Zork sul PDP-10
The Digital Antiquarian (la traduzione ufficiale italiana)

Continua il ciclo di articoli dedicato alla nascita di Infocom e ai primi tre capitoli della celebre serie di Zork. Sì avete letto bene: nel corso del nostro viaggio analizzeremo i primi tre capitoli di Zork. Contrariamente a quanto annunciato nell'ultimo editoriale, non ci limiteremo ai primi due titoli della leggendaria serie Infocom, ma chiuderemo la trilogia originale, com'è giusto che sia. 
Pertanto considerate l'indice riportato di seguito, soltanto parziale. Sarà nostra premura completarlo non appena sarà possibile, e se proprio non potete resistere, cliccate in fondo all'articolo per fiondarvi nel blog originale del "The Digital Antiquarian" ... ma non vorrete rovinarvi la sorpresa, vero?
 
A proposito, nel caso vi steste ancora chiedendo perché Zork sia così attuale qui su OldGamesItalia, vi consiglio di visitare attentamente la sezione "traduzioni" del nostro forum... 
Ecco il solito indice degli articoli:
 
Zork sul PDP-10
La Nascita della Infocom
ZIL e la Z-Machine
Come Vendemmo Zork
Giochi a Parser
Esplorando Zork, Parte 1
Esplorando Zork, Parte 2
Esplorando Zork, Parte 3
Infocom: Come Cavarsela da Soli
Zork II, Parte 1
Zork II, Parte 2
 
Buona lettura esploratori e ... attenti ai grue!
 
Festuceto
 
Uno dei tratti distintivi degli hacker è il non considerare mai un programma davvero completamente e definitivamente finito; ci sono sempre aggiunte da fare, angoli da smussare. E di certo Adventure, per quanto impressionante, lasciava ampio spazio ai miglioramenti. Dobbiamo poi aggiungere che Adventure arrivò al MIT attraverso Don Woods dell'AI Lab della Stanford, forse l'unico corso di informatica della nazione che aveva la statura per potersi confrontare alla lontana con quello del MIT. Gli studenti del MIT erano fieramente orgogliosi della propria Università. Anche se la Stanford aveva prodotto per prima un gioco d'avventura, il Dynamic Modeling Group del MIT avrebbe potuto quantomeno farlo meglio. E certo non nuoceva alla causa il fatto che il Project MAC e il Laboratory for Computer Science (per non parlare dello stesso Dynamic Modeling Group) avessero donato loro degli ottimi strumenti con cui affrontare il problema.
 
Adventure era stata implementato in FORTRAN, un linguaggio non particolarmente adatto alla creazione di un'avventura testuale. E infatti il FORTRAN non poteva nemmeno gestire nativamente le stringhe di lunghezza variabile, lasciando a Crowther e Woods il compito di arrangiare qualche soluzione, come del resto dovettero fare anche con molti altri problemi. Come sappiamo, entrambi erano programmatori molto talentuosi e ci riuscirono al meglio. E così gli hacker del Dynamic Modeling Group (la cui opinione del FORTRAN era solo un gradino superiore a quella che avevano del BASIC) non vedevano l'ora di progettare il proprio gioco d'avventura con il proprio linguaggio, l'MDL. Non solo l'MDL (essendo un linguaggio progettato, almeno in parte, per la ricerca nel campo dell'Intelligenza Artificiale) poteva vantare capacità di gestione di stringhe relativamente robuste, ma offriva anche la possibilità di definire dei nuovi “data type” complessi, adatti per compiti specifici, e la possibilità di inserire direttamente in tali strutture dei pezzi di codice. Lasciatemi provare a spiegarvi perché tutto questo era così importante.
 
Inizieremo con la stanza di apertura di Zork, il gioco che alla fine fu prodotto dal Dynamic Modeling Group in risposta ad Adventure. La descrizione di tale stanza al giocatore [nella nostra traduzione italiana di Zork I; ndAncient] appare così:
 
 
West of House
This is an open field west of a white house, with a boarded front door.
There is a small mailbox here.
A rubber mat saying 'Welcome to Zork!' lies by the door.
 
