Bentrovati prodi avventurieri! Lo so, siete già tutti in trincea pronti per il tragico cenone della Vigilia, ma non è il momento di gozzovigliare... scintillanti tesori vi attendono nei perigliosi labirinti del magico Regno Sotterraneo di Zork. E a guidarci sarà, come sempre, il sapiente Antiquario Digitale. Armatevi di coraggio compagni, entriamo finalmente nel vivo dell'esplorazione di Zork! Ma prima la lista degli articoli del ciclo Infocom: – Esplorando Zork, Parte 2 – Esplorando Zork, Parte 3 – Infocom: Come Cavarsela da Soli – Zork II, Parte 1 – Zork II, Parte 2 – Lo Zork User Group – Zork III, Parte 1 – Zork III, Parte 2 Posate la forchetta e afferrate la lanterna... inizia la discesa! Festuceto |
>EXAMINE PAPER CONGRATULATIONS! YOU ARE THE PRIVILEGED OWNER OF A GENUINE ZORK GREAT UNDERGROUND EMPIRE (PART I), A SELF CONTAINED AND SELF MAINTAINING UNIVERSE. IF USED AND MAINTAINED IN ACCORDANCE WITH NORMAL OPERATING PRACTICES FOR SMALL UNIVERSES, ZORK WILL PROVIDE MANY MONTHS OF TROUBLE-FREE OPERATION. PLEASE CHECK WITH YOUR DEALER FOR PART II AND OTHER ALTERNATE UNIVERSES. |
>N THE TROLL ROOM THIS IS A SMALL ROOM WITH PASSAGES TO THE EAST AND SOUTH AND A FORBIDDING HOLE LEADING WEST. BLOODSTAINS AND DEEP SCRATCHES (PERHAPS MADE BY AN AXE) MAR THE WALLS. A NASTY-LOOKING TROLL, BRANDISHING A BLOODY AXE, BLOCKS ALL PASSAGES OUT OF THE ROOM. A SEEDY-LOOKING INDIVIDUAL WITH A LARGE BAG JUST WANDERED THROUGH THE ROOM. ON THE WAY THROUGH, HE QUIETLY ABSTRACTED ALL VALUABLES FROM THE ROOM AND FROM YOUR POSSESSION, MUMBLING SOMETHING ABOUT "DOING UNTO OTHERS BEFORE.." THE TROLL'S MIGHTY BLOW DROPS YOU TO YOUR KNEES. THE THIEF SLOWLY APPROACHES, STRIKES LIKE A SNAKE, AND LEAVES YOU WOUNDED. >KILL TROLL WITH SWORD I CAN'T SEE ANY SWORD HERE. >KILL TROLL WITH KNIFE A GOOD STROKE, BUT IT'S TOO SLOW, THE TROLL DODGES. THE TROLL'S AXE REMOVES YOUR HEAD. IT APPEARS THAT THAT LAST BLOW WAS TOO MUCH FOR YOU. I'M AFRAID YOU ARE DEAD. **** YOU HAVE DIED **** |
Dave, giocatore di Dungeons and Dragons di lunga data, non apprezzava il modo completamente prevedibile con cui si uccidevano le creature. Nel gioco originale, per esempio, si poteva uccidere il troll semplicemente lanciandogli il coltello: lui lo raccoglieva e lo mangiava di gusto (come qualunque altra cosa che gli viene tirata), ma in conseguenza di ciò moriva di emorragia. In sostanza, Dave aggiunse tutta la complessità di un combattimento in stile D&D, con efficacie diverse per le armi, con le ferite, con gli stati di incoscienza e la morte. Ogni creatura ha i suoi messaggi e quindi un combattimento con il ladro (che usa uno stiletto) risulta molto diverso da un combattimento contro il troll e la sua ascia. |
>EXAMINE GUIDEBOOK "FLOOD CONTROL DAM #3 FCD#3 WAS CONSTRUCTED IN YEAR 783 OF THE GREAT UNDERGROUND EMPIRE TO HARNESS THE MIGHTY FRIGID RIVER. THIS WORK WAS SUPPORTED BY A GRANT OF 37 MILLION ZORKMIDS FROM YOUR OMNIPOTENT LOCAL TYRANT LORD DIMWIT FLATHEAD THE EXCESSIVE. THIS IMPRESSIVE STRUCTURE IS COMPOSED OF 370,000 CUBIC FEET OF CONCRETE, IS 256 FEET TALL AT THE CENTER, AND 193 FEET WIDE AT THE TOP. THE LAKE CREATED BEHIND THE DAM HAS A VOLUME OF 1.7 BILLION CUBIC FEET, AN AREA OF 12 MILLION SQUARE FEET, AND A SHORE LINE OF 36 THOUSAND FEET. WE WILL NOW POINT OUT SOME OF THE MORE INTERESTING FEATURES OF FCD#3 AS WE CONDUCT YOU ON A GUIDED TOUR OF THE FACILITIES: 1) YOU START YOUR TOUR HERE IN THE DAM LOBBY. YOU WILL NOTICE ON YOUR RIGHT THAT ......... |
>N MAINTENANCE ROOM THIS IS WHAT APPEARS TO HAVE BEEN THE MAINTENANCE ROOM FOR FLOOD CONTROL DAM #3. APPARENTLY, THIS ROOM HAS BEEN RANSACKED RECENTLY, FOR MOST OF THE VALUABLE EQUIPMENT IS GONE. ON THE WALL IN FRONT OF YOU IS A GROUP OF BUTTONS, WHICH ARE LABELLED IN EBCDIC. HOWEVER, THEY ARE OF DIFFERENT COLORS: BLUE, YELLOW, BROWN, AND RED. THE DOORS TO THIS ROOM ARE IN THE WEST AND SOUTH ENDS. THERE IS A GROUP OF TOOL CHESTS HERE. THERE IS A WRENCH HERE. THERE IS AN OBJECT WHICH LOOKS LIKE A TUBE OF TOOTHPASTE HERE. THERE IS A SCREWDRIVER HERE. |
>WAVE SCEPTRE SUDDENLY, THE RAINBOW APPEARS TO BECOME SOLID AND, I VENTURE, WALKABLE (I THINK THE GIVEAWAY WAS THE STAIRS AND BANNISTER). >E ON THE RAINBOW YOU ARE ON TOP OF A RAINBOW (I BET YOU NEVER THOUGHT YOU WOULD WALK ON A RAINBOW), WITH A MAGNIFICENT VIEW OF THE FALLS. THE RAINBOW TRAVELS EAST-WEST HERE. |
>D ENTRANCE TO HADES YOU ARE OUTSIDE A LARGE GATEWAY, ON WHICH IS INSCRIBED "ABANDON EVERY HOPE, ALL YE WHO ENTER HERE." THE GATE IS OPEN; THROUGH IT YOU CAN SEE A DESOLATION, WITH A PILE OF MANGLED BODIES IN ONE CORNER. THOUSANDS OF VOICES, LAMENTING SOME HIDEOUS FATE, CAN BE HEARD. THE WAY THROUGH THE GATE IS BARRED BY EVIL SPIRITS, WHO JEER AT YOUR ATTEMPTS TO PASS. |
