Segnaliamo questa storia interattiva ad opera di Mario Marquardt, uno degli sviluppatori di Assassin's Creed Chronicles. Il progetto nacque come un esercizio di modellazione 3D, ma poi si sviluppò nella forma che potete vedere - anzi, provare - su IndiExpo
Si tratta di un walking simulator, simile a Dear Esther per certi versi (ma qui si può correre!) e costruito attorno a un'esperienza molto diversa. E' anche molto breve, e gratuito.
In questa nuova puntata di Dietrologia Videoludica ascolterete le prime impressioni su questi videogames:
Nell’osservatorio videoludico si parlerà di giochi serializzati:
Per “Nonsolocapre”, rubrica dedicata ai giochi di simulazione, Cesare Giraldi e Luigi Giraldi ci intratterranno una decina di minuti con “Total War“, il simulatore di guerre.
Il consueto appuntamento con “50 Sfumature di Biggio” e i Gerontogamers col nuovo episodio dal titolo “Con lo stampino”.
Buon ascolto!
Un’alzataccia! Comincia così l’avventura degli autoinviati/imboscati del numeroso gruppo di Archeologia Videoludica e Dietrologia videoludica nel fine settimana milanese della Games Week 2013. Io e Simone Pizzi che ci ritroviamo sotto casa mia attorno alle 5.30 di mattina nella macchina guidata dalla di lui consorte che ci recapita come un pacco postale alla stazione pronti a partire per raggiungere Giuseppe Saso a Tiburtina FS.
Gli occhi sono lucidi, ma non di commozione, rossi e a malapena aperti che fissano il buio che avvolge le rotaie in lontananza. Pochi minuti e Giuseppe ci messaggia che sta già attendendo il nostro arrivo, evidentemente è stato il più mattiniero; insieme a quei pochi pendolari che salgono sulla navetta insieme a noi, lo raggiungiamo. Il tempo per un caffè, una (poco) sana esplorazione delle latrine del posto e saltiamo in groppa ad “Italo”; durante il tragitto pianifichiamo i nostri movimenti e la nostra giornata.
Cominciamo a coordinarci anche con chi è sul posto ma sicuramente non tramite il wi-fi del treno che, essendo noi poveretti stipati nello scompartimento in configurazione “pezzenti”, ha deciso di andare più lento di un modem 56k: grazie Montezemolo. Comunque tra una sonnecchiata, una partita a Candy Crush (che possiamo smettere quando vogliamo) e quattro chiacchiere sulle nuove uscite videoludiche, ci appropinquiamo alla stazione di Milano dove il nostro Stefano Paganini ci avverte che ci sono problemi alla metro, ma non su tutta la metro, solo sul tratto che interessa a noi.
Scatta il piano “taxi”. Roberto Bertoni, che nel frattempo ha deciso di farsi una scarpinata dal parcheggio alla fiera, è già arrivato e decide di darci informazioni fondamentali per raggiungerlo alla sala conferenza dove sta per entrare in scena il motivo fondamentale della nostra trasferta: Nolan Bushnell, fondatore dell’Atari, aprirà la Games Week! Un ottimo spunto per fargli qualche domanda.
Comunque torniamo a noi. Dopo esserci accreditati e ritirato i nostri pass saltiamo la fila lanciando pernacchie interiori ai poveretti costretti ai tornelli e ci dirigiamo verso la zona fiera. Roberto, come già detto, ci da le indicazioni per raggiungerlo nella sala dove Bushnell sta per “esibirsi” e lo fa talmente bene che ad un certo punto io, Simone e Giuseppe ci troviamo in una specie di loop spazio-temporale dal quale non riusciamo ad uscire. Tuttavia, tra ascensori che non vanno da nessuna parte e scale mobili che salgono solamente, alla fine troviamo dei cartelli con scritto “sala stampa”. Li seguiamo ma arriviamo ad una stanzetta dove alcuni nostri colleghi e colleghe si ingozzano si preparano al meglio alla giornata. Ovviamente non sanno minimamente dove sia la sala conferenze.
E’ solo perseverando nel proseguire nel nostro loop che alla fine giungiamo alla meta e ci sediamo nei posti che Roberto ci ha tenuto, e lì sul palco c’è lui, Nolan Bushnell. Bushnell parla, gesticola, punta il suo laser sulle slides, parla di internet, delle idee, della fantasia, di come Steve Jobs non fosse altro che un ingegnere mediocre e puzzolente ma con la passione e la capacità di scegliere bravi collaboratori come Wozniac. Insomma alla fine lo capisce anche un’idiota che non parla una parola di inglese che si sta facendo un megamarchettone, ma non importa, ce lo sorbiamo tutto. Alla fine saluta e da appuntamento a più tardi, quando risponderà alle domande. Ci saremo anche noi ovviamente.
