Gianluca "Musehead" Santilio, youtuber raffinato che trasmette dalla campagna senese, esperto di retrogame, avventure grafiche e birre. Voce nota anche per le varie partecipazioni a podcast come Archeologia Videoludica e Calavera Cafè, per chi desidera seguirlo ricordiamo, oltre al suo canale YouTube dell'Archivio del Sig. Santilio, anche il suo blog, dove approfondisce i propri video e la pagina Patreon, dove chi vuole può sostenerlo con una donazione mensile.
Per la prima volta La Macchina del Tempo approccia un nuovo anno, oltre ai consueti 2002, 1992 e 1982 (arriverà anche il 1987). Entriamo nella famosa generazione 3dfx, che nel 1997 è in tumultuosa crescita grazie all’inverosimile potenza di calcolo sprigionata da queste nuove schede grafiche che rivoluzionano, di fatto, il gaming su PC, portandolo. almeno provvisoriamente, molto avanti alle possibilità delle console. Ciò rende possibile una conversione migliorativa da PlayStation come quella di Resident Evil, ma anche i morbidissimi fondali sottomarini di Sub Culture. In realtà, sono più numerosi i giochi tradizionali con un paio di simulatori molto solidi e strategici che spaziano dai classici esagoni dell’eccellente Panzer General II alla fantasia di The Tone Rebellion.
E le avventure grafiche? Il modello Lucas arrancava moltissimo, ma c’era luce su quelle in prima persona ed in questa puntata ve ne sono due con filmati con reali attori.
E più avanti arriverà anche una seconda parte di pubblicazioni PC!
Parliamone insieme nell'OGI Forum!
Gianluca "Musehead" Santilio, youtuber raffinato che trasmette dalla campagna senese, esperto di retrogame, avventure grafiche e birre. Voce nota anche per le varie partecipazioni a podcast come Archeologia Videoludica e Calavera Cafè, per chi desidera seguirlo ricordiamo, oltre al suo canale YouTube dell'Archivio del Sig. Santilio, anche il suo blog, dove approfondisce i propri video e la pagina Patreon, dove chi vuole può sostenerlo con una donazione mensile.
Sembra impossibile eppure sono passati ben ventotto anni dal rilascio di The Legend of Zelda, uno dei titoli più celebri di tutto l'universo videoludico. Il personaggio ideato da Shigeru Miyamoto non ha bisogno di presentazioni e la saga legata alle sue avventure può vantare ancora oggi un vastissimo seguito di appassionati retrogamer e non, tra i quali l'attore Robin Williams che per rendere omaggio alla principessa di questo videogioco, ha dato a sua figlia lo stesso nome .
Con ben 67 milioni di copie vendute, la saga continua a riscuotere successo ancora oggi su piattaforme moderne. The Legend of Zelda rimane inoltre un classico senza tempo e uno degli esempi più fulgidi del genere avventura, nel senso più ampio del termine. Questo titolo fantasy nato per NES rimane ancora oggi una fonte di ispirazione per molti game designer, per il sapiente mix di molti generi diversi, tra i quali RPG, azione, platform, stealth e guida.
Non ci resta che unirci a tutti gli amanti di questo marchio storico per il doveroso coro di auguri per Zelda !
Resident Evil è una delle saghe videoludiche più longeve e amate di tutti i tempi. Nella sua vita però si è vista una forte trasformazione tipologica e concettuale che è passata per il periodo di forte empasse degli sviluppatori giapponesi.
Cosa ne pensano i Dietrologici? Giocato da Giuseppe Saso e commentato con Simone Pizzi, Simone Andreozzi e Marco Gualdi eccovi il secondo capitolo!
I Am Street Fighter è un documentario di oltre un'ora realizzato da Capcom.
Ripercorre sin dall'inizio la storia del franchise (ma anche dei videogiochi di combattimento in generale), della stessa software house giapponese, dei videogiochi arcade e delle persone che hanno lavorano negli anni al progetto. Un documentario imperdibile per ogni oldgamer che si rispetti.
Capcom ha annunciato durante l'ultimo Comic-Con, che Mega Man II, III, IV e V, i classici pubblicati originariamente su Gameboy tra il '91 e il '94, sono presto in arrivo sull'eShop del 3DS.