Nel gioco originale c’erano delle stanze, degli oggetti, e un giocatore; il giocatore esisteva sempre all’interno di una stanza. I veicoli erano degli oggetti che, a tutti gli effetti, erano delle stanze mobili. Questo richiese dei cambiamenti nelle interazioni (sempre delicatissime) fra i verbi, gli oggetti, e le stanze (dovevamo infatti trovare un modo per far fare a "cammina" qualcosa di accettabile mentre il giocatore era nella barca). In più, gli intraprendenti giocatori di Zork provarono a usare la barca in tutti i posti dove credevano di poterlo fare. Il codice della barca non era però pensato per funzionare al di fuori della sezione del fiume, ma non c’era niente che impediva al giocatore di trasportare l’imbarcazione gonfiabile fino alla riserva idrica per tentare di attraversarla. Alla fine si consentì di usare la barca nella riserva idrica, ma restava il problema generale: tutto quel che cambia il mondo che si sta modellando, in pratica, cambia anche tutto ciò che si trova all’interno del mondo che si sta modellando. Anche se Zork allora aveva solo un mese di vita, riusciva già a sorprendere i suoi autori. L’imbarcazione, per come era stata implementata, si trasformò in una sorta di "borsa conservante": in pratica i giocatori potevano metterci dentro di tutto e portarselo in giro, anche se il peso degli oggetti ivi contenuti eccedeva di molto la capacità del giocatore di trasportarli. La barca era due oggetti distinti: l’oggetto "barca gonfia" conteneva gli oggetti, ma il giocatore trasportava con sé l’oggetto “barca sgonfia”. Noi eravamo all’oscuro di questo aspetto, finché qualcuno alla fine non lo segnalò come bug. Per quanto ne so, il bug c’è ancora. |
Sono riuscito a riprodurre senza problemi il bug della "borsa conservante" nella release 15. Si deve raggruppare una serie di cose tutte insieme in un unico posto, più di quelle che si possono trasportare contemporaneamente. Poi se ne mette un po’ nella zattera, si sgonfia, quindi si raccoglie l’ammasso di plastica e il resto della propria roba. Ricordatevi però di non mettere per sbaglio la pompa nella zattera; a me è successo la prima volta! Se ricordo bene, si deve anche evitare di metterci dentro qualcosa che possa forare la zattera, come la spada o la torcia. |
>D LOUD ROOM THIS IS A LARGE ROOM WITH A CEILING WHICH CANNOT BE DETECTED FROM THE GROUND. THERE IS A NARROW PASSAGE FROM EAST TO WEST AND A STONE STAIRWAY LEADING UPWARD. THE ROOM IS DEAFENINGLY LOUD WITH AN UNDETERMINED RUSHING SOUND. THE SOUND SEEMS TO REVERBERATE FROM ALL OF THE WALLS, MAKING IT DIFFICULT EVEN TO THINK. ON THE GROUND IS A LARGE PLATINUM BAR. >GET BAR BAR BAR ... >BAR BAR BAR BAR ... >GET BAR BAR BAR BAR ... >L L L ... >LOOK LOOK LOOK ... |
The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
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Ci sono quesiti che assillano le notti insonni dei giocatori di ruolo: qual è stato il primo GDR per computer con visuale in prima persona? No, miei cari seguaci dell'icosaedro, non è stato Akalabeth, la risposta è nascosta (come al solito) tra le pieghe più oscure della storia dei videogiochi. Stavolta parliamo di Moria, un GDR per PLATO che precede Akalabeth di Richard Garriott di ben 5 anni! E, sebbene Lord British non conoscesse Moria, l’importanza storica di questo titolo è comunque altissima per aver ispirato apertamente un altro dei GDR più importanti di sempre: Wizardry! Moria poi è anche il primo GDR per computer a non trarre direttamente ispirazione dalla versione pen and paper di Dungeons & Dragons, e quindi può offrire spunti di riflessione interessanti anche da questo profilo. Dunque, con la presente recensione, il CRPG Addict prosegue il suo appassionante viaggio lungo il "ramo cadetto" dell'albero filogenetico dei CRPG sviluppati sui mainframe universitari, una linea evolutiva che vanta illustri discendenti. Di seguito la lista dei giochi trattati in questo primo ciclo di recensioni del CRPG Addict: Moria (1975) Orthanc (1975) Oubliette (1977) Oubliette (versione DOS) (1983) Swords and Sorcery (1978) Avatar (1979) DND - Dungeons & Dragons (1977) Buona lettura, avventurieri! |
Moria Sviluppato da Kevet Duncombe e Jim Battin per il sistema PLATO alla University of Illinois di Urbana-Champaign Sviluppo iniziato nel 1975. Il copyright riporta le date del 1978 e del 1984. Giocato oggi grazie a Cyber1. Iniziato: 04 Novembre 2013 Finito: 05 Novembre 2013 Ore totali: 6 Difficoltà: Moderata (3/5) Reload: 4 (personaggi giocati) Voto finale: 26 Posizione in classifica nel momento in cui scrivo: 58/142 (41%) |
E un altro possente guerriero perde la propria battaglia contro le forze del male!!! |
Foresta (1) Verga Elementale Offesa: 15 Difesa: 5 Si usa a una mano |
Caverna (1) La tua parte è $ 3.341 Un rubino 2 perle 2.241 monete d’oro. |
I Maestri delle Gilde del Mondo: Gilda dei Ladri – Nessun maestro Fratellanza – Nessun maestro Unione dei Cavalieri – flynch / tourist è maestro con un'abilità di 76 Circolo degli Stregoni – Nessun maestro Tu sei un Apprendista dell’Unione dei Cavalieri |
