Titolo: 4x04 - Esperienze Avventure |
Un Cristiano evidentemente proiettato al futuro scambia la puntata numero 4 con la 5, ma è davvero tutto pronto per un episodio svaccato e con ospiti prestigiosi: tornano i Maccarinelli! Buon ascolto!
Chi era il misterioso e altolocato utente che ci ha salutato nell'episodio scorso? Scopriamolo con un racconto avvincente dall'alto tasso etilico.
Chiude il forum di Pinkerton Road, il che non lascia ben sperare per le future produzioni della nostra adorata Jane Jensen. E allora Gabriel Knight 4?
Discutiamo in lungo e in largo di alcune avventure grafiche che abbiamo provato ultimamente, ma senza dimenticare le STELLINE!
Leggiamo il commento di un nostro utente approfondendo alcuni aspetti dell'episodio 'monkeyislandiano' precedente.
Dopo la chiusura dei Lionhead Studios, ci troviamo ad annunciare anche la chiusura dei Pinkerton Road Studio, la softwware house fondata dalla Jensen in occasione del kickstarter che portò poi alla creazione di Moebius.
Come annunciato sul forum ufficiale, Moebius e il remake di Gabriel Knight non hanno avuto il successo sperato e quindi non ci sono i fondi per tenere su lo studio. La Jensen si sta dedicando alla scrittura di romanzi e Robert Holmes si sta invece concentrando sui suoi lavori di compositore.
E' comunque prevista l'uscita della versione Linux di Moebius, che sarà rilasciata dai Phoenix Online Studios.
Nonostante possa sembrare che Calavera Cafè abbia raggiunto un proprio equilibrio, riconfermando la conduzione di Simone e Cristiano, il golpista Bertoni trama nell'ombra, e trasmette da qualche parte in Terronia in attesa di attuare il suo piano: eliminare gli avversari. Da quelle parti, si sa, la linea ADSL è pura utopia, e di conseguenza la sua trasmissione risulterà disturbata per tutto il tempo. Fra i tre litiganti il quarto gode, e Alberto osserva compassato i suoi compari che si scannano. Il tutto rischia di sfociare in un horror, ma non è finita qui... è in arrivo la tenebrosa Jane Jensen! Buon ascolto!
PRESENTAZIONE
Cristiano tenta di sovvertire la scaletta con fare inutilmente alternativo, ma Simone lo richiama all'ordine col polso di chi ha l'esperienza dalla sua. Ma la rivalsa di Cristiano giunge nel momento più atteso dai pignoli: l'attesissima ERRATA CORRIGE... DI 'ERRATA CORRIGE', una rettifica che più alternativa non si può!
RUBRICA 'NOTIZIE AVVENTUROSE'
Al termine delle news, il Pizzi si fa cogliere dall'off topic (ma è un off topic epico) e cita il video in live action dell'indimenticabile Another World.
RUBRICA 'QUEST' - LO STILE JENSEN
Cristiano non si fa sfuggire l'occasione di parlare della sua autrice di adventure preferita e si lascia prendere un po' la mano espondendo una lunga e dettagliata analisi sullo stile di Jane Jensen.
RUBRICA 'MUSICALE'
Ascoltiamo Robert Holmes cimentarsi con l'Opera perduta di Wagner con il brano "Transformation Aria" tratto dal secondo episodio di Gabriel Knight.
RUBRICA 'OLDGAME'
Alberto ci conduce sadicamente nei meandri della follia umana con l'inquietante Sanitarium.
RUBRICA 'IL POLLO CON LA CARRUCOLA IN MEZZO'
Bertoni spoilera in scioltezza il nuovo villain del Dottor VU, tale JAVUHL, e ci parla della possibilità di risolvere gli enigmi usando in contemporanea i protagonisti di Gobliiins.
RUBRICA 'MONOLITH BURGER'
Salutando Marco, Paolo e la nostra amica Puccipucci84, il nostro Alberto risponde brevemente alla prima e-mail ricevuta nella storia della nostra trasmissione (gioia e giubilo!) per poi passare come di consueto alla lettura di alcuni post apparsi sulla nostra pagina facebook "Calavera Cafè - il podcast delle avventure grafiche", su Adventure's Planet e infine su OldGamesItalia.
E ora chi può vada a mostrar le chiappe chiare!
Nell'Aprile del 2012, Jane Jensen e il suo studio, il Pinkerton Road Studio, decisero di cavalcare l'onda del crowdfunding, che in quel periodo andava alla grande, e annunciarono l'apertura del loro kickstarter. Due anni e una collaborazione con i Phoenix Online Studio dopo, la nuova avventura grafica firmata Jane Jensen è stata finalmente pubblicata. Parliamo di Moebius – Empire Rising. Andiamo a vedere com'è andata.
Le premesse della storia sono molto interessanti. Si basano sulla Teoria Moebius, descritta anche nel sito dei Phoenix Online Studio, secondo la quale certi eventi e certi personaggi della storia umana non fanno che ripetersi a distanza di anni o secoli. Ecco quindi che Malachi, un antiquario intelligentissimo e misantropo, viene contattato da una misteriosa organizzazione, la FITA, perché analizzi la vita di determinate persone del suo tempo e la paragoni a quella di personaggi storici, per scoprire se questo artista o quel politico sono “ricomparsi” sulla Terra. Non posso dire di più senza fare spoiler, e questo significa anche che non posso spiegare esattamente in che modo queste ottime premesse vengono mandate alle ortiche verso metà gioco.
L'avventura consta di sette capitoli; i primi 4 prendono il via abbastanza lentamente, presentano Malachi, il protagonista, e David Walker, secondo personaggio che potremo guidare in qualche occasione e “spalla romantica” di Malachi. La teoria Moebius viene introdotta ma non approfondita, e veniamo a conoscenza di alcuni dei problemi di Malachi, problemi che, sospettiamo, verranno affrontati e risolti nel corso del gioco.
Fin qui, tutto sembra molto bello, seppure un po' ingenuo (sforzatevi di non vedere i ninja che compariranno qua e là).
Dal capitolo 5, invece, il ritmo accelera, la trama perde qualsiasi logica, e sembra di essere finiti in un film d'azione di serie B, quelli da guardare a cervello spento, per evitare che le nostre celluline grigie commettano suicidio. Le incongruenze si accumulano una sull'altra e la teoria Moebius non solo non viene approfondita, quanto diventa sempre più confusa, perché sembra mettere sullo stesso piano personaggi storici, realmente esistiti; personaggi mitologici, quindi inesistenti; e archetipi, dei personaggi... erhm... che non viene ben spiegato che caratteristiche abbiano (ma che sappiamo essere stati raffigurati su delle specie di Tarocchi).
L'impressione che ho avuto, che sembra confermata da alcune affermazioni della Morganti, PR sia della Jensen che dei Phoenix Online Studios, è che ad un certo punto dello sviluppo del gioco si siano trovati a cordo di soldi, che si sia presa mezza trama, e le siano stati attaccati dietro dei pezzi più o meno randomici e cliché che portassero bene o male (più male che bene) a una conclusione.
Un altro problema è che non posso neanche premiare l'idea, perché tale idea... non è sviluppata. Tutto quello che si vede nel gioco della teoria Moebius è quello che vi ho detto io qualche paragrafo sopra, cioè *la premessa* della teoria, che non viene sviluppata in nessun modo.
Per spiegare meglio il problema, prendiamo l'idea del lupo mannaro: la premessa è che c'è un essere che si trasforma da uomo a lupo e viceversa sotto alcune circostanze. Poi, per esempio, Gabriel Knight 2 ha sviluppato questa premessa in un modo specifico, Twilight l'ha sviluppata (…) in un altro modo, la serie TV Supernatural in un altro modo ancora, e così via.
