In questo finesettimana pasquale GOG.com ha recuperato diverse localizzazioni di acuni suoi giochi in catalogo, parliamo di versioni in Tedesco, Francese, Spagnolo e per alcuni titoli anche la versione in Italiano.
Potete trovare l'elenco completo naturalmente sul sito dello store, ma contestualmente vogliamo segnalare due rilasci in italiano che sono stati possibili grazie a due componenti della nostra comunità: Indiana e Mik0 che hanno aiutato GOG nel recupero della localizzazione rispettivamente di Lure of the Temptress e Afterlife.
Anno 1991, il fantasy cominciava a riscuotere un timido successo anche in Italia, soprattutto grazie ad alcuni giochi di ruolo (Dungeons&Dragons su tutti) e molti titoli videoludici attingevano a piene mani da questo genere. In ambito adventure la Revolution di Charles Cecil muoveva i primi passi e poneva la prima firma su una lunga lista di successi proprio con Lure of the Temptress, realizzato con l'aiuto di Tony Warriner, prodotto inizialmente da Mirrorsoft e poi portata a termine grazie alla Virgin Interactive. Mi sono immerso nell'atmosfera di questo titolo per la seconda volta a distanza ormai di tanti anni, approfittando della grande opportunità offerta dalla piattaforma di vendita GOG.
La prima volta lo avevo provato su Amiga 500 e ne conservavo davvero un buon ricordo, ricordo positivo peraltro confermato da questa seconda esperienza di gioco, che mi ha spinto a scrivere qualcosa su questo che non è sicuramente uno dei nomi più discussi o celebrati, rispetto ad altri titoli storici di quegli stessi anni.
La trama non è particolarmente originale, matura o profonda, inoltre l'eco tolkeniano è piuttosto evidente, tuttavia l'intreccio presenta una propria coerenza interna e dei personaggi funzionali allo svolgimento dell'intreccio. In questo gioco di stampo fantasy medioevale impersoniamo un ragazzotto di campagna di nome Diermot, chiamato a far parte di una battuta di caccia organizzata dal re. Una notte, il sovrano riceve una richiesta di aiuto da parte di un messaggero che lo invita a sedare una rivolta nel remoto villaggio di Turnvale. Mentre gli uomini del re montano a cavallo e partono in soccorso, il nostro Diermot ed il suo pony li seguono. Inutile dire che il nostro contadino rientra perfettamente nella figura dell'antieroe che si ritrova involontariamente trascinato in questa avventura e in una vicenda ai limiti delle sue possibilità, nulla di più banale, ma considerando che questo gioco è venuto prima di molta altra produzione fantasy successiva, non gli si può muovere una critica particolarmente severa su questo.
Arrivati a Turnvale, i cavalieri comprendono che non si trovano di fronte ad una normale rivolta di contadini, come prevedevano, ma all'invasione da parte di un esercito di mercenari Skorl, esseri dalle sembianze mostruose, assoldati da una seducente maliarda. Al termine della battaglia gli uomini del re sono sconfitti e lo stesso sovrano viene ucciso. In tutto questo turbinio di avvenimenti, Diermot perde i sensi dopo un banale incidente e si ritrova prigioniero degli Skorl. Si risveglia dunque in una cella, circondato da fredde mura e da un misero pagliericcio, e il primo pensiero che gli passa per la testa è ovviamente quello di trovare un modo per fuggire. E' così che inizia questa avventura grafica che coinvolgerà il protagonista in una serie di pericoli e di vicissitudini nel tentativo di liberare Turnvale della minaccia Skorl e di sconfiggere Selena, la malvagia incantatrice del titolo.
LOTT è stato il primo gioco ad utilizzare il “Virtual Theatre”, un motore di gioco interamente sviluppato dallo stesso team Revolution e poi adottato anche per i titoli successivi, un dettaglio non indifferente che permetteva di apportare in un'avventura grafica elementi più dinamici e un'ambientazione più realistica. Un particolare su tutti è sicuramente apprezzabile al di là del passare del tempo: i vari personaggi secondari, che popolano la cittadina nella quale ci muoviamo, non rimangono fermi e statici in un luogo, in attesa di entrare in gioco o di interagire con il protagonista (come troppo spesso accade anche nelle avventure di ultima generazione) ma vivono di vita propria, si spostano, vagano per la cittadina e addirittura conversano tra loro.
Certo i limiti dell'epoca sono piuttosto evidenti, capita spesso che in questo andirivieni i personaggi si scontrino tra loro o con te, ostacolandoti negli spostamenti e liquidandoti con un “mi scusi” (difetto corretto solo con Beneath a Steel Sky e dopo con Broken Sword: l'ombra dei templari ), ma se pensiamo che in modalità diverse troviamo difetti tecnici simili anche in un modernissimo GTA, direi che possiamo tollerare qualche imperfezione in un gioco del '91, che comunque visto in un'ottica di più ampio respiro, fa riflettere sull'involuzione di questo genere negli ultimi anni.