Qui sotto trovate una mappa che mostra le connessioni fra i tipi di terreno e i loro livelli. Città nelle terre selvagge | Terre selvagge Grotta 1,2,3,… Montagna 1,2,3,...Foresta 1,2,3,… Deserto 1,2,3,… E così via verso il basso per 60 livelli. Le linee rappresentano le connessioni fra i tipi di terreno e i livelli. |
Nome Arma | Valore Offensivo | Valore Difensivo Pugnale 3 1 Spada 3 1 Martello 5 1 Sciabola 5 3 Verga 5 2 Croce di Ferro 5 5 Fionda 6 0 Spada corta 6 2 Sciabola da abbordaggio 7 4 Giavellotto 9 5 Bastone 10 2 Fionda della Morte 12 0 Bastone da Mago 12 4 Bastone del Potere 12 4 Scettro Magico 13 3 Pugnale della Morte 13 0 Lancia Vivente 13 2 Bastone Magico 13 5 Mazza della Morte 14 4 Spada Fiammeggiante 14 7 Mazza Incantata 14 5 Verga della Paura 14 7 Martello Magico 15 5 Verga Elementale 15 5 Spada Magica 15 5 Pugnale dei Ladri 15 1 Verga dei Serpenti 16 4 Giavellotto Magico 16 8 Pugnale magico 17 2 Verga del Tuono 17 7 Verga della Stregoneria 18 10 Spada della Morte 19 7 Croce d’Oro 19 12 Mazza Magica 19 10 Rete Paralizzante 20 15 Pugnale dei Maghi 20 3 Verga della Morte 22 13 Spada dei Maestri 22 12 Morningstar 25 9 Croce Santa 26 20 Tridente 30 10 Scudo 0 4 Scudo per il Corpo 0 6 Scudo di Forza 0 8 Scudo Completo 0 8 Scudo di Luce 0 9 Scudo del Potere 0 11 Scudo Magico 0 14 Scudo Dorato 0 16 Scudo Vivente 0 24 |
Città Lo vuole, Sire? Che ne dice di $ 1.576.695? |
Qui sotto c'è un esempio della visuale di un labirinto di Moria. Corridoio 5 Passi N 3,4 La visuale del labirinto raffigura ciò che vedreste se vi trovaste in una stanza o in un corridoio. Le pareti appaiono come dei blocchi solidi e le pareti con delle porte contengono dei rettangoli più piccoli sulla propria superficie, come in questo esempio dove la parete opposta, proprio davanti a voi, ha una porta. Le pareti direttamente davanti a voi appariranno piatte o quadrate. Le pareti ai tuoi lati appariranno oblique. Subito sopra il labirinto c’è la parola “Corridoio”, che indica che vi trovate in una serie di corridoi. Quando vi troverete in una serie di stanze apparirà la parola “Stanza”. Subito sotto il labirinto c’è il numero di passi che avete appena fatto durante il movimento (guardate la sezione sul movimento, tasto W). Quando sfondate una porta, allora sotto apparirà la parola “porta”. Subito a destra c’è la direzione in cui siamo rivolti (nord, sud) e la vostra posizione x,y all’interno del blocco 6x6. |
The CRPG Addict è un blog, scritto da Chester Bolingbroke, che racconta il viaggio dell’autore (in ordine grossomodo cronologico) in oltre 40 anni di storia dei giochi di ruolo per computer. L’autore gioca ad un titolo, ne discute i punti di forza e di debolezza, il suo posto nella storia dei GDR per computer, l’influenza che ha avuto sui titoli successivi, e l’esperienza di affrontarlo al giorno d’oggi.
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Richard Garriott era un ragazzo sveglio, ma al tempo stesso era anche un dungeon master adolescente. È per questo che, anche se proviamo un po' di imbarazzo quando Akalabeth si apre con quella che ha tutta l'aria di essere la caricatura di un discorso di un dungeon master adolescente (pronunciato da un ragazzino brufoloso dietro la copertina del suo modulo B2 – La Rocca Sulle Terre di Confine), dobbiamo comprendere che Akalabeth è comunque un prodotto del suo tempo e dell'età di colui che lo ha creato.
BENVENUTO, FOLLE MORTALE NEL MONDO DI AKALABETH! QUI TROVERAI GRANDIOSE AVVENTURE!
CREATO DA LORD BRITISH (C) 1980 DELLA CALIFORNIA PACIFIC COMPUTER
ISTRUZIONI (SI / NO) |
MOLTI, MOLTI, MOLTI ANNI FA IL SIGNORE OSCURO MONDAIN, ARCINEMICO DI BRITISH, ATTRAVERSÒ LE TERRE DI AKALABETH DIFFONDENDO AL SUO PASSAGGIO IL MALE E LA MORTE. QUANDO MONDAIN FU SCACCIATO DA QUESTA TERRA DA BRITISH, PORTATORE DELLA LUCE BIANCA, EGLI L'AVEVA GIA' DANNEGGIATA GRAVEMENTE.
IL TUO COMPITO SARA' QUELLO DI LIBERARE AKALABETH DALLE ORRIBILI BESTIE CHE LA INFESTANO, CERCANDO AL CONTEMPO DI RESTARE VIVO!!! |
FAI ATTENZIONE, FOLLE MORTALE, STAI PER ENTRARE IN AKALABETH, MONDO DELLA SVENTURA! BY LORD BRITISH |
Consentitemi quindi di esprimere un paio di pensieri in libertà, ma rigorosamente nel suddetto spirito di comprensione.
Perché mai gli scrittori di fantasy medievale (fra cui anche tantissimi che dovrebbero ormai avere tutti gli strumenti per fare meglio del nostro giovane Mr Garriott) si rifanno sempre allo Shakespeare rinascimentale quando vogliono far apparire il loro inglese ampolloso e autentico? Eppure dovrebbero saperlo che esiste un certo Geoffrey Chaucer
OLTRE L'AVVENTURA VI È AKALABETH UN GIOCO DI FANTASIA, ASTUZIA, E PERICOLO.
10 DIVERSI MOSTRI HI-RES INSIEME AD UNA PROSPETTIVA PERFETTA E AD INIFINITI LIVELLI DI DUNGEON CREANO IL MONDO DI AKALABETH |
Considerata la ben documentata insoddisfazione di Garriott per l'approccio seguito da Crowther e Woods nel loro Adventure, non è che “Beyond Adventure” (o dovrei dire “Beyond Adventure”?) [cioé “Oltre l'avventura” e/o “Oltre Adventure”, ndAncient] sia in realtà una frecciatina fra rivali?