In Moebius: Empire Rising, la Teoria Moebius non viene sviluppata e basta; tutti i quesiti che ci si pone all'inizio del gioco restano senza risposta alla fine. I ricorsi storici sono casuali o seguono una logica? Cosa succede se si interrompe il ripetersi della storia? E se non si fa nulla per agire, la storia si ripeterà per forza di cose, oppure no? E che cosa accade se sono presenti due personaggi storici con un simile destino, nello stesso posto? Mah, non si sa. L'unica domanda alla quale ho trovato risposta giocando è questa: “è possibile che personaggi di epoche storiche diverse appaiano allo stesso tempo?”.
Ora, è facile avere semplicemente un'idea. Chiunque scriva, scrittore, sceneggiatore, fumettista che sia, ha migliaia di idee più o meno buone ogni giorno. La parte difficile è sviluppare in qualche modo una o più di queste idee. Qui, purtroppo, l'idea è solo gettata nel gioco senza alcun approfondimento.
Piccola parentesi per una precisazione doverosa. Quando si parla di kickstarter, c'è sempre quello a cui il concetto non va a genio a prescindere. Se avete seguito il topic sul forum, avrete notato che si fa cenno anche alla tendenza a giudicare i progetti nati da un crowdfunding con più severità rispetto a quelli che seguono un “normale” iter di sviluppo e publishing.
Ecco, è utile specificare, forse, che io non mi reputo fra questi. Non ho preso in mano Moebius con l'idea di trovarmi davanti “la perfezione fatta AG”. Semmai è il contrario: sapendo di avere davanti un progetto a low budget, molte cose non solo le perdono, ma non le prendo proprio in considerazione. Come dirò più avanti, per esempio, le locations di Moebius non sono fra le migliori mai viste, e si sente un po' che sono “vuote”. Ma questo non ha intaccato il mio giudizio, proprio perché “pochi soldi” significa “sacrificare qualcosa” e di dieci NPC in ogni area si fa pure a meno.
La storia, però, non si può sacrificare a questo modo, tanto più che una storia non dico bella, ma coerente, necessita solo di un cervello (gratis), una penna e un foglio (pochi dollari) per essere concepita. E' già bruttino che la teoria che dovrebbe essere al centro della storia non sia più che accennata, ma che manchi persino la coerenza interna fra gli avvenimenti della trama è inaccettabile. Sarebbe inaccettabile in ogni caso, ma lo è specialmente da una sceneggiatrice come la Jensen, che non è una sprovveduta.
Così come non è bello che anche la psicologia dei personaggi sia carente. In questo caso, gli unici due personaggi ad avere quella che possiamo definire una psicologia sono Malachi e David. David non subisce alcuna trasformazione durante gli eventi del gioco, è lasciato un po' in disparte. E vabbè, pace. Malachi invece subisce una trasformazione, da “insopportabile misantropo” a “insopportabile misantropo con tutti tranne che con David”. Trasformazione che però non è gestita bene neanche lei: c'è solo un momento in tutto il gioco dedicato allo sviluppo dei rapporti fra David e Malachi. Per il resto del tempo i due non legano in modo particolare. David racconta barzellette e Malachi ci ride sopra, e stop. In un paio di occasioni potete decidere voi, tramite un dialogo, se Malachi deve fidarsi di David e spiegargli quel che sta succedendo, però mancano le premesse perché una scelta simile sia sensata. Malachi ha incontrato David il giorno prima: perché dovrebbe raccontargli i fatti suoi? Che gliene frega se David resta o se ne va?
In realtà a questa domanda c'è una risposta, e purtroppo è la risposta più triste e pigra del mondo: è destino. Che è un altro modo di dire: “perché sì, perché l'ha deciso l'autrice”. Come quelle tristissime love stories con il colpo di fulmine.
Perché è un problema? Perché questo “colpo di fulmine” nega ogni possibile sviluppo interessante e ogni possibile crescita della relazione. Non importa se Malachi e David hanno qualcosa in comune, se hanno un carattere compatibile o meno, non importa che si sforzino o meno di comprendersi a vicenda, non importa cosa possono fare o pensare, insomma: è destino, si troveranno bene assieme, punto e basta! Questo appiattisce la profondità narrativa della loro relazione ed elimina ogni tipo di possibile tensione fra i due. Si piaceranno, lo sappiamo già. Per certi versi mi hanno ricordato Sherlock e Watson nello sceneggiato della BBC. La scena successiva al loro incontro è quasi identica: uno dei due sfoggia la sua super-intelligenza e l'altro è stupito e ammirato. La differenza è che nello sceneggiato della BBC non c'è di mezzo il destino, quindi vediamo effettivamente il nascere e lo svilupparsi di un'amicizia, con tutti i problemi, le tensioni e gli sforzi dei personaggi che ci si aspetterebbe. In Moebius, come dicevo, c'è solo un momento in cui vediamo una cosa simile, per il resto David si limita ad essere se stesso e Malachi viene guidato dal giocatore. E' un peccato, perché il cambiamento di Malachi è, assieme alla teoria Moebius, uno dei due motori della trama.
E veniamo all'ultimo dei problemi narrativi: la supposta intelligenza di Malachi. Sorvolando un momento sul fatto che la FITA abbia bisogno di mandare lui a indagare la vita di gente famosa – evidentemente non sono capaci di aprire Google, che potrebbe fornire almeno metà dei dati che cercano – ma mi sfugge il motivo per cui lui e solo lui sia capace di prendere queste biografie e compararle a quelle dei personaggi storici. Ok, lui ha una memoria perfetta. Ma anche un computer ce l'ha.
In verità, Malachi ha un'abilità indispensabile, che non posso svelarvi, ma il gioco è molto confuso su questo punto. Malachi continua a cercare stupidi elenchi di dati randomici e a fare confronti, anche quando sa di possedere quest'altra abilità molto più utile e molto meno incline a sbagliare. A questo aggiungiamo il fatto che noi, giocando, capiremo cose che Malachi non capisce, pur avendole sotto gli occhi. Siamo tutti gegni, non c'è altra spiegazione!
Si vociferava che Moebius fosse il primo titolo di una serie. Siccome ormai tutto viene rilasciato a episodi, chiariamo questo punto: Moebius non è un episodio. Chi compra e gioca Moebius: Empire Rising, si troverà davanti un gioco autoconclusivo. Alla fine vedremo un'immagine che apre il campo per un nuovo gioco, ma la storia che abbiamo giocato fino a quel punto è finita al 100%. Quindi, sì, Moebius in teoria è il primo gioco di una serie di giochi legati fra loro, così come Gabril Knight 1 è il primo di tre giochi della stessa serie.
Passiamo al gameplay. Moebius introduce due nuove meccaniche di gioco, cosa sempre gradita. La prima è l'osservazione di persone e oggetti attorno a Malachi: se qualcuno ha visto The Mentalist, o Lie To Me, o il già citato Sherlock della BBC, capirà subito di cosa si tratta. Malachi può guardare una persona e, da piccole cose tipo la piega della giacca, può capire il carattere o altri dettagli del tizio in questione. All'atto pratico, questo vuol dire che noi cliccheremo su un dettaglio del personaggio – ad esempio, sulla giacca – e dovremo scegliere una fra tre interpretazioni possibili per quel dettaglio. Per esempio, se la giacca è spiegazzata, può essere che il personaggio sia un tipo poco ordinato, oppure che la giacca non sia sua
Il sistema non è perfetto, però, tutt'altro. In alcuni casi scegliere è fin troppo facile (Ha un rossetto arancione → non vede i colori. Sssssssse, ok!), in altri casi bisogna andare a caso (Ha la pelle molto pallida e sul giallo: non esce da molto o è malato da molto? Che ne so?). Un paio di volte questo sistema mi ha fatto spazientire e non lo definirei “riuscito”; ma plaudo la Jensen e il suo studio per il tentativo, che è sempre il benvenuto.
