Francisco Gonzales, autore di A Golden Wake e Shardlight, non è più associato a Wadjet Eye, la software house/publisher di Dave Gilbert.
Anche se è stata da poco annunciata, la "rottura" ha avuto luogo un anno fa, poco dopo la pubblicazione di shardlight. Nel post sul suo blog, Gonzales cita delle motivazioni economiche che hanno spinto la Wadjet Eye a non tenerlo nel team, ma assicura che la separazione è stata amichevole.
Gilbert, prosegue Gonzales, si era offerto di pubblicare ugualmente Lamplight City, il nuovo titolo a cui Gonzales sta lavorando, ma questi ha rifiutato. La causa sarebbero le differenze artistiche fra i due autori, che vogliono spingere il gioco in direzioni diverse.
Gonzales assicura comunque che Lamplight City verrà pubblicato, anche se ancora non si sa con quale publisher.
Ricordiamo che Lamplight City sarà un'avventura grafica investigativa ambientata in una Londra vittoriana dal sapore steampunk. La data di uscita, ovviamente, è al momento sconosciuta.
Chiusa finalmente la serie Blackwell, Dave Gilbert decide di non abbandonare la New York fantastica da lui creata. Unavowed, nuova opera appena annunciata dalla Wadjet Eye, sarà ambientata nello stesso universo.
Misto tra avventura grafica ed RPG e scritto in collaborazione con Jennifer Hepler, in Unavowed ci siamo appena liberati da una possessione demoniaca e ci ritroviamo a dover ricostruire la nostra vita da zero.
Fra le featture annunciate ci saranno:
- La possibilità di scegliere il sesso del protagonista e uno fra tre background;
- Scelte che influenzano la storia;
- Un party di personaggi, ognuno con le sue abilità;
- Una risoluzione doppia rispetto al solito (beneficieranno i disegni di Chandler).
Cosa ci aspettiamo da questa nuova storia made in Wadjet Eye?
Per chi non conoscesse la precendente serie di Blackwell, da poco tempo disponbile anche su AppStore in versione bundle di tutti gli epidosi, vi invitiamo a leggere le nostre recensioni a cura di Ragfox:
- The Blackwell Legacy
- The Blackwell Unbound
- The Blackwell Convergence
- The Blackwell Deception
- The Blackwell Epiphany
Nel mondo post-apocalittico di Shardlight, la bomba ha lasciato in eredità, oltre a un bell'accumulo di macerie e una distesa di terre aride, i Polmoni Verdi (Green Lungs, in originale), una malattia che colpisce bene o male tutta la popolazione superstite. Gli unici ad avere il vaccino, vaccino che i malati devono prendere una volta al mese per non morire, sono gli Aristocratici, la nuova classe ricca che domina il popolino dall'alto dei tre Ministeri: quello della Conoscenza, quello della Medicina e quello dell'Energia. Per il popolino, l'unica speranza di ottenere una dose di vaccino è quella di vincere la lotteria, i cui biglietti si ottengono facendo lavori più o meno pericolosi per uno dei tre Ministeri.
Amy Wellard, la nostra protagonista, deve compiere proprio uno di questi lavori, perché ormai sta cominciando a sputare sangue. Il suo compito, affidatole da Tiberio, Ministro dell'Energia, è quello di riparare un reattore guasto in mezzo alle rovine. Ma lei non è la prima a cui era stato affidato questo compito. Vicino al reattore, Amy trova un uomo, rimasto schiacciato da alcuni massi, che le chiede un ultimo favore: portare una lettera a Danton, una sua “amica”.
Purtroppo per Amy, questa lettera è molto più che un saluto all'amata, e la nostra protagonista si troverà presto invischiata in una serie di complotti.
Shardlight è la nuova avventura grafica targata Wadjet Eye. E' scritta e sviluppata da Francisco Gonzalez, che già abbiamo conosciuto con A Golden Wake; ed è illustrata dal bravissimo Ben Chandler, che ormai su OGI nominiamo ogni volta che si tira in ballo la Wadjet Eye (andate a leggere le recensioni di PISS e di Eternally Us, se ancora non sapete cosa sono).
Ricordiamo che A Golden Wake non ci convinse del tutto: primo titolo commerciale di Gonzalez, risultava ancora immaturo sotto molti punti di vista. Com'è andata con Shardlight?
Eh, ve lo dico subito, così così.
Molti dei difetti che erano di A Golden Wake, sono anche di Shardlight. La storia, per esempio, benché sia interessante e presenti personaggi ben caratterizzati, simpatici e a loro volta interessanti, in qualche punto fa storcere il naso. Non posso parlare di veri e propri buchi di trama, ma di soluzioni deboli, stupide o poco verosimili, che sembrano messe lì perché non c'era tempo per pensare di meglio. Faccio un paio di esempi, cercando di limitare gli spoiler.
Ad un certo punto, un gruppo di gente viene uccisa e la loro “casa” distrutta e saccheggiata. Tutto è in pezzi... tranne una grossa lavagna con sopra l'indizio che vi serve per andare avanti (peraltro nascosto dietro un puzzle poco credibile). Che culo.
