Giochi da tavolo e videogames (parte II)

La bottega dei giochi

Qualche attento lettore avrà notato che nello scorso articolo non è stata citata una delle più grandi case produttrici di giochi da tavolo poi trasposti in videogames. Ovviamente è stata una scelta voluta e ponderata. L’azienda in questione ha prodotto tali e tanti titoli, riuscendo a fondere ed amalgamare i due generi come nessun altra, che si è deciso di dedicargli un articolo a parte. Stiamo parlando della Games Workshop, casa produttrice di giochi da tavolo fondata in Inghilterra da Steve Jackson. L’attento lettore di prima potrebbe, a questo punto, giustamente dire : “Ma è lo stesso che ha inventato G.U.R.P.S.?”. La risposta è no. Quello era americano, si tratta di un singolarissimo caso di omonimia. Per chi crede nelle coincidenze e nella cabala ci tengo a rassicurarvi sin da subito. Nessun complotto o magia nera, nei paesi anglosassoni il nome Steve Jackson è l’equivalente del nostro Mario Rossi. La Games Workshop è creatrice e detentrice di numerosi brand di giochi da tavolo come Warhammer, è editrice di numerose riviste dedicate ai board games fra cui White Dwarf, è fondatrice e proprietaria della Citadel Miniatures una azienda produttrice di miniature.

Giochi da tavolo: gli Space marines di Warhammer

Altro che bottega, come il suo nome suggerirebbe, qui siamo di fronte ad un vero e proprio impero del gioco da tavolo. Ovviamente un tale colosso, non poteva rimanere indifferente all’irresistibile richiamo dei videogiochi. Come detto, prodotto di punta della Games Workshop sono i giochi basati sulla serie Warhammer che a sua volta si divide in due sotto serie Warhammer Fantasy e Warhammer 40,000. La prima ambientata in un mondo fantasy stile medioevale, la seconda ambientata in un ipotetico futuro. Le due serie pur condividendo razze, stile dei personaggi, design e regolamenti sono in realtà molto diverse. Warhammer Fantasy riprende le atmosfere di un classico mondo stile Signore degli anelli. Scontri all’arma bianca, orchi ed ogre a non finire, maghi, guerrieri ed arcieri a farla da padrone. Classica lotta fra bene e male ma scenari ricchi di colore e di luce. Al contrario il mondo di Warhammer 40,000 è cupo e senza speranza. L’impero degli umani è quasi al collasso, schiacciato dagli eserciti e dai demoni del Caos. Ultimo baluardo contro le orde nemiche rimangono gli Space Marines, un manipolo di super soldati geneticamente modificati ed armati fino ai denti. Pur ricalcando generici cliché dei giochi di ruolo, i due Warhammer si sono ritagliati il loro spicchio di originalità, creando ambientazioni credibili (per quanto possa essere credibile l’ambientazione di un gioco) ed universi stupendamente caratterizzati. Non vi nascondo di essere un fan di entrambe le serie e di possedere numerose miniature che custodisco gelosamente. Tanto amore mi ha portato a giocare tutti i giochi da tavolo prima ed i relativi videogiochi poi, legati a questo magico mondo. Posso dirvi sin da subito che, non sempre le trasposizioni videoludiche sono state all’altezza della fama della Games Workshop. Ma andiamo con ordine.