E se certamente entrambi i suoi genitori, e probabilmente molti altri oltre a loro, gli hanno fornito idee e suggerimenti, Akalabeth è un'opera realizzata interamente dal solo Richard; l'apice di tre anni di sforzi, prima al terminale con la telescrivente della sua scuola superiore e poi sul suo Apple II Plus nuovo di pacca. L'unica eccezione è rappresentata dalla grafica della schermata del titolo, fornita da un amico e vicino di casa di Houston, Keith Zabalaoui, che è bastata a garantirgli una presenza nei credit cartacei alla voce “Graphics”.
Dopo essere passati per la schermata del titolo realizzata da Zabalaoui e per le istruzioni in-game, viene caricato e avviato il codice BASIC del gioco. Tutto ciò che segue è implementato in un singolo programma BASIC di 22 K. Per prima cosa ci viene chiesto di “Inserire il numero fortunato”. Questo numero serve come variabile per il generatore casuale di numeri, che determinerà quasi tutto ciò che verrà dopo: le caratteristiche con cui iniziamo, la conformazione delle zone all'aperto e dei labirinti, ecc. Per questa ragione scrivendo il medesimo numero saremo sempre certi di avere la medesima partita, fin dal personaggio con cui iniziamo; e da lì -se facciamo esattamente le stesse cose- avremo esattamente lo stesso risultato finale, visto che anche i tiri di dado “casuali” dipendono in ultima analisi da questo numero magico. Generare un mondo virtuale per via matematica, facendolo al volo e all'occorrenza (invece che immagazzinare dei dati già pronti che devono essere recuperati dal disco) non era niente di nuovo nel mondo dei primissimi giochi per computer, che dovevano fare i conti con le limitate memorie delle macchine su cui giravano e sulla limitata capacità dei dischi. Il più celebre esempio è Elite, che generava dinamicamente il proprio universo di otto galassie utilizzando le successioni di Fibonacci. È tuttavia interessante che Garriott abbia scelto questo approccio per presentare al giocatore un mondo e delle dinamiche di gioco davvero casuali, invece di usare il vero e proprio generatore di numeri casuali dell'Apple II, che sarebbe potuto essere perfettamente adeguato allo scopo,
Comunque sia, dopo aver preso la più critica delle decisioni, ci troviamo a scegliere il livello di difficoltà da 1 a 10, da cui dipende quanto saranno tosti i mostri che combatteremo e quante quest dovremo completare per finire il gioco. Poi ci viene mostrato il nostro personaggio, composto da una serie di tipici indicatori alla Dungeons and Dragons: punti ferita, forza, destrezza, stamina, saggezza, oro. Possiamo scegliere anche fra due classi: guerriero o mago. Dopodiché ci ritroviamo nell'immancabile negozio, anche se stavolta non ci sono i negozianti loquaci e votati al mercanteggiamento che abbiamo trovato in Temple of Apshai o in Eamon.
Proprio come in Temple of Apshai, la lista dell'equipaggiamento di Akalabeth è piuttosto scarna, consistendo in una manciata di oggetti generici che potete vedere qui sopra [cibo, stocco, ascia, scudo, arco e frecce, amuleto magico; ndAncient], e qui non c'è nemmeno la possibilità di trovare oggetti speciali nei dungeon.
Vale però la pena segnalare che in Akalabeth dovremo occuparci della nostra riserva di cibo: il nostro avatar consumerà infatti un po' di cibo ad ogni turno e, se lo dovesse finire, morirebbe istantaneamente. La morte per fame è una vera minaccia nelle fasi iniziali del gioco, quando l'oro scarseggia, ma ben presto ci potremo permettere centinaia di unità di cibo e da quel punto in poi si rischierà di morire di fame solo per disattenzione.
Quando il gioco vero e proprio inizia, diventa palese perché Garriott ha affermato (un po' seriamente e un po' scherzosamente) di aver passato i primi quindici anni della sua carriera a rifare sempre lo stesso gioco. Ci viene mostrata una mappa di esterni, vista dall'alto, che navighiamo usando comandi abbinati ad un tasto della tastiera. Qualunque veterano di Ultima si sentirà immediatamente a suo agio, anche se (a differenza dei seguenti Ultima, che col tempo arriveranno ad usare praticamente tutti i tasti della tastiera) qui abbiamo solo una decina di opzioni, la maggior parte delle quali riguardano semplicemente il movimento.
Vi faccio notare che la schermata qui sopra è stata implementata usando la speciale modalità grafica hi-res dell'Apple II, con le quattro linee di testo normale, in basso, dedicate ai messaggi di stato (l'intramontabile dono di Wozniak per i programmatori di giochi).
In più, proprio come nei successivi Ultima, la nostra prima vera missione è quella di trovare il castello dell'alter ego di Garriott, Lord Biritish. Dopo averci chiamato “contadini” (davvero ti senti tanto più importante di noi, Richard?), ci assegnerà la prima di una serie di “quest” che consistono tutte semplicemente nell'uccisione di mostri di crescente difficoltà. Il numero di queste missioni che dobbiamo completare per finire il gioco dipende dal livello di difficoltà che abbiamo scelto all'inizio.
BENVENUTO, CONTADINO, NELLE SALE DEL POTENTE LORD BRITISH. QUI POTRAI SCEGLIERE DI FRONTEGGIARE LE MALVAGIE CREATURE DELLE PROFONDITA' IN CAMBIO DI RICOMPENSE. COME TI CHIAMI, CONTADINO? JIMMY È UN'AVVENTURA GRANDIOSA QUELLA CHE VUOI? SÌ BENE! ALLORA TENTERAI DI DIVENTARE UN CAVALIERE!!! IL TUO PRIMO COMPITO SARÀ DI SCENDERE NEI DUNGEON E RITORNARE SOLO DOPO AVER UCCISO UN/UNA TOPO GIGANTE. IMBARCATI ADESSO IN QUESTA MISSIONE E CHE LA DEA BENDATA TI ARRIDA... … IN PIU' IO, BRITISH, HO AUMENTATO TUTTE LE TUE CARATTERISTICHE DI UN PUNTO! |
Quel “un/una topo gigante” non ha prezzo...
