L'antiquario parigino Bjorn Thonen, fanfarone e fannullone senza rimedio, entra casualmente in possesso di una delle cinque tavolette appartenute al re Demetrios, le quali, una volta riunite, condurrebbero ad un fantomatico tesoro, ma anche alla distruzione del mondo, ovviamente. C'è da salvare la Terra un'altra volta...
Demetrios: The BIG Cynical Adventure, realizzata sostanzialmente da un unico autore, Fabrice Breton (in arte Cowcat), racconta di un misterioso re che aveva accumulato enormi ricchezze, le quali adesso sono ancora sepolte nel deserto della città fittizia di Rhubat, all'interno di un tempio che si localizza con cinque tavolette recanti i simboli degli elementi ideali di Demetrios: il fuoco, la neve, il fulmine, il trono e la merda. E con questo si potrebbe sintetizzare il rozzo umorismo propinatoci a dosi massicce. Le solite battutacce e freddure senza il piglio sarcastico dell'osservatore disilluso o del misantropo infelice, senza nessuna volontà satirica o provocatoria, ma solo lo sciocco umorismo di qualcuno che ancora non ha superato la prima adolescenza e che probabilmente ancora si diverte a tirare palline di carta impregnate di saliva.
Nella campagna Kickstarter, con cui Breton ha raccolto circa 4000€ per terminare il suo progetto, si tenta di solleticare la curiosità dell'utente proponendo un gioco pieno di cose stupide da fare, cose stupide da dire, personaggi stupidi con cui parlare. Si evita di dire che è un gioco stupido, ma questo lo diciamo noi. L'autore elenca poi le proprie ispirazioni: Broken Sword, Myst, Hotel Dusk, Runaway, Gabriel Knight, Discworld, Phoenix Wright. Rieccoci, dunque, per l'ennesima volta a recensire un'avventura grafica umoristica ispirata ai classici del passato che puntualmente di quei classici non ha nemmeno la puzza. Effettivamente elementi presi qua e là si riscontrano in Demetrios: abbiamo l'avventura on the road alla Broken Sword e alla Runaway, un mistero inumidito d'occulto alla Gabriel Knight, l'umorismo paradossale di Discworld e un'interfaccia da visual novel alla Hotel Dusk, ma la scrittura che dovrebbe far da collante a tutti questi elementi scivola ben presto nell'inconsistenza, mandando a farsi benedire l'interesse del giocatore verso la vicenda, la voglia di proseguire e di consigliare questo gioco che non mantiene quasi nulla di ciò che promette.
Tutto ciò, naturalmente a posteriori, non sorprende. Il problema fondamentale risiede nei personaggi, ma soprattutto nel protagonista Bjorn, che è una sorta di degenerazione del baby boomer, guastato da un'idiozia che non attira simpatie né risulta credibile, senza profondità psicologica, smarrito dentro alle balle che l'autore gli mette in bocca per strappare disperatamente un sorriso al giocatore, probabilmente stordito dalla propria logorrea (per una volta tanto l'assenza di doppiaggio è un pregio). Quantità sopra la qualità è il segno particolare di questo genere di avventure. E le trovatine non sono solo verbali, ma anche figurative, con rimandi più o meno espliciti a organi sessuali, alla defecazione, ad un degrado iconoclasta che volgarizza praticamente qualsiasi cosa ma che non ha nessuno scopo preciso.
Questo squallore è reso graficamente attraverso disegni a mano di esemplare bruttezza che ricordano certi CD-Rom multimediali anni 90 da due lire. Animazioni vieppiù scarse e rare come si addiceva ad un gioco di trent'anni fa. Gli intermezzi mostrano meno movimento delle cut-scene di un Maniac Mansion, data la scelta stilistico-inflazionata di renderle vignette di un fumetto. Ma come il moscone sullo sterco spicca la rappresentazione dei personaggi, apparentemente disegnati con foga, poco definiti, poco caratterizzati, piatti, storti, sproporzionati. Su tutto grava una crudezza ingenua che dovrebbe in qualche modo sostenere e rafforzare l'umorismo a tratti scatologico e le caustiche freddure/panzane del protagonista.
