Intervista a Dave Gilbert e Vince Twelve

Il sistema kickstarter, utilizzato recentemente da alcuni nomi celebri dell'industria videoludica (vecchia e nuova), ha fornito molti spunti di riflessione e in alcuni casi ha addirittura diviso il pubblico degli utenti in due o più fazioni.
 
Da una parte gli scettici, convinti sostenitori del modo tradizionale di produrre giochi (ovvero attraverso il finanziamento e il coordinamento di un publisher o di una serie di investitori) e quindi delle vecchie “gerarchie” all'interno di una software house, dall'altra invece i supporter di tali iniziative, coloro che credono in questa nuova formula, nella bontà di alcuni progetti e soprattutto nella possibilità non solo di garantire agli autori una maggiore libertà creativa ma anche di coinvolgere gli appassionati attraverso una forma di partecipazione più diretta, seppur moderata, allo sviluppo del prodotto finale.

I realizzatori di giochi “indie” hanno invece da tempo aggirato il problema. Il videogioco “indipendente” è infatti per definizione sviluppato da una singola persona o da un piccolo team di lavoro, spesso appassionati che lavorano senza l'ausilio economico di un editore, ma anche liberi da qualsiasi tipo di restrizione creativa. Le risorse contenute in termini economici e umani, costituiscono ovviamente un limite per questo tipo di giochi, tuttavia non sono mancati titoli “indie” che hanno raggiunto anche un buon successo, come Minecraft, Braid, World of Goo, per citarne qualcuno, conquistando anche l'universo delle console (basti pensare al fenomeno XBlig). 

A questo proposito volevamo ascoltare l'opinione di qualche autore che opera nella scena indie, che vive con leggero distacco le regole del mercato mainstream, anche per sapere cosa ne pensino dei progetti kickstarter e delle  recenti iniziative di crowd-funding; da qui la chiacchierata con Dave Gilbert e Vincent Twelve, che ora andremo a presentare brevemente.  
 
                               
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dave Gilbert è probabilmente il più conosciuto dei due. Professione game designer, sviluppatore indipendente di avventure grafiche, nonché fondatore (con sua moglie Janet) della Wadjet Eye Games e realizzatore di titoli piuttosto celebri tra gli appassionati del genere, come The Shivah, Emerald City Confidential e The Blackwell Legacy.  Questo ex insegnante di inglese di origine ebraica e che non ha nessun tipo di parentela con il più celebre Ron Gilbert, ha iniziato a realizzare giochi freeware nel 2001, in modo assolutamente amatoriale, tra le mura di casa.
 
Nel 2004 , utilizzando il software gratuito Adventure Game Studio ha creato Two of a Kind,  titolo che ha anche vinto l'AGS Award per il “miglior gameplay”.  Nel 2006 è iniziata la sua avventura nel mercato professionistico e appena un anno dopo la sua casa produttrice ha vinto l'ambito oscar come Best New Studio, riconoscimento rilasciato dagli esperti della prestigiosa “Game Developers Conference”. In seguito alcuni dei giochi sviluppati dalla Wadjet Eyes hanno visto un discreto successo di pubblico e di critica. 
 
Vince Twelve è un altro sviluppatore di avventure indie, non per professione ma per pura passione. Originario della città di Omaha, in Nebraska, vive oggi in Giappone con la propria famiglia dove lavora come insegnante di inglese in alcune scuole elementari. Fondatore della XII Games, con la quale sta tentando l'esperienza “professionistica”, Twelve condivide con Dave Gilbert non solo l'amore per le avventure grafiche ma anche un'amicizia personale.
 
Tra i giochi di maggior successo segnaliamo Anna, un titolo fantascientifico e Linus, ispirato addirittura ad alcuni film di culto sui samurai oltre che ai classici cartoni giapponesi con i quali noi tutti siamo cresciuti. Proprio con il gioco freeware What Linus Bruckman Sees When His Eyes Are Closed (questo è il titolo completo dell'ag che potete trovare esattamente qui), il game designer americano ha vinto nel 2006 l'AGS Award per “Best Innovation” e “Best Scripting”, premio destinato alle avventure sviluppate con il software Adventure Game Studio. 
 