Approfittiamo del tempo per riunirci e finalmente conoscerci dal vivo tutti quanti: io, Simone, Giuseppe, Stefano, e Carlo Santagostino; molti di noi infatti si sono “incontrati” solo via Skype. Strette di mano, baci e abbracci e la consegna a Roberto della copia di Rama che avevo messo da parte da almeno un anno. Roberto trasuda emozione bulgara da ogni poro della pelle. Un salto allo stand “gamecollection.it” e una rapida esplorazione dei vari espositori, spesso corredati da svestite fanciulle che causano notevoli difficoltà motorie ai passanti di sesso maschile costretti a gestire piedi e occhi che vanno in direzioni opposte allo stesso momento.
Alla fine viene il tempo di riempire anche i nostri protestanti stomaci che rivendicano cibo. Ovviamente essi non sanno che li attende il “panino da fiera”: 10% ingredienti semiquasi freschi, 60% ingredienti a lunga conservazione, 25% cattiva igiene, 5% essudazione varia, il tutto condito con salse di ogni sorta e ad un prezzo che in proporzione ci mangi in un ristorante da gambero rosso. Ci ingozziamo su una panca e finito il lauto pasto ci appostiamo per sorprendere Bushnell alle spalle impedendogli di sfuggire alle nostre domande. E così è!
Proprio quando si affianca allo stand di “gamescollection.it” Stefano e Carlo lo circondano, gli ficcano un microfono davanti alla bocca e gli fanno domande. Bushnell risponde mentre Simone ed io riprendiamo. Ora, malgrado entrambi fossimo a non più di 40 cm, nessuno ha capito cosa gli è stato chiesto né, tanto meno, cosa ha risposto a causa del baccano circostante, ma non importa, esistono riprese e registrazioni. Le ascolteremo insieme a voi. Ad un certo punto Stefano viene allontanato quasi a forza visto che sta monopolizzando la “star” e l’intervista finisce. Ok, il più è fatto.
Ora viene la parte in cui ci possiamo rilassare e goderci la fiera per cui, come gli attori di un film horror di serie “B”, decidiamo di dividerci; io e Giuseppe ci facciamo un giro e poi, giunti di fronte allo stand degli amici di “IGN” ci mettiamo in fila per provare “Oculus Rift”, ma ho la pancia piena… ho paura di vomitare. Eppure, malgrado i diversi capogiri accusati durante la prova, il cibo resta ben ancorato nello stomaco, è una soddisfazione! Certo che l’idea di far provare questa diavoleria in piedi non è proprio il massimo, tant’è che Simone Soletta di "IGN" mi conferma che durante la mattinata hanno dovuto recuperare un ragazzo al volo che stava precipitandosi su uno spigolo. Devo dire che l’effetto treddi è affascinante anche se, personalmente, non sento il bisogno di attrezzarmi con un casco per giocare, in particolar modo se utilizzato da diverse decine di persone sudaticce che lasciano tracce biologiche varie sul mezzo. Comunque anche Giuseppe fa la sua prova ma, essendo più avvezzo per aver già avuto esperienza con l’Oculus, non si limita ad andare in circolo per la strada presa da un livello di Half Life 2 sbattendo sui pali e irritando le guardie; riesce infatti a trovare una porta e ad infilarcisi dentro, rivelando un altro pezzo di mondo dove un tipo sta facendo la fila da solo sempre sotto l’occhio vigile di una guardia.
Una volta riunito il gruppo Giuseppe mi imbuca nello stand PS4 dove posso provare un gioco di auto; Simone ha chiesto il permesso di filmare ma, anche se il tipo all'ingresso ha dato il consenso ad eccezione dello schermo dedicato al clone di se stesso “Assassin’s Creed Black Flag”, viene intimorito da un energumeno alle sue spalle e decide di soprassedere. Il gioco “Driveclub” è il solito gioco di macchine, e francamente anche con della grafica a tratti poco next gen. In compenso posso provare anche "Knack" che subito mi fa rimpiangere Assassin’s Creed; insomma sbandierare un gioco come questo come esempio della potenza della nuova console Sony mi pare eccessivo: in fondo è un gioco “dimenare” non particolarmente attraente.