L'annuncio comprendeva anche Mega Men Xtreme e Mega Men Xtreme 2, pubblicati per Gameboy Color nel 2000 e nel 2001, ma per questi non è stata specificata nessuna data d'uscita.
Spazio agli arcade in questo 1 maggio con la presentazione di Dungeons & Dragons: Chronicles of Mystara, titolo in arrivo da Capcom il prossimo giugno e che promette di rinverdire i fasti delle sala giochi con la riproposizione di due classici di annata, Dungeons & Dragons: Tower of Doom e Dungeons & Dragons: Shadow Over Mystara.
I due titoli, usciti originariamente in versione casalinga solo per Saturn nel 1999, sono un misto fra il famoso gioco di ruolo e un'azione senza freni, ideali quando giocati in compagnia di qualche amico; pronti a selvaggi long-run? Preparate le monete virtuali!
Uno dei sogni comuni di quando si è bambini è di diventare avvocati; o almeno questo è il sogno presunto di phoenix wright che, con questo suo episodio fa il suo approdo al mondo del nintendo ds, dopo aver riscosso un meritato successo sul gba advance nella terra natia del Giappone.
In una delle prime avventure grafiche (o presunte tali) della piattaforma Nintendo ci troveremo quindi ad impersonare il paladino dei deboli, il difensore degli indifesi, cercando di ottenere il fatidico "non colpevole"; ma innanzitutto bisogna iniziare con un bella...
Dichiarazione d'apertura
La serie di Phoenix Wright nasce in giappone nel "lontano" 2001 con il nome di Gyakuten Saiban; nonostante il discreto successo ottenuto in madre patria però le avventure dell'avvocato difensore più famoso della storia dei videogiochi non sono mai state portate in occidente a causa di problemi legati ai costi e alla localizzazione; con l'avvento del DS e l'enorme bacino di utenza a disposizione della Capcom (casa produttrice del gioco) qualcosa si è mosso ,e con Ace Attorney, ci troviamo al primo episodio distribuito anche nella lingua di Dante.
Nel momento in cui vi scrivo la serie è arrivata in Giappone già al quarto capitolo (che nella prima settimana ha contato oltre 250.000 pezzi venduti), il primo prodotto pensando specificatamente al nintendo Ds, mentre per ora in Italia c'è stata la distribuzione solamente dei primi due episodi (Ace Attorney e Justice for All), riadattamento dei precedenti episodi per Game Boy Advance.
Il testimone depone
Arriviamo quindi a parlare più nello specifico di quello che è l'oggetto della recensione: Ace Attorney; il gioco consta in cinque casi di difficoltà crescente, i primi quattro presi di peso da quella che era la versione originale e un quinto aggiunto specificatamente per il ds e che sfrutta al meglio le caratteristiche peculiari del pennino.
Il primo caso può essere visto come una sorta di tutorial e presenta, in maniera chiara e molto intuitiva quella che è la struttura del processo, dove possiamo andare a parare mentre contro interroghiamo i teste dell'accusa e quello che è l'unico vero game over del gioco: i punti esclamativi; è possibile vedere questi come una sorta di barra della vita che cala ogni qualvolta facciamo un'obiezione sconclusionata riguarda a qualche dichiarazione: terminati i punti esclamativi il nostro assistito verrà giudicato colpevole e il gioco terminerà chiudendo il sipario sulla nostra avventura.
Va detto che questo limite viene agevolmente superato in virtù della doppia considerazione che da un lato è possibile salvate il gioco in qualsiasi momento, dall'altro la decisa linearità (di cui parleremo dopo) dei casi non ci metterà quasi mai all'angolo, ricordando molto situazioni dove dobbiamo trattenere il respiro per dieci minuti.
Ritornando alla struttura del gioco, gli altri quattro casi presentano un ulteriore livello di gameplay, dedicato alle vere e proprie indagini pre processo, utili per scoprire indizi, testimoni e prove che ci saranno utili nell'aula del tribunale; questa fase si divide fra dialoghi con i protagonisti della vicenda, analisi degli scenari e spostamento da un luogo ad un altro; anche in questo caso la struttura è tendenzialmente vincolata in quanto per proseguire e arrivare al termine delle indagini è sufficiente compiere una serie di azioni (sia nel raccogliere indizi che interrogando i personaggi) strutturate in maniera pressoché lineare, cercando però di non perdere nessun particolare, implicito o esplicito, che ci possa venire in soccorso più avanti.