La Parigi in Demetrios, quasi come una sorta di Paese delle meraviglie, è popolata da esseri che non hanno funzionalità, che occupano spazi arbitrari, che pretendono soddisfatte le più assurde richieste. Questo fatto, unitamente alla povertà assoluta del protagonista (un cliché dell'avventura grafica, in cui il furto e il raggiro sono gli unici due metodi efficaci per ottenere oggetti) ostacola la nostra ricerca delle tavolette, il nostro proposito di salvare il mondo e sotto sotto di arricchirci notevolmente, perché questa è un'avventura cinica. Ci si stanca ben presto di dover accontentare tutti nelle loro esose richieste, poiché non hanno mai nessuna finalità tolta quella di rendere più consistente la longevità di un titolo che altrimenti, invece delle sette-otto ore richieste, durerebbe grossomodo quanto una cena al ristorante.
Gli enigmi sono una mescolanza di Broken Sword e Myst. Alle classiche "manovre d'inventario" si uniscono risoluzioni più o meno logico-interpretative. La difficoltà è comunque bassa, anche per via della limitatezza dell'azione di gioco e della quantità di oggetti (alcuni dei quali ci verranno appresso fin dai primi istanti). Gli ambienti non sono poi molti, nel dipanarsi della vicenda attraverso i sei capitoli in cui è suddivisa, da Parigi si passa alla città fittizia di Rhubat e da qui di nuovo a Parigi dopo una brevissima parentesi in Germania.
Per rendere meno statica l'azione di gioco, da un lato alcuni mini game intervengono di quando in quando come in alcune vecchie avventure Sierra. Superfluo dire che in questo clima sciatto, nessuno di questi riesce veramente ad essere appassionante, per di più hanno pochissima o nessuna aderenza con i nostri scopi principali. Dall'altro lato ci sono degli achievement collaterali che potrebbero stuzzicare il giocatore più maniaco. Ad esempio potrebbe essere divertente vedere quante volte sia possibile uccidere Bjorn e quindi collezionare tutti i game over, oppure riuscire ad individuare tutti i biscottini al cioccolato nascosti in ogni schermata di gioco (si ricorda che giochiamo in prima persona, appunto, come in una visual novel) che fungono anche da indizi per risolvere enigmi se ingeriti.
Alcune battute ed alcune situazioni riescono ad essere divertenti. Vedere Bjorn che assaggia qualsiasi cosa può provocare qualche risatina, come la provocava leccare qualsiasi cosa in Space Quest e volentieri ci si indugiava. Anche qualche game over è divertente, come ad esempio ficcare le dita nelle prese elettriche o azionare volontariamente degli ordigni «per vedere di nascosto l'effetto che fa», ma si tratta comunque di ammennicoli che non possono, evidentemente, far granché da soli.
Sorvolando sull'impalpabile colonna sonora, sempre ad opera di Breton, si conclude ancora una volta sottolineando quanto dicemmo per Randal's Mondays: non basta ammettere di rifarsi ai classici del passato se non c'è una struttura solida, dei personaggi giustificatamente inseriti nel loro ambiente e una trama costruita in modo adeguato. Demetrios fallisce su tutti i fronti, come grossomodo falliscono tutti quanti tentino di confrontarsi, anche involontariamente, col passato. Non perché il passato dell'avventura grafica sia una sorta di tempio inviolabile, nonostante gusti del pubblico, tempi di fruizione e industria videoludica siano profondamente cambiati; ma piuttosto perché non si riesce a comprenderlo a fondo, mancano idee, manca uno studio rigoroso dei modelli di riferimento, mancano purtroppo le capacità d'analisi. Sarebbe più onorevole cercare di porsi in rottura con quel passato, come alcuni autori cercano di fare, ma evidentemente è necessaria una dose di consapevolezza di cui pochi sono dotati. Teletrasportandoci indietro nel tempo, Demetrios avrebbe trovato naturale collocazione dentro alle cestone dei giochi a 4900 lire.
Tipici caffè, gallerie d'arte, boulevard, monumenti storici e atmosfere romantiche a iosa. Insomma, Parigi.
