Steam Machines: foto e specifiche

Abbiamo parlato di Valve e del suo progetto che punta a creare una piattaforma di gioco che possa unire due realtà videoludiche da sempre contrapposte, da un lato le console con la loro comodità e dall'altro i pc per gaming, con tutti i loro vantaggi; abbiamo parlato anche di steamOS di Steam machines e del suo controller che nelle intenzioni di Valve permetterà di fruire di giochi che sono stati pensati per essere giocati tramite mouse e tastiera stando comodamente seduti sul proprio divano.

Ora finalmente sono state rilasciate foto e specifiche tecniche della console che, ricordo, verrà spedita a 300 beta tester che la proveranno e invieranno dei feedback che permetteranno di apportare le dovute modifiche nel caso in cui si riscontrasse la necessità.

A gennaio il CES (Consumer Electronics Show) di Las Vegas farà quindi da palcoscenico alla presentazione ufficiale delle steam machines ed il plurale è voluto, visto che nei piani di Valve saranno prodotte diverse macchine con differenze che varieranno in fattore del form factor, potenza, e prezzo.

Il form factor del prototipo riprende quello che è il trend visto nelle next generation made in sony e microsoft, ovvero un (anonimo n.d.r.) parallelepipedo, mentre per il comparto hardware si partirà dal mdello top di gamma equipaggiato con un processore intel i7-4770 ed una scheda grafica Nvidia Titan, fino al modello base che monta un processore intel i3 ed una scheda nvidia gtx660; tuttavia ci saranno versioni equipaggiate anche con schede Nvidia GTX780 e GTX760 e con processori intel i5-4570

A completare la dotazione hardware, 16G di ram DDR3, disco rigido ibrido, da 1TB/8GB ed un alimentatore da 450W; i prezzi ovviamente varieranno in fattore delle varie combinazioni, ma faccio notare che da una parte solo la Nvidia Titan costa circa 1000 euro e che d'altra parte, essendo la vendita delle console prevista per la metà del 2014, è ipotizzabile un calo di prezzo della stessa.

In unarecente intervista su The Verge si racconta poi di come le difficoltà maggiori si siano riscontrate nella progettazione del controller, e di come si sia passati da un controller interamente touch che simulava i tasti della tastiera, passando per la trackball, fino ad arrivare alla versione definitiva, basata su pulsanti e trackpad, e sul come il progetto originale contemplasse anche dei sensori biometrici, scartati successivamente per la difficoltà di interpretare i segnali che variano da persona a persona come il sudore. Confermata invece la presenza del giroscopio.

Ma il pad potrebbe non essere l'unica periferica di imput: teoricamente tutte le periferiche da gioco supportate da linux dovrebbero essere compatibili con SteamOS, una particolare attenzione però è rivolta a “oculus rift”, dispositivo per la realtà virtuale che sta avendo un discreto successo a giudicare dalle opinioni di chi ha provato la versione preliminare.

Valve è stata una delle prime aziende a supportare il dispositivo, inserendo delle patch per Team Fortress 2 e Half Life 2 per adattarli al dispositivo, ed una applicazione “OpenVR che serve a calibrare e configurare il dispositivo con i titoli steam. Ma non è tutto! Sempre nell'intervista accennata nel paragrafo precedente si lascia intendere infatti che valve potrebbe sviluppare in proprio un visore per la realtà virtuale, ma sono solo rumor, e alla luce della collaborazione tra valve e oculusVR mi sembra alquanto improbabile.

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Oculus Rift – il futuro sotto gli occhi di tutti
Reportage Games Week 2013

Se qualcuno me l’avesse detto alcuni anni fa probabilmente gli avrei riso in faccia: l’idea di videogiocare attraverso un sistema totalmente immersivo in cui tutti i sensi umani possono essere simulati è roba da pellicole e serie televisive di fantascienza o libri di narrativa cyberpunk. Eppure quest’anno ho avuto modo di scontrarmi con la dura realtà – virtuale – nel corso di eventi quali la GDC Europe, la Gamescom e la recente Gamesweek meneghina provando per la quarta volta l’Oculus Rift presso lo stand degli amici di IGN Italia.

Per chi ancora non avesse idea di cosa cavolo sto parlando in quest’articolo, facciamo un passo indietro. L’Oculus Rift è un visore dal look futuristico nato sulla scia del successo delle varie campagne di crowdfunding attraverso Kickstarter, la moda del momento. Le potenzialità e l’interesse del pubblico dell’internet sono state tali che la compagnia fondata da un ragazzo appena ventenne di nome Palmer Luckey, Oculus VR, ha tirato su ben 2.4 milioni di paperdollari.