Oppure, il gruppo di cui sopra viene tutto ucciso... tranne un unico tizio che poi guarda caso vi darà una mano più avanti. Che culo.
Ancora, entriamo in una location e troviamo a terra abbandonato giusto l'oggetto che ci serviva in un'altra location, così, proprio in mezzo alla via. Che culo.
Più grave è quando un gruppo super-segreto che ha a disposizione decine di uomini, invia nella missione più importante di tutte... la tizia che è entrata nel gruppo neanche mezza giornata prima. Perché... in verità non viene spiegato il perché ^^. Qualcosa mi dice che questo gruppo ha bisogno del manuale “Spionaggio e sedizione per dummies: come non consegnarsi al nemico con le braghe calate”.
Insomma, in vari punti si storce il naso e bisogna far finta di niente e andare avanti.
In generale, la storia è lineare e può essere modificata in maniera netta solo con l'ultimissima scelta nel finale. Ma qua e là Amy può esprimere il suo parere sugli eventi e sulle fazioni della città, quindi sarebbe ovvio che possa, ad un certo punto, fare delle cose che il gioco non vi permette di fare. Anche questa non è una grande pecca, ma fa sentire “chiusi” in un mondo finto, quando sarebbe bastato poco per eliminare questa sensazione e far comunque percorrere alla storia i suoi binari predefiniti.
Personaggi e ambientazione sono, invece, abbastanza buoni. L'ambientazione, in particolare, è secondo me ben riuscita e affascinante. Oltre alle shards, i pezzetti di vetro “radioattivo” usati come fonte di luce, che danno al mondo post-apocalittico di Shardlight una “tinta” diversa rispetto al classico clone di Fallout, ci sono altri particolari che concorrono a rendere l'ambientazione il meno banale possibile. Dall'uso di costumi ispirati alla rivoluzione francese per l'Aristocrazia (che però adotta nomi romani, come Tiberio, appunto), passando per il design delle location per arrivare al culto del Reaper (Il Tristo Mietitore), venerato in una chiesa da cui sbuca mezzo aereo, si vede lo sforzo per fare qualcosa che colpisca e resti impresso, e secondo me il team di Gonzalez ci è riuscito.
Molte scene, prese singolarmente, mi sono piaciute. Voglio menzionarne giusto una, perché ero sicura che l'avrebbero sbagliata. Ad un certo punto, Amy deve sbrigarsi a salvare un altro personaggio (ovviamente, non un *cane* le darà una mano, nonostante fino a quel momento ci saremmo fatte il mazzo per tutti!) correndo di location in location. Ero sicura che ci sarebbe stato qualcosa da esaminare e raccogliere, ma i miei tentativi sono stati bloccati con un “Non ho tempo per questo, devo salvare Tizio!”. Mi è piaciuto il senso di urgenza generato dalla sequenza, pezzo dove molti giochi, anche alcuni action, toppano clamorosamente.
I personaggi principali sono anch'essi memorabili, a partire da Tiberio (anche grazie al doppiaggio dell'ormai “famoso” Abe Goldfarb, perfetto per questo tipo di personaggi). Amy è molto più “normale”, ma è ugualmente un personaggio simpatico e ho apprezzato che sia stato fatto il tentativo di avvicinarci al suo lato più umano, mostrandoci la sua casa e i suoi desideri personali, oltre ai suoi scopi nella “grande missione”.
Alcuni personaggi secondari restano meno impressi, o sono sviluppati un po' troppo velocemente, come il capo del culto del Reaper, capace di cambiare filosofia di vita dopo due parole in croce di Amy. Ma, nel complesso, sono rimasta soddisfatta.
Per quel che riguarda il comparto enigmi, da un certo punto di vista abbiamo fatto un passetto indietro rispetto a A Golden Wake. Mentre lì si potevano scegliere diversi approcci per risolvere gli scenari proposti, qui la soluzione è quasi sempre una e una sola. Da un altro punto di vista, enigma della lavagna a parte, non abbiamo più davanti roba presa dalla settimana enigmistica. C'è un tentativo di introdurre un elemento diverso dando a Amy una balestra, che può usare per sparare a cose e persone (purtroppo non potrete ammazzare gente random, sigh), ma il risultato è più semplice di quel che non sembri (peraltro vorrei capire come mai a volte lei recupera il dardo, a volte no. Misteri della Convenienza della Trama, credo). Ho trovato gli enigmi bene o male logici e non difficilissimi: sono rimasta bloccata due volte, una a causa di una mia stupidità (non avevo esaminato bene lo scenario), l'altra a causa di un bug che al momento in cui scrivo è già stato corretto.
Ho apprezzato quello che nel commentary viene definito “l'enigma più difficile del gioco”, che... non vi dico in che cosa consiste! Ma è stato carino, anche se non l'avrei definito “difficile”. Usa una meccanica poco sfruttata nelle avventure grafiche, quindi lode all'inventiva degli sviluppatori. Nel complesso direi che siamo un gradino sotto Technobabylon, con qualche sezione un po' trioppo ripetitiva.