Nella fase processuale il compito principale sarà quello di scovare la più piccola contraddizione all'interno delle testimonianze dei testimoni (fine gioco di parole...), incalzandoli nei momenti di indecisione o mostrando loro delle prove che in qualche modo possono metterli alle corde e costringerli a dichiarare come effettivamente si sono svolti i fatti; in questa fase di utilità fondamentale risulterà il registro processuale, una sorta di inventario dove sono contenuti tutti le prove del processo e dove spesso sono nascoste le chiavi per un successo in aula.
Nel complesso le due fasi si equilibrano in termini di tempo, anche se la fase in aula risulta personalmente molto più avvincente e in grado contemporaneamente di emozionare e regalare soddisfazioni quando vediamo le testimonianza vacillare o i procuratori cadere nel panico; tutto questo è aiutato sicuramente dalla..
La difesa contro-interroga il testimone
...grafica. Il comparto grafico è preso pari pari da quello del gameboy advance; abbiamo quindi fondali e personaggi in 2d, ma con una pulizia d'immagine notevole, in grado di rendere al massimo l'esperienza anche sul Ds; i personaggi presentano il classico stile giapponese, barcamenandosi tra la serietà richiesta dall'argomento trattato (in fin dei conti si parla sempre di omicidi, manco phoenix fosse la signora Fletcher :D..), e le espressioni tipiche dei manga con i personaggi che strabuzzano gli occhi, lanciano i parrucchini o rimangono basiti a seconda della situazione.
Il numero delle animazioni risulta ridotto, nonostante riesca comunque a rendere in maniera efficace quelle che sono le dinamiche della storia, particolareggiando in maniera gradevole gli strambi testimoni delle vicende; nella fase processuale abbiamo inoltre l'occasione di vedere fisicamente Phoenix, in quanto la fase di indagine si presenta con una visuale in prima persona con schermate statiche, stile myst per intenderci.
Il ds con le sue peculiarità, viene sfruttato in maniera marginale se non nell'ultimo caso; il pennino viene infatti rilegato a un semplice ruolo di esplorazione dei vari menù (risultando però sicuramente più user friendly della navigazione tramite tasti), mentre il microfono può essere utilizzato in aula per urlare "obiezione" nei frangenti dove è possibile farlo (indicati da un'icona a forma di microfono, per la gioia del mondo della fantasia). Nel quinto caso invece avremo la possibilità di sfruttare al meglio le possibilità offerte, usando il microfono per soffiare via la polvere per rilevare le impronte o usando il pennino per esplorare al meglio le prove che via via troveremo.
Dal punto di vista del gameplay vero e proprio, troviamo migliaia di righe di dialogo che portano la longevità complessiva a un buon 20 ore, penalizzate però da una rigiocabilità che si attesta su livelli molto bassi, a causa della linearità dell'intero gioco. Terminata la disamina generale del gioco, quello che manca è...
Il verdetto
Alla fin della fiera la domanda principe a cui dovrebbe rispondere ogni gioco è "diverte?", la risposta in questo caso è un sì con la s maiuscola alta almeno 16 metri; il Ds infatti ha permesso di ritornare ad un genere (le avventure grafiche) in una modalità e con una freschezza che raramente ho visto negli ultimi anni. Qui a farla da padrona è la storia e il modo con cui viene raccontata, i numerosi colpi di scena e l'immedesimazione che Ace Attorney comporta, non fanno altro che rendere questi gioco imperdibile per tutti i possessori del DS e far seriamente propendere all'acquisto della console portatile gli amanti delle avventure grafiche.
Chiaramente non è tutto oro quel che luccica: la storia infatti, seppur nella sua bellezza va via, come già ripetuto più volte, con estrema linearità e a volte, nonostante si abbia intuito da tempo dove le vicende andranno a parare, bisognerà aspettare il momento giusto (a volte devo ammettere, non così chiaro) per piazzare la zampata vincente; uno sfruttamento maggiore del pennino come nell'ultimo caso avrebbe poi dato la lode a tale titolo, ma trattandosi di una conversione dall'advance, quello che c'è è grasso che cola.