Qui di seguito trovate l'esito di questa piacevole conversazione. 
 
 
LargoLagrande: Ciao ragazzi, cominciamo con una domanda classica. Qual è l'avventura grafica che vi ha ispirato maggiormente e che vi ha spinto a creare giochi?
 
Dave Gilbert: Ho iniziato a giocare avventure grafiche nel 1986, quando mia madre commise l'errore di regalarmi una copia di Wishbringer, della Infocom. Da allora ho iniziato sempre più ad esplorare questo genere.
 
Tornando alla domanda, potrà sembrare strano, ma non cito i soliti nomi; il gioco che mi ha influenzato di più infatti è stato un titolo di cui pochi hanno sentito parlare. bisogna tornare indietro al 1999, ed è un'avventura fantascientifica in terza persona, realizzata in grafica 3D e chiamata Zero Critical, rilasciata dalla Bethesda Softworks anche in versione retail.
 
Al tempo avevo letto qualcosa che mi aveva incuriosito molto, ovvero si trattava di un lavoro realizzato semi-autonomamente da Istvan Pely e sviluppato in modo quasi amatoriale durante il proprio tempo libero, utilizzando l'Adobe Director. Il fatto che un gioco del genere potesse essere venduto anche con un'edizione “fisica” nel 1999 mi ha sempre affascinato (pensate l'ho trovato sullo scaffale dei giochi per pc del mio “Babbage” locale, [NDT catena di negozi oggi assorbita dal gruppo GameStop]).
 
Con il passare del tempo sono nati nuovi “tool” estremamente utili per un game designer e sono diventati di uso comune nuovi modi di distribuire questi prodotti che permettono a chiunque di rendere il proprio lavoro accessibile a tutti anche a livello mondiale. Ogni qual volta penso a Zero Critical non posso fare a meno di dispiacermi del fatto che sia stato semplicemente rilasciato nel periodo sbagliato. Il grande pregio di questo titolo è che ha suscitato in me una sorta di epifania, una riflessione profonda: se è stato possibile produrre un gioco così nel 1999, sicuramente avrei potuto fare la stessa cosa nel 2006, no? Con tutti questi software e questi “tool” disponibili in modo totalmente gratuito, era semplicemente assurdo non provarci, e così l'ho fatto!
 
Vince Twelve: Probabilmente The Dig della Lucas. Rimasi colpito dalla trama ideata da Sean Clark e Steven Spielberg e da come potesse prendere vita anche utilizzando un media diverso e forse non pienamente esplorato, come il prodotto videoludico. Dopo averlo portato ha termine ho in qualche modo capito che volevo raccontare delle storie avvincenti e proprio attraverso le avventure grafiche. È incredibile come ancora oggi ricordi nitidamente alcune scene ed alcuni momenti di gioco, nonostante siano passati tanti anni ormai. 
 
LL: Tim Schafer e la Double Fine hanno riscosso un enorme successo con la loro campagna di raccolta fondi su Kickstarter, ora ci stanno provando anche Al Lowe e Jane Jensen. Secondo voi, cosa può significare questo per il futuro dell'industria videoludica ed in particolare per il mercato indie? Queste iniziative possono aiutare anche le piccole case produttrici indipendenti a trovare nuove risorse e a proporsi in modo più autorevole?
 
Dave Gilbert: I progetti Kickstarter suscitano in me un insieme di sensazioni contrastanti. Da una parte sono molto felice che siano state lanciate iniziative come quelle della Double Fine e quella di Wasteland 2 e che nomi come quelli di Al Lowe e Jane Jensen siano tornati alla ribalta nel mondo delle avventure grafiche.
 
C'è da dire che Kickstarter può essere un sistema molto efficace, insomma quando funziona, funziona veramente. e sono progetti straordinari organizzati da persone straordinarie.
 
