Dai creatori di Primordia, arriva Strangeland

Qualcuno ricorda il bellissimo Primordia? Si trattava di un'avventura grafica fantascientifica, ambientata in un mondo post-umano e dai puzzle a risoluzione multipla.

Ebbene, sta per uscire Strangeland, un'altra avventura grafica dello stesso creatore, anche questa ambientata in un mondo apparentemente desolato. Il nostro protagonista si risveglia infatti in uno strano carnevale, popolato da creature inquietanti.

Non si sa ancora molto sul gioco e anche la data di uscita è un mistero, ma vi terremo aggiornati!

Wadjet Eye Games - Aspettando Technobabylon
Quasi un decennio di Avventure Indie

Se parliamo di avventure grafiche indie, uno dei primi nomi che viene in mente è quello della Wadjet Eye Games, sviluppatrice e publisher di avventure grafiche realizzate in AGS.
Viene fondata nel 2006 da Dave Gilbert, che ha appena creato The Shivah in occasione dei MAGS di quello stesso anno, e che ha deciso che creare videogiochi è molto più divertente che trovarsi un “vero lavoro”.

Seguono i primi capitoli della serie Blackwell: scritti da Gilbert e programmati con l'aiuto della moglie Janet, sono forse i titoli per i quali la Wadjet Eye è più conosciuta. Ma una serie non è abbastanza per tenere su, finanziariamente parlando, una software house: tra un titolo e l'altro passa troppo tempo e Gilbert si accorge che basterebbe un solo flop perché la Wadjet Eye debba chiudere i battenti. Decide allora di pubblicare giochi di altri designer e dopo un piccolo errore di percorso nel 2010 (Puzzle Bots, avventura grafica teoricamente sviluppata dalla Ivy Games ma in effetti programmata da Gilbert stesso), nel 2011 incappa in Gemini Rue, un'avventura grafica fantascientifica quasi terminata, il cui autore, Joshua Nuernberger, non ha voglia di pubblicizzarla e pubblicarla a tutti gli effetti. Dave Gilbert si assume questo compito e Gemini Rue è un successo.
Seguono Da New Guys, Resonance, Primordia e A Golden Wake, tutti titoli sviluppati da terze parti e poi pubblicati dalla Wadjet Eye, che nel frattempo fa uscire anche gli ultimi due capitoli della serie Blackwell e una versione “enhanced” (o “kosher”) del suo primissimo gioco, The Shivah.

Dave Gilbert ha trovato una “formula vincente” per riuscire a fare il lavoro che gli piace e ricavarne anche un profitto. I giochi curati dalla Wadjet Eye, che siano quelli propri di Gilbert o quelli sviluppati da terze parti, hanno tutti delle caratteristiche in comune che li hanno portati a far breccia nel mercato delle avventure indie.

La prima di queste caratteristiche è il focus sulla storia e sui personaggi memorabili. Quelli della Wadjet Eye sono tutti “giochi che piacciono a Dave”, e a Dave piacciono le storie prima di tutto e in più di un'intervista ha dichiarato di trovare noiosi gli enigmi troppo complessi. Non è un caso se nei suoi titoli, nella serie Blackwell in particolare, gli enigmi siano fin troppo semplici e a volte ripetitivi e cliché. I titoli prodotti da altri, Resonance e Primordia specialmente, presentano un gameplay migliore, più vario e, specialmente in questi due titoli, con soluzioni multiple dello stesso enigma e finali alternativi. Ma è la storia a restare nel cuore dei fans, come testimoniano le numerose fan art (tra cui alcuni cosplay!) dedicati a Joey e Rosa, protagonisti della serie Blackwell.

Il secondo aspetto che caratterizza i titoli Wadjet Eye è sicuramente la cura nella presentazione (molto cinematografica, anche per titoli graficamente retrò come questi) e sopratutto nel doppiaggio, rarità, quest'ultimo, per titoli indie a così basso budget.
La Wadjet Eye nasce con Gilbert, si “espande” con l'inclusione di Janet e al momento comprende altri due membri, di recente acquisizione: Ben Chandler, grafico e artista, e Francisco Gonzales, designer e autore di A Golden Wake. Anche con così pochi mezzi, arte e doppiaggio sono sempre stati due aspetti molto curati fin da The Shivah, in cui fa il suo esordio nel mondo dei videogame Abe Goldfarb (doppiatore del rabbino Stone), che diventerà una delle voci ricorrenti delle avventure Wadjet Eye.

Adesso, nel 2015, le cose non sembrano cambiare, con l'uscita di Technobabylon, avventura fantascientifica “a metà fra Blade Runner e Police Quest”, in cui dovremo investigare i crimini di un “Hacker della mente” e nel contempo cercare di sfuggire al nostro passato. Il gioco sta per uscire, e nel frattempo una demo è stata resa disponibile.

 

 

La Famosa Esperienza Videoludica

Negli ultimi tempi mi sono trovato sempre di più a giocare a indie games, spesso finanziati anche attraverso delle campagne Kickstarter. Così facendo, ho individuato una categoria particolare; o forse è meglio dire che mi sto imbattendo sempre di più in un tipo di videogioco che idealmente può essere ricondotto a una categoria che ho battezzato come “La famosa esperienza video ludica”.

