L'annuncio di Revolution Software arriva un po' a sorpresa ma fa piacere a tantissimi fan: è in sviluppo presso lo studio il sequel di Beneath a Steel Sky, l'avventura distopica del 1994.
Si chiamerà Beyond a Steel Sky e potrà vantare i disegni di Dave Gibbons e il tipico humor della Revolution. Gli obiettivi della software house sono ambiziosi: il gioco sarà ambientato in un mondo molto reattivo alle scelte del giocatore e che permetterà soluzioni alternative e intelligenti agli ostacoli che verranno posti davanti al giocatore.
Beyond a Steel Sky uscirà per PC, console e dispositivi Apple.
Prima fa caldo, poi freddo, poi di nuovo caldo e poi... ma chi se ne frega degli sbalzi di questo clima dissennato? È arrivato l'aggiornamento del Museo di OGI: l'unica ragione valida per continuare a vivere su questa Terra. E col consueto barocco ampolloso eloquio vado immantinente a far da Cicerone.
Abbiamo l'edizione per PC de La foresta della spada vivente, primo capitolo di un progetto mai completato di Ivan Venturi. Passiamo dunque a Crime city in edizione per Amiga, avventura grafica a sfondo investigativo. Sempre di avventure parliamo con la versione CD-Rom di Beneath a steel sky e con Silverload di Psygnosis entrambe per PC. Andiamo su console a farci dare due cazzottoni dal Mister T dei poveri in Final fight per SNES. E infine, animati dal più puro delirio d'onnipotenza, mettiamoci a fare il dio con Powermonger di Bullfrog di cui abbiamo la versione per Amiga, per PC e pure la guida strategica.
Vi lascio in calce il link del forum ufficiale, casomai abbiate urgenza di battere i ditini sui tastini della tastiera.
In questo finesettimana pasquale GOG.com ha recuperato diverse localizzazioni di acuni suoi giochi in catalogo, parliamo di versioni in Tedesco, Francese, Spagnolo e per alcuni titoli anche la versione in Italiano.
Potete trovare l'elenco completo naturalmente sul sito dello store, ma contestualmente vogliamo segnalare due rilasci in italiano che sono stati possibili grazie a due componenti della nostra comunità: Indiana e Mik0 che hanno aiutato GOG nel recupero della localizzazione rispettivamente di Lure of the Temptress e Afterlife.
Ci siamo fatti attendere, è vero, ma abbiamo confezionato un aggiornamento che in quanto a dimensioni potrebbe beccarsi una nomination sicura per gli AVN Awards.
Facezie a parte, inauguriamo il 2016 con la scheda antologica che raccoglie la serie completa (in versione Amiga e PC) dei 30 episodi di Time Runners prodotta da Simulmondo nella prima metà dei Novanta.
Altre due nuove schede contengono le avventure del famoso Uomo Ragno (L'uomo Ragno: I Sinistri Sei per PC) e del meno famoso Fenimore Fillmore di Three Skulls Of The Toltecs.
Sono state aggiornate, poi, le schede di Beneath A Steel Sky con l'edizione CD-Rom e di Broken Sword, in edizione per Game Boy Advance.
Infine, chiudiamo il cerchio tornando a Simulmondo con l'aggiornamento della scheda di Tex: Piombo Caldo presentato in seconda edizione per PC.
Ci vediamo il mese prossimo con un altro scoppiettante sfavillante sconquassante aggiornamento del Museo, ma per chi volesse contattare l'esimio direttore c'è sempre il Forum.
Con la Primavera che bussa alle porte, ci concediamo un ultimo nostalgico aggiornamento invernale nel nostro Museo.
In questo update Vi proponiamo:
NUOVE SCHEDE INSERITE
La Bella e La Bestia di Infogrames per PC
Corsari: Il gioco delle grandi avventure in mare di Colors per PC
Leisure Suit Larry - Love for Sail di Sierra per PC
AGGIORNAMENTO SCHEDE ESISTENTI
Aggiunta l’edizione Amiga di Goblins3
Aggiunta la variante promozionale del fumetto di Beneath a Steel Sky
Come sempre un doveroso ringraziamento va a tutti coloro che ogni mese continuano con passione ed entusiasmo ad inviarci nuovo materiale.
Se anche Voi volete contribuire alla crescita del nostro museo, potete proporre qui la Vostra candidatura.
Ricordiamo infine che l'area del forum dedicata al museo rimane sempre aperta per accogliere commenti e discussioni su quanto esposto.
Indietro Tutta torna a dare spazio ai giochi realizzati con uno dei tool di sviluppo più importanti e più utilizzati dagli autori di videogiochi amatoriali, ovvero l'AGS , il cui relativo forum di discussione italiano è ospitato in esclusiva proprio qui su Old Games Italia, con orgoglio ed estrema soddisfazione da parte nostra. Attraverso una serie di articoli, volgeremo lo sguardo sulla produzione odierna di avventure grafiche indipendenti, in un viaggio alla scoperta dei titoli da tenere d'occhio. Iniziamo con A Golden Wake e Technobabylon, due giochi davvero interessanti. Non ci resta che sollevare il coperchio della pentola che bolle grazie alla creatività della grande comunità della "Tazza Blu" e augurarvi una buona lettura!