D'altra parte preferisco però essere un po' cauto su tutto quello che sta succedendo: conosco infatti molti sviluppatori che hanno provato a puntare su Kickstarter come riferimento essenziale dei propri progetti, ma penso che questo sia molto pericoloso. Molti si lasciano trasportare dal successo di alcune iniziative e pensano che sarà facile raccogliere velocemente 20.000 dollari o anche più, poi finiscono col farsi travolgere da un profondo senso di frustrazione quando questo non avviene. Io sono un artigiano, realizzo i miei giochi con la colla,  la pinzatrice e la vernice per le scarpe, forse non sono la persona più adatta per tutto questo.
 
Vince Twelve: Il singolo progetto della Double Fine credo sia un caso a parte, parliamo di una celebrazione entusiastica, una dimostrazione di affetto e sostegno nei confronti di Tim Schafer, difficile trovarci qualche spunto interessante e utile alla crescita ed alla diffusione dei giochi indie. Se sei un volto noto nell'industria videoludica e hai un progetto interessante da proporre o un titolo famoso da rilanciare, Kickstarter è una soluzione grandiosa.
 
Per tutti gli altri, questa piattaforma può aprire più di una porta, ma questo comporta uno sforzo maggiore. Tuttavia rimane sempre un'alternativa interessante, quando un progetto non riesce ad ottenere i finanziamenti necessari oppure ha bisogno di maggiore visibilità Kickstarter può essere determinante, pensate ad esempio a quei giochi che senza questa formula rischierebbero di non essere mai realizzati e magari di finire nel cassetto. Da questo punto di vista è una grande possibilità anche per gli sviluppatori indie e un fattore estremamente positivo per tutto il genere.
 
Io stesso ho partecipato a numerose campagne di crowd funding per giochi che a prima vista mi entusiasmavano. 
 
 
LL: Qual è il gioco più coraggioso che pensate di aver portato a termine e qual è quello che invece vi ha divertito di più in fase di sviluppo? 
 
Dave Gilbert: Se per coraggioso intendi anche il più rischioso dal punto di vista commerciale, allora dovrei dire senza ombra di dubbio Da New Guys. Tutto è partito da un concept decisamente bizzarro (un'avventura grafica sul wrestling professionistico!), ma lo trovavo così affascinante che ero curioso di vedere come avrebbero reagito i videogiocatori. Sicuramente è stato un azzardo, ma al momento ci possiamo permettere di tentare qualcosa di rischioso di tanto in tanto, quindi abbiamo deciso di lavorarci su. Anche The Shivah è piuttosto coraggioso.

Per quanto riguarda invece il gioco più divertente, senza pensarci due volte rispondo The Blackwell Deception. E' stato il primo gioco per il quale ho riscritto e corretto la sceneggiatura più volte, basandomi sia sulle sensazioni dei beta tester che sulle mie impressioni dirette, sui miei giudizi “di pancia”. In passato ho quasi sempre dovuto lavorare abbastanza frettolosamente per mettere un gioco sul mercato il prima possibile, ma Deception è stato il primo titolo per il quale ho preso tempo e che ho volutamente concepito come un lavoro di “cesellatura”. E' stato davvero gratificante vedere il risultato finale.
 
Vince Twelve: In entrambi i casi dovrei rispondere Linus: ero così felice quando ho sistemato anche gli ultimi dettagli. Certo è un gioco dal concept originale, decisamente non per tutti i gusti, influenzato in qualche modo dal mio amore viscerale per gli enigmi logici. In realtà cerco sempre di sviluppare giochi coraggiosi o quantomeno unici, sempre in modo diverso, facendomi influenzare da tutto quello che leggo, osservo, guardo. 
 
LL: Secondo voi quali sono le principali differenze in termini qualitativi tra i giochi di molti anni fa e quelli realizzati recentemente?
 
Dave Gilbert: La qualità è sempre soggettiva e non scordiamoci che tutto è cambiato: il numero di persone che accedono oggi ai videogiochi è molto grande ed è incredibilmente cresciuta rispetto al passato, tanto che lo stesso termine “giocatore” è diventato superfluo, sorpassato. C'è una grande varietà di generi e sottogeneri e così tanti diversi tipi di giochi da soddisfare le esigenze di tutti o quasi. Dico quasi perché  comprendo anche chi non si ritiene pienamente appagato.
 
