Rieccoci con il consueto aggiornamento del Museo di OldGamesItalia, questa volta un po' più breve sui nuovi inserimenti per lasciare spazio ad alcune doverose migliorie tecniche.
Principiamo senza indugi con il gustoso ma rognoso platorm ispirato al classico Disney Il Re Leone nelle versioni per Amiga, Super Nintendo e Mega Drive, dirigendoci dunque su Bubble Bobble Rainbow Island per PC, Playstation e Sega Saturn senza dimenticare un po' di golf con The Palm Springs Open per Philips CD-I e infine approdando tra i classici con l'edizione PC di Touché: The Adventures Of The Fifth Muketeer.
A questo giro, già ricco si per sé, abbiamo anche un modesto aggiornamento dell'antico Museo LucasArts con l'inserimento della variante di Full Throttle con adesivo bianco laterale, una prima edizione per Amiga di Monkey Island 2 con fascetta porta-floppy e, udite udite, il Libro degli indizi di Monkey Island 3 completamente digitalizzato.
Arriviamo adesso a parlare delle famose migliorie. Sulla homepage del museo, al posto della sterile lista dei giochi inseriti, comunque ancora disponibile, è possibile trovare le anteprime degli ultimi inserimenti. All'interno delle schede gli sviluppatori e i distributori sono stati indicizzati, così ad esempio chi volesse sapere quanti giochi distribuiti da Halifax fossero presenti potrebbe comodamente ricercare e far apparire una lista.
Un museo lanciato verso il futuro a velocità folle, anzi: smodata.
E' il 15° anniversario della Double Fine Productions, e i ragazzi del team hanno festeggiato con il video che potete vedere qui sopra.
Sì, avete visto bene: lì, alla fine, c'è un altro remake, quello di Day of the Tentacle. Come annunciato in un post sul sito, questo remake potrà vantare artwork rifatti da zero, musiche ed effetti sonori rimasterizzati e la possibilità, per il giocatore, di passare con un click dalla versione originale a quella del remake, mischiando se lo si desidera la musica di una versione con la grafica dell'altra e così via. La nuova versione cincluderà anche un commentary dei creatori originali del gioco.
Il gioco sarà disponibile per Pc, Mac, Ps4 e PlayStation Vita, all'inizio del 2016.
Ma queste non sono le uniche notizie, perché è da poco stato annunciato anche il remake di Full Throttle. In arrivo per il 2017, anche questo remake avrà sfondi e animazioni rifatti da zero, musiche ed effetti sonori migliorati e tante picche nuove chicche inserite nel gioco.
Finanziato grazie ad una raccolta fondi record sul KickStarter, a lungo atteso e in due parti diviso Broken Age (nomen omen) è, come da promessa, un ritorno al passato, un tentativo di creare un capolavoro degno dell’epoca d’oro del videoludo. Di più: Broken Age è il ritorno di Tim Schafer all’avventura grafica pura, il genere che lo ha consacrato all’olimpo del gaming. Pregi e difetti.
Vella & Shay
Il titolo di Double Fine si apre con un menu di selezione che permette di intraprendere a turno le avventure di Vella o Shay, due bambini oramai divenuti adolescenti. Quella che si presenta al giocatore è una sfarzosa schermata bipartita gravida di premesse che trasuda vecchie, ma buone dicotomie e chiari simbolismi: sole e luna, ragazzo e ragazza, bianco e nero, natura e scienza sono elementi che ci pongono immediatamente di fronte alla realtà di due universi differenti che cercano di sfiorarsi, di fondersi e che, forse, non arriveranno mai ad incontrarsi se non per brevissimi momenti.
Mamma 2.0
Nelle profondità dello spazio, a bordo dell’incrociatore Nostranavis, un’intelligenza artificiale impazzita che risponde all’identificativo di “Mamma” tiene prigioniero un adolescente di nome Shay Volta; intorno al proprio “cucciolo” ha elevato scudi protettivi di pezza e innalzato firewall a base di panna montata.