A seconda della posizione di Diermot all'interno della schermata è dunque possibile intercettare queste conversazioni (per esempio guardando attraverso le finestre) e raccogliere preziose informazioni utili successivamente per risolvere alcuni enigmi. Se da una parte questo è sicuramente un espediente interessante, d'altro canto questo vagare per Turnvale alla ricerca di qualche bisbiglio interessante a lungo andare può diventare ripetitivo, anche se in tutta onestà la cittadina non è molto vasta, quindi è un aspetto del tutto marginale; inoltre visto con gli occhi di un avventuriero di oggi, abituato purtroppo ad una certa staticità o addirittura ad una lenta regressione nel gameplay di molti giochi, quello che salta agli occhi è soprattutto la potenzialità di questo engine che offre in effetti qualcosa di diverso dal solito e che ha un certo impatto ancora oggi.
L'interfaccia è quella di un punta e clicca classico in 2D, con una piccola novità, comandi azionabili in un menu a scorrimento (quasi a tendina, qualcosa di simile è possibile ritrovarlo nel recente Resonance, edito da Wadjet Eye Games), un elemento abbastanza innovativo per il tempo. Se consideriamo la difficoltà media degli enigmi delle avventure di quegli anni, probabilmente gli ostacoli che il giocatore dovrà affrontare non sembreranno particolarmente difficili, ma se paragonato a quello di alcuni prodotti degli ultimi anni, il livello di sfida apparirà sicuramente interessante.
Il gameplay si basa principalmente sulla ricerca degli hotspot (pixellati), sull'uso dell'inventario e sull'interazione con oggetti e altri personaggi, con i quali dovrete spesso interloquire. Gli enigmi basati sull'inventario richiedono un'osservazione attenta degli oggetti in modo da ottenere una descrizione più approfondita prima di poter interagire, il che potrà dare qualche problema al giocatore che si approccia per la prima volta a questi retrogame e a chi non è abituato ad una grafica pixellata, ma tutto sommato nulla di irrisolvibile, basta qualche minuto per farci l'occhio e l'abitudine.
Ad un'analisi meticolosa per esempio, alcuni oggetti mostreranno dei particolari che si rivelano poi fondamentali per la soluzione di alcuni enigmi. A volte è necessario l'aiuto di uno dei tanti personaggi secondari, che dovranno aiutarvi a superare fisicamente alcuni ostacoli. Da questo punto di vista il gioco è molto interessante, infatti Diermot potrà chiedere ad altri cittadini di eseguire comandi anche molto complessi, tipo: "Di' a Ratpouch (il buffone di corte, nonché uno dei personaggi più utili per il protagonista almeno nelle fasi iniziali) di recarsi nei pressi della zona x, prendere l'oggetto y e poi tornare", il tutto reso possibile dai menu a comparsa che contengono tutte le parole possibili per formare ogni parte della frase. Se certe volte può sembrare difficoltoso, questo tipo di interazione si rivela invece, a mio modo di vedere, uno dei punti di forza del gioco.
Non mancano neanche alcuni brevi intermezzi “arcade” (elemento piuttosto comune a molte avventure dell'epoca) e in un paio di occasioni ci si ritrova a confrontarsi con degli Skorl, con tanto di ascia nella mano e viene richiesta un po' di coordinazione nei movimenti, ma nel complesso risultano ampiamente superabili, inoltre il sistema di salvataggio viene incontro in caso di difficoltà. Anche in altre occasioni, in caso di errore, il gioco termina con una schermata (peraltro neanche male per l'epoca) che ci congeda e ci mostra la brutta fine che aspetta il povero Diermot.
Il comparto sonoro assolve discretamente al suo dovere, non dimentichiamoci però che la colonna sonora era stata realizzata in formato MIDI, come molte ag degli anni novanta (con tutti i limiti del caso) ma nonostante tutto in alcuni momenti è efficace e certi intermezzi accompagnano il momento drammatico in modo piuttosto efficace. A chi non è abituato può anche sembrare fastidioso, ma questo è uno degli aspetti dove il gioco mostra tutti i suoi ann; tra l'altro sono sicuro che chi si approccia ad una retroavventura sia disposto ad immergersi completamente nell'atmosfera dei "roaring nineties", comprendendone i difetti e accettandoli come un dazio più che accettabile da pagare, pur di godersi queste piccole perle del passato.
Peraltro è da sottolineare che le musiche sono composte da Richard Joseph, un nome celebre dell'industria videoludica già autore della colonna sonora di Defender of the Crown e collaboratore di celebri software house, dalla Sensible Software ai Bitmap Brothers (chi ha qualche anno sa di cosa sto parlando).