Se consideriamo Ace Attorney alla luce dell'impianto che propone è possibile pensare di vederlo come un'involuzione del genere, in quanto alla stregua delle avventure grafiche a schermate fisse stile Inca II o addirittura Myst, propone schermate fisse, un gameplay collaudato e una struttura che si ripete in maniera ciclica; alla luce di una prova su strada però è possibile individuare delle novità che non possono che portare beneficio al genere: la divisione in due sezioni diverse ma complementari porta infatti freschezza e originalità al gameplay, mentre l'utilizzo del pennino, con i vantaggi che ciò comporta, fanno fare un salto deciso in avanti all'immersione e al coinvolgimento nella trama.
Pensando poi alla diffusione del Ds come piattaforma, alla caratteristiche del gioco (incentrate maggiormente verso uno sfruttamento della storia, a discapito di un'attenzione maggiore alla grafica) e al particolare assetto che presenta, Ace Attorney per me risulterà giocabile anche per le generazioni future; riprova della cosa è il fatto che il gioco stesso è stato creato anni fa per un'altra piattaforma riscuotendo lo stesso successo.
Oggi più che un tempo, quello del videogame è un mercato spietato; nuove software houses nascono e altrettante scompaiono, si sfaldano o vengono inglobate in vere e proprie “industrie” del videogame. C'è chi dice che non ci sia più spazio per la “poesia” e vene nostalgiche a parte è vero che molto dello spirito “romantico” dei tempi “pionieristici” del videogame è pressoché scomparso. Oggi è comune leggere un “due” accanto al titolo di un gioco. Ma quando ad accompagnare il titolo è un “tre” la questione inizia a farsi seria, infatti quel particolare numero vuol dire solo una cosa; il brand funziona e conviene battere il ferro finché è caldo. Arrivare ad un numero successivo al “tre” è quasi utopia, è il sogno di ogni software house. “Quattro” vuol dire che non si ha a che fare solo con un prodotto di successo ma si è creato ex nihilo (non sempre) una vera e propria saga che sarà ricordata per sempre, destinata ad entrare di diritto in un ipotetico “Olimpo” del videogame. Quanti arrivano a tanto? Pochi. Quanti lo fanno buttando letteralmente nel sanitario più vicino un modello costruito e affinato negli anni, con il rischio di perdere in un sol colpo appassionati e nuovi potenziali adepti ? Quasi nessuno. Tranne il team di Osaka.
Se incontri un Buddha, uccidilo...
Un virus micidiale, una casa farmaceutica senza scrupoli, corpi speciali in difesa della popolazione e un agente alle prime armi. Il virus trasforma una città qualsiasi in un enorme esperimento biotecnologico. I problemi aumentano e ormai è impossibile nascondere il fattaccio. In tipico stile americano, la cittadina viene distrutta per evitare problemi in futuro. La casa farmaceutica se la passa male e chiude i battenti. E poi? Non è dato saperlo. Resident Evil 4 compie un taglio netto con il passato.
O si fa la Storia o...
Le vicende di Resident Evil 4 infatti, pur presentando come protagonista Leon Kennedy, vecchia conoscenza apparsa nel secondo episodio, non ha più molto a che vedere con i precedenti capitoli. Leon è sempre un agente ma questa volta la sua missione è chiara sin dall'inizio: salvare e proteggere la figlioletta del presidente degli Stati Uniti, rapita da un'organizzazione non meglio identificata e trasportata in Europa in uno sperduto paesino spagnolo. Apparentemente il Nostro non avrà più a che fare né con pericolosi virus tanto meno con affamati zombie o altre creaturine figlie di una tecnologia avanzata al servizio delle persone sbagliate. Una missione semplice semplice, in un villaggio abitato da contadini, dediti all'agricoltura e all'allevamento, pronti ad aiutare il nostro eroe. Almeno apparentemente. In realtà le cose andranno diversamente. Ben presto i tranquilli contadini iberici dimostreranno la loro vera natura. Esseri umani spinti da qualcosa (o qualcuno) che li porterà inevitabilmente ad assaporare un freddo pasto composto da piombo ed esplosivi di vario genere. Leon si ritroverà dunque ad avere a che fare, almeno in un primo momento, con un nemico molto più agguerrito di uno zombie lento e goffo nei movimenti. E' questo probabilmente il primo elemento che rivoluziona l'intera saga. Umani inferociti guidati da un'ingiustificato desiderio di vedervi steso a terra una volta per sempre, armati di forcone, falci, dinamite o seghe elettriche, pronte a far saltare la testa del povero agente come il tappo di una bottiglia di champagne. Nemici a parte, ciò che però salta subito all'occhio è l'incredibile originalità dell'universo nel quale Leon verrà catapultato. Addio scenari prerenderizzati, buon viaggio inquadrature fisse; in Resident Evil 4 Leon potrà muoversi liberamente nelle tre dimensioni. Una telecamera posta alle spalle del protagonista lo accompagnerà nella sua missione. Una scelta “rivoluzionaria” per la saga horror targata CapCom.