Accade poi che l’infanzia termini, che ci si stufi di questa prigione imbottita. È in questo preciso momento che si risveglia il lupo, un’entità latente finché un giovane ragazzo che cresce prova il desiderio di salvare damigelle in pericolo.
Costume
Nel contempo, lungo le coste glassate di Dulcia, Velouria Tartine ha ricevuto il più grande onore: essere selezionata per partecipare al banchetto delle damigelle… come portata principale!
Un leviatano iroso, il temibile Mog Chotra, minaccia periodicamente il pacifico villaggio di fornai e deve essere placato. Quello di Vella è un mondo fatto di bei vestiti, torte e pasticcini e parenti sorridenti (con una piacevole eccezione) che, con nonchalance, imbastiscono un sacrificio che ha i crismi di una festa di compleanno o forse di un addio al nubilato.
Puzzle 1.0
Broken Age parte uno è un viaggio che ha il sapore dell’avventura punta e clicca tradizionale, qui proposta con sfide facilitate per meglio incontrare i gusti delle generazioni moderne; una prima tranche semplificata forse anche per rimanere in linea con il tema del gioco.
Nulla di male: il titolo, che ha il suo punto di forza nella presentazione e nell’illustrazione delle vicende, scorre veloce (circa 4 ore) e si regge piacevole sulle invenzioni di enigmi “innocui”.
I puzzle hanno lo stesso valore pedagogico del gioco delle forme, perché in BA è divertente aprire pacchi regalo, camminare sulle nuvole (letteralmente!), raccogliere spruzzatori di panna montata e premere bottoni colorati senza sentire il “peso” della sfida; il tutto mentre impariamo a conoscere Vella e Shay.
“Nuvole di panna su nel cielo” – cit.
Non si può continuare a parlare di BA, senza rendere tributo all’eccellente grafica. Dal sapiente pennello dell’artista Nathan Stapley, intinto sulla tavolozza del genio di Tim Schafer (inventore del Cron-o-binetto!), non potevamo che aspettarci una massiccia iniezione di fantasia in quella che presto si traduce in una psichedelica overdose sensoriale.
La grafica di BA è un tripudio di tinte sature e forme stilizzate: sull’astronave di Shay troviamo un quadro comandi di gomma, che pare scaturito da un catalogo di articoli per la dentizione, e tanta, tanta lana lavorata in buffi animaletti antropomorfi; le cabine di teletrasporto sono “comari” pasticcione e parlanti, mentre icone colorate formano una segnaletica di sorrisi e frecce che decora le pareti della Nostranavis. Non mancano, nei punti chiave, orbi di controllo che materializzano, con inquietante frequenza, il volto benevolente e sempre vigile di Mamma.
Per contro, Vella, rigorosamente a piedi scalzi, galleggia leggiadra fra le periferie di villaggi di nuvole dipinti, casette di dolciumi, paeselli costruiti con sabbia e secchiello e foreste di alberi parlanti; ciascun ambiente popolato dalle costituenti basilari delle fiabe: tagliaboschi, nonne, serpenti.
Molto del “testo” di BA è nelle immagini, nelle invenzioni e nei personaggi fantastici e coloratissimi. BA è come un libricino per bambini con le sagome che si innalzano pronte per essere afferrate e manipolate per il nostro godimento.
Il lupo perde il pelo… e tutto il suo charme
Dopo un primo atto fatto di non troppo velate, ma eleganti allegorie, di raffinate maschere e buffe ubicazioni, Tim decide inspiegabilmente di togliere il vestimento a tutte le sue creazioni, mostrandocele per quello che in realtà sono. Mai scelta fu più infelice!
Nudo, Broken Age delude. Quando l’allegoria sveste la giubba e assume le sembianze di ridicoli alieni, che paiono fuoriusciti da uno dei peggiori episodi di Star Trek, e di pallidi genitori che vantano un campionario di battute estremamente povero, finalizzato in buona parte alla risoluzione degli enigmi, BA si sgretola come un castello di Costarena davanti ai nostri occhi.
