato le stesse costruzioni sintattiche e gli stessi errori che fa lei.

Il giudizio che do a Sorry, James non tiene conto del fatto che uno può essere facilmente ingannato. Lo ribadisco: questo NON è un gioco narrativo, è un puzzle game! Se vi aspettate una specie di film interattivo, sarete molto delusi.
Detto questo, non boccio il gioco ma non posso neanche promuoverlo. Il connubio che rappresenta non è abbastanza ben riuscito da meritare la promozione piena, anche come puzzle game in sé. Sorry James è equivalente a una rivista di Sudoku con degli intermezzi narrativi ogni tot pagine: se vi piacciono i puzzle game, vi piacerà anche Sorry, James, altrimenti, no.

Kindergarten

Vi ricordate di quando andavate all'asilo? Le prime esperienze da soli fuori casa: giocare con le compagnelle a fare il papà ubriaco, gettare gli amici nelle buche in giardino, tentare di assassinare la maestra e soprattutto di non essere pestati a morte dal bidello... Bei tempi, eh? Beh, grazie a Kindergarten potrete rivivere *tutte* queste esperienze e molte altre ancora!

Kindergarten è un'avventura grafica realizzata da Con Man Games (un nome, un programma) e Smash Games. Noi siamo un bambino senza nome che si reca all'asilo, ogni giorno. Perché ogni giorno è Lunedì in Kindergarten (La Gioia). Qui potremo parlare con i compagni, o con la maestra: ognuno di questi personaggi ha una missione speciale da affidarci, compiuta la quale otterremo una ricompensa, che può aiutarci in altre missioni. Il gioco non ha una trama vera e propria anche se c'è un mistero da risolvere che collega quasi tutti i personaggi: Billy, uno dei bambini, è scomparso e girano strane voci su chi sia il responsabile dell'accaduto. Per far luce su questo caso, dovremo risolvere tutte le missioni dei vari personaggi – e sopravvivere, possibilmente.

Nonostante sembri piccolo, puccioso e carino, Kindergarten non è nessuna di queste cose. Non è “piccolo”, nel senso che la facciata da giochino indie nasconde una serie di rompicapi piuttosto complessi, quasi tutti risolvibili in molteplici modi. Il gioco non ci prende per mano, non ci aiuta molto né ci dà grandi indicazioni. Bisogna esplorare il mondo di gioco, provare cose varie, fallire e riprovare. C'è MOLTO trial and error e molto meta-gaming, ma sono due features che il gioco sa, quasi sempre, gestire. Dico “quasi sempre” perché accumulare paghette può richiedere qualche minuto di noia, ma ci sono modi, in game, per fare soldi più velocemente.
C'è anche un hint system. Io, ingenua, mi ero detta: “vabbè, non lo uso, è barare”. Ahahahaha. L'hint system offre indizi su quel che bisogna fare, offre pezzi del puzzle, non un “aiuto” nel senso canonico del termine. Bellissimo quando l'hint compare dopo che ormai avete capito da soli cosa fare (specialmente dopo le morti, tipo: “non sottovalutare le minacce del bidello” - quando questi ti sta pestando a morte perché hai ignorato le sue minacce).

Kindergarten non è “difficile”, ma richiede pazienza e attenzione e dà grandi soddisfazioni una volta che si è capito uno dei metodi con cui arrivare alla soluzione di una missione. E' bellissimo avere tutti i pezzi davanti e poterli combinare a piacere: anche se è ovvio che le scelte non sono infinite, l'illusione di avere libertà assoluta c'è, perché moltissime opzioni sensate sono disponibili. Vi serve una crocchetta di pollo? Ci sono molti modi per ottenerla, basta un po' di fantasia e la voglia di pestare qualcuno per ottenerla!

Kindergarten non è “puccioso e carino” perché, come avrete immaginato, è un gioco crudele e violento e per di più tutto ciò è usato per farsi quattro risate. L'asilo di Kindergarten è un mondo allucinato in cui tutti sono psicopatici assassini, o sono comunque pronti a diventarlo, ma nessuno, nel gioco, reagisce come se questo fosse strano. Inoltre, il gioco è pieno di citazioni ad altre opere, che fanno semplicemente cappottare: un esempio? Dovete gettare qualcosa su una bambina, per bullarla, cosa scegliete? Mmm... che ne dite di quel bel secchio di sangue di... qualcosa... che sta poggiato nello stanzino del bidello?
Mi sono fatta un sacco di risate giocando a Kindergarten e morendo e uccidendo maestre e compagni!

