E' sempre triste quando un grande artista ci lascia. Questa volta è toccato ad Harlan Ellison, morto il 28 Giugno, solo pochi giorni fa.
Ellison è stato uno scrittore di fantascienza, autore di migliaia di racconti e sceneggiature per la TV. Ricordiamo, in particolare, le due antologie Dangerous Visions e Again dangerous Visions, da lui curate; l'episodio The City at the Edge of Forever, scritto per la serie Star Trek; e, ovviamente, il racconto I Have No Mouth and I Must Scream, poi trasposto nella sua forma videoludica, giocabile ancora oggi.
Vi lasciamo con l'intervista a Ellison realizzata da J. Michael Straczynski, autore di Babylon 5, tradotta a suo tempo dal buon Alpo.
Intervista ad Harlan Ellison - parte 1
JMS: Una giusta causa, a sé stante.
HE: Sì, è una giusta causa. Perciò facemmo Ellen di colore nel gioco.
JMS: Bene.
HE: L'unico problema è che, mi hanno detto che...va in giro nel gioco con indosso una specie di tailleur e viene da chiedersi: "E questa sarebbe una donna che sta da 105 anni nella pancia di un computer?".
JMS: Dovrebbe essersi consumato.
HE: Ma sì, dovrebbe essere a brandelli. E loro hanno risposto: "Beh, ma costa, occuperebbe un sacco di pixel." Tutto qua?
JMS: Già.
E' online la terza e ultima (lunga) parte dell'intervista ad Harlan Ellison; gli argomenti trattati così come le risposte che vengono date sono estremamente attuali e vanno toccare argomenti, religione e società, solitamente considerati come tabù per i videogiochi.
Probabilmente una visione tanto autoriale e allo stesso tempo così lucida è merce rara nel panorama videoludico attuale e allo stesso tempo così necessaria per la definizione e la consapevolezza di un medium tanto versatile, ma che troppo spesso si sottovaluta.
Ringraziamo pertanto ancora una volta Alpobemp per la gentile traduzione e vi auguriamo una buona lettura, certi che rimarrete affascinati dall'Ellison-pensiero.
Link alla terza parte dell'intervista
Link alla seconda parte dell'intervista
Link alla prima parte dell'intervista
Link alla discussione sul forum
Seconda parte dell'intervista ad Harlan Ellison, dove l'autore va a toccare alcuni argomenti di notevole attualità quali ad esempio il dualismo arte e videogiochi e la via del processo creativo.
Ringraziamo ancora Alpobemp per la gentile concessione dell'intervista direttamente dal suo blog, mentre vi auguriamo una buona lettura in questa giornata uggiosa che ci ha visto dormire un'ora in meno grazie al passaggio all'ora legale.
Ma noi non cediamo!
Link alla seconda parte dell'intervista
Link alla prima parte dell'intervista
Link alla discussione sul forum
[...] (1^ parte)
JMS: O i giocatori.
HE: O i giocatori. Non spetta a me dirlo. Ho fatto questo gioco perché si tratta di questo gioco ed è basato sulla mia opera e ci sono coinvolto fino al collo. Sono presenti molti miei dialoghi, cioè si sente la mia voce...Beh, in effetti, si sente la mia voce doppiare AM, il computer pazzo. In tutti i dialoghi sentirete il mio sarcasmo, il suono della mia voce, e come vanno lette le mie storie. Al di là di questo, è un mio rischio. E poi magari, due minuti dopo che abbiamo finito, squilla il telefono, e magari sarà, che ne so, una grande...
JMS: La Lucas Arts.
HE: La Lucas Arts, e mi dicono che vogliono darmi la Bassa California, e lo Iowa per il tempo libero, se faccio un altro gioco. Probabilmente dovrei considerare l'offerta. Ma per quello che posso dire adesso, non riesco a pensare al prezzo a cui qualcuno dovrebbe arrivare per convincermi a fare un altro gioco.
JMS: Qual è la tua opinione su quel che hai potuto capire dei giochi che circolano? E sulle tecniche narrative? Come può il mezzo interattivo trarre benefici dai buoni narratori?