Un villain formidabile, in grado di rivaleggiare con i fasti di Adrian Ripburger o di Hector LeMans, un nemico che nel primo atto ci era parso alla stregua di un frammento di psiche che si ribella agli schemi sicuri dell’infanzia, diventa un antagonista da B-movie con cui condivide la propensione per lo sproloquio. Lo stesso incontro di Vella con l’entità Mamma è momento assolutamente anticlimatico: se era logico immaginare che l’argomento principale del dibattito fosse Shay, preparatevi piuttosto a disquisizioni su come armare una bomba e come reindirizzare i controlli manuali dell’astronave.
Al di là dell’interpretazione, che è elemento legato alla sensibilità di ciascuno, mi pare oggettivo il difetto di BA: mentre nella prima installazione le allegorie vengono presentate al giocatore tramite due vettori complementari, i.e. grafica e testo, nella seconda parte questa comunione di spezza, gli ambienti fungono unicamente da cornice ai puzzle, mentre il narrato viene condensato in due lunghissime esposizioni didascaliche, peraltro prive di mordente.
Con un po’ di fantasia è ancora possibile ricollegare gli scampoli di trama presentati nel secondo atto a quanto già appreso e immaginare un quadro allegorico complessivo che però non ha né la forza, né la freschezza della prima parte, arrivando a “culminare”, per altro, in un finale scialbo e banale.
Puzzle 2.0
Broken Age atto II doveva essere il momento in cui i due protagonisti, scambiatisi di contesto, maturavano e discioglievano le bugie intessute per il loro bene dai genitori, perché Broken Age mi era parsa una novella della crescita, e invece ci troviamo dinanzi al classico muro di enigmi innalzato in locazioni riciclate (fatte salve alcune variazioni cosmetiche davvero minime).
Non solo dobbiamo tutta la longevità della seconda parte (doppia rispetto alla prima, parliamo di circa 8 ore) al lavoro necessario per disciogliere i puzzle, ritroviamo qui quanto di “peggio” la generazione old-school abbia partorito nel corso degli anni: backtracking, pensiero laterale e trial and error. Per aggiungere danno alla beffa, molti degli enigmi sono i medesimi dell’atto primo, riproposti al giocatore in una variante a difficoltà aumentata.
È doveroso poi accennare ad un particolare enigma concernete la riattivazione di un simpatico poliedro, un puzzle talmente “eccitante”, almeno così deve essere parso a Tim, che, per l’occasione, saremo costretti a rifare ben TRE volte!
Quel che è peggio, Broken Age atto II si svolge come un episodio di McGyver, o A-team, dove i protagonisti sono intrappolati in un ambiente “ostile” disseminato per nostro uso e consumo di tutte quelle chincaglierie utili per fabbricare impensati ed impensabili (almeno finché non realizzati) ordigni, aggeggi e congegni necessari per evadere col botto! Sic!
Infine, il gioco nasconde indizi per procedere nella storia di Shay nei segmenti di Vella e viceversa, spezzando così la sospensione dell’incredulità. Il giocatore è costretto a diventare entità alienata dal gioco che tutto gnosce; solo la sua onniscienza consente di trasmettere gli indizi tra i due personaggi grazie ad una supposta telepatia fra i due character (unica spiegazione possibile, ma non soddisfacente).
Sonoro 2.0
La musica di BA rientra nella categoria non mi ha dato fastidio, né mi ricordo di alcun brano in particolare. È bene invece spendere due parole sul doppiaggio: Elijah Wood (Frodo della trilogia dell’anello), Wil Wheaton (il guardiamarina Wesley Crusher di Star Trek: Next Generation) e Jennifer Hale (la metà dei videogiochi in commercio) sono alcune delle voci celebri che donano verbo alle belle figure. Il lavoro svolto è qui incredibile con Jennifer Hale che, nemmanco a dirlo, è carismatica come al solito.