Una parte del gioco consiste anche nel trovare tutte le carte di mostri che i bambini si scambiano e vendono fra loro. Non è obbligatorio, sono solo collezionabili, ma aggiungono puzzle da risolvere.

Va detto che, anche se si muore, si ricomincia il giorno dopo; anche le morti dei nostri compagni non sono definitive: il giorno dopo li troveremo tutti vivi e vegeti. Il Lunedì “resetta” tutto, tranne i soldi guadagnati e le ricompense vinte, che sono sempre disponibili.

Graficamente, il gioco è adorabile. La facciata pucciosa è costruita con cura, anche se qua e là si notano segni della psicopatia dei personaggi: guardate l'animazione del bidello, per esempio. O le tette ballonzolanti della maestra. O ancora il cadavere nei bagni... Il contrasto fra questi dettagli e la grafica infantile ben si adatta alla crudeltà del gioco.

Non c'è doppiaggio, ma ci sono musiche e ovviamente effetti sonori. In realtà, la maggior parte del gioco ha *una* track, ma è simpatica e non dà noia, specialmente perché è punteggiata da effetti sonori simpaticissimi.

Il gioco è solo in inglese. Si tratta di un inglese semplice, tranne per qualche frase: quelle del bidello possono dare qualche problema, perché sono sgrammaticate, ma penso che al massimo ci si possa perdere qualche battuta. Chi ha un inglese scolastico dovrebbe cavarsela.

Voto pieno per questo Kindergarten, che da al giocatore la libertà di scoprire soluzioni nuove – e in alcuni casi atroci – per le situazioni pazzoidi che dovrà affrontare. E perché fa tutto questo permettendoci di far fuori mocciosi, maestre, bidelli, e, soprattutto, *presidi*!

Giochiamo insieme ad Archaica: The Path of Light

Archaica: Path of Light è un puzzle game sviluppato dalla Two Mammoths e uscito da pochi giorni su Steam.

Nel video-gameplay qui sopra, mostriamo la prima mezz'oretta di gioco e le prime meccaniche. Si tratta di risolvere una serie di puzzle realizzati con specchi e raggi di luce: un po' un classico, che può però ancora dare vita a situazioni interessanti.

Seasons after Fall

Riproponiamo per INDIEtro Tutta, e finalmente sul sito, la recensione di Micartu di Seasons After Fall, gioco di avventura, platform, puzzle in 2D realizzato con l'engine Unity dallo studio francese Swing Swing Submarine.
Inizieremo il gioco nei panni di un semino, uno spirito, e verremo guidati da un seme più anziano attraverso un percorso di maturazione interiore naturale che, almeno inizialmente, non si capisce dove andrà a parare.
Il mondo di gioco è una foresta, un ambiente incontaminato, dove regna sovrana e indisturbata la natura. In questo mondo l'unico elemento che segna un procedere, un progredire, che fa da indice al cambiamento, sono le stagioni, incarnate da quattro guardiani dormienti, quattro animali che hanno trasceso la loro mera condizione materiale. Fin dall'inizio ci è subito chiaro che il seme anziano che ci guida intende spezzare questo incedere ciclico della vita e ottenere indipendenza e libertà di agire, e per farlo vuole servirsi di noi.

Quindi come prima mossa prenderemo possesso del corpo di una piccola volpe e nostro compito sarà recarci presso i quattro guardiani per farci concedere da loro il potere delle quattro stagioni.
La volpe salta, si arrampica, abbaia e si serve dei poteri delle stagioni ottenuti per risolvere dei piccoli puzzle ambientali e accedere a locazioni prima inaccessibili.
Per esempio il potere dell'autunno solleva i venti e fa schiudere i funghi, permettendoci di usarli come dei trampolini per arrivare a piattaforme elevate altrimenti irraggiungibili e via così con effetti differenti, che vi lascerò scoprire da soli, per quanto riguarda le altre stagioni.