Chris Jones (il creatore dell'engine Adventure Game Studio) nel 2002, in un'intervista rilasciata ad Adventure Treff, ha dichiarato: "Finally, the reason I have been developing AGS since the early days, is not to create my own game any more, but rather as my small contribution to keeping the adventure gaming genre alive." (Il motivo per cui ho sviluppato AGS, sin dai primi giorni, non era quello di creare un mio gioco, ma piuttosto quello di dare il mio piccolo contributo per mantenere vivo il genere delle avventure grafiche).
E grazie a Chris Jones e ad Adventure Game Studio (comunemente chiamato AGS) le avventure grafiche che si ispirano ai grandi classici dell'epoca d'oro (gli anni 90), nonostante tutto, sono più vive che mai, basta dare un'occhiata ai giochi attualmente in sviluppo in seno all'attivissima comunità di AGS: nuovi e vecchi sviluppatori che fanno capolino e decine di titoli molto promettenti, di cui, senza pretesa di essere esaustivi, vorremmo fare una piccola panoramica.
A Golden Wake (Grundislav Games)
A Golden Wake, sviluppato da Francisco Gonzales (Grundislav Games), sarà probabilmente il primo tra i giochi AGS in produzione che vedrà la luce. Il gioco avrà un destino commerciale e sarà pubblicato da Wadjet Eye Games (Gemini Rue, Serie Blackwell, Resonance, Primordia). Ambientato in Florida, nei ruggenti anni 20, il gioco ha come protagonista Alfie Banks, un giovane agente immobiliare di New York trasferitosi da poco a Miami, città nel pieno del boom economico; quello era un momento di grandi opportunità per Alfie. Basata su eventi reali, ambientata in luoghi reali e con personaggi ispirati a persone realmente esistite, l'avventura ci porterà, tra note di jazz, contrabbandieri spietati, politici corrotti ed altri loschi figuri, ad assistere alla caduta di un uomo onesto in un baratro di avidità e di corruzione e (forse) al suo riscatto finale. Tra i giochi in sviluppo, A Golden Wake è senz'altro quello che più sembra far rivivere, almeno a giudicare dagli screenshots e dal trailer, lo spirito dei gloriosi giochi Sierra.
Technobabylon (Technocrat Games)
Ispirato ai classici della letteratura di fantascienza (o in più in generale della "speculative fiction" o narrativa speculativa), Technobabylon è un remake dei primi tre capitoli originari (intitolati appunto Technobabylon I, Technobabylon II e Technobabylon III), rilasciati nel 2010/2011, ed una continuazione degli stessi con una storia che si dipana per almeno altri otto capitoli. In un futuro in cui lo stile di vita cyberpunk sta ridefinendo il significato di ciò che significa essere umani, due destini si intrecciano, quelli di Latha e Regis: Lei, asociale, agorafobica e senza lavoro, dipendente da realtà virtuali e mondi artificiali lontani discendenti di internet, diventa inspiegabilmente il bersaglio di misteriose forze che la vogliono morta; Lui, agente della polizia segreta, inizia ad essere ricattato con le vite dei suoi figli e si trova ben presto a dover fare i conti con il proprio passato. Fantascienza, cyberpunk e mistero sono le keywords di quest'avventura che sarà marchiata anch'essa Wadjet Eye Games e che, grazie ai talenti artistici di Ben Chandler (Eternally us), Ivan Ulyanov (Patchwork) e Nathan Pinard (musiche di Gemini Rue) si preannuncia essere uno dei migliori titoli indie del 2015.
E non dimenticate, venite a parlarne qui sul forum di OGI!
Anno 1991, il fantasy cominciava a riscuotere un timido successo anche in Italia, soprattutto grazie ad alcuni giochi di ruolo (Dungeons&Dragons su tutti) e molti titoli videoludici attingevano a piene mani da questo genere. In ambito adventure la Revolution di Charles Cecil muoveva i primi passi e poneva la prima firma su una lunga lista di successi proprio con Lure of the Temptress, realizzato con l'aiuto di Tony Warriner, prodotto inizialmente da Mirrorsoft e poi portata a termine grazie alla Virgin Interactive. Mi sono immerso nell'atmosfera di questo titolo per la seconda volta a distanza ormai di tanti anni, approfittando della grande opportunità offerta dalla piattaforma di vendita GOG.
La prima volta lo avevo provato su Amiga 500 e ne conservavo davvero un buon ricordo, ricordo positivo peraltro confermato da questa seconda esperienza di gioco, che mi ha spinto a scrivere qualcosa su questo che non è sicuramente uno dei nomi più discussi o celebrati, rispetto ad altri titoli storici di quegli stessi anni.