Dal punto di vista grafico, vorrei non potermi lamentare, ma un pochino devo. Ben Chandler è bravissimo e un maestro dei colori per quel che mi riguarda. Mi piacciono moltissimo i suoi sfondi e in generale ogni “disegno” pixelloso che realizza. Ma sul mio monitor il tutto è davvero un po' troppo sgranato e non sono riuscita a ridurre il gioco in finestra decentemente o ad alzare la risoluzione (non mi pare proprio che ci sia l'opzione nel menu). Ok, dopo un'oretta di gioco mi sono abituata, ma secondo me servirebbe comunque una risoluzione un pochino maggiore.
Pollice su per le animazioni, specialmente quelle sanguinose su cui Chandler si è divertito come un bambino di 5 anni (infatti abbondano, è da morire quando ne parla nel commentary del gioco).
Le musiche restano forse meno impresse di quelle di A Golden Wake, ma mi sono piaciute e le ho trovate adatte all'ambientazione. Ogni personaggio ha un suo theme, cosa che ha dato più personalità a molte scene.
Come in ogni gioco Wadjet Eye che si rispetti, è presente un commentary del gioco, attivabile in qualsiasi momento (e che contiene spoilers, quindi magari vorrete attivarlo dopo aver completato il gioco la prima volta) e una sezione bonus, che si sblocca al primo finale raggiunto. Questa sezione contiene dei bloopers e degli sketch di ambientazione e personaggi.
Nel complesso, non posso promuovere con lode questo Shardlight, anche se non è una brutta avventura. Avrebbe necessitato di un po' di tempo in più sotto produzione, per migliorari pezzi di trama da film di serie B e per dare un po' di varietà agli engimi.
E' dispobile per chi lo desidera il pre-order di Shardlight, prossima avventura post apocalittica targata Wadjet Eye.
Scritta da Francisco Gonzales e illustrata da Ben Chandler, Shardlight ci mette nei panni di Amy Wellard, una ragazza che lotta per vivere nel mondo di stenti e malattia creato dalle bombe. E' proprio la malattia a spingerla a fare qualche lavoretto per gli Aristocratici, gli unici ad avere accesso al prezioso vaccino.
Shardlight è in pre-order su GOG e Humblestore, e sarà rilasciato l'8 Marzo.
Siamo in un futuro non troppo lontano - solo il 2087. Newton, la città in cui ci troviamo, è governata da una IA, Central, che gestisce tutte le infrastrutture; internet è evoluto nella Trance, una rete di menti collegate assieme che ha reso inutile, per molti, qualsiasi altra forma di comunicazione.
Latha Sesame è una di queste persone. Disoccupata e "drogata di Trance", passa il suo tempo connessa, a fluttuare nello spazio mentale suo e di altri Creativi - persone che creano spazi personalizzati nella Trance. Tutto cambia quando Latha scopre che la serratura di casa sua è bloccata: adesso che non può più uscire, l'idea di restare in casa non le garba molto. E il peggio deve ancora venire. Appena riesce, con il nostro aiuto, a uscire, il suo appartamento esplode. Casualità, o qualcuno ce l'ha con lei?
Charlie Regis, invece, è un agente della CEL (la "polizia" di Newton, anch'essa sotto il comando di Central), che sta indagando su un serial killer assieme alla sua partner, l'agente Max Lao. Questo serial killer è un hacker particolare: hackera le menti altrui e le svuota delle informazioni che gli servono, ammazzandoli nel processo. Per Regis non è semplice arrestarlo, anche perché lui è rimasto abbastanza indietro coi tempi: non ha neanche un impianto per connettersi alla Trance.
Le premesse di Technobabylon possono apparire complesse, ma è perché il gioco si diverte a spezzettare la trama principale e a mostrarcela da diversi punti di vista. Per un terzo del gioco infatti ero un po' perplessa dalla piega che stavano prendendo gli eventi, ma alla fine tutto si unisce in un'unica trama complessivamente sensata e meno caotica di quel che sembra.
Seguiremo, a capitoli alterni, Latha, Regis e Max.
Regis è il vero protagonista del gioco: suo è il conflitto principale, suoi sono i capitoli più lunghi, a lui spetta il climax. E' il personaggio più approfondito, grazie anche ad alcuni flashback (grazie al cielo brevi) in cui scopriremo alcune rogne del suo passato che faranno capolino durante quello che sembra un caso come un altro. Il suo essere un po' spaesato rispetto alla realtà in cui si trova ci aiuta a inserirci meglio nell'ambientazione, visto che molte delle cose che noi dovremo scoprire sono sconosciute anche a lui. Fra i tre personaggi giocabili è sicuramente lui quello più vicino alla nostra realtà, anche grazie al suo amore per la giustizia e al suo essere un po' “ribelle” nei confronti di Central.
Max e Latha sono sviluppate meno attentamente, ma sono comunque bei personaggi. Latha probabilmente spicca di più, perché è un personaggio più “estremo” (una drogata è sempre una drogata, resta più impressa di un'impiegata statale), ma anche Max è ben caratterizzata. Come sempre nei titoli WE, sono i dettagli che ci raccontano molto dei personaggi, il modo in cui parlano, le scelte che compiono, e queto aspetto è ben realizzato.