Tendenzialmente la struttura dei livelli è simile a quella di un Metroidvania o di un gioco come Demon's Crest, dove le schermate di gioco sono molto ampie e nascondono anche locazioni raggiungibili solo in un secondo momento, grazie all'utilizzo di nuovi poteri.
Il gioco è privo di qualsiasi forma di violenza, non si uccide nessuno e non si può morire in alcun modo, non c'è aggressività, si tratta soltanto di esplorare il mondo di gioco e risolvere qualche piccolo enigma ambientale.

Questo fattore inizialmente mi ha spiazzato molto e ho criticato ampiamente con gli altri membri della redazione il gioco in questione, ero arrivato a 4 ore di gioco, circa la metà del percorso di gioco, e non facevo altro che esplorare le locations dal punto A fino al Punto B per poi ricominciare con un'altra zona. Non era né stimolante né interessante, ma solo molto noioso per un videogiocatore esperto e rodato come me.
Poi però improvvisamente dopo le prime 4 ore di gioco sono arrivati dei twist imprevisti di trama e mi sono improvvisamente ritrovato tra le mani un gioco incredibilmente impegnativo, ricco di puzzle e backtracking (per chi non lo sapesse si intende l'azione di esplorare nuovamente un'area già visitata per via della presenza di nuovi elementi), l'atmosfera si è un pelo incupita e il plot si è arricchito.

Quindi in totale la durata del gioco è di circa 8 ore ed è divisa in modo strano: le prime 4 ore puramente esplorative e con poche azioni a disposizione, la seconda parte ricca di puzzle e backtracking e con difficoltà crescente.
Quasi dimenticavo di segnalarvi la presenza di alcuni segreti che, se sbloccati, ci permetteranno di assistere a un finale più esteso e che ci farà comprendere meglio la storia.
La storia, appunto... questa è un po' criptica sia all'inizio che alla fine del gioco, ma riflettendoci bene si arriva a capire tutto.

Il comparto grafico è incredibile, meraviglioso, artistico, fantastico, mozzafiato. L'uso dei colori varia in base alla stagione che stiamo utilizzando, e riuscirà a sorprenderci sempre dall'inizio alla fine, le schermate sono tele incredibili, sembra di sfogliare un artbook, di vedere le pennellate dell'artista sullo schermo. Onestamente è quanto di più bello artisticamente io abbia mai visto in un videogioco.
Le musiche sono dolci e deliziose e si adattano alla situazione del momento. Ho giocato servendomi del classico pad dell'Xbox 360 e posso dire che i controlli sono precisissimi e non danno mai dei problemi.

Il gioco è totalmente privo di bachi ed è tradotto in un ottimo italiano testuale: lo studio dei Swing Swing Submarine si è affidato a Synthesis Germany per la localizzazione italiana. Essendo un gioco indie non posso che sperticarmi in un applauso di minimo 20 minuti per questa scelta, sono stufo di vedere
traduzioni di giochi indie realizzate da cani o con l'utilizzo di Google Translate, o addirittura realizzate da utenti senza arte né parte (e non pagati) su richiesta della stessa software house sui forum di Steam Community (come hanno tentato di fare i ben più ricchi Daedalic con Memoria).
Il doppiaggio audio in inglese è anch'esso davvero ben realizzato, gli attori che prestano la voce sono davvero molto abili con toni, inflessione e recitazione.

In ultima analisi questo gioco è riuscito a spazientirmi incredibilmente nella prima fase e poi a sorprendermi con la stessa forza nella seconda parte. Ho trovato davvero bizzarra e pericolosa questa scelta: quanti sono gli utenti che a fronte di 4 ore ore di gioco piuttosto deludenti, decidono di continuare e vedere come si comporta il gioco più avanti? Credo sia una scelta molto pericolosa, anche contando che l'opzione di refound su Steam è sempre dietro l'angolo.
Credo che una recensione, come questa per esempio, possa servire a prevenire l'abbandono, avvisando l'utente di questa bizzarra caratteristica, e promuovere un gioco che si rivela una piccola perla, una chicca adatta allo stesso tempo a giocatori adulti ed esperti e a ragazzini o bambini più piccoli. Non avrei problemi a mostrare questa meraviglia artistica a un bambino di 5, 6 o 7 anni.
Se dovessi quantificare numericamente gli affibbierei un 7.5, quando inizialmente sarebbe stato un 4 (incredibile ma vero)!
Quindi ve lo consiglio assolutamente! Lo potete trovare su Steam ma sarà disponibile dal 16 Maggio come digital download anche per Ps4 e Xbox One.