Ma andiamo per gradi: prima devo dire che, riflettendo, mi sono reso conto di aver sempre associato all'idea di videogioco, a livello inconscio, determinate caratteristiche. Alcune tendiamo tutti a darle per scontate in quanto ovvie (per esempio quella di essere fonte d’intrattenimento, di fuga dalla realtà) e altre sono più personali e soggettive, correlate ai nostri gusti e interessi, caratteristiche che vanno a definire alla fine quello che cerchiamo in un videogioco.
Nel caso di un’avventura grafica, queste caratteristiche potrebbero essere la ricerca di una struttura ad enigmi impegnativa, di una storia elaborata che si dipani man mano che proseguiamo nel percorso di crescita del personaggio, oppure anche la durata del gioco stesso. Io per esempio sono uno di quei videogiocatori che tra le cose cerca appunto la durata, in un videogioco. Di solito spulcio le varie recensioni per assicurarmi che siano richieste perlomeno 10 ore per completare il tutto.

Capisco che qui stiamo entrando in un terreno pericolante, molti potrebbero obiettare che non è detto che una storia debba durare per forza 10 ore, magari una storia di 5 ore molto intensa, che riesce a dire tutto in questo lasso di tempo, potrebbe essere superiore a un gioco più lungo ma che non ha nulla di particolare da offrire. Beh… questo è ovvio. Io parto dal presupposto che ognuno di noi abbia una vita molto intensa, tra lavoro e famiglia e chissà cos’altro, e che quindi cerchi di “ottimizzare” anche il tempo dedicato all’hobby videoludico, cercando di accaparrarsi solo il meglio che il panorama ha da offrire, scartando quindi il gioco mediocre o di basso livello, preferendogli qualcosa che ci ispira particolarmente o dalla comprovata bontà. Riassumendo: quando parlo di gioco che duri per lo meno 10 ore, parlo di un gioco da 10 ore che deve entusiasmarmi e tenermi incollato alla sedia fino alla fine.

Il fattore economico è un altro punto da considerare: posso anche acquistare un gioco dalla durata di 3-5 orette, ma il prezzo deve essere particolarmente basso. Non posso permettermi di spendere 20 euro per un capolavoro da 4 ore, che poi, una volta ultimato nel giro di un pomeriggio, mi costringe a spendere minimo altri 20 euro per poter continuare a divertirmi con il mio passatempo. Se spendo 20 euro devo essere sicuro che per un po’ di tempo avrò da fare, non che a distanza di 24 ore dovrò spenderne altrettanti per poter coltivare il mio hobby.

Negli ultimi tempi, dicevo, ho fatto una lunga immersione nell’ambito degli indiegames, e devo dire che ho provato davvero di tutto, dall’avventura grafica dei Wadjet Eye Primordia, a Waking Mars dei Tiger Style Games, passando per The Vanishing of Ethan Carter e tanti altri giochi più o meno interessanti.
Cos’è quindi questa categoria che amo definire “La famosa esperienza video ludica”? Sono videogiochi dalla breve durata e dal gameplay scarno, risicato, corto, semplice, basilare, che fanno della storia di fondo o della morale, o delle sensazioni trasmesse al videogiocatore, l’obiettivo dell’esperienza.

Partiamo da Dear Esther, è stato estremamente criticato… è un videogioco? Non è un videogioco? Si è parlato a lungo di questo, non ci sono scelte da compiere, l’interazione col mondo di gioco è ridotta a zero, si tratta semplicemente di camminare attraverso bellissimi paesaggi e recuperare brani di un diario che servono a ricostruire la storia e che a ogni partita vengono dislocati in punti diversi dell’isola su cui ci troviamo. Può piacere o non piacere, ma si tratta comunque di un videogioco che trovate nello store di Steam sotto la voce “simulatore di esplorazione” (e che è??? Nemmeno loro sapevano come definirlo). Questo è il classico “videogioco” che manda in crisi noi utenti: lo compro? Non lo compro? Costa 6.99 euro, magari con quella cifra potrei prendermi una bella AG classica della Sierra… cosa fare? Beh e qui torniamo al ragionamento iniziale, questa categoria di vg ci porta a conoscere quello che davvero cerchiamo in un videogioco, porta allo scoperto quelle che sono le nostre “richieste” nei confronti della macchina che abbiamo davanti.

