Il non record in Super Mario Bros

Lo youtuber NotEntirelySure ha completato una speedrun a Super Mario Bros, con la particolarità di averlo fatto con il minor punteggio possibile, solo 500 punti!
 
L'impresa non è per nulla facile se calcoliamo che bisogna farlo cercando di non colpire un nemico, evitando di raccogliere le monete e finendo i livelli con zero secondi di tempo residuo.
 

Super Mario ai tempi dell'Atari 2600

Circa un anno fa il programmatore Chris Spry ha annunciato il suo ambizioso progetto, un demake tributo della versione NES di Super Mario Bros per Atari 2600, piattaforma di 8 anni pià vecchia della del gioco stesso.

Ora il gioco, Princess Rescue, è disponibile in versione fisica: la confezione include la cartuccia del gioco e un manuale a colori di 16 pagine, ed è disponibile nei formati televisivi PAL e NTSC. 

Potete acquistare la vostra copia qui
O entrare nel regno dei funghi - dipartimento di Oldgamesitalia Forum

Giocare a Super Mario sul muretto

Nemmeno con il nuovissimo Nintendo 3D si riuscirebbe ad ottenere un effetto così realistico!
Ma Andreas Heikaus ha reso questo possibile.

Il video è parte del progetto per la sua tesi di laurea e si concentra sul fondere immagini in computer grafica su un video reale. In particolare, da notare il corretto uso della prospettiva e della luce, che rendono il tutto molto realistico.

Braid

Braid è un gioco indie: una produzione indipendente, ralizzata da un team di poche persone (due in questo caso), con un budget ridotto per lo più frutto di auto-finanziamento. Ma è anche uno dei pochi titoli indie ad aver avuto un successo globale, complice anche la grande diffusione sugli store virtuali di PS3 e X-Box360.

La caratteristica peculiare di Braid sono le innovative e geniali meccaniche di gioco. Prima di approfondirle però, una considerazione: in rete si è "filosofeggiato" in lungo ed in largo sulle idee dietro a Braid e su come queste riescano a far vivere al giocatore una peculiare esperienza del tempo e dello spazio.
Non c'è dubbio che tutti i "paroloni" spesi (e ben riassunti sulla pagina di Wikipedia del gioco) abbiano contribuito al successo di questo titolo. Chi scrive è certo che il giovane autore di Braid si sia avvicinato al suo lavoro con uno spirito "alto" e delle idee sicuramente "illuminate", che effettivamente trasudano nel gioco. Ma chi scrive è altresì convinto che Braid resti soprattutto un... gioco. Anzi, un "giochino" vecchia maniera: meccaniche originali, ben pensate ed ancora meglio strutturate.
Braid è un gioco capace di sfidare l'intelligenza del giocatore e di costringerlo a pensare in un modo... nuovo.
Braid è una bella esperienza, ma non quell'esperienza "metafisica" di cui qualcuno ha parlato.

Braid è un platform, che vuole essere nemesi di tutti i platform
Ha la forma del platform, ma la sostanza del puzzle game.
Sfrutta le meccaniche di un Super Mario per offrire la sostanza di un Lemmings o di un The Incredible Machine. E come questi due titoli trasuda originalità ed innovazione: merce rara di questi tempi.
Tutto il gioco ruota intorno alla capacità del protagonista di mandare liberamente indietro ed in avanti il tempo: sconfingendo la morte, annullando la necessità di riflessi pronti e... azzerando l'adrenalina. È sul tempo (che va avanti ed indietro) che si gioca l'intera partita e lì sta il segreto di questo gioco così originale. A questo tema centrale si affiancano tante variabili diverse: oggetti o nemici immuni alla vostra capacità di alterare il tempo, nemici sincronizzati col vostro movimento (si spostano a sinistra, di pari passo che voi vi spostate a destra), la vostra ombra che ripete le vostre azioni mentre voi ne state già compiendo altre...
Non un solo enigma del gioco si ripete. Ma tutti si risolvono grazie alle poche regole fondamentali del gioco.