Ma se all'idilliaco quadretto aggiungiamo assassini, avventure e antichi misteri, beh, la ragione non può essere che una sola: George Stobbart è tornato in città.
Fin dalle prime battute, Broken Sword 5 richiama volutamente il primo titolo della serie, nel tentativo di replicarne l'atmosfera. Nato da un kickstarter annunciato nell'agosto del 2012 e finanziato in 13 giorni, Broken Sword 5 rappresenta un altro dei brand “classici” che cercano di farsi strada nel mercato odierno grazie all'appoggio dei fan della serie e degli appassionati del genere invece che del pubblico mainstream. I fan hanno appoggiato il gioco con molto entusiasmo: fra kickstarter e paypal, il creatore del gioco, Charles Cecil, ha racimolato circa il doppio di quel che chiedeva.
E, come vedremo, ha voluto accontentare i suoi backers con un tentativo di ritorno alle origini molto lampante. Vediamo quanto ci è riuscito.
La trama è esattamente quella che ci si potrebbe aspettare da un Broken Sword, ossia un mix di complotti e leggende mistiche. Il nostro George, questa volta, sta assistendo all'inaugurazione della galleria d'arte assicurata dalla compagnia per cui lavora ed è in compagnia di Nico, decisa a fare un articolo sull'evento. Naturalmente, però, proprio quel giorno un ladro decide di rubare uno dei dipinti e di ammazzare il proprietario della galleria: a George tocca indagare sul misfatto, visto che il suo capo non ha intenzione di scucire un soldo. Altrettanto naturalmente, il dipinto rubato non è un dipinto qualsiasi, ma è La Maledicciò, un'opera d'arte gnostica che conterrebbe i segreti per... erhm... qualcosa che permetterebbe ai Kattivi di rendere il mondo un posto molto più brutto di quel che già non è.
Come probabilmente già saprete, Broken Sword 5 fu rilasciato in due parti; oggi, però, le due metà vengono vendute assieme, e si giocano senza alcuno stacco. Sembrerebbe quindi che non abbia senso fare un'analisi separata delle due metà, ma ci sono alcune differenze che le rendono piuttosto mal amalgamante.
La prima metà è senz'altro la più noiosa. Se anche l'incipit può essere interessante, e il feeling è abbastanza “brokenswordesco” da ammaliare di nostalgia chi ha amato i primi due titoli della saga, gran parte della prima metà del gioco è senza mordente e la si passa a parlare con gli stessi quattro personaggi nelle stesse quattro locations. Narrativamente sembra che la storia si trascini invece di prendere il via alla grande, dando così l'impressione di star giocando un lungo preludio.
Nella seconda metà, invece, c'è molta più varietà di locations, personaggi e situazioni; c'è anche qualche colpo di scena, benché non credo che possano davvero sorprendere il giocatore un minimo sgamato. Quello che delude un po' è il climax, che ho trovato sottotono rispetto alla posta in gioco e alla situazione che si era sviluppata: non c'è un vero crescendo di tensione, non si vede mai una prova della minaccia posta dall'oggetto che stiamo cercando, ci sono solo tante belle parole che lasciano il tempo che trovano e il gioco si chiude in maniera decisamente troppo sbrigativa, quasi come se alla fin fine non stessimo salvando il mondo, ma solo recuperando il micio della vicina di casa.
Detto questo, è chiaro che non possiamo parlare di una “grande trama”: non solo una buona parte degli eventi è prevedibile, ma troviamo anche alcune parti del tutto cliché, o stupide. Ma BS ha un paio di carte speciali da giocare per compensare queste mancanze: l'umorismo sempre un po' sopra le righe di George e Nico e il tono a metà fra il demenziale e il semplicemente comico di tutta la storia. Nessuno, nella trama, si prende troppo sul serio – tranne i kattivi, che vengono sbeffeggiati con estrema nonchalance dai nostri eroi. Questo tipo di autoironia, unito alla demenzialità assoluta di alcune scene, in bilico tra possibile e impossibile, riesce a rendere piacevole una storia che presenta diversi difetti.