Freeze! I said Freeze!!
Una grafica completamente 3D in grado di non far rimpiangere affatto gli ottimi scenari prerenderizzati. Un'opera maestosa che rasenta il sublime; un titolo che spreme come un limone la console Nintendo. Sarete proiettati in un mondo ostile nel quale il pericolo potrà arrivare davvero da ogni direzione. Nei precedenti capitoli, la presenza di un'inquadratura fissa, permetteva al giocatore non solo di immergersi in un'atmosfera di tensione senza pari, ma anche di inquadrare il nemico subito. Immaginate di trovarvi al centro di una stanza. La telecamera riesce ad inquadrarla quasi tutta. Uno zombie è alle vostre spalle, lo vedete, vi voltate e lo spedite all'inferno. A conti fatti questa pratica era la norma nella saga di Resident Evil; eppure allo stesso tempo donava al gioco “poco realismo” perché di fatto il personaggio non avrebbe potuto vedere il nemico alle sue spalle. In questo quarto capitolo tutto ciò è sparito. Potrete vedere solo ciò che Leon può osservare. Gli occhi sulla schiena lasciateli alle mutazioni dei vari boss presenti nel gioco. State percorrendo un sentiero, è notte fonda, il rumore dei vostri passi vi tiene compagnia; all'improvviso un brivido lungo la schiena vi avverte che qualcosa di terribile sta per abbattersi su di voi. Vi fermate e sentite nuovamente il rumore di terra calpestata ma davanti a voi solo l'oscurità; con uno scatto repentino vi voltate appena in tempo per scorgere un corteo di nemici armati di fiaccole e di intenzioni poco amichevoli. Con la vostra fida arma d'ordinanza iniziate a riempirli di piombo ma costoro anziché retrocedere iniziano a corrervi contro costringendovi a riparare più in là nel sentiero, nella speranza di trovare una capanna dentro la quale nascondervi. La fortuna è dalla vostra parte, trovate un'abitazione, entrate al suo interno, barricate l'entrata principale con una panca e vi fermate un istante per riprendere fiato, sicuri di poter pensare ad una strategia migliore per difendervi dai nemici che nel frattempo si fanno sempre più numerosi. All'improvviso un rumore di vetri rotti. Salite trafelati le traballanti scale di legno e davanti a voi una schiera di nemici intenti ad entrare nell'abitazione. Pensavate di essere al sicuro? Illusi. Hanno preso una scala e sono entrati dalla finestra. In preda al panico tornate al piano inferiore appena in tempo per osservare un gruppo di bifolchi iberici intenti a sfondare la porta da voi barricata. All'improvviso un uomo armato di motosega e con un sacchetto del pane in testa sfonda le protezioni e si avventa su di voi. Non ci sono vie di fuga, siete circondati. Non ci sono porte che tengano, solo voi, le vostre gambe e la vostra arma.
E' vero, questa volta al posto di uno striminzito inventario avrete a disposizione una valigetta in grado di contenere numerosi oggetti e quindi più tipi di armi e munizioni. Quest' ultime poi si trovano in gran quantità un po' ovunque. Dimenticate i continui pellegrinaggi verso la cassa più vicina per depositare gli oggetti in eccesso. Non dispone di “blocchi infiniti” ma è sufficientemente spazioso per contenere due o più armi, munizioni e power-up in grado di guarire qualsiasi ferita.
Il mondo si divide in due, chi ha la pistola...
