Dark Leo, 10 anni di retro-indie

Questa volta INDIEtro Tutta regala agli utenti una intervista davvero interessante e realizzata dal nostro immenso AprilSkies. Il protagonista sarà un prolifico game designer italiano che da tanti anni ormai delizia i videogiocatori con prodotti amatoriali dal forte sapore retrò e ispirati ai grandi "platform" storici del passato. E' con grande piacere che vi presentiamo questa bella chiacchierata con Dark Leo che spazierà dal mondo dei retrogame fino ad arrivare alla scena amatoriale moderna. Buona lettura!

AprilSkies: Ciao DarkLeo. Grazie per aver accettato il nostro invito. Per chi ama i retro-games ed in particolare i platforms "pixelosi" ispirati ai cari vecchi giochi a 8 e 16 bit non può non essersi imbattuto nel tuo ormai celebre marchio "Lionsoft Videogames". Giocando ai tuoi giochi sembra di essere davanti ad un Amiga 500 o ad un bel Super Nintendo, quindi, prima ancora di chiederti del game-making, domanda a bruciapelo dettata dalla nostra curiosità: Qual è il tuo background videoludico? Parlaci dei giochi con cui sei cresciuto, dei tuoi giochi preferiti, delle consolle e dei personal computer che hai utilizzato.

Dark Leo: Beh, ho iniziato a videogiocare più o meno alle elementari quando ho conosciuto un ragazzino che possedeva il Master System (a quei tempi non era così scontato possedere una console... che vecchiardo che sono!) e così, tra una partitella a calcio e un giro in bici, ci si ritrovava spesso a casa sua per passare qualche mezz'oretta in allegria davanti alla tv (dire "qualche ora" sarebbe esagerato perché a quei tempi stare davanti ai videogiochi per più di mezz'ora era considerata un'eresia per i genitori che puntualmente si materializzavano sul più bello minacciando di staccare la corrente o nasconderci i pad... [ride]).  Ricordo che quando ci si riuniva tra amici, i giochi che andavano per la maggiore erano i mitici picchiaduro a scorrimento tipo Double Dragon o Golden Axe (che giocavamo alternandoci nei vari livelli).

Dopo qualche anno arrivò anche per me il momento di avere una console tutta mia: inutile dire che la scelta ricadde sul Sega Master System per un semplice motivo: tutte le persone che conoscevo e possedevano una console avevano quella e a quei tempi l'unico modo per giocare sul serio era scambiarsi i giochi, quindi la scelta fu obbligata ma decisamente vincente viste le splendide ore passate in compagnia di giochi a mio avviso meravigliosi come Wonder Boy (tutti e 4, Dragon's Trap il mio preferito), Alex Kidd, Sonic, Golden Axe, Double Dragon, Shinobi, i vari giochi della Disney tipo Castle (e Land) of Illusion e The Lucky Dime Caper, poi Asterix (il primo, il secondo non mi è piaciuto), Alien Storm, Space Harrier (questi quelli di cui conservo i ricordi più piacevoli).

I miei giochi preferiti però sono sempre stati i platform anche perché a quei tempi questo genere copriva almeno il 70% della softeca del Master Sysytem. Qualche anno dopo arrivò anche il Game Gear (usato pochissimo), poi il Mega Drive (che ha consacrato il mio amore per Sonic), il Saturn (console sfortunata ma con dei picchiaduro spettacolari), quindi l'inevitabile Playstation, il Dreamcast (la mia console casalinga preferita di sempre, grazie a giochi del calibro di Shenmue 1 e 2, Sonic Adventure 1 e 2, Soul Calibur, Crazy Taxi, Virtua Tennis e una sfilza di altre meraviglie) passando per il Game Boy Color (la mia prima console Nintendo), Playstation 2 (usata pochissimo, poi venduta), Gamecube, Game Boy Advance (quante ore passate in compagnia di Harvest Moon, Zelda, Sonic, Klonoa, Wario Ware...), DS (una console che reputo rivoluzionaria), PSP, Wii, ed ora Xbox 360, Wii U e 3DS. I

Insomma... me ne sono godute parrecchie di console! Per quanto riguarda i PC invece... beh, non hanno mai esercitato un grande fascino su di me; l'unico gioco che mi ha preso è stato il preistorico Sim City 2000 che un amico mi passò su diversi floppy disk. La cosa che mi dispiace è che ora, nonostante ci sia veramente tanto da giocare, il tempo per farlo si è drasticamente ridotto "causa" lavoro e impegni vari ed ho un po' perso di vista il mondo videoludico: riesco infatti a giocare pochissimo rispetto ai tempi del Dreamcast o del Gamecube quindi ogni nuovo gioco mi dura settimane se non mesi... sob! I videogiochi ad ogni modo rimangono ancora in cima alle mie passioni.