Altro aspetto che mi ha convinta poco è il rapporto fra George e Nico: da un lato fra i due c'è estrema complicità e fiducia, si vede che sono una coppia rodata, che sanno di poter contare l'uno sull'altra. Dall'altro lato, sembra che siano tornati alla relazione che avevano nel primo Broken Sword, e non si capisce la logica di questa mossa. Nel primo titolo, George e Nico non si conoscevano, e fra loro c'era una certa tensione che rendeva vivo e interessante il rapporto fino alla fine del gioco, in cui i due si mettevano assieme. Dal secondo titolo in poi, si era cercato di mantenere interessante la dinamica fra i due eroi con l'introduzione di “ostacoli” (uno spasimante per Nico, una ragazza per George, e via così). Adesso, invece, la tensione del primo capitolo non c'è più, logicamente, perché i due sono già stati una coppia. Ma i due si comportano come se non fosse successo niente e dovessero ancora mettersi insieme. Si resta un po' interdetti e la cosa perde realismo; personalmente, ho avuto spesso l'impressione che il loro rapporto sapesse di stantio. Credo che sarebbe stato meglio farli tornare una coppia vera e propria, oppure mostrare che i due hanno capito di essere amici e basta. Insomma, qualsiasi cosa tranne questo mezzo passo indietro.
Una nota a parte va fatta per le citazioni dei vecchi Broken Sword. Ce ne sono a palate, a cominciare, come dicevo sopra, dalla primissima frase di George, per finire con i personaggi. Se alcuni era naturale aspettarseli, e la loro presenza ha senso (sì, c'è la capra), altri sono evidentemente stati aggiunti per fare fanservice, e in realtà fanno alzare più di un sopracciglio. Senza fare spoiler precisi, la presenza di Lady Piermont, nel contesto in cui è stata piazzata, mi ha lasciata abbastanza scettica. Serviva proprio inserirla tanto per? E' un difetto minore, ma si sente che alcune parti sono state create solo per strizzare l'occhio al vecchio fan e non si mischiano benissimo col resto del gioco.
Passiamo agli enigmi. Chi ha amato i primi BS si troverà a casa: sono i classici enigmi da inventario e da combinazione oggetti, con l'aggiunta di qualche dialogo in cui trovare le giuste risposte, per variare. E come la storia, anch'essi seguono una logica dettata dall'umorismo del titolo. Ecco quindi che, così com'è possibile che i pg facciano dibattiti filosofici appesi sul vuoto, voi potreste trovarvi a usare una macchia di pomodoro per dare l'idea del sangue – e potete aspettarvi che la gente ci caschi. Qualcuno di questi enigmi è forse un po' troppo demenziale anche per Broken Sword, e qualcuno non lo è abbastanza, risultando semplicemente illogico, ma in generale la loro logica mi è sembrata ben pensata e più di uno fa sorridere. Purtroppo falliscono sotto l'aspetto puramente ludico: sono quasi tutti estremamente semplici, io mi sono bloccata solo due o tre volte in tutto il gioco e mi chiedo a cosa serva il sistema di hint integrato nel gioco.
Anche l'aspetto grafico è un ritorno al passato, per quanto “modernizzato”: niente 3D (grazie al cielo), ma un 2.5D più che dignitoso. Le locations, in 2D, sono disegnate benissimo, con colori stupendi e piene di dettagli; i modelli dei personaggi, in 3D per mancanza di fondi, vanno dal buono al discreto: qualche volta si notano scalettature in quelli secondari, ma per la maggior parte sono ben realizzati e ben animati.
La colonna sonora richiama moltissimo quelle dei primi due Broken Sword, senza però essere apertamente riciclata; di solito le musiche rendono bene l'atmosfera della scena, ma nessuna rimane particolarmente impressa.
Giudizio né positivo né negativo per il doppiaggio. Quello italiano, a parte un paio di personaggi (George, che quasi sempre trovo abbia un doppiaggio italiano migliore anche di quello originale), mi è sembrato orribile. Quello originale inglese va da una buona recitazione a una troppo macchinosa, come nel caso dell'accento di Nico, che non mi ha mai davvero convinta.
