Teslagrad è un platform che si presenta subito con una grafica carina e curata e intrattiene il giocatore per diversi livelli, senza affidarsi al backtracking per allungare il brodo. Il personaggio principale, un ragazzino che vive in una realtà distopica che si richiama alla Russia della Rivoluzione, deve lottare contro un dittatore sfruttando i poteri dell'elettricità (quella "magica" di Nikola Tesla), come la possibilità di creare degli scudi elettrici positivi e negativi e colpire con i pugni caricati con la giusta polarità, o di teletrasportarsi oltre degli ostacoli sottili.
Le schermate sono dei minipuzzle e il gioco salverà non appena avrete oltrepassato il minischema. Sembra un po' Braid per certi versi. Sono presenti numerose boss fight con dei boss caratterizzati piuttosto bene e interessanti.
Una boss fight non si riduce mai a "colpisci il mostro" ma si tratta di capire la debolezza dell'avversario per sfruttarla a nostro favore con l'ultimo potere scoperto e poi scappare e rifilare un nuovo colpo, così come insegnano serie storiche quali Zelda e Super Mario.
Alle volte bisogna combinare i poteri insieme per potergli recare danno.
Visto così, sembrerebbe un gioco carino e un buon passatempo, ma ha un problema che lo mina profondamente: la difficoltà esagerata da metà gioco in poi.
La curva di apprendimento sale gradualmente e per quanto all'inizio vi divertirete con un giusto equilibrio di difficoltà, già arrivati al blocco di livello precedente al terzo boss, vi salirà la frustrazione.
Ieri sono incappato in una schermata che mi ha bloccato per 1 ora e mezza. Non che non avessi capito come risolverla, è che non riuscivo a mettere in atto la soluzione. O colpivo delle punte e il personaggio esplodeva o non si apriva un passaggio per tempo e dovevo rifare tutto, fatto sta che dopo averla finita non mi sentivo appagato per avercela fatta ma enormemente frustrato. La boss fight successiva era un mezzo delirio e dopo un paio di tentativi, ancora distrutto dalla schermata precedente, ho disinstallato il gioco dicendo "ma chi me lo fa fare? ho 'Inside' installato sul pc."
Non posso quantificarvi la durata del gioco, che di solito è la pecca dei giochi indie, anche se non fosse particolarmente lungo, vi terrà impegnati per un quantitativo di ore altissimo, vista la difficoltà di fondo di alcune schermate.
Il comparto audio non mi ha lasciato nulla, non l'ho nemmeno notato, e concludo dicendo che per giocarlo bisogna assolutamente utilizzare un gamepad.
Come nota di contorno aggiungo che è presente oltre che su GOG e Steam anche su tutte le console Sony compresa PSvita, Xbox One, Wiiu
Ieri notte è andata in scena la presentazione ufficiale della nuova PS4 di Sony e ovviamente non sono mancati i filmati dei giochi in arrivo per la console. Perché ne parliamo qui? Perché tra i vari titoli succedutisi sul megaschermo ne è apparso uno molto atteso anche dagli appassionati di indie games per PC.
Stiamo parlando di The Witness, l'avventura in prima persona ideata da Jonathan Blow, il "papà" del pluriacclamato Braid. L'autore stesso è salito sul palco a introdurre il primo, breve filmato dell'ultima versione del gioco (che ha mostrato enormi passi avanti rispetto ai primi prototipi). Come dichiarato da Blow, The Witness sarà un'avventura open-world basata sulla risoluzione di puzzle logici e cercherà di stimolare il giocatore con continue trovate (sebbene il filmato mostri soltanto enigmi apparentemente molto simili tra loro - e un po' banali, a dirla tutta).
Dalle prime immagini sembra quasi di trovarsi davanti a una versione moderna del primo Myst, ma è presto per fare dei paragoni. Intanto teniamolo d'occhio.
Sito ufficiale
Discutiamone nell'OGI Forum
Di platform ne abbiamo visti a bizzeffe negli ultimi tempi. Sembra quasi di assistere a continui esercizi di programmazione (o di stile, che dir si voglia) analoghi a quelli sfornati all'epoca di tetris e dei suoi cloni. Ma questa volta sembra esserci qualcos'altro. Ricorda a tratti Braid (la gravità, le stelle, il tempo), ma sembra avere un gameplay e uno stile grafico del tutto differenti. Intrigante.
Raccogliamoci tutti in trepidante attesa.
Premessa/AM: Pochi giorni fa, in maniera del tutto casuale sono venuto a conoscenza di "One and One Story" , un gioco molto semplice che mi ha fatto subito simpatia per la cura dei dettagli e l'atmosfera un pò malinconica. Appreso che l'autore fosse un giovane italiano, ho voluto indagare un pò più a fondo, e devo dire che ne è valsa la pena poichè ne è scaturita un'intervista molto divertente. Buona lettura!
