Avatar (1979)
The CRPG Addict (traduzione ufficiale italiana)

 
Tutte le storie, anche le più belle e appassionanti, sono destinate a concludersi. E con l'articolo di oggi chiudiamo la narrazione dei GDR per computer sviluppati per PLATO, in assoluto i primi giochi di ruolo digitali, squisitamente amatoriali, pionieristici, sorprendentemente in anticipo sui tempi, sviluppati in un contesto di assoluta libertà creativa e limitazioni tecniche - per l'epoca - non particolarmente castranti.
 
L'ultimo GDR scritto per PLATO, per quel che ne sappiamo, è l'interessantissimo Avatar. Siamo arrivati alla fine degli psichedelici anni '70 quando gli home computer, negli USA, iniziavano a penetrare nelle abitazioni della borghesia e con essi vi giungevano anche i videogiochi di ogni genere, inclusi i GDR. Niente a che vedere però con Avatar, un gioco impressionante per l'epoca, superiore persino al suo predecessore Oubliette. Infatti Avatar raccoglie l'eredità dei principali GDR per PLATO, ne distilla le caratteristiche migliori e vi aggiunge elementi del tutto nuovi, presentandosi come il probabile apice della scena dei giochi di ruolo di quel tempo.
 
E con Avatar salutiamo definitivamente il PLATO (forse...), mentre il nostro CRPG Addict si prende una pausa estiva di qualche mese, ma tranquilli, la storia dei primi GDR per computer è ancora lunga e ci resta da analizzare l'importantissima linea evolutiva che nasce dal DND di Daniel Lawrence, poi commercializzato col titolo di Telengard e approdato sui più famosi computer domestici.
Il nostro è solo un arrivederci e intanto preparatevi per un gradito ritorno, per restare sempre in tema di avventure...
 
Di seguito la rassicurante lista dei giochi trattati in questo primo ciclo di recensioni del CRPG Addict:
 
Avatar (1979)
DND - Dungeons & Dragons (1977)
 
Buona lettura, avventurieri!
 
 
Reset programmato per il 15 Novembre
 
Benvenuto in AVATAR
 
1 utente
 
Sento di avere il vento in poppa con questi giochi per PLATO e voglio finirli finché ho sempre fresco in mente il ricordo degli altri giochi e delle mie conversazioni con gli sviluppatori. Ho realizzato una breve cronologia della mia serie di articoli dedicati al PLATO (e quindi ai primissimi GDR per computer di cui si hanno notizie) nel post di Orthanc [per vostra comodità trovate sempre l’indice con tutti i link alle traduzioni italiane ufficiali di OldGamesItalia nell'introduzione all'articolo; ndAncient]. Avatar è un titolo di notevole interesse, essendo l’ultimo della serie, nonché l’unico a essere stato sviluppato dopo che i primi GDR commerciali erano già apparsi sul mercato dell’Apple II e del Commodore PET. A volte mi chiedo come reagirono ai primi GDR commerciali gli studenti che avevano conosciuto i giochi per PLATO; ai loro occhi di certo non dovevano apparire troppo entusiasmanti.
 
Secondo una citazione di Wikipedia, l’autore Richard Bartle avrebbe detto che Avatar era stato scritto per “surclassare Oubliette” (del quale ho scritto un articolo sul blog lo scorso Ottobre 2013). Ebbe un incredibile successo: “il gioco per PLATO di maggior successo di sempre”, che da solo rappresentava “il 6% di tutte le ore spese sul sistema fra il Settembre del 1978 e il Maggio del 1985”.
La sezione della città di Avatar.
 
Scegli un’opzione:
 
Banca 
Obitorio                                                   
Negozio Generale
Gilde                                                                   
Incantesimi                                             
Dunegon
 
E capisco bene il perché. Avatar è impressionante adesso e doveva essere stupefacente nel 1979. Attinge a tutti gli elementi migliori dei giochi per PLATO che lo hanno preceduto (e in particolare a Oubliette, ma anche a Moria e a Orthanc) e anticipa i giochi che verranno (inclusi i roguelike e i MMORPG). Ancora oggi gode di buona salute: il reset programmato per il 15 Novembre [2013; ndAncient] di “Vavatar” (una delle tre versioni disponibili del gioco) era una grande notizia su Cyber1 e quando ho acceduto domenica pomeriggio c’erano già altri 35 giocatori. Tutta gente che non gioca per curiosità storica; Cyber1 ha regole stringenti contro il cheating nelle versioni attive del gioco. Ci sono fan page, elenchi di oggetti, file di suggerimenti un po' ovunque su internet. E se anche la community di appassionati non è folta o esperta di tecnologia come quella, per esempio, di NetHack, è comunque certamente ancora molto attiva!
Gli utenti presenti quando mi sono unito al gioco. Questo gioco piace anche a “Batkid”!
 