Broken Sword 5 è un titolo riuscito a metà, che punta sulla simpatia per strappare l'approvazione dei suoi giocatori. Da un lato cattura abbastanza bene il feeling dei vecchi titoli, si avvicina molto alle atmosfere e alla qualità di Broken Sword 2 ; dall'altro, un po' troppo spesso sembra la fan fiction di se stesso piuttosto che un altra opera della stessa saga. Se siete fan della serie, molto probbilmente vi piacerà. Se, invece, trovate noiosi i primi due titoli della saga, neanche questo vi farà cambiare idea.
Sulle pagine dei principali negozi online è da oggi disponibile il secondo e conclusivo capitolo di Broken Sword 5: La maledizione del Serpente.
Si metterà dunque la parole fine al quinto episodio della saga di che, tra alti e bassi, tiene compagnia agli appassionati di Avventure Grafiche da quasi vent'anni.
L'uscita dela seconda parte consentirà anche a noi di OGI di formulare un giudizio globale su BS5, dopo che avevamo già espresso le nostre impressioni iniziali in un articolo dedicato alla prima metà.
Quasi un mesetto fa abbiamo annunciato l'uscita della prima metà del nuovo titolo della saga di Broken Sword. Il motivo per cui ancora non ne vedete la recensione, però, è proprio perché il titolo uscito fino ad adesso è palesemente incompleto, nonostante si possano già scorgere alcuni degli elementi caratteristici anche dei vecchi episodi.
La storia, per quel che si può vedere in questa prima metà, è perfetta per un titolo della saga: all'inizio del gioco, George e Nico assistono a un furto in una piccola galleria d'arte. Il quadro rubato si chiama "La Maledicciò", ed è stato dipinto da un oscuro artista di nome "el Serpe". Si vocifera anche che il quadro sia legato, in qualche modo, al Diavolo e al Male... quanto di tutto questo sarà vero? In questa prima metà del gioco, però, solo la parte investigativa e, diciamo, "realistica" è abbastanza sviluppata, e quella paranormale è presente solo come allusione. Non possiamo quindi dare un giudizio definitivo sulla qualità della storia - nonostante si vedano alcuni bachi logici che difficilmente potranno esser sistemati nella seconda parte.
Degli enigmi vediamo, ovviamente, molto di più: fin dall'inizio però sono molto semplici e, come in precedenti titoli della saga, spesso e volentieri avulsi dal contesto. Si spera però che nella seconda metà si possa avere a che fare con qualche situazione più difficile, in cui spremersi le meningi.
Di una cosa però possiamo essere sicuri: l'atmosfera dei vecchi Broken Sword è tutta lì. A parte le prime battute, che suonano forse un po' forzate e troppo sopra le righe (George che fa una battuta tristissima su un uomo appena ammazzato, per esempio), il gioco prende subito pista e sembra di trovarsi indietro negli anni, ai tempi del primo Broken Sword. In parte, questo è dovuto ai dialoghi, che riprendono il leggero umorismo tipico di George e Nico, mai veramente drammatici e mai veramente comici.
Nel complesso, non è possibile esprimere un parere definitivo su quanto è uscito fino ad adesso: ci troviamo di fronte, senza tanti mezzi termini, a mezzo gioco, che promette bene sotto alcuni aspetti e non tanto bene sotto altri aspetti. A presto con il commento definitivo.
Il sito ufficiale della Revolution
A caccia di serpenti e lame spezzate nell'OGI Forum
Di tanto in tanto, in Europa, quando sorge il sole, una spada si spezza, e George Stobbart sa che dovrà sconfiggere i Templari ancora una volta.
In occasione dell'uscita del quinto capitolo di Broken Sword, poteva il nostro team di podcaster del Calavera Cafè mancare l'occasione di discutere di una delle serie videoludiche più amate di sempre?
PRESENTAZIONE
L'Astio aleggia ancora nel team, ma il misterioso DOTTOR VU prende velocemente il sopravvento...
RUBRICA 'NEWS'
RUBRICA 'QUEST': SPADE INFRANTE
La coppia George/Nico è una delle più amate fra le avventurieri e Alberto provvede a fornirci una lunga disamina sulla serie della Revolution, non tralasciando gli episodi meno amati.
RUBRICA 'MUSICALE'
Gli End Titles del Director's Cut sono epici-EPICI!