Sono rimasto molto spaesato giocando ad “Among the Sleep”, dei Krillbite Studio. Questo gioco è stato finanziato attraverso Kickstarter e viene definito erroneamente un’”avventura”. Dico “erroneamente” perché non ha alcun elemento da avventura, anche se al giorno d’oggi si tende a definire qualsiasi cosa non sia un fps con questo termine. Non ci sono enigmi, non ci sono personaggi con cui dialogare, si tratta di un semplice gioco esplorativo in prima persona, con qualche elemento stealth, dove andremo a interpretare un bambino/a (non mi è ancora chiaro il genere del personaggio) di 2-3 anni che cerca sua madre e nel farlo si trova ad esplorare in compagnia del proprio orsetto di peluche 4-5 ambienti di gioco a tema, tentando di nascondersi da un mostro che ci insegue e perseguita. Come dicevo, si tratta soltanto di esplorare degli ambienti con cui l’interazione è ridotta quasi a zero, raccogliere alle volte un paio di oggetti e usarli da qualche parte. La grafica è accattivante, la storia coinvolgente, ma a livello di gioco c’è veramente poco e niente da fare. La durata si attesta sulle 5-6 ore e il costo è di 20 euro, tanto che gli stessi programmatori qualche giorno fa hanno rilasciato un dlc gratuito che permette di espandere di qualche ora l’esperienza di gioco. Personalmente, credo che il problema che accompagna l’uscita di questi vg sia che singolarmente forse varrebbe anche la pena di giocarli tutti, ma in un ambiente ricco, vario e competitivo come quello dei videogiochi, si deve per forza fare delle scelte: è impossibile giocare a tutto. Quindi, di conseguenza, si finirà sempre col premiare con l’acquisto il gioco che ci garantisce un buon equilibrio sotto tutti gli aspetti: storia, giocabilità, durata dell’esperienza, prezzo.

Sempre in quest’ottica, un gioco per me molto deludente è stato Neverending Nightmares di Infinitap Games. Anche questo è un progetto finanziato tramite Kickstarter, e la storia che lo accompagna è estremamente particolare. Il suo creatore, Matt Gilgenbach, ha sofferto per lunghi periodi di depressione e altri problemi di natura neurologica, e ha quindi deciso di trasferire questa sua esperienza in un videogioco. In Neverending Nightmares interpreteremo Thomas, un uomo che si risveglia da un incubo e si trova a passare da un delirio onirico all’altro. L’utente prende il controllo del protagonista e lo porta in giro per gli ambienti di gioco, facendoglieli esplorare.

Fondamentalmente si tratta di farlo camminare e camminare per chilometri e chilometri in una serie di stage a scorrimento laterale, evitando questo o quel mostro fino a trovare la porta o la stanza che innesca un’animazione che mette fine al livello. Si può morire, certo, ma non ci sono enigmi, le stanze che andremo a visitare sono graficamente graziose ma vuote, non ci sono personaggi con cui dialogare, ma solo ambiente da visitare e mostri da evitare. Il tutto è permeato da un certo gusto del gore molto simpatico e accattivante. È stata poi inserita la possibilità di seguire più percorsi che danno accesso a una rosa di 3-4 (non ricordo con precisione) finali possibili. Essenzialmente è l’apoteosi del “non gioco”: l’autore voleva far capire e provare al videogiocatore quali siano gli orrori, le fobie e le sensazioni che prova una persona afflitta da disturbi di tipo mentale e neurologico ed è riuscito perfettamente nel suo intento, il che rende interessante il videogioco di per sé come opera, ma poverissimo in termini di giocabilità. È in vendita al prezzo di 12 euro circa.

Un altro elemento caratterizzante di questa tipologia ludica è il fatto che presentano una rigiocabilità prossima allo zero. Quando riprendiamo in mano un videogioco, dopo averlo terminato al 100%, di solito lo facciamo perché ci ha divertito in termini di giocabilità e vogliamo assaporare un altro po’ le sue meccaniche o rivisitare uno scenario particolarmente difficile o che ci ha affascinato la prima volta. Nel caso di questi videogiochi, visto che la giocabilità è sacrificata alla storia, o all’esperienza o alla sensazione, non ci sarà motivo una volta che li avremo completati di riprenderli in mano, se non per mostrarli a qualche amico. E questa è una cosa importante da mettere sulla bilancia quando si decide se acquistare o meno.

Personalmente, dopo aver provato queste opere ed essermi fatto un’idea approfondita sul genere, e in alcuni casi avervi trascorso anche dei bei momenti, ho deciso di tenermi alla larga da questa tipologia di progetti nel futuro, però credo che valga comunque la pena provarne uno o due per farsi un’idea personale e comunque ampliare la propria cultura videoludica.
Comunque, una volta che ne avrete terminato un paio, ritengo inevitabile l’accantonamento del genere e il ritorno a forme di intrattenimento più classico e soddisfacente in termini di giocabilità, come un Legend of Grimrock 2, o un Gabriel Knight.

E voi che ne pensate? Discutiamone insieme sull'OGI Forum!

AGS - Cosa bolle in pentola - Parte Prima

Indietro Tutta torna a dare spazio ai giochi realizzati con uno dei tool di sviluppo più importanti e più utilizzati dagli autori di videogiochi amatoriali, ovvero l'AGS , il cui relativo forum di discussione italiano è  ospitato in esclusiva proprio qui su Old Games Italia, con orgoglio ed estrema soddisfazione da parte nostra. Attraverso una serie di articoli, volgeremo lo sguardo sulla produzione odierna di avventure grafiche indipendenti, in un viaggio alla scoperta dei titoli da tenere d'occhio. Iniziamo con A Golden Wake e Technobabylon, due giochi davvero interessanti. Non ci resta che sollevare il coperchio della pentola che bolle grazie alla creatività della grande comunità della "Tazza Blu" e augurarvi una buona lettura!

