Gwenelan e OjO si introducono in una magione oscura (ma non "maniaca") per aiutare una povera ragazza a fuggire dagli orrori che si nascondono in quel luogo colmo di malvagità. Si gioca dunque a CLOCK TOWER, mitico gioco horror per SNES, qui nella sua traduzione italiana a cura di Fray83.
OjO continua a giocare con noi a White Day, l'horror coreano in cui seguiamo un ingenuo ragazzo che cerca di far colpo sulla ragazza che gli piace.
Qui vi mostriamo l'episodio finale del suo Let's Play: come sarà finita questa storia d'amore orrorifica? Scopriamolo assieme nel video!
Per conoscere la ragazzina che gli ha fatto palpitare il cuore, il nostro protagonista si introduce nottetempo a scuola, non sospettando che tra quelle mura si nascondono segreti indicibili.
Scopriamo insieme White Day, horror coreano in prima persona, in compagnia del nostro signor OjO.
The Coma 2 è un survival horror coreano creato dagli autori di Vambrace: Cold Soul (e anche di The Coma 1).
Nei panni di una liceale tutto sommato "normale" ci ritroviamo a vivere una notte di luna rossa all'interno di una dimensione oscura chiamata The Coma. Riuscirà il nostro OjO a far sopravvivere la ragazza e, possibilmente, a salvare il mondo?
Non è finita; tornano i protagonisti di una delle avventure più belle di sempre: confermato il seguito di The Last of Us.
Al momento però, solo su PS4.
Settimana di traduzioni, questa: oggi vi presentiamo quella di Miasmata, survival della IonFX, ad opera di Capo e DarkStarSword. Ringraziamo Capo per averla creata e per averci permesso di upparla sul sito!
La traduzione è completa e si applica al gioco Steam. La potete scaricare da Steam stesso o dalla nostra scheda!
Vi svegliate in una villa sconosciuta e apparentemente abbandonata, senza ricordi e avvolti da una strana aura. Trovate il biglietto di una tale Helena, che vi chiede di seguirla e vi assicura che vi aiuterà a trovare la “luce”.
E no, non sono le droghe pesanti: siete morti.
Oggi INDIEtro Tutta vi presenta Deep Darkness, un horror indie gratuito sviluppato da Ryoku (Mirko Onorato) con RPGMaker XV Ace. Mi ha ricordato molto giochi come Ib o Mad Father, sia come gameplay che come tipo di storia, e chi apprezza questi titoli si troverà sicuramente a casa prendendo in mano Deep Darkness. Ma vediamolo un po' più nel dettaglio.
Deep Darkness è diviso in tre “livelli”, ognuno dei quali è una specie di grande puzzle, da risolvere dopo aver risolto gli altri puzzle più piccoli da cui è composto, com'è tipico di questi giochi. Gli enigmi vanno dal trovare combinazioni numeriche per aprire delle porte, allo “sbloccamento” di questa o quell'area tramite l'uso di oggetti che potremo trovare in giro, alla risoluzione di “indovinelli” basati sull'osservazione delle stanze che dovremo esplorare.
Il creatore del gioco, Ryoku, ha cercato di rendere questi enigmi abbastanza vari, sia inserendone di diverso tipo, sia introducendo quattro poteri che creano diversi tipi di situazione. Per esempio, un potere ci permetterà di entrare in una dimensione parallela, in cui dovremo attivare leve o spostare oggetti che influenzeranno la dimensione da cui siamo partiti. Un altro potere ci consentirà di vedere oggetti invisibili, e così via. Nonostante questi sforzi, ho sentito un po' la ripetitività di alcune soluzioni: per esempio lo scassinamento delle serrature, più che un “puzzle” è un giochino simpatico ma noioso alla centesima volta che lo si incontra.
Gli enigmi davvero difficili sono pochi, ma la difficoltà – e la lunghezza – del gioco dipendono più da quanto siete abituati a usare il tipo di logica richiesta... e dal vostro senso dell'orientamento. Esplorare tutte le stanze, più e più volte, è necessario per proseguire in Deep Darkness, e se avete il senso di orientamento di Ryoga, come la sottoscritta, ci metterete molto più tempo ad arrivare alla fine. A questo si aggiunga che, da un certo punto in poi, alcune stanze presenteranno dei nemici da cui potrete solo scappare... ecco che non sbagliare strada diventa essenziale!