I giochi da tavolo trasposti in versione videoludica

Il capostipite è stato il videogame HeroQuest, basato sull’omonimo gioco da tavolo, distribuito nel 1989 in Italia dalla MB (Milton Bradley) quando in Italia nessuno sapeva, neanche lontanamente, cosa fosse la Games Workshop. Il videogioco, pubblicato dalla Gremlin nel 1991, era un “porting tale e quale” del gioco da tavolo. La versione per Commodore64 era di un monocromatico a dir poco osceno (che quella dello Spectrum a confronto era colorata) , oltreché essere lenta oltre ogni dire. Non meglio si presentavano le versioni Amiga ed Atari ST. La versione migliore risultò essere quella per PC, graficamente molto piacevole. Il computer impersonava il ruolo del mago malvagio con il relativo controllo di tutti i mostri, cosa che nel gioco da tavolo di fatto, spettava al dungeon master. Nonostante le limitazioni grafiche dell’epoca, essendo il regolamento riportato fedelmente, il feeling del gioco da tavolo rimaneva immutato. Scorrazzare per i sotterranei impersonando un barbaro, un elfo, un nano ed un mago (vi ricordate quando qualche riga più su parlavo di cliché?) era piacevole. Ovviamente il confronto con la sfavillante versione da tavolo, ricca di carte, illustrazioni, miniature curate nei minimi particolari era impietoso. Ma all’epoca ci accontentavamo. Decisamente migliore la conversione dell’altro gioco da tavolo distribuito dalla MB, Space Crusade sempre a cura della Gremlin. Il gioco è il gemello di HeroQuest, ambientato nel mondo di Warhammer 40,000, ragione per cui in molte nazioni fu rilasciato con il titolo di StarQuest. Anche in questo caso eravamo di fronte ad una riproduzione 1:1 a video del board game. Lentezza a parte, il videogioco risultava godibile su tutte le piattaforme. Perfino la versione C64 era di buon fattura. Ovviamente la buona valutazione è da riferirsi al gioco in singolo. In caso di gioco a più giocatori la logica suggerirebbe di giocarsi il gioco da tavolo, in quanto, come tutti i giochi Games Workshop sprizzava carisma da tutti i pori. Solo la miniatura del Dreadnought, il robottone delle armate del caos, valeva il prezzo del gioco.

Giochi da tavolo: il genestealer vi ricorda qualcuno?

Procedendo in ordine cronologico, nel 1993, troviamo Space Hulk, altro videogioco riproduzione “papale papale” del gioco da tavolo uscito nel 1988 ed avente lo stesso titolo, sempre ambientato nell’universo Warhammer 40K. Space Hulk era molto simile a Space Crusade, solo che non controlleremo più dei capitoli (così sono chiamati i plotoni nel mondo di Warhammer 40K) di Space Marines ma controlleremo la loro versione potenziata, i Terminators. La missione sarà sempre quella, abbordare e ripulire dalla progenie del caos tutti i vascelli spaziali contaminati in uscita dal warp. In Space Hulk affronteremo un solo tipo di nemico, i ladri genetici. Personalmente ritengo Space Hulk, e tutti i giochi e videogiochi correlati, la serie meno riuscita della famiglia Warhammer. Sempre a mio personale parere, il gioco è stato sviluppato per cavalcare palesemente l’onda emotiva generata da “Aliens scontro finale”. L’ambientazione è troppo simile a quella del film, gli alieni genestealer sono quasi identici agli xenomorfi di H.R. Giger, perfino il modo di riprodursi è simile… Invece che impiantare un parassita ed uscire dal petto, i ladri genetici impiantano un pezzo di DNA parassita e trasformano la vittima stessa in un ladro genetico. I ladri genetici sono bestie aliene che non hanno armi, si muovono in gruppo guidati da una mente collettiva, sono velocissimi e dilaniano i malcapitati con zanne, artigli e morsi… Ah dimenticavo, anche loro escono dalle fottute pareti. Roba da palese violazione del copyright. Il videogioco rilasciato dalla Electronic Arts, uscito per Amiga e PC, è un gradino più sotto rispetto al più vecchio Space Crusade.