Inoltre vediamo, nei tre personaggi di Technobabylon, tre approcci diversi al tipo di società proposta.
Regis è un po' il genitore anziano che non vuole proprio capire come si usa uno smartphone: ancorato ai tempi andati, in parte per “principio”, in parte per incapacità di adattarsi (e, nel caso di Regis, in parte per motivazioni ben più solide che non vi svelerò), vede sempre il “bicchiere mezzo vuoto” della società futuristica (per lui, moderna) in cui vive. Per lui Central è cattiva e innaturale, le telecamere sono un'invasione della privacy, la Trance è qualcosa che va oltre la sua comprensione e che lo mette a disagio.
Max, la sua partner, è molto più a suo agio con la tecnologia e ha una mentalità più aperta e tollerante. E' la figlia del genitore anziano di cui sopra, quella che *sa* usare uno smartphone (beh, nel caso di Max è quella che sa hackerarti un computer) e che scuote la testa quando il genitore vaneggia dei “bei tempi quando non c'erano queste diavolerie elettroniche”. Lei è pronta ad ammettere che Central ha i suoi lati negativi, ma che la città funziona bene anche grazie a lei – che proprio grazie a lei è possibile prevenire dei crimini e beccare colpevoli – e che forse essere rintracciabili dal pronto soccorso in ogni evenienza può essere utile.
Latha, infine, è quella che vive costantemente nella rete e non capisce come qualcun altro possa voler fare qualcosa *fuori* da essa. E' quella che si fa mezza città a piedi nudi pur di trovare un accesso alla Trance (una zona Wi-fi libero, tradotto al giorno d'oggi).
Technobabylon è molto meno pessimista del classico cyberpunk. Il gioco comincia mostrandoci Latha e le condizioni pessime in cui vive. Continua mostrandoci Regis e la sua ostilità verso Central, mostrandoci come attacca nastro adesivo alle telecamere e come modifica il suo Traveller (una specie di cerca-persone) per sfuggire al suo controllo. La mia idea era che si stesse andando verso il solito “futuro nero” che tutti gli amanti del cyberpunk conoscono.
Invece, quando il focus comincia a passare su Max, quando la trama va avanti e i nodi vengono al pettine, Technobabylon ci mostra che non è tutto così orribile, e non è sempre colpa del progresso tecnologico. Latha vive male, ma parte della colpa è sua. Central è vulnerabile a “bug”, ma riesce a prevedere dove colpirà un serial killer meglio di un umano. In un articolo su GamesRadar, James Dearden, designer di Technobabylon, spiega che “con Technobabylon vorrei far passare il messaggio che non è la tecnologia in sé a essere dannosa, ma che il danno deriva dalle persone che la usano”. Il messaggio passa benissimo e, se rende forse Technobabylon un po' meno “punk”, lo rende anche più complesso e sfaccettato.
La trama in sé non presenta buchi logici, ma ogni tanto traballa, a volta per colpa di dialoghi stupidi, a volte per colpa di enigmi stupidi.
Per esempio, capita spesso che Regis parli con un personaggio e scopra (esempio inventato) che Tizio ha i capelli rossi. Poi parla con un altro personaggio e si interroga sul colore dei capelli di Tizio. Oppure capita che Regis (o Max, o Latha) usi un oggetto senza aver prima scoperto a cosa serve.
A volte, come dicevo, sono gli enigmi a instupidire una situazione. Per esempio, quando Max e Regis stanno inseguendo il serial killer si trovano davanti una porta chiusa. Fra le varie opzioni per aprirla c'è quella di chiamare per telefono il tizio che conosce il codice della porta. Quando hanno altri due modi molto più veloci per aprire la porta – e, ricordo, c'è un serial killer in fuga.
Sono piccoli problemi, ma capitano spesso, e la cosa alla lunga dà fastidio.
Come errori “grossi”, abbiamo un paio di spiegoni (particolarmente orrendo il primo, fra Regis e Max all'inizio del gioco, che si dicono per qualche minuto cose che *ambedue già conoscono*! Sottigliezza: la stai facendo bene!) e una sequenza molto poco credibile con Latha all'interno della centrale di polizia.
Nel complesso la trama regge e risulta interessante. Uno dei colpi di scena, quando viene svelato, si era ormai capito, ma il resto fila.
Ho avuto l'impressione che il gioco necessitasse di un'altra passata di betatesting prima di essere rilasciato.
Passiamo agli enigmi, e cominciamo col dire che Technobabylon prosegue sulla scia di Primordia, ossia quella di dare più soluzioni per lo stesso enigma. Non capita per tutti gli enigmi, e a volte la cosa non è sensatissima, come abbiamo visto per la porta, ma la non-linearità è sempre la benvenuta. Ci sono due finali, che dipendono anche da come risolverete alcune situazioni, e tutti e due danno soddisfazione. In altre occasioni potrete compiere delle scelte – sia di dialogo che “pratiche” - che avranno solo impatto sui personaggi in quel dato momento: servono essenzialmente a dare un tocco personale alla moralità di questo o quel personaggio.