Come è avvenuto con altri giochi per PLATO, lo sviluppo di Avatar non si è mai interrotto dopo la sua pubblicazione iniziale nel 1979, quindi non so dire con certezza quanto di ciò che sto per scrivere fosse presente nella versione originale. L’ultima data di copyright che appare nella schermata principale di tutte le versioni è il 1984. Io ho giocato per la maggior parte del tempo nella lezione “2avatar”, che secondo Cyber1 è quella più simile all’originale. Il dungeon, come quelli dei predecessori del gioco, è pieno di mostri e di tesori. Il giocatore non ha uno scopo specifico complessivo o una quest, se non quello di salire di livello e di grado nella gilda. La sua esperienza conosce un solo limite massimo, che è quello dell’età (ogni razza ha un’età massima) e dell’occasionale reset amministrativo del dungeon.
Una tipica finestra dell’esplorazione in Avatar. In basso a sinistra potete vedere le mie statistiche, il mio  equipaggiamento in basso a destra, una porta davanti a me, e due -pardon, uno!- goblin nel mezzo.
 
Ne hai ucciso 1
1 goblin ti attacca per 7 danni.
 
Come Oubliette, anche Avatar utilizza le sei statistiche standard di D&D, ma rispetto a quest'ultimo ha una selezione più ampia di razze e di "classi". Fra le razze il giocatore può scegliere i tipici umani, elfi, nani, e gnomi; classi di mostri come: troll, ogre, e giganti; e scelte più esotiche tipo i Cirilians ("i più versatili"), gli Osiri (che sono dei buoni ladri), e i Morlochs (che hanno un’abilità magica innata). Non conosco le fonti di queste ultime tre razze, se si esclude la palese connessione dell’ultima con i Morlocchi di H.G. Wells.
Qui sto creando un nuovo personaggio.
 
Il gioco è il primo a consentire una scelta dell’allineamento fra buono, neutrale, e malvagio (Oubliette aveva gli allineamenti, ma erano legale, neutrale, e caotico) e il primo a consentire al giocatore di scegliere il sesso del proprio personaggio. È anche il primo ad avere certi oggetti dell’equipaggiamento riservati a specifici allineamenti.
 
Il giocatore non sceglie una classe per il proprio personaggio, ma invece ne determina le caratteristiche partendo da un pool di punti da assegnare (con i valori minimi e massimi di ogni caratteristica che sono basati sulla razza) e poi sceglie a quale gilda unirsi fra una selezione di 11: guerriero, ninja, ladro, mago, stregone, guaritore, incantatore, cacciatore di tesori, cercatore, paladino, e malvagio. Ogni personaggio appartiene dall'inizio alla gilda del “nomade”, ne può scegliere un'altra gratuitamente, e in seguito può pagare per unirsi ad altre ancora. Le gilde hanno tutte dei requisiti minimi di caratteristiche per potervi accedere; per esempio serve un carisma di almeno 16 e una destrezza di almeno 15 per potersi unire alla gilda dei paladini. Hanno anche dei requisiti di allineamento (niente malvagi buoni, o guaritori malvagi) e di razza (niente guaritori ogre o paladini troll). Il mio personaggio di maggior successo, un  Osiri buono con Forza 16, Intelligenza 9, Saggezza 6, Costituzione 12, Carisma 12, e Destrezza 20, aveva i requisiti per essere ammesso solo alla gilda dei cercatori di tesori (guerrieri/ladri), principalmente a causa della sua bassa saggezza, ma anche perché la gilda dei guerrieri (per la quale avrebbe avuto i giusti requisiti) non accettava Osiri.
Qui mi sto unendo alla gilda dei cercatori di tesori.
 
Cercatori di Tesori
 
Requisiti della Gilda:
Forza maggiore o uguale a 11
Intelligenza maggiore o uguale a 8
Saggezza maggiore o uguale a 6
Costituzione maggiore o uguale a 9
Carisma maggiore o uguale a 4
Destrezza maggiore o uguale a 14
 
Il Maestro della Gilda Mad Max è di livello 999.
_________________________________________________________________________________
Non sei ancora istruito nella nostra arte.
Puoi unirti a questa gilda gratuitamente.
Vuoi diventare uno di noi?
 
L'appartenenza a una gilda non determina solo gli incantesimi disponibili, ma anche quali armi e armature possiamo impugnare e quali skill aggiuntive possiamo avere. Quando avrete abbastanza punti esperienza, potrete decidere in quale gilda (cioè “classe”) passare di livello. In sostanza qui abbiamo le regole per i personaggi multi-classe della terza edizione di D&D, già nel 1978!
 
Purtroppo il combattimento presenta invece le stesse limitate opzioni di Oubliette o Moria, riducendosi sostanzialmente a premere “f” per combattere e “s” per lanciare un incantesimo. Il successo dipende dai punteggi di attacco e di difesa; in entrambi i casi, più sono alti e meglio è. Non penso ci siano teoricamente limiti, né inferiori né superiori. Si inizia con una percentuale base di colpire del 50%, modificata aggiungendo il nostro punteggio di attacco e sottraendo il punteggio di difesa del nemico.
 
