Akalabeth
The Digital Antiquarian (traduzione ufficiale italiana)

Richard Garriott era un ragazzo sveglio, ma al tempo stesso era anche un dungeon master adolescente. È per questo che, anche se proviamo un po' di imbarazzo quando Akalabeth si apre con quella che ha tutta l'aria di essere la caricatura di un discorso di un dungeon master adolescente (pronunciato da un ragazzino brufoloso dietro la copertina del suo modulo B2 – La Rocca Sulle Terre di Confine), dobbiamo comprendere che Akalabeth è comunque un prodotto del suo tempo e dell'età di colui che lo ha creato.

BENVENUTO, FOLLE MORTALE

NEL MONDO DI

AKALABETH!

QUI TROVERAI GRANDIOSE

AVVENTURE!

 

CREATO DA LORD BRITISH

(C) 1980 DELLA CALIFORNIA PACIFIC COMPUTER

 

ISTRUZIONI (SI / NO)

MOLTI, MOLTI, MOLTI ANNI FA IL SIGNORE OSCURO MONDAIN, ARCINEMICO DI BRITISH, ATTRAVERSÒ LE TERRE DI AKALABETH DIFFONDENDO AL SUO PASSAGGIO IL MALE E LA MORTE.

QUANDO MONDAIN FU SCACCIATO DA QUESTA TERRA DA BRITISH, PORTATORE DELLA LUCE BIANCA, EGLI L'AVEVA GIA' DANNEGGIATA GRAVEMENTE.

 

IL TUO COMPITO SARA' QUELLO DI LIBERARE AKALABETH DALLE ORRIBILI BESTIE CHE LA INFESTANO, CERCANDO AL CONTEMPO DI RESTARE VIVO!!!

FAI ATTENZIONE, FOLLE MORTALE, STAI PER ENTRARE IN AKALABETH, MONDO DELLA SVENTURA!

BY LORD BRITISH

Consentitemi quindi di esprimere un paio di pensieri in libertà, ma rigorosamente nel suddetto spirito di comprensione.

Perché mai gli scrittori di fantasy medievale (fra cui anche tantissimi che dovrebbero ormai avere tutti gli strumenti per fare meglio del nostro giovane Mr Garriott) si rifanno sempre allo Shakespeare rinascimentale quando vogliono far apparire il loro inglese ampolloso e autentico? Eppure dovrebbero saperlo che esiste un certo Geoffrey Chaucer

OLTRE L'AVVENTURA VI È

AKALABETH

UN GIOCO DI FANTASIA, ASTUZIA, E PERICOLO.

 

10 DIVERSI MOSTRI HI-RES

INSIEME AD UNA PROSPETTIVA PERFETTA

E AD INIFINITI LIVELLI DI DUNGEON

CREANO IL MONDO DI AKALABETH

Considerata la ben documentata insoddisfazione di Garriott per l'approccio seguito da Crowther e Woods nel loro Adventure, non è che “Beyond Adventure” (o dovrei dire “Beyond Adventure”?) [cioé “Oltre l'avventura” e/o “Oltre Adventure”, ndAncient] sia in realtà una frecciatina fra rivali?

E se certamente entrambi i suoi genitori, e probabilmente molti altri oltre a loro, gli hanno fornito idee e suggerimenti, Akalabeth è un'opera realizzata interamente dal solo Richard; l'apice di tre anni di sforzi, prima al terminale con la telescrivente della sua scuola superiore e poi sul suo Apple II Plus nuovo di pacca. L'unica eccezione è rappresentata dalla grafica della schermata del titolo, fornita da un amico e vicino di casa di Houston, Keith Zabalaoui, che è bastata a garantirgli una presenza nei credit cartacei alla voce “Graphics”.

Dopo essere passati per la schermata del titolo realizzata da Zabalaoui e per le istruzioni in-game, viene caricato e avviato il codice BASIC del gioco. Tutto ciò che segue è implementato in un singolo programma BASIC di 22 K. Per prima cosa ci viene chiesto di “Inserire il numero fortunato”. Questo numero serve come variabile per il generatore casuale di numeri, che determinerà quasi tutto ciò che verrà dopo: le caratteristiche con cui iniziamo, la conformazione delle zone all'aperto e dei labirinti, ecc. Per questa ragione scrivendo il medesimo numero saremo sempre certi di avere la medesima partita, fin dal personaggio con cui iniziamo; e da lì -se facciamo esattamente le stesse cose- avremo esattamente lo stesso risultato finale, visto che anche i tiri di dado “casuali” dipendono in ultima analisi da questo numero magico. Generare un mondo virtuale per via matematica, facendolo al volo e all'occorrenza (invece che immagazzinare dei dati già pronti che devono essere recuperati dal disco) non era niente di nuovo nel mondo dei primissimi giochi per computer, che dovevano fare i conti con le limitate memorie delle macchine su cui giravano e sulla limitata capacità dei dischi. Il più celebre esempio è Elite, che generava dinamicamente il proprio universo di otto galassie utilizzando le successioni di Fibonacci. È tuttavia interessante che Garriott abbia scelto questo approccio per presentare al giocatore un mondo e delle dinamiche di gioco davvero casuali, invece di usare il vero e proprio generatore di numeri casuali dell'Apple II, che sarebbe potuto essere perfettamente adeguato allo scopo,

Comunque sia, dopo aver preso la più critica delle decisioni, ci troviamo a scegliere il livello di difficoltà da 1 a 10, da cui dipende quanto saranno tosti i mostri che combatteremo e quante quest dovremo completare per finire il gioco. Poi ci viene mostrato il nostro personaggio, composto da una serie di tipici indicatori alla Dungeons and Dragons: punti ferita, forza, destrezza, stamina, saggezza, oro. Possiamo scegliere anche fra due classi: guerriero o mago. Dopodiché ci ritroviamo nell'immancabile negozio, anche se stavolta non ci sono i negozianti loquaci e votati al mercanteggiamento che abbiamo trovato in Temple of Apshai o in Eamon.

Proprio come in Temple of Apshai, la lista dell'equipaggiamento di Akalabeth è piuttosto scarna, consistendo in una manciata di oggetti generici che potete vedere qui sopra [cibo, stocco, ascia, scudo, arco e frecce, amuleto magico; ndAncient], e qui non c'è nemmeno la possibilità di trovare oggetti speciali nei dungeon.

Vale però la pena segnalare che in Akalabeth dovremo occuparci della nostra riserva di cibo: il nostro avatar consumerà infatti un po' di cibo ad ogni turno e, se lo dovesse finire, morirebbe istantaneamente. La morte per fame è una vera minaccia nelle fasi iniziali del gioco, quando l'oro scarseggia, ma ben presto ci potremo permettere centinaia di unità di cibo e da quel punto in poi si rischierà di morire di fame solo per disattenzione.

Quando il gioco vero e proprio inizia, diventa palese perché Garriott ha affermato (un po' seriamente e un po' scherzosamente) di aver passato i primi quindici anni della sua carriera a rifare sempre lo stesso gioco. Ci viene mostrata una mappa di esterni, vista dall'alto, che navighiamo usando comandi abbinati ad un tasto della tastiera. Qualunque veterano di Ultima si sentirà immediatamente a suo agio, anche se (a differenza dei seguenti Ultima, che col tempo arriveranno ad usare praticamente tutti i tasti della tastiera) qui abbiamo solo una decina di opzioni, la maggior parte delle quali riguardano semplicemente il movimento.

Vi faccio notare che la schermata qui sopra è stata implementata usando la speciale modalità grafica hi-res dell'Apple II, con le quattro linee di testo normale, in basso, dedicate ai messaggi di stato (l'intramontabile dono di Wozniak per i programmatori di giochi).

In più, proprio come nei successivi Ultima, la nostra prima vera missione è quella di trovare il castello dell'alter ego di Garriott, Lord Biritish. Dopo averci chiamato “contadini” (davvero ti senti tanto più importante di noi, Richard?), ci assegnerà la prima di una serie di “quest” che consistono tutte semplicemente nell'uccisione di mostri di crescente difficoltà. Il numero di queste missioni che dobbiamo completare per finire il gioco dipende dal livello di difficoltà che abbiamo scelto all'inizio.

BENVENUTO, CONTADINO, NELLE SALE DEL POTENTE LORD BRITISH. QUI POTRAI SCEGLIERE DI FRONTEGGIARE LE MALVAGIE CREATURE DELLE PROFONDITA' IN CAMBIO DI RICOMPENSE.

COME TI CHIAMI, CONTADINO? JIMMY

È UN'AVVENTURA GRANDIOSA QUELLA CHE VUOI? SÌ

BENE! ALLORA TENTERAI DI DIVENTARE UN CAVALIERE!!!

IL TUO PRIMO COMPITO SARÀ DI SCENDERE NEI DUNGEON E RITORNARE SOLO DOPO AVER UCCISO UN/UNA TOPO GIGANTE.

IMBARCATI ADESSO IN QUESTA MISSIONE E CHE LA DEA BENDATA TI ARRIDA...

… IN PIU' IO, BRITISH, HO AUMENTATO TUTTE LE TUE CARATTERISTICHE DI UN PUNTO!

Quel “un/una topo gigante” non ha prezzo...

È nei dungeon sparsi sulla mappa dell'esterno che troviamo i mostri da combattere. Tali labirinti sono il vero succo del gioco: passeremo gran parte del nostro tempo ad esplorarli e mapparli, combattendo ovviamente contro i loro abitanti, che si faranno via via più temibili, mano a mano che scenderemo in livelli sempre più profondi. Ed è sempre qui che troviamo l'innovazione estetica più palese di tutto il gioco: l'uso di una prospettiva tridimensionale, in prima persona, che ci pone direttamente al centro del mondo di gioco.

COMANDO? OVEST

COMANDO? VAI DUNGEON

PER FAVORE ATTENDI

COMANDO?

LADRO

COMANDO? ATTACCA

CON QUALE ARMA? ASCIA

LA LANCI O LA BRANDISCI?