Giochi da tavolo : Space crusade per Amiga

Il tentativo di ricreare l’atmosfera cupa ha reso la grafica cromaticamente troppo piatta. Niente da dire, invece, sulla fedele riproduzione delle dinamiche di gioco del board game. Nel 1995, si è cercato di uscire dagli schemi rigidi del regolamento cartaceo, rilasciando un videogioco, misto FPS/Strategico “Space Hulk vengeance of the blood angels”, conosciuto anche come Space Hulk 2. Le piattaforme supportate furono quattro. L’ormai defunta Amiga cedeva il campo alle versioni per 3DO, Saturn, Play Station e all’immancabile versione PC. Tutto sommato il videogioco non era male, grafica un po’ troppo “pixellosa” ma tentativo apprezzabile e riuscito di dinamicizzare l’universo Games Workshop spostandolo dai movimenti su casella al movimento real time. Sempre nel 1995, come un fulmine a ciel sereno, esce la versione PC di Blood Bowl. Blood Bowl è la simulazione di una partita di football americano ambientata nel mondo di Warhammer fantasy. Il gioco da tavolo è strepitoso, il relativo videogioco no. Come al solito la grafica spartana strideva col la bellezza infinita della realizzazione del gioco cartaceo. Possiamo dire che questo è un difetto ricorrente nei videogiochi della Games Workshop, non perché la grafica dei videogames sia al di sotto degli standard (riferiti alle epoche di appartenenza) ma perché i giochi da tavolo sono talmente curati e rifiniti, una vera gioia per gli occhi incluse le illustrazioni realizzate da veri e propri artisti del genere, che ogni trasposizione su computer esce dal confronto con le ossa rotte. Il 1996, grazie a Mindscape, è l’anno dell’incontro fra Games Workshop ed RTS. Warhammer Shadow of the Horned rat, a parte il titolo brutto che in italiano sarebbe “l’ombra del ratto cornuto”, è un videogioco riuscito a metà. La difficoltà non è ben calibrata, essendo un videogioco in modalità “campagna” è prioritario che le truppe di partenza siano conservate per tutta la durata del gioco essendo le possibilità di reintegro delle stesse poche e costose. Perdere un plotone nelle battaglie iniziali aveva ripercussioni su tutto il proseguo del gioco rendendo di fatto impossibile la vittoria finale. La tensione di fare una mossa sbagliata, pregiudicando una battaglia di ore solo perché si è perso un soldato di troppo, era insostenibile e frustrante. Aggiungete il fatto che, per qualche strana elucubrazione mentale degli sviluppatori, una volta che un plotone entrava in mischia se volevi avere successo dovevi premere come un ossesso il pulsante “incitamento” che simulava lo sprone che in battaglia avrebbe dovuto dare un leader. Inutile dire che mentre voi, come dei deficienti eravate impegnati (e distratti) a cliccare col mouse un pulsante come non si faceva dai tempi di Track & Field, il resto delle truppe se ne andava allegramente per margherite sul campo di battaglia. Non vi dico, poi, se più unità entravano contemporaneamente in mischia… Il gioco ebbe, comunque, un discreto successo. Tanto che la Mindscape, tre anni dopo, sfornò il seguito : Warhammer Dark Omen sempre per Playstation e PC, che migliorava notevolmente gli standard del predecessore pur non discostandosi troppo dalla dinamica di gioco originale. Mentre Mindscape si trastullava con gli strategici in tempo reale di Warhammer Fantasy, la mai troppo elogiata S.S.I. (Strategic Simulation Inc.) si cimentava negli strategici a turni di Warhammer 40,000. Dal 1997 al 1998 furono rilasciati ben tre titoli: Final Liberation, Chaos Gate, Rites of War. La visuale isometrica, la grafica finalmente più curata, il regolamento cartaceo fedelmente rispettato e l’indubbia esperienza della S.S.I. in questo tipo di giochi decretarono il successo della trilogia che accolse i favori degli appassionati. Rites of War, in particolare, è un gioiellino la cui campagna single player è dedicata all’affascinante razza degli Eldar (un incrocio fra elfi e gli indiani d’America). Nel 2003 anche la Playstation 2 ebbe il suo gioco Games Workshop. Fire Warrior, uno sparatutto in prima persona, rilasciato anche per PC, che segnò il prepotente ingresso nel mondo di Warhammer 40K della THQ. Il risultato, però, fu un mediocre FPS di cui pochi si ricordano. Il riscatto per THQ arrivò l’anno dopo, con il massiccio Dawn of War. Abbandonata l’azione si ritorna sugli strategici. Ed il gioco è un signor strategico. Grafica notevole, combattimenti adrenalinici, necessità di pianificare le tattiche e bilanciare le (limitate) truppe, unità e mezzi del gioco da tavolo fedelmente riprodotti, campagna single player appassionante e ricca di colpi di scena, finalmente rendono giustizia al mondo di Warhammer 40K su video. Unico neo un livello di difficoltà un po’ troppo basso per lo smaliziato giocatore tipo dei cervellotici giochi Games Workshop. Questa pecca fu decisamente eliminata nei tre add-on rilasciati Winter Assault, Dark Crusade e Soulstorm. Ogni add-on aggiungeva un pezzo alla trama principale ed introduceva nuove razze. La furbata della THQ fu rendere ogni add-on indipendente dal gioco principale, non era necessario avere Dawn of War per giocare ai titoli successivi. La THQ converti Dawn of War perfino per PSP e DS utilizzando il titolo di Squad Command. I successi mietuti dalla THQ spinsero, nel 2006, la Namco Bandai a partecipare alla battaglia. Forti dell’esperienza acquisita con la serie Dinasty Warriors, la casa giapponese rilasciò in sequenza 3 titoli dedicati a Warhammer Fantasy. Il primo, fu un gioco di carte collezionabili stile Magic per PSP: Battle for Atluma. Un videogioco senza infamia e senza lode, dimenticabile. Molto meglio i due RTS successivi Mark of Chaos e Battle March eredi spirituali ed evoluzione, anche nella struttura di gioco, di Shadow of horned rat e Dark Omen. Nel 2008 fu tentato il salto di qualità creando un mondo Warhammer digitale vivo e pulsante. Warhammer online fu un ambizioso MMORPG molto ben fatto.