Braid è un gioco onesto con il giocatore
Difficile perché richiede l'intuizione giusta, che però è sempre logica e sempre lì sotto i vostri occhi... se solo riuscite ad adottare la giusta forma mentis per vederla.
In nome di un tempo soggettivo e personale, non tutti gli enigmi devono essere risolti subito. E finire un livello non significa averlo completato. La trama non è svelata in ordine cronologico, ma a ritroso. Senza un ordine prestabile con cui affrontare i vari mondi.
Ebbene sì: c'è una trama. E peculiare anche. A tratti persino onirica. Con un gran finale, che vi spiazzerà e vi darà da pensare. Un finale che forse (questo sì!) fa fare un salto nel metafisico.

Braid è un acquisto obbligato
Un bel gioco, autentico e sincero in ogni sua parte (dal gameplay alla grafica disegnata a mano in HD, passando per la trama). Non ha dietro logiche commerciali -e si vede!-, ma bensì tutta l'anima di un gioco, palesemente creato da un giocatore. Una bella sfida per ogni giocatore, da quelli navigati (in cerca di un'esperienza nuova) ai casual gamers, offerta ad un prezzo giusto.
Non lasciatevelo scappare!

Super Mario World

It’s me, Mario!
Shigeru Miyamoto è un genio.
Questo incipit può sembrare scontato, ma forse la cosa non sembrò così immediata ai vertici Nintendo, quando l’autore del pur fortunatissimo Donkey Kong propose loro un nuovo gioco con protagonista un baffuto idraulico (di fatto un parente stretto del falegname Jumpman protagonista di DK…) a spasso per un mondo fatto di funghi, stelle, monete, mattoni, tartarughe e sauri dal guscio puntuto.
E sì che l’LSD era ormai in fase calante dopo i fasti degli anni ’60…

Ma (fortunatamente) il genio non si discute, specie se porta a mamma Nintendo cifre con tanti zeri, e così Miyamoto-san potè creare il suo gioco e noi entrammo assieme a lui nel Regno dei Funghi dove siamo rimasti, storditi ed ammaliati, fino ad oggi grazie a tanti capitoli di una serie che ad ogni sua istanza ha ridefinito il genere dei platform.

Super Mario World è stato probabilmente il punto più alto mai raggiunto dall’idraulico italiano più famoso nel mondo, anche considerando i capitoli tridimensionali che hanno seguito il passaggio dai 16 ai 64 bit…forse il platform 2D definitivo, sicuramente un punto di svolta nella storia del videogioco.

Balance of Power
Ma partiamo dall’inizio: qual è il motivo per il quale una serie con protagonista un tipo grassoccio, rubizzo, baffuto ed in salopette ha avuto fin dal suo primo capitolo un così incredibile successo tra i giocatori?
A ben pensarci la risposta è semplice: bilanciamento.

E Super Mario World è l’apoteosi assoluta di questo concetto.

Dietro le montagne color pastello ed i jingle penetra-cervello si nasconde un incredibile lavoro di cesello (che poeta, eh?... N.d.inskin) affinché ogni singolo elemento si inserisca nel disegno globale senza alterarne l’armonia di fondo ed in ogni momento il giocatore si senta sfidato ma mai imbrogliato dal gioco.
In un gameplay frazionabile in una miriade di piccolissimi giochi, ognuno di questi viene attentamente introdotto, presentato, fatto assimilare e applicato in pochi istanti:
Il fatto stesso che il primo quadro disponibile (La “Yoshi’s House”) sia assolutamente privo di qualunque pericolo permette al giocatore di prendere per la prima volta contatto con Mario, con i suoi salti e con l’inerzia che da sempre li contraddistingue senza che ci sia il minimo rischio.

L’introduzione del mantello, dei blocchi colorati, delle stalattiti pericolanti, delle grate su cui arrampicarsi e di *tutte* le componenti del gioco avviene in modo “sicuro” ed estremamente graduale;
Un altro esempio chiarificatore sono le piattaforme semoventi “a tempo”, che restano in aria fintanto che non ci si sale, dopo di chè il piccolo numero scritto sopra inizia a scalare verso lo zero, momento in cui la piattaforma precipiterà e Mario con lei;
Beh, le prime piattaforme di questo tipo si incontrano situate sopra il terreno, così che il giocatore curioso ma inesperto possa metterci sopra le zampe e cadere senza sentirsi derubato ingiustamente di una vita.

