Silent Hill (Jijing Ling)

Silent Hill è una tranquilla cittadina di villeggiatura americana, che si affaccia sul bellissimo lago Tolouca. Sicuramente si tratta di un bellissimo luogo dove trascorrere qualche giorno di vacanza, lontano dal tedio quotidiano del lavoro, della vita di tutti i giorni. Questo è quello che aveva pensato Harry Mason, il quale inseme alla figlia Cheryl aveva deciso di andarvi. Ma Silent Hill è anche il luogo in cui Harry sette anni prima insieme alla moglie aveva trovato una piccola bambina infagottata, sul ciglio della strada... cioè Cheryl.

In pochi ricordano cosa era accaduto molto tempo prima, nel territorio in cui attualmente si estende la cittadina. In passato, infatti, qui si trovava un grande e terribile penitenziario, poi smantellato dai nuovi abitanti del posto, che cacciarono i vecchi dopo aver scoperto che alcuni di loro praticavano strani rituali sacri.
Da quando Harry ha un incidente d'auto e sua figlia Cheryl scompare nelle oscure vie della città, oscuri presagi verranno a poco a poco alla luce...

Questo è, in buona sostanza, l'incipit e il tema narrativo sul quale poggia la storia narrata in Silent Hill.
Il primo impatto con un gioco di questo tipo rimane sicuramente impresso nella memoria: il videogiocatore sin dai primissimi istanti di gioco si ritroverà totalmente immerso nelle infime vie della città, in una sorta di vagabondaggio apparentemente senza metà che in realtà può essere interpretato come il ritrovamento dell'“anima”, dello “spirito perduto” del protagonista.
Il senso di solitudine è opprimente, grazie al massiccio utilizzo dell'effetto shading (nebbia) che avvolge praticamente tutta la città, e ciò non fa altro che accentuare la sensazione di paura viscerale, di isolamento che pervade ogni istante di gioco.
Silent Hill riesce in pieno a creare una forma di paura tutta nuova, dalla quale è impossibile sfuggire. Più che attraverso veri e propri colpi di scena, apparizioni improvvise (che comunque non mancheranno, e vi faranno sobbalzare dalla sedia, statene certi!) è il clima costante di incertezza, di apprensione, di solitudine che vi condizioneranno, a tal punto che sussulterete ogni qual volta che dovrete girare un angolo, prendere una strada diversa, e comincerete a tremare quando la vostra radiolina inizierà ad emettere il classico rumore statico che indica la vicinanza di qualche creatura infernale...

Dal punto di vista squisitamente tecnico, c'è da sottolineare soprattutto una differenza fondamentale tra Silent Hill e praticamente la quasi totalità dei survival horror precedenti ad esso (ma anche successivi): tutte le ambientazioni di gioco sono “costruite” in tempo reale, tant'é che grazie al joypad potrete fare utilizzo di una funzionalità che vi permette di ruotare lo sguardo dinamicamente per vedere punti altrimenti non visibili dalle canoniche inquadrature della telecamera, anche se non è consentita una visuale “libera” a 360 gradi come negli action-game, poichè sarete comunque vincolati alle prefissate inquadrature delle telecamere, posizionate a volte in punti piuttosto bizzarri, ma che comunque rendono bene quel “taglio cinematografico” che si è voluto impostare nel gioco (tecnica ormai usuale in questo genere, introdotta dal classico Alone in the Dark).


Una scelta di questo tipo è sicuramente encomiabile, poichè moltissimi altri giochi poggiano su ambienti renderizzati in 2D con personaggi in 3D che si muovono su di essi (come i primi tre episodi di Resident Evil, come tutta la serie di Alone in the Dark, incluso il quarto episodio, The New Nightmare, etc...), dunque in tal senso 'Silent Hill' rappresentava una novità, un gioco all'avanguardia, però da un altro punto di vista si è dimostrata non del tutto all'altezza delle (allora) attuali possibilità della cara vecchia PlayStation, che dovendo eseguire in tempo reale una mole di calcoli non indifferente ha fatto sì che gli sviluppatori introducessero il caratteristico “effetto nebbia”, per celare determinate sezioni degli scenari e quindi non sovraccaricare la console.
Una scelta da una parte azzeccata, perché poi col tempo la “nebbia” di Silent Hill è diventato uno dei principali leit-motif di tutti i capitoli successivi della saga. D'altra parte però l'utilizzo di molte risorse nel rendering degli ambienti ha fatto sì che, per esempio, dal punto di vista delle animazioni dei personaggi (soprattutto dei mostri), il gioco fosse estremamente carente. Alcune di esse sono talmente fatte male che invece di incutere timore mi hanno suscitato più di un sorriso.
I filmati d'intermezzo invece sono eccellenti, di ottima fattura e diretti in modo egregio. Magnifica, a tal proposito, è la rappresenazione del personaggio di Lisa, l'infermiera dell'ospedale di Silent Hill, di sicuro il personaggio più tormentato, più fragile nel quale vi imbatterete.