La trama non è particolarmente originale, matura o profonda, inoltre l'eco tolkeniano è piuttosto evidente, tuttavia l'intreccio presenta una propria coerenza interna e dei personaggi funzionali allo svolgimento dell'intreccio. In questo gioco di stampo fantasy medioevale impersoniamo un ragazzotto di campagna di nome Diermot, chiamato a far parte di una battuta di caccia organizzata dal re. Una notte, il sovrano riceve una richiesta di aiuto da parte di un messaggero che lo invita a sedare una rivolta nel remoto villaggio di Turnvale. Mentre gli uomini del re montano a cavallo e partono in soccorso, il nostro Diermot ed il suo pony li seguono. Inutile dire che il nostro contadino rientra perfettamente nella figura dell'antieroe che si ritrova involontariamente trascinato in questa avventura e in una vicenda ai limiti delle sue possibilità, nulla di più banale, ma considerando che questo gioco è venuto prima di molta altra produzione fantasy successiva, non gli si può muovere una critica particolarmente severa su questo.
Arrivati a Turnvale, i cavalieri comprendono che non si trovano di fronte ad una normale rivolta di contadini, come prevedevano, ma all'invasione da parte di un esercito di mercenari Skorl, esseri dalle sembianze mostruose, assoldati da una seducente maliarda. Al termine della battaglia gli uomini del re sono sconfitti e lo stesso sovrano viene ucciso. In tutto questo turbinio di avvenimenti, Diermot perde i sensi dopo un banale incidente e si ritrova prigioniero degli Skorl. Si risveglia dunque in una cella, circondato da fredde mura e da un misero pagliericcio, e il primo pensiero che gli passa per la testa è ovviamente quello di trovare un modo per fuggire. E' così che inizia questa avventura grafica che coinvolgerà il protagonista in una serie di pericoli e di vicissitudini nel tentativo di liberare Turnvale della minaccia Skorl e di sconfiggere Selena, la malvagia incantatrice del titolo.
LOTT è stato il primo gioco ad utilizzare il “Virtual Theatre”, un motore di gioco interamente sviluppato dallo stesso team Revolution e poi adottato anche per i titoli successivi, un dettaglio non indifferente che permetteva di apportare in un'avventura grafica elementi più dinamici e un'ambientazione più realistica. Un particolare su tutti è sicuramente apprezzabile al di là del passare del tempo: i vari personaggi secondari, che popolano la cittadina nella quale ci muoviamo, non rimangono fermi e statici in un luogo, in attesa di entrare in gioco o di interagire con il protagonista (come troppo spesso accade anche nelle avventure di ultima generazione) ma vivono di vita propria, si spostano, vagano per la cittadina e addirittura conversano tra loro.
Certo i limiti dell'epoca sono piuttosto evidenti, capita spesso che in questo andirivieni i personaggi si scontrino tra loro o con te, ostacolandoti negli spostamenti e liquidandoti con un “mi scusi” (difetto corretto solo con Beneath a Steel Sky e dopo con Broken Sword: l'ombra dei templari ), ma se pensiamo che in modalità diverse troviamo difetti tecnici simili anche in un modernissimo GTA, direi che possiamo tollerare qualche imperfezione in un gioco del '91, che comunque visto in un'ottica di più ampio respiro, fa riflettere sull'involuzione di questo genere negli ultimi anni.
A seconda della posizione di Diermot all'interno della schermata è dunque possibile intercettare queste conversazioni (per esempio guardando attraverso le finestre) e raccogliere preziose informazioni utili successivamente per risolvere alcuni enigmi. Se da una parte questo è sicuramente un espediente interessante, d'altro canto questo vagare per Turnvale alla ricerca di qualche bisbiglio interessante a lungo andare può diventare ripetitivo, anche se in tutta onestà la cittadina non è molto vasta, quindi è un aspetto del tutto marginale; inoltre visto con gli occhi di un avventuriero di oggi, abituato purtroppo ad una certa staticità o addirittura ad una lenta regressione nel gameplay di molti giochi, quello che salta agli occhi è soprattutto la potenzialità di questo engine che offre in effetti qualcosa di diverso dal solito e che ha un certo impatto ancora oggi.
L'interfaccia è quella di un punta e clicca classico in 2D, con una piccola novità, comandi azionabili in un menu a scorrimento (quasi a tendina, qualcosa di simile è possibile ritrovarlo nel recente Resonance, edito da Wadjet Eye Games), un elemento abbastanza innovativo per il tempo. Se consideriamo la difficoltà media degli enigmi delle avventure di quegli anni, probabilmente gli ostacoli che il giocatore dovrà affrontare non sembreranno particolarmente difficili, ma se paragonato a quello di alcuni prodotti degli ultimi anni, il livello di sfida apparirà sicuramente interessante.