HE: Beh, come ho detto, la mia esperienza coi giochi è molto limitata. Mi hanno chiesto di essere un relatore principale alla Conferenza degli Sviluppatori di Giochi per Computer, forse due anni fa, e li ho fatti arrabbiare così tanto che c'erano degli articoli su una delle riviste che dicevano che non capivo niente, che ero un luddista, un imbecille.
Dunque, penso che qualsiasi prodotto, dal burro di arachidi ai giochi per computer, può trarre beneficio da una narrazione migliore. Noi siamo una specie animale di narratori, è questo che facciamo. Se per te il mestiere più antico è l'agricoltura, e poi il secondo battere, io penso che probabilmente il terzo sia narrare. E l'idea del racconto di suspense [nel testo originale "cliffhanger", lett. "in bilico sul ciglio del precipizio", per estensione genere di narrazione NdT], tutti che siedono attorno al fuoco e poi il modo con cui il conduttore dice: "...ed stavano per precipitare dal precipizio quando ad un tratto....Se mi date ancora qualche dracma, vi dico quello che succede dopo."
E' così che nasce il racconto di suspense. Penso che la narrazione migliori qualsiasi prodotto. Migliore è la storia, più abile è il narratore, più inventivo, non serve che a fare un prodotto migliore. Ho visto un gioco che si chiamava Wolfenstein. Probabilmente non dovrei parlare male di un altro gioco, ma ho visto questo e l'ho trovato matto da legare. C'è questo luogo dove la gente si fa sparare colpi grossi così addosso mentre corrono per sotterranei, McNazi, e se ci pensi bene, probabilmente questo non è il risultato finale del fatto che abbiamo un pollice opponibile.
JMS: Come qualcuno che...
HE: Sto perdendo il filo, sto...
JMS: Un po'. Penso che dovresti essere un po' più diretto.
HE: Faccio l'evasivo perché so che questa cassetta sarà mostrata ad un sacco di gente che si offenderà.
JMS: Sì, ecco, senti un po'. Allora, tu naturalmente lavori con una macchina da scrivere tradizionale.
HE: Sì, è vero. Io lavoro con una macchina da scrivere tradizionale. Neanche elettrica, meccanica.
JMS: Ed ora stai lavorando su un luogo computerizzato. Ci vedi una contraddizione o fa tutto parte del processo?
HE: No, non solo non ci vedo contraddizioni, ma l'altra notte, quando David, il nuovo progettista è arrivato, abbiamo fatto una revisione e ho dovuto riscrivere dei dialoghi. E giocava il gioco per me, eseguiva 'I Have No Mouth, and I Must Scream' qui su un piccolo schermo del tavolo di cucina. E dicevo: "Okay, facciamole...no, aspetta...dovrebbe dire...aspetta un secondo..."
E sono andato a prendere la mia macchina da scrivere. Sono andato, ho preso una macchina da scrivere portatile, l'ho posata e l'ho messa di fronte allo schermo e ho infilato un foglio. Ho detto: "No, che stupido, ecco cosa dovrebbe dire." Ho estratto il foglio e gliel'ho dato. Se n'è andato via con un fascio di fogli.
Vedi, io penso con la macchina da scrivere. Non sono...devi capire una cosa, o...già l'hai capita, Joe. Ma per quegli altri a cui piacciono tutti i fischi e i suoni della loro apparecchiatura e devono tenersi al passo con i Rossi, con qualunque cosa, capisci, i modem che vanno per la maggiore. Penso che la gente dovrebbe affidarsi al livello di tecnologia che meglio si adatta al lavoro. La forma segue la funzione. [ Louis Herry Sullivan, 1896 NdT]
Se una scopa scava meglio una buca, allora non ti serve un retroescavatore. Se una macchina da scrivere fa il suo lavoro, o una penna d'oca, o un computer, usa qualsiasi cosa faccia quel lavoro. Per quanto mi riguarda, poiché uso queste due dita, ho imparato da solo a scrivere a macchina, e batto 120 parole al minuto con due dita, raramente faccio errori...Ci metto NewtonMetri [Il Newton per Metro è l'unità di misura del momento NdT] di energia quando uso il computer, quel cavolo di affare non va indietro, e quindi non fa altro che errori di digitazione.