Per inciso, questa appena fatta non è una critica al gioco, è solo un'osservazione: sul sito del download sono preventivate 2 ore di gioco, ma io ci ho messo di più a finirlo.
Passiamo brevemente alla storia e all'atmosfera di Deep Darkness, due elementi, specie l'atmosfera, importanti in questo tipo di gioco. La storia è gestita in modo che si capisca e non si capisca cosa sta succedendo esattamente fino alla fine, quando arriva l'ultimo pezzo del puzzle che svela l'arcano. Anche questa è una caratteristica tipica di questo genere di storie, e si vede che Mirko l'ha ripresa apposta.
Non funziona però al 100% perché è facile che resti qualche dubbio. Per esempio (e senza spoiler): la villa da cui partiremo è solo l'area iniziale, e ci resteremo giusto il tempo di un breve tutorial. Poi ci troveremo in un luogo... che non si sa cos'è (il “primo livello” del gioco) e proseguiremo per altri luoghi che non capiremo che luoghi sono. Arrivata alla fine del gioco, io avevo capito un bel pezzo della storia, ma avevo un grosso punto interrogativo per quel che riguarda i luoghi in cui ero stata. Che collegamento c'era fra questi e la storia del nostro protagonista?
In verità la risposta ci viene data, proprio all'inizio del gioco, ma appare una volta sola, e dopo varie ore di gioco io me l'ero dimenticata. Sarebbe stato utile riprenderla in qualche modo (pezzi di foglio volanti? Scritte sui muri? Commenti del protagonista?) anche durante il gioco, così che il collegamento finale fosse subito comprensibile. In questo modo, benché le varie aree siano suggestive e decisamente inquietanti, si rischia di percepirle come slegate dal contesto e quindi “generiche”. Avrebbe anche aiutato, secondo me, se avessero riflettuto un po' di più la storia del protagonista, mostrando qua e là hint sul suo passato e sulle sue azioni – hint che sarebbero poi stati compresi solo nel finale. Purtroppo eventuali esempi concreti sarebbero spoiler.
Anche gli enigmi potevano essere legati più strettamente alla storia che Deep Darkness racconta: alcuni, specialmente verso la fine, sono collegati molto bene; altri invece sono più “generici”, e non sempre coerentissimi con l'ambientazione (penso per esempio al granchio gigante, che è pure un bel dettaglio che rimane impresso, però non ho capito se avesse un senso “metaforico” di qualche tipo). Questo è un peccato, perché così la storia del nostro protagonista ci sempre più distante e "secondaria" rispetto al resto.
Insomma, ci sarebbe un po' da calibrare meglio alcune cose, ma anche così com'è ci si diverte, specie con alcuni enigmi su cui bisogna ragionarci un po' e con il piccolo "twist" finale che personalmente mi ha fatto ghignare (però la prossima volta voglio fare la bambina!).
Non è un gioco che fa “paura” nel senso che sbucano gli zombie da dietro l'angolo. Ci sono solo un paio di “salti”, ma per il resto è tutta atmosfera inquietante e angoscia, generate dal design delle aree e dalla musica di sottofondo, molto ben scelta.
E a proposito di design: le aree disegnate da Ryoku sono ben fatte, non ai livelli di Theia, ma in gran parte curate e piene di particolari giustamente inquietanti. Ho apprezzato in particolare alcune delle aree finali, meno inquietanti ma più belle da vedere secondo me, ben costruite. Per alcuni puzzle è anche necessario tenere conto di un piano di sopra e di un piano di sotto (per esempio, bisogna far cadere oggetti da un piano all'altro): sembrerà una cosa da niente, ma non la vedo spesso in questo tipo di giochi, ed è stata una piacevole sorpresa.