Il gameplay si basa principalmente sulla ricerca degli hotspot (pixellati), sull'uso dell'inventario e sull'interazione con oggetti e altri personaggi, con i quali dovrete spesso interloquire. Gli enigmi basati sull'inventario richiedono un'osservazione attenta degli oggetti in modo da ottenere una descrizione più approfondita prima di poter interagire, il che potrà dare qualche problema al giocatore che si approccia per la prima volta a questi retrogame e a chi non è abituato ad una grafica pixellata, ma tutto sommato nulla di irrisolvibile, basta qualche minuto per farci l'occhio e l'abitudine.
Ad un'analisi meticolosa per esempio, alcuni oggetti mostreranno dei particolari che si rivelano poi fondamentali per la soluzione di alcuni enigmi. A volte è necessario l'aiuto di uno dei tanti personaggi secondari, che dovranno aiutarvi a superare fisicamente alcuni ostacoli. Da questo punto di vista il gioco è molto interessante, infatti Diermot potrà chiedere ad altri cittadini di eseguire comandi anche molto complessi, tipo: "Di' a Ratpouch (il buffone di corte, nonché uno dei personaggi più utili per il protagonista almeno nelle fasi iniziali) di recarsi nei pressi della zona x, prendere l'oggetto y e poi tornare", il tutto reso possibile dai menu a comparsa che contengono tutte le parole possibili per formare ogni parte della frase. Se certe volte può sembrare difficoltoso, questo tipo di interazione si rivela invece, a mio modo di vedere, uno dei punti di forza del gioco.
Non mancano neanche alcuni brevi intermezzi “arcade” (elemento piuttosto comune a molte avventure dell'epoca) e in un paio di occasioni ci si ritrova a confrontarsi con degli Skorl, con tanto di ascia nella mano e viene richiesta un po' di coordinazione nei movimenti, ma nel complesso risultano ampiamente superabili, inoltre il sistema di salvataggio viene incontro in caso di difficoltà. Anche in altre occasioni, in caso di errore, il gioco termina con una schermata (peraltro neanche male per l'epoca) che ci congeda e ci mostra la brutta fine che aspetta il povero Diermot.
Il comparto sonoro assolve discretamente al suo dovere, non dimentichiamoci però che la colonna sonora era stata realizzata in formato MIDI, come molte ag degli anni novanta (con tutti i limiti del caso) ma nonostante tutto in alcuni momenti è efficace e certi intermezzi accompagnano il momento drammatico in modo piuttosto efficace. A chi non è abituato può anche sembrare fastidioso, ma questo è uno degli aspetti dove il gioco mostra tutti i suoi ann; tra l'altro sono sicuro che chi si approccia ad una retroavventura sia disposto ad immergersi completamente nell'atmosfera dei "roaring nineties", comprendendone i difetti e accettandoli come un dazio più che accettabile da pagare, pur di godersi queste piccole perle del passato.
Peraltro è da sottolineare che le musiche sono composte da Richard Joseph, un nome celebre dell'industria videoludica già autore della colonna sonora di Defender of the Crown e collaboratore di celebri software house, dalla Sensible Software ai Bitmap Brothers (chi ha qualche anno sa di cosa sto parlando).
Probabilmente dal punto di vista della longevità si poteva fare meglio, anzi lo definirei un titolo piuttosto breve, ma tutto sommato il risultato finale è soddisfacente e sebbene possa sembrare azzardato, aggiungo anche che la grafica è piuttosto dettagliata considerando l'anno di produzione.
Nonostante i personaggi non risultino indimenticabili, nonostante non tocchi i picchi di eccellenza delle avventure classiche Sierra e Lucas e non risulti così ambizioso come alcuni prodotti successivi targati Revolution (su tutti Beneath a Steel Sky e Broken Sword) questo titolo è sicuramente uno dei più interessanti del periodo d'oro della avventure grafiche e a mio parere anche di gran lunga migliore della maggior parte delle avventure fantasy e simili (ma non solo) proposte negli ultimi cinque o sei anni; anzi non sarebbe un male se qualche sviluppatore rigiocasse un titolo come questo (e come altri) anche per rispolverare l'abc delle avventure grafiche e riscoprire un elemento fondamentale che contraddistingueva i prodotti migliori degli anni 90: quella sensazione costante di work in progress, quel desiderio continuo di scandagliare i limiti e le potenzialità di questo genere, quella voglia di esplorare di gioco in gioco nuove possibilità di intrattenimento e di non accontentarsi di formule abusate o di un gameplay scontato.
Anche se in fase di uscita fu piuttosto sottovalutato, non tanto dalla critica che lo accolse bene, ma dai giocatori probabilmente abituati a standard qualitativi elevatissimi, io direi che sia il caso di rivalutarlo e consiglio caldamente a chiunque voglia vivere una buona avventura, ben fatta, con una storia abbastanza semplice ma anche coinvolgente, con alcune idee molto interessanti, di dedicare il proprio tempo libero a Lure of the Temptress, peraltro scaricabile in modo del tutto gratuito sul sito di GOG e di Zodiac (di cui vi diamo il link a fianco), oltre che sul sito ufficiale del gioco. Davvero un peccato non approfittarne.