Nei precedenti capitoli le munizioni vi venivano elargite con il contagocce. Qui riuscirete a trovarle un po' ovunque, anche come bonus per aver ucciso un nemico, in tipico stile “action game”. Già, ma Resident Evil è un survival horror, non un gioco di azione pura. Resident Evil 4 ha più sessioni di azione e splatter di quanto si sia mai visto in tutti i capitoli messi insieme. Se precedentemente il fattore “survival” era offerto proprio dalle munizioni limitate, qui il team di Osaka ha deciso di sorprenderci tutti. Il rischio di trasformare il gioco in uno sparatutto ben realizzato ma poco vicino allo stile tipico della saga era una realtà tangibile. Nonostante tale pericolo e nonostante a conti fatti vi ritroverete a sparare per un buon 90% del tempo, l'aspetto “survival” ne esce quasi del tutto intatto. Non più lo stesso, ma comunque presente proprio grazie al numero di nemici che vi attaccherà contemporaneamente e alle loro abilità. Non più lenti ed inutili zombie, pericolosi solo in gruppo. Qui i nemici vi attaccheranno in qualsiasi momento, senza sosta. Non esistono oasi di pace. Sarete costretti a farli fuori tutti e quando saranno in troppi a fuggire e a cercare riparo altrove. Riparo effimero il più delle volte perché i nemici hanno abilità diverse dagli zombie. Avete trovato riparo in una casa? Se ci siete entrati voi, potranno farlo anche loro. Avete chiuso una porta, sicuri che nessun nemico potrà aprirla? Sbagliato. Se lo avete fatto voi, potranno farlo anche i vostri nemici. La tensione che si respira percorrendo i sentieri o i gli oscuri corridoi che compongono il gioco non è la stessa provata in passato ma vi terrà ugualmente incollati alla sedia, soffocati in un respiro mantenuto per troppo tempo sospeso. Tutto può accadere e in qualsiasi momento. Non sarete mai davvero al sicuro e non basteranno tutte le munizioni di questo mondo, credetemi.. E' questo l'elemento che in un certo senso porta alla saga una ventata d'aria fresca. Leon inoltre potrà sì colpire i nemici ma allo stesso tempo non potrà farlo correndo, né potrà spostarsi lateralmente; l'unica speranza risiede dunque nello sparare con le spalle al muro, sempre che qualcuno non si stesse nascondendo dall'altra parte...
Come ti scompongo il nemico...
Leon impugna l'arma e prende la mira. Finalmente. Niente più colpi a caso o mira automatica. Ora sarete voi a decidere dove sparare, aiutandovi con il mirino laser. Un colpo in testa con un'arma abbastanza potente significa eliminare la minaccia nemica immediatamente. Un colpo sotto il ginocchio mentre corre verso di voi e vedrete il nemico cadere rovinosamente a terra, come se avesse inciampato. Un colpo alla coscia e cadrà dolorante in ginocchio, pronto a rialzarsi o a subire la vostra “benedizione” tramite un colpo ravvicinato alla testa. Il nemico reagisce in maniera diversa a seconda della zona colpita. Magnifico. Oltre alla vostra pistola, durante il gioco potrete trovare altre armi e per ogni tipo di arma diverse “varianti” di esse. Si passa così dai fucili come la doppietta a fucili di precisione, passando per granate di diverso tipo fino ad arrivare a pistole magnum e devastanti lanciarazzi a colpo singolo.
Ho bisogno di un'arma. Ma già che ci sono...
Trovare le armi in giro è normale. Ma a differenza dei precedenti capitoli, non sarà il modo più efficace. Durante il percorso troverete infatti dei curiosi esseri, dei mercanti desiderosi di scambiare le vostre peseta raccolte dai nemici morti o dopo aver distrutto altri oggetti, con armi e potenziamenti per queste ultime. Le armi sono quindi potenziabili attraverso l'aggiornamento della potenza di fuoco, la velocità di ricarica e altri parametri. Non dimenticate inoltre che qui non è più possibile ricaricare tramite l'inventario; potrete solo ricaricare durante il gioco, con tutti i rischi che ne conseguono. Durante l'avventura si intervalleranno diversi tipi di nemici; inutile sottolineare che i più “stimolanti” saranno proprio i boss, la cui distruzione dipende in primis dalla vostra capacità di scovarne i punti deboli. Alcuni di essi sono talmente ben realizzati che in più di un'occasione finirete per ricaricare dall'ultimo checkpoint pur di riprovare la soddisfazione di farli fuori, ancora una volta.
Seconda strada a destra...