L'equipaggiamento ovviamente modifica sia l'attacco che la difesa. Si inizia il gioco con 500 monete d'oro prestate dalla banca. Gli oggetti utilizzabili vengono limitati dalla nostra classe. Iniziano a buon mercato, con equipaggiamento in pelle e in bronzo, per poi salire drammaticamente nell'ordine delle migliaia di monete d'oro per qualunque cosa un po' migliore. Il gioco è unico per avere un'economia chiusa, cioè un numero fisso di monete d'oro in possesso della banca, dei mostri, e dei giocatori. Fra un reset e l'altro, i giocatori che arrivano per ultimi hanno apparentemente grosse difficoltà a ottenere dell'oro.
Oh cielo, di cosa diavolo è fatta quell'imbottitura?!?
 
Armatura di pelle 9
Armatura di pelle imbottita 7.000
Mantello 9
Stivali di pelle 9
 
Non ho potuto fare molti esperimenti con gli incantesimi. Come ho detto, ogni classe ha un libro degli incantesimi unico, con gli incantesimi organizzati per tipi, fra cui: danno, cura, potenziamento, e navigazione. La classe del “cercatore” è interessante perché è specializzata nella capacità di muoversi rapidamente per il dungeon attraverso incantesimi di informazione e di teletrasporto. Una novità di questo gioco è la possibilità di utilizzare degli “slot veloci” per gli incantesimi, assegnando loro dei numeri del tastierino numerico.
Gli incantesimi disponibili per i membri della gilda dei paladini.
 
Santuario
Cura Minore
Rimuovi Veleno
Sveglia
Cura
Cura Malattie
Guarigione Minore
Dissolvi Non Morti
Cura Maggiore
Guarigione
Controlla Umanoidi
 
Avatar è sostanzialmente un gioco multiplayer. Potete viaggiare da soli, ma vi servirà un bel po' di fortuna. Come riportato anche nel file di aiuto, le avventure in solitario sono rischiose “perché ogni singolo personaggio avrà solo una o due skill, mentre per essere abbastanza sicuri ne servono almeno tre o quattro”. Il dungeon è terribilmente letale per giocatori singoli, alle prime armi, e senza esperienza, come ho potuto sperimentare personalmente con i miei primi personaggi di prova. Nessuno di loro è sopravvissuto per più di qualche combattimento, anche quando tutto quello che facevo era letteralmente tentare di ritirarmi su per le scale tornando in città per recuperare salute. In più, alcune delle caratteristiche migliori del gioco sono pensate per il multiplayer, come la finestra di messaggistica, la possibilità di chiedere aiuto, o quella di scambiare oggetti. I nuovi giocatori sui server multiplayer avranno vita assai più facile se i loro compagni gli permetteranno di unirsi a loro, dandogli un equipaggiamento migliore e delle pozioni per potenziare le caratteristiche.
 
Ho scoperto diverse altre cose introdotte per la prima volta da Avatar, prevalentemente attraverso la documentazione, piuttosto che attraverso l'esperienza diretta personale:
 
 - Le gilde possono darvi delle quest che consistono nell’uccidere certi mostri o nel trovare degli oggetti specifici, ed è il primo gioco in assoluto a offrire delle quest del genere. I mostri scelti sembrano essere casuali, seppur basati sul livello del personaggio. La dinamica è così simile a quanto ha fatto Richard Garriott con Akalabeth che pare quasi impossibile credere che l’uno non abbia influenzato l’altro, ma non vedo come ciò sarebbe potuto accadere. Non mi risulta che Garriott sia mai stato in nessun posto dove avrebbe potuto avere accesso al PLATO e al tempo stesso la prima versione di Akalabeth uscì lo stesso anno di Avatar, ma con una diffusione assai limitata, il che rende improbabile che sia stato Avatar a essere influenzato da Akalabeth.
 
 - Gli incontri casuali con i mostri possono essere anche pacifici. I mostri potrebbero anche unirsi al gruppo se il carisma del leader è abbastanza alto.
Chester incontra una coppia di goblin amichevoli. Purtroppo non lo sono rimasti a lungo.
 
 - I giocatori possono “spedire dei rapporti” dei mostri incontrati in location specifiche, per far sì che sia più facile trovarli e risolvere le relative quest.
 
 - Il gioco è volutamente vago sui mostri e gli oggetti che si possono incontrare nei dungeon, invitando i giocatori a prendere appunti, imparare tramite l’esperienza, e condividere le proprie conoscenze con gli altri giocatori; una dinamica che ritroviamo in molti roguelike successivi come NetHack.
 
 - Il dungeon presenta trappole e ostacoli alla navigazione che non si erano mai visti prima, ma che però ritroveremo in decine di giochi successivi, come: teletrasporti, fosse, zone di tenebre, quadretti che vi fanno girare su voi stessi senza preavviso (i così detti “spinners”) e quadretti che dissolvono i vostri incantesimi attivi. Ci sono però anche ostacoli che sono rari o addirittura esclusivi di questo gioco, come: le sabbie mobili, i “quadretti illusori” che vi fanno vedere cose che non ci sono, e i corridoi che scendono gradualmente verso il basso portandovi così in un altro livello senza che ve ne rendiate conto.
 