AM: Parlami un po' di te: dove vivi, studi fatti, passioni, esperienze professionali e non in questo settore, cosa stai cercando e qual è la tua attuale professione.
MT: Domanda complessa! (Anche perché non c'è molto da dire attualmente!) Mi chiamo Mattia, ho diciotto anni e vivo a Roma. Per quanto riguarda gli studi, direi che il liceo con il game dev c'entra poco (anche se, a mio modo di vedere, dà modo di formare una cultura generale utilissima ad un Game Designer), dunque posso parlarti di ciò che ho letto in maniera autonoma.
Posseggo una decina di libri sul Game Design (In particolare consiglio lo Schell e "A theory of Fun" a chi eventualmente fosse interessato) e devo dire di averne letti ben tre. Il segreto di un bravo designer è infatti una libreria completa e la faccia tosta per fingere di aver letto tutto. Scherzi a parte, per ora lo studio teorico nel campo è veramente occasionale, la principale fonte di esperienza è stata la pratica diretta. Per quanto riguarda le esperienze personali, ti rimando al mio sito in cui trovate la mia ultima fatica, tale One and One Story e qualche prototipo random. Indie as hell!
AM: Quando hai deciso che avresti voluto fare il programmatore di videogiochi?
MT: Beh... mai! La programmazione per quanto mi riguarda è qualcosa di estremamente noioso! Per me è solo un mezzo per esprimere la creatività. Quello in cui sto tentando di specializzarmi è il cosiddetto "Game Design", l'arte di ideare, progettare e dirigere un gioco ed il suo sviluppo. Pare divertente già dalla definizione, non credi?
AM: Che difficoltà hai incontrato in questo percorso, e a che punto ritieni di essere adesso?
MT: La maggior difficoltà è sempre la mancanza di tempo. Purtroppo non basta mai! Sono stato costretto a sacrificare parte della mia vita personale e dei miei studi durante la creazione di One and One, dedicando ad esso anima e corpo, "lavorando" (tra virgolette perché è un piacere, non un lavoro) anche cinque o sei ore al giorno, dovendo anche studiare e cercare di mantenere una parvenza di vita sociale. Riguardandolo adesso noto che è tecnicamente così semplice che potrebbe essere realizzato in un tempo dieci volte inferiore di quanto impiegai. Questo perché la parte più lunga e tediosa è stata quella di "polishing" del prodotto finale; d'altronde è ben noto che se il 90 % del gioco viene facilmente creato in un tempo T, per finire quel 10 % rimanente ci vorranno almeno 4T!
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, ora non sono da nessuna parte. E' questo il bello di lavorare da indipendenti, sei sempre DOVE TI PARE.
AM: C'è stato un gioco in particolare che ha svegliato in te la voglia di realizzarne uno tutto tuo?
MT: I due titoli che più mi hanno segnato sono stati Half-Life 2 della Valve e Braid di John Blown. Se grazie al primo ho finalmente capito che il videogioco è un mezzo espressivo incredibile e una nuova forma d'arte, Braid è forse ciò che mi ha veramente spinto (a provare) ad entrare in questo mondo! Ogni volta che ci gioco, quasi piango. Sul serio! E' davvero troppo bello per non commuoversi.
AM: Come vivi la vita del programmatore di videogame in Italia? Vuoi che diventi il tuo mestiere?
MT: I problemi dell'Italia sono principalmente il mancato interesse verso progetti di un certo livello e dunque la mancanza di finanziamenti. Le realtà affermate che lavorano ai titoli AAA si contano sulle dita di una mano!
Per quanto mi riguarda, il problema mi tocca poco o niente perché lavorando a piccoli giochi flash, non ho bisogno di effettuare grandi spese. Certo, le tasse non fanno comodo!
Ho comunque deciso di spostarmi all'estero, ma più per esperienza personale che per un qualche fattore limitante.
Post Scriptum: Come già detto, non sono un programmatore!
(nda: eh lo so mpare, ma le domande le ho scritte tutte insieme..)
AM: Parlami un po' di One and One Story
MT: One and One Story è un classico platform puzzle le cui meccaniche variano ogni tot livelli. La differenza è che le meccaniche del gioco sono legate a doppio filo con la narrazione stessa, nello specifico una relazione tra un ragazzo ed una ragazza. Se volete provarlo, ho già spammato il link nella risposta numero uno!
E' il mio primo gioco "serio" (e non venitemi a dire che tutti i giochi in flash non sono seri! Ci sono certe perle incredibili, date un'occhiata a Time Fcuk, I wish i were the moon, Coma...) e la mia prima prova sul campo.