RUBRICA 'OLDGAME'
The Orion Conspiracy è storicamente rilevante per essere stato il primo videogioco ad aver inserito il termine 'omosessuale' nel gioco, e non solo per questo...
RUBRICA 'IL POLLO CON LA CARRUCOLA IN MEZZO'
Roberto setaccerà come un segugio passato e presente delle avventure grafiche in cerca degli enigmi più curiosi. Si parte con l'enigma che dà il titolo alla rubrica!
RUBRICA 'MONOLITH BURGER'
Su Facebook è una piacevole bolgia di discussioni e sondaggi con i nostri amici ascoltatori. Il tempo di mangiare una cosina veloce e poi vi aspettiamo tutti all'interno di un ristorante cinese che ha aperto da poco, il "DOTTOR VU"...
Anno 1991, il fantasy cominciava a riscuotere un timido successo anche in Italia, soprattutto grazie ad alcuni giochi di ruolo (Dungeons&Dragons su tutti) e molti titoli videoludici attingevano a piene mani da questo genere. In ambito adventure la Revolution di Charles Cecil muoveva i primi passi e poneva la prima firma su una lunga lista di successi proprio con Lure of the Temptress, realizzato con l'aiuto di Tony Warriner, prodotto inizialmente da Mirrorsoft e poi portata a termine grazie alla Virgin Interactive. Mi sono immerso nell'atmosfera di questo titolo per la seconda volta a distanza ormai di tanti anni, approfittando della grande opportunità offerta dalla piattaforma di vendita GOG.
La prima volta lo avevo provato su Amiga 500 e ne conservavo davvero un buon ricordo, ricordo positivo peraltro confermato da questa seconda esperienza di gioco, che mi ha spinto a scrivere qualcosa su questo che non è sicuramente uno dei nomi più discussi o celebrati, rispetto ad altri titoli storici di quegli stessi anni.
La trama non è particolarmente originale, matura o profonda, inoltre l'eco tolkeniano è piuttosto evidente, tuttavia l'intreccio presenta una propria coerenza interna e dei personaggi funzionali allo svolgimento dell'intreccio. In questo gioco di stampo fantasy medioevale impersoniamo un ragazzotto di campagna di nome Diermot, chiamato a far parte di una battuta di caccia organizzata dal re. Una notte, il sovrano riceve una richiesta di aiuto da parte di un messaggero che lo invita a sedare una rivolta nel remoto villaggio di Turnvale. Mentre gli uomini del re montano a cavallo e partono in soccorso, il nostro Diermot ed il suo pony li seguono. Inutile dire che il nostro contadino rientra perfettamente nella figura dell'antieroe che si ritrova involontariamente trascinato in questa avventura e in una vicenda ai limiti delle sue possibilità, nulla di più banale, ma considerando che questo gioco è venuto prima di molta altra produzione fantasy successiva, non gli si può muovere una critica particolarmente severa su questo.
Arrivati a Turnvale, i cavalieri comprendono che non si trovano di fronte ad una normale rivolta di contadini, come prevedevano, ma all'invasione da parte di un esercito di mercenari Skorl, esseri dalle sembianze mostruose, assoldati da una seducente maliarda. Al termine della battaglia gli uomini del re sono sconfitti e lo stesso sovrano viene ucciso. In tutto questo turbinio di avvenimenti, Diermot perde i sensi dopo un banale incidente e si ritrova prigioniero degli Skorl. Si risveglia dunque in una cella, circondato da fredde mura e da un misero pagliericcio, e il primo pensiero che gli passa per la testa è ovviamente quello di trovare un modo per fuggire. E' così che inizia questa avventura grafica che coinvolgerà il protagonista in una serie di pericoli e di vicissitudini nel tentativo di liberare Turnvale della minaccia Skorl e di sconfiggere Selena, la malvagia incantatrice del titolo.