Questo è il codice sorgente originale in MDL che descrive la stanza:
 
<ROOM "WHOUS"
"This is an open field west of a white house, with a boarded front door."
"West of House"
<EXIT "NORTH" "NHOUS" "SOUTH" "SHOUS" "WEST" "FORE1"
"EAST" #NEXIT "The door is locked, and there is evidently no key.">
(<GET-OBJ "FDOOR"> <GET-OBJ "MAILB"> <GET-OBJ "MAT">)
<>
<+ ,RLANDBIT ,RLIGHTBIT ,RNWALLBIT ,RSACREDBIT>
(RGLOBAL ,HOUSEBIT)><
 
Praticamente tutto ciò che il programma deve sapere di questa stanza è incapsulato qui dentro in modo ordinato. Analizziamolo, linea per linea. Il tag “ROOM” [stanza] all'inizio definisce questa struttura come una stanza, chiamata brevemente “WHOUS” [abbreviazione di "West of House", cioè "A Ovest della Casa", ndAncient]. La linea di testo seguente è la descrizione della stanza che il giocatore vede quando vi entra la prima volta o quando digita “GUARDA”. “West of House” è invece il nome completo della stanza, quello che appare come titolo della descrizione della stanza e nella linea di stato in cima allo schermo, ogni volta che il giocatore si trova in questa stanza. Poi abbiamo un elenco di uscite dalla stanza, andare a nord porta il giocatore a “North of House,” a sud lo porta a “South of House”, a ovest in una di diverse stanze che compongono la “Foresta”. Cercare di andare a est produrrà invece uno speciale messaggio di fallimento, che riferirà al giocatore di non essere in possesso di una chiave per aprire la porta, anziché il generico: “Non puoi andare in quella direzione”. Subito dopo abbiamo gli oggetti che si trovano nella stanza all'inizio del gioco: la porta frontale, la cassetta delle lettere, e il tappetino di benvenuto. Quindi una serie di "flag" definisce altre proprietà della stanza: che è asciutta anziché invasa dall'acqua, che è illuminata anche se il giocatore non ha con sé una lanterna accesa; che (essendo all'aperto) non ha pareti; che è “sacred” [“sacra”] (il che significa che il ladro -un personaggio che vaga in giro, infastidendo il giocatore in modo non dissimile dai nani e dal pirata di Adventure- non può venire qui). E, alla fine, l'ultima linea associa questa stanza alla "white house" o, per essere più precisi, la associa a una parte della “regione casa” della geografia del gioco.
 
Ogni oggetto e ogni personaggio del gioco è definito da un simile blocco, che spiega quasi tutto ciò che il gioco deve sapere al riguardo. Va aggiunto anche che le abilità e le capacità speciali di oggetti e personaggi sono descritti come parti di essi, utilizzando dei collegamenti a delle sezioni speciali del codice, create appositamente. Per questo una volta che l'impalcatura del codice alla base di tutto questo fu creata (cosa che, ovviamente, non era affatto banale), aggiungere nuovo contenuto a Zork era prevalentemente una questione di aggiungere più stanze, più oggetti, e più personaggi, senza bisogno ogni volta di rituffarsi nell'"engine" che muoveva il tutto; solo le capacità speciali degli oggetti e dei personaggi dovevano essere programmate da zero e collegate nei punti giusti. Componendo il mondo da una raccolta di “oggetti” integrati, gli hacker del Dynamic Modeling Group stavano inconsapevolmente dirigendosi verso un nuovo paradigma nella programmazione, che sarebbe giunto alla ribalta dell'informatica solo alcuni anni dopo: la programmazione orientata agli oggetti, in cui i programmi non sono rigorosamente divisi nel codice che li esegue e nei dati che esso manipola, ma sono piuttosto costruiti dall'interazione di oggetti semi-autonomi che contengono il proprio codice e i propri dati. Un tempo considerata praticamente la soluzione a ogni problema (forse persino alla fame nel mondo), oggigiorno in certe aree, ci sono delle resistenze (probabilmente giustificate) alla imposizione, applicata a prescindere, della teoria della programmazione orientata agli oggetti operata da certi linguaggi, come il Java. Sia come sia, la programmazione orientata agli oggetti resta praticamente la soluzione ideale nella creazione delle avventure testuali. Per mostrarvi cosa intendo, guardiamo all'alternativa, illustrata da Adventure (scritto in FORTRAN, un linguaggio altamente NON orientato agli oggetti).
 