Chris Jones (il creatore dell'engine Adventure Game Studio) nel 2002, in un'intervista rilasciata ad Adventure Treff, ha dichiarato: "Finally, the reason I have been developing AGS since the early days, is not to create my own game any more, but rather as my small contribution to keeping the adventure gaming genre alive." (Il motivo per cui ho sviluppato AGS, sin dai primi giorni, non era quello di creare un mio gioco, ma piuttosto quello di dare il mio piccolo contributo per mantenere vivo il genere delle avventure grafiche).

E grazie a Chris Jones e ad Adventure Game Studio (comunemente chiamato AGS) le avventure grafiche che si ispirano ai grandi classici dell'epoca d'oro (gli anni 90), nonostante tutto, sono più vive che mai, basta dare un'occhiata ai giochi attualmente in sviluppo in seno all'attivissima comunità di AGS: nuovi e vecchi sviluppatori che fanno capolino e decine di titoli molto promettenti, di cui, senza pretesa di essere esaustivi, vorremmo fare una piccola panoramica.

A Golden Wake (Grundislav Games)

A Golden Wake, sviluppato da Francisco Gonzales (Grundislav Games), sarà probabilmente il primo tra i giochi AGS in produzione che vedrà la luce. Il gioco avrà un destino commerciale e sarà pubblicato da Wadjet Eye Games (Gemini Rue, Serie Blackwell, Resonance, Primordia). Ambientato in Florida, nei ruggenti anni 20, il gioco ha come protagonista Alfie Banks, un giovane agente immobiliare di New York trasferitosi da poco a Miami, città nel pieno del boom economico; quello era un momento di grandi opportunità per Alfie. Basata su eventi reali, ambientata in luoghi reali e con personaggi ispirati a persone realmente esistite, l'avventura ci porterà, tra note di jazz, contrabbandieri spietati, politici corrotti ed altri loschi figuri, ad assistere alla caduta di un uomo onesto in un baratro di avidità e di corruzione e (forse) al suo riscatto finale. Tra i giochi in sviluppo, A Golden Wake è senz'altro quello che più sembra far rivivere, almeno a giudicare dagli screenshots e dal trailer, lo spirito dei gloriosi giochi Sierra.

Technobabylon (Technocrat Games)

Ispirato ai classici della letteratura di fantascienza (o in più in generale della "speculative fiction" o narrativa speculativa), Technobabylon è un remake dei primi tre capitoli originari (intitolati appunto Technobabylon I, Technobabylon II e Technobabylon III), rilasciati nel 2010/2011, ed una continuazione degli stessi con una storia che si dipana per almeno altri otto capitoli. In un futuro in cui lo stile di vita cyberpunk sta ridefinendo il significato di ciò che significa essere umani, due destini si intrecciano, quelli di Latha e Regis: Lei, asociale, agorafobica e senza lavoro, dipendente da realtà virtuali e mondi artificiali lontani discendenti di internet, diventa inspiegabilmente il bersaglio di misteriose forze che la vogliono morta; Lui, agente della polizia segreta, inizia ad essere ricattato con le vite dei suoi figli e si trova ben presto a dover fare i conti con il proprio passato. Fantascienza, cyberpunk e mistero sono le keywords di quest'avventura che sarà marchiata anch'essa Wadjet Eye Games e che, grazie ai talenti artistici di Ben Chandler (Eternally us), Ivan Ulyanov (Patchwork) e Nathan Pinard (musiche di Gemini Rue) si preannuncia essere uno dei migliori titoli indie del 2015.

E non dimenticate, venite a parlarne qui sul forum di OGI!

The Shivah - Kosher Edition

La sinagoga del rabbino Russel Stone è ormai in declino da parecchio tempo: ad ascoltare i suoi sermoni è rimasta solo una vecchia fedele che approfitta dell'occasione per dormire, e i conti da pagare si impilano sulla scrivania. Quindi, quando l'ispettore Durkin gli comunica la notizia che Jack Lauder è morto e gli ha lasciato 10.000 dollari, Stone dovrebbe essere contento. Ma lui e Jack non si vedono da anni, e non si erano lasciati esattamente da amici: che gli regali così tanti soldi adesso è strano e sospetto.
Oh, e poi c'è anche il fatto che Jack è morto assassinato. Qualcosa non torna...

The Shivah fu creato, nel 2006, da David Gilbert, in occasione di una competizione mensile basata su AGS, in cui veniva richiesto di completare un gioco in un mese di tempo. La prima versione inviata a quella competizione venne poi riveduta, corretta e ampliata da Gilbert, e divenne il primo titolo commerciale della Wadjet Eye.
Oggi, The Shivah riceve un ulteriore aggiornamento: la grafica e la colonna sonora sono state migliorate per il rilascio della Kosher Edition. Ma veniamo al gioco.



Avete letto nel cappello la premessa: The Shivah segue i tentativi del rabbino Stone di scoprire cosa sia successo a Jack Lauder e perché questi gli abbia lasciato tanti soldi. Ma, sopratutto, segue i suoi tentativi di dare un senso etico e morale a tutta la vicenda, e di conciliare il tutto anche con la sua religione, alla quale non si sente più vicino come un tempo. Non temete, non ci sono pedanti lagne moralistico-religiose da quattro soldi: i problemi personali di Stone sono intrecciati agli eventi che si sviluppano grazie all'ottimo livello di narrazione di Gilbert, e non risultano né invasivi, né innaturali.