Ho invece un po' storto il naso su alcune scritte in inglese in giro, quando il resto del gioco è in italiano, perché mi sembrano scelte “strane” rispetto all'ambientazione.
In conclusione, Deep Darkness ricalca molto bene il genere che si è scelto. Ha momenti che andrebbero gestiti meglio, e qualche puzzle troppo ripetitivo, ma chi apprezza questo genere di cose avrà da divertirsi.
Outlast, conoscete? Ne avete sentito parlare? Beh se proprio non ne sapete un acca forse è il caso che che diate una letta di seguito, vi facciate un'idea di massima di questo videogioco genere survival horror e ci facciate un pensierino, magari per i prossimi saldi di Steam. In ogni caso mi sembra d'obbligo, prima di cominciare a parlarne, sciorinarne i requisiti di sistema.
Requisiti per un’esperienza completa e profonda:
Quando mi approccio ad un survival horror oramai ho poche pretese, insomma vengo da titoli come Silent Hill e i primi Resident Evil e dovrei alzami in piedi sulla tastiera e ballarci il tip tap sopra quando vedo giochi sbandierati come giochi “depaura” che di orrorifico hanno solo una trama sconclusionata e spruzzi di sangue a sbafo. Oramai mi aspetto sempre una delusione dietro l’angolo, altro che paura.
A parte qualche raro caso, poi scivolato nei sequel nel vortice del multiplayer sparatutto “occhioairipari” (leggasi Dead Space), di giochi che riescano a tenermi in ansia per tutta la durata della partita ne ho visti ben pochi. Sì, a me piace essere spaventato, ma spaventato senza essere messo davvero in pericolo, lo spruzzo di adrenalina a cui non deve seguire per forza il fiotto di sangue “che siete rimasti impalati su un ramo di un albero facendo base jumping dal balcone”, e mica sono scemo.
E’ cosi, tra un pensiero rassegnato e una fievole luce di speranza all’orizzonte che avvio la mia copia di Outlast sul PC, l’ultima fatica (allora) della Red Barrels, dove tutto è minimalista e ridotto all’osso. Non c’è infatti un'introduzione e ci troviamo subito nei panni del giornalista Miles Upshur che, grazie ad una soffiata anonima, si ritrova a doversi intrufolare nel manicomio di Mount Massive, per indagare, secondo quanto gli è stato rivelato, su fatti e fattacci che stanno accadendo nel posto.
La visuale è in prima persona, non il massimo per me che non sono un particolare fan degli FPS, tuttavia noto già che abbassando lo sguardo posso vedere i “miei” piedi; direte “e allora?”. Beh, in quante altre avventure con questa visuale potete vedervi i piedi? Sembra una cavolata, ma per me vale un quarto del titolo. Come già detto tutto è ridotto ai minimi termini, non c’è HUD, niente barra della vita, niente frecce che vi indicano la via (ok è tutto imbinariato, ma oggi ti mettono le frecce ovunque), nulla, un cavolo di niente, al massimo potrete accendere la telecamera e usare la visione notturna al buio. L’unica licenza che si sono presi è il rendere lampeggiante gli oggetti interagibili, come le batterie (vitali per ricaricare la telecamera) e i documenti, che forse dopo il tempo speso per scriverli hanno pensato “e adesso ve li leggete tutti, non ve ne facciamo mancare uno! ... e non rompete!”.
Già da subito si capisce che aria tira, d’altronde pezzi di cadavere e sbratti di sangue sui muri crivellati di colpi non lasciano molto alla fantasia. Considerate che non avete armi, se non la vostra fidata camera, e non ne troverete nessuna: in caso di necessità potrete solo scappare via dai pazzi omicidi che infestano il manicomio e sperare di trovare un nascondiglio per far perdere le proprie tracce. Perché Outlast è un gioco horror si, ma anche un gioco di fughe, dove è necessario occultarsi meglio di come farebbe Sam Fisher, esplorare e, non ultimo, farsela addosso. Si perché qui di opzioni ce ne sono poche, fuggi o muori, e anche in malomodo.