Ecco, Super Mario World è un gioco onesto, onesto sino al midollo.


The March of the Minis
Focalizzato quindi quello che è il punto chiave Miyamoto ha poi creato uno “scheletro” di gioco molto semplice, quasi elementare, su cui ha poi iniziato ad inserire pian piano, uno ad uno, tutti i piccoli giochi che uniti in mariera organica formano il gioco finale.
Super Mario World è infatti un delirio di peculiarità, di momenti, di idee, alcune delle quali ci vengono proposte soltanto una volta mentre molte delle altre vengono poi appunto “organificate” a quelle precedentemente esposte a creare livelli e situazioni di gioco sempre inedite e gradualmente più complesse;
Il vantaggio di questo modus operandi è che quando il giocatore giunge ad un livello avanzato, padroneggiando già le singole componenti del gameplay sarà in grado di affrontare con naturalezza situazioni complesse perché inconsciamente riconoscerà al loro interno i minigiochi che ha avuto il tempo di acquisire ed assimilare fino a quel momento.


Who wants to live forever?
Abbiamo già visto come Miyamoto abbia radicalmente modificato la struttura “trial & errors” tipica dei platform precedenti introducendo le novità al giocatore piuttosto che facendo in modo che ci si scontri per poi imparare a gestirle;
Il passo successivo di questo cammino verso (e non contro) il giocatore fu la negazione del Game Over.
Un po’ come Ron Gilbert con Monkey Island, Miyamoto capì che la morte definitiva del giocatore nella maggior parte dei casi era controproducente ai fini dell’esperienza ludica, perché dava luogo ad una frustrazione che poco aveva a che fare con il divertimento;
Shigeru non fece altro che dare modo al giocatore di accumulare facilmente decine di vite bonus, così da rendere il Game Over virtualmente impossibile pur mantenendo la sfida data dal rischio sempre presente di perdere una vita.

Inutile dire che (anche) questo concetto è poi diventato caratteristica comune dei giochi odierni.


Puzzle Fighters
Da sempre i titoli della serie amano “giocare con il giocatore” proponendogli passaggi e zone segrete da scoprire mentre esplora i livelli di gioco;
Super Mario World non è da meno, e anzi eleva a potenza anche quest’idea proponendo non più semplici scorciatoie o passaggi più o meno nascosti, ma veri e propri enigmi basati sulle dinamiche di gioco fin lì acquisite.

Esempio perfetto sono le “Ghost House”, che compaiono qui per la prima volta:
si tratta di magioni ricolme di fantasmi che vanno esplorate a fondo in quanto presentano sempre più di un’uscita, e di solito la più immediata è anche quella meno remunerativa ai fini del gioco…
Se in giro trovate un blocco “P” (che schiacciato converte i blocchi in monete e viceversa, ma che può anche mostrare porte segrete) sappiate che sicuramente non è lì per caso, e la raccolta delle monete dovrebbe essere l’ultimo dei vostri pensieri…


 

Around the world
Ai tempi della progettazione sapevano che Super Mario World sarebbe stato il primo gioco che ogni neo-acquirente del Super Famicom/Super NES/Super Nintendo avrebbe inserito nella console, e per questo avrebbe dovuto sin da subito dare l’impressione di quanto le cose fossero cambiate, ed in un certo qual modo “cresciute”.
Per palesare quest’idea venne ripreso il concetto innovativo di “Mondo di gioco” che era stato introdotto con Super Mario Bros 3: piuttosto che passare linearmente da un livello al successivo, alla fine di ognuno il giocatore veniva riportato ad una mappa vista dall’alto che illustrava il mondo di gioco e fungeva da hub, permettendo di scegliere quale livello giocare.

Super Mario World riprende e perfeziona l’idea in questione proponendo un mondo vastissimo, complesso e ricolmo di passaggi e luoghi segreti, per un totale di 72 livelli giocabili ma di 96 “uscite” dagli stessi.