La seconda meccanica nuova è l'Indovina Chi Storico. Dopo aver raccolto una decina o ventina di dati su un personaggio del gioco, Malachi dovrà compararli a quelli di diversi personaggi storici (aiutandosi con il cellulare, ossia con un computer... vedi paragrafo precedente sull'intelligenza di Malachi) fino a trovare l'uomo o la donna la cui vita combacia almeno al 90% con quella esaminata. Questo sistema è migliore, più bilanciato. Eliminando man a mano i personaggi che hanno troppi pochi punti in comune, si arriva di solito a quello giusto. Un paio di volte, però, sono dovuta andare a fortuna e in un caso in particolare ho persino eliminato il personaggio giusto e il gioco mi ha cortesemente detto di fare attenzione a non togliere proprio quello...
Non ho potuto però levarmi dalla testa il fastidio causato dal pensiero che qualcosa, in questo sistema, non quadra. I dettagli scelti da Malachi per fare il confronto, ad esempio, spesso sembrano arbitrari. A volte il più piccolo dettaglio può bastare per annullare la comparazione, mentre altre volte non importa se uno o più di un dettaglio non combaciano. Perché? Sono rimasta con l'impressione che l'idea sia carina e molto interessante, ma che necessiti di essere calibrata e gestita meglio.
Restano gli enigmi “normali”, ossia quelli basati sulla raccolta e sull'uso di oggetti vari. E qui purtroppo tornano i problemi. Quando va bene, gli enigmi sono semplici e logici, e nei primi capitoli sembrano in effetti così, tranne in un paio di casi.
Quando va male, e va male spesso, ci si trova alle prese con una roba di un macchinoso e di un assurdo allucinante. Del tipo che, per trovare “una fonte di luce” non dovremo, come penserebbe qualsiasi persona normale, andare a comprare una benedetta pila o usare la luce del cellulare, ma andare a rubare questa “fonte di luce” in una specifica area di gioco. In un altro caso, addirittura, malachi dovrà procurarsi un oggetto comunissimo cambiando città. Come se voi foste a Roma e andaste a Napoli per comprare la pila di cui sopra. Sigh. Purtroppo questi non sono casi isolati, sono casi abbastanza frequenti da far storcere il naso e da dare l'impressione che tutto il sistema degli enigmi necessiti di una bella passata di realismo.
Il sistema è così distorto che anche aspetti apparentemente positivi vengono usati male. Per esempio, Malachi si rifiuterà di prendere oggetti che non gli servono sul momento. La cosa ha moltissimo senso: quanto spesso ci lamentiamo del fatto che nelle AG i protagonisti raccattano qualsiasi oggetto nelle proprie tasche, senza alcuna logica? E in qualsiasi altra circostanza avrei plaudito a questa decisione, ma in Moebius si vengono a creare delle situazioni ridicole a causa proprio di questo aspetto. Come per esempio il dover andare avanti e indietro per varie aree mentre c'è una situazione di vita o di morte, per raccattare oggetti che il personaggio si era rifiutato di toccare due minuti prima. E' una piccolezza in confronto agli altri problemi, ma dà l'idea di avere davanti un gioco goffo, poco rifinito.
Per quel che riguarda l'aspetto tecnico, ma lo starete vedendo nelle immagini, siamo alla disfatta totale. La grafica è bruttina, mi ricorda quella di The Sims 2 senza le belle texture. Ma le animazioni sono raccapriccianti. Non c'è un personaggio che si muova in maniera non dico realistica, ma guardabile. Malachi è quello uscito peggio, sia come modello poligonale (dalle spalle “armadio style” al fatto che *la giacca e i pantaloni siano un unico modello su cui è stata appiccicata una texture*!), sia come animazioni, ma nessuno si salva del tutto. E a questo si aggiunge la terribile lentezza di tutto il gioco, che mi ha fatto veramente snervare. Cliccare su qualcosa per far sì che Malachi ci interagisca e... aspettate. Quando il gioco ha deciso che è ora, Malachi cammina verso l'oggetto in maniera grottesca e... si ferma. Dopo qualche altro secondo parte l'interazione. Uno. Strazio.
Raramente si vede qualche espressione ben riuscita, per la maggior parte del tempo anche quelle sono malfatte. In parte questo me lo aspettavo, perché il comparto grafico è stato curato dai Phoenix Online, gli stessi di Cognition, e anche lì possiamo ammirare animazioni atroci ed espressioni bruttine. Ma non fino a questo punto! In Cognition, quantomeno, la grafica in sé non è così tremenda: se si fa una foto a un paesaggio del gioco, si ha piacere a guardarla. In Moebius, il cervello tenta disperatamente di non registrare quello che avviene a schermo. Se giocando sentirete una vocina gridare “aiuto, basta, rimettimi il cellophane!”, sappiate che sono le vostre celluline grigie che vi chiedono pietà.
Come dicevo prima, le locations risultano un po' spoglie e gli NPC presenti sono quasi sempre immobli. Non considero questo un problema del gioco, perché i soldi di partenza erano pochi e perché avventure grafiche mainstream, come l'ultimo Secret Files, mostrano una penuria ancora maggiore di NPC e movimento in scena.
Le musiche e gli effetti sonori, invece, non mi sono affatto dispiaciuti. Si sente la mancanza di tracce particolarmente ispirate, come quelle della OST di Gray Matter, ma quelle che ci sono non sono brutte e qualcuna mi è anche rimasta impressa.
Mi spiace quindi dire che Moebius è un'occasione grandemente sprecata. C'erano tutte le carte giuste per avere non dico un capolavoro immortale, ma una bella, bella, AG. Purtroppo sono state quasi tutte gettate al vento. Non mi aspettavo che, siccome è la Jensen a reggere la baracca, uscisse fuori il nuovo Monkey Island, o il nuovo Gabriel Knight. Ma non mi aspettavo neanche una trama che sembra uscita dalla penna di una quattordicenne, per coerenza e profondità di sviluppo, e un comparto enigmi assurdo. Chiariamo, Moebius può comunque piacere, ha più carattere di un qualsiasi Secret Files, o di un Deponia, anche io mi ci sono divertita. Però non posso definirla “una buona avventura grafica”, o anche “un buon gioco”. Spero che alla Jensen vada meglio la prossima volta.
Eccoci qui alla prima puntata di INDIEtro Tutta, un appuntamento settimanale che ogni lunedì vi accompagnerà in un viaggio alla scoperta del mondo del game making indipendente, attraverso notizie, interviste, discussioni e curiosità. Questa rubrica nasce oggi, ma a livello embrionale era nelle nostre menti ormai da molto tempo, perché da sempre Old Games Italia ha rivolto un'attenzione particolare a questa realtà che negli ultimi anni ha saputo ritagliarsi un ruolo sempre più importante, nel tentativo non sempre riuscito ma encomiabile di proporre qualcosa di più coraggioso e concettualmente più originale di quanto ormai ci regali il mercato mainstream.
Il numero dei prodotti indipendenti e dei protagonisti di questo mondo è cresciuto in modo esponenziale, la scena sembra in gran fermento e questa new wave del videogioco ha raggiunto finanche le console (pensiamo al fenomeno xblig). Non è dunque un caso se alcuni dei titoli più interessanti degli ultimi tempi (prendiamo Papers, Please di Lucas Pope o al successo di Minecraft) sono stati realizzati seguendo modalità diverse da quelle alle quali eravamo abituati fino a qualche anno fa. Il cambio in alcuni casi è radicale.
Il game designer indipendente fa una scelta ben precisa, decide di aggirare o di fare a meno della figura tradizionale del publisher (negli ultimi anni diventata sempre meno vicina alle logiche e alle esigenze di una certa tipologia di giocatori, quelli più esigenti) e prende le distanze da un approccio eccessivamente “commerciale” (in tutte le sfumature di questo termine), puntando invece su un'autonomia supportata da forme di autofinanziamento o di crowdfunding , soluzioni che hanno conquistato anche autori del calibro di Jane Jensen e Tim Schafer e che hanno risvegliato gruppi e nomi storici come Al Lowe e i Two Guys of Andromeda, i Revolution, solo per fare alcuni esempi.