Croce e delizia di tutti i videogiocatori. La mappa del gioco! Anche questo capitolo non fa eccezione, di conseguenza potrete, nel corso del gioco, consultare in qualsiasi momento la mappa della vostra zona, nella quale potrete identificare oltre alle stanze e alle porte, anche la posizione dei sopraccitati mercanti e delle macchine da scrivere. Già, perché se da una parte non potrete più lasciare i vostri oggetti nelle casse come già osservato in RE0, dall'altra sarete ancora costretti a dover trovare una macchina da scrivere per poter salvare. Non preoccupatevi, qui non ci sono più “ink ribbon” da raccogliere e, di tanto in tanto in caso di morte, potrete continuare dall'ultimo check-point in modo da non dover ricaricare tutta la partita.
Hollywood is here
Il paragone tra la saga di RE i più famosi film horror era scontato. Troppi elementi in comune perché potesse essere evitato. RE4 da questo punto di vista è quanto di più vicino ad un film interattivo, nel senso buono del termine. Sequenze cinematografiche, migliore caratterizzazione dei personaggi e una maggiore dose di azione, permettono al gioco di godere di un più elevato livello di spettacolarità, offrendo al giocatore un maggiore coinvolgimento. Un linguaggio adulto e situazioni un po' stereotipate però finiscono a volte per far storcere il naso; fortunatamente questo non è un film ma un videogame e certe cadute di stile o forzature finiscono per cadere in secondo piano. Leon è molto più “yankee” ma anche più “umano” nonostante alla fine si troverà ad indossare in più di un'occasione l'abito del “rambo” di turno. Nonostante non sia più possibile finire il gioco in poche ore, RE4 si lascia giocare “tutto d'un fiato”. Cosa sarebbe stato Star Wars senza effetti speciali all'avanguardia? RE4 in questo senso mette davvero d'accordo tutti. Grafica mai vista prima e una cura per i dettagli e per gli effetti particellari che rasenta il maniacale. Nulla è lasciato al caso, tranne forse qualche texture che appare un po' fuori tono ma è difficile non attribuire la causa ai limiti della macchina Nintendo.
The longest journey
Tanta azione intervallata dai soliti enigmi già visti e a cui tutti i fan della saga sono ormai abituati. Enigmi a dire il vero banali e che servono più “da contorno”. Non che in precedenza fossero meglio realizzati ma qui sono decisamente in numero minore. Si tratta per lo più di abbassare leve, trovare chiavi e raccogliere frammenti di oggetti in modo da poter attivare un qualche meccanismo. Qualche elemento di logica elementare ma niente che possa essere paragonato agli enigmi tipici di altri generi, avventure grafiche “punta e clicca” in primis.
Non è tutto oro ciò che si raccoglie
Così descritto, Resident Evil 4 potrebbe apparire come un capolavoro senza pari ed esente da difetti; in effetti nelle prime battute di gioco sembrerebbe così. Purtroppo il gioco è condito di diversi elementi che hanno fatto storcere il naso non solo ai fan, delusi dalla rivoluzione totale portata da CapCom, ma anche ai nuovi giocatori. Innanzitutto i controlli non sono perfetti. Leon finalmente non è più il legnoso burattino che per percorrere un corridoio si vedeva costretto ad eseguire curiose evoluzioni, impugnando l'arma come un rabdomante. E' agile, salta dalle finestre, si ripara dai nemici grazie alla presenza dei QTE disseminati un po' ovunque nel gioco in uno stile che ricorda vagamente Shenmue ma allo stesso tempo non può compiere alcune azioni elementari. Non può spostarsi lateralmente (strafe) e non può abbassarsi secondo il volere del giocatore. Non può sparare mentre corre o cammina. Tali scelte, opinabili in effetti, sono state giustificate dal team di Osaka come “dovute” per evitare che Resident Evil potesse essere etichettato come l'ennesimo sparatutto e Leon scambiato per il Dante della situazione. La presenza poi del mercante lascia perplessi, un po' come accadeva in passato con la “cassa” in grado di teletrasportare gli oggetti.. E' utile e interessante ma allo stesso tempo spezza il ritmo del gioco e fa perdere atmosfera al titolo. Cosa ci fa lì e soprattutto chi l'ha mandato? E' un' enigma che resterà irrisolto. Il gioco dispone di aree da percorrere con il cuore in gola, alternate però a zone di una piattezza disarmante o comunque poco evocative, inserite più per garantire al giocatore galvanizzanti sparatorie con il nemico che per sostenere la trama. Ci sono infine delle scelte discutibili nella caratterizzazione di alcuni personaggi che in un centro senso sembrano essere caduti nel gioco quasi per sbaglio...