Considerando poi che viene permesso (e suggerito) al giocatore di ripassare presso i livelli che più facilmente elargiscono vite e bonus, venne implementata una serie di scorciatoie che poi divenne a tutti gli effetti un piccolo mondo a parte (La “Star Road”) che consente ai giocatori più abili di arrivare a Bowser giocando soltanto 11 livelli, e che una volta completata dà accesso ad nuova serie di quadri la cui difficoltà supera di molto quella del resto del gioco.


Self Control
Come per tutti gli altri capitoli della saga dell’idraulico, anche questa volta un ruolo fondamentale è svolto dai controlli, che si adagiano perfettamente sull’ottimo pad del Super Nintendo;
Al contrario chi invece ha acquistato SMW sulla Virtual Console del Wii senza avere un Classic Controller si sarà reso conto della totale impossibilità di giocare con un pad del Gamecube, segno questo dello stretto legame che intercorre tra le macchine ed i giochi della Nintendo.

Tornando “in game”, il rapporto fra Mario ed il giocatore è diretto e strepitoso, ed in breve si padroneggiano prima le capacità motorie “semplici” dell’idraulico (con salti sui funghi in scivolata e controsterzo, very very stylish!), per poi passare a cavalcare Yoshi e soprattutto a volare con il mantello, vero e proprio gioco nel gioco che a fronte di un sistema di controllo piuttosto complesso offre grandi soddisfazioni una volta acquisita sufficiente esperienza.


United Colors of Super Mario
Se la giocabilità raggiunge livelli stellari grazie ad un controllo sopraffino, l’aspetto tecnico di Super Mario World non è assolutamente da meno, tanto da aver influenzato tutti i capitoli successivi nonostante non sia effettivamente ambientato nel classico Regno dei Funghi, bensì sull’Isola dei Dinosauri.

Tutto, dallo sprite di Mario (che si calca il cappello quando si abbassa e fa le nuvolette quando cambia rapidamente direzione) al più banale dei fondali è volto anche qui a stabilire un’armonia stilistica inconfondibile, con gli oggetti rilevanti ai fini del gioco ben particolareggiati e sfumati mentre i cespugli e tutto ciò che funge da ornamento è reso in modo minimale con colori estremamente netti, fino ad arrivare alle curiose forme geometriche che spesso fanno da sfondo alle zone “a cielo aperto” del mondo di gioco.
Discorso a parte per le varie fortezze dei mostri di fine livello, l’interno delle quali è reso imponente con molti grigi e fondali estremamente dettagliati.

Altrettanto degno di nota è il sonoro, pieno di jingle che non stancano mai e di effetti che palesavano le capacità (ai tempi sbalorditive) del Super Nintendo: basta sentire l’eco dei vari sfx mentre si affrontano i livelli sotterranei per rendersi conto della cura che è stata dedicata ad ogni singolo aspetto di questo meraviglioso gioco.


Mamma Mia!
Inutile dire che il giudizio finale per un gioco di questa caratura era ed è tutt’ora il migliore possibile: ad oggi non esiste un platform, 2D o 3D, che abbia superato Super Mario World in giocabilità, design e bilanciamento, e la parte tecnica è ancora fulgida e splendente come un tempo, tanto che lo sprite di Mario è uno dei più utilizzati e riprodotti in pixel art.
Il platform definitivo?
Non saprei, ma se a 17 anni di distanza nessuno (compreso lo stesso Mario, a mio parere..) è riuscito a superarlo, ci sarà un motivo, no?

Alex the Allegator 4

La trama di questo simpatico giochino non brilla certo di inventiva: in un soleggiato e tranquillo giorno, alcuni (penso) contrabbandieri con un elicottero rapiscono Lola, la fidanzata del nostro eroe, per farne delle scarpe di coccodrillo. Riusciremo ad aiutare Alex a liberarla?

La prima cosa che salta subito all'occhio è la scelta monocromatica dei colori che richiama molto lo schermo del vecchio Game Boy.
Ma le citazioni non finiscono qui: il prode Alex, per uccidere i nemici dovrà saltargli addosso (chi ha detto Super Mario?), ma non solo, in alcuni punti del terreno ci sono delle ventole che lo faranno diventare una 'palla rotolante' (c'è un porcospino che ne sa qualcosa) che eliminerà qualsiasi cosa gli verrà addosso.