Giochi da tavolo trasposti: Warhammer online per un po’ spaccò

Riuscì addirittura a controbattere a World of Warcraft. I giochi erano molto simili ma Warhammer online riuscì a brillare perfino dove WoW aveva fallito ovvero nella gestione del PvP, cosa non assolutamente non facile in un MMORPG. Il 2009 fu l’anno della “rivideoludicazione” di Blood Bowl. Quattordici anni di progresso tecnologico si fecero sentire. Ed il nuovo Blood Bowl, rilasciato per tutte le piattaforme, fu finalmente il gioco che meritava di essere. Arrivando ai tempi recenti sono tre i giochi, sempre THQ e sempre dedicati a Warhammer 40K, che tengono banco. Dawn of War II ed i suoi vari add-on, che migliora ulteriormente l’esperienza di gioco vissuta con Dawn of War. Kill team, uno sparatutto isometrico senza troppe pretese ma comunque godibile anche perché venduto a prezzo budget tramite distribuzione digitale. Ed infine quello che doveva essere il videogioco Games Workshop definitivo, ma che alla fine ha spaccato in due la critica : Space Marine. Il gioco è un perfetto mix fra uno sparatutto ed un hack ‘n’ slash, godibilissimo e ben riuscito. I detrattori diranno che è troppo simile a Gears of War, ma evidentemente tali detrattori non hanno mai, realmente, giocato a Space Marine. Se i due giochi si possono somigliare per quanto concerne le inquadrature e la visuale perennemente in terza persona sono in realtà diversissimi. La peculiarità di Gears of War sono le coperture, in Space Marine le coperture non esistono. Come un vero marine di Games Workshoppiane fattezze non ti devi coprire, devi sfoderare la spada a catena e massacrare gli orchi al corpo a corpo. A me è piaciuto tantissimo… Nel 2013, con il triste fallimento di THQ, che nel frattempo aveva acquisito i diritti esclusivi sul brand Warhammer si conclude, almeno per il momento l’avventura della Games Workshop nel mondo dei videogames. Cancellato, gettando nello sconforto tutti i fan, Dark Millenium online e ceduta la Relic (gruppo di sviluppatori della THQ responsabili dei videogiochi Games Workshop) alla Sega siamo ora in attesa di conoscere quali prossime uscite ci saranno e e ci saranno… Nel frattempo siete tutti invitati a casa mia per una partita dal vivo a Battle Masters.

Hero Quest II: "Legacy of Sorasil"

Agli inizi negli anni ’90 la Milton Bradley (MB per chi non sapesse) pubblicò una serie di giochi da tavolo di grande successo che tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo giocato. Uno di questi era “Hero Quest”, un gioco da tavolo ispirato all’universo fantasy di Warhammer, in cui un gruppo di avventurieri doveva risolvere delle avventure propostegli di volta in volta, mettendosi alla cerca di tesori e reliquie di grande potere per comprare armi sempre più potenti. Il gioco ebbe grande successo e ne fu fatto persino un seguito, che si poteva giocare anche con la videocassetta; tuttavia questi passò un po’ sotto silenzio.
La Gremlin, che aveva i diritti d’autore della MB e di Citadel, fece una serie di giochi per computer ispirati a questi giochi da tavolo, come Hero Quest, Space Crusade e Legacy of Sorasil.