Tutto questo è stato possibile anche perché questi progetti promuovono, di fatto, un coinvolgimento più diretto degli utenti nella fase di sviluppo e una forma di interazione da parte di community di giocatori. La scelta del game designer indie è oggi sicuramente favorita da alcuni fattori non trascurabili, come la capacità di aggregazione della rete, la distribuzione digitale, e non ultimo la possibilità di usufruire di tanti software open source dedicati al video game development “fatto in casa”. Ma il concetto di "indie" nasconde tante sfumature, etichettare questo movimento è estremamente complesso, perchè il termine comprende mille anime, mille voci ed esigenze diverse, mille piattaforme di sviluppo e mille protagonisti diversi, dal game maker amatoriale o autodidatta che si arrangia come può e smanetta nel cuore nella notte al professionista del settore con alle spalle esperienze di lavoro importanti.
Si perchè dal subire il fascino dell'indipendenza artistica non sono esenti neanche protagonisti del ricco mercato a tripla A che mette a disposizione budget faraonici, infatti anche in questa discussa schiera ci sono game designer che hanno deciso di prendere una pausa da questo tipo di mercato per intraprendere una strada più intima, autoriale e personale, da Ken Levine a Peter Molyneux. Il perchè questo avvenga è spesso al centro di dibattiti. Per quanto mi riguarda mi sono dato una spiegazione molto semplice.
Anche per i nomi più importanti trovare finanziatori lungimiranti e in qualche modo appassionati (come i coniugi Williams) e imporre una propria idea di gioco a chi mette davanti a tutto la logica del guadagno è diventato davvero difficile. Questo accade nei piani alti. Nei piani bassi succede che alcuni autori - giocatori, hanno cominciato a non riconoscersi più in un certo modo di fare videogiochi, prodotti sempre più carenti di una forza distintiva, con una struttura sempre più semplice, “casual”, sia a livello ludico che narrativo. I motivi di questa regressione sono evidenti. Le risorse e le idee scarseggiano e l'unico obiettivo diventa quello di racimolare il possibile e raggiungere una fetta più grande di potenziali acquirenti, ma in questo processo vengono spesso tagliati fuori gli appassionati veri e viene sacrificata , ça va sans dire, la qualità complessiva del prodotto che diventa in tal modo piatto e banale.
Dinanzi a questo scenario una folta schiera di artisti e sognatori, variegata sia dal punto di vista anagrafico che geografico, ha deciso di scendere in campo con i pochi mezzi a disposizione, con spirito creativo, innovativo ma anche con l'intenzione di riprendere l'insegnamento di molti titoli storici del passato. Avendo intervistato diversi autori indie posso affermare che il concetto che regge la loro forte volontà e la loro grande passione, che li porta a sacrificare tempo libero e spesso anche risorse personali è questo: se il mercato offre sempre meno quello che ci piace, non resta che rimboccarsi le maniche e provare ad offrire un'alternativa. Sia ben chiaro, lavorando senza grandi cifre, con le forbici e con la colla come dice Dave Gilbert, il fondatore della Wadjet Eye Games, e senza la presunzione di riuscirci sempre, ma con delle buone intenzioni.
D'altronde diversi titoli indie di questi anni ci hanno insegnato che se ci sono in ballo idee valide, professionalità, entusiasmo e passione, si può spesso sopperire anche ad una scarsità di fondi. A patto ovviamente di dover rinunciare a qualcosa. Compromesso fondamentale, i giocatori sono dunque avvisati. Quale modo migliore , dunque, di provare a migliorare questo universo se non... diventarne protagonisti?
Poco importa se si parli di remake o di sequel, prequel, di fan game o di progetti più coraggiosi e ambiziosi, di rpg o di ag, di game jam, di giochi distribuiti in modo completamente gratuito , finanziati attraverso delle campagne o previo contributo e offerte, il concetto è fondamentalmente lo stesso che regge tutto il fenomeno e il manifesto indie, nella musica così come nella letteratura o nel cinema. Libertà artistica, autonomia creativa e se volete anche un pizzico di ribellione rispetto ai paletti imposti dal mercato tradizionale, per molti sempre più un ostacolo alla qualità.
In molti si chiedono se queste belle intenzioni bastino a sfornare un buon gioco e non mancano neanche i detrattori di questo tipo di produzione, che viene spesso ritenuta pretenziosa, c'è chi vede in questo approccio quasi un anacronistico rigurgito sessantottino in salsa tecno-radical chic. Per quanto ci riguarda, abbiamo fiducia nelle possibilità della scena indipendente , così come dimostra la nostra particolare attenzione rivolta ai tanti progetti minori e i nostri progetti di traduzione, ma questo non si tradurrà in un atteggiamento paternalistico o ipocritamente affettuoso nei confronti dei prodotti indie.
Seguiremo gli sviluppi con curiosità, senza aspettarci rivoluzioni o grossi stravolgimenti, ma cercando di valorizzare lo spirito di iniziativa, la forza delle idee, la creatività e la competenza di molti game maker, favorendo l'incontro con i giocatori e con l'utenza del nostro sito. Ci limiteremo a garantire un supporto costante agli autori, non scevro da critiche o da suggerimenti, ma sempre mirato ad incoraggiare e a sostenere i loro progetti. Il nostro taglio editoriale sarà quello di sempre e che contraddistingue Old Games Italia , ovvero massimo rispetto e sostegno per gli autori e per il loro lavoro ma allo stesso tempo anche obiettività e onestà intellettuale. Lasceremo il giudizio finale , l'unico che conti, ai giocatori ed ai fruitori di questi prodotti.
Si ma...perché una rubrica di videogiochi indipendenti in un sito di appassionati del retrogame? Perché spesso questa realtà alternativa alle logiche del mercato mainstream ha molto più in comune con il passato di quanto si possa immaginare e non solo per alcune scelte estetiche (leggasi grafica pixellata) o per l'abbondanza di fan game e remake amatoriali. Secondo i luoghi comuni del genere l'appassionato di vecchie glorie videoludiche è descritto quasi sempre come un inguaribile nostalgico ancorato al passato per ricordi personali e poco informato ed obiettivo sul presente. I più cattivi aggiungono che il retrogamer solitamente veste solo in gilet e mocassini e utilizzi acqua di colonia da quattro soldi. In realtà sappiamo che in pochi e rari casi questo corrisponde alla verità e se così spesso il giocatore più maturo volge il proprio sguardo al passato è perché probabilmente con gli anni, in molti autori o produttori qualcosa è venuto a mancare in termini di passione e di capacità di esplorare le possibilità ludiche o narrative di alcuni generi che hanno sicuramente vissuto momenti migliori.
In questi casi le alternative sono poche, a questi disadattati cronici non resta infatti che aggrapparsi ai grandi titoli storici e all'esempio da loro lasciato. Un principio simile permea molta filosofia indie che riprende spesso idee, entusiasmo e un pizzico di quella follia creativa e di quella passione che facevano parte del DNA di molti game designer che oggi ci ritroviamo a venerare. Dopo aver spiegato quest'ultimo passaggio, direi che questo lungo e noioso preambolo è finalmente giunto a conclusione, ci siamo dilungati troppo e probabilmente avremo già perso metà dei lettori che hanno iniziato a leggere le prime righe.
Prima di perdere gli altri direi che è il momento di lasciare spazio ai protagonisti e ai loro giochi, nella speranza di far cosa gradita a tutti quanti voi. Bando alle ciance dunque, tutti a bordo, mollate gli ormeggi, cazzate la randa, issate il bompresso, ammainate il pappafico, si parte! Senza esitazione, avanti verso il futuro, anzi, ripensandoci , è meglio...INDIEtro Tutta!
No, non ci ritroviamo ad annunciare il titolo di un nuovo gioco, ma a parlare di quello che sta attraverso Raleigh Holmes in questo momento personale particolarmente difficile. Questo nome sarà noto agli appassionati di avventure grafiche, per diversi motivi.