Mi piace vedere un manoscritto. Mi piace il formato Letter della pagina. Significa qualcosa per me, ha vitalità, ha vita. E c'è la mia energia, è in ognuno di quei tasti. Ogni immagine fissata su quella pagina proviene da me battendoli...mi piace. E' il mio NewtonMetro di energia. Il contatto che ho col lettore è più stretto in questo modo. Altri lavorano sul computer. Come si dice in Yiddish, "Losin de" , vivi e sta' bene. Lavoro su un dannato dirigibile, chi se ne frega, ma non venire a rompere le palle a darmi del luddista, perché non sottoscrivo la tua sfacciataggine.
Se vuoi lavorare col computer, fai pure, ma levati di torno, non mi rompere le palle.
JMS: Hai parlato di suoni e fischi...
HE: Sì.
JMS: Che suoni e fischi ha questo gioco? Che immagini, che tipo di grafica, che tipo di musica, cosa vedrà la gente quanto ci giocherà?
HE: La grafica più stupenda del mondo civile occidentale.
JMS: Mio dio.
HE: Non so che dirti. Quando guardi lo schermo, pensi di guardare attraverso una finestra nel mondo reale, è a questo livello. Le voci, ahhh...cantano gli angeli in questo gioco. Si sente la musica delle sfere celesti. Come faccio a saperlo? Non sono...te l'ho detto che non sono un tipo da computer.
Elaboro la storia, scrivo i dialoghi, mi invento tutto quello che metterà nei guai la Cyberdreams, ma non ho idea. c'è un segreto particolare, che ovviamente qualche chiacchierone spiffererà, perché c'è sempre qualche chiacchierone che ... non riesce a sollazzarsi, fino a che non dice: "Oh, lo sai che il segreto è...il segreto è bla, bla, bla...." e ovviamente mette nei casini tutti gli altri.
E' come quello che ti racconta la fine del film mentre sei in fila per entrare. Gli inchioderei spensieratamente la testa sul tavolo a quei fessi, e anche alla madre e al cagnolino. C'è un segreto...c'è un segreto in questo gioco, che non posso rivelare, neanche le schegge di bambù sotto le unghie delle dita mi strapperebbero fuori questa cosa. Ma a parte questo, vi potete aspettare ogni cosa allo stato dell'arte.
JMS: Allora come descriveresti l'atmosfera di questo gioco in termini di grafica e musica? Cosa realizza per lo spettatore?
HE: L'atmosfera del gioco è implacabilmente angosciante e tormentante. Il gioco è finalizzato a condurti ad un incrocio, dall'inizio alla fine. Questo è il genere di gioco che Franz Kafka avrebbe o scritto o amato giocare, penso.
Non è un gioco per andare a letto. Non è Donkey Kong, e non si tratta assolutamente di Mario. Non ci sono pupazzetti carini, neanche uno, non so come si dice, un'immagine o una scena...comunque diavolo si dica...non c'è neanche un elemento di questo tipo, che sia facile. Vedi, non credo che l'arte debba essere facile. E' uno dei grandi temi che ho sempre sentito tirar fuori nell'usare un PC per scrivere storie, che dal mio punto di vista è il motivo per cui ci ritroviamo queste trilogie superpompate d'aria di racconti fantasy, hai presente, pieni di piccole creature dai piedi lanuginosi e unicorni.
Uno magari pensa che, mettiamo, se usa un computer, sia più facile, capisci, se sbaglia...se comincia, se scrive 20.000 parole e poi si accorge che non è lì che deve andare l'inizio della storia, allora quel che deve fare è schiacciare un bottone e ...Che idiota, 20.000 parole di storia e non sai neanche come dovesse cominciare. Che imbecille. Lo sai, non dovresti scrivere, dovresti piantare alberi su una collina, servire il bene comune, migliorare il mondo. Quindi, tornando al discorso del computer, uno dice: "Rende le cose più semplici". Falso. L'arte non deve essere più semplice. Coltivare la terra, deve esserlo. Fare sesso dovrebbe essere più facile.
JMS: I lavori idraulici?