Il gioco spezzato
Broken Age, con la sua produzione travagliata, dimostra chiaramente come spezzettature, episodi e trilogie non giovino all’armonia complessiva di un videogioco. E non si tratta necessariamente del riciclo di alcuni asset o, finanche, di un finale poco ispirato, il vero problema riguarda la possibilità di modificare in corso d’opera. Durante il gap fra un’installazione e la successiva si rischiano contaminazioni sia da parte dello stesso artista, che dedicando troppo tempo all’opera rischia di appesantirne le “tinte”, sia da parte del vociare di un pubblico insoddisfatto che richiede modifiche sostanziali, spesso con poca cognizione di causa.
È anche dilatato il tempo concesso al giocatore per pensare e riflettere sulle tematiche del gioco; c’è tempo per farsi un’idea e “ricamare” su di essa per poi provare frustrazione quando si realizza d’improvviso che il giocattolo ha preso una direzione diversa rispetto all’immaginato e da quanto sperato.
Soppesando
Come si può non volere bene a Tim Schafer? Day of the Tentacle, Full Throttle e Grim Fandango, esistono grazie al suo genio. Pregi e difetti di Broken Age sono sulla bilancia, il giudizio complessivo dipende dunque da quanto siamo disposti a perdonargli.
Per quanto mi riguarda la bontà del primo atto, corto ma ispirato, viene vanificata dal cambio di rotta del secondo. La trama spoglia e spogliata, il muro di enigmi eretto e le ambientazioni riciclate deprezzano il valore complessivo dell’avventura che raggiunge una sufficienza stiracchiata, un sei di incoraggiamento che fa del titolo Double Fine il classico capolavoro mancato.
I sottotitoli in Italiano del documentario dedicato alla produzione di Broken Age, su LucasDelirium
È da almeno un anno che non rimetto mano sul museo LucasArts, convinto oramai dell'impossibilità di completare le oramai piccole ma fastidiose mancanze rimaste. Ed è qui che sorprende, il museo LucasArts, perché in un tempo molto breve spuntano fuori quattro chicche:
Si ringraziano, come nostro solito, tutti i contributori (o contibuenti?) e si invitano i gentili lettori a recarsi sul nostro forum ufficiale pimpante inossidabile l'unico col bollino olografico.
Il tempo passa, ma non passa invano, specie se ci regala un aggiornamento così dell'OGI Museum. Questa volta abbiamo in serbo:
Ma non finisce qui, dalle parti di LucasArts non si smette mai di fare scoperte interessanti, e allora ecco:
L'homepage dell'OGI Museum
L'ala dedicata alle avventure LucasArts
L'unico et il solo forum ufficiale
Full Throttle è uno dei giochi più interessanti della storia delle avventure grafiche firmate LucasArts, sebbene rispetto ad altri lavori mostri il fianco a diverse critiche; quale occasione migliore per approfondire di quella di un commento ragionato da parte della truppa di Calavera Cafè nelle vesti del duo Gnupick-Neo Geo?
Il progetto è già al secondo episodio e i motivi per seguirlo sono diversi come potrete constatare già dall'introduzione del primo filmato; siete pronti alla sfida popolo di youtubers?
E' poco più di un rumor, captato come sempre da quella macchina di informazioni che è il nostro amico Diduz; ma da una semplice news sulla pagina Facebook dei Night Dive Studios si può lasciare un po' di spazio all'immaginazione, nella speranza che, forse, qualcosa, cambi.
Preambolo complicato per raccontarvi che il gruppo di cui sopra, responsabile del porting di System Shock 2, sembra al lavoro su Full Throttle; stiamo per assistere ad un ritorno della Corley Motors? E' il pre annuncio di uno sbarco dei titoli Lucas su Gog? Ai posteri l'ardua sentenza.