Gli enigmi sono del tipo semplice e logico per la maggior parte, ed è difficile restare davvero bloccati. A volte si arriva al limite del verosimile, però, con enigmi che... mmmsì, possono essere possibili, chiudendo un occhio. Un esempio è la scena di cui parlavo sopra, con Latha nella centrale di polizia, o un enigma che “prepara” Regis (e che Max dovrà risolvere) in un laboratorio.
Sono rimasta un po' delusa dagli enigmi che riguardano la Trance, non perché siano per forza più “brutti” di quelli “normali”, ma perché non sono molto particolari (anche se uno mi ha fatto sorridere): dovremo parlare con programmi di varia natura, fare attenzione a virus e scaricare dati, ma è tutto meno fiquo di quanto non sembri. Insomma, la Trance è una stanza dell'avventura come le altre, mentre mi aspettavo qualcosa di fiquoso, con una logica diversa dal “normale”.
Ho piacevolmente constatato che la maggior parte degli enigmi non sono usati come riempitivo del nulla ma per portare avanti la storia.
La parte investigativa della storia è portata avanti più nella narrativa che nel gameplay. C'è un solo momento in cui dovremo effettivamente analizzare degli indizi e trarre conclusioni basate su di essi; per il resto del tempo, i misteri si riveleranno in modi diversi.
La grafica è stata realizzata da Ben Chandler, e detto questo potrei chiuderla qua. Per chi non lo conoscesse, lui ha lavorato ad altre avventure grafiche (tra cui l'ultimo capitolo di Blackwell) ed è l'autore di PISS, tra le altre cose. La sua grafica è, come al solito, molto bella, con colori stupendi e sempre azzeccati alle varie scene. Le animazioni sono ogni tanto legnose, specialmente il modo in cui i personaggi camminano è un po' ridicolo (non hanno le ginocchia, a vedere le animazioni), ma nel complesso sono guardabili senza problemi.
Le musiche mi sono piaciute parecchio – da quella del menu iniziale, peraltro animato, a quelle che ascolteremo durante il gioco.
Technobablyon è una bella avventura, che avrebbe però bisogno di qualche altra rifinitura per mostrare al 100% le sue potenzialità. La storia può lasciare un po' confusi per via della mancanza di consistenza, ma è una bella storia, che peraltro è cyberpunk in un modo un po' particolare. Gli enigmi a volte fanno alzare un sopracciglio, ma sono godibili e quasi mai inutilmente astrusi.
E, se doveste bloccarvi, avete la nostra soluzione nel link in alto.
Se parliamo di avventure grafiche indie, uno dei primi nomi che viene in mente è quello della Wadjet Eye Games, sviluppatrice e publisher di avventure grafiche realizzate in AGS.
Viene fondata nel 2006 da Dave Gilbert, che ha appena creato The Shivah in occasione dei MAGS di quello stesso anno, e che ha deciso che creare videogiochi è molto più divertente che trovarsi un “vero lavoro”.
Seguono i primi capitoli della serie Blackwell: scritti da Gilbert e programmati con l'aiuto della moglie Janet, sono forse i titoli per i quali la Wadjet Eye è più conosciuta. Ma una serie non è abbastanza per tenere su, finanziariamente parlando, una software house: tra un titolo e l'altro passa troppo tempo e Gilbert si accorge che basterebbe un solo flop perché la Wadjet Eye debba chiudere i battenti. Decide allora di pubblicare giochi di altri designer e dopo un piccolo errore di percorso nel 2010 (Puzzle Bots, avventura grafica teoricamente sviluppata dalla Ivy Games ma in effetti programmata da Gilbert stesso), nel 2011 incappa in Gemini Rue, un'avventura grafica fantascientifica quasi terminata, il cui autore, Joshua Nuernberger, non ha voglia di pubblicizzarla e pubblicarla a tutti gli effetti. Dave Gilbert si assume questo compito e Gemini Rue è un successo.
Seguono Da New Guys, Resonance, Primordia e A Golden Wake, tutti titoli sviluppati da terze parti e poi pubblicati dalla Wadjet Eye, che nel frattempo fa uscire anche gli ultimi due capitoli della serie Blackwell e una versione “enhanced” (o “kosher”) del suo primissimo gioco, The Shivah.
Dave Gilbert ha trovato una “formula vincente” per riuscire a fare il lavoro che gli piace e ricavarne anche un profitto. I giochi curati dalla Wadjet Eye, che siano quelli propri di Gilbert o quelli sviluppati da terze parti, hanno tutti delle caratteristiche in comune che li hanno portati a far breccia nel mercato delle avventure indie.
La prima di queste caratteristiche è il focus sulla storia e sui personaggi memorabili. Quelli della Wadjet Eye sono tutti “giochi che piacciono a Dave”, e a Dave piacciono le storie prima di tutto e in più di un'intervista ha dichiarato di trovare noiosi gli enigmi troppo complessi. Non è un caso se nei suoi titoli, nella serie Blackwell in particolare, gli enigmi siano fin troppo semplici e a volte ripetitivi e cliché. I titoli prodotti da altri, Resonance e Primordia specialmente, presentano un gameplay migliore, più vario e, specialmente in questi due titoli, con soluzioni multiple dello stesso enigma e finali alternativi. Ma è la storia a restare nel cuore dei fans, come testimoniano le numerose fan art (tra cui alcuni cosplay!) dedicati a Joey e Rosa, protagonisti della serie Blackwell.