- I mostri possono usare un’ampia varietà di effetti speciali che ormai ci sembrano normali in un GDR per computer, ma che allora di certo non lo erano, come: veleno, malattie, pietrificazione, invecchiamento, sonno, paralisi, risucchi di caratteristiche, attacchi a soffio, e la capacità di distruggere o rubare oggetti e oro. Inutile dire che queste caratteristiche anticipano di qualche anno Rogue e NetHack.
 
 - C’è un gran numero di comandi da tastiera che dipendono dal contesto di gioco, con tanto di varianti per l’uso maiuscolo e minuscolo. Per esempio “t” vi fa salire e scendere le scale, ma “T” vi fa seguire un altro giocatore.
 
Come ho detto sopra, Cyber1 ha tre versioni di Avatar, coi nomi di “'2avatar' per l’originale, 'Zavatar' per il gioco aggiornato, e 'Vavatar' per i ‘pazzi estremisti’”. Non so bene come interpretare quest’ultimo, ma la maggior parte dei giocatori era su “Vavatar”. Ogni versione permette allo stesso giocatore di gestire più di un personaggio, e il regolamento ci avverte che se veniamo beccati a superare il limite di due o quattro personaggi creati tramite dei login addizionali, il nostro account sarà immediatamente cancellato. Non è male l’idea di permettere a un singolo giocatore di controllare un gruppo di avventurieri, ma purtroppo io non sono riuscito a far funzionare questa feature. Forse servono dei privilegi speciali che permettano di fare il login da più di un terminale alla volta (e io di certo non li ho), o forse servono account diversi per ogni personaggio.
 
In ogni caso, dopo aver sperimentato quanto più possibile della primissima versione, ho provato "Vavatar". Tutto quel che ho potuto vedere di diverso è stata una nuova classe “Warlock” (che è una specie di guerriero/ladro) e alcune nuove skill e abilità associate a ogni gilda. Esplorando il dungeon mi è sembrato che ci fossero meno gruppi di nemici composti da più unità, il che rende le cose un po’ più facili, ma nonostante questo non sono riuscito a superare il secondo livello. Ho cercato un gruppo a cui unirmi, ma non sapevo come trovarne uno, e comunque è noto che io preferisco il single-player.
 
Anche se Avatar è un passo avanti rispetto a Oubliette, esso in realtà non fa niente di nuovo o di migliore per quanto riguarda la storia e i PNG. Anzi, forse peggiora un po’ le cose, perché non ci dice niente del mondo di gioco (anzi, non gli dà nemmeno un nome). E poi non ha i gregari che invece ci sono in Oubliette e che rendono l’esperienza single-player molto più accessibile, e comnque, in generale, è semplicemente troppo difficile da affrontare per un giocatore singolo. Tuttavia, rispetto a Oubliette, è più sofisticato per quanto riguarda l’economia, l’equipaggiamento, e le pur limitate quest. Questi pregi e questi difetti si annullano l’un l’altro, e Avatar finisce con un punteggio di 32 sul mio GIMLET, contro il 31 di Oubliette.
 
I tre ideatori originali, più gli sviluppatori successivi, di Avatar sembrano aver goduto di solide carriere all’altezza del loro talento. Bruce Maggs ha insegnato informatica alla Carnegie Mellon e alla Duke University; Andrew Shapira è un ingegnere capo ad Amazon.com; David Sides ha occupato tutta una serie di posizioni manageriali nello sviluppo del software; Tom Kirchman è stato “chief technology officer” per due diverse società; Greg Janusz è il presidente di una società da lui fondata; non riesco invece a trovare da nessuna parte Mark Eastom,ma siamo comunque a 5 su 6.
 
Una versione commerciale, single-player, di Avatar è stata pubblicata per Windows 95 col titolo di Mordor: The Depths of Dejenol. A giudicare dalla sua pagina di Wikipedia sembra aver conservato le classi, il dungeon di 15 livelli, e il sistema delle gilde, offrendo però anche un boss (il “Principe dei Diavoli”) da sconfiggere come quest principale. Non so che tipo di accordi avesse lo sviluppatore di questo titolo (David Allen) con gli sviluppatori dell’originale Avatar, quindi non so dire se si tratti di una spudorata violazione di copyright, oppure di un simpatico omaggio. Quale che sia, lo giocherò di qui a un paio di anni.
 