E allora qualsiasi armadietto, letto o tavolino è un’ancora di salvezza che ci separa dalla morte, un rifugio “sicuro” dagli occhi indiscreti e dalle braccia nerborute dei folli del manicomio; tuttavia non ne possiamo abusare perché, prima o poi, ci troveranno per cui dobbiamo per forza procedere, andare avanti nell’avventura, lasciare il nostro nascondiglio e cercare di avanzare nelle stanze trasudanti pazzia di Mount Massive.
l battito del nostro cuore e il respiro ansimante del protagonista pregno di terrore ci accompagna in tutta l’avventura e ci fanno da sottofondo unitamente alla colonna sonora, assolutamente in stile horror, che è puramente mirata a mettere alla prova gli sfinteri dei giocatori. E tutto funziona, tutto fila liscio sui binari prestabiliti. Tutto va, almeno fino a tre quarti dell’avventura, perché poi la tensione comincia a livellarsi, l’adrenalina scende, comincia a subentrare un senso di rifiuto, di stanchezza. Forse è il nostro cervello che è arrivato al limite? Saturo di adrenalina ci chiede di farla finita ed abbandonare il poveraccio al su destino virtuale? Forse la nostra materia grigia ad un certo punto si ritrova anestetizzata e meno capace di provare empatia e terrore con lo sfortunato, seppur autolesionista, reporter?
La risposta magari è più semplice: il mordente si comincia a perdere per strada, il viaggio sospeso tra follia, paranormale ed incubo assume connotati più “terreni” e tutto, pian piano, sfuma. Quale delle ipotesi è più reale? Vi sfido a scoprirlo da voi, e a dire la vostra. Allora impugnate mouse o pad, se lo avete acquistato per playstation, e immergetevi nella paura vecchio stile, pronti a saltare dalla sedia e a farvi galoppare il cuore, in questo imperdibile Fist Person Shooter Horror.
Resident Evil è una delle saghe videoludiche più longeve e amate di tutti i tempi. Nella sua vita però si è vista una forte trasformazione tipologica e concettuale che è passata per il periodo di forte empasse degli sviluppatori giapponesi.
Cosa ne pensano i Dietrologici? Giocato da Giuseppe Saso e commentato con Simone Pizzi, Simone Andreozzi e Marco Gualdi eccovi il secondo capitolo!
Pubblicato da Nintendo solo per il Giappone il 31 luglio 2008, Zero: Tsukihami no Kamen non è mai stato localizzato per l'Occidente. Sono passati ormai quasi 5 anni e, nonostante le tante lettere inviate dai fan alla casa di sviluppo (la Grasshopper Manufacture) e alla Nintendo stessa, non vi è più alcuna ragione di sperare in una versione ufficiale in italiano.
Zero: Tsukihami no Kamen è stato un titolo molto atteso, visti gli splendidi primi episodi editi per Playstation e Xbox, ma anche molto contrastato perché, uscendo in esclusiva per Nintendo, lasciava in qualche modo orfani i fan delle altre due console. Ma l'attesa si rivelò vana. In Europa e in America questo splendido survival horror non sarebbe mai approdato... Se non che...
Nel gennaio del 2010 un gruppo amatoriale davvero in gamba ha realizzato un'ottima localizzazione amatoriale inglese, realizzando una patch che "aggiunge" al software originale (aquistabile su siti specializzati giapponesi o di aste) il testo tradotto. Qualcuno lo ha giocato anche qui da noi, se ne è innamorato e ha cominciato a lavorarci...
Ed è da qualche anno ormai che un gruppetto di solerti traduttori e programmatori si sta dando da fare per sostituire al testo inglese quello italiano e avere il piacere di giocare nella lingua natia Project Zero 4: La Maschera dell'Eclissi Lunare.
Questo piacere vorremmo condividerlo ora con tutti voi! Venite a trovarci nel forum per saperne di più e per partecipare alla fase di testing. Vi aspettiamo!
Ieri ho terminato il primo capitolo di Dead Space per PS3.
Nuova poprietà intellettuale di EA, creata ed affidata agli EA Redwood Shores (ora noti come Visceral Games, quelli di Dante's Inferno, ora al lavoro su Dead Space 2). Dead Space è un survival horror in terza persona, con ambientazione fantascientifica.