Inoltre la bontà della tecnologia è stata tale da suscitare l’interesse e il supporto di grandi vecchi dell’industria videoludica: John Carmack (il creatore di Doom), Gabe Newell (il fondatore di Valve) e Michael Abrash (un autentico genio della programmazione al quale si deve il successo di Quake). Bastano “soltanto” trecento dollari per portarsi a casa il development kit e ricevere una valigetta nera con all’interno il visore 3D, una serie di lenti, l’unità di alimentazione e controllo, cavi HDMI, DVI e USB per il collegamento al computer domestico. Che è poi lo stesso materiale utilizzato nella prova effettuata a Milano.

Allacciate le due fasce di sicurezza (una laterale e l’altra alla sommità della testa) ci si accorge subito che il campo visivo orizzontale dell’Oculus è di circa 90 gradi, in modo tale da circondarci completamente. Se tentate di “barare” e provate a girare gli occhi ai lati dello schermo scoprirete i bordi ma tuttavia focalizzando lo sguardo al centro del display la mente umana – artefice di tutta la magia – ignora gli spazi periferici preservando la sensazione di trovarsi effettivamente all’interno di un mondo virtuale.

Poiché il sensore dell’Oculus monitora periodicamente i movimenti della testa in modo da riprodurre senza alcuna latenza la medesima sensazione di quando ci guardiamo intorno nella realtà, ciò produce un’esperienza immersiva credibile e senza precedenti.

Come in ogni cosa tuttavia è la prima impressione ciò che conta e ho avvertito subito la bassa risoluzione e l’eccessiva distanza tra un pixel e l’altro. Ciò è normale: si tratta ancora del prototipo, della versione non definitiva che utilizza un visore 7 pollici con una risoluzione di 1280 × 800 a 221 PPI (1080p). Capirete il disappunto di chi, dopo aver fatto la fila a fissare gli altri provare l’apparecchiatura, si aspettava che fosse replicato esattamente tutto quello mostrato sul monitor anziché ritrovarsi a muoversi e guardare una versione più sfocata e zoomata della controparte. Se poi consideriamo pure lo schermo è suddiviso in due parti la risoluzione effettiva si riduce a 640 × 800 per ciascun occhio, che di certo sfigura se messa a confronto con gli schermi FULL HD odierni.

Le demo che ho provato, indossando anche gli occhiali da vista, è stata quella di Half-Life 2 e, a differenza delle mie precedenti prove dove dovetti togliermi gli occhiali, ho scoperto che proprio grazie al set di 3 lenti a corredo con dev-kit persino gli astigmatici come me non vengono penalizzati.

Pur trattandosi della mia quarta volta con il visore, rientrare nel mondo di Gordon Freeman inforcando l’Oculus e stringendo un joypad in mando si è rivelata un’esperienza scioccante. Passare accanto ai metrocop della protezione civile in divisa antisommossa mentre brandivano i loro manganelli elettrificati mi ha davvero fatto venire i brividi, così come quando si avvicinano i droni volanti per colpirti. Purtroppo dopo qualche minuto hanno incominciato a sopraggiungere le avvisaglie dei primi sintomi anticamera della nausea che però non c’è stata poiché il tempo per provare la demo era appena terminato.

Bisogna considerare che questo è comunque un sintomo comune che si verifica specialmente se non si spende un po’ di tempo a calibrare i sensori anziché utilizzare un’impostazione predefinita del campo visivo. Nondimeno resta però un aspetto problematico dell’Oculus, probabilmente non di facile risoluzione, in quanto se da un lato è possibile rimediare alla risoluzione impiegando un display video di qualità superiore, dall’altro configurare ogni videogioco secondo una così ampia fascia di esigenze visive tali da permettere a tutti un’esperienza senza fastidiose complicazioni, sarà tutt'altro che semplice.

Scientificamente parlando il “motion sickness” avviene non appena si percepisce una disconnessione tra l’informazione trasmessa e quella percepita dai nostri sensi e, che ci crediate o meno, persino le nostre orecchie giocano un ruolo di prim’ordine nel veicolare quest’ultima al cervello. In futuro saranno necessari quindi motori di gioco dedicati e feedback sensoriali per prevenire tale disconnessione e inoltre, allo stato attuale, è praticamente impossibile utilizzare l’Oculus per sessioni prolungare, richiedendo una pausa ben prima di quanto facciamo al momento con gli altri giochi. Il che, neanche a dirlo, mina pesantemente la tanto sbandierata immersione.