Ora che abbiamo finito di occuparci dei primi giochi per PLATO, vediamo quali conclusioni generali possiamo trarre da questi giochi.
Mi sono venute in mente queste riflessioni:
 
 - I primissimi GDR per computer erano impudentemente basati su Dungeons & Dragons, dal quale prendevano liberamente in prestito le caratteristiche, le classi, e le razze. L'adozione di questi aspetti è stata praticamente immediata, se consideriamo che la maggior parte di questi titoli è stata sviluppata a distanza di un paio di anni dalla pubblicazione di D&D.
 - Nonostante questo, gli sviluppatori per PLATO non furono mai schiavi del D&D. Non esitarono ad aggiustare le regole di combattimento, a proporre caratteristiche alternative per i personaggi, a introdurre i loro mostri (alcuni adattandoli da altre storie fantasy), a inventare i loro oggetti magici, e a creare le loro tabelle dell’esperienza.
 - I giochi per PLATO nascono in un campus universitario, usando dei terminali collegati in un network. Dato questo contesto, i loro autori non erano interessati al gioco single-player isolato, quanto piuttosto a un senso di comunità. Perfino i giochi che non presentavano un multi-player cooperativo avevano le classifiche pubbliche e i gruppi di discussione. È per questo che i primissimi GDR per computer furono inevitabilmente GDR multiplayer. I giochi single-player per computer non inseriti in un network nacquero successivamente sugli home computer, in modo spontaneo, quando ormai l’era dei GDR per PLATO si avvicinava ad una conclusione.  
 - In aggiunta al punto precedente, dobbiamo forse citare il fatto che non c’era praticamente un singolo GDR per PLATO che non presentasse la permadeath. Ce n’erano alcuni (Moria, Oubliette, e Avatar) in cui i personaggi uccisi potevano essere resuscitati da altri giocatori, ma nessuno in cui i personaggi morti potevano essere riportati in vita tramite salvataggio (solo adesso mi sovviene quanto tardi sia arrivato nei GDR per computer il concetto di “ricaricare”. Scorrendo la mia lista, credo che il primo gioco ad aver presentato questa caratteristica sia stato Ultima nel 1981).
 - In più, sempre (in parte) in virtù dell’aspetto multiplayer, questi giochi non si preoccupavano minimamente dell’idea di “gioco di ruolo” nei termini in cui noi la pensiamo oggigiorno. Non erano stipati di storia o di "lore", né i loro dungeon erano riempiti di incontri speciali e di PNG. Viene da chiedersi se tutte queste cose non siano emerse proprio per compensare la mancanza di interazione con altri esseri umani nel gioco offline.
 - Il focus di questi giochi (le statistiche per il combattimento, la logistica, la permadeath) riflettevano esattamente la realtà dei giochi di ruolo pen-and-paper dell’epoca. "Non puoi 'ricaricare' un personaggio morto nel D&D cartaceo", dovevano aver pensato i game designer dell’epoca, "Perché mai dovresti poterlo fare su computer?"
 - Ci vollero molti anni prima che le capacità computazionali degli home computer fossero paragonabili a ciò che era stato programmato sul mainframe del PLATO. E alcuni dei tentativi migliori presero palese ispirazione proprio dai giochi per PLATO.
 - Nessuno degli sviluppatori per PLATO, nonostante le loro opere e le loro grandi idee, sembra aver avuto una carriera nei videogiochi. L’unica piccola eccezione è Jim Schwaiger, che ha partecipato alla realizzazione di una versione commerciale di Oubliette.
 - Tutti i giochi per PLATO sono dotati di un’eccellente documentazione.
Una parte del file help di Avatar, che indica quali classi sono disponibili per ogni razza.
 
Un asterisco (*) indica che un personaggio di una determinata razza può unirsi alla corrispettiva gilda. Tutti i personaggi sono automaticamente membri della gilda dei Nomadi. Ci sono anche altri requisiti per unirsi ad una gilda. Per esempio, per unirsi alla gilda dei Maghi, ci sono dei requisiti minimi di intelligenza. Altre informazioni su questi requisiti minimi saranno presentate in seguito.
 
Tuttavia, tecnicamente parlando, non abbiamo ancora finito con il PLATO. La home page di Cyber1 ha annunciato Camelot, un nuovo GDR per PLATO basato sul codice originariamente sviluppato negli anni '80. La home page indica un copyright datato 1982-2013, quindi presumo che lo inserirò nei giochi del 1982 e quindi anche nel mio backlog.
 
Questi sono i PIU' GRANDI cavalieri di CAMELOT
 
La prossima volta: o torneremo a Legend of Faerghail (se riesco a capire come far funzionare l'emulatore Amiga) o ci lanceremo in un inizio anticipato di Buck Rogers: Countdown to Doomsday.
 
****
 
Per approfondire: Date un'occhiata al mio articolo “I Primi GDR per Computer” scritti sul PLATO e disponibili su Cyber1, fra cui The Dungeon (alias "pedit5", 1974), The Game of Dungeons ( alias "dnd", 1975), Orthanc (1975), Moria (1975), e Oubliette (1977).
"The Game Archaeologist" si è occupato dei giochi per PLATO (non solo dei GDR) in Agosto e Matt Barton ha scritto un articolo sulle sue esperienze con i GDR per PLATO nel 2007, seguito da una video-recensione nel 2009.