Devo dire di essere parecchio soddisfatto, le view totali ammontano a tre milioni e se n'è parlato parecchio anche tra la stampa specializzata. Una menzione d'onore merita l'articolo di "Die Spiegel", noto magazine tedesco che probabilmente molti di voi conoscete. Come diciamo a Roma, Fomento!
AM: Avverto in One and One Story una vena malinconica, ci sono delle belle frasi ricercate che accompagnano il percorso dei nostri due amanti, ed il finale ha un bel messaggio d'amore. Ti sei ispirato a vicende personali? Sempre che tu voglia parlarne..
MT: Credo che tutti abbiamo avuto almeno un'esperienza amorosa nella vita, positiva o negativa che sia. Dunque il gioco non è la storia delle due silhouette ma di tutti noi!
Già, ho risposto tutto e niente. Pazienza!
.
AM: Sbaglio o ci vedo qualcosa di Limbo?
MT: Sai che me lo dicono tutti? Mai giocato Limbo!
Molto probabilmente è quel gioco ad aver copiato me (X) (Ma le emoticon si possono mettere in un'intervista? Facciamo gli alternativi.) (nda: NO! l'intervista è mia e le emoticons non le voglio!)
E' nella mia immensa libreria steam (tremendamente immensa: mi giustifico facendo notare che un Game Designer deve avere una vasta cultura ludica) da tempo immemore. Prima o poi ci giocherò!
AM: Ho letto che la grafica è realizzata da Gabriele Bonis (gabrielebonis.com); tu hai disegnato qualcosa o non ti occupi proprio di grafica e perché!?!
MT: Come hai ben detto, la parte visiva è stata interamente realizzata da Gabriele Bonis, talentuoso giovine amante di Monkey Island che mi sento di raccomandare caldamente. Attenzione però, alla sua passione verso i polli con una carrucola in mezzo.
Per quanto mi riguarda, il massimo che posso disegnare è un singolo pixel in pixel art. Uno solo. Ne basta uno in più per uscire fuori dalle mie competenze. Per sollazzare le vostre menti, vi mostro com'era la >>grafica prima e dopo<< l'arrivo di Gabriele.
AM: Invece mi dici qualcosa sulla musica?
MT: La musica è stata prodotta interamente da David Carney. Se lo cercate su google, troverete un giocatore di Rugby e, ecco non è lui... Quindi eccovi il link al suo sito.
Inizialmente il gioco aveva un brano dal film "The Road" come colonna sonora (Magnifico!) , ovviamente impossibile da tenere a causa dei diritti d'autore.
Devo dire che David ha svolto un magnifico lavoro su quest'aspetto, componendo qualcosa di veramente eccezionale. Vi consiglio di ascoltare altri suoi lavori, personalmente io adoro Kathryn.
AM: Progetti futuri?
MT: No idea. Sono pieno di idee ma non so veramente da cosa iniziare! Inoltre come al solito mi manca il tempo.
In progetto c'è la versione Ios di One and One Story, altre due idee per un platform puzzle e un piccolo rpg con componente puzzle! (Quest'ultimo mi intriga assai... credo che comincerò da questo)
AM: Vuoi fare qualche ringraziamento o saluto in particolare?
MT: Mai visto il programma di Sonia su Super Tre? Che programma epico! Questa domanda veniva posta ad ogni bambino che, terrorizzato, finiva col ripetere la solita sequenza "mamma, papà, nonni e... tutti quelli che mi vogliono bene".
Il ringraziamento principale questa volta spetta a te per l'intervista, è la mia prima. (nda: questa te la passo..)
AM: si faccia una domanda e si dia una risposta (...)
MT: Ma l'uomo discende dalla scimmia, per risalire dove? [cit. Crozza]
Scherzi a parte, vorrei davvero chiedermi quando la smetterò di comprare tutti quei giochi su steam....
A quanto pare non ho risposto.
AM: Un argomento a piacere.
MT: Sono stato mezz'ora a fissare questa domanda in cerca di un'idea.
Nel frattempo mi è venuto in mente che devo ancora comprare i biglietti per il nuovo spettacolo di Lillo & Greg. Vale come argomento a piacere?
AM: Ringrazio Mattia per la simpatia e l'umiltà dimostrate in quest'amichevole intervista, e lo invito a tenerci informati su eventuali progetti futuri. A presto!
Se alle pareti della vostra stanza ci sono solo quadri di Escher e se la vostra figura geometrica preferita è il Triangolo di Penrose, allora sappiate che il gioco che aspettavate da una vita sta arrivando.