Cantante del gruppo Scarlet Furies e autrice di alcuni dei deliziosi brani che hanno fatto da colonna sonora a Gray Matter , doppiatrice di Cognition: An Erica Reed Thriller e soprattutto figlia d'arte, di quel Robert Holmes che ha composto le musiche della serie di Gabriel Knight, nonché marito della game designer Jane Jensen. Lo scorso anno a Raleigh è stato purtroppo diagnosticato un cancro alle ovaie e negli ultimi mesi ha subito ben due operazioni. A questo si aggiunge l'urgenza di altre cure necessarie, cure che negli Stati Uniti hanno un costo molto elevato, e che pare insostenibile per la giovane artista.
Ci ha pensato l'amica Mira Courage a mettere su una campagna di raccolta fondi su YouCaring.com , questa volta per un obiettivo ben più importante di qualsiasi titolo videoludico. «Questo percorso di sofferenza ha avuto un impatto molto forte sulla mia vita , a livello emotivo, fisico a tal punto da impedirmi di di fare il mio lavoro negli ultimi sei mesi. La mia famiglia mi sta supportando in tutti i modi possibili» ha aggiunto la Holmes nel video di presentazione del progetto «ma i costi di queste cure sono altissimi . Aiutatemi , anche solo con un dollaro o diffondendo la voce, a mantere vivo il sogno di poter avere dei figli». Troverete maggiori informazioni qui.
Da parte di tutta la redazione di Old Games Italia un grosso in bocca al lupo per Raleigh, nella speranza che possa vincere questa terribile battaglia.
Gabriel Knight, che oramai ha ereditato a tutti gli effetti il titolo di Schattenjager dei Ritter, riceve la visita di un gruppo sparuto di persone che lo prega di occuparsi di un atroce omicidio commesso da un licantropo. Gabriel, tra il serio e il faceto, come suo solito, accetta il caso e si reca dunque a Monaco per indagare.
Avevamo lasciato Gabriel Knight in preda al blocco dello scrittore in una scalcagnata libreria di New Orleans a dibattersi tra sacerdotesse vudù, crimine organizzato e crisi spirituali (con cui confeziona un best seller che lo allontana decisamente dalla soglia dell'indigenza). Lo ritroviamo signore di un castello in Baviera come ultimo discendente di un'antichissima schiatta di nobili locali, ma nuovamente in deficit di ispirazione per il prossimo libro, che per la seconda volta spera di colmare col nuovo caso da sbrogliare.
Ancor più inattesa del cambio di ambientazione, dalla Louisiana ad un paese incastonato sulle Alpi tedesche, è la tecnologia con cui è prodotto il gioco. La Sierra, travolta in quegli anni—come molte altri sviluppatori—dalla “rivoluzione multimediale”, aveva già pubblicato Phantasmagoria, un film interattivo interpretato da attori in carne ed ossa, e Gabriel Knight 2 di poco successivo ne utilizza la medesima struttura, solo un poco più avanzata. Gli attori si muovono su fondali realizzati a partire da fotografie di ambienti reali ritoccate per formare panoramiche o per includere elementi estranei. Sebbene il gioco fosse una produzione di prima categoria sapientemente realizzata, non è esente dai difetti tipici del film interattivo: la recitazione degli attori da un lato e l'aspetto posticcio della loro integrazione con i fondali. Se quest'ultimo può essere giustificato dai limti tecnici imposti dall'epoca, il primo invece pesa notevolmente.
Dean Erickson, che interpreta Gabriel, riesce a distruggere in un solo colpo il fascino languido dell'interpretazione fornita da Tim Curry col doppiaggio inSins Of The Fathers. Le smorfie, e non le espressioni, sono sempre molto accentuate e spesso fuori luogo. Lievemente migliore il lavoro di Johanne Takahashi, Grace Nakimura, che in questo episodio diventa personaggio giocabile, nel senso che alle smorfie preferisce una recitazione meno caricaturale ma ancora enfatica. I personaggi di contorno sono chiaramente peggiori, attori da telenovelas spaesati oppure troppo convinti (il ricercatore dell'Università di Monaco sembra Mister Bean, Ubergrau uno spaventapasseri, il padre della bambina uccisa Jimmy il Fenomeno, il Commissario Leber un Bombolo autoritario; incommentabili Ludwig II e gli Smith); ma ci sono alcune eccezioni: Peter Lucas (Von Glower), ad esempio, che riesce più volte a rubare la scena al cicisbeo Gabriel nonché ad ammaliare le videogiocatrici; ma anche Andrea Martin (Gerde), dall'anima affranta dal dolore.
Mediamente non migliore, cioè peggiore, la regia di Will Binder. Probabilmente a causa della compressione estrema dei filmati, che lascia pixel evidenti, le riprese in movimento sono quasi assenti: un salto indietro al cinematografo dei Lumière, per capirci. La tecnica del campo-controcampo è usata in tutte le salse, ma sono le angolazioni, sempre identiche, a stupire per l'effetto a tratti disorientante che riescono a creare. Fastidioso, poi, l'indugiare della macchina da presa su Gabriel o Grace alla fine di ogni dialogo in attesa talora dell'ennesima smorfia di Erickson, talaltra di un sospiro di delusione o di un'esplosione di gioia di Johanne Takahashi. Effetto telenovela, ancora, come se a sottolinearlo non ci pensasse abbastanza la sciatta fotografia.
Nonostante i difetti, però, Gabriel Knight è uno dei pochi film interattivi che valga davvero la pena di giocare, uno dei pochi che si dovrebbe sempre citare parlando del filone, assieme a Phantasmagoria e alle avventure di Tex Murphy e pochi altri, non solo a causa dello sforzo produttivo non comune per l'epoca, ma soprattutto per la storia scritta da Jane Jensen. Stavolta l'autrice alza il tiro, andando a toccare re Ludwig II di Baviera, attingendo ad alcuni episodi degli ultimi anni della sua vita, e Richard Wagner impastando tutto con molta fantasia. Ci sono alcune scene forti degne di Dario Argento (da qui probabilmente il divieto di vendita ai minori) e nella parte finale la tensione è tutta un crescendo.
Rispetto a Sins Of The Fathers, The Beast Within possiede una componente soprannaturale più accentuata e forse ciò ne costituisce un limite: a volte i protagonisti sono costretti a scadere nel ridicolo facendo domande sui licantropi ai quattro venti; le conclusioni poi sono spesso molto affrettate ma sempre esatte e si contano alcune scene decisamente improbabili (uno storico esperto della vita di Ludwig II non ha mai pensato di contattare l'unico uomo che avesse letto e tradotto in inglese il diario del re?).
Ad ogni modo, il game design è ben amalgamato con la vicenda. L'avventura è difatti un giallo investigativo e gli enigmi sono perciò tutti legati alla raccolta di indizi o agli espedienti necessari per raccoglierli. Si parla molto, con molti personaggi e si visitano molti luoghi, tra cui i castelli di Ludwig II. Fortunatamente Jensen si è ben vista dal farsi prendere la mano con le chiacchiere, i dialoghi sono infatti tutti molto brevi, a differenza del predecessore; così come i luoghi da visitare non sono mai troppo dispersivi. Tutto ciò offre una bassa difficoltà generale, dovuta anche alla struttura a blocchi temporali simile a quella di Sins Of The Fathers per cui non è possibile proseguire se prima non sono state compiute tutte le azioni previste.
Uno dei punti di forza di Sins Of The Fathers era la dovizia con cui Jensen era riuscita a modellare la psicologia dei vari personaggi, dotandoli di quella ambiguità che li rendeva profondi e verosimili. In The Beast Within questo lavoro si avverte in misura minore: Gabriel e Grace sono già stati ben delineati e qui si ripresentano grossomodo immutati, se si eccettua il rapporto mutuo di protezione-repulsione. Gli altri personaggi sono più affettati. In Sins Of The Fathers non avrebbe mai trovato posto un individuo come Preiss, la cui depravazione sessuale gli si legge stampata in faccia dalla prima scena, o come Von Zell dall'irascibilità intollerabile ed esagerata. Alla fine, ci si affeziona alla figura di Ludwig II, tormentato da una vita di profondo dissidio interiore, che però è un personaggio realmente esistito e solo in parte romanzato.