Come dice il buon Gharlic, essendo che i Maya sembrano aver toppato alla grande per quanto riguarda la fine del mondo, non potevamo esimerci da un mega aggiornamento dell'Ogi Museum:
Quale modo migliore per finire l'anno se non recuperare qualche bel vecchio classico Lucas come Full Throttle? Ad aiutarci i ragazzi di JTA che come sempre ci permettono di entrare nel mondo delle avventure grafiche con il loro piglio tutto particolare.
Non ci resta quindi che inforcare le nostre moto e di divorare la strada heavy metal del punta e clicca per un titolo che anche oggi riserva diverse sorprese. Buona lettura!
La recensione di Full Throttle
Seguiteci con il ritmo metal sull'Ogi Forum
Pro:
- Storia ben raccontata
- Personaggio carismatico
- Piacevole da giocare
Contro:
- Tecnicamente datato, al giorno d'oggi
- Non proprio longevo
- Qualche sequenza “action”
Non è mai facile parlare di un gioco “anziano” al giorno d'oggi! Il rischio di svalutarlo, giudicandolo con l'occhio critico dei tempi odierni, è molto alto. E il rischio di non riuscire a vedere oggi ciò che invece poteva essere evidente 13 anni fa pure.
Nonostante ciò, ci sono avventure grafiche che continuano a dire la loro, anche a dispetto di tutti gli anni passati dalla loro data di uscita. E' il caso di Full Throttle, ag della Lucasfilm che vide la luce nel lontano 1995. Se da un punto di vista grafico è innegabile che FT , nel 2008, possa attirare poca gente (e meno male, mi viene da dire: significherebbe che non si sono fatti progressi negli ultimi 13 anni!), la storia in primis, unite ad altre caratteristiche, fanno di questo titolo un adventure ancora molto, ma molto rispettabile!
Partiamo con la storia: Malcolm Corley è il presidente della Corley Motors, l'ultima grande industria che produce motociclette. Malcolm è molto vecchio, anche se molto arzillo, ed è stato pure un motociclista in gioventù; forse per questo non vuol chiudere ancora la baracca.
Il suo braccio destro nonché vicepresidente, tale Ripburger, non vuol però aspettare troppo per prendere possesso della compagnia ed escogita un agguato al suo capo, nella strada che li porterà ad un importante consiglio di amministrazione della stessa Corley Motors.
Ripburger infatti non è contento che Malcolm continui a produrre ancora moto (lui vorrebbe costruire furgoncini), visto che nel gioco ci muoveremo in un contesto in cui tutte le macchine anziché correre su 4 ruote... “gravitano” (come delle specie di Hovercraft insomma) e pertanto non aspetterà le “cause naturali” affinché il suo boss muoia e lui possa cambiare rotta all'azienda!
E qua entrano in gioco i Polecats, una band di motociclisti a cui capo c'è Ben, il nostro protagonista principale. Corley in persona, in uno squallido bar del deserto, invita i Polecats a scortarlo sino al consiglio d'amministrazione, dove poi saranno la band d'onore al raduno con tanti altri gruppi di centauri.
Ma Ben rifiuta decisamente, lui non si vende per vil denaro, anche se ne avrebbe un gran bisogno. Invitato fuori dal bar da Ripburger, Ben verrà messo fuorigioco, e gli altri Polecats, presi con l'inganno, faranno da scorta alla limousine di Corley e Ripburger stesso. Ciò che i Polecats ovviamente non sanno è che...saranno presto incolpati dell'assassinio di Corley, con la regia di Ripburger dietro!!
Ripresosi dalla batosta, Ben tornerà in sella alla sua moto e cercando di raggiungere la sua gang, farà la conoscenza di Maureen, una bella donna che fa il meccanico di moto e che lo aiuterà nel momento in cui il nostro eroe mascelluto si ritroverà in palese difficoltà.
Maureen (detta più velocemente: Mo') sarà una figura principale del gioco, e anzi alla fine scopriremo che ha un legame principale con Corley e tutto l'ambaradan creatosi nel frattempo. Ovviamente non voglio svelarvi tutto sulla trama, e così vi lascio scoprire il resto giocando...anche se tutto è facilmente intuibile!