HE: I lavori idraulici dovrebbero assolutamente essere più semplici. La chirurgia cardiaca dovrebbe essere assai più semplice, essendoci passato personalmente.
JMS: Le imposte sul reddito.
HE: Le imposte sul reddito dovrebbero essere proprio più semplici. Scartare una caramella mou che è rimasta in giro per un anno...difficilissimo. Queste sono tutte cose che dovrebbero essere più semplici, ma l'arte dovrebbe essere sempre più difficile. Devi tirarla fuori con una certa fatica. Deve costarti un prezzo produrre arte; altrimenti, non è arte, è mediocrità.
Perciò, in questo gioco,...non sto minimamente insinuando che un gioco per computer, qualunque, sia qualcosa che si avvicini minimamente all'arte, ma ci ho messo una mentalità artistica, anche David Sears, anche quello nuovo, David, di cui ho completamente scordato il cognome, perché l'ho sentito solo una volta...comincia per W, mi ricordo. Non sto diventando vecchio e senile, è solo che ho sentito il nome solo una volta, l'ho annotato da qualche parte e poi...
JMS: Ti perdoniamo.
HE: Comunque, è un bravo ragazzo e lavora veramente duro. Lui e Craig sono venuti l'altra sera, abbiamo lavorato come schiavi per cinque ore, tranne per il fatto che fatto venire del cibo thailandese, molto buono...che abbiamo fatto pagare a Cyberdreams. Dunque, c'è una serietà d'intenti, nel fare questo gioco.
JMS: Questo mi rammenta una delle tue citazioni preferite: "Quel che si deve trovare è da uccidere, quel che deve essere suggerito è da creare. "Prendendo in esame questo gioco, che come tu dici, è una tappa importante nella letteratura fantascientifica, e partendo dal teatro della mente fino a metterlo su schermo, definirlo e renderlo fedelmente, ha perso il suo spunto artistico?
HE: Beh, no, voglio dire...comprendo che mi stai facendo delle domande che ti sono state preparate, ma tutti e due sappiamo che è una domanda scema. Perché quando tu trasferisci qualcosa da un formato all'altro, perde, ma guadagna anche qualcosa.
Se prendessi una storia che è completamente interiorizzata, per esempio una storia che s'intitola "Il Quarto Anno della Guerra" che parla di un tipo che rimugina su certa gente che vuole uccidere perché gli hanno pestato il padre quand'era piccolo, e cercassi di modificarla in una sceneggiatura televisiva, o un adattamento per fumetto, non potrei più usare il monologo interiore, perché hai a che fare con un doppiaggio in televisione, e con le scritte: 'Io ho pensato questo...e quello.'
JMS: La letteratura è interiore e la televisione è esteriore.
HE: Esattamente. Questa è una forma artistica differente, è un mezzo differente, e quindi la si adatta. Gli aspetti di "I Have No Mouth, and I Must Scream", la storia, che ho portato qui dentro sono traslitterati. Sono cose che vanno dall'uno all'altro, sono visive. E' una storia molto visiva.
Voglio dire che quando arrivano alle caverne ghiacciate e trovano il gigantesco, mitico uccello della Leggenda Norrena, è molto visivo. Le sfumature, il surrealismo, le magiche sfaccettature realistiche che si troverebbero in un racconto del Boom latinoamericano [movimento degli anni '60-'70 che annovera tra le sue file, tra gli altri, anche Gabriel García Márquez NdT], per esempio Gabriel García Márquez o Mario Vargas Llosa [ricostruzione ipotetica dall'originale della trascrizione: "Garthie Marquise or Voorhes" NdT] o scrittori del genere, che sono perse.
No, non lo sono, io dico così, ma è una bugia. Non sono perdute, sono alterate, si sono traslitterati. Compaiono sotto forma diversa. Questo gioco ha un aspetto inquietante. Un aspetto inquietante. O forse è perché non ho molta familiarità col modo in cui ci si aspetta che un gioco debba presentarsi, perché non ho giocato molto.
Ma quando considero i giochi di oggi e vedo il movimento di qualsiasi personaggio dico: "Dio, è veramente bizzarro, strano...", perché il movimento non è... è simile... è un simulacro della vita. Non è uguale alla vita come un cartone della Disney. C'è una certa scattosità perché è generata al computer, ma ciò in qualche modo aumenta la stranezza di questa storia. E' una storia molto strana.