Los Illuminados nel weekend
Si è già accennato in precedenza al fattore longevità. Giocandolo per bene senza fretta non sarà possibile completarlo prima di una ventina di ore. Ma RE4 è un incubo duro a morire e anche dopo averlo portato a termine avrete a che fare con delle “sorprese” in grado di prolungare la durata del gioco. Quali sorprese preferiscono non svelarlo ma potete stare sicuri che questa volta non sono solo semplici armi o vestitini...
L'ago della bilancia
Ci avevano promesso una rivoluzione e c'è stata, su questo non c'è nulla da dire. Resident Evil non è più come abbiamo imparato a conoscerlo e ad apprezzarlo nel corso degli anni. Tanta azione, una buona dose di tensione e un apparato tecnico mai visto su GameCube. Una struttura completamente rinnovata ma ancora da affinare e c'è da scommettere che i prossimi episodi riusciranno a smussare tutte le imperfezioni tipiche di un gioco “nuovo” come è Resident Evil 4. Nuovo davvero perché nonostante il protagonista e alcuni elementi tipici della saga, non è più possibile parlare di un “upgrade” dall' ultimo episodio, come era accaduto in passato. CapCom ha voluto sperimentare un nuovo stile di gioco ed è riuscita al primo colpo a mettere d'accordo quasi tutti. Quasi, perché i fan di vecchia data non sono certo rimasti completamente soddisfatti dalla metamorfosi operata dal team nipponico. Avrebbero preferito una struttura di gioco più simile a quella che aveva contraddistinto l'intera saga ma alla CapCom devono essersi fatti due conti concludendo che non era possibile proseguire per la strada tracciata sin dall'epoca delle console a 32bit. Probabilmente il brand rischiava di perdere troppo pubblico per strada e la scelta di cambiare radicalmente è stata quasi obbligata. Difficilmente un cambiamento quasi totale è indolore ed era inevitabile che qualcuno sarebbe rimasto insoddisfatto della scelta. RE4 però dimostra di essere un gran gioco, probabilmente dopo il primo episodio, il migliore della saga anche considerando che quando CapCom ha provato ad inventare qualcosa di nuovo sfruttando il brand di Biohazard è riuscita a partorire aborti videoludici del calibro di Gun Survivor. Non è un titolo privo di difetti e se escludiamo alcune scelte opinabili e chiudiamo un occhio su qualche microscopico difetto di “gioventù”, potremo finalmente goderci l'ultima fatica targata CapCom.
Lo ricorderemo per...
...per essere stato il vero “rebirth” della saga. Lo ricorderemo per l'ottimo comparto tecnico e per il coraggio di aver rotto (quasi) tutti i ponti con il passato. Con tutta probabilità lo ricorderemo soprattutto per essere il miglior gioco per Gamecube non sviluppato da Nintendo.
In breve...
RE4 ha perso parte del suo potenziale horror in favore di una maggiore e migliore giocabilità. Il sistema di controllo è nettamente migliorato, l'intero comparto tecnico è stato riscritto da zero e il risultato è impressionante. C'è molta più azione, più splatter e in generale c'è molto più da giocare, si ha la sensazione che il giocatore finalmente abbia un maggiore controllo sulla situazione. Se titoli quali Silent Hill o Fatal Frame (Project Zero) puntano maggiormente a supportare la componente “survival” attraverso la fragilità intrinseca dei protagonisti e la scarsità di risorse a disposizione di questi ultimi, RE4 enfatizza il fattore “tensione” iniettando nelle vene del giocatore il virus dell'insicurezza, proiettandolo in un universo dove nulla è davvero sicuro, dove il pericolo lo circonda a 360° costringendolo ad una disperata fuga non già da un'entità misteriosa ma da un pericolo concreto che si mostra in tutta la sua maestosità sin dalle prime battute di gioco e che ciò nonostante, riesce a sorprendere fino alla fine. In un certo senso, è proprio questo quarto capitolo a ricordare le atmosfere tipiche dei film horror targati Romero dove a far “paura” non è il mistero che si cela dietro al nemico, ma la sua potenza, la quantità numerica e “l'intelligenza umana” che lo rende allo stesso tempo vulnerabile ma anche tremendamente “astuto”...
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Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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