Vince Twelve: Se analizziamo la struttura dei giochi di oggi, generalmente sono migliori di quelli realizzati tempo fa, se non altro perché sono nati dall'esperienza maturata negli anni, facendo tesoro di tutti i successi ed i fallimenti del passato. Senza ombra di dubbio ci sono tanti titoli classici ai quali ci aggrappiamo con affetto e tra i miei giochi preferiti di sempre ci sono tanti titoli del passato che a mio modo di vedere sono semplicemente perfetti!
 
Però spesso guardiamo le cose filtrandole con le lenti della nostalgia. In fondo i giochi sono puro divertimento, quindi perché soffermarsi troppo sull'anno di produzione?. Ma capisco anche il senso recondito di questa domanda, se per qualità intendevi “innovazione”, nel mercato mainstream attuale non ne vedo poi molta. È più facile innovare attraverso i giochi amatoriali, quando non c'è da convincere nessun produttore che pensa esclusivamente ai profitti e non all'evoluzione di un genere.
 
   
LL: Ecco a questo proposito i giochi indie hanno conquistato l'interesse di una parte di pubblico per la capacità di puntare sulla creatività, sulla sperimentazione artistica, sacrificando però l'innovazione tecnologica. Tutto questo non avviene spesso nel mercato tradizionale delle avventure grafiche. Come commentate questo successo e cosa prevedete per il  futuro dei prodotti indie nell'industria videoludica?
 
Dave Gilbert: Per il momento incrocio le dita! La scena indie nel campo dei videogiochi è molto simile a quella della musica indie. Immaginate un gruppo di ragazzi con i loro strumenti, chiusi in un garage a sperimentare, jammare, a provare e a riprovare nel tentativo di fare qualcosa di grande. Poi le major dell'industria musicale hanno cominciato a seguire con interesse questo movimento underground, questi gruppetti indie, esattamente come ora sul versante videoludico i grandi “studios” cominciano a notare quello che facciamo.
 
Il mio timore più grande è che anche i giochi indie finiscano col diventare una semplice “etichetta” di facciata, così come è successo in alcuni casi per la musica. Per quanto mi riguarda amo essere indipendente, adoro la mia libertà artistica, la grande possibilità di lavorare come voglio, quindi spero vivamente che questo non accada o almeno non a me!
 
Vince Twelve: Beh inutile nasconderlo, questo è un gran bel periodo per realizzare avventure indipendenti. Il mio entusiasmo è alle stelle, questo va da sé. Penso che il futuro sia luminoso. La scena indie gode di grande libertà proprio attraverso la forza delle idee, il successo raggiunto con un piccolo gioco può spianare la strada ad altri giochi interessanti, magari realizzati con altri budget .  
 
LL: Nonostante il successo di cui parlavamo, ai giochi indie è spesso riservato un angolino, una nicchia del mercato. Puntate ad altro oppure un approccio diverso snaturerebbe i vostri prodotti?
 
Dave Gilbert: Beh non ci deve sorprendere che i giochi indie siano di nicchia. Noi non diventiamo sviluppatori indipendenti perché vogliamo in realtà distribuire prodotti “mainstream” con budget risicati. Noi lavoriamo in modo indipendente perché il mercato di massa non ci soddisfa e non ci dà quello che vogliamo. Che si tratti di avventure tradizionali e punta e clicca, di top-down shooter o di RPG a turni, se vogliamo che sia qualcosa di diverso dai prodotti già in commercio, non ci resta che organizzarci e darci da fare per realizzare quello che ci piace. Questa è la nostra mentalità.
 
