Ken Follet's The Pillars of the Earth è un gioco realizzato dalla Daedalic Entertainment, basato sul romanzo di Ken Follet (ma dai?) dall'omonimo titolo. Devo premettere di non averlo letto; non credo neanche di aver mai visto la serie che è stata tratta, sempre dal romanzo. Di conseguenza, nessuna parte della recensione è basata in alcun modo sull'opera originale, ma solo ed esclusivamente sul gioco.
Il gioco si presenta come un'avventura grafica, non molto dissimile dalle altre avventure Daedalic come Memoria, The Night of the Rabbit eccetera. In realtà, questo The Pillars of the Earth è una versione molto semplificata delle avventure grafiche: non proprio film interattivo, stile The Walking Dead, ma quasi.
Questo incrocio purtroppo è uno dei problemi del titolo, perché il gioco non ha i punti forza di nessuno dei due generi: da un lato, non è abbastanza cinematografico, e in genere la storia non è mostrata con abbastanza attenzione; dall'altro, gli enigmi sono a stento definibili tali e in genere interagire non porta grandissima soddisfazione. Ma vediamo questi due aspetti un po' più nel dettaglio.
La storia, di per sé, non è giudicabile perché ne abbiamo davanti solo un pezzo, una specie di prologo, che introduce personaggi e premesse e poco più. E' un po' la situazione in cui mi ero trovata con gli episodi di The Raven: non posso dire, adesso, “la storia è bella/brutta, ben fatta/fatta male”, perché sarebbe come dirlo dopo aver visto i primi 20 minuti di un film. Ok, in alcuni casi si intuisce subito se si ha davanti una ciofeca o meno, qui il caso non è così netto.
Posso però parlare di questi “20 minuti di film” (un 5-6 ore di gioco, forse un po' meno). Sono molto lenti. Ho letto recensioni che dicono che questo gioco “non è per tutti”, o che “richiede pazienza”, come se questa lentezza fosse un fattore neutro: non è così. Il gioco è diviso in capitoletti, e per più della metà di questi capitoli salteremo da un pg all'altro senza avere una chiara idea di dove tutta questa storia, in generale, voglia andare a parare. Questo, di norma, è un problema in qualsiasi forma di narrativa: quello che succede è che facciamo giusto in tempo a farci prendere dalla storia di un pg (diciamo, il Costruttore) che saltiamo a un *altro* pg, di cui non sappiamo nulla, e ricomincia la fase di “orientamento” nel personaggio. Appena riusciamo a calarci nella sua situazione – bam! Siamo in un altro personaggio ancora.
Non è solo fastidioso il passaggio da un pg all'altro, apparentemente a caso, ma anche il cambiamento di tono e focus: all'inizio, sembra che ci troviamo di fronte a una storia di un certo tipo, con il Costruttore; poi passiamo al monaco e sembra di essere finiti in una specie di “Game of Thrones Meets Downtown Abbey”; poi passiamo a Jack e non sappiamo che ha a che fare lui con le cose di prima... Sono sicura che nel romanzo tutte queste diverse trame sono intrecciate con attenzione; qui, l'effetto è di confusione per più di metà del tempo di gioco.
Tutto ciò non è un problema insormontabile, ma può scoraggiare molti giocatori, che non si sentono abbastanza dentro la storia per appassionarsi e proseguire (immagino che i fan di Follett siano esclusi, se il gioco è fedele al romanzo come sembra dalla wikipedia, perché loro sono appassionati prima ancora di cominciare, quindi se siete fan del romanzo o della serie, ovviamente quello che sto dicendo non si applica).
A questo si aggiunge una gestione “poco cool” di tutto l'impianto narrativo – in poche parole, The Pillars of the Earth è poco cinematografico. Le battute sono tutte doppiate, anche abbastanza bene, ma c'è una pausa innaturale fra una e l'altra. Non è neanche possibile cliccare selvaggiamente per farle passare avanti, c'è sempre da attendere quei secondi sufficienti a dare fastidio. Riescono meglio le descrizioni degli oggetti: praticamente, cliccando con il tasto destro sugli oggetti, li esamineremo, ma invece della classica frase da avventura grafica, appariranno i pensieri dei personaggi in merito a quel particolare oggetto/persona. Sono i momenti in cui vedremo i personaggi più da vicino, e in alcuni casi, specialmente, sono davvero ben fatti.
Verso la fine di questo Book I, tutte le vicende che abbiamo seguito si intrecceranno e potremo dire, finalmente, di essere appieno dentro la storia. Ovviamente, poco dopo il gioco finisce XD. Ma, diciamo, si auspica che il Book II non avrà gli stessi problemi con l'introduzione di personaggi e trame varie.
I personaggi principali sembrano abbastanza sfaccettati, in particolare il monaco (che è quello che seguiremo di più, forse per questo mi è rimasto più impresso). Ci sarà da vedere come verranno sviluppati in futuro, ma diciamo che promettono bene.
Non si può dire lo stesso dei “kattivi”, ossia di quei personaggi che chiaramente sono lì solo per rompere l'anima ai protagonisti. Questi sono delle macchiette: si va dal monaco manesco e accentratore, al nobile porco, ignorante e violento, per arrivare al super-prete avido di ricchezza e potere. Questi devono essere usciti dalla mente di un consulente narrativo dodicenne (non so se di Follett o della Daedalic).
A parte i cattivi, tutto il resto mi è sembrato avere un senso: non ci troviamo di fronte alle stupidate da facepalm di Dreamfall Chapters, per intenderci, il che è già una vittoria.