È nei dungeon sparsi sulla mappa dell'esterno che troviamo i mostri da combattere. Tali labirinti sono il vero succo del gioco: passeremo gran parte del nostro tempo ad esplorarli e mapparli, combattendo ovviamente contro i loro abitanti, che si faranno via via più temibili, mano a mano che scenderemo in livelli sempre più profondi. Ed è sempre qui che troviamo l'innovazione estetica più palese di tutto il gioco: l'uso di una prospettiva tridimensionale, in prima persona, che ci pone direttamente al centro del mondo di gioco.
COMANDO? OVEST COMANDO? VAI DUNGEON PER FAVORE ATTENDI COMANDO? |
LADRO COMANDO? ATTACCA CON QUALE ARMA? ASCIA LA LANCI O LA BRANDISCI? |
L'uso di una tale visuale aveva comunque già dei precedenti nel 1980. C'era ovviamente quel gioco chiamato Escape! che aveva inizialmente ispirato Richard. Ancora più noto è Microsoft Flight Simulator, il frutto di molti anni di esperimenti con la grafica 3D da parte di Bruce Artwick, che era apparso per la prima volta sull'Apple II nel 1979 (o, al più tardi, nei primissimi mesi del 1980). Garriott fu però il primo a implementarlo in un GDR per computer. Ed è per questo che Akalabeth influenzerà un'intera generazione di giochi di dungeon crawling che seguiranno, anche se i giochi della serie di Ultima dello stesso Garriott, col tempo, porranno sempre meno enfasi sull'esplorazione dei dungeon a favore della creazione di mondi esterni sempre più ricchi. In più, se togliamo i labirinti 3D di Akalabeth dal contesto della storia dei GdR per computer, vediamo che essi si pongono proprio in cima ad uno scivoloso piano inclinato che alla fine ci porta dritti a Doom e, di lì, alla maggior parte dei giochi hardcore di oggi [Questo articolo è datato Dicembre 2011, ma è in gran parte vero ancora oggi; ndAncient].
Nonostante questo oggigiorno ad Akalabeth non viene riconosciuto un grande valore come gioco in sé. Il CRPG Addict, per esempio, lo definisce “più un progetto dimostrativo che un gioco”. Certo gli artwork sgargianti e le frasi da Dungeon Master adolescente contribuiscono a farcelo apparire più che mai una creazione amatoriale, anche in confronto alla maggior parte dei giochi di quella primissima era. In un certo senso c'è un abbozzo di storia e di ambientazione, ma non hanno alcun senso in relazione allo scopo ultimo del giocatore, che si limita a uccidere dei mostri e a diventare un cavaliere. Finita questa parte introduttiva, in tutto il gioco ci sono meno parole di quante non ce ne siano in quel singolo paragrafo. E poi c'è tutta una serie di cose che sono semplicemente strambe. Ad esempio in Akalabeth manca proprio il concetto di livello del personaggio; una volta fuori da un labirinto, veniamo ricompensati solo in punti ferita, sulla base della quantità e della qualità dei mostri uccisi là sotto. Non c'è nessun concetto di cura, né un valore massimo teorico ai punti ferita; essi sono semplicemente un bene da collezionare, al pari dell'oro. Questo sistema fra l'altro resterà tale anche in Ultima I. Come il CRPG Addict osserva in merito a tale gioco: “è l'unico gioco che conosco nel quale, quando si è a corto di punti ferita, ci conviene affrettarci nel dungeon più vicino e cercare qualche mostro da combattere!” Ed effettivamente, per quanto ciò possa apparire contro-intuitivo, combattere è letteralmente l'unico modo per recuperare punti ferita (il che fra l'altro significa che, se perdete troppi punti ferita senza aver ucciso mostri abbastanza forti, siete a tutti gli effetti spacciati).
Eppure, oltre all'innovazione tecnica dei dungeon tridimensionali, qui c'è anche una spiccata sensibilità per il design del gioco. E sono proprio questi gli aspetti per i quali Akalabeth meriterebbe maggior riconoscimento. Per quanto mi riguarda infatti sono rimasto sorpreso da quanto Akalabeth sia giocabile; ben più giocabile, ad esempio, di Temple of Apshai e dei suoi seguiti (tutti titoli ben più ambiziosi a livello concettuale). L'odierna sottovalutazione dipende probabilmente dal fatto che Akalabeth non può certo rivelarsi all'altezza delle aspettative. Del resto Akalabeth non sta cercando di regalare ai suoi giocatori un'esperienza estesa ed epica come i suoi successori della serie Ultima; non ha nemmeno la possibilità di salvare. È stato piuttosto pensato come un esercizio, ripetibile all'infinito, di esplorazione di dungeon. Il sistema di bilanciamento della difficoltà fa sì che il giocatore sia sempre messo alla prova e il sistema del “numero magico” gli permette di generare una varietà praticamente infinita di mappe, consentendogli però al tempo stesso (se lo desidera) di riaffrontare la stessa identica partita che lo ha visto morire l'ultima volta. Da questo punto di vista Akalabeth ci mostra un game design incredibilmente lungimirante e perfino "player-friendly", per la sua epoca. E se certo non posso dire che mi abbia catturato per giorni e giorni, devo però ammettere che mi sono autenticamente divertito a giochicchiarci mentre preparavo questo post del blog; cosa che non posso certo affermare per molti dei giochi di questa prima èra, di cui mi sono occupato in precedenza (nonostante la loro importanza storica).
Un'altra delle critiche ricorrenti ci impartisce una lezione sull'importanza di praticare questa nostra specie di archeologia informatica usando configurazioni il più autentiche possibili. Nel 1997 la Electronic Arts ha pubblicato The Ultima Collection, una raccolta dei primi otto giochi della serie. Come bonus hanno incluso anche un porting per MS-DOS di Akalabeth, il primo mai realizzato dopo l'uscita dell'originale per Apple II. La maggior parte delle persone, che tentano oggigiorno di giocare ad Akalabeth, usano proprio questa versione, visto che è infinitamente più accessibile rispetto a procurarsi un vero Apple II o a utilizzare un emulatore di Apple II. Il problema è che questa versione è meno sofisticata del suo antecedente. Per esempio in questo porting ogni singolo dungeon sulla mappa è un clone degli altri; nell'originale invece ogni dungeon è unico. Il che ingenera in noi un'opinione falsata e sfavorevole del design originale di Garriott.