Ad ogni stanza di Adventure è assegnato un numero da 1 (la location iniziale, naturalmente all'esterno di un piccolo edificio di mattoni) fino a 140 (stavolta, meno naturalmente, un vicolo cieco in un labirinto). Per trovare la descrizione completa della stanza (quella che viene mostrata al giocatore quanto vi entra per la prima volta o quando la GUARDA) il programma scava nella prima tabella di un file esterno di dati, confrontando il numero della stanza alle rispettive voci.
 
1
1 YOU ARE STANDING AT THE END OF A ROAD BEFORE A SMALL BRICK BUILDING.
1 AROUND YOU IS A FOREST.  A SMALL STREAM FLOWS OUT OF THE BUILDING AND
1 DOWN A GULLY.
 
Un'altra tabella mostra invece la descrizione breve che viene visualizzata quando si entra in una stanza già visitata:
 
1 YOU'RE AT END OF ROAD AGAIN.
 
E ora viene il bello. Un'altra tabella ancora ci dice cosa ci aspetta in ogni direzione cardinale.
 
1 2 2 44 29
1 3 3 12 19 43
1 4 5 13 14 46 30
1 5 6 45 43
1 8 63
 
La prima linea di cui sopra ci dice che quando siamo in stanza 1, possiamo andare in stanza 2 digitando una delle tre voci di un'altra tabella ancora; in questo caso: “ROAD o HILL” (voce 2); “WEST” or “W” (voce 44); or “UPWAR” (infatti le parole vengono confrontate sulla base dei primi 5 caratteri soltanto [in questo caso la parola completa sarebbe UPWARD, formata da 6 caratteri, che significa SU; ndAncient], “UP,” “ABOVE,” or “ASCEN” (voce 29). In modo del tutto analogo, le definizioni degli oggetti sono sparpagliate su più tabelle all'interno del data file. Quindi, anche se Adventure tenta almeno in parte di astrarre il suo "engine" dai dati che compongono il suo mondo (collocando questi ultimi in un "data file" esterno), modificare il mondo stesso è un procedimento rognoso e foriero di errori, che consiste nell'editare più tabelle criptiche. I primi "engine" per avventure testuali sui microcomputer, come quelle di Scott Adams, funzionano tutti in questo modo. E anche se era comunque possibile sviluppare dei tool che alleviassero il fardello di modificare a mano i "data file", il sistema di Zork basato sull'MDL è flessibile e programmabile in un modo ben superiore a quello di questi sistemi: non essendo possibile inserire del codice all'interno degli oggetti del mondo di gioco, creare oggetti non standard in Adventure o in un gioco di Scott Adams richiedeva generalmente di andare a modificare il codice dell'"engine"; non proprio il massimo.
 
Per questo l'MDL era semplicemente migliore per scrivere un'avventura testuale che fosse capace di rappresentare limpidamente un mondo vasto, in un modo che fosse anche leggibile e facilmente mantenibile. Era quasi come se l'MDL fosse stato progettato a questo scopo. Ed effettivamente, se avete usato un linguaggio di programmazione di IF più moderno (come Inform 6), sareste rimasti sorpresi da quanto poco sia cambiato l'approccio nella definizione del mondo rispetto ai giorni dell'MDL di Zork. (Inform 7, uno degli ultimi, e migliori, tool per lo sviluppo di IF si è allontanato dal modello della programmazione orientata agli oggetti in favore di un approccio basato su regole più leggibili -se non addirittura più “letterarie”-. Basti dire che i meriti e gli svantaggi dell'approccio di Inform 7 sono un argomento troppo complesso per essere affrontato in questa sede. Forse ne riparleremo fra 20 anni, quando finalmente il Digital Antiquarian si occuperà dell'anno 2006...)
 