Devo citare il fatto che, per gli appassionati di storia, giocando si sbloccheranno dei documenti bonus che spiegano la storia di tizi famosi o di eventi realmente accaduti o simile. Non è necessario leggerli per capire la storia (ci mancherebbe pure). Qua e là sbloccheremo anche “veri” documenti in game, come la lettera che un monaco invia al fratello da noi controllato: questi, ovviamente, contengono informazioni utili ai fini del gioco e andrebbero letti.
Passiamo al gameplay. Il gameplay si divide in “enigmi”, scelte durante i dialoghi e l'occasionale gioco di tempismo per usare la fionda.
Ah, possiamo usare la fionda di Jack per picchiare la gente, 10 punti in più alla Daedalic per questa possibilità!
Tornando a noi, gli enigmi non sono definibili tali: si tratta di prendere un oggetto e usarlo su qualcosa, fine. Non serve ragionarci, perché gli oggetti sono 4 in croce e gli obiettivi sempre molto logici. Come bruci della paglia? Con la ciotola o la candela? Come ammazzi il cervo? Con la fionda o con... ehm, non ci sono altri oggetti. Ok, è possibile fare cose palesemente stupide (es, usare la fionda sulla guardia del nobile), e si finisce al game over, ma bisogna andarsela a cercare.
Alcune volte, delle informazioni saranno rappresentate come “oggetti”. Per esempio, se sappiamo di dover cercare cose rotte, possiamo usare l'oggetto “cose rotte” con i personaggi per interrogarli in proposito.
Più frequenti degli enigmi sono le scelte durante i dialoghi. Ogni personaggio può fare un gran numero di scelte; il gioco si comporta come se queste scelte avessero un impatto, per esempio, alla fine di ogni capitolo c'è un elenco delle cose che abbiamo fatto (“Hai detto al monaco il tuo vero nome!”). In realtà, l'impatto sulla storia è limitato, da quel che ho potuto vedere, ma c'è sempre lo stesso problema con i giochi episodici: chi può dire che queste scelte non avranno grande impatto nel Book II o nel III? Io scommetto di no, ma non posso dirlo per certo.
Dal punto di vista tecnico, non posso non citare la presenza di un tutorial! Forse nell'unico gioco che non ne aveva bisogno, ma c'è, sono contenta!
A parte questo, ho trovato i disegni molto belli. Le animazioni sono poche e un po' povere, e in genere ho detto che il gioco non è cinematografico; lo stesso, la Daedalic si è sforzata di creare cutscenes graziose e di imprimere bene nello stile l'atmosfera insieme disperata e speranzosa della storia. E' stata questa, più del resto, a spingermi a giocare lungo i primi capitoli, lenti e fastidiosi. I disegni contribuiscono a questa atmosfera; ottima la palette utilizzata, forse un po' meno lo stile troppo “fumettoso” di certi personaggi (i bambini, in special modo).
Le musiche sono molto belle; ad un certo punto c'è anche una canzone (non skippabile... SIGH) che nonostante non sia affatto il mio genere, ho apprezzato molto.
Da notare anche che il gioco presenta solo Inglese e Tedesco come lingue parlate, ma ha i sottotitoli in italiano. La traduzione mi è parsa abbastanza buona, ma non perfetta (il classico “location” tradotto con “locazione”: ok, lo facciamo tutti, ma da un team professionista non te lo aspetti).
E' difficile tirare un giudizio per questo The Pillars of the Earth Book I, sia perché è solo un terzo di gioco, sia perché è un mix strano, che abbandona i punti forza di entrambi i generi a cui si ispira. Quel che ne risulta non è molto soddisfacente, ma non posso neanche dire sia orribile.
Ma al di là del giudizio vero e proprio, questo gioco mi fa sorgere un altro dubbio. La maggior parte dei giochi narrativi, in cui dobbiamo compiere delle scelte, fa come questo Pillars of the Earth, ossia mette in campo scelte più o meno “ornamentali”. Il punto, però, è che in questo caso la storia è stata già raccontata come romanzo e come serie televisiva. Cosa può aggiungere questa trasposizione, che non sia già presente nelle altre forme in cui la storia è stata modellata? In che cosa la forma videogioco modifica quello che c'era prima? E' così fondamentale poter decidere di costruire cattedrali per far provare meraviglia, o decidere di rappresentare l'Inferno piuttosto che il Paradiso?
Ovviamente, le mie sono domande farlocche, la risposta è ovvia: no, non è fondamentale e “poco o nulla” è quello che il videogioco sta regalando all'opera di Follett, perché questa trasposizione si limita a sfiorare le potenzialità del media. Non posso incolpare particolarmente la Daedalic, che da questo punto di vista non fa né meglio né peggio delle sue cuginette più “grandi” (o più esperte, non so quante risorse abbia la TellTale rispetto alla Daedalic, ma non credo ci sia questo grande divario); però in questo caso la vacuità del gameplay si sente particolarmente, sia perché la realizzazione di tutto il resto pecca, sia perché ci troviamo davanti a un caso in cui “la storia” c'era già.
The Pillars of the Earth non è un brutto “terzo di gioco”, ma è lento e pecca di ultra-semplificazione sotto diversi aspetti. Ci sono buone speranze per i Book successivi, in quanto i personaggi principali sembrano promettere molto bene e la storia ha una premessa interessante. Ma forse vi conviene leggere direttamente il romanzo, o guardare la serie TV.
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