L'uso di una tale visuale aveva comunque già dei precedenti nel 1980. C'era ovviamente quel gioco chiamato Escape! che aveva inizialmente ispirato Richard. Ancora più noto è Microsoft Flight Simulator, il frutto di molti anni di esperimenti con la grafica 3D da parte di Bruce Artwick, che era apparso per la prima volta sull'Apple II nel 1979 (o, al più tardi, nei primissimi mesi del 1980). Garriott fu però il primo a implementarlo in un GDR per computer. Ed è per questo che Akalabeth influenzerà un'intera generazione di giochi di dungeon crawling che seguiranno, anche se i giochi della serie di Ultima dello stesso Garriott, col tempo, porranno sempre meno enfasi sull'esplorazione dei dungeon a favore della creazione di mondi esterni sempre più ricchi. In più, se togliamo i labirinti 3D di Akalabeth dal contesto della storia dei GdR per computer, vediamo che essi si pongono proprio in cima ad uno scivoloso piano inclinato che alla fine ci porta dritti a Doom e, di lì, alla maggior parte dei giochi hardcore di oggi [Questo articolo è datato Dicembre 2011, ma è in gran parte vero ancora oggi; ndAncient].

Nonostante questo oggigiorno ad Akalabeth non viene riconosciuto un grande valore come gioco in sé. Il CRPG Addict, per esempio, lo definisce “più un progetto dimostrativo che un gioco”. Certo gli artwork sgargianti e le frasi da Dungeon Master adolescente contribuiscono a farcelo apparire più che mai una creazione amatoriale, anche in confronto alla maggior parte dei giochi di quella primissima era. In un certo senso c'è un abbozzo di storia e di ambientazione, ma non hanno alcun senso in relazione allo scopo ultimo del giocatore, che si limita a uccidere dei mostri e a diventare un cavaliere. Finita questa parte introduttiva, in tutto il gioco ci sono meno parole di quante non ce ne siano in quel singolo paragrafo. E poi c'è tutta una serie di cose che sono semplicemente strambe. Ad esempio in Akalabeth manca proprio il concetto di livello del personaggio; una volta fuori da un labirinto, veniamo ricompensati solo in punti ferita, sulla base della quantità e della qualità dei mostri uccisi là sotto. Non c'è nessun concetto di cura, né un valore massimo teorico ai punti ferita; essi sono semplicemente un bene da collezionare, al pari dell'oro. Questo sistema fra l'altro resterà tale anche in Ultima I. Come il CRPG Addict osserva in merito a tale gioco:  “è l'unico gioco che conosco nel quale, quando si è a corto di punti ferita, ci conviene affrettarci nel dungeon più vicino e cercare qualche mostro da combattere!” Ed effettivamente, per quanto ciò possa apparire contro-intuitivo, combattere è letteralmente l'unico modo per recuperare punti ferita (il che fra l'altro significa che, se perdete troppi punti ferita senza aver ucciso mostri abbastanza forti, siete a tutti gli effetti spacciati).

Eppure, oltre all'innovazione tecnica dei dungeon tridimensionali, qui c'è anche una spiccata sensibilità per il design del gioco. E sono proprio questi gli aspetti per i quali Akalabeth meriterebbe maggior riconoscimento. Per quanto mi riguarda infatti sono rimasto sorpreso da quanto Akalabeth sia giocabile; ben più giocabile, ad esempio, di Temple of Apshai e dei suoi seguiti (tutti titoli ben più ambiziosi a livello concettuale). L'odierna sottovalutazione dipende probabilmente dal fatto che Akalabeth non può certo rivelarsi all'altezza delle aspettative. Del resto Akalabeth non sta cercando di regalare ai suoi giocatori un'esperienza estesa ed epica come i suoi successori della serie Ultima; non ha nemmeno la possibilità di salvare. È stato piuttosto pensato come un esercizio, ripetibile all'infinito, di esplorazione di dungeon. Il sistema di bilanciamento della difficoltà fa sì che il giocatore sia sempre messo alla prova e il sistema del “numero magico” gli permette di generare una varietà praticamente infinita di mappe, consentendogli però al tempo stesso (se lo desidera) di riaffrontare la stessa identica partita che lo ha visto morire l'ultima volta. Da questo punto di vista Akalabeth ci mostra un game design incredibilmente lungimirante e perfino "player-friendly", per la sua epoca. E se certo non posso dire che mi abbia catturato per giorni e giorni, devo però ammettere che mi sono autenticamente divertito a giochicchiarci mentre preparavo questo post del blog; cosa che non posso certo affermare per molti dei giochi di questa prima èra, di cui mi sono occupato in precedenza (nonostante la loro importanza storica).

Un'altra delle critiche ricorrenti ci impartisce una lezione sull'importanza di praticare questa nostra specie di archeologia informatica usando configurazioni il più autentiche possibili. Nel 1997 la Electronic Arts ha pubblicato The Ultima Collection, una raccolta dei primi otto giochi della serie. Come bonus hanno incluso anche un porting per MS-DOS di Akalabeth, il primo mai realizzato dopo l'uscita dell'originale per Apple II. La maggior parte delle persone, che tentano oggigiorno di giocare ad Akalabeth, usano proprio questa versione, visto che è infinitamente più accessibile rispetto a procurarsi un vero Apple II o a utilizzare un emulatore di Apple II. Il problema è che questa versione è meno sofisticata del suo antecedente. Per esempio in questo porting ogni singolo dungeon sulla mappa è un clone degli altri; nell'originale invece ogni dungeon è unico. Il che ingenera in noi un'opinione falsata e sfavorevole del design originale di Garriott.

Un'altra critica comune è che l'amuleto magico rompa, a tutti gli effetti, gli equilibri del gioco. Lasciate che vi spieghi velocemente: uno degli oggetti che il giocatore può comprare o trovare nei dungeon è un amuleto magico. Esso, in aggiunta ad alcune funzioni comodamente prevedibili (come quella di far apparire scale per spostarsi su e giù nel dungeon), ha anche “un'opzione jolly”. La maggior parte delle volte che tale opzione viene scelta ha delle conseguenze negative, come ad esempio l'esser trasformati in un rospo. Di quando in quando però il giocatore viene trasformato in un uomo lucertola, che all'apparenza non è poi una cosa così grandiosa, ma che invece in concreto lo è eccome: in questo modo tutte le nostre statistiche aumentano istantaneamente e permanentemente del 150%. Il trucco quindi è quello di salvare il gioco (una possibilità prevista dal porting MS-DOS, a differenza dell'originale) e tentare la fortuna. Se ci accade qualcosa di male, si ricarica e si riprova, finché non si riesce a diventare uomini lucertola. Fatelo qualche volta e diventerete a tutti gli effetti invincibili. Bene, ricordiamoci però che i giocatori dell'originale non avevano la comodità di un comando per salvare, né avevano a disposizione i salvataggi di stato di un emulatore. È per questo che tentare questa strada era in realtà un gesto davvero disperato, da compiere probabilmente solo quando al giocatore non era rimasto niente da perdere. Vi invito dunque a guardarlo così come lo avrebbe guardato un giocatore del 1980: non rompe il gioco, ma bensì è un tocco di classe che, una volta ogni morte di Papa, potrebbe elargire un miracolo al giocatore disperato.

E quindi, tutto considerato, non è difficile intuire perché il publisher California Pacific contattò Richard con l'intenzione di distribuire a livello nazionale il suo gioco. La prossima volta mi occuperò proprio di questa storia. 

Se nel frattempo volete provare di persona l'Akalabeth originale, ecco qui per voi un immagine del disco per Apple II.

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.
Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto


Consulta l'indice per leggere gli articoli precedenti

Visita il sito ufficiale di The Digital Antiquarian
Discutiamone insieme sul forum di OldGamesItalia!

DunjonQuest
The Digital Antiquarian (traduzione ufficiale italiana)

Non si può enfatizzare abbastanza quanto i war games e i giochi di ruolo da tavolo (e in particolare, ovviamente, Dungeons and Dragons della TSR) abbiano influenzato le prime narrative ludiche su computer. A volte tale influenza è del tutto palese, come nel caso di giochi tipo Eamon che cercavano esplicitamente di trasportare su computer l'esperienza del D&D. Altre volte però tale influenza è meno apparente.

A differenza dei tipici giochi da tavolo, o perfino dei war game, il D&D e i suoi contemporanei non erano commercializzati come prodotti singoli, ma come delle vere e proprie raccolte di esperienze, quasi uno stile di vita. Solo per iniziare a giocare con la punta di diamante, l'Advanced Dungones & Dragons, si dovevano acquistare tre grandi volumi dalla copertina rigida (Monster Manual, Players Handbook, e Dungeon Masters Guide), a cui si aggiunsero presto molti altri volumi, che descrivevano nuovi mostri, nuovi tesori, nuovi dei, nuove classi di personaggio, e nuove regole sempre più complesse per nuotare, per creare oggetti, per muoversi nelle ombre, per rubare, e -ovviamente- per combattere. Ma, soprattutto, c'erano i moduli d'avventura: avventure preconfezionate, vere e proprie narrative ludiche che potevano essere messe in scena utilizzando il sistema di gioco di D&D. Ne uscivano a dozzine, meticolosamente catalogate con un sistema alfanumerico che permetteva ai collezionisti compulsivi di tenerne traccia; una trilogia di moduli dedicati ai giganti fu etichettata da “G1” a “G3”, una serie di moduli creata nel Regno Unito fu etichettata “UK” [che sta per “United Kingdom”; ndAncient]. A parte i vari vantaggi ludici, questo sistema era indubbiamente il sogno di ogni addetto alle vendite. Perché limitarsi a vendere un solo gioco ai tuoi clienti, quando puoi incatenarli a un intero universo in continua espansione di prodotti?