LOTT è stato il primo gioco ad utilizzare il “Virtual Theatre”, un motore di gioco interamente sviluppato dallo stesso team Revolution e poi adottato anche per i titoli successivi, un dettaglio non indifferente che permetteva di apportare in un'avventura grafica elementi più dinamici e un'ambientazione più realistica. Un particolare su tutti è sicuramente apprezzabile al di là del passare del tempo: i vari personaggi secondari, che popolano la cittadina nella quale ci muoviamo, non rimangono fermi e statici in un luogo, in attesa di entrare in gioco o di interagire con il protagonista (come troppo spesso accade anche nelle avventure di ultima generazione) ma vivono di vita propria, si spostano, vagano per la cittadina e addirittura conversano tra loro.
Certo i limiti dell'epoca sono piuttosto evidenti, capita spesso che in questo andirivieni i personaggi si scontrino tra loro o con te, ostacolandoti negli spostamenti e liquidandoti con un “mi scusi” (difetto corretto solo con Beneath a Steel Sky e dopo con Broken Sword: l'ombra dei templari ), ma se pensiamo che in modalità diverse troviamo difetti tecnici simili anche in un modernissimo GTA, direi che possiamo tollerare qualche imperfezione in un gioco del '91, che comunque visto in un'ottica di più ampio respiro, fa riflettere sull'involuzione di questo genere negli ultimi anni.
A seconda della posizione di Diermot all'interno della schermata è dunque possibile intercettare queste conversazioni (per esempio guardando attraverso le finestre) e raccogliere preziose informazioni utili successivamente per risolvere alcuni enigmi. Se da una parte questo è sicuramente un espediente interessante, d'altro canto questo vagare per Turnvale alla ricerca di qualche bisbiglio interessante a lungo andare può diventare ripetitivo, anche se in tutta onestà la cittadina non è molto vasta, quindi è un aspetto del tutto marginale; inoltre visto con gli occhi di un avventuriero di oggi, abituato purtroppo ad una certa staticità o addirittura ad una lenta regressione nel gameplay di molti giochi, quello che salta agli occhi è soprattutto la potenzialità di questo engine che offre in effetti qualcosa di diverso dal solito e che ha un certo impatto ancora oggi.
L'interfaccia è quella di un punta e clicca classico in 2D, con una piccola novità, comandi azionabili in un menu a scorrimento (quasi a tendina, qualcosa di simile è possibile ritrovarlo nel recente Resonance, edito da Wadjet Eye Games), un elemento abbastanza innovativo per il tempo. Se consideriamo la difficoltà media degli enigmi delle avventure di quegli anni, probabilmente gli ostacoli che il giocatore dovrà affrontare non sembreranno particolarmente difficili, ma se paragonato a quello di alcuni prodotti degli ultimi anni, il livello di sfida apparirà sicuramente interessante.
Il gameplay si basa principalmente sulla ricerca degli hotspot (pixellati), sull'uso dell'inventario e sull'interazione con oggetti e altri personaggi, con i quali dovrete spesso interloquire. Gli enigmi basati sull'inventario richiedono un'osservazione attenta degli oggetti in modo da ottenere una descrizione più approfondita prima di poter interagire, il che potrà dare qualche problema al giocatore che si approccia per la prima volta a questi retrogame e a chi non è abituato ad una grafica pixellata, ma tutto sommato nulla di irrisolvibile, basta qualche minuto per farci l'occhio e l'abitudine.
Ad un'analisi meticolosa per esempio, alcuni oggetti mostreranno dei particolari che si rivelano poi fondamentali per la soluzione di alcuni enigmi. A volte è necessario l'aiuto di uno dei tanti personaggi secondari, che dovranno aiutarvi a superare fisicamente alcuni ostacoli. Da questo punto di vista il gioco è molto interessante, infatti Diermot potrà chiedere ad altri cittadini di eseguire comandi anche molto complessi, tipo: "Di' a Ratpouch (il buffone di corte, nonché uno dei personaggi più utili per il protagonista almeno nelle fasi iniziali) di recarsi nei pressi della zona x, prendere l'oggetto y e poi tornare", il tutto reso possibile dai menu a comparsa che contengono tutte le parole possibili per formare ogni parte della frase. Se certe volte può sembrare difficoltoso, questo tipo di interazione si rivela invece, a mio modo di vedere, uno dei punti di forza del gioco.