Probabilmente dal punto di vista della longevità si poteva fare meglio, anzi lo definirei un titolo piuttosto breve, ma tutto sommato il risultato finale è soddisfacente e sebbene possa sembrare azzardato, aggiungo anche che la grafica è piuttosto dettagliata considerando l'anno di produzione.
Nonostante i personaggi non risultino indimenticabili, nonostante non tocchi i picchi di eccellenza delle avventure classiche Sierra e Lucas e non risulti così ambizioso come alcuni prodotti successivi targati Revolution (su tutti Beneath a Steel Sky e Broken Sword) questo titolo è sicuramente uno dei più interessanti del periodo d'oro della avventure grafiche e a mio parere anche di gran lunga migliore della maggior parte delle avventure fantasy e simili (ma non solo) proposte negli ultimi cinque o sei anni; anzi non sarebbe un male se qualche sviluppatore rigiocasse un titolo come questo (e come altri) anche per rispolverare l'abc delle avventure grafiche e riscoprire un elemento fondamentale che contraddistingueva i prodotti migliori degli anni 90: quella sensazione costante di work in progress, quel desiderio continuo di scandagliare i limiti e le potenzialità di questo genere, quella voglia di esplorare di gioco in gioco nuove possibilità di intrattenimento e di non accontentarsi di formule abusate o di un gameplay scontato.
Anche se in fase di uscita fu piuttosto sottovalutato, non tanto dalla critica che lo accolse bene, ma dai giocatori probabilmente abituati a standard qualitativi elevatissimi, io direi che sia il caso di rivalutarlo e consiglio caldamente a chiunque voglia vivere una buona avventura, ben fatta, con una storia abbastanza semplice ma anche coinvolgente, con alcune idee molto interessanti, di dedicare il proprio tempo libero a Lure of the Temptress, peraltro scaricabile in modo del tutto gratuito sul sito di GOG e di Zodiac (di cui vi diamo il link a fianco), oltre che sul sito ufficiale del gioco. Davvero un peccato non approfittarne.
title
Keepsake è il gioco d’esordio dei Wicked Studios.
Un’avventura abbondantemente attesa, sia per la buona reputazione che la sua SH si è guadagnata sul campo, sia per gli screenshot evocativi delle atmosfere dell’intramontabile King's Quest.
Insomma, in un certo senso ci attendevamo una grande avventura vecchio stile...
...per me l’attesa è stata in gran parte delusa.
Partiamo dalla grafica: questa sì, non tradisce veramente.
La formula è quella ormai classica di modelli 3D per i personaggi e grafica renderizzata 2D per gli sfondi. Stile Syberia, insomma.
I modelli dei personaggi sono animati dignitosamente, pur conservando quell’assoluta inespressività che personalmente mi infastidisce sopra ogni altra cosa (ma di questo ho già parlato e non mi ripeto).
I fondali prerenderizzati invece sono veramente belli e trasmettono un “sense of wonder” che imprimerà per sempre nella vostra mente la bellissima accademia di Dragonvale.
Aggiungo che l’accademia stessa è molto grande e progettata in modo affascinante e credibile, con decine di locazioni e percorsi diversi per attraversarla. Grazie ad immensi saloni, corridoi che si sovrappongono, grandi scalinate, teletrasporti e scalinate magiche esplorare l’accademia è veramente un’esperienza piacevolissima.
Balza subito all’occhio la quasi totale assenza di personaggi con cui interagire. Questa assenza è ampiamente giustificata dalla trama del gioco, ma non di meno conferisce al gioco una notevole pesantezza. Come dire: la solitudine di Myst senza però le sue atmosfere oniriche ed incantevoli.
Del resto i pochi dialoghi presenti non sono particolarmente brillanti: abbastanza prevedibili e tendenzialmente noiosi (sindrome da Broken Sword?!?)…
Ho l’impressione che i programmatori abbiano voluto colmare questo senso di solitudine mettendo al fianco della protagonista un compagno d’avventura.
La scelta è stata abbastanza fortunata ed il nostro compagno ci regala le poche risate del gioco.
Molto piacevole (ed anche abbastanza innovativo) il modo in cui i due interloquiscono nei momenti morti dell’avventura. I loro dialoghi sono piacevoli e si rivelano un modo originale per mettere il giocatore al corrente del background della storia. Senz’altro una trovata narrativa molto interessante, che personalmente non mi dispiacerebbe ritrovare in altri videogiochi. Mi ha piacevolmente ricordato il modo in cui i nostri compagni ci parlano durante Baldur's Gate o Ultima VII.
Peccato però che le innovazioni apportate dall’introduzione di un compagno si fermino qui; poteva essere un modo interessantissimo per introdurre una tipologia un po’ più sofisticata di enigmi. Non mi aspettavo i livelli di uno Zak McKraken, ma almeno qualcosa che si avvicinasse al pur lodevole Virtual Theatre di Lure of the Temptress dei Revolution, sì!