Vince Twelve: La nicchia va benissimo. I fan dei generi di nicchia chiedono amore, passione.  Il marketing è un'arte oscura per me, qualcosa che al momento va oltre la mia comprensione e le mie competenze. Quello che ho capito da sviluppatore di giochi appartenenti ad un genere considerato generalmente “di nicchia” è che la popolarità ed il supporto della comunità possono crescere in modo esponenziale attraverso l'entusiasmo dei giocatori, degli appassionati, grazie al passa parola e alla costruzione di fitte relazioni sociali, favorite oggi dalla rete, dai siti, dai tanti blogger. Un bel gioco in un genere di nicchia riscuote molto più successo rispetto a, che ne so, un first-person shooter interessante in un mare sconfinato di first person shooter.   
 
 
LL: Ci sono dei nuovi progetti che bollono in pentola? C'è qualche novità che vorreste condividere con gli amici di OGI e con tutti gli appassionati italiani di avventure grafiche?
 
Dave Gilbert: Si in effetti c'è qualcosa. Il mese prossimo annunceremo ufficialmente un nuovo titolo che si chiamerà  Resonance, un'avventura con ambientazione fantascientifica. La storia ha inizio con la morte misteriosa e spettacolare di uno scienziato, un esperto in fisica delle particelle, in seguito alla quale si scatenerà una vera e propria caccia al suo rifugio secreto che dovrebbe celare una terrificante scoperta per l'intera umanità.  
 
Sarà un gioco corale, perché il videogiocatore potrà controllare ben quattro personaggi diversi, le cui vite andranno ad incrociarsi proprio durante questa affannosa ricerca e che durante il percorso dovranno imparare a fidarsi l'uno dell'altro e a collaborare per superare diversi ostacoli e per evitare che questa pericolosa scoperta finisca nelle grinfie di una sinistra organizzazione criminale.
 
Il meccanismo di gestione dell'inventario dei protagonisti della storia sarà originale, è un progetto che portiamo avanti da cinque anni, frutto del lavoro congiunto della Wadjet Eyes e della XII Games. Si tratta senza dubbio di uno dei giochi più lunghi e ambiziosi della storia delle nostre case produttrici. Al momento stiamo ritoccando alcuni dettagli ma è quasi tutto pronto, i giocatori potranno optare per il pre-order già da Maggio e sarà disponibile in digital delivery da giugno. Inoltre il prossimo autunno rilasceremo un gioco che si chiama Primordia, sempre dal fascino cyberpunk, con una trama ambientata in un futuro post apocalittico dove i robot saranno le sole creature esistenti sulla faccia della terra. Non abbiamo comunicato molte informazioni su questo titolo, presto lo faremo [NDT diamo questa notizia in esclusiva ai lettori].
 
Vince Twelve: Certo! Resonance! Mi sono dedicato a questo gioco per più di cinque anni, ci ho lavorato davvero con amore. Quello che mi ha appassionato maggiormente è il tentativo di realizzare un gameplay ed una gestione dell'inventario innovativo o almeno diverso dal solito, sarà una formula che punta molto sul “drag and drop”. Il fatto di poter controllare ben quattro giocatori sarà poi un'esperienza di gioco davvero interessante, perché per trovare una soluzione ad alcuni enigmi sarà necessario pensare non solo al singolo personaggio ma “al plurale”. Inoltre abbiamo dedicato particolare attenzione al comparto enigmistico, ci sono molti puzzle con un ottimo livello di sfida, senza dimenticare la trama articolata, tutta da scoprire. Per altri progetti, ci risentiamo tra altri sei anni!
 
LL: Vi piacerebbe dire qualcosa alla comunità italiana di OGI?
 
Dave Gilbert: Si voglio ringraziare tutti coloro che ci hanno supportato con il loro entusiasmo durante gli ultimi sei anni! A volte mi sbalordisce il solo pensare che posso dedicarmi a tempo pieno a sviluppare giochi e tutto questo grazie a voi! L'ho già detto? Grazie!
 
Vince Twelve: Non per farmi pubblicità ma penso che apprezzerete molto Resonance, soprattutto se siete dei videogiocatori “old school” . Se cercate un'avventura con puzzle  ed enigmi più difficili di quelli odierni, con una trama matura, una grafica accattivante, sono sicuro che ve ne innamorerete! Tenete d'occhio il sito della Wadjet Eyes a giugno e grazie per le emozioni che ci regalate.  
 

 

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