E gli hacker del Dynamic Modeling Group avevano ancora un altro asso nella loro manica.
 
Il MIT aveva all'attivo importanti ricerche sulla comprensione del linguaggio naturale nel computer, che risalivano almeno fino a Joseph Weizenbaum e al suo sistema ELIZA del 1966. E se quel programma alla fin fine era poco più di un elaborato trucco da salotto, esso però ispirò altri e più rigorosi tentativi di far parlare a un programma un buon inglese. È estremamente noto quello che fra il 1968 e il 1970 fu sviluppato da Terry Winograd sotto il nome di SHRDLU, che simulava un modello di mondo composto di blocchi. L'utente poteva chiedere al programma di manipolare questo mondo, spostando i blocchi di posto in posto, impilandoli, e così via, il tutto limitandosi a digitare le sue richieste con delle semplici frasi imperative in lingua inglese. Era perfino possibile porre delle semplici domande al computer, per sapere ad esempio quale blocco fosse collocato in una determinata posizione. Piuttosto sopravvalutato all'epoca (come gran parte della ricerca sull'intelligenza artificiale), quasi fosse un passo decisivo verso HAL, SHRDLU riuscì comunque a dimostrare che, almeno all'interno di un dominio molto ristretto, è possibile per un programma parlare e “comprendere” realmente un significativo sottoinsieme della lingua inglese. Partendo dalla tradizione di SHRDLU, gli hacker del Dynamic Modeling Group crearono un parser per avventure testuali che era oggettivamente il primo mai creato a essere degno del termine. E se Adventure se la cavava con un semplice riconoscimento delle parole (stratagemma reso palese dal fatto che “LAMPADA PRENDI” funziona esattamente come “PRENDI LAMPADA”), Zork comprendeva davvero non solo il verbo e il complemento oggetto, ma anche le preposizioni, il complemento di termine, le congiunzioni, la punteggiatura, e perfino gli articoli. A dare un contributo essenziale al raggiungimento di tale obbiettivo fu nuovamente l'MDL che (essendo un linguaggio ideato pensando alla ricerca sull'IA) aveva delle straordinarie capacità di manipolazione delle stringhe. Il parser che riuscirono a ideare si rivelò una creazione mirabile, che si sarebbe contraddistinta per molti anni a venire (un'eternità, allora come ora, nel mondo dell'informatica). Ma ora sto andando troppo avanti.
 
La strada che condurrà a Zork iniziò nel Maggio del 1977, quando Dave Lebling creò un semplicissimo parser e un semplicissimo "engine" piuttosto simile a quello di Adventure, dal quale Marc Blank e Tim Anderson crearono il loro primo gioco di quattro stanze, come prototipo. A quel punto Lebling si prese una vacanza di due settimane, mentre Blank, Anderson, e Bruce Daniels "hackeravano" come pazzi, creando la struttura base di Zork così come la conosciamo ancora oggi. Il nome stesso era una parola priva di senso presa dal gergo parlato al MIT; una parola che si usava nelle situazioni di tensione al posto di un altra più scurrile: “Zorka quel maledetto codice!”, quando una linea di codice non ne voleva sapere di funzionare, e cose del genere. Ogni programmatore ha qualche parola tipo questa che usa per programmi, variabili, funzioni, e così via, quando sta semplicemente facendo esperimenti e non ha tempo di inventarsi un nome migliore (negli ultimi 25 anni il mio personale “go-to placeholder” è stata la parola “fuzzy”, per ragioni troppo imbarazzanti e stravaganti per spiegarle qui). Nel caso di Zork, però, un nome vero e proprio tardava a venir fuori. E così il gioco restò Zork per i primi sei mesi della sua esistenza.
 