La strategia di marketing della TSR (basata sulla filosofia di “un solo gioco / molti prodotti”) e il suo zelo per la catalogazione possono essere ritrovati anche fra quei primi sviluppatori di giochi per computer che non stavano provando esplicitamente ad adattare le regole del D&D ai loro mondi digitali. Scott Adams, per esempio, numerò tutte le sue avventure, arrivando così a una dozzina di giochi canonici (altre avventure, presumibilmente non scritte di proprio pugno dal maestro, furono invece pubblicate dalla Adventure International come delle specie di opere apocrife ufficiali sotto l'etichetta “OtherVentures”). I giocatori venivano incoraggiati a giocarle in ordine, visto che aumentavano gradualmente di difficoltà; in questo modo il giocatore principiante poteva affilarsi i denti con opere relativamente “forgiving” tipo Adventureland e Pirate Adventure, per poi gettarsi nei giochi successivi assurdamente difficili tipo Ghost Town e Savage Island. La On-Line Systems adottò un modello simile, sottotitolando retroattivamente Mystery House in Hi-Res Adventure #1 dopo aver pubblicato la Hi-Res Adventure #2 (The Wizard and the Princess). Il gioco successivo Mission: Asteroid, apparso all'inizio nel 1981, fu battezzato Hi-Res Adventure #0 (nonostante la cronologia delle uscite) perché era stato pensato come gioco per principianti, con un po' meno assurdità ed enigmi iniqui del solito. A tutti gli effetti queste similitudini con l'approccio del D&D erano qualcosa di più di un semplice fenomeno di marketing. Del resto entrambe le linee di giochi erano basate su motori riutilizzabili. Nello stesso modo in cui un gruppo di giocatori viveva intorno al tavolo molte avventure diverse usando le regole alla base del D&D, così le linee di avventure di Scott Adams o le Hi-Res Adventures erano essenzialmente delle regole base (il motore di gioco) applicate a molte narrative ludiche diverse.

Tuttavia, fra gli sviluppatori che abbiamo esaminato fin qui, quelli che imitavano in modo più palese il modello del D&D erano -logicamente- quelli che provenivano direttamente dalla cultura del D&D: Donald Brown con il sistema di Eamon, e le Automated Simulations, gli sviluppatori della linea DunjonQuest che era iniziata con Temple of Apshai. J.W. Connelley, il principale sviluppatore del motore dell'Automated Simulations, aveva progettato per Temple of Apshai un motore riutilizzabile che leggeva i file di dati che rappresentavano i livelli del dungeon che si esplorava. Proprio come accadde per Scott Adams e per la On-Line Systems, questo approccio da un lato rese il gioco più facile da convertire (e infatti le versioni per tutte le principali macchine del 1979 -TRS-80, Apple II, Commodore PET- furono pubblicate quello stesso anno), e dall'altro lato velocizzò lo sviluppo di nuove iterazioni del medesimo concept. Tali iterazioni furono etichettate come un set unico di esperienze, che prese il nome di DunjonQuest. Il pittoresco appellativo dalla dizione medievale fu probabilmente scelto per evitare conflitti con la litigiosissima TSR, che, oltre alle regole del D&D, stava commercializzando anche un gioco da tavolo chiamato semplicemente Dungeon!

E la Automated Systems non fece certo mancare tali iterazioni! Altri due titoli della collana DunjonQuest apparvero lo stesso anno di Temple of Apshai. Sia Datestones of Ryn che Morloc’s Tower facevano parte di quelle che la Automated Simulations chiamò MicroQuests, nelle quali gli elementi di costruzione del personaggio erano completamente assenti. Al loro posto il giocatore doveva guidare un personaggio pregenerato attraverso un ambiente molto più piccolo. Ci si aspettava che il giocatore affrontasse più volte l'avventura, cercando di conseguire risultati sempre migliori. Nel 1980 la Automated Simulations pubblicò invece il “vero” seguito di Temple of Apshai, Hellfire Warrior, che conteneva i livelli dal quinto all'ottavo del labirinto iniziato col gioco precedente. Sempre quell'anno pubblicarono anche due titoli più modesti, Rescue at Rigel e Star Warrior, le prime e uniche uscite di una nuova serie, StarQuest, che catapultava il sistema DunjonQuest nello spazio.

Almeno secondo una prospettiva moderna, c'è una sorta di dissonanza cognitiva in queste serie, se le esaminiamo nel loro complesso. I manuali spingevano molto sull'aspetto sperimentale di questi giochi, come ben dimostrato da questo estratto del manuale di Hellfire Warrior:

Quali che siano il tuo background e le tue esperienze precedenti, ti invitiamo a proiettare nel “dunjon” non solo il tuo personaggio, ma anche tutto te stesso. Ti invitiamo a perderti nel labirinto. A sentire la polvere sotto i tuoi piedi. Ad ascoltare il suono di passi non umani che si avvicinano o il lamento di un'anima persa. Lascia che l'odore di zolfo assalga le tue narici. Brucia al caldo delle fiamme dell'inferno, e gela sopra un ponte di ghiaccio. Passa le dita in un cumulo di monete d'oro e immergiti in una pozza d'acqua magica.
Entra nel mondo di DunjonQuest.

Nonostante tutto questo, nessuno di questi giochi aveva la benché minima trama. Temple of Apshai e Hellfire Warrior non hanno nemmeno una fine vera e propria, ma solo dei dungeon che si rigenerano all'infinito da esplorare e un personaggio giocante da migliorare in eterno. Mentre le MicroQuests ricompensano i giocatori solo con un insoddisfacente punteggio finale al posto di un epilogo vero e proprio. Sebbene il background narrativo del suo manuale sia ideato con un'attenzione insolita, Datestones of Ryn ha un limite temporale di soli 20 minuti, che gli dà più un feeling da gioco d'azione, giocabile all'infinito e quasi privo di contesto, piuttosto che da gioco di ruolo per computer. Invece il gameplay della serie nel suo complesso, oggi, ci balza all'occhio per le sue similitudini con i roguelike, dei dungeon crawl senza storia (o, almeno, con pochissima storia) attraverso labirinti generati casualmente. Questa però sarebbe una lettura anacronistica: Rogue, il capostipite del genere, in realtà è uscito un anno dopo Temple of Apshai.

Credo che tutte queste stranezze possano essere spiegate se comprendiamo che Jon Freeman, il principale designer dietro il sistema, stava puntando a creare un tipo di narrativa ludica diverso da quella delle avventure testuali di Scott Adams e da quella tipica della On-Line Systems. Lui sperava che, dati un background, una descrizione degli ambienti, un set di regole per controllare ciò che vi accadeva, e una buona dosa di immaginazione da parte del giocatore, dal gioco emergesse autonomamente una narrativa ludica. In altre parole, usando un termine che appartiene ad un'era molto successiva, stava tentando di creare una narrativa emergente. Per comprendere meglio il suo approccio, ho pensato di dare una breve occhiata da vicino a uno dei suoi giochi, Rescue at Rigel

Rescue at Rigel trae ispirazione dalla classica space opera, un genere che è stato recentemente riportato in vita dal fenomenale successo dei primi due film di Star Wars [l'articolo è stato scritto nel 2011, quindi l'autore si riferisce alla seconda trilogia di Guerre Stellari; ndAncient].

Nell'arena della vostra immaginazione, non tutti i nostri eroi (o le nostre eroine!) indossano armature nere o di uno scintillante argento, né prendono a mazzate dei barbari nemici su dei moli sferzati dal vento, né affrontano dei macabri destini per mano di depravati adepti le cui arti nere erano già vecchie quando il mondo era giovane. La fantascienza ci fa viaggiare su navi stellari con nomi come Enterprise, Hooligan, Little Giant, Millenium Falcon, Nemesis, Nostromo, Sisu, Skylark, e Solar Queen. Navi che viaggiano su mari stellati, che non sono percorsi da tempeste o infestati da demoni, ma che non per questo sono meno spaventosi. Navi che ci fanno approdare su nuovi mondi impavidi le cui forme, i cui panorami e i cui suoni sono più plausibili (ma non meno sbalorditivi) di quelli sperimentati da Sinbad.

In questo titolo il giocatore assume il ruolo di Sudden Smith, un classico ed energico eroe pulp. Sta per teletrasportarsi nella base di una razza di alieni insettoidi conosciuti col nome di Tollah, che hanno catturato un gruppo di scienziati per le loro “ricerche” e fra questi c'è anche la fidanzata di Sudden. I Tollah sono uno dei pochissimi accenni ad eventi di un mondo più ampio che troverete nei primissimi videogiochi, al di là delle opere di fantasy e science-fiction. La casta che comanda i Tollah sono gli “High Tollah”, un chiaro riferimento allo Ayatollah Khomeyni, che a quel tempo aveva recentemente preso il potere in Iran e che teneva in ostaggio 52 Americani [“High Tollah”, cioé “Alto Tollah”, si pronuncia infatti in modo molto simile a Ayatollah; ndAncient]. Gli “High Tollah” ci dice il manuale, “sono altezzosi, autoritari, intolleranti, ottusi, privi di immaginazione e inflessibili.” Alla luce di tutto questo, è palese quale sia stata l'ispirazione per questo scenario di salvataggio degli scienziati.

Il gameplay si sviluppa intorno all'esplorazione della base dei Tollah, convenientemente strutturata come un labirinto, respingendo i Tollah e i robot della sicurezza, mentre cerchiamo i dieci scienziati che vi sono tenuti in ostaggio. Si tratta sostanzialmente, come in tanti altri giochi di ruolo per computer, di un gioco di gestione delle risorse: Sudden ha un numero limitato di medikit, di munizioni, e soprattutto una riserva limitata di energia all'interno del suo zaino che deve essere usata per tutto (dallo sparare agli Tollah, fino al teletrasportare gli scienziati al sicuro). Quel che è peggio è che Sudden ha soltanto 60 minuti di tempo reale per salvare il maggior numero possibile di scienziati e teletrasportarsi al sicuro. Freeman fa di tutto per rendere il gioco un motore di eccitante narrativa emergente. Ad esempio, se Sudden finisce completamente l'energia, ha comunque un'ultima possibile via di fuga: se riesce a tornare nei 60 minuti al punto in cui lo ha depositato il teletrasporto, un altro teletrasporto automatico lo riporterà in salvo. È facile immaginarsi una situazione disperata, che pare uscita direttamente da una storia di Guerre Stellari o di Dominic Flandry, con il giocatore che torna sui suoi passi, in mezzo al fuoco dei laser, mentre il tempo scorre e i Tollah gli sono alle calcagna. Di certo ci possiamo immaginare che Freeman si fosse immaginato tutto questo.