Sviluppato da Ty Taylor (programmazione) e Mario Castaneda (animazione), The Bridge è un platform/puzzle game che fa un ampio uso della fisica e delle illusioni ottiche per cercare di far ammattire il giocatore livello dopo livello. Lo stile grafico (e le sensazioni che trasmette) ricorda da vicino Braid, anche se qui non sarà data la possibilità di pasticciare con il tempo, ma "soltanto" con la gravità e con le leggi della logica: i concetti di sopra e sotto non sono assoluti e una colonna può diventare un ponte e viceversa.
Nel sito degli sviluppatori è presente una demo, ma solo fino al 31 Ottobre! La data d'uscita del gioco completo è ancora ignota.
Il buon The Ancient One ci offre una retrorecensione che arriva da un passato recente (ma son passati ben tre anni, ormai) e che ci presenta uno dei migliori titoli indie degli ultimi tempi: Braid di Jonathan Blow.
Braid è un gioco indie: una produzione indipendente, ralizzata da un team di poche persone (due in questo caso), con un budget ridotto per lo più frutto di auto-finanziamento. Ma è anche uno dei pochi titoli indie ad aver avuto un successo globale, complice anche la grande diffusione sugli store virtuali di PS3 e X-Box360.
La caratteristica peculiare di Braid sono le innovative e geniali meccaniche di gioco. Prima di approfondirle però, una considerazione: in rete si è "filosofeggiato" in lungo ed in largo sulle idee dietro a Braid e su come queste riescano a far vivere al giocatore una peculiare esperienza del tempo e dello spazio.
Non c'è dubbio che tutti i "paroloni" spesi (e ben riassunti sulla pagina di Wikipedia del gioco) abbiano contribuito al successo di questo titolo. Chi scrive è certo che il giovane autore di Braid si sia avvicinato al suo lavoro con uno spirito "alto" e delle idee sicuramente "illuminate", che effettivamente trasudano nel gioco. Ma chi scrive è altresì convinto che Braid resti soprattutto un... gioco. Anzi, un "giochino" vecchia maniera: meccaniche originali, ben pensate ed ancora meglio strutturate.
Braid è un gioco capace di sfidare l'intelligenza del giocatore e di costringerlo a pensare in un modo... nuovo.
Braid è una bella esperienza, ma non quell'esperienza "metafisica" di cui qualcuno ha parlato.
Braid è un platform, che vuole essere nemesi di tutti i platform
Ha la forma del platform, ma la sostanza del puzzle game.
Sfrutta le meccaniche di un Super Mario per offrire la sostanza di un Lemmings o di un The Incredible Machine. E come questi due titoli trasuda originalità ed innovazione: merce rara di questi tempi.
Tutto il gioco ruota intorno alla capacità del protagonista di mandare liberamente indietro ed in avanti il tempo: sconfingendo la morte, annullando la necessità di riflessi pronti e... azzerando l'adrenalina. È sul tempo (che va avanti ed indietro) che si gioca l'intera partita e lì sta il segreto di questo gioco così originale. A questo tema centrale si affiancano tante variabili diverse: oggetti o nemici immuni alla vostra capacità di alterare il tempo, nemici sincronizzati col vostro movimento (si spostano a sinistra, di pari passo che voi vi spostate a destra), la vostra ombra che ripete le vostre azioni mentre voi ne state già compiendo altre...
Non un solo enigma del gioco si ripete. Ma tutti si risolvono grazie alle poche regole fondamentali del gioco.
Braid è un gioco onesto con il giocatore
Difficile perché richiede l'intuizione giusta, che però è sempre logica e sempre lì sotto i vostri occhi... se solo riuscite ad adottare la giusta forma mentis per vederla.
In nome di un tempo soggettivo e personale, non tutti gli enigmi devono essere risolti subito. E finire un livello non significa averlo completato. La trama non è svelata in ordine cronologico, ma a ritroso. Senza un ordine prestabile con cui affrontare i vari mondi.
Ebbene sì: c'è una trama. E peculiare anche. A tratti persino onirica. Con un gran finale, che vi spiazzerà e vi darà da pensare. Un finale che forse (questo sì!) fa fare un salto nel metafisico.
Braid è un acquisto obbligato
Un bel gioco, autentico e sincero in ogni sua parte (dal gameplay alla grafica disegnata a mano in HD, passando per la trama). Non ha dietro logiche commerciali -e si vede!-, ma bensì tutta l'anima di un gioco, palesemente creato da un giocatore. Una bella sfida per ogni giocatore, da quelli navigati (in cerca di un'esperienza nuova) ai casual gamers, offerta ad un prezzo giusto.
Non lasciatevelo scappare!
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
Chi siamo | Contattaci | Policy | Manifesto