Ad ogni modo definirei tutte le mie esperienze con l’Oculus, compresa quella della Gamesweek abbastanza positive. Non c’è niente in grado di eguagliare la possibilità di esplorare l’abitacolo di un’astronave (come mi è accaduto da CCP durante la prova di EVE: Valkyrie a Colonia). Eppure quando penso all’esperienza ludica in sé mi viene sempre da chiedermi quali generi di giochi possano davvero trarre beneficio da un tale livello di immersione. Perché se l’Oculus va benissimo per i giochi in soggettiva, ci sono situazioni che si prestano meglio ad essere vissute in terza persona, uscendone così sminuite qualora si volessero traslare in prima.

Se pensiamo agli sparatutto si vince facile perché rappresenta l’alternativa naturale. Pensate ad un gioco come Titanfall giocato con il visore. Fare parkour tra palazzi e guidare mech in una cornice multiplayer ci farebbe sentire degli autentici fighi spaccaculi. Oppure rivivere il viaggio tra gli edifici empirei di Columbia in Bioshock Infinite. E ancora la suspence e i brividi provati durante l’esplorazione della casa in Gone Home. Poi però ripenso a titoli come Mass Effect, GTA e Journey, accorgendomi di come a volte possedere una visione più distaccata veicoli un insieme nuovo e inedito di emozioni.

Un’ultima considerazione resta infine l’impiego nei vari locali. Se infatti optiamo per una “full immersion” con le cuffie, ci si ritrova completamente scollegati dall’ambiente circostante, senza alcuna reale percezione di ciò che accade al contempo intorno a noi. Ora, anche non vi sognereste di provarlo da soli in luoghi dove non vi sentiste al sicuro, persino a casa vostra potrebbero verificarsi situazioni spiacevoli con bambini, amici, fratelli, genitori oppure animali che si trovano nei paraggi. Figuriamoci poi se scoppia un’emergenza oppure vi entrano i ladri in casa…

In conclusione l’Oculus Rift è una di quelle periferiche che faranno parlare di sé ancora a lungo e che non dimenticheremo facilmente. Non so se diventerà lo standard che rivoluzionerà l’intera industria videoludica o se verrà sostituito da qualcosa di ancor più strabiliante. Un certezza però ce l’ho: dopo averlo provato mi risulta ancor più difficile fruire alla stessa maniera i cari vecchi giochi di una volta.

Gamesweek sull'Ogi Forum
Se volete entrare nel mondo virtuale dell'Oculus Rift, la porta di accesso è questa

Games week 2013 - la (scanzonata) cronaca
Come si (soprav)vive alla Games Week.

Un’alzataccia! Comincia così l’avventura degli autoinviati/imboscati del numeroso gruppo di Archeologia Videoludica e Dietrologia videoludica nel fine settimana milanese della Games Week 2013. Io e Simone Pizzi che ci ritroviamo sotto casa mia attorno alle 5.30 di mattina nella macchina guidata dalla di lui consorte che ci recapita come un pacco postale alla stazione pronti a partire per raggiungere Giuseppe Saso a Tiburtina FS.

Gli occhi sono lucidi, ma non di commozione, rossi e a malapena aperti che fissano il buio che avvolge le rotaie in lontananza. Pochi minuti e Giuseppe ci messaggia che sta già attendendo il nostro arrivo, evidentemente è stato il più mattiniero; insieme a quei pochi pendolari che salgono sulla navetta insieme a noi, lo raggiungiamo. Il tempo per un caffè, una (poco) sana esplorazione delle latrine del posto e saltiamo in groppa ad “Italo”; durante il tragitto pianifichiamo i nostri movimenti e la nostra giornata.

Cominciamo a coordinarci anche con chi è sul posto ma sicuramente non tramite il wi-fi del treno che, essendo noi poveretti stipati nello scompartimento in configurazione “pezzenti”, ha deciso di andare più lento di un modem 56k: grazie Montezemolo. Comunque tra una sonnecchiata, una partita a Candy Crush (che possiamo smettere quando vogliamo) e quattro chiacchiere sulle nuove uscite videoludiche, ci appropinquiamo alla stazione di Milano dove il nostro Stefano Paganini ci avverte che ci sono problemi alla metro, ma non su tutta la metro, solo sul tratto che interessa a noi.