Ma per vivere queste storie è necessaria una notevole dedizione e una fervida immaginazione da parte del giocatore, come potrà probabilmente convenire chiunque abbia osservato l'orrendo screenshot di cui sopra. Effettivamente i giochi della serie DunjonQuest sembrano proprio una sorta di ibrido fra l'esperienza di un gdr da tavolo e di uno digitale, in cui ciò che emerge direttamente dall'immaginazione del giocatore è importante quanto quello offerto dal gioco stesso. È per questo che probabilmente è stata una mossa saggia per la Automated Simulations quella di usare come target del marketing di DunjonQuest proprio i giocatori di ruolo cartaceo. Del resto loro sono abituati a rimboccarsi le maniche e a usare la loro immaginazione per inventare delle narrative soddisfacenti. La Automated Simulations pubblicizzò ampiamente DunjonQuest sulla rivista Dragon Magazine della TSR, e (con una mossa che non potrebbe essere più indicativa della tipologia di pubblico che pensavano potesse apprezzare DunjonQuest) arrivarono persino a regalare il gioco da tavolo strategico chiamato Sticks and Stones con ogni acquisto di un gioco della serie DunjonQuest.

Negli ultimi mesi del 1980 la Automated Simulations cambiò il suo nome nel meno prosaico Epyx, adottando il motto: “Computer games thinkers play” [traducibile all'incirca come “Videogiochi a cui giocano le persone che pensano”; ndAncient]. I giochi della serie DunjonQuest continuarono comunque a uscire per altri due anni. Fra le ultime pubblicazioni ci furono anche un paio di espansioni per Temple of Apshai e Hellfire Warrior, che credo siano i primi esempi del genere tra i giochi commerciali per computer. Invece l'utilizzo più strano e creativo dell'engine di DunjonQuest arrivò nel 1981 con Crush, Crumble, and Chomp!: The Great Movie Monster Game, nel quale il giocatore assumeva il controllo di Godzilla (anzi, no, di Goshzilla!), o di qualche altro mostro famoso lanciato nella distruzione di una città. Per un esame dettagliato di tutta la serie di DunjonQuest, che alla fine si compose di una dozzina di titoli, potete leggere questo articolo di Hardcore Gaming 101.

Crush, Crumble, and Chomp! fu l'ultimo lavoro di Freeman per la Epyx. Alla West Coast Computer Faire of 1980 incontrò infatti una collega programmatrice chiamata Anne Westfall e di lì a poco i due iniziarono a frequentarsi. Westfall si unì alla Epyx per un po', andando a lavorare come programmatrice su alcuni degli ultimi giochi di DunjonQuest. Lei e Freeman però ben presto si stufarono del disinteresse di Connelley nel miglioramento dell'engine di DunjonQuest. Scritto in BASIC sull'ormai vetusto TRS-80 Model I, tale engine era sempre stato tremendamente lento e ormai iniziava a sembrare davvero datato nei porting per le piattaforme più moderne e capaci. In più Freeman, un designer irrequieto e creativo, si stava annoiando delle continue iterazioni del solito concept di DunjonQuest; perfino creare Crush, Crumble, and Chomp! aveva richiesto una dura battaglia da parte sua... Alla fine del 1981 Freeman e Westfall lasciarono la Epyx per creare una casa di sviluppo indipendente, la Free Fall Associates, della quale avrò molto altro da dire in futuro. E, dopo un paio di ultime pubblicazioni per DunjonQuest, la Epyx si trasformò da “Computer games thinkers play” in qualcosa di molto diverso, e anche di questo avrò molto da dire in futuro. Con incassi buoni, ma mai enormi, neppure al massimo del proprio splendore, i giochi della serie DunjonQuest sfiguravano abbastanza nel confronto con la nuova generazione di giochi di ruolo per computer, dei quali -come avrete immaginato- avrò molto altro da dire in futuro.

Se volete sperimentare l'esperienza di DunjonQuest, posso fornirvi un pacchetto con un immagine per Apple II che include Temple of Apshai, Rescue at Rigel, Morloc’s Tower, e Datestones of Ryn, oltre ai relativi manuali.

La prossima volta inizieremo a esplorare un'opera con una profondità tematica senza precedenti, che fa già drizzare tutte le mie antenne di studioso di letteratura.

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.

Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto


Consulta l'indice per leggere gli articoli precedenti

Visita il sito ufficiale di The Digital Antiquarian
Discutiamone insieme sul forum di OldGamesItalia!

Un Viaggio nel Fantastico Mondo di Eamon
The Digital Antiquarian (traduzione ufficiale italiana)

 
Vi va di unirvi a me in una vera avventura di Eamon per vedere come funzionava davvero? Sì? Non ne avevo dubbi!
Eamon è una raccolta di programmi, scritti in BASIC e legati assieme da un nastro adesivo virtuale. Un'idea ingegnosa considerate le limitazioni tipiche del BASIC per un computer a 8 bit, ma al tempo stesso anche mostruosa se la guardiamo alla luce delle moderne pratiche di buona programmazione. La sua struttura fra l'altro ci ricorda un altro dei primi GdR scritti in BASIC, che abbiamo già esaminato tempo fa: Temple of Apshai.
 
Tutte le utility contenute nel dischetto principale di Eamon godono di una cornice narrativa che maschera le loro funzionalità molto concrete. All'avvio la prima scena che ci dà il benvenuto è quella di una “sala dell'amministrazione” (ebbene sì, la burocrazia se la passa bene anche nei regni fantasy...).
 
 
Ti trovi nelle stanze esterne del salone della Gilda dei Liberi Avventurieri. Molti uomini e donne stanno tracannando birra, ridendo, e cantando a voce alta.
Sul lato nord della stanza c'è un bugigattolo con una scrivania. Sulla scrivania c'è un cartello che dice: 'Registratevi qui o sarà peggio per voi'.
Ti avvicini alla scrivania o ti unisci agli altri uomini che bevano birra?
 
Se scegliete di non andare alla scrivania come vi è stato suggerito di fare, i risultati sono piuttosto miseri... Ecco qui il primo assaggio dello sconcertante piacere che Donald Brown prova nell'uccidere i propri giocatori nei modi più arbitrari. Non oso immaginare che razza di Dungeon Master poteva essere...
 
 
Mentre fai per avvicinarti agli altri uomini, senti una spada che ti trafigge la schiena e odi qualcuno dire: 'Devi imparare a seguire le istruzioni!'
 
Tutti i nostri personaggi ancora in vita sono contenuti in un file di dati all'interno della “master list”. Se decidiamo di seguire le istruzioni, possiamo sceglierne uno dalla sala della gilda semplicemente digitandone il nome.
 
 
Vieni accolto da un robusto irlandese che ti guarda di traverso e ti chiede: 'Come ti chiami?'
 
Se inseriamo un nome non presente fra i nostri avventurieri in vita, ci viene offerta la possibilità di creare un nuovo personaggio. Viene così caricato un secondo programma scritto in BASIC (“New Adventurer” [“Nuovo Avventuriero”]) e possiamo proseguire.
 
 
Dopo un po' ti guarda e dice: 'Qui non c'è il tuo nome. Me lo hai già dato?'
Come rispondi? SI'
Si batte il palmo di mano sulla fronte e dice: 'Ah, devi essere nuovo! Dammi solo un minuto e farò venire qualcuno a occuparsi di te.'
 
Per quanto la discendenza di Eamon da Dungeons and Dragons sia assolutamente palese, le sue regole non sono una semplice riproduzione di quel sistema, non fosse altro perché la dura realtà di un computer con 48 k rendeva assolutamente necessaria una pesante semplificazione delle stesse. Nel nostro caso tutte le complessità dei personaggi di D&D sono state ridotte a tre soli punteggi di caratteristiche generati casualmente: resistenza, agilità, e carisma.
 
 
L'irlandese ti dice: 'Per prima cosa devo sapere se sei maschio o femmina.'
MASCHIO
L'irlandese si allontana e arriva un uomo alto, probabilmente di discendenza elfica.Ti studia per un momento e dice: 'Ecco qua un libretto con le istruzioni che devi leggere, e poi le tue caratteristiche primarie, che sono:
 Resistenza – 22
 Agilità – 20
 Carisma – 29 
 
Il sistema non consente al giocatore nessun ruolo nella creazione del personaggio, se non la scelta del nome e del sesso. Tre “tiri di dado” sfortunati possono consegnarci un personaggio ingiocabile, ma anche un tiro fortunato o due al posto sbagliato possono consegnarcene uno che non siamo interessati a giocare. 
Dei problemi simili nella creazione dei personaggi nel D&D pen and paper portarono rapidamente all'introduzione di regole ad hoc fatte in casa (che in seguito furono adottate anche ufficialmente), con l'obbiettivo di mitigare gli effetti della fortuna e di dare al giocatore maggiori opportunità di scelta in questo passaggio cruciale, che è destinato a incidere sull'esperienza di gioco per giorni, settimane, o addirittura per mesi di gioco futuro. In modo del tutto analogo, se non perfino più semplice, uno dei primi programmi aggiuntivi più comuni di Eamon fu l'utility “suicidio”: dal nome un po' morboso ma dalla grande utilità, essa permetteva al giocatore di sbarazzarsi dei personaggi deboli, o altrimenti inaccettabili, e di provare a crearne di nuovi da capo.
Che si crei un nuovo personaggio o che si giochi con uno che già esiste, il nostro personaggio viene tolto dal file che contiene tutti i personaggi esistenti e viene collocato in un file che contiene solo il personaggio attualmente attivo (“The Adventurer”). Dopo l'immancabile citazione nerd di Star Trek, si avvia un terzo programma scritto in BASIC, “Main Hall”. Questo legge in “The Adventurer” (e infatti ognuno di questi passaggi lascia un file di dati in giro, essendo questo all'epoca l'unico modo pratico per far sì che tutti questi programmi potessero interloquire fra loro) e noi ci ritroviamo nel programma principale di Eamon, ancora una volta mascherato dietro una propria componente narrativa.
 