The CRPG Addict è un blog, scritto da Chester Bolingbroke, che racconta il viaggio dell’autore (in ordine grossomodo cronologico) in oltre 40 anni di storia dei giochi di ruolo per computer. L’autore gioca ad un titolo, ne discute i punti di forza e di debolezza, il suo posto nella storia dei GDR per computer, l’influenza che ha avuto sui titoli successivi, e l’esperienza di affrontarlo al giorno d’oggi.
OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore! Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.

Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto


Consulta l'indice per leggere gli articoli precedenti

Visita il sito ufficiale di The CRPG Addict
Discutiamone insieme sul forum di OldGamesItalia!

 

Mystery House - Parte 1
The Digital Antiquarian (traduzione ufficiale italiana)

Abbiamo lasciato Ken e Roberta dopo che avevano preso l'importantissima decisione di mettere a frutto le capacità grafiche in bitmap dell'Apple II per creare un gioco d'avventura che, oltre al testo, avesse delle immagini. Roberta era ben consapevole di non essere un'artista, ma era anche determinata a creare dei disegni che facessero al caso loro: in un mondo in cui non si era mai vista un'avventura grafica, la gente non si sarebbe certo soffermata troppo a criticare l'aspetto estetico della prima, no?

Per riuscirci però i due dovevano prima superare almeno due sfide: trovare un modo per importare le immagini nell'Apple II e trovare un modo immagazzinarle in maniera tale che non occupassero troppo spazio sul disco. Quest'ultimo problema sorgeva perché Ken e Roberta intendevano fornire immagini per tutte le location del gioco, per un totale di circa 30 illustrazioni.

Creare delle immagini sull'Apple II era un'impresa non da poco agli inizi del 1980, non solo a causa della penuria di programmi di disegno utilizzabili allo scopo, ma anche per la mancanza di uno strumento di input adeguato: i mouse sarebbero arrivati solo molti anni dopo, e disegnare con un  joystick, una trackball, o con la tastiera era inevitabilmente approssimativo e frustrante. Ken e Roberta finirono quindi con l'acquistare un goffo aggeggio chiamato VersaWriter.

Il VersaWriter era troppo impreciso per poterlo usare per il disegno a mano libera. Presupponeva invece che l'utente inserisse un bozzetto sotto la superficie trasparente dell'area di disegno, per poi ricalcarlo utilizzando l'apposito pennino. Tale prodotto era commercializzato come uno strumento per inserire diagrammi (diagrammi di flusso, circuiti, planimetrie, ecc.) nell'Apple II; anche per questo il software incluso nel pacchetto non gestiva bene le linee irregolari e gli schemi tipici delle illustrazioni vere e proprie. A dire il vero l'anno prima la stessa Apple aveva commercializzato una tavolozza da disegno molto più adatta per le illustrazioni. Tuttavia la tavolozza della Apple costava 650 dollari, mentre il  VersaWriter ne costava meno di 200. Ancora incerto sul destino della loro impresa e intenzionato a risparmiare quanto più possibile, Ken scelse il VersaWriter. Ora però doveva trovare un modo di farlo funzionare per lo scopo che avevano in mente. Come ogni buon hacker, si mise prontamente al lavoro, scrivendo un suo software che lo facesse funzionare. Nel farlo, risolse anche la seconda sfida, seppur in modo quasi del tutto accidentale.

Immagazzinare 30 o più immagini su disco come una semplice griglia di pixel avrebbe consumato molto più spazio di quanto Ken ne avesse a disposizione su un singolo disco. Quindi, se voleva evitare la scocciatura di far uscire un gioco su molti dischi (chiedendo all'utente di scambiarli nel lettore all'occorrenza), doveva trovare un metodo più efficiente. Poiché all'epoca non si parlava nemmeno di standard di compressione grafica (e, se anche lo si fosse fatto, probabilmente sarebbero comunque stati superiori alle capacità di elaborazione del piccolo 6502 della Apple), a Ken venne l'idea di immagazzinare ogni singola immagine non come dati (che tutti insieme andavano a comporre il prodotto finale), ma piuttosto come una serie di comandi di disegno, che potevano essere usati per ricreare l'immagine finale da zero. In altre parole, invece che essere prese direttamente dal disco, le immagini di Mystery House venivano “dipinte” da zero dal computer ogni volta che dovevano essere visualizzate (o, per chi preferisce un linguaggio più tecnico: venivano immagazzinate come grafica vettoriale e non come grafica raster). L'aspetto veramente elegante del tutto è che i comandi di disegno utilizzati per crearle corrispondevano esattamente ai movimenti del pennino che li aveva tracciati sul VersaWriter. E quindi, per immagazzinare la grafica, Ken doveva solo “registrare” i movimenti del pennino mentre questo ricalcava i semplici disegni di Roberta, per poi “riprodurre” tali movimenti sullo schermo ogni volta che il gioco ne aveva bisogno. Un piccolo trucco da maestro, che ci mostra però quanta strada avesse fatto Ken come programmatore dai tempi in cui era solo un giovane allievo del Control Data Institute.