Full Throttle è una classicissima ag della Lucas in terza persona, interamente gestita con il mouse come i bei giochi di una volta. Cliccando con il pulsante dx del mouse apriremo l'inventario, a forma di teschio, dove prendono posto gli oggetti raccolti da Ben, di solito mai tantissimi e non combinabili tra loro. Se invece teniamo premuto il pulsante sx del mouse per pochi secondi, potremo vedere l'interfaccia del gioco (c'è pure una foto poco più sotto), dove appaiono tre iconcine: la mano, il teschio e il piede.
Con la mano solitamente si può bussare a una porta, pestare qualcuno o più semplicemente prendere un oggetto. Con il teschio potete invece avere due opzioni in una: cliccando sulla bocca potrete effettuare dei dialoghi, mentre cliccando sugli occhi potrete osservare gli oggetti selezionabili. Infine abbiamo il piede (o la pedata, in base a come la si vuol vedere, eh eh), che può servirvi per scalciare una porta o sempre per malmenare qualcuno di indigesto. Il cursore assume una forma quadrata, sembra una specie di mirino, quando passa sopra a qualcosa di interagibile, in tal caso saprete che c'è qualcosa di interessante in zona.
L'avanzamento è a schermate e alcune sono scorrevoli, nel senso che sono più lunghe di una singola videata. Delle volte compariranno delle frecce rosse, che vi porteranno direttamente in posti piu' lontani (in tal caso potreste pure vedere una specie di mappa dall'alto per orientarvi) in maniera rapida e indolore.
Dal punto di vista tecnico che dire? Parliamo di un gioco del 1995, l'ho detto all'inizio, ma che comunque non per questo mi sento di dire che sia obsoleto, anzi... Già all'inizio il gioco strappa l'applauso, con la sua intro alla “Renegade”: al giorno d'oggi ci son giochi che ci liquidano con dieci secondi di introduzione, magari imparassero da FT.
Tutto è ben rappresentato, con tagli cinematografici molto belli. Sembra di assistere all'intro di un film, coi titoli iniziali che si fondono alle suggestive inquadrature! Il difetto evidente di FT non sta tanto nella sua anzianità a prescindere, quanto negli evidenti limiti tecnici che c'erano allora, e che quindi non si possono evidenziare più di tanto (insomma, i tempi erano quelli!).
Le locazioni, mai tantissime, sono carine e ben colorate, anche abbastanza particolareggiate (sempre per i tempi!), però non si può negare che i pixel abbondino in ogni dove, e che sopratutto i personaggi, se sono un po' distanti, si riducono a una massa di quadratini con poca definizione.
Nei primi piani le cose migliorano decisamente, ma scordatevi certe bellezze odierne, perché sarebbe un discorso ingrato. Se si riesce a passar sopra a questa cosa, allora il gioco acquista molti altri punti nella valutazione finale.
Dal punto di vista della caratterizzazione ci siamo, eccome!! Ben è il classico motociclista tutto d'un pezzo, che non si vende per soldi al primo che passa. E' un duro ma dal cuore buono, pronto a prendersi a cuore la questione di Corley, così come pure Maureen, che a vederla sembra tutto tranne che una donna che ti riparerebbe la moto gratis, ma che invece si presta prontamente per il prossimo.
Tutti i personaggi comunque sono simpatici, anche Corley (dopo Ben, secondo me il più simpatico) e Ripburger, o tutti quelli delle band rivali. Insomma, FT è un gioco dalla grossa carica di simpatia, trasmessa in ogni dove, cosa che d'altronde è sempre esistita nei titoli Lucas!
Anche dal punto di vista sonoro ci siamo: intanto cominciamo col dire che il gioco è doppiato interamente in italiano, e che il doppiaggio è di ottimo livello. Penso che ai tempi sia stato uno dei migliori sul mercato, visto che non sfigura nemmeno rispetto a certe produzioni di oggi.