 
L'uomo dietro il bancone si riprende le istruzioni e dice: 'È ora che la tua vita abbia inizio'. Fa uno strano gesto con la mano e dice: 'Lunga vita e prosperità'.
Ti avventuri nella sala principale.
Mentre cammini per la sala, capisci di poter fare sei cose:
1) Imbarcarti in un'avventura
2) Visitare il negozio di armi, per comprare armi e/o armature
3) Pagare uno stregone che ti insegni degli incantesimi
4) Cercare il banchiere per depositare o ritirare dell'oro
5) Esaminare le tue caratteristiche
6) Abbandonare temporaneamente questo universo.
 
A differenza di Temple of Apshai, Eamon ha un sistema rudimentale di magia basato su quattro incantesimi: esplosione, guarigione, velocità, e potere. I primi tre funzionano esattamente come ci si aspetterebbe; l'ultimo invece è un'interessante scappatoia, pensata per fare ciò che il designer di ogni avventura vuole che faccia.
La “Main Hall” inoltre ha un personaggio particolarmente infelice, Shylock il banchiere.
 
 
 
Non hai difficoltà a individuare Shylock McFenney, il banchiere del luogo, grazie al suo pancione.
Attiri la sua attenzione e lui si avvicina e ti dice: 'Beh, Jimmy, ragazzo mio, che piacere vederti! Vuoi fare un deposito o vuoi ritirare dei soldi?'
DEPOSITO
Shylock fa un gran sorriso e dice: 'Ben per te! Quanto vuoi depositare?'
20
Shylock prende i tuoi soldi, li mette nella sua sacca, ne ascolta il tintinnio, poi ti ringrazia, e se ne va.
 
Qui mi sento di poter chiudere un occhio a favore di Brown, perché dubito che sapesse che sorta di bagaglio storico e culturale il suo Shylock si stesse trascinando dietro... E poi, se proprio avesse voluto ispirarsi all'antisemitismo di qualcuno, è facile immaginare molte persone peggiori di Shakespeare a cui attingere...
In ogni caso, scegliamo l'opzione 1 e gettiamoci nell'avventura.
 
 
Inserisci il dischetto con l'avventura (o lascia questo dischetto per la 'Beginners Cave') nel lettore e poi premi 'C'
 
Anche noi, come ogni aspirante giocatore di Eamon da tempo immemore, inizieremo la nostra esperienza con l'avventura inclusa nel dischetto principale, la “Beginners Cave” di Brown.
 
Come ci si può ben immaginare, questa è la parte più complessa di Eamon. 
Proprio prima che la “Main Hall” ci richieda di inserire il dischetto con lo scenario da giocare, il gioco cancella completamente il personaggio dal dischetto principale. Quando il giocatore inserisce il disco con lo scenario, il suo attuale personaggio viene registrato in un file ottimisticamente chiamato “Fresh Meat” [“carne fresca”]. A questo punto il programma cerca un altro file sul dischetto dello scenario, “Eamon.name”, che contiene il nome di un altro programma BASIC da lanciare, il quale a sua volta contiene l'avventura vera e propria. Brown e i successivi curatori di Eamon fornivano un framework iniziale per questo programma, che a tutti gli effetti può essere considerato il primo engine riutilizzabile per avventure che sia mai stato ideato con tale preciso scopo e che sia mai stato reso disponibile al pubblico.  Di base esso consente al giocatore di spostarsi per una rete di stanze (i cui contenuti e le cui connessioni sono contenute nel file “Eamon.rooms”, i cui nomi sono contenuti in “Eamon.room names”, e le cui descrizioni sono contenute in “Eamon.descriptions”); di combattere dei mostri (i cui attributi sono in “Eamon.monsters”); e di raccogliere oggetti (descritti in  “Eamon.artifacts”). Questi ultimi sono utili sia come tesori (buoni per essere rivenduti in cambio di oro nella main hall), che come armi (buone per uccidere i mostri nei vari scenari così come per essere scambiate con dell'oro nella main hall). Brown forniva anche delle utility per riempire di dati questi file, ma utilizzando unicamente queste si sarebbe potuto creare solo delle avventure molto basiche (oltre che scritte in BASIC...). Per introdurre delle interazioni più complesse (come -per citare un esempio preso dalla documentazione fornita da Brown- una spada che casualmente teletrasporta chi la usa in una stanza a caso) il programmatore deve modificare direttamente il codice BASIC del framework iniziale. Così facendo si ha a disposizione un numero infinito di possibilità, anche se ottenibili solo in questo modo poco elegante. Brown si immaginava scenari molto diversi fra loro, come un'avventura di Eamon in cui il giocatore “guida un esercito in battaglia, con il morale dei soldati influenzato direttamente dal suo punteggio di carisma!”
 
Oggi però affronteremo un'avventura di Eamon piuttosto semplice.
 
 
Non hai difficoltà a trovare un cavallo da... ehm... prendere in presto, per raggiungere la tua prima avventura. Segui diversi cartelli per giungere alla grotta del principiante.
Sei davanti all'ingresso della grotta. A sud, sopra il cunicolo d'ingresso, un cartello dice: 'Solo Principianti'. La strada a nord riporta alla città.
Mentre sei lì davanti, vedi uscire il “Knight Marshal” per ispezionarti.
Alla fine il “Knight Marshal” dice 'Puoi procedere' e si allontana.
 
Nel mio primo post su Eamon l'ho definito un GdR per computer mascherato da avventura testuale. Quest'impressione si fa ancora più netta se digitiamo qualcosa non compreso dal semplice parser a due parole del gioco (cosa assai facile da fare...). In questo caso il gioco ci restituisce un elenco dei comandi disponibili.
 
 
Un tale elenco è qualcosa che non si vede spesso nelle avventure testuali più tradizionali e ci dice molto su quale fosse il vero focus di Brown: per lui il parser era solo una modalità per inserire i comandi nel suo programma, più efficiente di un menù alla luce della memoria limitata e dello spazio ristretto sul monitor di cui poteva disporre.
A questo punto possiamo fare un parallelismo con i giochi di “narrativa interattiva” di Robert Lafore, che, come abbiamo visto, sono dei giochi narrativi basati su scelte predeterminate (sullo stile dei Librigame) e mascherati da avventure testuali. Il focus del primo Eamon è tutto sul character building e sull'uccisione dei mostri, e non sulla risoluzione di enigmi. Quindi la sua somiglianza con Adventure e con gli sforzi di Scott Adams è più una casualità della storia che il frutto di un intento simile. Questo però significa che le problematiche legate alla necessità di azzeccare i verbi giusti, nonché le altre frustrazioni tipiche dei classici parser old-school, sono in gran parte assenti in Eamon. Ma dall'altro lato è anche vero che la maggior parte dei tentativi di fare qualcosa di diverso dallo spostarsi e dall'attaccare dà generalmente scarsi risultati.
 
 
Qui c'è l'eremita.
Un guerriero umano si erge davanti a te, armato di spada lunga e scudo. Sul suo scudo c'è un adesivo con scritto: 'Ciao! Sono Heinrich!'
DICI CIAO
Okay, 'Ciao'
L'eremita attacca Heinrich
 -- Manca.
Heinrich attacca Jimmy
 -- Manca.
 
È proprio quando la “Beginners Cave” si fa un po' più ambiziosa, che i risultati ci fanno desiderare che non lo avesse fatto... A un certo punto ci si imbatte in un libro luminescente e sinistro. Se ciò avvenisse in una seduta dal vivo di D&D (o anche di un moderno GdR su computer), avremmo a disposizione tutta una serie di strumenti per indagarlo meglio: potremmo lanciare incantesimi di “individuazione del magico” o di “individuazione del male”, potremmo portarlo da un amico mago di alto livello, ecc. Qui invece abbiamo solo due opzioni: o leggerlo temerariamente, oppure lasciarlo stare (restando per sempre col dubbio di che cosa fosse). Se decidiamo di leggerlo, succede rapidamente il peggio:
 
 
Appena leggi il libro, avverti una strana sensazione che ti sopraffà. Comprendi di colpo che ti stai trasformando in un piccolo pesce.
Sbatti la coda tre volte e poi muori.
 
Ecco qua un altro esempio di come la narrativa ludica degli albori produca le peggiori iniquità contro il giocatore, quando sceglie di indulgere in possibilità narrative (del resto oggetti magici del genere sono spesso la base delle avventure di D&D) che semplicemente la sottostante tecnologia non poteva ancora supportare.
A ulteriore conferma di quanto stiamo dicendo, per uscire vincitori dalla “Beginners Cave” dobbiamo scoprire un passaggio segreto digitando ESAMINA esattamente nel posto giusto.
 
 
ESAMINA
Sei in un cunicolo che va a nord e a sud. I lati del cunicolo sono frastagliati e irregolari. Da sud proviene la luce di una torcia.
Hai trovato un cunicolo nascosto che si dirama a est!
 
Quando lo si fa, si scopre un tempio segreto e scopriamo che apparentemente la nostra missione (a cui mai si era accennato prima d'ora) è sempre stata quella di salvare “la figlia non troppo sveglia del Duca Luxom”. Ah, beh, che missione sarebbe mai stata senza una principessa (o... com'è che si chiama una duchessa prima di diventare una duchessa?) da salvare?
 
 
 
Ti trovi nel tempio. Le pareti sono coperte da immagini di azioni eroiche. Qui ci sono due altari, uno coperto con una pittura dorata e l'altro macchiato di sangue. L'unica uscita conduce a ovest.
Qui c'è l'eremita.
C'è un uomo enorme in abbigliamento religioso e uno sguardo pazzo negli occhi. Nella mano destra stringe una mazza.
Vedi una bella ragazza in un fluente abito bianco. La riconosci come Cynthia, la figlia non troppo sveglia del Duca Luxom.
Qui ci sono numerose spezie rare.
 