Il secondo aspetto che caratterizza i titoli Wadjet Eye è sicuramente la cura nella presentazione (molto cinematografica, anche per titoli graficamente retrò come questi) e sopratutto nel doppiaggio, rarità, quest'ultimo, per titoli indie a così basso budget.
La Wadjet Eye nasce con Gilbert, si “espande” con l'inclusione di Janet e al momento comprende altri due membri, di recente acquisizione: Ben Chandler, grafico e artista, e Francisco Gonzales, designer e autore di A Golden Wake. Anche con così pochi mezzi, arte e doppiaggio sono sempre stati due aspetti molto curati fin da The Shivah, in cui fa il suo esordio nel mondo dei videogame Abe Goldfarb (doppiatore del rabbino Stone), che diventerà una delle voci ricorrenti delle avventure Wadjet Eye.
Adesso, nel 2015, le cose non sembrano cambiare, con l'uscita di Technobabylon, avventura fantascientifica “a metà fra Blade Runner e Police Quest”, in cui dovremo investigare i crimini di un “Hacker della mente” e nel contempo cercare di sfuggire al nostro passato. Il gioco sta per uscire, e nel frattempo una demo è stata resa disponibile.
Run, rabbit run.
Dig that hole, forget the sun,
And when at last the work is done
Don't sit down it's time to dig another one.
For long you live and high you fly
But only if you ride the tide
And balanced on the biggest wave
You race towards an early grave.
Indietro Tutta torna a dare spazio ai giochi realizzati con uno dei tool di sviluppo più importanti e più utilizzati dagli autori di videogiochi amatoriali, ovvero l'AGS , il cui relativo forum di discussione italiano è ospitato in esclusiva proprio qui su Old Games Italia, con orgoglio ed estrema soddisfazione da parte nostra. Attraverso una serie di articoli, volgeremo lo sguardo sulla produzione odierna di avventure grafiche indipendenti, in un viaggio alla scoperta dei titoli da tenere d'occhio. Iniziamo con A Golden Wake e Technobabylon, due giochi davvero interessanti. Non ci resta che sollevare il coperchio della pentola che bolle grazie alla creatività della grande comunità della "Tazza Blu" e augurarvi una buona lettura!
Chris Jones (il creatore dell'engine Adventure Game Studio) nel 2002, in un'intervista rilasciata ad Adventure Treff, ha dichiarato: "Finally, the reason I have been developing AGS since the early days, is not to create my own game any more, but rather as my small contribution to keeping the adventure gaming genre alive." (Il motivo per cui ho sviluppato AGS, sin dai primi giorni, non era quello di creare un mio gioco, ma piuttosto quello di dare il mio piccolo contributo per mantenere vivo il genere delle avventure grafiche).
E grazie a Chris Jones e ad Adventure Game Studio (comunemente chiamato AGS) le avventure grafiche che si ispirano ai grandi classici dell'epoca d'oro (gli anni 90), nonostante tutto, sono più vive che mai, basta dare un'occhiata ai giochi attualmente in sviluppo in seno all'attivissima comunità di AGS: nuovi e vecchi sviluppatori che fanno capolino e decine di titoli molto promettenti, di cui, senza pretesa di essere esaustivi, vorremmo fare una piccola panoramica.
A Golden Wake (Grundislav Games)
A Golden Wake, sviluppato da Francisco Gonzales (Grundislav Games), sarà probabilmente il primo tra i giochi AGS in produzione che vedrà la luce. Il gioco avrà un destino commerciale e sarà pubblicato da Wadjet Eye Games (Gemini Rue, Serie Blackwell, Resonance, Primordia). Ambientato in Florida, nei ruggenti anni 20, il gioco ha come protagonista Alfie Banks, un giovane agente immobiliare di New York trasferitosi da poco a Miami, città nel pieno del boom economico; quello era un momento di grandi opportunità per Alfie. Basata su eventi reali, ambientata in luoghi reali e con personaggi ispirati a persone realmente esistite, l'avventura ci porterà, tra note di jazz, contrabbandieri spietati, politici corrotti ed altri loschi figuri, ad assistere alla caduta di un uomo onesto in un baratro di avidità e di corruzione e (forse) al suo riscatto finale. Tra i giochi in sviluppo, A Golden Wake è senz'altro quello che più sembra far rivivere, almeno a giudicare dagli screenshots e dal trailer, lo spirito dei gloriosi giochi Sierra.