Pensavate che le sorprese di Aprile fossero finite e invece siamo solo all'inizio! Ecco infatti arrivare un corposo aggiornamento dell'Ogi Musem ad opera del catalogatore per eccellenza, il nostro Direttore Gharlic.
Ecco cosa potete trovare a questo giro:
Si ringrazia ovviamente tutti coloro che stanno collaborando all'ampliamento del nostro catalogo, invitandovi a non interrompere il vostro flusso di foto, informazioni e curiosità: il museo vive anche grazie a voi!
Visita al museo, ovviamente gratuita
Se volete scambiare due parole sulle opere esposte sull'Ogi Forum
Dopo il tuffo nel passato offerto dal secondo episodio, le avventure della famiglia Blackwell ritornano ad avere per protagonista la giovane Rosa. Sono passati solo sei mesi da quando sua zia Lauren le ha lasciato in eredità lo spettro Joey Mallone, ma la nostra "rossa" sembra essersi già ben adattata al ruolo di medium, tanto che persino la sua asocialità patologica sembra essersi affievolita. Certo, tra le sue conoscenze si contano adesso più spettri che persone in carne ed ossa, ma è già un buon inizio, no?
The Blackwell Convergence è il terzo capitolo della serie creata da Dave Gilbert, arrivato ben due anni dopo il suo predecessore The Blackwell Unbound... e non appena si lancia il gioco non è difficile rendersi conto di quanto abbia giovato un periodo di gestazione così lungo. Lasciate alle spalle le ristrettezze economiche e la trama rabberciata di TBU, questo episodio si presenta subito benissimo. Impossibile non apprezzare la nuova grafica che, nonostante l'infima risoluzione nativa (320x240), è stata affidata a nuovi artisti ed è paragonabile a quella di avventure dell'epoca d'oro del genere, come Beneath a Steel Sky o Simon the Sorcerer. I fondali mostrano finalmente una buona perizia nel disegno e nella colorazione, con una qualità complessiva che si mantiene su ottimi, sebbene qualche scena appaia un po' spoglia (ma è un limite dovuto alla scelta di rappresentare alcuni scorci reali di New York).
Anche i personaggi risultano essere proporziati all'ambiente che li circonda e ben dettagliati. Da sottolineare la presenza di animazioni ad hoc che danno maggiore plasticità ad alcune azioni, come quelle che mostrano Joey attraversare una porta o una finestra. Dopo un capitolo d'assenza, tornano anche i primi piani dei personaggi, sempre ben realizzati e con un range di emozioni leggermente più ampio rispetto a The Blackwell Legacy.
Il sonoro è un aspetto che alla Wadjet Eye Games, budget o non budget, cercano sempre di presentare al meglio. The Blackwell Convergence non fa eccezione, con ottime musiche di sottofondo (in cui è possibile riconoscere alcuni remix di pezzi già ascoltati nei capitoli precedenti) e naturalmente un doppiaggio completo accompagnato dal commento audio dell'autore del gioco. I doppiatori sono quasi tutti dei professionisti e, nonostante alcune voci siano cambiate (tra cui proprio quella di Rosa), il risultato è molto gradevole. Data la cura riposta nell'ambito audio, stupisce forse un po' la scelta di alcuni effetti sonori non proprio indimenticabili, come il rumore della pioggia che assomiglia ad una doccia piuttosto che a un acquazzone cittadino.
Per quel che riguarda il gameplay, la serie sembra ormai aver trovato la sua formula di base, con la sua interfaccia punta & clicca (tasto destro per osservare, sinistro per interagire) e la possibilità di spostare il controllo su Joey o su Rosa (con tanto di puntatore che cambia colore a seconda del personaggio selezionato). Da Unbound viene ripresa la necessità di digitare manualmente dei nomi per ottenere degli indizi, con la sola differenza che stavolta non si consulta un elenco telefonico, bensì il potente motore di ricerca Oogle (!). Aggiunta anche la possibilità di consultare la propria casella mail (seppure non si possano inviare messaggi). Si prende invece un turno di riposo il bisogno di consultare il bloc notes per combinare due indizi e ottenerne uno nuovo; se ne sente un po' la mancanza, dal momento che sembrava un elemento caratteristico della serie, ma nei suoi commenti Dave Gilbert ammette di averlo sfruttato male in Unbound e ha così deciso di metterlo in stand-by per rielaborarlo nei prossimi episodi. Il blocchetto degli appunti è comunque sempre presente come fonte di argomenti per i dialoghi.
Gli enigmi, non è più una sorpresa, sono molto semplici e si risolvono quasi per inerzia. Per un'avventura grafica è quasi sempre un fattore negativo, ma la serie di The Blackwell è più che altro una detective story che si basa molto sul ritmo dei dialoghi e sul saper combinare i pezzi del puzzle per ricomporre il quadro generale; enigmi troppo complessi o illogici rischierebbero di soverchiare lo scorrere della trama (come effettivamente accade in un paio di casi, quando l'enigma appare troppo forzato). Rimane comunque la convinzione che un po' più di cattiveria non avrebbe fatto male. C'è anche da segnalare che verso la fine del gioco la parte "avventurosa" perde un po' di coesione, forse a causa di un'improvvisa accelerazione nello svolgersi degli eventi.