Quando Lebling tornò dalla vacanza per riprendere a lavorare al gioco, c'erano già delle solide basi. Tutto il design era modulare; questo significava (come dimostrato sopra) che era facile aggiungere altre stanze, altri oggetti, altri enigmi, ma anche che ogni parte della sottostante tecnologia poteva essere facilmente rimossa, migliorata, e inserita di nuovo. Il parser in particolare migliorò gradualmente da uno a due parole (“intelligente quasi quanto quello di Adventure”), fino a diventare la creazione allo stato dell'arte che era alla fine; il tutto prevalentemente grazie all'impegno di Blank, che ne divenne ossessionato fino a produrne “40 o 50” iterazioni.
 
Negli anni successivi la Infocom avrebbe sviluppato una storia e una mitologia, complesse ma anche comiche, intorno a Zork e al suo “Grande Impero Sotterraneo”, ma in questi primissimi giorni di sviluppo gli autori erano interessati al mondo di gioco solo come luogo in cui ambientare delle scene accattivanti ma anche ridicolmente eterogenee, e -ovviamente- degli enigmi da risolvere, nel solco della tradizione inaugurata da Don Woods con Adventure. E infatti il mondo di Zork rende omaggio ad Adventure quasi al punto da sembrare inizialmente un suo remake. Come Adventure, si inizia all'aria aperta, accanto ad una piccola casa; come in Adventure c'è una piccola area esterna da esplorare, ma il succo del gioco si svolge sottoterra; come Adventure lo scopo è raccogliere tesori e riportarli dentro la casa, che serve quindi da base delle nostre operazioni; ecc. ecc. Solo andando molto avanti nel gioco, Zork diverge davvero da questo schema e assume una sua distinta personalità, con location fantasiose ed enigmi molto più intricati, resi possibili dallo stupefacente parser. Ovviamente tutte queste parti furono ideate in seguito, quando il team di sviluppo aveva più esperienza e quando il parser era ormai molto migliore di quello iniziale. Personalmente darò uno sguardo approfondito a Zork nella sua versione per microcomputer, piuttosto che nella sua incarnazione per PDP-10, ma se siete interessati a saperne di più sull'implementazione originale senza capo né coda, vi invito a dare un'occhiata all'approfondito play-through di Jason Dyer.
 
Come Adventure, anche Zork girava su un DEC PDP-10. A differenza di Adventure però, girava sotto il sistema operativo che ospitava anche l’ambiente MDL, l’Incompatible Timesharing System (così chiamato, con un po’ di sano humour da hacker, in sarcastica risposta ad un precedente Compatible Timesharing System; anche qui però -scusate se insisto- vi rimando a Hackers di Levy per un eccezionale racconto delle sue origini). L’Incompatible Timesharing System era sostanzialmente unico del MIT, l’istituzione che lo aveva sviluppato. E aveva un elemento di estrema originalità: in uno stravagante (ma qualcuno lo chiamerebbe folle) tributo alla tradizione degli hacker di totale apertura e trasparenza, non aveva password; anzi, non aveva nessun tipo di sicurezza. Proprio chiunque poteva loggarsi e fare ciò che voleva. Questo creò una specie di community di coloro che gli hacker del MIT chiamavano “gente a caso dalla rete”: persone che non avevano niente a che fare con il MIT, ma che godevano, da qualche parte, di un accesso a un computer connesso ad ARPANET e che si fermavano per rovistare nel sistema, solo per vedere cosa stessero facendo quei folli hacker del MIT. La macchina del Dynamic Modeling Group aveva raccolto intorno a sé una community considerevole di gente a caso, grazie a un precedente gioco di quiz. Non ci volle molto prima che scoprissero Zork (anche se non era mai stato annunciato ufficialmente) e che si imbarcassero nell’avventura. Ben presto questo gioco in sviluppo si guadagnò una certa reputazione su ARPANET. Proprio a vantaggio di questa community di giocatori, gli sviluppatori iniziarono a collocare una copia dell’U.S. News and Dungeon Report in una delle prime stanze, che elencava tutti gli ultimi cambiamenti e le ultime aggiunte a questo mondo virtuale che la gente stava esplorando. La gente a caso dalla rete, insieme ad altri utenti più “legittimati” di base al MIT (fra cui anche John McCarthy, il padre dell’intelligenza artificiale), servirono da team allargato di beta-test; gli implementatori potevano vedere quello che queste persone provavano a fare, per non dire ciò di cui si lamentavano, e modificavano il gioco di conseguenza. In particolare, molti dei miglioramenti al parser furono senza dubbio incentivati da questo processo; chiunque abbia mai sottoposto una propria avventura testuale a un beta-test, sa bene che non si può semplicemente prevedere a priori gli infiniti modi in cui le persone proveranno a esprimere certe cose.  
 