Un'altra critica comune è che l'amuleto magico rompa, a tutti gli effetti, gli equilibri del gioco. Lasciate che vi spieghi velocemente: uno degli oggetti che il giocatore può comprare o trovare nei dungeon è un amuleto magico. Esso, in aggiunta ad alcune funzioni comodamente prevedibili (come quella di far apparire scale per spostarsi su e giù nel dungeon), ha anche “un'opzione jolly”. La maggior parte delle volte che tale opzione viene scelta ha delle conseguenze negative, come ad esempio l'esser trasformati in un rospo. Di quando in quando però il giocatore viene trasformato in un uomo lucertola, che all'apparenza non è poi una cosa così grandiosa, ma che invece in concreto lo è eccome: in questo modo tutte le nostre statistiche aumentano istantaneamente e permanentemente del 150%. Il trucco quindi è quello di salvare il gioco (una possibilità prevista dal porting MS-DOS, a differenza dell'originale) e tentare la fortuna. Se ci accade qualcosa di male, si ricarica e si riprova, finché non si riesce a diventare uomini lucertola. Fatelo qualche volta e diventerete a tutti gli effetti invincibili. Bene, ricordiamoci però che i giocatori dell'originale non avevano la comodità di un comando per salvare, né avevano a disposizione i salvataggi di stato di un emulatore. È per questo che tentare questa strada era in realtà un gesto davvero disperato, da compiere probabilmente solo quando al giocatore non era rimasto niente da perdere. Vi invito dunque a guardarlo così come lo avrebbe guardato un giocatore del 1980: non rompe il gioco, ma bensì è un tocco di classe che, una volta ogni morte di Papa, potrebbe elargire un miracolo al giocatore disperato.
E quindi, tutto considerato, non è difficile intuire perché il publisher California Pacific contattò Richard con l'intenzione di distribuire a livello nazionale il suo gioco. La prossima volta mi occuperò proprio di questa storia.
Se nel frattempo volete provare di persona l'Akalabeth originale, ecco qui per voi un immagine del disco per Apple II.
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Non si può enfatizzare abbastanza quanto i war games e i giochi di ruolo da tavolo (e in particolare, ovviamente, Dungeons and Dragons della TSR) abbiano influenzato le prime narrative ludiche su computer. A volte tale influenza è del tutto palese, come nel caso di giochi tipo Eamon che cercavano esplicitamente di trasportare su computer l'esperienza del D&D. Altre volte però tale influenza è meno apparente.
A differenza dei tipici giochi da tavolo, o perfino dei war game, il D&D e i suoi contemporanei non erano commercializzati come prodotti singoli, ma come delle vere e proprie raccolte di esperienze, quasi uno stile di vita. Solo per iniziare a giocare con la punta di diamante, l'Advanced Dungones & Dragons, si dovevano acquistare tre grandi volumi dalla copertina rigida (Monster Manual, Players Handbook, e Dungeon Masters Guide), a cui si aggiunsero presto molti altri volumi, che descrivevano nuovi mostri, nuovi tesori, nuovi dei, nuove classi di personaggio, e nuove regole sempre più complesse per nuotare, per creare oggetti, per muoversi nelle ombre, per rubare, e -ovviamente- per combattere. Ma, soprattutto, c'erano i moduli d'avventura: avventure preconfezionate, vere e proprie narrative ludiche che potevano essere messe in scena utilizzando il sistema di gioco di D&D. Ne uscivano a dozzine, meticolosamente catalogate con un sistema alfanumerico che permetteva ai collezionisti compulsivi di tenerne traccia; una trilogia di moduli dedicati ai giganti fu etichettata da “G1” a “G3”, una serie di moduli creata nel Regno Unito fu etichettata “UK” [che sta per “United Kingdom”; ndAncient]. A parte i vari vantaggi ludici, questo sistema era indubbiamente il sogno di ogni addetto alle vendite. Perché limitarsi a vendere un solo gioco ai tuoi clienti, quando puoi incatenarli a un intero universo in continua espansione di prodotti?
La strategia di marketing della TSR (basata sulla filosofia di “un solo gioco / molti prodotti”) e il suo zelo per la catalogazione possono essere ritrovati anche fra quei primi sviluppatori di giochi per computer che non stavano provando esplicitamente ad adattare le regole del D&D ai loro mondi digitali. Scott Adams, per esempio, numerò tutte le sue avventure, arrivando così a una dozzina di giochi canonici (altre avventure, presumibilmente non scritte di proprio pugno dal maestro, furono invece pubblicate dalla Adventure International come delle specie di opere apocrife ufficiali sotto l'etichetta “OtherVentures”). I giocatori venivano incoraggiati a giocarle in ordine, visto che aumentavano gradualmente di difficoltà; in questo modo il giocatore principiante poteva affilarsi i denti con opere relativamente “forgiving” tipo Adventureland e Pirate Adventure, per poi gettarsi nei giochi successivi assurdamente difficili tipo Ghost Town e Savage Island. La On-Line Systems adottò un modello simile, sottotitolando retroattivamente Mystery House in Hi-Res Adventure #1 dopo aver pubblicato la Hi-Res Adventure #2 (The Wizard and the Princess). Il gioco successivo Mission: Asteroid, apparso all'inizio nel 1981, fu battezzato Hi-Res Adventure #0 (nonostante la cronologia delle uscite) perché era stato pensato come gioco per principianti, con un po' meno assurdità ed enigmi iniqui del solito. A tutti gli effetti queste similitudini con l'approccio del D&D erano qualcosa di più di un semplice fenomeno di marketing. Del resto entrambe le linee di giochi erano basate su motori riutilizzabili. Nello stesso modo in cui un gruppo di giocatori viveva intorno al tavolo molte avventure diverse usando le regole alla base del D&D, così le linee di avventure di Scott Adams o le Hi-Res Adventures erano essenzialmente delle regole base (il motore di gioco) applicate a molte narrative ludiche diverse.
Tuttavia, fra gli sviluppatori che abbiamo esaminato fin qui, quelli che imitavano in modo più palese il modello del D&D erano -logicamente- quelli che provenivano direttamente dalla cultura del D&D: Donald Brown con il sistema di Eamon, e le Automated Simulations, gli sviluppatori della linea DunjonQuest che era iniziata con Temple of Apshai. J.W. Connelley, il principale sviluppatore del motore dell'Automated Simulations, aveva progettato per Temple of Apshai un motore riutilizzabile che leggeva i file di dati che rappresentavano i livelli del dungeon che si esplorava. Proprio come accadde per Scott Adams e per la On-Line Systems, questo approccio da un lato rese il gioco più facile da convertire (e infatti le versioni per tutte le principali macchine del 1979 -TRS-80, Apple II, Commodore PET- furono pubblicate quello stesso anno), e dall'altro lato velocizzò lo sviluppo di nuove iterazioni del medesimo concept. Tali iterazioni furono etichettate come un set unico di esperienze, che prese il nome di DunjonQuest. Il pittoresco appellativo dalla dizione medievale fu probabilmente scelto per evitare conflitti con la litigiosissima TSR, che, oltre alle regole del D&D, stava commercializzando anche un gioco da tavolo chiamato semplicemente Dungeon!