 

A: Veniamo subito al game-making, Com'è nata questa tua passione? Raccontaci dei tuoi esordi, di come e perché hai iniziato questa tua attività di creatore di videogiochi, che ti ha portato ad essere uno dei più prolifici in Italia.

DL: E' passato parecchio tempo... parliamo del 2002! Sin da piccolo ho sempre desiderato poter realizzare un gioco tutto mio ma, fino a quel fatidico giorno del 2002 in cui scoprii Game Maker, era solo un'utopia. Il primo gioco che realizzai (chiamiamolo "gioco zero" poiché non ebbi mai il coraggio di pubblicarlo) era un platform a schermata fissa ricavato da un esempio presente nel pacchetto Game Maker (allora alla versione 1.0): era un ammasso di bug e glitch quindi ingiocabile e l'unica cosa forse positiva era la grafica (agghiacciante) realizzata interamente da me con paint [ride]. Mi è servito però come palestra per iniziare a capire come "ragionava" Game Maker. Dopo aver scartato questo progetto (nonostante avessi realizzato parecchi livelli ed anche il finale) mi misi a lavorare al mio primo vero gioco: Sonic The Chaos is Back che è praticamente la versione alpha di Sonic Evolution. Ricordo che, nonostate la sua estrema difficoltà e l'impossibilità di salvare i progressi, ricevette delle critiche positive quando lo pubblicai sulle varie community. Questo successo insperato mi spronò a realizzare nuovi giochi e così arrivarono Chao World, Chao World 2, eccetera eccetera...

A: I tuoi giochi sono fortemente ispirati ai vecchi platforms in 2D; in particolare, la prima cosa che balza all'occhio è la grafica, decisamente nostalgica e bella "pixelosa". Altra cosa che balza all'occhio è la grande quantità di produzioni, tutte perfettamente in linea con quella che sembra essere la tua filosofia di game-maker. Sei uno "fedele alla linea" insomma. Non hai mai avuto la tentazione di fare qualcosa di diverso?

DL: Vi ringrazio per i complimenti ma devo specificare che gran parte delle grafiche che utilizzo nei miei giochi è "rippata" da famosi giochi ad 8 e 16 bit (spesso adattata "a mano" per fondersi meglio tra i vari stili). Effettivamente realizzare dei mondi con grafiche prese da diversi giochi (quindi con diversi stili) che abbiano un aspetto coerente è difficile perché raramente si riesce a realizzare esattamente ciò che si ha in mente, anche se la fatica che c'è dietro non è minimamente paragonabile a quella di realizzare la grafica da zero. Io purtroppo non sono bravo a disegnare e, pur avendoci provato diverse volte, non sono mai riuscito a creare una grafica originale che non mi facesse schifo [ride]. Quando mi parlate di "fedeltà alla linea" mi costringete a tirar fuori qualche scheletro dall'armadio: dovete sapere che mi piace sperimentare ed ho provato (e lo faccio tuttora) parecchie volte a realizzare cose lontane dal mio stile ma, dopo aver buttato giù diversi motori di gioco, mi ritrovavo sempre a dire: Questo gioco non è divertente! E così finisce mestamente nella cartella "Varie", nella speranza che un giorno mi verrà l'intuizione giusta per riprenderlo in mano e realizzare qualcosa di decente. Vi dirò che i progetti temporaneamente abbandonati sono parecchi... alcuni anche a livelli avanzati di sviluppo... Magari un giorno chissà... Se mi parlate di realizzare qualcosa di diverso in termini di genere, beh, ci ho già provato con Puzzle Adventure (che ho realizzato insieme ad un amico) e Colors Invaders... Il mio genere di punta rimane però sempre il platform: che ci posso fare? [ride]

A: La qualità dei tuoi giochi è indubbiamente elevata, te lo diciamo da retro-gamer con qualche annetto di gioco alle spalle, quindi la domanda è d'obbligo: parlaci del tool che usi per crearli. Come hai anticipato si tratta di "Game-Maker" della Yo-Yo-Games. Come mai hai scelto questa engine? Quali sono i suoi pregi ed i suoi difetti?