Scatta il piano “taxi”. Roberto Bertoni, che nel frattempo ha deciso di farsi una scarpinata dal parcheggio alla fiera, è già arrivato e decide di darci informazioni fondamentali per raggiungerlo alla sala conferenza dove sta per entrare in scena il motivo fondamentale della nostra trasferta: Nolan Bushnell, fondatore dell’Atari, aprirà la Games Week! Un ottimo spunto per fargli qualche domanda.

Comunque torniamo a noi. Dopo esserci accreditati e ritirato i nostri pass saltiamo la fila lanciando pernacchie interiori ai poveretti costretti ai tornelli e ci dirigiamo verso la zona fiera. Roberto, come già detto, ci da le indicazioni per raggiungerlo nella sala dove Bushnell sta per “esibirsi” e lo fa talmente bene che ad un certo punto io, Simone e Giuseppe ci troviamo in una specie di loop spazio-temporale dal quale non riusciamo ad uscire. Tuttavia, tra ascensori che non vanno da nessuna parte e scale mobili che salgono solamente, alla fine troviamo dei cartelli con scritto “sala stampa”. Li seguiamo ma arriviamo ad una stanzetta dove alcuni nostri colleghi e colleghe si ingozzano si preparano al meglio alla giornata. Ovviamente non sanno minimamente dove sia la sala conferenze.

E’ solo perseverando nel proseguire nel nostro loop che alla fine giungiamo alla meta e ci sediamo nei posti che Roberto ci ha tenuto, e lì sul palco c’è lui, Nolan Bushnell. Bushnell parla, gesticola, punta il suo laser sulle slides, parla di internet, delle idee, della fantasia, di come Steve Jobs non fosse altro che un ingegnere mediocre e puzzolente ma con la passione e la capacità di scegliere bravi collaboratori come Wozniac. Insomma alla fine lo capisce anche un’idiota che non parla una parola di inglese che si sta facendo un megamarchettone, ma non importa, ce lo sorbiamo tutto. Alla fine saluta e da appuntamento a più tardi, quando risponderà alle domande. Ci saremo anche noi ovviamente.

Approfittiamo del tempo per riunirci e finalmente conoscerci dal vivo tutti quanti: io, Simone, Giuseppe, Stefano, e Carlo Santagostino; molti di noi infatti si sono “incontrati” solo via Skype. Strette di mano, baci e abbracci e la consegna a Roberto della copia di Rama che avevo messo da parte da almeno un anno. Roberto trasuda emozione bulgara da ogni poro della pelle. Un salto allo stand “gamecollection.it” e una rapida esplorazione dei vari espositori, spesso corredati da svestite fanciulle che causano notevoli difficoltà motorie ai passanti di sesso maschile costretti a gestire piedi e occhi che vanno in direzioni opposte allo stesso momento.

Alla fine viene il tempo di riempire anche i nostri protestanti stomaci che rivendicano cibo. Ovviamente essi non sanno che li attende il “panino da fiera”: 10% ingredienti semiquasi freschi, 60% ingredienti a lunga conservazione, 25% cattiva igiene, 5% essudazione varia, il tutto condito con salse di ogni sorta e ad un prezzo che in proporzione ci mangi in un ristorante da gambero rosso. Ci ingozziamo su una panca e finito il lauto pasto ci appostiamo per sorprendere Bushnell alle spalle impedendogli di sfuggire alle nostre domande. E così è!

Proprio quando si affianca allo stand di “gamescollection.it Stefano e Carlo lo circondano, gli ficcano un microfono davanti alla bocca e gli fanno domande. Bushnell risponde mentre Simone ed io riprendiamo. Ora, malgrado entrambi fossimo a non più di 40 cm, nessuno ha capito cosa gli è stato chiesto né, tanto meno, cosa ha risposto a causa del baccano circostante, ma non importa, esistono riprese e registrazioni. Le ascolteremo insieme a voi. Ad un certo punto Stefano viene allontanato quasi a forza visto che sta monopolizzando la “star” e l’intervista finisce. Ok, il più è fatto.