Mentre consegni i tuoi tesori a Sam Slicker, colui che nella zona acquista questo genere di cose, lui esamina ciò che gli hai portato e ti paga 5.125 monete d'oro.
In più ricevi una ricompensa di 290 monete d'oro per aver riportato Cynthia sana e salva.
 
Se sopravviviamo fino all'uscita, il nostro personaggio viene copiato di nuovo sul disco principale, insieme a ogni miglioramento delle caratteristiche conseguito, all'esperienza accumulata e a qualunque tesoro abbia trovato. Se invece non sopravvive, il personaggio è perso per sempre – come ricorderete infatti era stato cancellato dal dischetto principale prima dell'inizio dell'avventura.  
Di recente ho giocato anche ad alcune altre delle prime avventure di Eamon: “The Zephyr Riverventure” (Adventure #4), scritta da un dipendente del Computer Emporium, Jim Jacobson; e “The Death Star” (Adventure #6), anche questa scritta da Brown in persona. Entrambe sono molto più grandi della “Beginners Cave”, ma  presentano un miscuglio simile di mappatura, di combattimento, e di sporadiche morti improvvise per tenere il giocatore sempre sulle spine. “Riverventure” invece sembra ispirata a un film dell'epoca, Apocalypse Now.
 
 
Il tuo prossimo compito è grande. Un famoso scienziato (il Prof. Axom) è stato rapito 3 mesi fa. La Società per la Preservazione degli Scienziati (SoPrSc) ha offerto una ricompensa per il salvataggio del Professor Axom (che oltretutto è anche un tuo amico).
Si vocifera che l'infame Guerriero Nero (che vive da qualche parte lungo il Fiume Zyphur) sia responsabile del rapimento. Devi seguire il fiume, trovare il professore, e riportarlo indietro... vivo!
Ora andrai sul molo, dove inizierà la tua avventura.
 
“The Death Star” invece è basata sullo stesso secondo capitolo di Star Wars che ha ispirato Dog Star Adventure, ed è interessante perché è la prima avventura di Eamon a spingere il sistema in un'ambientazione completamente diversa.
 
 
 
Appena abbandoni la Main Hall, avverti improvvisamente un insolito dolore allo stomaco, come se ti avessero rivoltato da capo ai piedi. Quando riacquisti consapevolezza, ti trovi al timone di una nave spaziale! Capisci di aver attraversato un varco fra le realtà!
 
Cercando nuovi 'ricordi', comprendi la tua situazione, che è tutt'altro che buona!
Sei a bordo del Millenium Falcon, che è stato appena trascinato nella malvagia macchina di distruzione dell'Impero, la Morte Nera! Per scappare dovrai trovare e distruggere l'equipaggiamento nella sezione del macchinario del raggio traente o nella stanza dei motori.
Sei equipaggiato con una spada laser.
 
Ciò che mi interessa di più, almeno per ora, è capire quale sia il posto di Eamon nella storia degli albori della narrativa ludica su computer; da qui tutta l'attenzione che ho dedicato a queste primissime incarnazioni del suo sistema. È però doveroso segnalare che il livello di sofisticatezza di molte delle successive avventure di Eamon è assai più alto di questi primi tentativi. È per questo che ciò che sto per dire non deve essere preso come un giudizio definitivo sul sistema.
 
Detto questo, ci sono alcuni aspetti problematici in Eamon che mi sembrano endemici al sistema, anche lasciando da parte la centralità occupata dal sistema casuale di combattimento (che solitamente si riduce all'osservare il lancio di dadi virtuali sperando per il meglio). Nel consentire ai giocatori di far vivere tutta una serie di avventure ai loro personaggi, Brown sperava chiaramente di duplicare il feeling di una tipica campagna di D&D, nella quale i giocatori rivestano il ruolo dei propri personaggi attraverso un'intera serie di gesta eroiche, accrescendo al contempo il proprio potere, finché non sopravviene la morte o il pensionamento. Tuttavia in Eamon la morte è fin troppo casuale e arriva al minimo capriccio del designer. I pericoli del combattimento sono probabilmente meno problematici, anche se le avventure di Eamon presentavano un bilanciamento solo molto approssimativo della difficoltà, probabilmente perché in assenza di precisi livelli di avanzamento dei  personaggi era molto difficile poter predisporre un sistema in grado di scalare in modo coerente la difficoltà. Non ci meravigliamo quindi se i programmi per “barare” (che consentivano di salvare i personaggi o di resuscitarli) furono rapidamente inclusi direttamente sul dischetto principale del gioco. Tali programmi possono alleggerire di molto le tribolazioni del giocatore, ma in un certo senso si pongono anche un po' in antitesi con l'idea che sta al centro di Eamon.
 
Intendo finire questa serie andando quanto prima ad analizzare la storia di Eamon dopo Brown. Se volete provarlo in prima persona, il sito Eamon Adventurer’s Guild è  sicuramente il posto migliore da cui iniziare. Oltre alle immagini dei dischetti di tutte le avventure di Eamon (che possono essere lanciate con un emulatore per Apple II), è possibile avere un'idea del gioco anche tramite una applet Java online. È possibile giocare in questo modo al dischetto principale e alla “Beginners Cave”, a “The Zephyr Riverventure” [Link non disponibile, NdEditor] e a “Death Star” [Link non disponibile, NdEditor], oltre a centinaia di altre avventure.
 
NOTA DI THE ANCIENT ONE:Da Dicembre 2017, grazie al lavoro di Keith Dechant, è possibile giocare a Eamon direttamente da web senza bisogno di emulatori. Il sistema sembra funzionare bene e, sebbene non ci siano ancora tutte le avventure create per il gioco originale, molte sono già in corso di inserimento. Potete provarlo cliccando qui.Segnalo per finire anche un simpatico porting per iOS, per chi volesse giocarci in mobilità

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.

Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto

Articoli precedenti:

Sulle tracce di The Oregon Trail
In difesa del BASIC
A Caccia del Wumpus
L'Avventura di Crowther
TOPS-10 in a Box
L'Avventura completata
Tutto il TRaSh del TRS-80
Eliza
Adventureland
Dog Star Adventure
Qualche domanda per Lance Micklus
Un 1979 indaffarato
The Count

Due diverse culture di avventurieri
Microsoft Adventure
La Narrativa Ludica già nota come Storygame
L'Ascesa dei Giochi Esperienziali
Dungeons And Dragons
Una Definizione per i Giochi di Ruolo per Computer
Dal Tavolo al Computer
- I Primi Giochi di Ruolo per Computer
- Temple of Apshai
- Un 1980 Indaffarato
- L'Interactive Fiction di Robert Lafore
- Cestinando il Trash del TRS-80
- Jobs e Woz
- L'Apple II
- Eamon, Parte 1



Visita il sito ufficiale di The Digital Antiquarian
Discutiamone insieme sul forum di OldGamesItalia!

Eamon - Parte 1
The Digital Antiquarian (traduzione ufficiale italiana)

 
Oggigiorno i videogiochi possono essere tutti categorizzati in una manciata, ormai relativamente stabile, di generi: sparatutto in prima persona, giochi di strategia in tempo reale, avventure punta-e-clicca, action RPG, avventure testuali, ecc. Sporadicamente appare un gioco completamente originale che riesce a creare un nuovo genere (come è successo con "Diner Dash" e il genere dei giochi di “time-management” a metà degli anni 2000), ma subito gli fanno seguito varianti, perfezionamenti, e cloni... e gradualmente lo scenario si stabilizza di nuovo. Una delle cose che rende così interessante studiare gli albori dei videogiochi è che i generi esistevano solo in senso molto lato; le cose si inventavano mentre le si creava, con conseguenti sovrapposizioni di gameplay, che oggi possono apparire strane agli occhi del giocatore odierno. Eppure, a volte, questi esperimenti possono sorprenderci per quanto funzionano bene, spingendoci a chiederci se i game designer di oggi (legati come sono ai generi) non abbiano perso per strada una certa preziosa libertà.
Un perfetto esempio di quello che sto dicendo è Eamon, che utilizza le meccaniche delle interfacce delle avventure testuali, sostituendo in larga misura la risoluzione di enigmi con il combattimento, e introducendo un'idea mutuata da Dungeons & Dragons, e cioè quella di una campagna estesa nel quale il giocatore guida un singolo personaggio, in costante evoluzione, attraverso una serie di avventure singole.
Essendo in continuo sviluppo da oltre venti anni, ed essendo un sistema che ancora oggi vede qualche sprazzo di sporadica attività, Eamon è uno dei titoli più insoliti e a suo modo affascinanti della storia dei videogiochi. Per essere sopravvissuto così a lungo, la storia delle sue origini è sorprendentemente oscura, in parte perché l'uomo che l'ha creato, Donald Brown, per ragioni personali si è rifiutato di parlarne per quasi trent'anni. Nel preparare questo post ho rispettato la sua scelta, più volte ribadita, di essere lasciato in pace, ma ho comunque contattato un'altra persona che è stata coinvolta fin dall'inizio e che ha giocato un ruolo fondamentale nell'evoluzione di Eamon,  John Nelson, il quale si è sobbarcato il lavoro di sviluppo del sistema dopo Brown e ha fondato il  National Eamon User’s Club. Grazie a Nelson, e alla mia solita abitudine di disseppellire ogni singolo documento storico che riesco a trovare, sono riuscito a diradare almeno in parte la nebbia intorno a questo titolo. 
Ma prima di entrare nei dettagli, voglio spiegarvi cosa fosse Eamon e come funzionava. Anche se ci sono stati alcuni tentativi di portarlo su altre macchine [di cui uno recente, e decisamente interessante, che permette di giocarlo da browser; ndAncient], la sua incarnazione di gran lunga più famosa è quella per il computer per il quale Brown lo creò: l'Apple II. Il cuore del sistema era il “Master Diskette”, che conteneva una utility di creazione del personaggio, un negozio di armi, armature, e incantesimi, una banca in cui depositare l'oro fra le avventure, e la prima semplice avventura (la “Beginner’s Cave”). Questo “Master Diskette” era però il punto di lancio per molte altre avventure, che mentre sto scrivendo [2011; ndAncient] sono oltre 250. E, anche se molte di queste hanno tante delle caratteristiche delle tipiche avventure testuali, ci sono due grosse differenze che le separano dai giochi sulla scia di Scott Adams: la prima è che il giocatore può importare il suo personaggio con cui giocarle, utilizzando il suo equipaggiamento e i suoi punteggi di abilità; la seconda è che in esse gli enigmi predeterminati sono in gran parte sostituiti dai dilemmi tattici dei combattimenti simulati. In altre parole, nella mia linea “simulazioni vs design predeterminato” le avventure di Eamon ricadano molto più a sinistra perfino delle avventure testuali old-school, e quindi molto vicine al punto occupato dai GdR old-school.
 