DL: Si, utilizzo Game Maker sin dall'inizio (quando ancora era di Mark Overmars) e non ho mai sentito la necessità di imparare ad usare un nuovo tool poichè GM riesce a soddisfare le mie necessità.  Come detto precedentemente, Game Maker l'ho scoperto nel 2002 e, a quei tempi, non è che i tools per fare videogiochi proliferassero, quindi è stata più o meno una scelta "obbligata". Come ripeto però mi trovo bene: le ultime release poi facilitano molti processi particolarmente ostici all'inizio. Pregi e difetti? Beh, un pregio non da poco è la possibilità di realizzare un gioco interamente con i comandi drag & drop (Sonic Origins 1 è stato realizzato interamente in questo modo) quindi senza conoscere linguaggi di programmazione; inoltre è possibile espanderlo con delle librerie esterne che rendono ancora più semplice la programmazione. Se poi si impara ad usarlo al massimo delle sue possibilità si possono realizzare dei giochi veramente sofisticati (non è naturalmente il mio caso). Difetti... beh, qualcuno ce l'avrà di sicuro ma così a freddo non me ne vengono in mente... magari quando riprenderò a programmare vi farò sapere. [ride]

A: Scendiamo solo per un attimo nel tecnicismo (per poi uscirne immediatamente e riprendere l'intervista su argomenti più interessanti per i lettori): attualmente utilizzi le funzioni e le meccaniche pre-assemblate di game-maker (i già citati comandi drag&drop) oppure scripti da zero? Oppure hai un approccio "misto"?

DL: Direi decisamente che utilizzo un approccio misto ma tendente al drag & drop (diciamo 80% drag & drop e 20% script).

A: Non sei mai stato tentato dal motore grafico 3D che in game-Maker sembra essere piuttosto buono?

DL: Più che altro non sono mai stato tentato di realizzare un gioco in 3d pur conoscendo le potenzialià del programma in questo ambito. Non escludo che potrei provarci però e state tranquilli che, se lo farò, quasi sicuramente sarà un platform! [ride].

A: Riportiamo l'intervista su temi più leggeri. Qual è il miglior gioco che hai creato, quello che ti convince di più, quello che ti piace di più?

DL: Mmm... bella domanda. Tra quelli che mi è piaciuto di più programmare c'è sicuramente Lizardmen (2006) perché in quel periodo cominciavo a farmi capire da Game Maker e a fargli fare quello che avevo in mente. Lizardmen poi ha delle caratteristiche molto simili alla saga di Wonder Boy (che adoro), come la possibilità di tornare a visitare livelli già completati con gli altri personaggi (che possiedono abilità differenti) per scovare nuovi percorsi e visitare sezioni di livello prima precluse. Poi c'è Rumble (2010) che mi sono divertito moltissimo a realizzare e che reputo uno dei miei giochi più riusciti grazie, anche qui, alla possibilità di rivisitare i livelli per raggiungere nuove location attravero i power up acquisiti durante l'avventura. Qui ho anche sperimentato alcune tecniche di programmazione che mi hanno davvero reso orgoglioso. Come non citare poi Sonic Origins 2: non avrei mai pensato, all'inizio della programmazione, di riuscire a realizzare un gioco degno del predecessore ed invece sono rimasto davvero soddisfatto! Sono particolarmente orgoglioso del level design e della varietà di meccaniche che sono riuscito ad implementare (come il carrello nella miniera, il deltaplano, ecc... tutte cose già viste in altri giochi professionali per carità, ma realizzarle da se fa un certo effetto!). E' stata una bella sfida: è sempre difficile realizzare un fan game poiché chi ci gioca si aspetta, giustamente, che possieda tutte le caratteristiche e qualità che gli hanno fatto amare l'originale. Sonic Origins 2 è piaciuto molto ai giocatori ed è uno dei miei titoli più scaricati; ne sono davvero contento. Restando in tema "ricci blu" una piccola menzione la voglio fare anche a Sonic & Knuckles Double Panic che, nonostante sia uno dei miei giochi meno apprezzati, ha richiesto una lunga gestazione, poiché mi sono davvero sbizzarrito a curare in maniera quasi maniacale i particolari; ho anche inserito un sacco di materiale extra (bonus stage, missioni, galleria di carte, segreti, finali alternativi...) che, probabilmente, quasi nessuno avrà "scoperto". Vorrei, infine, citare Milo Applequest (2009) che offre una sana azione arcade con tanti livelli ad obiettivi differenti (del tipo "raggiungi il traguardo nel tempo dato" oppure "non raccogliere le mele" eccetera...).

DL:Un po' tutti però hanno qualcosa di speciale per me, altrimenti non li avrei pubblicati, come quelli finiti nella cartella "Varie" [vedi domanda numero 3 - nota di AprilSkies] quindi è davvero difficile stilare una vera e propria classifica...

A: E il peggiore? Qual è il gioco che ti convince meno e perché?