La storia è breve, ma ben sviluppata e senza falle logiche di sorta – ho notato solo un momento di trama un po' debole, in cui accade qualcosa di “molto conveniente” per noi. Parte dell'intreccio è incentrato sul conflitto che può insorgere fra la propria comunità ebraica e il resto del mondo: non sono esperta di religione ebraica, ma l'immagine che ho percepito dal gioco suona vera. Russel Stone, Jack Lauder e gli altri personaggi – di cui non voglio parlare perché, come dicevo, la storia è breve e rischio di spoilerarvi tutto – sono credibili e altrettanto credibili suonano i loro dubbi religiosi e le loro azioni.

Un ruolo importante nella caratterizzazione dei personaggi è dato, in questo caso, dal doppiaggio, spesso eccellente; troviamo, fra gli altri, Abe Goldfarb, qui alla sua prima collaborazione con Gilbert, nei panni di Russel Stone. Gli attori riescono davvero a dar vita ai loro personaggi con poche battute e questo, aggiunto ai vari dettagli che Gilbert dissemina qua e là sulla loro personalità, li rende subito riconoscibili e memorabili.



Dal punto di vista del gameplay, invece, The Shivah pecca un po'. La maggior parte degli enigmi sono pochi e semplici, anche un po' troppo semplici e non tanto innovativi. Di positivo c'è che sono anche coerenti con l'ambientazione e il contesto del gioco. Si tratta, perlopiù, di raccogliere indizi, combinarli fra loro e usarli poi nei vari dialoghi, anche se occasionalmente dovremo fare qualche ricerca per scovare delle password. I dialoghi non sono, di solito, enigmi: Stone avrà sempre più possibili risposte fra cui scegliere, ma molto spesso cambierà solo l'approccio con in quale il nostro interlocutore ci risponderà, e nient'altro. In un paio di occasioni, invece, i dialoghi saranno delle parti di gioco da “risolvere” trovando la logica “vincente”.

Detto questo, però, credo sia giusto precisare che la logica e il modo di inserire questi enigmi e di proporli al giocatore, presenti in The Shivah, mostrano diversi lati positivi. Tanto per cominciare, non c'è nessun aiuto in game, tranne un sistema per rendere visibili tutti gli hotspot: se si è bloccati, bisogna spremersi le meningi. In secondo luogo, non è neanche possibile risolvere tutto provando cose a caso, perché spesso è data molta libertà al giocatore. Per esempio, in un caso bisognerà fare delle ricerche online per trovare una password. Ora, in moltissime altre avventure grafiche questo di solito viene risolto così: Protagonista apre computer/palmare/tablet, Giocatore clicca sul motore di ricerca lì simulato e... magia, la parola chiave che dobbiamo cercare per trovare la password appare in un comodo menù a tendina. Lo sforzo cerebrale richiesto al giocatore è solo quello di pensare: “oh, devo trovare la password facendo una ricerca online, forse”.

In The Shivah, invece, una volta che Russel Stone si sarà connesso al suo pc, siamo noi che dobbiamo digitare, nel motore di ricerca lì presente, le parole da cercare! Questo ovviamente complica la vita al giocatore, che deve anche capire cosa scrivere, e apre interessanti possibilità alternative. Possibilità che, mi duole sottolinearlo, qui non sono sfruttate, ma che sono completamente negate a priori dall'approccio più usato, quello del Magico Menù A Tendina.

Anche per gli indizi funziona allo stesso modo: occasionalmente Stone farà un collegamento da solo, ma di norma starà a noi, osservando l'ambiente e ragionando, far capire a Stone come stanno le cose. Il gioco non ci dà nessun magico input per farci andare avanti a tutti i costi.



Nel corso del gioco ci troveremo di fronte a un paio di scelte morali che influenzeranno il finale che ci capiterà. Una di queste è una delle classiche scelte “bianco vs nero” e purtroppo ha le conseguenza che tutti ci immaginiamo: se ci comportiamo bene saremo premiati con un finale più felice, se ci comportiamo male saremo puniti con uno più negativo. Si vede lo sforzo di renderla comunque abbastanza profonda (purtroppo spiegarvi come sarebbe uno spoiler), ma il risultato, a conti fatti, è quello di cui sopra: bianco = vittoria; nero = perdita. Le altre scelte, invece, sono più “grige”, più ambigue, e il giudizio della situazione in quel caso verrà lasciato a totale discrezione del giocatore.

E passiamo finalmente al nuovo contenuto della Kosher Edition, ossia la nuova grafica e la nuova colonna sonora. La grafica ha subito un grande restyling, come potete vedere dagli screenshots, tanto che alcune location non sembrano le stesse. In uno dei commenti sparsi per il gioco, Gilbert spiega che hanno potuto utilizzare degli sprite presi dall'ultimo titolo della Blackwell Saga, a cui stanno lavorando. Anche i ritratti dei personaggi, che appaiono durante i dialoghi, sono stati ridisegnati: sono più belli, ma non muovono più le labbra, cosa che mi è sembrata un passo indietro, in verità.
La colonna sonora, già molto bella nella prima versione, è stata migliorata e sono state aggiunte alcune tracce. Nel complesso, questo è il cambiamento che ho notato di meno.
Infine, è presente anche nella Kosher Edition il commentario che già potevamo ascoltare nell'edizione precedente. Questa volta è stato però rifatto da zero, eliminando riferimenti a parti del gioco troppo modificate, che risultavano ormai incomprensibili. E' comunque abbastanza corposo, e contiene chicche molto interessanti sia per chi ascolta per “piacere”, sia per l'appassionato di game design e argomenti affini.