Riguardo a uno dei difetti "storici" della serie, ovvero lo scarso uso di poteri fantasmatici, bisogna dire che Joey è sempre un personaggio secondario quando si tratta di "sporcarsi le mani", ma in questo episodio risulta essere più attivo e il suo contributo per la risoluzione dei casi è molto più determinante. Finalmente avere un fantasma come partner ha i suoi vantaggi!
La trama è una continuazione diretta di quella di The Blackwell Legacy e ci si accorge presto dei punti in cui si sarebbero dovuti inserire i flashback di Lauren che sono poi andati a formare la trama di Unbound. Rispetto ai primi due episodi, la storia è più lunga e approfondita, con gustosi riferimenti alla cultura pop newyorkese e le solite visite a luoghi cari all'autore.
Rosa & Joey sono ormai "di casa" come possono esserlo solo i protagonisti di una serie e quindi è sempre un piacere controllarli anche in The Blackwell Convergence, dove non mancano i loro battibecchi (da innamorati?). Andandoli ad analizzare singolarmente, Joey è sempre Joey, mentre Rosa sembra aver subito un sensibile cambiamento caratteriale rispetto al capitolo iniziale (complice anche il cambio di doppiatrice); in questo modo il personaggio è un po' più dinamico, sebbene più stereotipato rispetto alla giornalista free-lance asociale di Legacy. Ma provateci voi a vivere con un fantasma per sei mesi!
In un gioco che punta tutto su protagonisti e storia, stupisce che alcuni passaggi risultino un po' oscuri e che non vengano completamente chiariti. Forse è un difetto dovuto alla natura seriale, ma la sensazione è che si tratti di magagne dovute alla non perfetta integrazione tra trama ed enigmi. Non è un problema troppo grave, ma siccome le situazioni che lo fanno venire a galla corrispondono a punti cruciali della trama, qualcuno potrebbe ritrovarsi a storcere il naso in un paio d'occasioni.
The Blackwell Convergence non è ancora un gioco privo di difetti, ma è più facile perdonarli rispetto al passato: è chiaro che la qualità sta crescendo di capitolo in capitolo. Così, se The Blackwell Legacy era un'opera ancora acerba e The Blackwell Unbound un gioco limitato dal budget esiguo, questo terzo episodio raggiunge finalmente la piena sufficienza ed è classificabile come un prodotto professionale. Un ottimo viatico per la continuazione della serie.
Continua con The Blackwell Deception.
La prima sensazione che si prova giocando a Gemini Rue di Joshua Nuernberger è che si sia improvvisamente tornati ai primi anni ‘90. Trattandosi di un’avventura grafica, di certo non si può dire che sia una cosa negativa. Fin dai primi momenti in cui il giocatore entra nei panni dell’ex assassino Azriel Odin, il protagonista giunto sul pianeta Barracus in cerca di suo fratello, la mente non potrà fare a meno di andare ad alcuni classici del passato come Beneath a Steel Sky e Future Wars. Soprattutto quest’ultimo sembra esser stato la fonte d’ispirazione principale per la grafica disegnata a mano con colori molto freddi e con un buon numero di dettagli nonostante la bassa risoluzione. Non mancano alcune chicche come i primi piani dei personaggi che compaiono durante i dialoghi e che ricordano le avventure Sierra o i recenti remake di Broken Sword.
L’unica nota stonata è la mancanza di alcune animazioni “uniche”, che forse dimostrano i limiti del motore (AGS) su cui è costruito il gioco. Le location sono piuttosto numerose, anche se il loro uso è mal bilanciato: da una parte ci sono molti eventi importanti che si svolgono tutti nello stesso luogo, dall’altra ci sono stanze sotto sfruttate che fanno venire dei dubbi sulla loro effettiva necessità.
È invece da lodare il lavoro fatto a livello tecnico e contenutistico per ricreare il sistema informatico con cui il protagonista può interagire per ottenere informazioni utili alle sue indagini e notizie sul mondo di gioco in generale che, pur non risultando utili per la risoluzione dell’avventura, contribuiscono a rendere più completa e coerente l’ambientazione di Gemini Rue. La musica (sempre presente, ma non invadente) e gli effetti sonori (molto riuscito quello della pioggia) completano un quadro visuale/sonoro che sfiora vette di eccellenza.
Anche l’interfaccia è molto classica, con un menu a scomparsa (forse un po’ troppo piccolo) che comprende l’inventario e quattro icone che consentono di interagire con il mondo di gioco; in questo caso, parlare di azioni non sarebbe del tutto corretto, in quanto le icone rappresentano quattro parti del corpo (occhi, mani, bocca, piedi) che il giocatore può usare per compiere varie operazioni.