Una volta terminata la partita il gioco permetterà di ripartire dall'ultimo livello fatto, in più segnalerà se siete riusciti a prendere il 100% delle stelle e dei frutti sparsi per il livello il che permetterà di accedere a degli stage bonus.
Ovviamente saranno presenti i boss di fine livello.

Il gioco non propone nulla di nuovo, a volte i livelli sono un po' poveri di elementi, ma grazie all'immediata giocabilità credo che finchè non lo avrete finito, un paio di partite le farete volentieri (anche solo per ripassare nei vecchi livelli per prendere tutte le stelle e i frutti).

E' incluso un editor per creare livelli personalizzati, con la possibilità di inserire tutti i frutti/nemici/quant'altro desideriamo!

Super Mario Galaxy

Non è mai facile scrivere la recensione di un titolo della serie principale di Super Mario, sia perchè si tratta della serie da cui è nato il genere "platform" come oggi lo conosciamo, sia perchè Shigeru Miyamoto è stato in grado (tranne in un paio di occasioni...) di rinnovare, ammodernare ed ampliare sempre più il design originale facendo sì che ogni nuovo capitolo divenisse un nuovo paradigma del genere, e rimanesse insuperato fino al successore.
Sommate a queste premesse il fatto che Super Mario Galaxy ha tre enormi responsabilità: di accompagnare il Wii nella sua corsa al record, di dover rimediare alla "caduta di stile" di Super Mario Sunshine (un ottimo gioco, ma questo per una serie di tale livello non basta...) e di dare finalmente a Super Mario 64 un degno successore;
Capirete quindi la difficoltà di cui parlavo nell'incipit della recensione, derivante dai vari livelli di giudizio a cui è necessario sottoporre questo gioco.
Analizziamo i problemi di Shigeru uno ad uno...
 

Un vero seguito per Mario 64
Super Mario 64 aveva un compito difficile: adattare i meccanismi classici della serie alla terza dimensione senza snaturarla ma piuttosto sfruttando al meglio le nuove potenzialità.
Super Mario Galaxy aveva un compito praticamente impossibile: eguagliare e superare Mario 64 senza però poter ricorrere ad una rivoluzione eclatante come il passaggio 2D-3D.

Miyamoto, con la naturalezza che lo distingue, è riuscito nell'impresa inserendo due semplici fattori: la gravità e la variabilità del numero di dimensioni a disposizione.

E così i livelli di Mario Galaxy diventano una caotica sequenza di pianeti, piattaforme ed oggetti ognuno dotato di una propria gravità, capace di attrarre Mario e di tenerlo addossato alla propria superficie cosìcchè l'idraulico possa percorrerne la superficie in lungo ed in largo facendo perdere significato ai concetti di sopra e sotto, destra e sinistra.

Questa prima rivoluzione newtoniana portava però con sé molte insidie: le strutture dei livelli più complessi si sarebbero infatti dovute piegare al potenziale aumento della difficoltà derivante da un movimento completamente tridimensionale e per di più a gravità variabile, mentre nei livelli più semplici sarebbe stato praticamente impossibile morire se non di proposito, venendo a mancare il rischio costante di precipitare nel baratro tipico della serie e del genere.

Shigeru pose rimedio a questo problema come suo solito maniera elementare ma come sempre tutt'altro che scontata, ovvero rendendo mutevole, anche all'interno di uno stesso livello, il numero di dimensioni nelle quali il giocatore si muove:

Si vengono così a trovare nel gioco piccoli mondi di varie forme esplorabili su tutti i "lati" (non sempre di sfere si tratta...), mondi più grandi e più tradizionalmente tridimensionali nei quali il gameplay si svolge in modo non dissimile da quello di Mario 64, e altri ancora che con naturalezza aboliscono anche la terza dimensione riportando Galaxy ai fasti di Super Mario World.