Non mancano neanche alcuni brevi intermezzi “arcade” (elemento piuttosto comune a molte avventure dell'epoca) e in un paio di occasioni ci si ritrova a confrontarsi con degli Skorl, con tanto di ascia nella mano e viene richiesta un po' di coordinazione nei movimenti, ma nel complesso risultano ampiamente superabili, inoltre il sistema di salvataggio viene incontro in caso di difficoltà. Anche in altre occasioni, in caso di errore, il gioco termina con una schermata (peraltro neanche male per l'epoca) che ci congeda e ci mostra la brutta fine che aspetta il povero Diermot.
Il comparto sonoro assolve discretamente al suo dovere, non dimentichiamoci però che la colonna sonora era stata realizzata in formato MIDI, come molte ag degli anni novanta (con tutti i limiti del caso) ma nonostante tutto in alcuni momenti è efficace e certi intermezzi accompagnano il momento drammatico in modo piuttosto efficace. A chi non è abituato può anche sembrare fastidioso, ma questo è uno degli aspetti dove il gioco mostra tutti i suoi ann; tra l'altro sono sicuro che chi si approccia ad una retroavventura sia disposto ad immergersi completamente nell'atmosfera dei "roaring nineties", comprendendone i difetti e accettandoli come un dazio più che accettabile da pagare, pur di godersi queste piccole perle del passato.
Peraltro è da sottolineare che le musiche sono composte da Richard Joseph, un nome celebre dell'industria videoludica già autore della colonna sonora di Defender of the Crown e collaboratore di celebri software house, dalla Sensible Software ai Bitmap Brothers (chi ha qualche anno sa di cosa sto parlando).
Probabilmente dal punto di vista della longevità si poteva fare meglio, anzi lo definirei un titolo piuttosto breve, ma tutto sommato il risultato finale è soddisfacente e sebbene possa sembrare azzardato, aggiungo anche che la grafica è piuttosto dettagliata considerando l'anno di produzione.
Nonostante i personaggi non risultino indimenticabili, nonostante non tocchi i picchi di eccellenza delle avventure classiche Sierra e Lucas e non risulti così ambizioso come alcuni prodotti successivi targati Revolution (su tutti Beneath a Steel Sky e Broken Sword) questo titolo è sicuramente uno dei più interessanti del periodo d'oro della avventure grafiche e a mio parere anche di gran lunga migliore della maggior parte delle avventure fantasy e simili (ma non solo) proposte negli ultimi cinque o sei anni; anzi non sarebbe un male se qualche sviluppatore rigiocasse un titolo come questo (e come altri) anche per rispolverare l'abc delle avventure grafiche e riscoprire un elemento fondamentale che contraddistingueva i prodotti migliori degli anni 90: quella sensazione costante di work in progress, quel desiderio continuo di scandagliare i limiti e le potenzialità di questo genere, quella voglia di esplorare di gioco in gioco nuove possibilità di intrattenimento e di non accontentarsi di formule abusate o di un gameplay scontato.
Anche se in fase di uscita fu piuttosto sottovalutato, non tanto dalla critica che lo accolse bene, ma dai giocatori probabilmente abituati a standard qualitativi elevatissimi, io direi che sia il caso di rivalutarlo e consiglio caldamente a chiunque voglia vivere una buona avventura, ben fatta, con una storia abbastanza semplice ma anche coinvolgente, con alcune idee molto interessanti, di dedicare il proprio tempo libero a Lure of the Temptress, peraltro scaricabile in modo del tutto gratuito sul sito di GOG e di Zodiac (di cui vi diamo il link a fianco), oltre che sul sito ufficiale del gioco. Davvero un peccato non approfittarne.
Conversione ricavata dalla traduzione ufficiale di Broken Sword 1. La patch qui pubblicata è compatibile solo con la versione che trovate su GOG.com (si parla della versione base regalata insieme alla Director's Cut e non della Director's Cut stessa).
Per installare la traduzione, scompattate il file .zip ed eseguite l'exe in esso contenuto. Seguite poi le istruzioni a schermo.
IMPORTANTE! Per avviare il gioco dovrete lanciarlo dall'icona presente sul desktop, non dal menu start.
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