Altro punto di forza di Sins Of The Fathers era la colonna sonora composta da Robert Holmes che in The Beast Within ritroviamo in ottima forma con le classiche ballate per pianoforte. Alcuni motivi sono ripresi dal primo capitolo e ricompaiono in versione riarrangiata. Ma il vero tocco di classe è la scrittura di un'opera lirica vera e propria.
Molto buono il doppiaggio italiano curato da Binari Sonori. E sorge qua il dubbio che la qualità dei doppiatori possa in qualche modo aver influito positivamente sulla qualità degli attori. Altro dubbio è legato alla scelta di far parlare tutti i personaggi tedeschi in un italiano perfetto ad eccezione del Commissario Leber, il cui accento tedesco lo rende un personaggio involontariamente comico, una sorta di Oliver Hardy buggerato da uno Stan Laurel/Gabriel Knight.
Di tempo ne è passato molto, ma Gabriel Knight 2 è ricordato con affetto, e a ragione, dai videogiocatori d'annata, sia per la spettacolarità dei filmati (visti raramente all'epoca) sia per la qualità dell'avventura grafica in sé. I difetti di cui abbiamo abbondantemente parlato sono comuni a tutti i film interattivi della metà degli anni Novanta, un po' causati dalle forti limitazioni tecniche, un po' dalla produzione al risparmio. Anche se non siamo di fronte alla migliore avventura grafica della Sierra, Gabriel Knight 2 rimane sempre un ottimo esempio di game design asservito ad una componente narrativa forte. E si apprezza ancora di più per l'intento di Jensen di realizzare un videogioco espressamente per adulti, allontanandosi dalla demenzialità della LucasArts e di molti altri sviluppatori.
Come potrebbe mancare una galleria delle migliori smorfie degli attori di Gabriel Knight 2 in fondo ad una recensione di Gabriel Knight 2? Partiamo dai protagonisti: Gabriel e Grace.
La salsicciaia e il sindaco di Rittersberg.
Kommissar "Bombolo" Leber e la signora Smith.
Il corrucciato Avv. Ubergrau e il dolcissimo Dorn.
La bestia si annida anche sull'Ogi Forum
È notizia di pochi minuti fa che la Pinkerton Road capitanata da Jane Jensen sta preparando il remake del primo Gabriel Knight per festeggiare il ventennale dell'uscita di Sins of the Fathers sugli scaffali dei negozi.
Questo rifacimento, che è a tutti gli effetti il Mystery Game X di cui si parlava durante la campagna kickstarter per Moebius, sarà realizzato grazie alla partnership con Activision, che ha deciso di concedere i diritti di sfruttamento del marchio. Le prime immagini (artwork?) mostrano una grafica in HD completamente ridisegnata e JJ ha affermato che sta pensando di introdurre qualche nuovo puzzle per rendere più completa l'esperienza di gioco. La nota peggiore sembra essere la conferma che le voci dei personaggi non saranno quelle originali...
Ancora incerta la data d'uscita.
Guardate la prima immagine e seguite gli sviluppi nell'OGI Forum
È quasi superfluo spiegare chi è Jane Jensen: writer e game designer della saga di Gabriel Knight e co-designer di King's Quest 6, il suo ultimo videogioco pubblicato è stato Gray Matter, avventura grafica che ha avuto un discreto successo. E oggi mi trovo a illustrarvi la preview del suo nuovo progetto, Moebius, lanciato più o meno un anno fa grazie a Kickstarter.
Il protagonista di Moebius, Malachi Rector (un nome, un programma), è un antiquario intelligentissimo e dall'ottima memoria: riesce ad analizzare a occhio qualunque reperto per verificarne l'autenticità, e conosce a fondo ogni periodo storico. Purtroppo, è anche uno snob arrogante, cosa che lo porta ad avere “piccoli incidenti” quando qualche venditore cerca di rifilargli un falso.
Nel primo capitolo, Malachi viene contattato da Amble Dexter il capo di un'organizzazione misteriosa, denominata FIST, che gli propone un lavoro molto ben pagato: investigare su una ragazza italiana assassinata da poco, e scoprire se la sua vita ricalca quella di un personaggio storico.
Fin dall'inizio del gioco, Moebius ci fa prendere mano con le abilità peculiari di Malachi. Possiamo infatti osservare l'aspetto dei nostri interlocutori per capire che tipi sono, che vita hanno condotto – un po' alla The Mentalist per capirci – e possiamo anche analizzare alcuni reperti per capire in che epoca storica collocarli e se sono del falsi. La prima analisi è abbastanza superficiale: basta cliccare sul viso, sul corpo o sugli abiti della persona che stiamo osservando, e Malachi trarrà da solo le sue conclusioni. La seconda, invece, è più approfondita: per ogni aspetto del reperto (composizione, stile, decorazioni, ecc...) ci saranno forniti vari esemplari e noi dovremo scegliere quello che corrisponde al pezzo che stiamo analizzando. Per esempio, se il nostro reperto è d'avorio, dovremo capire noi *che tipo* di avorio è.
Per capire invece se la vita della persona su cui stiamo investigando ricalca quella di un personaggio storico, dovremo fare una specie di Indovina Chi: ci saranno messi a disposizione varie figure storiche la cui vita, per alcuni aspetti, somiglia a quella della persona che stiamo analizzando, e noi dovremo scoprire qual è quello con più aspetti in comune.
Dal punto di vista degli enigmi classici, invece, quelli che ho dovuto affrontare nella preview erano piccoli e molto semplici. Nel primo capitolo, a Venezia, il percorso da compiere è anche estremamente lineare. Nel secondo capitolo, ambientato al Cairo, invece, c'è un po' meno complessità: nonostante il finale del capitolo sia sempre e comunque quello, ho potuto raggiungerlo in due modi diversi, cosa che fa sempre piacere. Ovviamente, non avendo in mano altro che la preview, non posso dire come sarà gestito questo aspetto in tutto il gioco, e se ci saranno magari veri e propri bivi. Spero invece che gli enigmi diventino più complessi proseguendo nel gioco, perché anche durante il secondo capitolo non ho dovuto sforzare il cervello.
Il motore grafico è lo stesso di Cognition, con tutti i suoi pro e i suoi contro. I pro sono una resa grafica molto bella, specialmente nei fondali – anche se alcune locations al momento risultano un po' spoglie, come il bar veneziano *deserto* - e un'ottima colorazione. I contro sono le animazioni che definire brutte è far loro un complimento. In più il modello di Malachi sembra il meno curato di tutti: spalle troppo larghe e animazioni possibilmente peggiori di quelle di tutti gli altri non lo rendono uno spettacolo per gli occhi. Le cose migliorano durante le cutscenes, dove ho notato più fluidità nei movimenti e le spalle di Malachi non sembrano così sproporzionate.
Non ho sentito molte musiche, stranamente e quella che mi è rimasta più impressa è quella del menù, molto bella. Il doppiaggio invece è altalenante: Malachi è abbastanza buono, ma quasi tutti i personaggi italiani sembrano delle orride macchiette.
Nel complesso, la preview fa ben sperare per il progetto: le premesse della trama non sono originalissime, ma è abbastanza curata. Specialmente i personaggi principali – Malachi in primis, ovviamente – danno segno di avere una personalità sfaccettata, sia da alcune loro azioni che dai dialoghi, molto ben riusciti; uno fra tutti, quello fra Malachi e David Walker, un ex-soldato di cui non vi dico niente, è anche splendidamente recitato. Le novità introdotte nel gameplay sembrano anch'esse interessanti, e se il comparto enigmi diventerà un po' più complesso, potrà dare molte soddisfazioni. Stiamo a vedere come andrà a finire e se Moebius saprà confermare il nome di Jane Jensen nell'olimpo dei creatori di avventure grafiche.