L’idea è interessante, seppure non originale (si vedano Monkey Island 3 e Full Throttle), ed è un peccato che non sia stata sviluppata in maniera più ampia, limitandosi all’uso creativo dell’icona che rappresenta i piedi. Gli oggetti con cui interagire non sono moltissimi, ma ciò non influisce sulla qualità degli enigmi che non risultano eccessivamente banali, pur mantenendosi piuttosto semplici da risolvere. La relativa facilità degli enigmi contribuisce a far mantenere a Gemini Rue un buon ritmo narrativo, il che, vista la trama interessante e ricca di colpi di scena, è sicuramente un punto a favore di questa avventura.
La piacevolezza dello scorrere della storia è data anche dal fatto che il giocatore avrà modo di muoversi in due situazioni che si svolgono contemporaneamente sullo schermo, fino ad arrivare all’intenso capitolo finale. I dialoghi sono ben scritti e i personaggi sono sufficientemente profondi da consentire al giocatore di condividere i loro scopi. Anche i temi trattati, dal vago sapore “bladerunneriano”, sono un’ulteriore testimonianza della cura riposta nel comparto narrativo. Il tutto è nobilitato da un doppiaggio di qualità (ormai una caratteristica consolidata per il publisher indie Wadjet Eye Games) che rivaleggia con quello di produzioni dotate di un budget assai più elevato. Da sottolineare l’esistenza di una modalità “commentata” che permette di scoprire diversi retroscena dello sviluppo dell’avventura, raccontati da Nuernberger in persona e accompagnati da alcuni “blooper” dei doppiatori.
Per introdurre un elemento di rottura rispetto alla classicità dell‘intera architettura di gioco, l’autore ha aggiunto alcune scene “action“, in cui il giocatore è chiamato a superare delle sparatorie. Tali scene si inseriscono bene nello svolgersi della trama, non danno mai l’impressione di essere delle aggiunte tardive e lasciano trasparire la volontà, da parte di Nuernberger, di curare al meglio ogni singolo aspetto del suo gioco (come dimostra l‘esistenza di una “barra della concentrazione“ che consente di sparare con più precisione). Tuttavia, è l’integrazione con il resto del gameplay che dimostra qualche problema: la modalità con cui si svolgono le sparatorie non convince del tutto, visto che richiede al giocatore di usare la tastiera per controllare il personaggio: è vero che i tasti sono quelli tipici di qualsiasi action (WASD e limitrofi), ma lo svolgimento (un alternarsi di sparare/andare in copertura) manca di quella fluidità necessaria a rendere il tutto più dinamico. I combattimenti in sé non sono comunque difficili da superare e chi dovesse incontrare dei problemi può sempre selezionare un livello di difficoltà più basso.
Tirando le somme, Gemini Rue è un’avventura grafica molto piacevole, con una trama appassionante e una realizzazione tecnica davvero molto buona. Complimenti a Joshua Nuernberger da parte di OGI.
Per comprare il gioco o provare la demo: Wadjet Eye Games
In un futuro distopico, l'ex assassino Azriel Odin arriva sul pianeta Barracus per trovare suo fratello scomparso e per farlo non esiterà a mettersi contro i suoi vecchi committenti. Questa la premessa di Gemini Rue, promettente avventura grafica creata in AGS da Joshua Nuernberger e in uscita il 24 febbraio con etichetta Wadjet Eye Games. Il gioco sembra la continuazione ideale di Beneath a Steel Sky e di Blade Runner, tanto che da quest'ultimo riprende l'idea di alcune brevi sezioni action che si alterneranno alle fasi più riflessive. A rendere ancora più vario il gioco contribuiranno sequenze stealth e operazioni di hackeraggio di terminali informatici. La comunità indie si conferma ancora una volta capace di solleticare il nostro interesse.
Beneath a steel sky.