Poi passiamo davanti ad una postazione dove un ragazzo sta giocando proprio un Assassin’s Creed, dovrebbe essere l’ultimo in ordine di uscita visti gli abiti, ma le features che vediamo (assoldare prostitute per distrarre le guardie e rubare) potrebbero appartenere a qualunque altro episodio della serie; insomma novità, novità, novità. Usciamo delusi e cerchiamo di trovare nella folla Cesare Giraldi che nel frattempo è arrivato e si è intrufolato in diversi stand a fare prove. Il tempo per una foto di gruppo, un saluto a quelli che non torneranno in fiera il giorno dopo e decidiamo, vista l’ora, di dirigerci in albergo, fare finalmente il check-in e organizzarci per la cena in un locale molto particolare dove al posto dei menù ti forniscono l’I-Pad dando un nuovo senso al collezionare menù di ristoranti.
La notte passa in fretta e di buon mattino (ok erano le nove e mezza) rientriamo alla Games Week per un giro finale, un’esplorazione senza uno scopo specifico, un girovagare quasi da zombas in cerca di qualcosa di interessante che magari ci è sfuggito il giorno addietro. Va bene in realtà mi faccio un paio di foto con cosplayers standiste (che bisogna far guadagnar loro il pane) ma evito quella della Xbox one, una stangona in pantaloncini che mi intimorisce un pochino. Anche Simone decide di fare la sua prova con l’Oculus Rift e ci accorgiamo che, finalmente, hanno messo delle sedie per far accomodare le cavie.
In compenso hanno aumentato la difficoltà della tech demo in quanto hanno inserito dei nemici e la possibilità di difendersi; in effetti Simone sembra in preda a delle convulsioni quando in realtà sta cercando di muovere il personaggio, la visuale e il braccio con l’arma con tre comandi diversi con un forte rischio aneurisma. Decide di abbandonare quando, nell'impeto della sessione, si rende conto che sta cercando di abbattere un elicottero con un piede di porco. Salutiamo qualche fan, distribuiamo qualche biglietto da visita e dopo mezzogiorno ci incamminiamo verso il solito ristorante con gli I-Pad nella speranza vana di portarcene uno a casa.
Il viaggio di ritorno con “Italo” in classe pezzente è ancora peggio di quello dell’andata, con molte più persone, molto caldo e almeno quattro fermate in più; raccogliamo le idee e ci riproponiamo di organizzarci meglio per l’anno a venire nella speranza di potervi incontrare alla Games Week 2014 e intervistare la prossima “guest star” di turno.
Andrea "Vintage" Milana: Ciao Chris, é un piacere poterti ospitare nella nostra community e sono contento che tu abbia accettato con entusiasmo di prendere parte a questa intervista. Passo subito alle domande.
Andrea Milana: I videogiochi sono un'esperienza interattiva. Molti di noi conoscono già il famoso iMuse (Interactive MUsic Streaming Engine) di Michael Land e Peter McConnell (Monkey 2), ma ad oggi quali altri progressi sono stati fatti?
Chris Huelsbeck: Nel corso degli anni abbiamo assistito ad alcuni esempi di software interessanti per la realizzazione di musiche interattive. In ogni caso credo che ciò che fa la differenza saranno sempre le capacità artistiche del compositore e la conoscenza della piattaforma di gioco.
AM: Tecnicamente parlando, qual è stata la piattaforma tecnologicamente più importante per il progresso della musica nei videogiochi? Da quale piattaforma in poi un compositore si è sentito finalmente libero di esprimere la propria creatività?
CH: Con l'avvento delle console e la possibilità di riprodurre ed utilizzare file audio di maggiore durata, grazie anche all'implementazione del Compact Disc (ove presente) o di sistemi avanzati di compressione, si è avuta la possibilità di creare qualsiasi tipo di musica.
Questo ha favorito molto i compositori, dando loro la possibilità di ottenere finalmente il miglior risultato musicale possibile. Credo che tutto ciò sia divenuto realtà due generazioni di console fa; Gamecube, Playstation 2, X-BOX.
AM: Qual è stata la tua sfida più difficile dal punto di vista compositivo?
CH: Sicuramente la serie di "Star Wars Rogue Squadron", poiché dovevo utilizzare uno stile adatto a ricreare l'atmosfera dell'universo di Star Wars.
AM: Come hai percepito il cambiamento nel mondo dei videogiochi e cosa è cambiato pertanto nel tuo lavoro?