Nel complesso, The Shivah non è complesso come altri giochi successivi dei Wadjet Eye (penso a Primordia, dal gameplay molto più sfaccettato), ma considerando che parliamo del loro primo prodotto commerciale, ideato e progettato, in gran parte, in un mese, abbiamo davanti una piccola perla, scritta peraltro molto bene, da non perdere sopratutto per chiunque apprezzi una buona storia.

Visitate la sinagoga dell'Ogi Forum

Avventura dell'anno: il verdetto

Alla fine il vincitore del titolo Avventura dell'Anno, decretato  dagli utenti dei forum di OldGamesItalia e JoinTheAdventures è...PRIMORDIA dei Wadjet Eye Games.

Questa la classifica finale:
1 - Primordia, 17 voti
2 - The Dark Eye, 16 voti
3 - The Walking Dead, 11 voti
 
A vincere invece il buono da dieci euro, offerto da Zodiac, è stata Rai.
 
Ricordo che nell'estrazione finale sono stati inseriti i nomi di tutti coloro che hanno partecipato attivamente nei vari sondaggi del torneo e si ringrazia ovviamente tutti coloro che hanno partecipato alla buona riuscita del torneo.
 

Avventura dell'anno: la finalissima

E' arrivato il momento che tutti aspettavate, la grande finalissima per assegnare il premio di avventura dell'anno 2012! La finale prevede tre pesi massimi: The Walking Dead, Primordia e The Dark Eye: Chains of Satinav, pronti a darsi battaglia fino all'ultimo click.

Chi vincerà? Chi saprà conquistare il cuore degli avventurieri? La risposta, come sempre, è celata all'interno del vostro mouse... votate, votate, votate!

Scegliete il destino dell'avventura dell'anno!

Avventura dell'anno: i primi verdetti

Come preannunciato settimana scorsa, cominciano ad arrivare i primi, pesanti verdetti con alcune teste di serie che devono cedere il passo di fronte all'inesorabile giudizio delle votazioni.

Solo sei i titoli rimasti a contendersi l'agognata palma di migliore avventura dell'anno: chi trionferà fra The Walking Dead, Il testamento di Sherlock Holmes, Botanicula, Primordia, The Dark Eye e Resonance? Il vostro punta e clicca sarà decisivo!

Il punta e clicca decisivo sull'Ogi Forum

Un giorno un'avventura: Primordia

Nostalgia di Beneath a Steel Sky? Amanti della fantascienza e delle avventure grafiche? La recensione che oggi JTA ci presenta è probabilmente il vostro pane! Stiamo infatti parlando di Primordia, titolo prodotto da Wormood Studios e avventura come non se ne vedevano da tempo.

Come avrete modo di leggere questa punta e clicca saprà probabilmente pizzicare il sesto senso dell'avventuriero, grazie anche ad alcune soluzioni di gameplay che, seppur a scapito di una cura grafica di certo non all'ultimo grido, sanno donare una profondità come non se ne vedeva da tempo. Buona avventura! 

La recensione sull'Ogi Forum
Entrate nella fantascienza nell'Ogi Forum 

Primordia

Arriva "Primordia", avventura grafica dall'ambientazione post-apocalittica, sviluppata dai Wormwood Studios e prodotta dalla Wadjet Eye, che già ci ha dato titoli molto validi come “Gemini Rue” e “la Blackwell” Saga.

Bando alle ciance e svisceriamo immediatamente il gioco: in Primordia impersoniamo Horatio Nullbuilt, un robot solitario e indipendente, che vive con il suo unico amico, Crispin Horatiobuilt, in una vecchia nave, la Unniic. Horatio è un seguace dell'Umanismo, una sorta di religione secondo la quale all'inizio del tempo, durante il Primordium, i primi robot furono creati dalla macchina perfetta, la prima ad apparire sulla Terra: l'Uomo. In seguito l'Uomo avrebbe lasciato alle sue creazioni il compito di preservare il mondo, cioè di mantenere funzionanti, o riparare, quanti più robot possibili.

Questo è quindi il compito che Horatio sta svolgendo all'inizio del gioco, finché un altro robot, S.C.R.A.P.E.R., non decide di rubare la principale fonte di energia della Unniic, condannando Horatio e Crispin a una lenta morte per “spegnimento”, a meno che non trovino al più presto un'altra fonte di energia. La loro ricerca, però, li porterà molto più lontano di quel che non pensano.

 

La trama di Primordia, benché non presenti grandissimi colpi di scena e sia simile ad altri racconti di fantascienza sulle origini, è molto ben costruita e soprattutto ben implementata nel gioco stesso. Non ci saranno mai fiumi di spiegazioni riversate sul giocatore da parte di personaggi-insegnanti o lunghi libri da leggere. Ogni dettaglio della storia sarà mostrato da azioni e dialoghi dei personaggi o da dettagli del mondo di gioco: in questo modo anche una trama in parte già vista risulta molto più reale, perché la vedremo “vivere” sotto i nostri occhi.