DL: Come detto più volte nel corso dell'intervista se un gioco non mi convince non lo pubblico... se proprio dovessi scegliere direi Sonic Evolution (con tutte le attenuanti del caso visto che è il mio primo gioco) perché è veramente frustrante giocarci (e non si può neppure salvare) e Christmas Cheese che realizzai in fretta e furia in una settimana (ma giusto per fare un regalo di Natale agli iscritti alla Newsletter del sito - decisi solo in seguito di pubblicarlo ufficialmente).

 

A: Parliamo del tuo futuro di Game-Maker. Cosa hai in programma per il breve termine e per il lungo termine? Cosa ti piacerebbe fare che non hai ancora fatto?

Mmm... è difficile rispondere a questa domanda perché in mente ho diverse idee, ma finché non assumono una forma "concreta" non mi metto su a lavorarci. Mi piacerebbe realizzare dei seguiti di alcuni miei giochi (come Lizardmen e Milo Applequest), ma anche provare a fare qualcosa di nuovo, come uno sparatutto con navicelle stile arcade con tanti suoni ed effetti stordenti, ma ogni volta che abbozzo qualcosa la abbandono perché non mi convince qualche aspetto... chissà se imboccherò mai la strada giusta. Inoltre mi piacerebbe realizzare un adventure in stile Zelda con elementi platform: avevo anche abbozzato un motore un paio d'anni fa che è andato perduto insieme a tanto altro materiale quando l'hard disk del mio portatile decise di abbandonarmi di punto in bianco... sob! Insomma, per il momento le idee non mi mancano, anche se sarà difficile riuscire a partorire qualcosa di davvero originale in quanto i miei giochi sono particolarmente ispirati all'era 8-16 bit, quindi molto classici... tuttavia non si può mai dire. I

A: tuoi giochi, come dicevamo, sono di ottima qualità. Per la fortuna dei giocatori italiani e non, sono tutti disponibili gratuitamente in download. Hai mai pensato di passare al "lato commerciale" della Forza? Cioè, sei mai stato lusingato dall'idea di realizzare, presto o tardi, un gioco commerciale e iniziare a guadagnare dalla tua passione?

DL: Mi piacerebbe. E molto. Dovrei prima però frequentare dei corsi di disegno e programmazione avanzata e il tempo è quello che è. Oggi penso che sia più facile entrare in questo business, grazie alle piattaforme mobile. Si, ammetto che mi piacerebbe fare della mia passione un lavoro a tempo pieno, anche perché il mio lavoro "vero" non è per nulla interessante ma me lo tengo stretto visti i tempi che corrono!

A: Ultimamente nello sviluppo del mercato Indie sono stati importantissimi i sistemi di crowdfunding, come ad esempio Kickstarter o IndieGoGo. Cosa ne pensi? Hai mai valutato la possibilità di utilizzarli per una tua produzione?

DL: Penso siano degli ottimi strumenti per far emergere nuovi talenti ma penso anche siano più adatti a finanziare progetti più ambiziosi del classico giochino per smartphone al quale potrei arrivare a puntare io.

A: L'industria del videogame "mainstream" sembra inarrivabile visti gli elevatissimi budget a disposizione, eppure i viedogiochi indipendenti sembrano crescere a dismisura, diventando spesso protagonisti. E' un po' come se si stesse assistendo, per fare una metafora e un parallelismo musicale, alla rivoluzione punk-rock del 1977. Cosa ne pensi? Ti va di azzardare un'analisi dell'attuale mercato videoludico indie e non?

DL: Cercando di non risultare troppo di parte posso solo dirti che, a mio avviso, spesso i giochi indie hanno molto più da dire rispetto alle mega produzioni di cui siamo sommersi. Per farla breve mi capita frequentemente di perdermi per ore dietro ad un gioco minimale, ma di grande intensità, piuttosto che ad un gioco con grafica stordente e sceneggiature degne di Hollywood: alla fine sono cresciuto divertendomi con una manciata di pixel e non ho grandi pretese per quanto concerne l'aspetto tecnico. Per me conta la passione che si mette nel realizzare i propri giochi e nei giochi moderni ne vedo sempre di meno.

A: Per concludere ci piacerebbe avere un tuo sguardo sul panorama indipendente e del game-making amatoriale italiano. Noi abbiamo l'impressione che, negli ultimi anni, molte cose si stiano muovendo. Che impressione hai?