Con l'aggiunta di un semplice parser e di un “world model” più o meno equivalente a quello dei giochi di Scott Adams, il gioco finale aveva questo aspetto:No, la  grafica non è particolarmente attraente. Se mi si permette di scendere un attimo nel tecnico, andare a indagare il perché abbiano questo aspetto è indubbiamente un ottimo esercizio di “storia delle piattaforme informatiche”.

La normale modalità “Hi-Res” dell'Apple II forniva una modalità di visualizzazione bitmap a 280X192 pixel. Tuttavia il programma può opzionalmente scegliere di riservare i 32 pixel in basso dello schermo per visualizzare la parte finale del normale schermo testuale dell'Apple II, che vive infatti di vita propria in un altro punto della memoria. Quest'ultima modalità si dimostrò perfetta per un gioco come Mystery House, oltre che per molti altri che sarebbero arrivati di lì a poco da parte della On-Line Systems e di altri. Poiché lo schermo testuale resta in essere, anche se nascosto altrove, c'era una caratteristica assai comoda che era particolarmente facile da programmare: il giocatore poteva, semplicemente premendo invio su una linea vuota, fa sparire l'immagine, rivelando così tutte le sue ultime mosse.Bastava premere di nuovo il tasto invio per riportare immediatamente l'immagine hi-res in sovrimpressione, essa infatti era stata a sua volta “nascosta” in memoria. Nel 1980 questa era roba da esperti, ma l'Apple II la rendeva banale. Ed era praticamente perfetta per un gioco come Mystery House, quasi come se Wozniak avesse previsto proprio questo specifico utilizzo quando l'aveva progettata.

Ma ora forse vi chiederete il perché di quegli strani colori nelle illustrazioni. Per potervi rispondere dobbiamo analizzare più in profondità il funzionamento della modalità hi-res.

Un display di grafica bitmap è normalmente contenuto in memoria sotto forma di una lunga stringa di bit, che vengono costantemente presi e stampati a schermo. L'esatta quantità di memoria necessaria per far questo dipende, in modo del tutto evidente, dalla risoluzione del display. Ma, in modo leggermente meno evidente, dipende anche dal numero di colori della palette utilizzata. Se utilizziamo solo 2 colori (di solito il bianco e il nero), ci servirà un solo bit per ogni pixel. Se invece vogliamo utilizzare più colori, avremo bisogno di più memoria. Una palette a 256 colori, per esempio, richiede 8 bit (o 1 byte) per immagazzinare ogni singolo pixel. Voi probabilmente oggi starete leggendo queste parole su un monitor a colori a 24-bit con una palette di ben più di 16 milioni di colori, che richiede ben 3 byte per rappresentare ogni singolo pixel (e pensate che questa modalità è spesso inaccuratamente definita a 32-bit perché l'hardware moderno è ben felice di sprecare un intero byte per ogni pixel per tenere tutto allineato in modo ordinato).

Numeri come questi erano ovviamente inconcepibili nel 1980. L'Apple II Plus in modalità hi-res offriva solo 6 colori. Applicando le nozioni apprese al primo anno di informatica, potete facilmente dedurre che servirebbero 3 bit per ogni pixel per immagazzinare i bitmap dell'Apple II secondo il metodo convenzionale (a dire il vero, usando 3 bit avremmo un range di numeri possibili compreso fra 0 e 7, che sono anche troppi; 2 bit però risulterebbero invece troppo pochi). Facciamo un rapido calcolo: 3 bit per pixel * 280 pixel orizzontali * 192 pixel verticali = 161,280 bit, ovvero (dividendo per 8) 20,160 byte (cioè un po' meno di 20 kB). Ora, considerate che in totale abbiamo 48 kB di memoria disponibile sull'Apple II; questo significa che dedicare quasi metà di tale memoria al display grafico sarebbe assolutamente insostenibile, se vogliamo al contempo usare dei programmi con quel minimo di complessità che permetta loro di trarre un qualche vantaggio dalla modalità hi-res stessa.

Wozniak era ben consapevole di questo e -come in molte altre aree dell'Apple II- trovò un modo per fare di più con meno. Piuttosto che dedicare 3 bit a ogni colore, ve ne dedicò solo 1, riservando però anche un bit di ogni byte a uno scopo speciale, di cui vi parlerò fra un attimo. Poi definì una serie di semplici regole per determinare di quale colore sarebbe potuto essere ogni pixel. Se un bit non è impostato, anche il pixel corrispondente sullo schermo sarebbe stato “spento”, cioè nero. Se un bit è acceso, e anche il bit alla sua sinistra e/o quello alla sua destra è acceso, allora quel pixel apparirà bianco. Se un bit è acceso, è su una coordinata pari dell'asse x, e i bit adiacenti sono entrambi spenti, allora quel pixel apparirà viola o blu, in base al fatto che l'ottavo bit riservato sia accesso o spento. Un bit su una coordinata dell'asse x dispari nella medesima situazione seguirà le stesse regole, ma sarà di colore verde o arancione. Una tale impostazione ci permette di immagazzinare una schermata 280X192 a 6 colori usando solo 7680 byte. Tuttavia ciò implica tutta una serie di restrizioni:

  • - Un pixel bianco deve avere almeno un altro pixel bianco a sinistra o a destra (in altre parole, una linea bianca verticale a schermo deve essere larga almeno 2 pixel)
  • - Un pixel su una coordinata orizzontale pari può essere bianco, nero, viola, o blu, ma non verde o arancione. Tuttavia, se il bit in questione è spento e se c'è un pixel colorato adiacente, il suo colore “stinge” andando a colorare anche tale pixel (che altrimenti sarebbe stato nero).
  • - In modo del tutto simile, un pixel su una coordinata orizzontale dispari può essere bianco, nero, verde, o arancione, ma non viola o blu, ed è a sua volta soggetto all'effetto di cui sopra.
  • - Ogni linea orizzontale è composta da 280 pixel, che però sono divisi in 40 gruppi di 7. I pixel all'interno di un gruppo possono essere viola o verdi, oppure blue o arancioni, ma non sono concesse combinazioni (in altre parole, un singolo gruppo di 7 non può contenere contemporaneamente pixel viola e blu, oppure verdi e arancioni, ecc.)
  • - Perché un singolo pixel sia colorato di nero a schermo, almeno un bit adiacente al bit in memoria che lo rappresenta deve essere nero (in altre parole una linea nera verticale -esattamente come una linea bianca verticale- deve essere larga almeno 2 pixel).

Tenendo tutto questo a mente (ed è alquanto faticoso...), si capisce che sarebbe più accurato affermare che l'Apple II ha una risoluzione orizzontale di soli 140 pixel, visto che il colore di ogni pixel viene completamente controllato dal pixel a esso adiacente.  Considerato tutto questo, unito alla difficoltà estrema di lavorare in modalità hi-res, c'è da chiedersi se tutti questi barocchismi valessero davvero il mal di testa necessario a comprenderli. La tendenza di Woz a produrre roba del genere in nome dell'efficienza è uno degli aspetti più problematici di colui che altrimenti sarebbe un ingegnere generalmente brillante (pensate a come l'Atari dovette rifare da capo il progetto del Breakout di Woz, perché nessuno riusciva a comprenderlo; un fatto che -per quanto sia diventato una leggendaria dimostrazione del genio di Woz- in realtà, da un certo punto di vista, lo mette in una luce peggiore di quanto non faccia con gli ingegneri dell'Atari...). Date di nuovo un'occhiata all'immagine sopra. Notato come le linee verticali siano tutte verdi e viola, mentre le orizzontali siano tutte bianche? Ken poteva realizzare quelle linee verticali bianche solo raddoppiandone lo spessore e rinunciando ad ogni proporzione. L'Apple II non consente -letteralmente!- quei semplici tratti bianchi e neri che lui voleva mostrare. Pazzesco, eh?

Questi strani schemi di colori (per non parlare dei toni pastello dei colori stessi) rendono -ieri come oggi- il display dell'Apple II istantaneamente riconoscibile a chiunque ci abbia passato del tempo davanti. E se il suo display è insolitamente caratteristico, in questo campo l'Apple II è in buona compagnia: tutte le immagini prese dai primi microcomputer sono caratterizzate da indizi che ne rivelano la loro origine. È una di quelle cose che rendono queste vecchie macchine così attraenti per chi vive nel nostro moderno mondo di anonima perfezione tecnologica. Chiamatela personalità o, se preferite, chiamatela... anima.

Il che non significa, ovviamente, che gli utenti dell'epoca non abbiamo compiuto ogni sforzo possibile per trovare dei modi per superare tali basiche limitazioni. Ma di questo parleremo più a fondo in seguito. Nel prossimo post invece vedremo com'è giocare a Mystery House e indagheremo il ruolo che ha avuto nel suo contesto storico. 

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.

Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto

Articoli precedenti:

Sulle tracce di The Oregon Trail
In difesa del BASIC
A Caccia del Wumpus
L'Avventura di Crowther
TOPS-10 in a Box
L'Avventura completata
Tutto il TRaSh del TRS-80
Eliza
Adventureland
Dog Star Adventure
Qualche domanda per Lance Micklus
Un 1979 indaffarato
The Count

Due diverse culture di avventurieri
Microsoft Adventure
La Narrativa Ludica già nota come Storygame
L'Ascesa dei Giochi Esperienziali
Dungeons And Dragons
Una Definizione per i Giochi di Ruolo per Computer
Dal Tavolo al Computer
- I Primi Giochi di Ruolo per Computer
- Temple of Apshai
- Un 1980 Indaffarato
- L'Interactive Fiction di Robert Lafore
- Cestinando il Trash del TRS-80
- Jobs e Woz
- L'Apple II
- Eamon, Parte 1
- Un Viaggio nel Fantastico Mondo di Eamon
- Eamon, Parte 2
- Il mio Problema con Eamon
- Ken e Roberta



Visita il sito ufficiale di The Digital Antiquarian
Discutiamone insieme sul forum di OldGamesItalia!