Ora viene la parte in cui ci possiamo rilassare e goderci la fiera per cui, come gli attori di un film horror di serie “B”, decidiamo di dividerci; io e Giuseppe ci facciamo un giro e poi, giunti di fronte allo stand degli amici di “IGN” ci mettiamo in fila per provare “Oculus Rift”, ma ho la pancia piena… ho paura di vomitare. Eppure, malgrado i diversi capogiri accusati durante la prova, il cibo resta ben ancorato nello stomaco, è una soddisfazione! Certo che l’idea di far provare questa diavoleria in piedi non è proprio il massimo, tant’è che Simone Soletta di "IGN" mi conferma che durante la mattinata hanno dovuto recuperare un ragazzo al volo che stava precipitandosi su uno spigolo. Devo dire che l’effetto treddi è affascinante anche se, personalmente, non sento il bisogno di attrezzarmi con un casco per giocare, in particolar modo se utilizzato da diverse decine di persone sudaticce che lasciano tracce biologiche varie sul mezzo. Comunque anche Giuseppe fa la sua prova ma, essendo più avvezzo per aver già avuto esperienza con l’Oculus, non si limita ad andare in circolo per la strada presa da un livello di Half Life 2 sbattendo sui pali e irritando le guardie; riesce infatti a trovare una porta e ad infilarcisi dentro, rivelando un altro pezzo di mondo dove un tipo sta facendo la fila da solo sempre sotto l’occhio vigile di una guardia.

Una volta riunito il gruppo Giuseppe mi imbuca nello stand PS4 dove posso provare un gioco di auto; Simone ha chiesto il permesso di filmare ma, anche se il tipo all'ingresso ha dato il consenso ad eccezione dello schermo dedicato al clone di se stesso Assassin’s Creed Black Flag, viene intimorito da un energumeno alle sue spalle e decide di soprassedere. Il gioco “Driveclub è il solito gioco di macchine, e francamente anche con della grafica a tratti poco next gen. In compenso posso provare anche "Knack" che subito mi fa rimpiangere Assassin’s Creed; insomma sbandierare un gioco come questo come esempio della potenza della nuova console Sony mi pare eccessivo: in fondo è un gioco “dimenare” non particolarmente attraente.

Poi passiamo davanti ad una postazione dove un ragazzo sta giocando proprio un Assassin’s Creed, dovrebbe essere l’ultimo in ordine di uscita visti gli abiti, ma le features che vediamo (assoldare prostitute per distrarre le guardie e rubare) potrebbero appartenere a qualunque altro episodio della serie; insomma novità, novità, novità. Usciamo delusi e cerchiamo di trovare nella folla Cesare Giraldi che nel frattempo è arrivato e si è intrufolato in diversi stand a fare prove. Il tempo per una foto di gruppo, un saluto a quelli che non torneranno in fiera il giorno dopo e decidiamo, vista l’ora, di dirigerci in albergo, fare finalmente il check-in e organizzarci per la cena in un locale molto particolare dove al posto dei menù ti forniscono l’I-Pad dando un nuovo senso al collezionare menù di ristoranti.

La notte passa in fretta e di buon mattino (ok erano le nove e mezza) rientriamo alla Games Week per un giro finale, un’esplorazione senza uno scopo specifico, un girovagare quasi da zombas in cerca di qualcosa di interessante che magari ci è sfuggito il giorno addietro. Va bene in realtà mi faccio un paio di foto con cosplayers standiste (che bisogna far guadagnar loro il pane) ma evito quella della Xbox one, una stangona in pantaloncini che mi intimorisce un pochino. Anche Simone decide di fare la sua prova con l’Oculus Rift e ci accorgiamo che, finalmente, hanno messo delle sedie per far accomodare le cavie.

In compenso hanno aumentato la difficoltà della tech demo in quanto hanno inserito dei nemici e la possibilità di difendersi; in effetti Simone sembra in preda a delle convulsioni quando in realtà sta cercando di muovere il personaggio, la visuale e il braccio con l’arma con tre comandi diversi con un forte rischio aneurisma. Decide di abbandonare quando, nell'impeto della sessione, si rende conto che sta cercando di abbattere un elicottero con un piede di porco. Salutiamo qualche fan, distribuiamo qualche biglietto da visita e dopo mezzogiorno ci incamminiamo verso il solito ristorante con gli I-Pad nella speranza vana di portarcene uno a casa.

Il viaggio di ritorno con “Italo” in classe pezzente è ancora peggio di quello dell’andata, con molte più persone, molto caldo e almeno quattro fermate in più; raccogliamo le idee e ci riproponiamo di organizzarci meglio per l’anno a venire nella speranza di potervi incontrare alla Games Week 2014 e intervistare la prossima “guest star” di turno.

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