Technobabylon (Technocrat Games)
Ispirato ai classici della letteratura di fantascienza (o in più in generale della "speculative fiction" o narrativa speculativa), Technobabylon è un remake dei primi tre capitoli originari (intitolati appunto Technobabylon I, Technobabylon II e Technobabylon III), rilasciati nel 2010/2011, ed una continuazione degli stessi con una storia che si dipana per almeno altri otto capitoli. In un futuro in cui lo stile di vita cyberpunk sta ridefinendo il significato di ciò che significa essere umani, due destini si intrecciano, quelli di Latha e Regis: Lei, asociale, agorafobica e senza lavoro, dipendente da realtà virtuali e mondi artificiali lontani discendenti di internet, diventa inspiegabilmente il bersaglio di misteriose forze che la vogliono morta; Lui, agente della polizia segreta, inizia ad essere ricattato con le vite dei suoi figli e si trova ben presto a dover fare i conti con il proprio passato. Fantascienza, cyberpunk e mistero sono le keywords di quest'avventura che sarà marchiata anch'essa Wadjet Eye Games e che, grazie ai talenti artistici di Ben Chandler (Eternally us), Ivan Ulyanov (Patchwork) e Nathan Pinard (musiche di Gemini Rue) si preannuncia essere uno dei migliori titoli indie del 2015.
E non dimenticate, venite a parlarne qui sul forum di OGI!
PISS è una piccola avventura grafica free, creata con AGS da Ben Chandler, che abbiamo già visto su questi lidi con la recensione di Eternally Us. PISS è un'opera più complessa narrativamente, ma che mantiene l'impatto emotivo e umano di Eternally Us. Dite che sono saltata al giudizio finale? Andiamo con ordine allora.
Moira è una mercenaria che anni fa si diede al bere per dimenticare... qualcosa che in effetti non ricorda più. E ormai non può più smettere di bere: è l'unico modo in cui riesce a farsi due orette di sonno tranquillo, senza che il suo incubo ricorrente – un mondo gioioso pieno di persone felici – la perseguiti. Moira accetta quindi un lavoro dopo l'altro, con l'unico obiettivo di bere fino a svenire con i soldi ricavati.
Sì, è una tipa che ha poche belle giornate. Ma quella di oggi è una splendida giornata: ieri ha terminato un lavoro difficile e oggi intascherà la bellezza di due monete d'oro! Moira sta per andare a riscuotere, quando il fantasma del suo cliente le appare nella stanza: gli spiace, ma non la pagherà. Ha usato le due monete d'oro che le doveva per pagare il biglietto al traghettatore dell'aldilà. Sorry!
Moira non ci sta. La sua vita fa già schifo abbastanza, non è giusto che i clienti si rifiutino persino di pagarle il dovuto! Andrà al mortuario della città e strapperà le monete dagli occhi di questo pezzente, costi quel che costi! Purtroppo, una “gita” al mortuario costa 5 monete di rame, e lei è al verde...
Più che una vera avventura grafica, PISS sembra una visual novel con qualche enigma. Gran parte del gameplay è costituito dai dialoghi, e non sono dialoghi “da risolvere”: tranne in un paio di casi in cui bisognerà effettivamente rispondere seguendo un approccio specifico, basterà solo parlare con tante persone, esaurendo tutti gli argomenti. Anche alcuni “enigmi” sono basati su questo sistema: la persona X ha bisogno di qualcosa, la persona Y ha questo qualcosa, e noi dovremo solo andare a riferire la cosa a X. Molto, molto semplice.
Sono presenti anche alcune scelte che non influiscono direttamente sugli eventi della trama. La storia è lineare, insomma, ma Moira potrà compiere delle scelte, alcune più difficili di altre, andando avanti nel gioco, e questo cambierà l'atteggiamento di alcuni personaggi verso di noi.
La maggior parte degli enigmi, invece è basata sull'inventario, e sono tutti molto semplici – anche se non così semplici come quelli visti in Eternally Us. Solo in un paio di casi dovremo effettivamente sudare un po' per risolvere un passaggio.
Una delle cose che mi ha stupita è la ricchezza di locations, personaggi e hotspot, in rapporto alla durata del gioco (e al suo essere completamente gratuita). Vediamo molte avventure commerciali con quattro locations in croce, spoglie di oggetti e persoaggi. In PISS, invece, le locations sono abbastanza varie (ce ne sono sette solo per la città da cui partiremo, e Moira viaggerà in un paio di altri luoghi) e ognuna contiene abbastanza NPC e hotspot da non farle risultare spoglie. Chiariamoci, sono sempre NPC statici, ossia fermi in un punto, e non ce ne sono una marea. Ma ricordiamo anche che stiamo parlando di un'avventura gratuita: l'impressione finale di ogni location è quella di essere magari un po' artefatta, ma curata. Si vede lo sforzo, lo sbattimento, di chi l'ha creata.
Argomento hotspot: come dicevo, ce ne sono abbastanza, alcuni dei quali inutili ai fini della trama, messi lì per arricchire il background e dare più informazioni sull'ambientazione. Non c'è un tasto per mostrarli tutti a schermo – non c'è *nessun* tipo di aiuto in game, grazie al cielo – ma di solito beccarli non è difficile, sono ben posizionati. In generale, se pensate che un oggetto sia osservabile, lo è. Solo in un caso ho dovuto cercare un oggetto con il lanternino, perché non avevo idea che mi servisse.