I personaggi stessi presi di per sé non sono originalissimi, ma riescono a non risultare troppo stereotipati, specialmente grazie a piccoli dettagli nelle azioni o nei dialoghi. Horatio, da un lato, è il classico protagonista stoico e indipendente, un po' scorbutico nelle risposte, che vorrebbe solo essere lasciato in pace dal mondo; ma è anche di buon cuore, protettivo con i suoi amici e per niente portato alla violenza.

Crispin, robottino volante dalla “lingua” salace, è il classico sidekick strafottente, ma il suo affetto per Horatio è sincero e i loro battibecchi non risultano mai forzati o fuori luogo. Entrambi i personaggi, inoltre, cambiano nel corso della storia, e qui mi duole dire che, se il percorso di Horatio è abbastanza credibile e ben fatto, quello di Crispin è più sottotono e può risultare un po' improvvisato.

Menzione speciale anche per l'antagonista del gioco: data la trama, e data l'ambientazione, era facile portare in scena la solita IA impazzita, terrificante e che non lascia scampo. Non è questo il caso. Il nostro “nemico” ha anch'esso i suoi buoni motivi per fare quello che fa, ed è difficile poter dire se ha del tutto torto. Persino vedendo la faccenda dal punto di vista di Horatio, che è quello che ci rimette di più a causa delle sue azioni.

 

La parte migliore della storia, comunque, è il background: la logica degli abitanti di Primordia, le loro fazioni, il loro modo di sentire. All'inizio può sembrare che i robot stiano semplicemente scimmiottando gli umani, ma ben presto si capisce che le loro azioni, e sopratutto i loro cambiamenti, hanno una logica in parte aliena a quella umana e persino gli scimmiottamenti hanno un loro perché. Insomma: niente robottino-umanizzato perché fa carino, ogni robot è un personaggio che ha una propria personalità indipendente e c'è un preciso motivo per cui si comporta come si comporta. Anche i temi affrontati dal gioco assumono una tinta diversa visti con gli occhi dei robot: il cambiamento, per esempio, e il “lavaggio del cervello”, due cose che i robot vivono in maniera diversa da noi umani.

Primordia ha tre finali, tutti e tre definitivi, non resta niente in sospeso per un improbabile seguito. Sbloccare un finale piuttosto che un altro è una scelta consapevole, non sarà il risultato di qualche azione fatta all'inizio del gioco, quindi sarà facile, arrivati a un certo punto, sbloccarli tutti e tre.

Una precisazione sull'atmosfera: a prima vista Primordia può sembrare più cupo di quel che non sia, probabilmente per via del suo mondo post-apocalittico. Ma in realtà ha un tono molto più leggero: direi più nostalgico che depressivo. Questo è prima di tutto dato dal fatto che i nostri protagonisti sono robot, e per loro si applica una logica diversa: il fatto che il pianeta sia biologicamente “morto” non è vissuto dai robot come un dramma, anzi, è una cosa che non notano neanche. La loro “età dell'oro” è un'età fatta di vetro, metallo e tanta energia. Si percepisce un certo senso di “fatalità”, per vari motivi che sarebbe spoileroso spiegare, ma si è ben lontani dalle atmosfere senza speranza di titoli come “IHNMAIMS” o anche “Blade Runner”.

Passiamo a un pò di tecnica adesso. E togliamoci subito il pensiero: la grafica è quella che potete vedere nelle immagini, decisamente vecchio stile, quindi se non potete fare a meno del 3d, lasciate perdere Primordia. Devo anche aggiungere che, rispetto a Gemini Rue, mi è parso che personaggi e sfondo fossero più pixellosi, come se la risoluzione fosse ancora minore. Non so dire se fosse solo un'impressione, ma comunque dopo un poco ci si fa l'abitudine. A parte i dettagli tecnici, però, i disegni degli sfondi sono perfettamente adatti all'atmosfera e all'ambientazione del gioco, così come i colori. A proposito: sì, è tutto impostato su toni marrone/seppia con qualche spruzzata di colori accesi, blu, rosso e giallo.

Due difettucci del comparto grafico/tecnico: alcune animazioni sono poco fluide, e qualche volta bisogna cliccare due volte per esaminare un oggetto o camminare, perché il gioco non riceve il primo click. Il sonoro costituisce croce e delizia del gioco. Delizia, perché le musiche sono belle, evocative, specialmente la canzone che si sente durante i crediti. Croce, perché spesso non si sentono! Non ho capito se sono volutamente basse, o se non si sentono bene, fatto sta che a volte bisogna alzare il volume della musica al massimo nelle opzioni, per poterle sentire, e a quel punto si hanno dei problemi a sentire bene le voci. Oppure, sono quasi del tutto coperte dai suoni ambientali. L'effetto è bello lo stesso perché gli effetti ambientali bastano e avanzano in quasi tutte le scene, però... Mi è anche capitato che in una schermata particolare non ci fosse nessun musica, silenzio assoluto.