E la Automated Systems non fece certo mancare tali iterazioni! Altri due titoli della collana DunjonQuest apparvero lo stesso anno di Temple of Apshai. Sia Datestones of Ryn che Morloc’s Tower facevano parte di quelle che la Automated Simulations chiamò MicroQuests, nelle quali gli elementi di costruzione del personaggio erano completamente assenti. Al loro posto il giocatore doveva guidare un personaggio pregenerato attraverso un ambiente molto più piccolo. Ci si aspettava che il giocatore affrontasse più volte l'avventura, cercando di conseguire risultati sempre migliori. Nel 1980 la Automated Simulations pubblicò invece il “vero” seguito di Temple of Apshai, Hellfire Warrior, che conteneva i livelli dal quinto all'ottavo del labirinto iniziato col gioco precedente. Sempre quell'anno pubblicarono anche due titoli più modesti, Rescue at Rigel e Star Warrior, le prime e uniche uscite di una nuova serie, StarQuest, che catapultava il sistema DunjonQuest nello spazio.
Almeno secondo una prospettiva moderna, c'è una sorta di dissonanza cognitiva in queste serie, se le esaminiamo nel loro complesso. I manuali spingevano molto sull'aspetto sperimentale di questi giochi, come ben dimostrato da questo estratto del manuale di Hellfire Warrior:
Quali che siano il tuo background e le tue esperienze precedenti, ti invitiamo a proiettare nel “dunjon” non solo il tuo personaggio, ma anche tutto te stesso. Ti invitiamo a perderti nel labirinto. A sentire la polvere sotto i tuoi piedi. Ad ascoltare il suono di passi non umani che si avvicinano o il lamento di un'anima persa. Lascia che l'odore di zolfo assalga le tue narici. Brucia al caldo delle fiamme dell'inferno, e gela sopra un ponte di ghiaccio. Passa le dita in un cumulo di monete d'oro e immergiti in una pozza d'acqua magica. Entra nel mondo di DunjonQuest. |
Nonostante tutto questo, nessuno di questi giochi aveva la benché minima trama. Temple of Apshai e Hellfire Warrior non hanno nemmeno una fine vera e propria, ma solo dei dungeon che si rigenerano all'infinito da esplorare e un personaggio giocante da migliorare in eterno. Mentre le MicroQuests ricompensano i giocatori solo con un insoddisfacente punteggio finale al posto di un epilogo vero e proprio. Sebbene il background narrativo del suo manuale sia ideato con un'attenzione insolita, Datestones of Ryn ha un limite temporale di soli 20 minuti, che gli dà più un feeling da gioco d'azione, giocabile all'infinito e quasi privo di contesto, piuttosto che da gioco di ruolo per computer. Invece il gameplay della serie nel suo complesso, oggi, ci balza all'occhio per le sue similitudini con i roguelike, dei dungeon crawl senza storia (o, almeno, con pochissima storia) attraverso labirinti generati casualmente. Questa però sarebbe una lettura anacronistica: Rogue, il capostipite del genere, in realtà è uscito un anno dopo Temple of Apshai.
Credo che tutte queste stranezze possano essere spiegate se comprendiamo che Jon Freeman, il principale designer dietro il sistema, stava puntando a creare un tipo di narrativa ludica diverso da quella delle avventure testuali di Scott Adams e da quella tipica della On-Line Systems. Lui sperava che, dati un background, una descrizione degli ambienti, un set di regole per controllare ciò che vi accadeva, e una buona dosa di immaginazione da parte del giocatore, dal gioco emergesse autonomamente una narrativa ludica. In altre parole, usando un termine che appartiene ad un'era molto successiva, stava tentando di creare una narrativa emergente. Per comprendere meglio il suo approccio, ho pensato di dare una breve occhiata da vicino a uno dei suoi giochi, Rescue at Rigel.
Rescue at Rigel trae ispirazione dalla classica space opera, un genere che è stato recentemente riportato in vita dal fenomenale successo dei primi due film di Star Wars [l'articolo è stato scritto nel 2011, quindi l'autore si riferisce alla seconda trilogia di Guerre Stellari; ndAncient].
Nell'arena della vostra immaginazione, non tutti i nostri eroi (o le nostre eroine!) indossano armature nere o di uno scintillante argento, né prendono a mazzate dei barbari nemici su dei moli sferzati dal vento, né affrontano dei macabri destini per mano di depravati adepti le cui arti nere erano già vecchie quando il mondo era giovane. La fantascienza ci fa viaggiare su navi stellari con nomi come Enterprise, Hooligan, Little Giant, Millenium Falcon, Nemesis, Nostromo, Sisu, Skylark, e Solar Queen. Navi che viaggiano su mari stellati, che non sono percorsi da tempeste o infestati da demoni, ma che non per questo sono meno spaventosi. Navi che ci fanno approdare su nuovi mondi impavidi le cui forme, i cui panorami e i cui suoni sono più plausibili (ma non meno sbalorditivi) di quelli sperimentati da Sinbad. |
In questo titolo il giocatore assume il ruolo di Sudden Smith, un classico ed energico eroe pulp. Sta per teletrasportarsi nella base di una razza di alieni insettoidi conosciuti col nome di Tollah, che hanno catturato un gruppo di scienziati per le loro “ricerche” e fra questi c'è anche la fidanzata di Sudden. I Tollah sono uno dei pochissimi accenni ad eventi di un mondo più ampio che troverete nei primissimi videogiochi, al di là delle opere di fantasy e science-fiction. La casta che comanda i Tollah sono gli “High Tollah”, un chiaro riferimento allo Ayatollah Khomeyni, che a quel tempo aveva recentemente preso il potere in Iran e che teneva in ostaggio 52 Americani [“High Tollah”, cioé “Alto Tollah”, si pronuncia infatti in modo molto simile a Ayatollah; ndAncient]. Gli “High Tollah” ci dice il manuale, “sono altezzosi, autoritari, intolleranti, ottusi, privi di immaginazione e inflessibili.” Alla luce di tutto questo, è palese quale sia stata l'ispirazione per questo scenario di salvataggio degli scienziati.