Le musiche di sottofondo sono tutte azzeccatissime, e non so se voi abbiate mai seguito una puntata del telefilm Renegade, ma sembrano essere prese paro paro da lì (anche se il gioco è ovviamente antecedente al telefilm!). Musiche alla Easy Ryder, musiche che infondono un senso di libertà, e che quasi fanno venire la voglia di prendere la moto (per chi ce l'ha) e andarsene a zonzo per le strade deserte e assolate della propria zona!
C'è da sottolineare inoltre che per la colonna sonora di FT fu ingaggiata un vero gruppo che suonava hard rock: i The Gone Jackals, e l'effetto è di sicuro garantito! Buoni infine gli effetti sonori, che rientrano nella media dei tempi di allora.
Passiamo agli enigmi di FT che non potevano che essere tutti di stampo Inventory-based! Raccogliere tutti gli oggetti è fondamentale, e sapere dove usarli...ancora di più. Fortunatamente le locazioni non sono mai tantissime, così come gli hotspot presenti, e quindi vi sarà difficile rimanere impelagati per molto tempo.
Da questo punto di vista quindi FT non presenta una longevità altissima, visto che l'avventura può essere risolta in 8 ore circa, a seconda dell'abilità del giocatore. Di tanto in tanto vi si presenteranno pure delle scene, diciamo “action”, che in pratica vi permettono di sbarazzarvi dei motociclisti concorrenti di turno.
Non sono altro che momenti in cui Ben si fa largo con calci e pugni (basta pigiare i tasti del mouse) per eliminare i rivali, anche se a volte ha bisogno pure di altri “ammenniccoli” per cavarsela, come catene o assi di legno. Alcune di queste sequenze non sono niente di particolarmente complicato, quindi i puristi stiano tranquilli (d'altronde un gioco sui motociclisti senza scazzottate, che gioco sarebbe??), anche se alcune fra queste richiedono un impiego maggiore di tempo, e potrebbero snervare un pochetto il giocatore.
FT precursore dei tempi, con l'innesto di alcune scene “action”, quindi? E beh, perché no...volendo l'affermazione non è del tutto errata!
Concludendo
Bella scoperta questo Full Throttle, vecchia gloria del passato Lucas. Oltretutto da qualche mese il gioco viene riproposto in versione “moderna” (niente piu' Scumm per farlo partire), assieme ad altri titoli Lucas, e a prezzo economicissimo (dieci euro).
Se riuscite a chiudere un occhio sulla grafica datata (ma non da disprezzare) potrete riscoprire questa vecchia perla dimenticata dai più! La storia è carina, l'umorismo è sempre presente, i personaggi sono simpatici...non sarà il massimo della longevità, ma nemmeno alcuni giochi di ora lo sono!!! Da avere nella propria collezione!
La prima sensazione che si prova giocando a Gemini Rue di Joshua Nuernberger è che si sia improvvisamente tornati ai primi anni ‘90. Trattandosi di un’avventura grafica, di certo non si può dire che sia una cosa negativa. Fin dai primi momenti in cui il giocatore entra nei panni dell’ex assassino Azriel Odin, il protagonista giunto sul pianeta Barracus in cerca di suo fratello, la mente non potrà fare a meno di andare ad alcuni classici del passato come Beneath a Steel Sky e Future Wars. Soprattutto quest’ultimo sembra esser stato la fonte d’ispirazione principale per la grafica disegnata a mano con colori molto freddi e con un buon numero di dettagli nonostante la bassa risoluzione. Non mancano alcune chicche come i primi piani dei personaggi che compaiono durante i dialoghi e che ricordano le avventure Sierra o i recenti remake di Broken Sword.
L’unica nota stonata è la mancanza di alcune animazioni “uniche”, che forse dimostrano i limiti del motore (AGS) su cui è costruito il gioco. Le location sono piuttosto numerose, anche se il loro uso è mal bilanciato: da una parte ci sono molti eventi importanti che si svolgono tutti nello stesso luogo, dall’altra ci sono stanze sotto sfruttate che fanno venire dei dubbi sulla loro effettiva necessità.