CH: Sono passato dalla programmazione in Assembly, che comportava scrivere una mole non indifferente di codici esadecimali, usufruendo degli unici 3 canali a disposizione del chip sonoro, alla registrazione live di un'intera orchestra; direi che è cambiato veramente tanto in questi anni. Ma la parte più importante per me, resta sempre l'arte della composizione e la creatività, riuscire a creare melodie e paesaggi sonori senza tempo. Mi piacciono i cambiamenti, fanno sì che non ci si annoi.
AM: L'episodio che ricordi con più piacere della tua carriera?
CH: E' stato senza alcun dubbio quando la WDR Radio Symphony Orchestra ha eseguito le mie musiche, in occasione del concerto "Symphonic Shades". Un'esperienza indimenticabile.
AM: In che modo la musica può influenzare e/o migliorare l'esperienza di gioco?
CH: Penso che la musica sia sempre stata di vitale importanza per ogni esperienza di intrattenimento. Sia essa teatrale (l'opera ne è l'esempio), o cinematografica. Può esaltare e migliorare veramente tanto l'aspetto emotivo di una scena o dell'intera storia. Sono certo che l'esperienza di gioco risentirebbe tantissimo della mancanza della musica.
AM: Al di là delle tue opere, quali altri videogiochi ti hanno colpito positivamente per la qualità delle loro colonne sonore?
CH: La serie di Assassins Creed, Uncharted, Halo e molte altre dispongono di colonne sonore fantastiche, alla pari di produzioni hollywoodiane, se non addirittura migliori.
AM: Come vedi il rapporto con compositori di altri settori (cinema, discografia); credi ci sia un dislivello o possono essere equiparati?
CH: Penso che siano allo stesso livello. Il lavoro di produzione di una colonna sonora per videogiochi è identico a quello di settori quali cinema o discografia. E' innegabile una certa competizione, ma questo serve a tenere alto il livello qualitativo, e di conseguenza il valore di buone produzioni musicali.
AM: All'infuori del tuo contesto, che genere musicale prediligi? Cosa ti piace ascoltare nel tempo libero? Qualche nome?
CH: I generi che prediligo sono: Electronica (Hybrid, Tangerine Dream, JM Jarre, Vangelis) / Wave (80s UK Synth Bands, Italo Disco), Film Music (John Williams, Jerry Goldsmith, Alan Silvestri, Hans Zimmer e tanti altri), Pop (Pet Shop Boys etc.), un pò di Classica (Beethoven, Bach, Holst) e un pò di Etnica.
Sono sempre stato più attratto dalla musica strumentale che dal testo di una canzone in se. Amo le belle melodie e le armonie. Generi musicali come il pop o la musica contemporanea, mi interessano poco.
AM: Ti ispiri al lavoro di qualcun altro quando componi?
CH: A parte maestri del cinema come John Williams, mi ispiro a pionieri della musica elettronica quali Tangerine Dream, Vangelis, Kraftwerk, Jean Michael Jarre. Per quanto riguarda compositori del mio stesso settore, sono un ammiratore di Yuzo Koshiro, Jesper Kyd ed altri ancora.
AM: Com'è il rapporto tra game designer e compositore? Nel tuo caso, chi è il game designer a cui sei più legato?
CH: Mi sono trovato veramente bene con tante delle persone o software house con cui ho lavorato e con cui ho avuto delle belle esperienze. Di solito si stabiliscono una serie di incontri durante la realizzazione del gioco, durante i quali si guardano sequenze di gioco, si ascoltano le idee musicali, si discute di cosa cambiare/migliorare, e di come proseguire il lavoro.
AM: Tu videogiochi?
CH: Da piccolo ero un gran videogiocatore, e gioco ancora adesso di tanto in tanto, ma il tempo a disposizione è notevolmente diminuito. L'ultimo titolo che mi ha coinvolto al punto di giocarlo fino alla fine è stato Half Life 2; in compenso uso youtube per tenermi informato riguardo alle ultime novità e guardo con piacere alcune sessioni di gioco.
AM: Per poter coronare il tuo sogno musicale hai dovuto espatriare, questo in Italia è un problema molto sentito soprattutto negli ultimi anni, e non solo nel settore musicale; se potessi tornare indietro faresti la stessa scelta? Hai mai pensato o stai pensando di tornare a vivere in Germania?
CH: Sì, qualche volta ho pensato di tornare, ma il posto dove vivo adesso mi piace molto (anche il clima). Mia moglie è americana, qui abbiamo la nostra casa, credo proprio che il nostro futuro sia qui. E' interessante che adesso ricevo nuovamente tante richieste di lavoro dalla Germania, e grazie a internet lavorare a distanza non è un problema.