Il gameplay si sviluppa intorno all'esplorazione della base dei Tollah, convenientemente strutturata come un labirinto, respingendo i Tollah e i robot della sicurezza, mentre cerchiamo i dieci scienziati che vi sono tenuti in ostaggio. Si tratta sostanzialmente, come in tanti altri giochi di ruolo per computer, di un gioco di gestione delle risorse: Sudden ha un numero limitato di medikit, di munizioni, e soprattutto una riserva limitata di energia all'interno del suo zaino che deve essere usata per tutto (dallo sparare agli Tollah, fino al teletrasportare gli scienziati al sicuro). Quel che è peggio è che Sudden ha soltanto 60 minuti di tempo reale per salvare il maggior numero possibile di scienziati e teletrasportarsi al sicuro. Freeman fa di tutto per rendere il gioco un motore di eccitante narrativa emergente. Ad esempio, se Sudden finisce completamente l'energia, ha comunque un'ultima possibile via di fuga: se riesce a tornare nei 60 minuti al punto in cui lo ha depositato il teletrasporto, un altro teletrasporto automatico lo riporterà in salvo. È facile immaginarsi una situazione disperata, che pare uscita direttamente da una storia di Guerre Stellari o di Dominic Flandry, con il giocatore che torna sui suoi passi, in mezzo al fuoco dei laser, mentre il tempo scorre e i Tollah gli sono alle calcagna. Di certo ci possiamo immaginare che Freeman si fosse immaginato tutto questo.
Ma per vivere queste storie è necessaria una notevole dedizione e una fervida immaginazione da parte del giocatore, come potrà probabilmente convenire chiunque abbia osservato l'orrendo screenshot di cui sopra. Effettivamente i giochi della serie DunjonQuest sembrano proprio una sorta di ibrido fra l'esperienza di un gdr da tavolo e di uno digitale, in cui ciò che emerge direttamente dall'immaginazione del giocatore è importante quanto quello offerto dal gioco stesso. È per questo che probabilmente è stata una mossa saggia per la Automated Simulations quella di usare come target del marketing di DunjonQuest proprio i giocatori di ruolo cartaceo. Del resto loro sono abituati a rimboccarsi le maniche e a usare la loro immaginazione per inventare delle narrative soddisfacenti. La Automated Simulations pubblicizzò ampiamente DunjonQuest sulla rivista Dragon Magazine della TSR, e (con una mossa che non potrebbe essere più indicativa della tipologia di pubblico che pensavano potesse apprezzare DunjonQuest) arrivarono persino a regalare il gioco da tavolo strategico chiamato Sticks and Stones con ogni acquisto di un gioco della serie DunjonQuest.
Negli ultimi mesi del 1980 la Automated Simulations cambiò il suo nome nel meno prosaico Epyx, adottando il motto: “Computer games thinkers play” [traducibile all'incirca come “Videogiochi a cui giocano le persone che pensano”; ndAncient]. I giochi della serie DunjonQuest continuarono comunque a uscire per altri due anni. Fra le ultime pubblicazioni ci furono anche un paio di espansioni per Temple of Apshai e Hellfire Warrior, che credo siano i primi esempi del genere tra i giochi commerciali per computer. Invece l'utilizzo più strano e creativo dell'engine di DunjonQuest arrivò nel 1981 con Crush, Crumble, and Chomp!: The Great Movie Monster Game, nel quale il giocatore assumeva il controllo di Godzilla (anzi, no, di Goshzilla!), o di qualche altro mostro famoso lanciato nella distruzione di una città. Per un esame dettagliato di tutta la serie di DunjonQuest, che alla fine si compose di una dozzina di titoli, potete leggere questo articolo di Hardcore Gaming 101.
Crush, Crumble, and Chomp! fu l'ultimo lavoro di Freeman per la Epyx. Alla West Coast Computer Faire of 1980 incontrò infatti una collega programmatrice chiamata Anne Westfall e di lì a poco i due iniziarono a frequentarsi. Westfall si unì alla Epyx per un po', andando a lavorare come programmatrice su alcuni degli ultimi giochi di DunjonQuest. Lei e Freeman però ben presto si stufarono del disinteresse di Connelley nel miglioramento dell'engine di DunjonQuest. Scritto in BASIC sull'ormai vetusto TRS-80 Model I, tale engine era sempre stato tremendamente lento e ormai iniziava a sembrare davvero datato nei porting per le piattaforme più moderne e capaci. In più Freeman, un designer irrequieto e creativo, si stava annoiando delle continue iterazioni del solito concept di DunjonQuest; perfino creare Crush, Crumble, and Chomp! aveva richiesto una dura battaglia da parte sua... Alla fine del 1981 Freeman e Westfall lasciarono la Epyx per creare una casa di sviluppo indipendente, la Free Fall Associates, della quale avrò molto altro da dire in futuro. E, dopo un paio di ultime pubblicazioni per DunjonQuest, la Epyx si trasformò da “Computer games thinkers play” in qualcosa di molto diverso, e anche di questo avrò molto da dire in futuro. Con incassi buoni, ma mai enormi, neppure al massimo del proprio splendore, i giochi della serie DunjonQuest sfiguravano abbastanza nel confronto con la nuova generazione di giochi di ruolo per computer, dei quali -come avrete immaginato- avrò molto altro da dire in futuro.
Se volete sperimentare l'esperienza di DunjonQuest, posso fornirvi un pacchetto con un immagine per Apple II che include Temple of Apshai, Rescue at Rigel, Morloc’s Tower, e Datestones of Ryn, oltre ai relativi manuali.
La prossima volta inizieremo a esplorare un'opera con una profondità tematica senza precedenti, che fa già drizzare tutte le mie antenne di studioso di letteratura.
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Più o meno in quel periodo sulla rivista Creative Computing apparve un articolo scritto da Robert Plamondon. Si lamentava della mancanza di un sistema di avventure testuali di qualità per Apple II. Così contattai Robert e gli chiesi se avesse mai sentito parlare di Eamon. Non lo aveva mai sentito, ma gli interessava. Gli mandai numerosi dischetti e ne fu entusiasta. Mi chiese se poteva includermi in un futuro articolo su Eamon. Io acconsentii senza problema, e così apparve un articolo su Creative Computing, e io iniziai a ricevere mail da gente di tutto il mondo. |
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