 LA STORIA.
Un sinistro castello è emerso dalle profondità della terra. Il suo abitatore, il temibile Lord Venthrax, sta cercando di soggiogare il mondo. L’albero della vita sta morendo. Un gruppo di intrepidi eroi, con i consigli di un saggio mago che li guiderà nelle loro avventure, dovranno trovare delle reliquie appartenute al mitico eroe Sorasil, che li aiuteranno a superare grandi prove e a raggiungere e uccidere Lord Venthrax. 

FUNZIONAMENTO E GAMEPLAY.
Scopo del gioco è, come in “Hero Quest”, di risolvere le varie avventure proposteci sino a giungere al castello di Venthrax e ucciderlo.
Il sistema di gioco di Legacy of Sorasil è pressoché identico a quello del gioco da tavolo. Ogni personaggio ha il proprio turno, in cui ha un determinato numero di punti-movimento, che può utilizzare per muoversi, attaccare, lanciare incantesimi, cercare trappole, cercare tesori, aprire e chiudere porte, bere una pozione, eccetera.
In ogni missione ci sarà dato uno scopo (generalmente trovare questo o quell’oggetto) che dovremo compiere, spesso uccidendo mostri dalla forza incredibile, ostici come non mai. Alla fine di ogni quest, potremo recarci dal mercante per comprare armi e armature, incantesimi e pozioni.

Schermata di potenziamento dei personaggi. Tengo a far notare che l'anagramma del nome del barbaro, Angor, è Rogna.

Il sistema di attacco non è come quello del gioco da tavolo, ovvero coi ben noti dadi, ma è una questione di valori di attacco-difesa, che si esprimono nel numero di assalti che i due contendenti fanno. Più è lo stacco, maggiori sono i danni. Ad esempio se attacco un golem, e questi, nel tempo in cui il mio personaggio fa un attacco, ne fra tre, automaticamente prenderò un sacco di legnate. I personaggi che restano uccisi non possono essere resuscitati.
Legacy of Sorasil è potenzialmente giocabile fino a quattro giocatori, dato che il movimento è a turni.

PECULIARITA’ DEL GIOCO E INNOVAZIONI.
Per il tempo, Legacy of Sorasil presenta un elemento molto innovativo: è un RPG in terza persona in 3D isometrico. In un periodo dove l’RPG era sempre in prima persona, o al massimo in terza in 2d (si veda Champions of Krynn e simili) questo è un aspetto molto particolare. Va detto a onor del vero che non è con Legacy of Sorasil che questo sistema è stato introdotto, bensì con Hero Quest.
A parte questo, tuttavia, non ha molte altre peculiarità, a parte quella di essere un gioco dell’universo Hero Quest. 

Alla fine di ogni missione, potremmo recarci dal mercante e salvare la partita, per poi muoverci verso nuove e pericolose locazioni.

ALCUNI DIFETTI.
Legacy of Sorasil, sebbene dalla grafica molto particolare, presenta alcuni difetti che lo rendono poco gradibile.
Anzitutto il 3D del gioco diventa un’arma a doppio taglio, in quanto i muri circostanti il personaggio o non spariscono o diventano vagamente invisibili, dandoci una visuale limitata all’interno della struttura. Questo spesso ci conduce a sbagliare movimento (e prenderci così trappole a volontà) o ad attaccare il mostro sbagliato.
L’interfaccia di gioco è un po’ macchinosa, e a volte i comandi tendono a non rispondere bene, specie quando si attacca.
Le musiche sono poche e ripetitive fino allo sfinimento; nel corso delle nostre avventure sentiremo "sempre e solo la stessa musica" (fra l'altro dalle proprietà curiose: difatti, parlando anche con altri che ci avevano giocato, a tutti sembrava che nonostante fuori fossero le tre del pomeriggio, si fossero fatte le undici di sera). La musica cambierà solo quando ci recheremo dal mercante, nel menu principale e nel finale (la musica del finale è molto toccante ed epica).
Le missioni sono lunghissime e non si può salvare la partita se non a fine di una quest. Questo ci costringe spesso a giocare a oltranza nostro malgrado o a resettare e ricominciare tutto da capo.
La difficoltà è molto alta, tanto che se non si scelgono bene i personaggi (personalmente vi sconsiglio il mago, dato che la magia nove volte su dieci non ha effetto) i mostri di fine livello ci macelleranno senza pietà, e lo stesso Lord Venthrax, pur non avendo animazione quando combatte, stermina gli incauti avventurieri con una facilità estrema.
Infine, difetto più ignominioso, non è possibile condividere i propri oggetti con altri membri del gruppo (alla faccia, che spirito di compagnia!), e il massimo che possiamo fare mentre i nostri compagni stanno morendo è utilizzare qualche incantesimo o oggetto magico per curarli, ma di pozioni non se ne parla. In compenso, però, sempre con grande spirito di gruppo, quando un personaggio morrà gli altri lo deprederanno, spartendosi l’equipaggiamento che possedeva.