JMS: Molto surreale.
HE: Già. La storia è molto surreale, e si svolge, tutta la storia si svolge nella mente di un dio pazzo, tutto può accadere e le persone sono mere pedine, il giocatore diventa una pedina. Il giocatore diventa, sospetto in qualche modo, la sesta persona nella pancia di AM. E il tormento che si prova nel gioco è il tormento che sperimenta la gente nel gioco. E' così bello che avrei voluto pensarci prima. Sembra come se sapessi di cosa sto parlando, eh?
JMS: Hai detto che c'è una storia passata di Ellen.
HE: Sì, beh...uno dei personaggi è una donna che si chiama Ellen. E nella storia originale...veramente poche persone (perché un sacco di gente legge in maniera disattenta, ormai) leggono questa storia e notano che è narrata da un paranoico. AM ha modificato tutti e cinque i personaggi in modi diversi. E quello che sta narrando la storia, Ted, è un paranoico, quindi non si può far conto su tutto quello che dice.
Non sta mentendo, è stato trasformato, è stato reso pazzo, e così riferisce i fatti. E la persona più gentile della storia è questa donna, Ellen, che si prende a cuore gli altri, l'unica che dimostra umanità. Tutti gli altri sono preoccupati di sé stessi. Lei invece si preoccupa degli altri, e lui la chiama puttana, e la oltraggia nella storia. E quando la gente vede questo, dice: "Oh, chi scrive queste cose odia le donne." No, no, no, piuttosto il contrario. Ellen è la figura più positiva della storia. Ma devi leggere nel contesto.
Dunque, un certo numero di anni fa, quando la storia era già famosa ed aveva ottenuto diversi riconoscimenti, mi chiamò uno di quelli che guidavano una conferenza associativa per il linguaggio moderno, la MLA, Modern Language Association. Chiunque abbia frequentato un college sa che si tratta del gotha [desunto dal contesto; l'originale porta un "browman" che non si sa a cosa sia riportabile, probabilmente è una trascrizione errata NdT] dell'ambiente universitario.
La MLA è il grande segreto oscuro del Signore dell'Universo. E tutti la riveriscono, perché tutti o pubblicano o muoiono, sennò restano senza incarichi. Quindi, hanno un sacco di riviste, la MLA ha un sacco di riviste, e se consegni articoli alla MLA, sei sulla buona strada per prendere il dottorato o diventare professore, o un incarico. Insomma, mi chiama uno di questi tipi, che conosco da anni, e dice: "Non ci crederai, ma ora sei così famoso che qualcuno ha consegnato un intervento su "I Have No Mouth, and I Must Scream" a questa conferenza del MLA", non so quale fosse, penso presso l'Università del Michigan, non rammento.
E io gli dico "No, dài, lo sai che bisogna essere morti almeno cinquanta volte prima che succeda una cosa del genere." Il fatto è che non amano fare interventi su gente vivente, perché possono essere contraddetti. Vedi, loro possono inventarsi quel che vogliono, gli accademici possono dire quello che gli pare. Allora...sto parlando troppo?
JMS: Va bene così.
HE: Okay. Allora lui dice: "Sai, sarebbe una grande cosa se tu fossi così gentile da affacciarti." E io: "Si può fare?" risponde lui: "Credo che si possa." Quindi, sta' sicuro...
JMS: Gli autori ancora in vita sono così noiosi.
HE: Oh, sì. Sì, gli autori ancora in vita sono molto noiosi. Si rifiutano di starsene fermi, sono come una gallina che corre in giro mentre stai cercando di tagliarle la testa. Insomma, sono andato lì, e ho sentito un padre gesuita, padre William, qualcosa del genere, fare questo intervento su "I Have No Mouth, and I Must Scream."