L'ambientazione
XXVI secolo. Un pianeta-miniera ("Aegis VII"). Una nave mineraria interstellare, classe "Plant Cacker" (la "USG Ishimura"). Un misterioso artefatto ("il Marchio") estratto dalle viscere del pianeta. Una misteiosa razza aliena (i necromorfi). Una religione diffusasi negli ultimi due secoli (Unitology).
Le premesse ci sono, ma Dead Space non brilla né per la sua trama, né per la sua ambientazione. Non ha la carica immaginifica di un Bioshock, né gli stessi ambienti così ricchi di dettagli. Ricorda a tratti le atmosfere di Alien, ma senza la forza delle immagini di Riddley Scott e di Giger La trama sarebbe interessante, ma è diluita troppo e male. Mentre per tutto il gioco si attraversano i livelli inseguendo errands senza molto senso (accomoda questo pezzo, aggiusta quell'altro).
Un paio di setting sono effettivamente ben riusciti (ad es. il ponte di comando con una bellissima pioggia di meteoriti, o gli squarci della miniera sul pianeta alieno), ma il resto del gioco è ambientato in anonimi corridoi metallici. Tutto è funzionale all'indurre paura nel giocatore. Ed in questo Dead Space riesce alla grande. Ma dietro la paura, c'è ben poco altro in termini di emozioni e di immagini in grado di stimolare la fantasia del giocatore.
Il gameplay
Trattasi di un surival horror decisamente classico ed in questo ben riuscito.
Parliamo oggi, con il favore delle tenebre, di un grande classico dello sfortunato Gamecube, ovvero Eternal Darkness: Sanity's Requiem, unica perla (finora) dei bistrattati Silicon Knights.
Alla penna una delle firme più gloriose (nonchè più coinvolgenti) di oldgamesitalia, il nostro amico Inskin, che ci porterà in questa discesa nel santuario della pazzia, fra occasioni perse e un gioco probabilmente non capito a fondo.
Buona lettura!
La recensione
Qui ci rassicuriamo vicendevolmente dai terrori provati
Breve cronistoria (1993-1999) del sotto-sotto-genere "Survival Horror"
(se vi ritenete già informati sui fatti, vi autorizzo a saltare direttamente al paragrafo successivo...)
Se vi chiedete cosa sia mai Ken's Labyrinth, mettiamola così: è Wolfenstein 3d che incontra gli incubi di un qualsiasi bambino! Questo Ken's Labyrinth è una sorta di FPS completamente ambientato in questo labirinto, dal quale bisogna fuggire riuscendo a salvare il cane, Sparky, e per finire in bellezza pure il mondo.
E' un videogioco che passò abbastanza sotto silenzio, vuoi perchè non era poi così sofisticato come Doom (i mostri, un vero incubo, non sparano: si limitano ad avvicinarsi e toccare il giocatore, uccidendolo in questo modo), vuoi perchè non presentava molti passi avanti rispetto a Wolfenstein stesso (anche se trovate come le macchinette da cui acquistare oggetti o strane abilità come quella di variare la propria altezza, e lo stesso Sparky nel secondo episodio hanno portato un po' di aria fresca). Storicamente è comunque rilevante, in quanto a partire da questo progetto il buon Silverman sviluppò il famoso engine BUILD (e qui è innegabile un pensierino al buon vecchio Duke Nukem).
Oggi rimane un gioco abbastanza curioso, piuttosto deprimente e opprimente dopo un po', in particolar modo a causa delle musiche davvero terribili, e dal design piuttosto kitsch. Dimenticavo: è pure alquanto difficilotto quindi armatevi di pazienza!
Il gioco e' stato liberato dallo stesso programmatore, Ken Silverman, e reso disponibile sulla sua pagina web a questo indirizzo.
Il gioco e' solo per DOS, ma Jan Lonnberg ha creato un port SDL (quindi con grafica, suoni e musica migliorati) per windows e Linux, scaricabile da qui.
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
Chi siamo | Contattaci | Policy | Manifesto