 

Una menzione particolare va fatta senza ombra di dubbio alla colonna sonora e agli effetti sonori in generale, davvero strepitosi.
La canzone di apertura, per esempio, è l'emblema stesso dello spirito del gioco: enigmatica e struggente, terrorizzante e coinvolgente al tempo stesso.
Ogni passo avanti nella trama verrà poi sottolineato da diversi filmati con musiche sempre diverse, ma tutte accomunate dagli aspetti poch'anzi citati.
Per non parlare poi degli infiniti vagabondaggi che ci attenderanno per le strade di Silent Hill: in particolare, gli effetti ambientali sono semplicemente perfetti, e vi sarà praticamente impossibile non rimanere terrorizzati.
Il sinistro suono statico della vostra radiolina, ad indicare un pericolo imminente, il rimbombo dei vostri passi (sul silenzio assoluto) negli ambienti chiusi, gli indecifrabili effetti sonori durante le sessioni negli ambienti della città “distorti” dalla dimensione “infernale”, etc... sono solo alcuni di quelli che realmente potremo assaporare.
Ricordo due suoni in particolare che mi sono rimasti impressi per la loro “nitidezza”: il primo è l'incessante suono delle campane di una chiesa, all'uscita della Midwitch Elementary School, un suono talmente irreale nel contesto nel quale si trova il giocatore, da risultare tenebroso.
Il secondo è un martellante suono di sirene, come quelle di un'ambulanza, che vi devasterà il cervello fino all'arrivo nell'ospedale di Silent Hill.

Un altro elemento che ha fatto veramente la fortuna di questo titolo, a mio avviso, è stata la perfetta simbiosi di sessioni action con altre legate alla risoluzione di enigmi, alcuni dei quali di difficoltà piuttosto elevata.
Basti pensare ad esempio all'enigma del pianoforte, nelle sessioni di gioco ambientate nella Midwitch Elementary School, o al sinistro labirinto inesistente (simpaticamente ribattezzato dagli autori nowhere) dal quale dovremo riuscire ad uscire nelle sessioni finali di gioco.
Certo, questa era una delle peculiarità di altri titoli del passato, come appunti i già citati 'Alone in the Dark' e Resident Evil, ma in Silent Hill questa associazione diventa perfettamente bilanciata, regalando a quest'ultimo una sua identità tutta particolare, che lo consegna di merito alla Storia dei videogame.

Quando nel 1999 uscì in Italia Silent Hill in esclusiva assoluta per la PlayStation, inizialmente venne accolto in maniera un pò freddina.
Nei primi mesi non raccolse vendite entusiasmanti, per lo più perché, almeno a prima vista, poteva tranquillamente essere considerato come un imberbe clone del celebre 'Resident Evil', che in un certo senso aveva dato il via "commerciale" al filone dei survival horror (la cui origine storica è però riconducibile al mitico 'Alone in the Dark', grande capolavoro del 1992).
Tuttavia la Konami, nota allora soprattutto per titoli come Metal Gear Solid, era entrata nel genere dei survival horror con un gioco che, sebbene molto simile in quanto a struttura a Resident Evil, aveva qualcosa di profondamente diverso: l'introspezione psicologica del protagonista.
L'introduzione di una storia criptica, angosciante, psicologica, ha sicuramente rappresentato una grossa novità in questo genere di videogame, tanto che la contrapposizione con l'altro più importante esponente del genere, Resident Evil, viene da sé: mentre in quest'ultimo siamo in presenza di un prodotto estremamente commerciale, basato più che sull'esplorazione vera e propria, sull'effetto “scenico” del terrore che scaturisce da apparizioni improvvise di mostri deformi in opprimenti e claustrofici ambienti chiusi, Silent Hill è esattamente l'opposto.
In Silent Hill il terrore assume una forma di “angoscia perpetua”, costituita non tanto da oscene apparizioni improvvise, quanto piuttosto dall'incertezza, dal costante clima di insicurezza che pervade il videogiocatore mentre si aggira per le vie deserte della cittadina, avvolta da una fitta coltre di nebbia che lascia tutto all'immaginazione.
Ogni centimetro quadrato di Silent Hill è in realtà qualcosa di diverso da come appare in superficie: i mattoni degli edifici, le strade, gli oggetti si trasformano quando meno ve lo aspettate in inquietanti grate arruginite intrise in melme sanguinolente, ponti sospesi in baratri oscuri, etc...
L'intera cittadina sembra essere “viva”, con lo scopo di portare in luce gli animi nascosti dei suoi abitanti, i segreti occulti che li perseguitano. In un certo senso, è la stessa città che diventa l'assoluta protagonista.
Lo stesso personaggio che interpreterete, Harry Mason, sembra tutto tranne che uno dei protagonisti di Resident Evil: è debole, insicuro, e la ricerca della figlioletta scomparsa a poco a poco lo renderà un uomo diverso.
Questo, se da un lato ha causato una iniziale diffidenza verso Silent Hill - d'altra parte i videogiocatori di Resident Evil si erano abituati ai personaggi “eroici”, sicuri di sè - dall'altro però ha portato alla creazione di un nuovo status nel campo dei survival horror: quello dei thriller psicologici.
Questo è il merito principale di Silent Hill, che oggi si è praticamente trasformato in un gioco di culto.
Titoli recenti come ObsCure, Project Zero, etc... non sono altro che "figli" di queste innovative implementazioni nel genere, che altrimenti sarebbe finito in noiosi circoli viziosi, come un serpente che si mangia la coda.

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