È invece da lodare il lavoro fatto a livello tecnico e contenutistico per ricreare il sistema informatico con cui il protagonista può interagire per ottenere informazioni utili alle sue indagini e notizie sul mondo di gioco in generale che, pur non risultando utili per la risoluzione dell’avventura, contribuiscono a rendere più completa e coerente l’ambientazione di Gemini Rue. La musica (sempre presente, ma non invadente) e gli effetti sonori (molto riuscito quello della pioggia) completano un quadro visuale/sonoro che sfiora vette di eccellenza.
Anche l’interfaccia è molto classica, con un menu a scomparsa (forse un po’ troppo piccolo) che comprende l’inventario e quattro icone che consentono di interagire con il mondo di gioco; in questo caso, parlare di azioni non sarebbe del tutto corretto, in quanto le icone rappresentano quattro parti del corpo (occhi, mani, bocca, piedi) che il giocatore può usare per compiere varie operazioni.
L’idea è interessante, seppure non originale (si vedano Monkey Island 3 e Full Throttle), ed è un peccato che non sia stata sviluppata in maniera più ampia, limitandosi all’uso creativo dell’icona che rappresenta i piedi. Gli oggetti con cui interagire non sono moltissimi, ma ciò non influisce sulla qualità degli enigmi che non risultano eccessivamente banali, pur mantenendosi piuttosto semplici da risolvere. La relativa facilità degli enigmi contribuisce a far mantenere a Gemini Rue un buon ritmo narrativo, il che, vista la trama interessante e ricca di colpi di scena, è sicuramente un punto a favore di questa avventura.
La piacevolezza dello scorrere della storia è data anche dal fatto che il giocatore avrà modo di muoversi in due situazioni che si svolgono contemporaneamente sullo schermo, fino ad arrivare all’intenso capitolo finale. I dialoghi sono ben scritti e i personaggi sono sufficientemente profondi da consentire al giocatore di condividere i loro scopi. Anche i temi trattati, dal vago sapore “bladerunneriano”, sono un’ulteriore testimonianza della cura riposta nel comparto narrativo. Il tutto è nobilitato da un doppiaggio di qualità (ormai una caratteristica consolidata per il publisher indie Wadjet Eye Games) che rivaleggia con quello di produzioni dotate di un budget assai più elevato. Da sottolineare l’esistenza di una modalità “commentata” che permette di scoprire diversi retroscena dello sviluppo dell’avventura, raccontati da Nuernberger in persona e accompagnati da alcuni “blooper” dei doppiatori.
Per introdurre un elemento di rottura rispetto alla classicità dell‘intera architettura di gioco, l’autore ha aggiunto alcune scene “action“, in cui il giocatore è chiamato a superare delle sparatorie. Tali scene si inseriscono bene nello svolgersi della trama, non danno mai l’impressione di essere delle aggiunte tardive e lasciano trasparire la volontà, da parte di Nuernberger, di curare al meglio ogni singolo aspetto del suo gioco (come dimostra l‘esistenza di una “barra della concentrazione“ che consente di sparare con più precisione). Tuttavia, è l’integrazione con il resto del gameplay che dimostra qualche problema: la modalità con cui si svolgono le sparatorie non convince del tutto, visto che richiede al giocatore di usare la tastiera per controllare il personaggio: è vero che i tasti sono quelli tipici di qualsiasi action (WASD e limitrofi), ma lo svolgimento (un alternarsi di sparare/andare in copertura) manca di quella fluidità necessaria a rendere il tutto più dinamico. I combattimenti in sé non sono comunque difficili da superare e chi dovesse incontrare dei problemi può sempre selezionare un livello di difficoltà più basso.
Tirando le somme, Gemini Rue è un’avventura grafica molto piacevole, con una trama appassionante e una realizzazione tecnica davvero molto buona. Complimenti a Joshua Nuernberger da parte di OGI.
Per comprare il gioco o provare la demo: Wadjet Eye Games
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Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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