Questo consente che pur proponendo meccaniche sempre nuove sia il gioco ad plasmarsi attorno al giocatore e non viceversa.

Aggiungeteci la sporadica comparsa di una quarta dimensione rappresentata dal tempo limitato e la presenza di ben 7 trasformazioni di Mario (alcune delle quali a loro volta a tempo) ed avrete una minima percezione della varietà riscontrabile nei livelli di Galaxy, una varietà tale e tanta da lasciare a bocca aperta dai primi momenti di gioco fino ai livelli più avanzati, con un divertimento ed un'estasi "infantile" che accompagnano costantemente il giocatore lungo tutto il suo percorso ludico come raramente si è visto altrove.

La caduta ed il ritorno del Re
Super Mario Sunshine fallì miseramente nel suo tentativo d'attestarsi come successore ideale del capitolo per Nintendo 64 in quanto la direzione scelta dai suoi director, Koizumi e Usui, fu quella di evitare il confronto diretto col predecessore modificando ambientazione, personaggi, stilemi e meccaniche.

Il risultato fu come già detto discreto, ma diveniva disastroso se visto nell'ambito della serie regina di Nintendo: tutte le serie storiche della casa di Kyoto hanno come carattere peculiare una coerenza concettuale che unisce i capitoli di ogni saga e che riguarda soprattutto le meccaniche di gioco, a ben guardare le stesse dai tempi del NES sia che si parli rispettivamente di Mario, di Zelda o di Metroid.

Sunshine invece abbandonava questa regola non scritta andando ad inserire Mario in un contesto inedito, per certi versi più affiancabile ad un GTA che ad un platform, e fondamentalmente non adatto a lui;

Immetteva inoltre elementi di design che pur arricchendo il gameplay spostavano l'attenzione del giocatore dalle basi del genere, ovvero il salto tra le piattaforme, cercando un'evoluzione simile a quella subita da serie come Ratchet & Clank o Jak & Daxter.

Il risultato fu un gioco ibrido, che ad una buona componente platform univa features evidentemente fuori luogo, oltretutto non implementate al meglio; Galaxy doveva quindi allontanarsi il più possibile da questa nuova concezione riportando Mario alla sua essenza di gioco di piattaforme "puro".

Piccola parentesi di gossip videoludico: Si dice che in Nintendo non fossero particolarmente contenti del lavoro che Left Field Productions stava svolgendo sul secondo capitolo della serie Excitebike per Nintendo 64, e così Miyamoto si recò di persona nei loro studi in California. Visto il gioco in sviluppo, narra la leggenda che Shigeru chiese agli sviluppatori di togliere tutto: dossi, curve, salti, tutto quello che caratterizza un gioco di motocross.

Perchè?

Perchè doveva essere divertente innanzi tutto il semplice andare in giro con la moto in un terreno piatto e vuoto, come a dire che perchè un videogioco funzioni, le singole componenti del gameplay devono essere autonomamente divertenti, così che poi una volta unite e sapientemente miscelate possano dare vita ad un costrutto che è contemporaneamente una matrioska di sotto-giochi tutti funzionanti autonomamente ed un solo prodotto che diverte nel complesso.
Mario Galaxy fa di questa filosofia il suo fondamento: sin da quando Mario poggia i piedi sul primo minuscolo pianetoide, il giocatore percepisce chiaramente la cura che è stata riposta in ogni suo singolo aspetto tanto che tutti, nessuno esluso, passano i primi minuti di gioco a correre in tondo e saltare sulla piccola e spoglia superficie sferica, messa lì sia per permettere di prendere gradualmente confidenza con i comandi e con la nuova concezione di "piattaforma", sia per indurre quella "regressione all'infanzia" che è alla base del videogioco e che permetterà di apprezzare con cuore e mente aperti tutto ciò che seguirà.

E quello che più impressiona è che questi concetti, così come le sensazioni da essi scatenate, sono esattamente gli stessi di Super Mario Bros, il primo gioco di piattaforme "a scorrimento" della storia.