La crescente popolarità di Zork sollevò delle inevitabili preoccupazioni sull’eccessivo carico generato da questi giocatori sul sistema PDP-10 del Dynamic Modeling Group, che a conti fatti era finanziato dal Dipartimento della Difesa e che quindi -teoricamente- sarebbe dovuto servire per vincere la Guerra Fredda. Al tempo stesso c’erano altri che chiedevano una copia del gioco, per poterla installare sulle proprie macchine. Anche se sviluppato e utilizzato principalmente sotto l’Incompatible Timesharing System, esisteva però una versione dell’ambiente MDL che girava su un altro sistema operativo per PDP-10, il TOPS-20, pubblicato dalla DEC per la prima volta nel 1976 e pubblicizzato come una versione più avanzata e user-friendly del TOPS-10. A differenza dell’Incompatible Timesharing System, il TOPS-20 era assai diffuso al di fuori del MIT. Gli hacker del Dynamic Modeling Group modificarono quindi Zork quanto bastava per farlo girare sul TOPS-20 e iniziarono a distribuirlo a tutti gli amministratori che gliene chiedevano una copia. Alla fine dell’anno tutte le macchine della nazione ospitavano Zork ed era stata perfino predisposta una "mailing list" per informare i vari amministratori delle espansioni e dei miglioramenti che venivano apportati.
 
Gli hacker del Dynamic Modeling Group erano generosi, ma non quanto lo era stato Don Woods con Adventure. Distribuirono Zork solo come file criptati, che erano eseguibili in un ambiente MDL ma che non erano leggibili (né modificabili) a livello di codice sorgente. Arrivarono perfino a modificare il proprio sistema di sviluppo Incompatible Timesharing System, celebre per la sua mancanza di sicurezza, aggiungendo una protezione esclusivamente alla cartella che conteneva il codice sorgente di Zork. Tuttavia gli hacker non si smentiscono mai e ben presto uno della DEC aveva già penetrato il velo. Dalla “History of Zork” della Infocom:
 
[La sicurezza] fu infine battuta da un hacker del sistema della Digital: usando un’arcaica (non che ne sia mai esistita una diversa) documentazione dell’Incompatible Timesharing System, riuscì a capire come modificare il sistema operativo. Sapendo il fatto suo, riuscì anche a capire come funzionava la nostra modifica per proteggere la cartella del codice sorgente. A quel punto era solo questione di decriptare i sorgenti, il che ben presto si ridusse a intuire la chiave che avevamo usato. Ted non ebbe difficoltà a procurarsi il tempo che gli serviva sulla macchina: aveva appena trovato una macchina TOPS-20 che era sottoposta agli ultimi test e vi avviò un programma che tentava ogni chiave finché una non gli restituì qualcosa che aveva le sembianze di un testo. Dopo meno di un giorno di lavoro, aveva una copia leggibile del sorgente. Dovemmo ammettere che, chiunque si fosse preso la briga di fare tutto ciò, di certo se lo meritava... Tutto questo produsse altre conseguenze in seguito.
 
