Mystery House è, secondo il canone, la "prima avventura grafica". Per capire se questa affermazione è corretta, il primo passo è stabilire cos'è un'avventura grafica.
Oggi il termine è generalmente utilizzato per riferirsi ai giochi controllati tramite mouse, nei quali l'utente manipola l'ambiente cliccando sugli "hotspot" di un'immagine (che rappresenta il luogo in cui si trova il suo avatar). Questa però è più un'impostazione di base del genere che una vera e propria definizione; e infatti ricadono generalmente nella categoria anche altri tipi di interazioni. Urge quindi fare di meglio. E, soprattutto, dobbiamo stare particolarmente attenti nel decidere dove collocare il confine fra avventura grafica e avventura testuale. Infatti, qualche anno dopo il punto in cui siamo arrivati con questo blog (1980), sarebbero uscite molte avventure testuali che accompagnavano le proprie descrizioni testuali con delle immagini. Queste immagini non erano però interattive, tanto è vero che spesso erano anche completamente opzionali: il purista poteva semplicemente disattivarle e giocare in modalità completamente testuale, senza alcuna conseguenza. Giochi di questo tipo tuttavia sono meglio definiti come avventure testuali illustrate piuttosto che come avventure grafiche. Quest'ultimo termine implica infatti che la grafica sia essenziale per l'esperienza di gioco, e non una semplice aggiunta ausiliaria. Già questo, a ben vedere, può essere un buon inizio di definizione. A questo aggiungiamo che la grafica dovrebbe essere interattiva, oggetto cioè di manipolazione da parte del giocatore e non delle semplici illustrazioni “da libro delle fiabe”.
Proviamo così:
Un'avventura grafica è una forma di narrativa ludica che ha molte similitudini con l'avventura testuale (anche detta interactive fiction), e all'azione basata sui riflessi favorisce gli enigmi e lo sviluppo della storia. Tuttavia il giocatore e il programma comunicano fra loro principalmente attraverso immagini, invece che attraverso il testo. Queste immagini sono tendenzialmente interattive -sono cioè oggetto di manipolazione da parte del giocatore- e essenziali all'esperienza dell'opera.
Dati questi requisiti, il mio primo istinto dopo averlo ripreso in mano dopo tanti anni è stato quello di scartare al volo l'idea che Mystery House potesse essere la prima avventura grafica. Era evidente -pensavo- che fosse la prima avventura testuale illustrata (il che di per sé sarebbe stata comunque un'evoluzione significativa!), il cui nucleo principale era però ancora quello di una “semplice” avventura testuale. Cavolo, se mi sbagliavo! Mystery House salta a piè pari il passo logicamente successivo del genere (l'avventura testuale illustrata, appunto) per fare qualcosa di molto più audace: gran parte del nucleo dell'esperienza si gioca infatti non a livello testuale ma a livello grafico.
Lasciate che vi faccia vedere cosa intendo. Qui siamo all'inizio del gioco, appena entrati nel salone d'ingresso della magione.
Sei in un salone d'ingresso. Alcune porte conducono a est, ovest e sud. Una scalinata sale verso l'alto. |
Quella nota in basso a sinistra (molto convenientemente etichettata “NOTA” a caratteri giganti) non viene descritta da nessuna parte nel testo: sappiamo che esiste solo attraverso l'immagine.E adesso osservate cosa accade quando la raccogliamo.
Sparisce! Queste non sono semplici immagini statiche, ma è vera grafica interattiva. E, quando leggiamo la nota, ancora una volta le conseguenze non appaiono nel testo, ma nella parte di schermo dedicata alla grafica.
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E poi, se portiamo la nota altrove e ce la lasciamo, essa appare immediatamente nella scena in cui la lasciamo.
Per quanto oggi ci venga da ridere di fronte alle immagini stilizzate che sembrano scarabocchi di bambini, questa era roba notevole, davvero notevole all'epoca. Qui i Williams stavano sviluppano il prototipo di un nuovissimo paradigma dei giochi d'avventura, quando le avventure testuali erano ancora nella loro infanzia! La sola novità tecnologica poteva vendere molte migliaia di copie!