Appena prendete il controllo del personaggio spostatevi verso il lato sinistro della scala. Restate dove siete e cercate la sbarra sulla balaustra e prendetela. Andate a destra ed usate la sbarra di ferro per aprire la porta. Una volta all’esterno guardate la sequenza nel corso della quale il poliziotto verrà a cercarvi, e non vedendovi più penserà che siate morti. Rientrate nella stanza e scendete le scale. Andate a destra ed entrate nella stanza attigua. Osservate i rottami ed esaminate il vecchio robot sulla destra. Riparatelo inserendo la scheda madre nel vostro inventario e parlate con Joey ponendo tutte le domande a vostra disposizione. Al termine del dialogo entrate nella stanza a destra e parlate con Hobbins. Al termine del dialogo cercate di aprire l’anta del mobiletto; ma Hobbins ve lo impedirà. Tornate nella stanza con i rottami e salite sul montacarichi in modo tale da far scattare l’allarme. Mentre Hobbins verrà a disattivarlo correte nella stanza precedente, aprite il mobiletto e prendete la chiave inglese. Nota: Per essere certi di fare in tempo settate al minimo la velocità del gioco andando nel menù principale e cliccando sulla scritta opzioni. Tornate nella stanza dei rottami e provate a riparare il trasportatore con la chiave inglese, impresa nella quale non riuscirete. Parlate quindi con Joey e fatevi aiutare da lui. Osservate i movimenti del trasportatore, che una volta riparato trasporterà dei bidoni e li appoggerà di volta in volta sul montacarichi. Nel momento in cui il piano del montacarichi scende cliccate sul buco e saltate giù. Osservate la porta sulla destra e chiedete a Joey di aiutarvi ad aprirla, ma prima che possiate uscire entrerà un poliziotto pronto ad uccidervi, ma fortunatamente per voi sarà lui ad avere la peggio. Perquisite il cadavere e prendete sia la scheda d’identificazione, che gli occhiali da sole. Andate all’esterno e spostatevi verso destra. Provate ad usare l’ascensore inserendo la scheda del poliziotto e scoprirete che l’ascensore è fuori servizio. Andate verso destra ed entrate nel laboratorio. Parlate con la donna finché un ispettore non verrà ad interrompervi per accompagnarvi verso l’uscita. Aspettate che l’ispettore esca e rientrate nel laboratorio. Andate a destra e cercate di entrare nel magazzino che si trova a sinistra, ma i sensori faranno scattare l’allarme ed un altro ispettore che si trova nei paraggi v’impedirà di entrare. Parlate con Joey e mandatelo in avanscoperta nel magazzino. Aspettate che esca e parlate di nuovo con lui per capire cosa ha trovato nel magazzino. Joey vi parlerà di una scatola dei fusibili. Bloccate gli ingranaggi con la chiave inglese e riprendetela subito dopo. Parlate nuovamente con Joey e chiedetegli di disattivare la scotola dei fusibili. Purtroppo non sarà così facile. Tornate nel laboratorio ed avvicinatevi al macchinario sul quale stava lavorando la donna e riparatelo con la chiave inglese. Parlate con Joey e mostrategli la sua nuova corazza! Tornate nella stanza precedente e chiedete nuovamente a Joey di disattivare la scatola dei fusibili.
Beneath a steel sky nasce da un breve fumetto di Dave Gibbons (compreso nella confezione originale), che ha poi collaborato con la Revolution Software per l'ambientazione dell'avventura (Union City).
Il protagonista risponde al nome di Robert, il cui padre ha collaborato al progetto di creazione di una intelligenza artificiale - LINC - riuscita così bene (o così male) da ereditare dall'uomo il desiderio di dominio. LINC elimina i suoi creatori, prende il controllo di Union City e costringe il piccolo Robert e sua madre alla fuga verso un'altra città, Hobart.
Sfortunatamente (o fatalmente) l'elicottero che li trasporta precipita. Robert sopravvive all'incidente e cresce sotto la tutela degli abitanti delle terre selvagge che gli danno un cognome, Foster. In questo periodo, il nostro eroe fa la conoscenza di Joey, un robot dal freddo sarcasmo che gli sarà più volte utile nella sua vita.
Robert Foster diviene un uomo, ma le sue sventure non sono terminate; viene cercato e catturato da un elicottero della sicurezza di Union City (controllata, come tutta la città, da LINC). Anche questa volta, l'elicottero precipita "misteriosamente" alle porte della città. Da qui, dovrete aiutare Robert a sfuggire dalla sicurezza ed a scoprire il mistero che si cela dietro questa storia.
L'aspetto migliore del gioco è sicuramente l'atmosfera: i disegni di Dave Gibbons, accompagnati dalle buone musiche, contribuiscono in modo decisivo a creare una delle migliori ambientazioni cyberpunk/fantascientifiche che io abbia mai vissuto in un videogame, riecheggiando vagamente il capolavoro di Ridley Scott, Blade Runner.
Tecnicamente, la Revolution Software adottò lo stesso motore grafico di Lure of the temptress, il Virtual Theatre, la cui caratteristica principale consiste nel fatto che i personaggi di Union City "vivono" e compiono azioni indipendetemente dal vostro intervento. Questo ha permesso di concetrare molti enigmi sull'osservazione e il ragionamento, il secondo aspetto migliore del gioco.
Altro aspetto ben riuscito è la caratterizzazione di LINC, con cui dovrete interagire attraverso dei terminali disposti nella città e perfino mediante una pseudo-realtà virtuale dove le azioni compiute hanno effetti reali su Union City.
L'unica pecca è che si può morire, per cui vi consiglio di salvare abbastanza frequentemente. Premetto che non ho mai gradito molto le avventure grafiche "stile Sierra", in cui è possibile morire e/o finire in vicoli ciechi; ovviamente, si tratta di un personalissimo punto di vista.
In conclusione, Beneath a steel sky è un must per gli amanti del genere, specie se appassionati anche di ambientazione cyberpunk/futuristica o post-apocalittica.
Un ottimo modo per spendere il vostro tempo libero.
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