DL:Sono assolutamente d'accordo. Ci sono tanti talenti italiani che potrebbero emergere in questo settore e penso proprio che la nostra "Italian Passion" potrebbe far cambiare qualcosa in questa industria ormai super inflazionata da mega produzioni americane e giapponesi senz'anima (con questo non voglio generalizzare: per fortuna ci sono anche dei giochi stupendi). Anche noi italiani siamo gente talentuosa, non dimentichiamocelo! Se solo la nostra società desse più incentivi per lo sviluppo di questo settore...

A: Darkleo, grazie della pazienza, grazie per aver risposto alle nostre tediosissime domande e sopratutto grazie per aver condiviso con noi le tue idee.

DL: A presto! Grazie a voi, è stato un piacere!

Discutiamone insieme nell'OGI Forum

Project Unity: la console per oldgamers

Project Unity è il nome di un ambizioso progetto dell'appassionato di retrogaming inglese Bacteria.

Costato tre anni (circa 3500 ore) di lavoro e un investimento di 700£, è praticamente una console unica con al suo interno l’hardware originale (nessuna emulazione o clonazione) di ben 15 sistemi differenti, cioè:

  • Amstrad GX4000
  • Atari 7800
  • ColecoVision
  • Gameboy Advance
  • Intellivision
  • NeoGeo MVS
  • Nintendo 64
  • Nintendo Entertainment System
  • Nintendo GameCube
  • PlayStation 2
  • Sega Dreamcast
  • Sega Master System
  • Sega Megadrive
  • Sega Saturn
  • Super Nintendo

Certo mancano all'appello nomi illustri come Atari 2600 e Vectrex, ma la cosa incredibile è che si presenta proprio come una unica (grande e pesante) console, con un unico alimentatore, unica uscita video SCART ed un unico master-controller universale appositamente costruito per essere utilizzato con tutti i tipi di giochi.

Non credo sarà mai messo in commercio visto la sua natura, però resta sempre un progetto geniale, il sogno di molti retrogamer!

Nel video potrete vedere tutti i particolari di questa console, mentre vi rimandiamo ai commenti per esplorare oltre questa "piccola" macchina capolavoro.

Sito ufficiale
Diamoci all'old gaming selvaggio sull'Ogi Forum

Recensioni tenebrose

Parliamo oggi, con il favore delle tenebre, di un grande classico dello sfortunato Gamecube, ovvero Eternal Darkness: Sanity's Requiem, unica perla (finora) dei bistrattati Silicon Knights.

Alla penna una delle firme più gloriose (nonchè più coinvolgenti) di oldgamesitalia, il nostro amico Inskin, che ci porterà in questa discesa nel santuario della pazzia, fra occasioni perse e un gioco probabilmente non capito a fondo.

Buona lettura!

La recensione
Qui ci rassicuriamo vicendevolmente dai terrori provati

Eternal Darkness: Sanity's Requiem

Breve cronistoria (1993-1999) del sotto-sotto-genere "Survival Horror"
(se vi ritenete già informati sui fatti, vi autorizzo a saltare direttamente al paragrafo successivo...)

Videogames dedicati al genere horror ce ne sono praticamente da sempre e non è intenzione del sottoscritto, almeno in questa recensione, trattare un sotto-genere tanto vasto nella sua completezza; per parlare compiutamente di Eternal Darkness però è assolutamente necessario risalire almeno fino all'anno domini 1992, quando una Infogrames in stato di grazia portò sugli scaffali quel capolavoro di Alone in the Dark, da molti riconosciuto come vero capostipite del sotto-sotto-genere "Survival Horror", che grazie ai primi vagiti della grafica tridimensionale (la 3dfx Interactive dev'essere ancora fondata) applicata ad ambienti pre-renderizzati portava sui nostri monitor un orrore "inedito".
 
Le fondamenta di un'impostazione completamente nuova per l'horror videoludico erano state finalmente gettate: l'ambiente tridimensionale poneva il giocatore finalmente "dentro" l'orrore come neanche i First Person RPG (come ad esempio Lords of Doom) erano riusciti a fare tramite punti di ripresa azzardati che lasciavano sempre e comunque esclusa alla vista una qualche parte dell'ambiente ed il controllo finalmente diretto sul protagonista.
 
La storia, intrisa di un'atmosfera sottile di stampo Lovecraftiano, ci affidava il classico quanto sempre affascinante compito di arrivare alle origini del male che pervadeva villa Derceto. AitD ed i suoi due seguiti anticipavano però i tempi, infatti il genere nacque nominalmente e finì sulla bocca di tutti soltanto nel 1996, quando Capcom riprese maldestramente le caratteristiche di base della serie creando il primo Biohazard-Resident Evil, che pur utilizzando le stesse soluzioni ed idee del gioco Infogrames non riuscì ad imitarne l'eleganza, con un horror becero ed enigmi neanche degni di essere considerati tali, oltre a tutta una serie di limitazioni per il giocatore (dal metodo di controllo ai salvataggi, dallo zaino al backtracking forzato) che servivano più che altro ad aumentare una longevità altrimenti molto contenuta.
 