Pro:
- Doppiaggio eccellente (versione CD)
- Trama intrigante
- Caratterizzazione personaggi curatissima
- Numerose location
- È Gabriel Knight!
Contro:
- Possibilità di morire e bloccarsi irrimediabilmente
- Risoluzione dei fondali e personaggi troppo bassa (solo 640x480)
Gabriel Knight: Sins of the Fathers nasce dalla penna della programmatrice e scrittrice di romanzi gialli Jane Jensen che, dopo aver collaborato con Roberta Williams alla realizzazione del terzo capitolo di Police Quest e al sesto di King's Quest, decide di esordire a capo di un proprio progetto in un periodo in cui la Sierra sembrava dedicarsi principalmente a giochi con tematiche serie e realistiche.
Gabriel Knight è un romanziere di serie B che abita a New Orleans, nella sua stessa libreria, la St. George Book; per la gestione della libreria viene aiutato da una giovane studentessa asiatica, Grace Nakimura, fedele aiutante di Gabriel e bersaglio preferito delle frecciatine dall'umorismo alquanto ambiguo che Knight non esita a lanciare ogni volta che ne ha l'occasione.
Gabriel sta scrivendo un suo nuovo romanzo ispirato a una serie di strani omicidi, commessi secondo rituali Voodoo, che stanno affliggendo New Orleans...così si rivolge al suo amico d'infanzia, il detective Mosely, che al momento indaga proprio su questi efferati delitti. Alla ricerca di informazioni più dettagliate, Gabriel, decide di aiutare il suo amico detective nelle indagini ma, in contemporanea con la tensione emozionale, il pericolo che lo circonda sale in maniera esponenziale e Knight in poco tempo si ritrova invischiato in una catena di terribili segreti che riguardano in particolar modo proprio il passato della sua famiglia.
I personaggi che s'incontrano in questo gioco sono veramente numerosi...ognuno con la propria personalità,con i propri punti deboli...di una peculiarità difficilmente riscontrabile in altri giochi d'avventura...anche nei capitoli successivi della saga stessa di Gabriel Knight.
Lo schema comportamentale di Gabriel, in questo episodio, è simile a una curva discendente sul piano dell'istinto, della boria e del sarcasmo in favore della ragione, dell'impegno e ... del timore che paradossalmente si trasforma in coraggio: da scettico "praticante", Gabriel, nell'istante che tocca con mano il paranormale e tutto ciò che un momento prima gli sembrava impossibile, riceve uno shock fortissimo facendo cadere le sue ideologie che lo rendevano il duro della situazione...in seguito però, specialmente per la forte implicazione sentimentale che lo riguarda da vicino, trasforma questo timore in coraggio per affrontare questa terribile situazione.
Un altro punto di crescita della personalità di Knight avviene nel picco emozionale più alto del gioco: la morte dello zio e la sua contemporanea (e automatica) nomina a unico Schattenjager vivente che lo porta ad assumersi la responsabilità,oltre a quelle che già non gli stavano rendendo di certo facile la vita, di portare avanti anche una dinastia centenaria. Nei successivi episodi di Gabriel Knight, la sua figura si dissolve sempre più come "fumo nella nebbia", infatti nel terzo episodio (Il mistero macchiato di sangue) ci sembra spaventosamente più simile a un George Stobbart che, senza nulla togliere alla saga di Broken Sword, non spicca certo per la sua personalità.
Anche Grace è soggetta a notevoli cambiamenti ... forse nel primo episodio di Gabriel Knight la sua parte è solo qualcosa in più di una comparsa, anche se la sua funzione di "ricercatrice" si rivelerà più volte indispensabile per proseguire nell'avventura...ma nei successivi due episodi diventerà più fredda, cinica e disinteressata nei confronti di Knight...evidentemente stufa di aspettare una maturazione da parte di Gabriel che non arriverà mai...il finale di Gabriel Knight 3 la dice lunga... Unico personaggio che sembra non subire il trascorrere degli anni, a parte per qualche chilo in più e qualche capello in meno, è il detective Mosely che, forse anche per la natura simpaticamente più semplice del suo personaggio, rimane immutato durante tutte le varie disavventure di Gabriel, diventando a volte un espediente per spezzare la tensione nelle fasi più concitate. ...è incredibile quanto spessore Jane Jensen sia riuscita a dare ad una manciata di pixel 2d!
L'interfaccia di gioco è una delle classiche della Sierra: menu in alto con: icone delle azioni (spingere, raccogliere, aprire e azionare), icone di servizio (interrogare, chiacchierare, camminare e guardare), inventario (con possibilità di combinazione oggetti); registratore interrogatori (una novità molto utile per riascoltare - o rileggere nella versione floppy- gli interrogatori fatti ai vari personaggi...purtroppo lo ritroviamo solo nel secondo episodio); icona segnapunti (come tutte le ag. della Sierra, a ogni progresso accumuliamo un punto...utile per sapere a che punto dell'avventura ci troviamo); icona delle impostazioni (da segnalare, disponibile solo nella versione CD, la possibilità di ascoltare il commento dell'autrice alle azioni di Gabriel ... a volte davvero esilarante!); icona di aiuto pulsanti. Per scegliere l'azione da compiere possiamo cliccare con il tasto destro del mouse fino a quando il cursore assume la forma dell'azione desiderata...oppure possiamo sceglierla dal menu in alto cliccando semplicemente con il tasto sinistro del mouse.
In Gabriel Knight: Sins of the Fathers si muore e ci si blocca. ...ormai abituati ai checkpoint e ai vicoli ciechi risolvibili, queste affermazioni non fanno quasi più effetto...ma in G.K. 1 si muore e ci si blocca per davvero! Quando si muore il gioco ci propone direttamente la schermata per caricare...e lì il problema è aver salvato recentemente...mentre se ci si dimentica di raccogliere un oggetto, di compiere un azione o anche solo di fare una domanda...ci si blocca e non si può fare più niente...l'unica soluzione è ricaricare ed esaminare nuovamente ogni particolare (sempre a patto di aver salvato... e di non aver sovrascritto!).
Personalmente mi è capitato solo una volta perchè non avevo posizionato un oggetto per aiutare Mosely a raggiungermi ed aiutarmi e successivamente avevo salvato senza aver compiuto l'azione...il fatto più inquietante e che il gioco contemplava questa possibilità in quanto, al momento che doveva intervenire Mosely, Grace affermava: "...peccato...ora ci sarebbe servito un aiutante..." e dopo pochi secondi si moriva irrimediabilmente... Morale? Ho dovuto rigiocare gli ultimi tre giorni dell'avventura!
Quindi un consiglio: SALVATE SPESSO E NON SOVRASCRIVETE MAI! Dopo i primi giorni (virtuali) di gioco si nota un'altra questione alquanto "misteriosa": se la possibilità di bloccarsi può sembrare un bug indotto (e a quanto pare anche considerato) che ci accompagna fin dai primi istanti di gioco, quella di morire appare improvvisamente dopo i primi 3-4 giorni, quasi come se fosse stata aggiunta successivamente, ormai a metà gioco ultimato, per dare un pizzico action ad un gioco che avrebbe rischiato di risultare lievemente soporifero.
Gli enigmi sono di stampo classico: unione di oggetti, chiavi per porte, meccanismi d'apertura, interrogatori mirati...mai nulla è troppo complicato...ma ci sono un paio di enigmi in particolare che difficilmente dimenticherete una volta risolti:
-L'enigma dell'alfabeto Voodoo. Ci ritroveremo a dover imparare un alfabeto Voodoo ricavando le lettere da un messaggio lasciato su una cappella di un cimitero...la particolarità di questo enigma è che oltre a dover imparare un alfabeto, oltre a ipotizzare corrispondenze tra lettere e simboli mancanti...dovremo anche usarlo! ...ma non come accade nei giochi odierni dove il messaggio da scrivere ce lo abbiamo già e dobbiamo solo riscriverlo con i simboli corrispondenti...no: DOVREMO ESSERE NOI A CAPIRE QUALE MESSAGGIO MANDARE! Abbiamo la possibilità di scrivere quello che vogliamo ... ma solo il messaggio giusto funzionerà in modo corretto! E sono ammesse anche le ripetizioni di caratteri! ...che dire...diabolico! E non finsce qui!