Riguardo a queste “altre conseguenze”:
 
Ad un certo punto, alla fine del 1977, gli hacker del Dynamic Modeling Group decisero che la loro creazione aveva davvero, davvero bisogno di un nome vero e proprio.  Lebling suggerì Dungeon, che non emozionò nessuno (Lebling incluso), ma a nessuno veniva in mente un’alternativa migliore. E così si optò per Dungeon. Ciò avvenne poco prima della breccia nella sicurezza appena descritta; per questo il gioco recuperato da quell’hacker della DEC non si chiamava Zork, bensì Dungeon. Poco dopo, al MIT giunsero voci di possibili azioni legali da parte (provate a indovinare) della TSR, il publisher di Dungeons and Dragons e di un gioco da tavolo di esplorazione di dungeon chiamato semplicemente Dungeon! La TSR era sempre particolarmente zelante nel querelare e gli avvocati del MIT, consultati dagli hacker del Dynamic Modeling Group, erano unanimemente concordi nel ritenere che la TSR non avesse nessun appiglio legale a cui aggrapparsi. Tuttavia, piuttosto che venir risucchiati in una controversia su un nome che oltretutto non piaceva a nessuno, decisero di ritornare al ben più memorabile Zork. E così, all’inizio del 1978, Dungeon tornò di nuovo a essere Zork, per poi mantenere quel nome per sempre.
 
Quasi per sempre. Vi ricordate quel codice sorgente che “Ted” aveva sottratto al MIT? Ebbene, arrivò nelle mani di un altro hacker del DEC, un certo Robert Supnik, che convertì il tutto per FORTRAN, più diffuso e portabile (seppur intrinsecamente e infinitamente meno adatto alle avventure testuali); fu uno sforzo erculeo che stupì perfino gli hacker del Dynamic Modeling Group. Poiché il gioco contenuto nel codice sorgente in MDL a cui aveva accesso si chiamava Dungeon, questa nuova versione rimase Dungeon. Inizialmente Supnik eseguì il porting con l'intenzione di portare Dungeon a girare su un DEC PDP-11 (che, a discapito di quanto sembra indicare il nome, non era un successore del PDP-10, ma piuttosto una macchina fisicamente più piccola, meno potente, e meno costosa). Con il codice sorgente in FORTRAN di Supnik libero di essere distribuito, tuttavia, il salto dal PDP-11 ad altre architetture fu assai breve. Perciò, in questi primi anni, il Dungeon di Supnik con ogni probabilità era più ampiamente distribuito, e quindi era anche più giocato, dello Zork del Dynamic Modeling Group. E quando arrivarono dei PC in grado di supportarlo, Dungeon sbarcò inevitabilmente anche su questi. E così alla fine degli anni ‘80 la situazione era incomprensibile per chi non conosceva tutta questa storia: c’era questo gioco gratuito, chiamato Dungeon, che era stranamente simile ai giochi commerciali ufficiali di Zork, che a loro volta erano molto simili a quest’altro gioco, Adventure, che all’epoca era disponibile in dozzine di versioni gratuite e commerciali. Ad oggi il Dungeon di Supnik è disponibile insieme al codice sorgente (finalmente libero) della versione per PDP-10 di Zork.
 
Tornando al MIT, lo sviluppo dello Zork vero e proprio continuò per tutto il 1978, seppur a un ritmo decrescente. Se si escludono delle correzioni minori di bug, che sarebbero proseguite per un paio di anni ancora, gli ultimi pezzi di Zork furono aggiunti nel Febbraio del 1979. A quel punto il gioco aveva assunto proporzioni davvero enormi: 191 stanze, 211 oggetti, un vocabolario di 908 parole con 71 verbi diversi (senza considerare i loro sinonimi). Gli implementatori avevano praticamente finito le idee per nuovi enigmi ed erano comprensibilmente esausti per il grande sforzo, e (qualora queste giustificazioni non fossero sufficienti) avevano completamente riempito l'unico MB circa di memoria che un programma MDL poteva utilizzare. E così accantonarono Zork e si spostarono su altri progetti.
 