Ad ogni modo, misteri del mass market, Resident Evil ottenne un successo senza precedenti per un gioco del suo genere (che nel frattempo venne appunto battezzato "Survival Horror"), e deviò dalla via del psico-horror tracciata da AitD portando ad una serie infinita di giochi fotocopia di qualità altalenante (ivi compresi i pur discreti seguiti dello stesso RE) che non osavano staccarsi più di tanto dal nuovo canovaccio. Persino gli ottimi Parasite Eve (Square, 1998) e Silent Hill (Konami, 1999), pur se più elegante nelle storie e nei combattimenti il primo e più psicologico ed enigmatico il secondo, non riuscirono a ricreare la "magia" che aveva accompagnato Edward Carnaby nei sotterranei di Derceto.
 
Il cerchio si chiude?
 
Oscurità Eterna
 
Tutto questo finchè, nell'aprile del 1999, Nintendo non annunciò che all'E3 di quell'anno avrebbe mostrato per la propria console a 64bit, oltre agli attesissimi Perfect Dark e Donkey Kong 64, un certo Eternal Darkness.
 
Il progetto, sviluppato dai Silicon Knights (che da poco erano divenuti second-party della stessa Nintendo), venne puntualmente presentato tramite alcuni filmati tutt'ora reperibili in rete, salvo poi essere definitivamente cancellato dalla line-up dell'ormai morente Nintendo64 per riapparire dopo un periodo di silenzio in quella del Gamecube, da poco uscito sul mercato europeo.
 
Il cambio di destinazione comportò una ulteriore dilatazione dei tempi di sviluppo ed un risultato finale che per aspetto audiovisivo non faceva sicuramente urlare al miracolo, ma finalmente ED giunse sugli scaffali.
 
La scelta è fatta, su Gamecube e sulla prima versione per N64.
 
...e lì rimase, purtroppo, nonostante gli ottimi giudizi della critica.
Gente strana, i videogiocatori.
 
Affari di famiglia
 
Pur se introdotto da questa frase di Edgar Allan Poe, in realtà Eternal Darkness pesca a piene mani (anche se non ufficialmente) dal mito di Cthulhu e dalla cosmogonia di H.P.Lovecraft: un universo fatto di civiltà e divinità precedenti quelle che conosciamo, tutte accomunate una certa passione per ossa, carne, sangue e sacrifici umani di massa.
 
Trait d'union del gioco è il libro delle tenebre, un chiaro richiamo al Necronomicon che tratta della storia di Pious Augustus, centurione romano inizialmente sotto il nostro controllo ma che in breve diverrà la nostra nemesi, e dei vari personaggi che lungo i secoli porteranno le essenze di alcune antiche divinità fino nelle mani della famiglia Roivas.
 
Casa Roivas (Derceto anyone?) funge infatti da hub di gioco, e muovendoci al suo interno nei panni di Alexandra, l'ultima Roivas intervenuta ad indagare sulla misteriosa morte del nonno, troveremo i vari capitoli del libro scorrendo i quali rivivremo le esperienze di chi l'ha posseduto prima di noi e nel contempo ci verrà narrata la storia del centurione, che trovando un artefatto essenza di una delle divinità esistenti da prima del mondo, ne divenne schiavo e mezzo per giungere nel nostro universo e portare le "tenebre eterne" sull'umanità.
 
Al termine di ogni capitolo Alexandra acquisirà le conoscenze e le capacità del protagonista dello stesso e questo le consentirà di accedere a nuove zone della casa così da trovare il successivo; allo stesso modo ogni nuovo protagonista avrà a disposizione, appena recuperato il libro delle tenebre, tutti gli incantesimi scoperti dai predecessori.
 
Il giocatore quindi crescerà linearmente assieme ad Alexandra, mentre ogni personaggio secondario rappresenterà un piccolo tassello di questa crescita e contemporaneamente ci spiegherà come Pious abbia portato avanti il suo piano negli ultimi 2000 anni, e come potremo riuscire a contrastarlo.
 
 
Kind of "Magick"
 
ED cerca quindi di farci vivere un libro il cui incipit altro non è che la genesi di colui che lungo tutto il resto del racconto sarà l'antagonista: inizieremo infatti nei panni di Pious Augustus, che troverà casualmente in Persia l'ingresso di un antico tempio al termine del quale verremo posti di fronte alla scelta di una fra le tre essenze di tre diversi antiche divinità; il numero di queste non è casuale, infatti alle tre divinità sono legati tre diversi allineamenti magici, a loro volta collegati alle tre caratteristiche principali dei protagonisti del gioco.
 