L'ambientazione di PISS è molto... rpgistica. L'impressione è che Chandler abbia volutamente richiamato svariati RPG, da Baldur's Gate a Torment. I richiami a Torment, in particolare, si sprecano – chiunque lo abbia giocato ha sicuramente già notato il mortuario di cui accennavo più su, per esempio, ma è il tono dell'ambientazione che richiama moltissimo quello di Planescape. In ogni angolo dell'avventura troverete un particolare magico, bizzarro, strano. Ogni personaggio non è mai solo quello che potrebbe essere (solo un mercante, solo un assassino, solo un cercatore, solo un mendicante), il che aiuta moltissimo a creare l'illusione che l'universo di PISS sia vivo, pieno di meraviglie da esplorare. Alla fine del gioco, si ha l'impressione che questo sia un universo in cui possono essere ambientate altre mille storie, che ogni personaggio che abbiamo incontrato abbia la sua – di cui noi non conosciamo che un pezzettino minuscolo.
Questo non significa, però, che l'ambientazione di PISS e quella di Planescape siano uguali: quella di Chandler ne riprende solo lo spirito e l'originalità, ma fa suoi questi spunti e li ripropone diversi, e spesso in chiave comica.
Sì, perché PISS, nonostante sia una storia serissima e molto toccante, non si prende mai troppo sul serio. E' al confine fra serietà e umorismo, e Chandler riesce a bilanciare il tutto molto bene; d'altronde, era facile cadere nel melodramma con la storia di Moira, che parte in maniera già molto patetica. La vena umoristica, invece, evita queste cadute di stile senza togliere niente all'aspetto tragico delle vicende.
E' anche perfettamente in linea con il carattere di Moira, che, nonostante sia un'ubriacona senza speranze e senza ambizioni, non si deprime, non cede all'autocommiserazione continua, ma è capace di ridere di se stessa ed è fondamentalmente gentile con tutti.
Della storia e dei suoi personaggi non vi dirò altro, perché PISS è molto breve e ogni spoiler è peccato; ma posso dirvi che sono tutti ben scritti. Moira è ovviamente quello più sfaccettato, e risulta realistica e complessa, molto umana. Ma anche gli altri personaggi non sono mai cliché, anche quando sono appena abbozzati e hanno sempre almeno una caratteristica interessante e fuori dal comune.
L'unica cosa che voglio menzionare, perché (purtroppo... credo) è raro e perché potrebbe disturbare qualcuno, è la presenza di una scena di sesso fra due personaggi, due donne. Non è volgare e non è “gratuita” (al contrario, è un punto che in un modo o nell'altro è molto importante per la storia) ma è esplicita – e anche un filo retorica.
Ma lo so che avete letto tutto questo con poca attenzione, perché il vostro quesito, fin dall'inizio, era un altro. PISS è un acronimo, vero? Non sta per *quel* PISS, vero? Ebbene... nì. PISS sta per “piss”, sì, e non è un acronimo, ma ha anche un significato più, erhm, profondo. Che vi spiegherà un personaggio del gioco, non io.
E torniamo a quel che dicevo nel primo paragrafo. Com'è PISS? E' una storia molto, molto bella, magnificamente narrata da Ben Chandler, ma è anche un gioco non eccelso, in cui non avrete molto da “giocare”.
Eternally Us è la storia di un grande dolore e del suo non meno doloroso percorso di accettazione.
È una piccola poesia in forma di avventura grafica. Così breve e così autentica da essere quasi commovente e da convincere che sia ispirato a una perdita realmente accaduta.
Realizzato col versatilissimo AGS di Chris Jones, Eternally Us è un punta e clicca dalla durata complessiva di circa 20 minuti, adesso completamente in Italiano.
Non più di cinque schermate di gioco; solo 2 o 3 enigmi veri e propri; pochissimi hotspot; ancora meno oggetti da raccogliere.
Grafica ispirata, con alcuni effetti grafici (come le foglie d'autunno o le transizioni fra una schermata e l'altra) veramente evocativi, pur nella loro semplicità.
Ma non è il gamplay o la qualità degli enigmi che contano in questo piccolo gioco. Sono piuttosto la componente artistica e il contenuto emotivo a predominare sul gameplay. Stavolta l'avventura grafica è solo il mezzo per trasmettere emozioni.
L'avventura grafica come sostituto di una canzone, di una poesia, di un disegno... di un pensiero privato.
È la prova (l'ennesima) che il videogioco sta diventando un mezzo d'espressione maturo, adatto a persone mature e che parla il loro linguaggio. E in questo senso Eternally Us è sicuramente una (piccola e modesta) evoluzione del genere.
L'avventura grafica è qui lo strumento usato dall'autore per soddisfare un suo bisogno di espressione. Uno strumento virtuale per assimilare un dolore reale... di cui, da ora in poi, tutti i giocatori saranno partecipi.
È bello, Eternally Us. In un modo tutto suo, dolce e triste.
Si gioca velocemente. Forse lo si dimentica anche velocemente.
Ma non c'è veramente motivo per non viverla, questa emozione.
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