Il nostro compagno invece si limiterà a seguirci come un'ombra… Insomma, una buona occasione parzialmente mancata.
La trama, anche se un po’ strappalacrime, nel complesso è piacevole e raccontata molto bene, attraverso i dialoghi e i filmati realizzati con uno stile molto peculiare.
Il vero punto dolente del gioco però sono gli enigmi.
Per prima cosa sgombriamo il campo dagli equivoci: Keepsake non è un punta e clicca classico. Gli oggetti con cui interagire sono pochissimi e ancora meno gli enigmi classici (del tipo “usa oggetto su oggetto”). Il gioco è sostanzialmente un clone di Myst, con enigmi meccanici e matematici.
Fin qui niente di male (per quanto io non sia un fan di questo tipo di giochi). Il vero problema è che questi enigmi “Myst-style” sono –a mio giudizio- veramente pessimi e ripetitivi.
Pessimi perché:
- Capita di imbattersi in enigmi prima che si possa effettivamente risolverli (e questo senza una ragione particolare, se non il capriccio dei programmatori...)
- Capita quasi sempre di capire al volo come risolvere l’enigma, per poi passare decine di minuti a mettere in pratica la soluzione. Molto frustrante.
Ripetitivi perché quasi tutti basati sulle stesse logiche. E’ quasi come se si trattasse sempre del medesimo enigma, via via riproposto con un maggior numero di variabili. Finisce col rivelarsi tremendamente noioso.
Parlando degli enigmi, segnalo che all’interno del gioco è previsto un sistema di suggerimenti graduali su richiesta del giocatore.
Si parte da un semplice indizio, passando per la spiegazione del funzionamento dell’enigma, per poi arrivare alla soluzione e finire con la possibilità di giungere direttamente alla conclusione.
Anche questa, seppur non si vedeva da tempo, non è una novità assoluta. Basta citare Phantasmagoria, Under a Killing Moon o Torin's Passage.
A differenza di alcuni di questi però, qui chiedere un aiuto non comporta penalità per il giocatore: niente finali diversi o punti in meno per chi si è fatto aiutare.
Un mio giudizio personale su questo sistema d’aiuti? E’ una buona cosa, perché gli enigmi non sempre sono chiari e non sempre sono piacevoli. Durante il gioco si può perdere lo stimolo ad andare avanti ed avere la soluzione a portata di mano vi garantirà di arrivare in fondo superando agevolmente i punti più noiosi.
Per finire questo sistema di suggerimenti si rivela particolarmente utile perché non tutti gli enigmi sono risolvibili nel momento in cui il giocatore vi si imbatte. E questo è frustrante oltremisura; mi è capitato di passare un’ora a tentare di risolvere un enigma che a quel punto del gioco non poteva essere risolto! Inaccettabile.
A differenza di quanto scrivevo nella recensione di Phantasmagoria però, qui la trama e l'intento di raccontare una storia non mi sembrano giustificare una qualità così bassa degli enigmi.
I produttori sbandierano anche un sistema di incantesimi.
Siamo però lontanissimi da un’invenzione interessante in termini di gameplay o da un’implementazione degna di un Quest for Glory.
Il sistema degli incantesimi si riduce ad alcune opzioni di dialogo in cui si sceglie cosa fare. E’ banale, ridotto all’osso e inconsistente come enigma.
E per finire il paragone con King's Quest.
King’s Quest ha un'ambientazione fiabesca. Keepsake è una storia fantasy abbastanza classica.
Le avventure di Re Graham e soci pullulano di personaggi indimenticabili e rappresentano il meglio degli enigmi punta-e-clicca classici. Keepsake è un Myst-like in terza persona.
Insomma, Keepsake sta a King’s Quest come i cavoli alla merenda (cit. Fat Andrew).
In un'intervista uno dei produttori dice: "Being adventure gamers ourselves we just followed our instinct on what would make a really cool adventure game."
Delle due l'una: o non sono dei veri giocatori di AG o ha detto una bugia.
Il Valore Storico
è globalmente quello di “clone”:
- la grafica fa un passo in avanti
- il compagno è una buona idea sfruttata solo parzialmente
- gli enigmi sono generalmente un passo indietro rispetto alla classe di Myst
Il Valore Odierno
è “solo per appassionati”.
Giudizio Complessivo
Keepsake è un gioco sufficiente, anche considerando la distribuzione in edicola a prezzo scontato, però non piacerà a tutti. Ci si aspettava un'AG vecchio stile, abbiamo trovato un clone di Myst molto debole sotto l’aspetto più importante: gli enigmi. E trama e grafica (certamente all’altezza) non riescono proprio a sopperire a questa mancanza.
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Grazie, OGI. Arrivederci!
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