Ma andiamo con ordine.
 
Come dicevamo, inizialmente saremo posti di fronte alla scelta (fondamentalmente casuale, quantomeno la prima volta) di uno dei tre artefatti rappresentanti la versione dei Silicon Knights dei Grandi Antichi di Lovecraft; questo determinerà quale delle tre divinità fungerà da "cattivo supremo" della vicenda, e al tempo stesso stabilirà quale sarà il nostro principale allineamento magico: ad ognuno dei tre infatti corrisponde un allineamento (caratterizzato da una runa omonima all'Antico), e questi hanno fra loro un rapporto assimilabile alla classica morra cinese.
 
Oltre a questo ogni Antico-Allineamento è associato ad un colore fra rosso, blu e verde, a loro volta coincidenti con i tre fattori che ci troveremo a gestire per ognuno dei personaggi che impersoneremo, ovvero Salute, Magicka e Sanità Mentale.
 
Questo apparentemente intricato modello permette in realtà una costruzione ragionata di ogni incantesimo, il che inizialmente rende affascinante la sperimentazione delle varie combinazioni di rune e lascia trasparire una profondità che purtroppo col proseguire del gioco si comprende non essere così vasta come all'apparenza; ad ogni modo si tratta di un sistema di incantesimi intelligente come pochi altri, che sicuramente meriterebbe un'espansione ed un ulteriore sviluppo in un auspicabile ma improbabile seguito.
 
I Circoli di Energia permettono di comporre sequenze di rune alla ricerca di nuovi incantesimi
 
Elogio della Follia
 
Delle succitate tre caratteristiche di ogni personaggio (Salute, Magicka e Sanità Mentale), le prime due sono i classici indicatori di danno e di energia magica necessaria per fare incantesimi, mentre la terza rappresenta una delle caratteristiche più controverse e geniali di Eternal Darkness (ripresa poi, pur se con molto meno successo, anche da giochi del calibro di Fahrenheit).
 
Tutti i personaggi che controllerete sono infatti persone "normali" per il loro tempo, ed in quanto tali tendono a non reagire troppo bene alla visione di fenomeni e creature che superano i limiti della ragione; per questo ogni incontro sovrannaturale comporterà la diminuzione del vostro Sanity Meter fino alla follia.
 
Follia che il gioco rappresenta sia con allucinazioni visive ed uditive di entità crescente (urla, pianti, sangue che cola dai muri, statue che vi seguono con lo sguardo..), sia con simpatici quanto malati teatrini in cui il gameplay viene interrotto o sostituito da scene fittizie create dalla nostra mente ormai deviata, per poi ritornare improvvisamente alla realtà accompagnato dal panico del personaggio che si rende conto di stare cedendo all'ossessione.
 
Questo aspetto, che in effetti non ha alcuna influenza reale sul gameplay se non quella di allungare i tempi di percorrenza di un livello, permette però una resa unica del deterioramento mentale del protagonista, e diviene in breve una parallela fonte di divertimento rispetto al gioco in sè poichè i Silicon Knights non hanno lesinato in fantasia, particolarmente ispirati dalla possibilità di poter rompere il limite fra gioco e giocatore e nel contempo incupire o in alcuni casi alleggerire per un attimo l'atmosfera orrorifica creata fino a quel momento.
 
Con il proseguire del gioco l'effetto sorpresa di questi intermezzi ovviamente scema, ma sono comunque in numero sufficiente da non annoiare, e restano un piacevole diversivo di cui non anticipo altro, sappiate solo che alcuni sono veramente eccezionali.
 
Il gameplay prevede esplorazione, combattimenti, enigmi e magia.
 
The Survival Horror remain the same..
 
Pur non rivoluzionando il proprio genere, Eternal Darkness ha fatto tesoro dei molti errori commessi dai suoi predecessori, in particolare per quel che riguarda il sistema di controllo.
 
Il gioco propone infatti una prospettiva ed un'impostazione simili a quelle storicamente inaugurate da Alone in the Dark ma finalmente libera il giocatore dal giogo posticcio di un sistema di controllo che ostacolava anzichè facilitare il coinvolgimento: se AitD poteva essere giustificato dal fatto di essere un precursore, la serie di Resident Evil non può invece sfuggire ad una feroce critica riguardante un sistema di movimento character-relative ed un sistema di inquadrature che sono palesemente un'ulteriore difficoltà per il giocatore.
 