Per il giocatore moderno infatti le avventure di Eamon sono sostanzialmente dei GdR per computer camuffati da avventure testuali. Ed effettivamente Eamon è segnato dall'influenza di D&D un po' ovunque. L'idea di una “campagna” di lungo termine con un personaggio in costante evoluzione viene chiaramente da lì, così come l'attenzione posta sul combattimento piuttosto che sulle sfide cerebrali. Da questo punto di vista, e da altri ancora, assomiglia moltissimo alla serie Dunjonquest delle Automated Simulations, di cui  Temple of Apshai era il primo capitolo (e del resto il sistema di Dunjonquest veniva appunto pubblicizzato come un sistema di regole per il quale il giocatore avrebbe comprato degli scenari da giocare, proprio come era solito fare con i moduli d'avventura per la sua campagna “pen & paper” di D&D). Brown è chiaramente più interessato a ricreare al computer l'esperienza di una campagna di D&D, piuttosto che a cimentarsi con una narrazione auto-sufficiente (che poi nel tempo sarebbe diventata la moderna interactive fiction). E, proprio da questo punto di vista, ci appare come un affascinante esempio di strada non intrapresa (almeno fino a poco tempo fa: S. John Ross e Victor Gijsbers hanno nuovamente fatto degli esperimenti con il combattimento tattico nell'IF, con dei risultati che potrebbero stupirvi. Non a caso entrambi sono giunti all'IF dal mondo dei GdR “pen & paper”) [vale la pena notare che dal 2011 ci sono stati anche altri esperimenti interessanti in questo senso, l'ultimo dei quali è La Stirpe di Soulcanto del nostro Flay4Fight; ndAncient].
 
Tuttavia Eamon rappresenta al tempo stesso anche l'origine di una strada che invece è stata imboccata con decisione e che ci conduce dritto fino ai giorni nostri. È infatti il primo sistema pensato specificatamente per la creazione di avventure testuali. Tutti quelli che (per parafrasare Robert Wyatt) non riuscivano a comprendere perché ci si dovesse limitare a giocarle invece di crearle in prima persona, ora avevano uno strumento per farlo. Può sembrare strano dipingere Eamon come il progenitore di Inform 7 e di TADS 3, ma è esattamente questo. Anzi, a ben vedere, è stato proprio il primo programma per la creazione di giochi di qualunque tipo a venir distribuito al pubblico.
 
Brown, all'epoca in cui creò Eamon, era uno studente della Drake University di Des Moines. E mentre un paio di foto degli annuari scolastici lo ritraggono mentre fa capolino dalla fila di dietro delle foto di gruppo del suo dormitorio, ci appare un po' come un pesce fuori d'acqua in mezzo a un gruppo di ragazzi festaioli. Nessuna menzione speciale lo contraddistingue nei due annuari e non si è nemmeno scomodato a posare per la foto individuale. Non è chiaro se si sia mai laureato. È chiaro però che gli interessi di Brown erano altrove; in due altri posti, per la precisione. 
Suo padre aveva acquistato un Apple II molto presto. Brown ne fu istantaneamente catturato, dedicando moltissime ore a esplorare le possibilità che quella piccola macchina offriva. Poco dopo un tizio chiamato Richard Skeie aprì un negozio a Des Moines chiamato Computer Emporium. Esso si spingeva oltre la semplice vendita di hardware e software, ospitando un club di computer che si ritrovava molto frequentemente proprio nei locali del negozio, diventando un punto di ritrovo per i primi appassionati di microcomputer di Des Moines (e in particolare per gli appassionati dell'Apple II). Brown ben presto iniziò a passarci un sacco di tempo, discutendo progetti e possibilità, scambiando software, e socializzando con altre persone che come lui erano smanettoni appassionati di tecnologia.
L'altra influenza che contribuì alla nascita di Eamon viene dalla cultura dei wargame e dei GdR da tavolo, che negli Stati Uniti d'America medio-occidentali era particolarmente forte. Tramite un vecchio amico di nome  Bill Fesselmeyer, Brown si immerse completamente in Dungeons and Dragons. Ma Fesselmeyer (e di lì a poco anche Brown) spinsero le loro fantasie medievali oltre il gioco, attraverso la Society for Creative Anachronism.
 
Nata alla Berkeley University nel 1966 come una “protesta spontanea contro il ventesimo secolo”, La SCA era un club altamente strutturato (o, direbbero alcuni, uno stile di vita) dedito a far rivivere il medioevo. Ancora viva e vegeta, nelle sue fila annoverava autori fantasy come  Diana Paxson (che potrebbe anche essere considerata una specie di fondatrice della SCA) e Marion Zimmer Bradley. Dal sito web del club:
 
La Society for Creative Anachronism, o SCA, è un'organizzazione internazionale dedita a ricercare e a ricreare le arti, i mestieri, e le tradizioni dell'Europa pre-17esimo secolo.

I membri della SCA studiano e prendono parte a varie attività, fra cui: combattimento, tiro con l'arco, attività equestri, sfilate in costume, cucina, lavorazione dei metalli, lavorazione del legno, musica, danza, calligrafia, tessitura, e molto altro ancora. Se veniva fatto nel Medioevo o nel Rinascimento, allora è probabile che nella SCA ci sia qualcuno interessato a rifarlo oggi.

Quel che rende la SCA diversa da una lezione di storia del primo anno è la partecipazione attiva nel processo di apprendimento. Per imparare come ci si vestiva in quel periodo, si fanno ricerche, poi ci si cuce gli abiti e li si indossa in prima persona. Per imparare come si combatteva, si indossa un'armatura (che si potrebbe persino aver costruito da soli) e si apprende come difendersi da un nemico. Per imparare la produzione di alcolici, si produce (e si assaggia!) il proprio vino, il proprio sidro, o la propria birra.
 
Questa introduzione pone l'accento sull'aspetto del “ricreare la storia” tipico della SCA, ma si percepisce bene che anche l'elemento di gioco di ruolo è altrettanto importante, ed era anche l'aspetto che maggiormente attirava i fan di D&D come Fesselmeyer e Brown. 
L'idea dietro la struttura dell'organizzazione era quella di dividere il Nord America in “reami”, ognuno guidato da un re e da una regina. Da loro discendeva quindi una ragnatela di baroni e duchi, contee e roccaforti. Ogni membro si sceglieva un nome medievale e molti ideavano anche un elaborato personaggio fittizio con tanto di stemma. Il re e la regina venivano scelti in ogni reame tramite il fragore delle armi in un grande Torneo per la Corona. Ed effettivamente i duelli cavallereschi giocavano un ruolo predominante nella SCA: John Nelson mi ha raccontato di essersi fermato un giorno a casa di Brown, trovando lui e Fesselmeyer “intenti in un duello di spade nel soggiorno”. Molto della SCA assomiglia a un esempio di lunghissimo termine del moderno genere dei giochi di ruolo dal vivo (“live-action role-playing games” - LARPs), a loro volta nati in larga misura dalla tradizione dei GdR da tavolo. Non ci dobbiamo quindi meravigliare se Fesselmeyer, Brown,e molti altri appassionati di D&D, trovassero ugualmente intrigante la SCA; e certo una grande parte degli iscritti era composta da giocatori abituali di D&D, tanto più in quel ricettacolo del gaming che furono gli Stati Uniti d'America medio-occidentali degli anni '70.
 
Se Brown è il padre di Eamon, Fesselmeyer (che morì in un incidente d'auto mentre andava a un'incoronazione della SCA nel 1984) ne è il padrino, perché fu lui a spingere Brown a combinare i suoi due interessi in un sistema per giocare di ruolo su computer. 
Brown probabilmente iniziò a distribuire Eamon tramite il Computer Emporium, ad un certo punto nella seconda metà del 1979. Da subito collocò Eamon nel pubblico dominio: il Computer Emporium lo “vendeva” con i suoi scenari su dischetti al costo dei supporti su cui era contenuto.
 
Nella pratica il concetto dietro Eamon si rivelò al tempo stesso eccitante e problematico. Ma di questo parlerò nel prossimo post, quando osserverò più da vicino come è costruito Eamon e cosa significasse giocare a una delle sue prime avventure.

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.

Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto

Articoli precedenti:

Sulle tracce di The Oregon Trail
In difesa del BASIC
A Caccia del Wumpus
L'Avventura di Crowther
TOPS-10 in a Box
L'Avventura completata
Tutto il TRaSh del TRS-80
Eliza
Adventureland
Dog Star Adventure
Qualche domanda per Lance Micklus
Un 1979 indaffarato
The Count

Due diverse culture di avventurieri
Microsoft Adventure
La Narrativa Ludica già nota come Storygame
L'Ascesa dei Giochi Esperienziali
Dungeons And Dragons
Una Definizione per i Giochi di Ruolo per Computer
Dal Tavolo al Computer
- I Primi Giochi di Ruolo per Computer
- Temple of Apshai
- Un 1980 Indaffarato
- L'Interactive Fiction di Robert Lafore
- Cestinando il Trash del TRS-80
- Jobs e Woz
- L'Apple II



Visita il sito ufficiale di The Digital Antiquarian
Discutiamone insieme sul forum di OldGamesItalia!