VALORE STORICO E PARALLELISMI
Per l'epoca in cui uscì, Legacy of Sorasil non era un gioco brutto.
La grafica era dignitosa, il sistema di gioco abbastanza accettabile e la longevità buona. Ma stiamo parlando del 1994, quando orami il panorama del gameplay era prossimo ad una grande rivoluzione, e questo gioco sembrava in qualche modo restare indietro rispetto a tutto il resto. La sua principale caratteristica sta nella grafica a tre dimensioni, ma questa peculiarità era già propria del primo episodio della serie e pertanto il gioco non presenta elementi innovativi, a parte alcune avventure belle da giocare e uno spirito da boardgame.
Simili a Legacy of Sorasil possiamo trovare giochi come l'episodio precedente Hero Quest, e Shadowland. Si potrebbe anche paragonare a RPG moderni a turni come Pool of Radiance o Il Tempio del Male Elementale, sebbene questi siano molto più dettagliati graficamente e GDR-isticamente.


VALORE ODIERNO
Il “valore storico” di Legacy of Sorasil verte tutto su questi due elementi: l’utilizzo della grafica 3d in un GDR e l’appartenenza alla serie “Hero Quest”.
Pertanto, io consiglio di giocarlo solo a veri appassionati del genere o a persone che hanno apprezzato molto il gioco da tavolo. L’assenza di trama, dialoghi e quant’altro lo rendono forse più un boardgame che un GDR, sebbene sia presente la possibilità di incremento delle caratteristiche e di potenziamento del personaggio (ma non di personalizzazione, dato che i modelli restano sempre quelli).

"Avanti, compagni scheletri! Uccidiamo quegli stolti avventurieri!"

Dal canto mio, ho apprezzato abbastanza Legacy of Sorasil, ma ciò è sempre dovuto al fatto che l’ho giocato in compagnia di più persone. Questo lo rende più leggero, dato che giocarlo di pomeriggio (con la musica che si ritrova) da soli è un po’ deprimente, che i personaggi non possono cooperare con lo scambio di oggetti, che per sconfiggere i nemici più forti è necessario coordinare i movimenti, cercare punti strategici e usare pozioni e arcani di auto-potenziamento (una particolarità risiede nel fatto che chiunque acquisti un incantesimo può usarlo, anche se lo fallirà con una frequenza devastante).
Un gioco che forse non merita la notorietà, ma che comunque non è giusto che cada nell’oblio, dal momento che è, in fondo, un prodotto di una certa qualità.
 

In sintesi...

Valore Storico:Evoluzione del genere.
Legacy of Sorasil riprende tutte le caratteristiche della versione computerizzata di Hero Quest e le migliora sia graficamente che concettualmente. Sebbene presenti alcune pecche, il gioco è sostanzialmente migliore dell'altro e più vecchio titolo di casa Gremlin.

Valore Odierno:Per appassionati.
Piacerà agli appassionati di GDR, di giochi da tavolo e soprattutto a coloro che hanno apprezzato il primo Hero Quest.
Se amate davvero tanto il boardgame, e specialmente HeroQuest e MB, questo gioco va giocato. Legacy of Sorasil vi trasporterà nelle atmosfere del modo sword & sorcery di HeroQuest e vi farà vivere nuove avventure sulla scia di un boardgame fra i più belli mai visti.