-L'enigma dei tamburi Rada. Questo enigma ci vedrà alle prese con i codici dei tamburi Rada ... che dovremo tradurre e utilizzare a nostro favore...ma la principale difficoltà è che i messaggi sono mescolati tra altri simili che non hanno alcun senso! Insomma ... anche se la difficoltà complessiva degli enigmi non è elevata...ci sono dei picchi abbastanza impegnativi.
La grafica è molto curata, così anche per le animazioni...purtroppo la bassa risoluzione dei fondali e dei personaggi è inevitabile, infatti anche se nella versione CD si seleziona tra le impostazioni la massima qualità grafica, si nota "tristemente" che la qualità aumenta per gli oggetti interattivi, per il menu, per l'inventario...insomma per tutto tranne che per i fondali e i personaggi. Attivare tale funzione, però, può aiutare ad individuare facilmente gli oggetti da raccogliere e le parti interattive dello scenario (che risulteranno molto più definite) scongiurando così, in parte, il rischio di dimenticarsi qualcosa e di bloccarsi.
Le location sono numerosissime,colorate e molto particolareggiate con effetti di luce molto interessanti. Non saranno tutte disponibili dall'inizio, esse si apriranno non appena si acquisisce un nuovo indirizzo o un'indicazione di luoghi. Infatti durante l'avventura si viaggierà molto: oltre ad aggirarci tra le strade di New Orleans, dovremo recarci anche in Africa e in Germania! I filmati sono un mix di sequenze semi-statiche a fumetto e brevi sequenze animate renderizzate in 3d...molto suggestivi e ben curati i filmati degli incubi di Gabriel, che si evolvono in contemporanea con la storia, mostrando ogni volta uno spezzone in più o un particolare diverso.
Le musiche sono probabilmente tra le più riuscite nella lunga storia delle ag. firmate Sierra e sono ad opera di Robert Holmes...marito di Jane Jensen! L'impressione che si ha, anche grazie all'ottimo sonoro degli effetti, è quella di un film dove con il salire della tensione aumenta anche l'intensità della musica...diciamo che è la risposta della Sierra al sistema i-Muse della LucasArts.
Altra nota positiva, che si può maggiormente apprezzare nella versione CD, è la perfetta sincronizzazione dei movimenti della bocca dei personaggi, quando sono in modalità interrogatorio, con l'audio del parlato dei doppiatori. Non è un elemento da meno proprio il doppiaggio, che mai fu più azzeccato...in effetti la voce di Tim Curry (IT, Rocky Horror Picture Show) dona il 90% del carattere di Gabriel che altrimenti sarebbe stato abbandonato alla sola resa grafica...non proprio ottimale!
Concludendo...
È un gioco che ha fatto storia... un vero è proprio "masterpiece": migliaia di giochi, e non è una cifra esagerata, si ispirano ancora ad esso. Certo, non è esente da difetti (morti improvvise e bloccaggi irreversibili in primis)...ma quale gioco non ne ha? Quasi sicuramente è il migliore della serie (almeno sul piano del coinvolgimento emotivo non ha rivali)...ma questo non vuol dire che gli altri due non meritino di essere giocati!
Fortunatamente ogni episodio è realizzato con una tecnica diversa: dagli sprite 2d fatti di pixel ( Gabriel Knight: Sins of the Fathers) si passa all'interpretazione di attori in carne e ossa (Gabriel Knight: The beast within) fino ad arrivare al 3d con telecamera libera (Gabriel Knight e il mistero macchiato di sangue). Jane Jensen con la realizzazione di Gabriel Knight: Sins of the Fathers, e della successiva saga, ha dato così un grande contributo alla Sierra aiutandola ad assumere un carattere proprio e dissuadendola dall'obbiettivo latente di imitare la LucasArts nelle avventure ironiche (non sempre riscuotendo lo stesso successo).
A riprova di ciò il fatto che l'ultimo capolavoro Sierra nel campo delle avventure grafiche, ed è anche l'ultima ag. da essa sviluppata, è firmata proprio Jane Jensen: "Gabriel Knight e il mistero macchiato di sangue", dove, se una caratterizzazione dei personaggi non molto riuscita poteva minare la fruibilità del gioco, una storia originale e accattivante (anticipando di svariati anni Dan Brown e Il Codice Da Vinci) capace di reggersi sulle proprie gambe, segnava ancora una volta un'epoca nella storia delle avventure grafiche difficile da dimenticare.
(Recensione a cura di: andrea)
Le notizie su Moebius, una delle avventure grafiche più attese degli ultimi tempi cominciano a diventare interessanti. Il progetto legato al thriller metafisico sci-fi in terza persona sul quale sta lavorando attualmente Jane Jensen e finanziato grazie alla piattaforma Kickstarter, prende pian piano forma. Moebius riprenderà vagamente le atmosfere del romanzo di Jane “Dante’s Equation” e del suo celebre Gabriel Knight.
Il protagonista di questa avventura sarà Malachi Rector, un antiquario e commerciante d'arte sempre alla ricerca di monili ed artefatti di valore in ogni angolo del globo. A causa di un rogo improvviso quest'uomo perderà tutto quello che ha accumulato negli anni e dopo un profondo sconforto deciderà di riciclarsi come investigatore privato. Assunto da Amber Dexter, un ricco possidente di Manhattan, comincia il suo incarico che prevede un'analisi meticolosa ed attenta di eventi, episodi e documenti che lo porteranno dritto nel cuore di un mistero fitto e complesso che lo spingerà a riflettere sulla sua stessa esistenza.
Di quella che possiamo definire come la nuova età d'oro per gli amanti delle avventure grafiche ne abbiamo parlato a più riprese: Ron Gilbert, Tim Schafer, Al Lowe e diversi altri esponenti della vecchia scuola sono infatti tornati alla ribalta grazie alle mirabolanti sorti della piattaforma kickstarter, apparentemente vera manna dal cielo per tutti gli oldgamers.
Fra i ritorni più graditi sicuramente annoveriamo quello di Jane Jensen che, dopo il successo mancato di Gray Matter, torna alla carica con addirittura una stagione di avventure grafiche; potevamo dunque perdere l'occasione e non farle qualche domanda sui suoi progetti passati e futuri? Certo che no e quindi per la gioia dei suoi numerosi fan italiani ecco di seguito il frutto di questo scambio dove la nostra dimostra di avere le idee ben chiare circa il futuro del genere e della sua software house.
Buona lettura!
Notizia flash per gli amanti delle avventure grafiche: Jane Jensen e il suo studio hanno aperto la CSG anche al di fuori dei confini di kickstarter, legato purtroppo a doppio filo con il solo mercato americano, per permettere a quante più persone possibili di aderire alla prima stagione di sviluppo.
Avendo avuto la fortuna di poter tradurre la pagina di benvenuto alla CSG, non possiamo quindi esimerci dal segnalarvi la possibilità di supportare quella che promette essere una grande annata per gli innamorati del punta e clicca, il cui cuore ancora batte alla ricerca di un nuovo amore...
Per unirsi al CSG
Se volete seguire gli indizi sul nostro Ogi Forum
Prima Tim Schafer, poi Al Lowe, ora la Jensen. Questi grandi nomi tornano a scuotere il mercato adventure con le loro campagne di crowd-funding. Sembra il sogno di ogni avventuriero, ma è tutto vero? Dateci un pizzicotto!
Con Largo Lagrande andiamo ad analizzare il primo progetto di Jane Jensen e del suo "kickstarter", probabilmente uno degli esperimenti più interessanti presenti attualmente nel panorama; non ci fermeremo sicuramente qui, ma possiamo sperare che per gli oldgamer sia arrivata una nuova età dell'oro...
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
Chi siamo | Contattaci | Policy | Manifesto