I Primi Giochi di Ruolo per Computer
The Digital Antiquarian (traduzione ufficiale italiana)

 
Ai GdR per computer manca un Adventure – un'opera prima universalmente nota e riconosciuta come il punto di inizio del genere. Credo di poter proporre un paio di motivi che spieghino il perché. 
 
I fan dei GdR su computer, salvo qualche eccezione, non hanno mai mostrato la stessa dedizione alla documentazione e alla preservazione storica che caratterizza invece la moderna community dell'interactive fiction; il che ha probabilmente impedito la formazione di un canone condiviso di opere storicamente significative. Bisogna anche aggiungere che, nonostante la duratura popolarità commerciale dei GdR su computer, il genere non ha attratto lo stesso interesse accademico che ha invece attratto l'IF: evidentemente in ambito accademico è più semplice giustificare lo studio di una forma "letteraria" come la narrativa interattiva, piuttosto che una forma incentrata sull'uccisione di orde di nemici e sul passaggio di livello (per quanto ciò possa essere divertente). Va poi osservato anche che Adventure ebbe la fortuna di diventare molto, molto popolare. Era il Doom dei computer istituzionali degli ultimi anni '70, un gioco che chiunque fosse minimamente immerso in quella cultura doveva assolutamente conoscere e che probabilmente aveva anche provato di persona almeno una volta o due. I primi “proto-GdR” della stessa era (che furono a dire il vero anche abbastanza numerosi), invece, non si diffusero così ampiamente e non sono mai arrivati ad occupare lo stesso posto leggendario nella cultura degli hacker. La maggior parte di essi furono creati su un sistema pionieristico chiamato PLATO (Programmed Logic for Automated Teaching Operations ["Logica Programmata per Operazioni di Insegnamento Automatizzato"] – chissà quanto tempo avranno impiegato per dare un significato a quell'acronimo...), che collegava centinaia di istituzioni scolastiche in tutti gli Stati Uniti attraverso migliaia di terminali passivi, una manciata di computer mainframe, e un hub centrale ubicato presso la University of Illinois.
 
 
Potrei facilmente dedicare tutta una serie di post a PLATO, la prima duratura community online che connetteva gente comune (prevalentemente studenti, dalle elementari all'università). Stavolta però sarò sintetico al massimo, limitandomi ad affermare che PLATO era degno di nota sotto molti punti di vista: un vero laboratorio di innumerevoli innovazioni, dall'idea (da cui è nato) di un'istruzione scolastica coadiuvata dai computer, fino al sistema operativo personalizzato incredibilmente user-friendly, passando per il linguaggio di programmazione TUTOR che consentiva a chiunque di progettare nuove "lezioni". Assolutamente unico fra i sistemi istituzionali, i suoi terminali offrivano grafica e (se la tua scuola aveva deciso di investire in qualche gadget aggiuntivo) anche qualche capacità sonora e musicale. Nato nel 1960, PLATO raggiunse un certo livello di maturità con il lancio del sistema PLATO IV nel 1972, e si sviluppò rapidamente in questa sua incarnazione per tutti gli anni '70. Le sue capacità grafiche rendevano PLATO eccezionalmente adatto al gaming in confronto agli altri sistemi istituzionali, che facevano ancora affidamento su ingombranti telescriventi meramente testuali sia per l'input che per l'output. Metteteci poi il fatto che la maggior parte di questi terminali veniva usata da studenti con un bel po' di tempo libero, e che essi avevano a disposizione il linguaggio TUTOR assai facile da imparare, e non c'è di che meravigliarsi se PLATO divenne un autentico ricettacolo per lo sviluppo dei videogiochi, immediatamente prima dell'inizio dell'era dei PC e anche per qualche anno durante quell'epoca. Fra questi giochi c'erano anche i primi tentativi di portare l'esperienza di Dungeons & Dragons sui computer. Iniziano ad apparire già dal 1975 – perfino prima che Will Crowther creasse il suo Adventure.
 
I primi fra questi giochi furono creati senza l'autorizzazione ufficiale degli amministratori di PLATO. È per questo che dovevano essere nascosti sui sistemi utilizzando nomi anonimi e di servizio, tipo pedit5 e m199h, e che la loro esistenza veniva diffusa solo per cooptazione e in segreto. Inevitabilmente però, col crescere della loro popolarità, attirarono l'attenzione degli amministratori e vennero prontamente cancellati. Per fortuna quella che dovrebbe essere la versione originale di pedit5 di Rusty Rutherford è stata recuperata e resa disponibile dai ragazzi di cyber1, un sistema PLATO resuscitato e reso accessibile tramite internet. 
 
 
Essendo il primo o il secondo gioco del suo tipo ad apparire, pedit5 ha tutto il diritto di essere considerato l'equivalente di Adventure per i GdR su computer. Di certo ha un valore storico immenso.
 
Detto ciò, il più popolare e longevo di questi giochi, quello che per primo ha definito per molti l'esperienza dei GDR su computer (un po' come Adventure ha fatto per le avventure testuali), è arrivato un po' dopo. Il suo nome non lascia dubbi sulla sua fonte di ispirazione: dnd. Un progetto molto più ambizioso e sostanzioso dell'opera "una tantum" di  pedit5, dnd fu scritto inizialmente da Gary Wisenhunt e da Ray Wood, per poi essere espanso e rifinito da Dirk Pellett. Nell'Ottobre del 1976 aveva raggiunto una forma sostanzialmente definitiva, diventando un'esperienza sorprendentemente complessa e popolare fra gli utenti di PLATO; il contatore delle partite giocate all'epoca segnava quasi 100.000.
 
 
Dnd generò un'intera famiglia di dungeon crawl su PLATO, che con il loro antenato condividevano lo spensierato disinteresse per il copyright altrui. Oggigiorno ad occuparsi di Moria, Baraddur, e Orthanc ci sarebbero i legali della famiglia Tolkien...
 
Sarebbe un bell'esercizio di studio delle piattaforme informatiche chiedersi perché il sistema PLATO ospitò così tanti dungeon crawl, mentre invece le avventure testuali divennero il passatempo preferito degli "hacker hardcore" al lavoro sui loro sistemi DEC. Di certo una buona parte della risposta passa per le limitazioni tecniche delle rispettive piattaforme: il sistema PLATO era capace di una visualizzazione grafica, orientata ai monitor ["screen-oriented" nel testo originale] e oggettivamente piuttosto gradevole, mentre la linea di sistemi PDP continuava a fare affidamento su device di output basati sulla riga di comandi ["line-oriented" nel testo originale] e capaci quindi di una visualizzazione soltanto testuale. Le implicazioni di più ampio respiro di questa considerazione per i fan dell'interactive fiction (e cioè che i giocatori hanno sempre avuto una preferenza per le immagini graziose e che certamente le preferiscono sempre e comunque rispetto al semplice testo) sono probabilmente troppo inquietanti per dilungarcisi sopra. Se può essere d'aiuto, però, aggiungerò che è altresì vero che le due culture informatiche usavano hardware incompatibili su network completamente separati l'uno dall'altro, il che ha mantenuto distinte queste due tradizioni emergenti di giochi, prima che iniziassero a mischiarsi nel grande "melting pot" del mondo PC. Adventure e dnd dopotutto hanno dato a queste community (all'epoca ancora piuttosto piccole rispetto agli standard moderni) ampie ispirazioni e possibilità di reiterazione, senza necessità di affrontare nuovi paradigmi di gioco. 
 
In modo del tutto analogo, anche le piattaforme più popolari della prima era dei PC (e cioè il TRS-80 e l'Apple II) finirono con l'ospitare varianti diverse del "genere avventura". Infatti il TRS-80 (in gran parte grazie agli sforzi di Scott Adams) andò nella direzione degli hacker del PDP, ospitando le prime avventure testuali mai entrate nelle case della gente. L'Apple II invece, l'unico esponente della "classe 1977" ad avere delle capacità grafiche (e per giunta sostanzialmente comparabili a quelle dei PLATO), andò nella direzione di dnd. Data la frugale documentazione e la natura della maggior parte delle "pubblicazioni" software di quell'epoca, è estremamente difficile dire con certezza quale fu il primo GDR per computer ad apparire sull'Apple II (e quindi, per estensione, il primo ad apparire sugli home PC). Dungeon Campaign di  Synergistic Software, che apparve più o meno mentre Adams stava spedendo le sue prime cassette di  Adventureland, è però il candidato più probabile.
 
Per quanto ci riguarda, però, voglio restare concentrato ancora un po' sul nostro fedele, vecchio TRS-80. La prossima volta darò uno sguardo più attento al primo GDR commerciale sviluppato e venduto per quella piattaforma: The Temple of Apshai (1979). Essendo un discendente sia di  Dungeons and Dragons che della primissima tradizione dei GDR su computer (quella iniziata con  pedit5 e dnd), The Temple of Apshai ci darà la possibilità di vedere come funzionava per davvero un GDR per computer di questa primissima era.

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.

Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto

Articoli precedenti:

Sulle tracce di The Oregon Trail
In difesa del BASIC
A Caccia del Wumpus
L'Avventura di Crowther
TOPS-10 in a Box
L'Avventura completata
Tutto il TRaSh del TRS-80
Eliza
Adventureland
Dog Star Adventure
Qualche domanda per Lance Micklus
Un 1979 indaffarato
The Count

Due diverse culture di avventurieri
Microsoft Adventure
La Narrativa Ludica già nota come Storygame
L'Ascesa dei Giochi Esperienziali
Dungeons And Dragons
Una Definizione per i Giochi di Ruolo per Computer
Dal Tavolo al Computer



Visita il sito ufficiale di The Digital Antiquarian
Discutiamone insieme sul forum di OldGamesItalia!