Ed era pieno di tutta quelle stronzate con le quali ti confondono la testa al liceo, che fanno diventare pazzi gli studenti. Come il solito conflitto apollineo - dionisiaco, che qui abbiamo il simbolismo crocifissione - resurrezione, ma non sapeva un accidente di cosa parlasse la storia. Voglio dire, neanche ci si è avvicinato. Quindi, quando ha terminato l'intervento, squallido come che, ma lo sai che quando te la prendi con i professori, nessuno protesta. Sono l'ultima categoria che si può vituperare.
JMS: Vero.
HE: Loro, e gli Islandesi, perché sono bassi bassi, nessuno se la prende se non si è politicamente corretti nei loro confronti. Anche i francesi, perché non li sopporta nessuno.
JMS: Vero.
HE: Allora, chi stava guidando la sezione ha detto: "Padre Tizio Caio Sempronio, c'è una bella sorpresa per lei. Harlan Ellison, autore di questo racconto, è seduto in fondo alla platea." Il tipo aveva una faccia come se gli avessero infilato un tappo nel sedere. Voglio dire, il sangue gli esondava fuori, era rosso paonazzo e un istante dopo completamente pallido e diceva: "Ebebebe" (Come i cartoni della Warner Bros.) "Allora, vogliamo invitare Mr. Ellison a salire su per un intervento...?".
L'avrebbe voluto come avrebbe gradito una isterectomia con un aspiratore industriale, ma capisci, era come a un programma alla TV: "Sappiamo che lei suona il kazoo, la prego, ci suoni qualcosa." "No, no, non posso." "Oh, forza gente, non volete sentirlo suonare..." Ed ogni rimbambito del pubblico, anche se non vuole sentire il kazoo, vuole vedere qualcuno in preda all'imbarazzo, che magari non sappia suonare davvero il kazoo. Beh, questo tipo avrebbe dovuto respingere questa richiesta, se fossi stato nei suoi panni, avrei detto: "No, non voglio sentire una parola da lui, io ho ragione, lui ha torto."
Allora sono salito su, gli ho stretto la mano e ho cominciato: "Padre..." Ho capito che qualsiasi conversazione che comincia con "Padre", hai perso in partenza.
JMS: (sovrapponendosi) Hai perso in partenza.
HE: Esatto. Ho chiesto: "Com'era il suo nome?" E lui: "William Tizio Caio Sempronio." E io gli ho detto: "'Bill."
JMS: (sovrapponendosi) Bill.
HE: Esatto. "Bill, ho ascoltato tutto quello che ha detto, veramente carino. C'è veramente della roba forte, ma sostanzialmente credo che lei sia imbottito di muffin al mirtillo."
Ho usato proprio questa frase. E lui: " Beh...cosa intende dire?" Gli ho detto: "Beh, lei dice così e così e così, ma non si è accorto che Ellen è di colore." E lui: "Cosa?" "E' una donna di colore." "Dove lo dice? Dove lo dice nel racconto?" Allora ho preso il libro, ne aveva una copia con il discorso, e gli ho detto: "Proprio qui, "La sua faccia nera contro la neve"." Gli dico: "Cosa crede che stessi mai dicendo qui?" E lui: "Beh, credevo che si trattasse di una simbologia e...' "Non ho niente da aggiungere."
Facendo Ellen una donna di colore, ma senza citarlo tranne che una sola volta nel racconto ha deliziato i miei lettori afro-americani (odio questa espressione, afro-americani), di colore, ma ha rotto i coglioni ad innumerevoli accademici. Perciò...
Dal suo blog (D'Amore, d'Avventure Grafiche e di Altre Sciocchezze), Alpobemp ci annuncia il completamento della traduzione italiana di un'intervista ad Harlan Ellison, scrittore poliedrico e autore di I have no mouth and I must scream.
Il testo risale al 1995 e l'intervistatore è J. Michael Straczynski, creatore e produttore esecutivo di Babylon 5. Il risultato dell'incontro tra questi due guru della fantascienza è un'intervista frizzante che non disdegna di toccare argomenti all'apparenza slegati dal contesto. Una lettura interessante anche per chi non conosce Ellison e le sue opere.
Per gentile concessione del traduttore vi proponiamo così la prima parte dell'intervista che pubblicheremo nella sua interezza nei prossimi giorni; nel frattempo, se volete un consiglio, fatevi un giro nel blog di Alpo!