Scoppio ritardato
A quasi un anno dall'uscita del Wii, Mario Galaxy è probabilmente stato il primo titolo a mettere in mostra le capacità tecniche della meno potente delle tre console casalinghe della settima generazione: nonostante mantenga uno stile grafico e sonoro sobri e giocosi, a ben guardare (e sentire) il gioco non lesina in cura e finezze.

Tutte le galassie/livelli danno un'imponente sensazione di solidità donata da ottimi algoritmi d'illuminazione che forse per la prima volta nella serie inducono il giocatore a fermarsi ad osservare lo splendido ambiente circostante, con un universo di sfondo sempre popolato da tutti i pianetoidi che compongono la galassia in corso; una volta arrivati su ognuno di essi poi troveremo miriadi di particolari animati tesi a renderne la vitalità e l'organicità.

Stessa valutazione eccellente per il sonoro, che unisce agilmente i jingle tipici con musiche sontuose (bellissima quella della Galassia Megaroccia!) che forse per la prima volta superano in qualità e lirismo quelle di The Legend of Zelda.

Discorso a parte per il sistema di controllo, ereditato in gran parte da quello di Mario 64 e di conseguenza ben poco utile a mettere in risalto le peculiarità del Wii, sfruttate in modo più approfondito solo in alcuni specifici livelli. Questo è stato motivo di biasimo da parte di chi si aspettava un gioco che finalmente ne mostrasse un'applicazione efficace anche sui generi più classici, e non posso dire che questa non sarebbe stata l'occasione più adatta per farlo.

D'altra parte non posso escludere che ci sia stato un buon numero di sperimentazioni in merito, ma l'applicazione effettiva di queste "prove" potrebbe essere stata solo rimandata così come definitivamente bocciata. La mia impressione è che, complice anche un inizio di sviluppo sull'hardware Gamecube (il famoso Mario 128 da cui prima ancora di Galaxy derivò l'ottimo Pikmin), Miyamoto si sia maggiormente concentrato sul gioco piuttosto che sulla macchina su cui questo sarebbe dovuto girare per far sì che Galaxy fosse quel monumento al gameplay che è a prescindere...purtroppo il dubbio potrà togliercelo soltanto il prossimo gioco della serie...

A onor del vero però va citata l'unica vera novità riguardante questi discussi controlli, ovvero la possibilità da parte del giocatore di partecipare al gioco in una contemporanea doppia vece: se da una parte infatti con Nunchuck e tasti si controlla Mario in modo piuttosto classico, dall'altra il Wiimote funge da puntatore con il quale raccogliere e sparare le astroschegge (sorta di frammenti stellari utili per stordire i nemici e per sbloccare livelli nascosti) ed aiutare lo stesso Mario nella sua corsa cosmica ad ostacoli.

Questo porta il giocatore contemporaneamente dentro e fuori dal gioco facendogli impersonare sia l'italico idraulico sia sè stesso, il che crea una strana sensazione "pseudo-metareferenziale" sulle prime per poi divenire una ennesima variabile in grado di dare luogo ad ulteriori variazioni (anche sostanziali) del gameplay, oltre che spunto per un certo grado di stylish gaming;
Inoltre questa novità ha portato all'inserimento di una nuova modalità cooperativa che pur se un pò strana e limitata è un evento completamente inedito per la serie e verrà sicuramente approfondita in futuro.
E a questo punto diventa quasi stordente pensare a cosa Miyamoto avrebbe potuto fare con dei controlli di questo tipo in un gioco che unisse il concept platform di Galaxy con quello da RTS di Pikmin...che il famoso Mario 128 in realtà debba ancora arrivare?

Concludendo
Super Mario Galaxy è un gesto d'amore:
L'amore di un padre che guida la sua creatura nella crescita e che passo dopo passo la segue, la cura, la arricchisce senza mai però tradirne la natura intrinseca.
E che pur di non farla contravvenire a questa natura semplice ma solida e duratura è capace di costruirle intorno universi interi, stravolgere le leggi della fisica, inventare ciò a cui nessuno ha mai pensato prima o semplicemente infrangere i limiti e le regole che lui stesso le aveva imposto.
Si tratta forse dell'unico platform autentico di questa generazione, sicuramente si tratta del migliore.
...almeno fino al prossimo Super Mario...