Come già introdotto da Silent Hill anche ED optò per una maggiore immersività, con un controllo screen-relative (ad es.: premendo il joystick in alto l'avatar si porterà verso la parte alta dello schermo) fluido e particolarmente user-friendly, differenza riscontrabile tra l'altro anche nel sistema di salvataggio, qui finalmente libero e riguardoso del punto esatto raggiunto e dei nemici eliminati.
 
Per il resto si tratta di un comune action-adventure in terza persona in cui non è richiesta alcuna abilità riguardo salti e movimenti ma semplicemente la risoluzione di enigmi basati sui temi di fondo del gioco e la sopravvivenza ai molti combattimenti sfruttando tatticamente sia le peculiari armi ed abilità del personaggio di turno, sia gli incantesimi appresi fino a quel momento.
 
Gli avversari sono di una decina di tipologie differenti, ben caratterizzati per colore e con lievi differenze in base all'allineamento di appartenenza che consentono scontri avvincenti ma mai frustranti, il cui ritmo blando rende il gioco adatto specie per chi predilige il ragionamento al button-smashing; allo stesso modo i rari boss-fight possono essere affrontati con successo solo dopo aver intuito il punto debole del nostro avversario ed il metodo più efficace per difendersi dai suoi attacchi.
 
Gli enigmi proposti sono per la maggior parte, come anticipato, legati al rapporto fra i tre allineamenti e all'utilizzo dell'incantesimo nel posto giusto, o al reperimento di solitamente 3-4 oggetti da inserire poi in altrettante nicchie-piedistalli-opercoli, ma con alcune fantasiose variazioni e qualche gradevole citazione letteraria e cinematografica; è presente anche una certa quota di backtracking, ma assolutamente mai frustrante o eccessivo, e anche se gli ambienti di gioco alla fine sono principalmente quattro (casa Roivas, un tempio sepolto, il cantiere di un'empia costruzione e la cattedrale di Oublie) l'esplorazione non cade nella noia se non verso la fine, quando il brodo viene palesemente allungato da una sequenza piuttosto ripetitiva che va svolta per ben due volte a breve distanza di tempo prima dell'ottimo scontro finale.
 
Da sottolineare comunque che, a differenza di molti altri Survival Horror, sia gli enigmi che i combattimenti più importanti sono in generale ben inseriti nella linea narrativa non risultando quasi mai fuori luogo o forzati;
niente ragni giganti o piante carnivore, insomma.
 
Dovrete affrontare spesso i Ferabominus...finchè non imparerete ad evocarne uno...
 
Estetica dell'orrore
 
L'aspetto del gioco, peraltro dignitoso, è però assolutamente sottotono se paragonato a quanto il Gamecube ha dimostrato di essere in grado di fare, per rimanere sul tema, con Resident Evil 4 o con lo sfavillante (..nell'aspetto..) remake del primo capitolo, probabilmente come conseguenza della nascita del progetto su Nintendo 64; alcuni particolari restano comunque degli di nota, come l'espressività dei volti, la sicronizzazione del labiale e alcuni piacevoli effetti di trasparenza.
 
Il sonoro invece eccelle per qualità dei doppiaggi, degli stupendi effetti e della colonna sonora, che segue in modo ideale i momenti topici. 
 
Ulteriore nota di demerito infine per i filmati d'intermezzo che pur se ben realizzati per entrare in un minidvd del Gamecube sono stati strizzati ad una compressione eccessiva, risultando grossolanamente sgranati.
 
Pious Augustus dopo la..."cura".
 
Insanity vs. Horror
 
Ad ogni modo tutto concorre a creare un'atmosfera malata e ossessiva perfetta per la storia narrata, che nonostante la linearità non lesina colpi di scena, l'ultimo dei quali pur se intuibile vi verrà completamente svelato soltanto quando terminerete il gioco per la terza volta, impresa che rispetto agli altri survival horror qui si viene spinti a compiere da esigenze narrative, cosa più unica che rara.
 
Eternal Darkness è pienamente riuscito nei suoi intenti: è un gioco che come lo scrittore a cui si ispira non vuole terrorizzare, e infatti mancano quei momenti da salto sulla sedia tipici delle altre serie del genere, bensì inquietare, e ci riesce non tanto sfruttando mostri e ambiente di gioco quanto facendo intuire con la narrazione la fragilità della mente, dei protagonisti e quindi del giocatore.
 
E ci sono alcune, favolose evenienze in cui vi ritroverete veramente a guardare lo schermo senza capire se quello che succede sia ancora all'interno del gioco o meno.