AM: Al giorno d'oggi, il comparto musicale dei videogiochi è diventato molto esigente, facilmente equiparabile a quello utilizzato nel cinema; credi che ci siano ancora delle possibilità per giovani talenti, di entrare a far parte di questo settore musicale e collaborare con software houses? Come ad esempio è successo a te ad inizio carriera.
CH: Io sono stato molto fortunato, all'epoca non eravamo in tanti a scrivere musica per videogiochi, bisognava avere una buona conoscenza di programmazione in assembler. Oggi è diverso, è più importante avere del talento, essere testardi e soprattutto avere i contatti giusti. E' l'unico modo per entrare nel giro. Costruirsi un nome e farsi una clientela non è per niente facile, richiede tempo.
AM: Sappiamo che adesso utilizzi principalmente virtual instruments, ma facendo qualche passo indietro, qual'è stato lo strumento musicale di cui non avresti mai potuto fare a meno nelle tue produzioni?
CH: Posseggo ancora il mio synth Ensoniq SQ-80, da cui non mi separerò mai, anche se esiste già la versione virtuale, abbastanza buona. E' il successore del' ESQ-1, che avevo ai tempi di Rainbow Arts, dal quale ho preso gran parte dei suoni per le musiche di Turrican. Ho anche il mio vecchio Kurzweil K2500, che negli anni 90 era una macchina veramente potente, sample/synthesizer, ma adesso lo uso principalmente come controller.
AM: Quali prospettive di sviluppo (anche tecnologico) vedi per la musica nei videogiochi?
CH: Se la tecnologia continua a svilupparsi così rapidamente (come previsto dalla legge di Moore), potremmo addirittura avere delle colonne sonore virtuali che si creano direttamente all'interno dell'ambiente di gioco. Immagina un'orchestra sinfonica con un maestro virtuale, che dirige la musica in tempo reale, seguendo le azioni del protagonista/giocatore.
AM: Esiste (o potrà mai esistere) un mercato per la game-music?
CH: Direi di sì, esiste già da un pò di anni; vengono pubblicate molte più colonne sonore per videogiochi adesso che negli anni 90, quando cominciai a pubblicare i miei album; ovviamente se paragonato al settore della musica leggera, rimane sempre un mercato di nicchia. Sono convinto comunque che possa crescere, ed il successo di progetti quali "Sound of Games" o "Video Games Live", dimostrano che l'interesse verso questo settore è in crescita.
AM: A cosa stai lavorando adesso? Progetti per il futuro?
CH: Ho appena finito di lavorare ad un progetto per la Paramount / Other Ocean Interactive, intitolato "The War of the Worlds", per il quale ho utilizzato un'orchestra dal vivo. Inoltre sto completando le musiche per "Star Trek - Infinite Space", e lavorando a tanti altri progetti non ancora ufficializzati.
AM: Vorrei ringraziare personalmente Chris Huelsbeck per la disponibilitá, nonostante i molti impegni in corso. Avevo in mente questa intervista giá da qualche anno, l´inizio della collaborazione con OGI ha fatto sí che mi decidessi finalmente a concretizzarla. Invito tutti a visitare il suo sito web ufficiale www.huelsbeck.com
Un grazie anche a chi ha collaborato con me dietro le quinte: The Ancient One, ildbm ed in particolar modo Tsam.
(a breve disponibile anche l'intervista originale in inglese).
Tempo fa, mi capitò di parlare di simulazione di volo militare. Il succo del discorso fu che negli anni '90 ogni mese aveva il suo simulatore. Oggi non è più così.
Il videogame, da prodotto di nicchia, è diventato business. Business significa dover raccogliere quanti più consensi possibile e per fare ciò devi puntare su prodotti facilmente digeribili dal pubblico. Non solo c'è stato un fiorire di casual games, ma anche una sorta di semplificazione quasi deteriore di tanti generi.
Pensate ad Assassin's Creed. Un gioco tecnicamente ben realizzato, ma dalla giocabilità e dalla longevità davvero scarse. Due generi hanno pagato il prezzo più caro: le avventure grafiche e la simulazione di volo. Guarda caso, generi dove l'uso della materia grigia non è affatto optional.
Se le prime hanno subito un forte calo di popolarità e un certo decremento nei titoli prodotti, le seconde sono quasi scomparse! Se pensiamo che l'ultimo simulatore di volo militare con velivoli moderni è Lock On: Modern Air Combat (classe 2003) e che l'ultimo vero sim militare ambientato nel passato è IL2 del 2001 (entrambi comunque con diversi aggiornamenti e ampliamenti), abbiamo una visione piuttosto chiara della situazione.
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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