 

Il doppiaggio è in generale molto buono. Horatio è doppiato da Logan Cunningham, che qualcuno magari conoscerà per Bastion: la sua voce si adatta perfettamente al personaggio. Crispin è meraviglioso, direi quasi meglio riuscito di Horatio, non vi stuferete mai di sentire le sue battute. Comunque anche gli altri personaggi se la cavano benissimo. Il doppiaggio è solo in inglese, ma sono presenti i sottotitoli, purtroppo in inglese anch'essi.

Veniamo al piatto forte, il gameplay. Primordia è la classica avventura punta e clicca in terza persona: si fa tutto via mouse, e gli enigmi sono classici e quasi mai difficilissimi. Oltre a raccogliere oggetti, combinarli nell'inventario e usarli nello scenario, ci sono un paio di enigmi “numerici” (niente di troppo matematico) e un... test d'ingresso per avvocati! Non c'è nessun intermezzo arcade come in Gemini Rue, e si ha sempre tutto il tempo che si vuole per riflettere.

I programmatori si sono sforzati di fare sì che la raccolta oggetti-risoluzione enigmi risultasse quanto più logica e credibile possibile. Horatio raccoglie scarti e pezzi di macchinari in giro perché è sua abitudine farlo, con il suo “lavoro”. Non si sa mai cosa possa servire, ma non prenderà oggetti altrui senza ottenere il permesso. In due casi le buone intenzioni non sono bastate: in uno, la soluzione logica di un enigma non funzionerà, e dovrete usare un espediente alquanto bizzarro; nell'altro, Horatio dovrà staccare due oggetti... e non lo farà se prima non avrete cercato di farglielo fare nella maniera più assurda possibile.

Ho detto che gli enigmi non sono difficilissimi. Non solo, ma è presente un hint system direttamente nel gioco: il nostro amico Crispin, che, per la cronaca, è anche utilizzabile come “oggetto”. Quando siamo bloccati basterà cliccare su di lui per avere un aiutino... e poi un altro, e poi un altro. A volte gli aiuti sono così palesi che sembra di avere la soluzione del gioco davanti, ma non basterà cliccare forsennatamente su Crispin per finire il gioco. Tra un aiuto e l'altro deve passare qualche minuto. Se cliccate su di esso troppo presto, lui vi inonderà di battute sulla vostra poca intelligenza o sui bug che avete nel cervello, o su quanto vorrebbe un paio di mani.

In più, per gli enigmi più tosti, gli aiuti sono meno palesi, e dovrete per forza usare la vostra materia grigia. Potrà capitare che, se state fermi a ragionare per troppo tempo, Crispin vi parlerà automaticamente, facendo una battuta o dandovi un aiuto spontaneo (ma questo tipo di aiuti può essere disattivato dalle opzioni). Anche qui mi è capitato di trovare un piccolo bug: Crispin mi ha dato un suggerimento su un enigma che non avevo ancora raggiunto.

E' difficile restare bloccati a lungo, sia per la non eccessiva difficoltà, sia perché si avranno a disposizione diversi enigmi da risolvere contemporaneamente, e quando si è bloccati con uno si potrà passare ad un altro. Inoltre spesso ci sono due o più modi per risolvere uno stesso enigma, alcuni metodi più veloci, altri più lunghi, alcuni che ci faranno incontrare addirittura dei personaggi che non avremmo incontrato se avessimo usato un altro metodo.

Il gioco cerca sempre di far sì che non si debba ricaricare, quando capita di “sbagliare” un enigma e di dover quindi trovare la “strada alternativa”. E' una cosa che ho molto apprezzato, perché dà l'idea che il gioco sia aperto, non lineare, e non una sequenza di azioni programmate: cambia a seconda di quel che facciamo. La longevità non è molta: credo saranno poco più di una decina di ore di gioco, meno se si è bravi con gli indovinelli e ovviamente molto meno se si usa Crispin fino allo sfinimento. 

Ultime note

  • E' presente un sistema di achievements. Alcuni si sbloccano semplicemente giocando, altri si sbloccano trovando determinati personaggi o provando percorsi “alternativi”. 
  • Come ormai in tutti i giochi della Wadjet Eye, anche in Primordia sono presenti bloopers e commenti dei creatori... sì, dei creatori, perché a parlare non sarà solo Dave Gilbert, ma ci saranno anche il programmatore, lo sceneggiatore, l'“art guy” e il curatore delle musiche. I commenti sono senza sottotitoli e, ovviamente, in inglese.
  • Nel gioco sono sparse una marea di citazioni, non solo ad altre avventure grafiche, come Monkey Island, ma anche a libri, film e giochi che sembrerebbero non avere molto in comune con Primordia. Alcune curiose: Crispin ha moltissimo in comune con Morte, il teschietto volante di Planescape Torment; ad un certo punto si trova il piede di porco di Half-Life, o un Water-chip preso pari pari dal primo Fallout. 

Commento finale

Primordia è un gran bel gioco. Non ai livelli dei vecchi classici – nessuno si aspetti un Beneath a Steel Sky 2 o un IHNMAIMS 2 - ma è parecchi gradini sopra di altre AG prodotte ultimamente, e penso anche un gradino sopra l'ultima fatica dei Wadjet Eye, Gemini Rue, per la maggior complessità della storia e degli enigmi. Consigliato.

(Recensione di Lan)