Il che è una vera fortuna, perché il gioco vero e proprio non è niente di più di quello che ci possiamo aspettare, considerando l'inesperienza di Roberta. È una specie di giallo, ma un giallo stranamente statico; appena abbandoniamo il salone d''ingresso, cinque delle sette persone che vi abbiamo incontrato vengono immediatamente sparse per la casa sotto forma di cadaveri, senza darci alcuna possibilità di evitarne la morte. Possiamo solo ispezionare tutto spostandoci attraverso i passaggi segreti e i labirinti tipici dei giochi d'avventura, finché non ci ritroviamo allo scontro finale con l'assassino (la cui identità è sempre stata palese): non c'è nessun giallo da risolvere, a meno che contare chi è vivo e constatare chi (all'apice dell'avventura) sta cercando di ucciderci non significhi risolvere un giallo. The Count, che all'epoca era ancora il paradigma della narrativa ludica dinamica, non aveva assolutamente nulla da temere. E infatti, quasi che lei stessa avesse dei dubbi sul genere scelto, Roberta ci infila dentro anche la sotto-trama della caccia al tesoro attraverso l'indizio della nota di cui sopra, riportandoci così sul terreno delle avventure più tradizionali. L'effetto finale rende Mystery House un piccolo gioco spietato e un po' macabro, che nella sua assurdità esibisce un certo humour nero: ce ne andiamo in giro scoprendo un cadavere dietro l'altro, ma (in pieno stile da vero protagonista di un gioco d'avventura) non ci lasciamo minimamente distrarre da tutto ciò nella nostra caccia ai gioielli.
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La grafica a volte crea dei problemi perfino peggiori di quelli tipici del periodo, fra cui anche quello che forse è uno dei labirinti più crudeli mai visti in un gioco d'avventura. Perfino la navigazione “normale” è una lotta continua: le istruzioni del gioco ci dicono che il nord è tipicamente nella parte alta dello schermo, il sud in basso, ecc., ma poi il gioco stesso viola queste linee guida da subito (anzi, letteralmente dalla prima schermata!). Il risultato è che non siamo mai veramente sicuri di quale sia la direzione verso cui siamo voltati e quindi non è mai possibile orientarsi correttamente. Non che questo ci potesse essere particolarmente utile: questo è un gioco d'avventura classico, in cui nessuna location è allineata correttamente con le altre, nemmeno fosse la creazione di un architetto Vittoriano con una passione per M.C. Escher!
In particolare la sala da pranzo è un'autentica sala degli orrori da esaminare in dettaglio.
L'oggetto sul tavolo è una candela, disegnata in modo un po' rozzo ma tutto sommato identificabile. Quella... cosa... triangolare sulla parete in fondo dovrebbe rappresentare un foro nella parete che, senza nessuna ragione apparente, dovrebbe contenere una chiave essenziale per proseguire. Se proviamo a interagire con il foro mentre trasportiamo la candela o i fiammiferi accessi, inciampiamo immediatamente, incendiando il tappeto e morendo, a meno che non si abbia con noi una brocca d'acqua e che non si azzecchi, in un singolo turno, la sintassi necessaria per usarla sul fuoco.
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Dimenticavo: stavolta il nord è a sinistra e il sud è a destra, ma ovviamente l'unico modo per scoprirlo è provando e sbagliando.
Uno degli “enigmi” principali consiste nello spostare (con il comando TO MOVE) un armadietto in cucina, senza che ci sia nessuna ragione apparente per farlo e nonostante il gioco fino a quel momento avesse cocciutamente negato di conoscere quel verbo.
Dietro, la parete è stata chiusa con dei mattoni. |
Dopo essersi aperti la strada oltre l'apertura murata che abbiamo appena scoperto, nel vecchio passaggio segreto in disuso, troviamo (in modo del tutto illogico) una vittima appena assassinata. E la mimesi va a farsi benedire.
In conclusione: no, Mystery House non è un grande gioco... Anzi, a tratti ci appare come un'esilarante collezione dei peggiori cliché dei giochi d'avventura. Tuttavia, alla luce della sua genealogia e delle sue innovazioni formali molto concrete, probabilmente mi sono già dilungato fin troppo sui suoi numerosi errori. La maggior parte dei suoi contemporanei non erano poi molto meglio, e non stavano nemmeno inventando un paradigma di giochi di avventura completamente nuovo (certo, dall'altro lato però potrei rimproverare a Roberta il fatto di aver continuato a progettare enigmi altrettanto pessimi per molto tempo ancora, quando ormai avrebbe dovuto aver imparato a fare di meglio – ma questo è materiale per post futuri...).
Se volete provare di persona Mystery House, vi suggerisco assolutamente di considerarlo un pezzo di storia, piuttosto che una vera e propria esperienza di gioco o di narrativa. In altre parole: usate una soluzione, che vi permetterà di ridere (invece che di piangere) di fronte alle sue assurdità.
Il modo migliore di giocarci è tramite Java sul Virtual Apple II website.
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Traduzione a cura di: The Ancient One
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Articoli precedenti:
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