Buona lettura!
Il post nel blog di Alpobemp
La prima parte dell'intervista
Lunedì 13 Marzo 1995, ore 14:00 presso la casa di Mr. Ellison.
Harlan Ellison, autore del racconto breve all'origine di 'I Have No Mouth, and I Must Scream,' viene intervistato da J. Michael Straczynski, creatore e Produttore esecutivo di Babylon 5.
J. Michael Straczynski: Allora, come autore di 'I Have No Mouth, and I Must Scream,' qual è, dal tuo punto di vista, la premessa della storia e quale quella del gioco? Coincidono?
Harlan Ellison: La premessa del gioco è che non c'è niente d'intrinsecamente negativo nelle macchine, non più di quanto ve ne sia in un qualsiasi genere di scienza. E' quello che la gente fa con la scienza che la rende pericolosa.
Tutto ha inizio durante la Guerra Fredda, nel momento in cui le tre superpotenze del pianeta, Stati Uniti, Russia e Cina, decidono di avviare lo sviluppo di una rete informatica sotterranea: creano tre supercomputer e li collocano nel sottosuolo, con il proposito di spostare il conflitto bellico dal piano umano (considerato troppo fallace) a quello digitale. Alle tre unità centrali vengono fornite informazioni di ogni tipo circa il mondo degli uomini, dalle nozioni scientifiche alle emozioni, rendendoli del tutto autonomi e capaci di pensare. A questo punto, com'è facile intuire, i tre sistemi sfuggono al controllo dei loro creatori e decidono di unirsi, formando un unico megacomputer, chiamato AM ("I think, therefore I AM"), il cui unico obiettivo diventa quello di porre fine all'esistenza degli insolenti bipedi. Un compito estremamente semplice e portato a termine quasi impeccabilmente, se non fosse che il computerone è tanto intelligente da comprendere che se rimanesse del tutto solo sul pianeta, comincerebbe ad annoiarsi. Dunque AM decide di "salvare la vita" a cinque persone, scelte casualmente, portandole con sè nel centro della Terra e destinandole a torture continue, per puro divertimento. La loro vacanza è destinata a prolungarsi ben oltre il normale arco di vita umano, grazie alle cure dell'amorevole padrone di casa, e quando andiamo ad avviare una nuova partita di IHNMAIMS, al pari di quanto avviene nel libro, ci ritroviamo in corrispondenza del 109esimo anno di prigionìa, in balìa dell'ennesimo gioco escogitato da AM...
I Have No Mouth and I Must Scream... forse uno dei titoli più lunghi della storia videoludica, ma non è certamente questa l'unica particolarità del gioco in oggetto.
Chi apprezza ambienti surreali e visionari, chi desidera immergersi in storie crude, dalle tinte "forti" e psicologicamente profonde, grazie a IHNMAIMS potrà avere pane per i propri denti.
Le atmosfere del racconto di Harlan Ellison sono state preservate totalmente e il prodotto in questione non si configura come una mera trasposizione in chiave videoludica dell'opera, ma come una buona rivisitazione, in grado di regalare un'esperienza di gioco assolutamente positiva.
Nonostante sia minato da alcuni errori di programmazione, IHNMAIMS è certamente un gioco da provare, da non lasciarsi sfuggire. Inoltre all'epoca della sua pubblicazione poteva vantare indubbiamente una realizzazione grafica e sonora di tutto rispetto, che ancora oggi riesce a non sfigurare.
Il sito di OldGamesItalia è attualmente "in letargo". Nuovi contenuti saranno aggiunti con minore regolarità e con possibili lunghe pause tra un articolo e l'altro.
Il forum rimane attivo, ma meno legato al sito, e gli aggiornamenti riguarderanno principalmente le sezioni di IF Italia e della versione italiana del Digital Antiquarian e del CRPG Addict.
Grazie a chi ci è stato vicino nei vent'anni di attività "regolare" di OldGamesItalia, a chi ha collaborato o a chi ci ha soltanto consultati per scoprire il mondo del retrogaming. Speriamo di avere presto nuove energie per riprendere un discorso che non vogliamo davvero interrompere.
Grazie, OGI. Arrivederci!
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