La storia sarebbe potuta tranquillamente finire lì, con Zork che passa alla storia come un altro esempio, eccezionalmente significativo, di avventura testuale fiorita sulle macchine istituzionali negli anni successivi alla pubblicazione di Adventure; insomma, Zork come fosse un altro Mystery Mansion, Stuga (AGGIORNAMENTO: non proprio; leggete il commento di Jason Dyer [“Se vogliamo essere precisi, Stuga non può essere annoverato nel gruppo degli altri due titoli; fu distribuito commercialmente, e vendette piuttosto bene, e può essere definito lo Zork della Svezia”; ndAncient]), o HAUNT. Però non andò così, grazie ad Al Vezza, il direttore (dall’anima tutt’altro che hacker) del Dynamic Modeling Group, che qualche mese più tardi decise che il momento era giusto per entrare coi suoi collaboratori nella nuova, promettente frontiera dei microcomputer, avviando una software house. Non poteva però certo immaginare dove avrebbe portato questa sua decisione.

The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon.
Traduzione a cura di: The Ancient One
Editing a cura di: Festuceto


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Zork I in italiano è realtà

Dopo un'intensa sessione di beta testing interno, siamo lieti di annunciare che la versione italiana di Zork  I è finalmente pronta per essere giocata da cima a fondo! 

Grazie all'impegno profuso da Whovian (coadiuvato dal qui scrivente Ragfox), tutti gli avventurieri dotati di lampada ma zoppicanti in inglese possono da oggi immergersi nelle profondità del Grande Impero Sotterraneo per scoprire segreti e recuperare preziosi tesori.

Questo progetto di traduzione (che continuerà a svilupparsi in base alle segnalazioni dei giocatori) è da intendersi come un omaggio a una serie e a una software house, la Infocom, che hanno plasmato il genere delle avventure testuali negli anni '80. La speranza è di far (ri)scoprire l'epoca dell'Interactive Fiction commerciale al pubblico italiano che per ragioni di lingua o per motivi anagrafici non ha mai potuto avvicinarsi a questo tipo di giochi.

Vi ricordiamo, inoltre, che è disponibile anche il manuale completo in italiano del primo capitolo, a cui si è di recente aggiunta la traduzione di quello di Zork II e quello di Zork III.

Buon gioco e attenti al Grue!

La scheda della traduzione
Giocate online qui su OGI
La soluzione

Illuminate gli antri oscuri dell'OGI Forum con la vostra lampada.

I vent'anni di Inform

Esattamente vent'anni fa, il matematico inglese Graham Nelson (allora venticinquenne) rilasciava pubblicamente la prima versione di Inform, un linguaggio di programmazione che avrebbe dato il via al definitivo affermarsi delle avventure testuali non commerciali. Certo, di Interactive Fiction fatta in casa se n'era vista sin dagli albori del genere e già negli anni '80 non mancavano i linguaggi dedicati (tra cui TADS) e i corsi per giovani scrittori (da ricordare, per noi Italiani, quello di Enrico Colombini pubblicato da Edizioni Jackson nell'85),

Inform, tuttavia, aveva e ha tuttora la non secondaria caratteristica di creare file d'avventura in Z-Code, lo stesso formato dei grandi successi Infocom. Anche il più semplice interprete in grado di avviare le avventure della casa di Zork, dunque, era in grado di far girare anche le creazioni realizzate in Inform.
Come se ciò non bastasse, Nelson fece conoscere il suo linguaggio in maniera assai efficace: ci creò sopra Curses, un'avventura enorme, con enigmi subdoli e stuzzicanti. Un pezzo d'IF che aveva poco da invidiare alle opere di Mark Blanc e compagnia.

Oggi Inform è ancora uno strumento molto amato tra gli autori di avventure testuali e continua a ricevere aggiornamenti e modifiche. Attualmente è possibile usare la versione 7, ma la 6 gode ancora di un discreto successo, date alcune differenze fondamentali che le caratterizzano. La 6 è l'ultima evoluzione di Inform "classico", simile a un vero e proprio linguaggio di programmazione; è dunque molto usata dagli autori "storici". La 7 è un vero e proprio nuovo inizio, essendo basata su un linguaggio "discorsivo" che non fa uso di comandi o tag: basta scrivere una semplice frase in lingua corrente (es. "Quando entri in cucina, visualizza "Che profumino!") e il sistema riconoscerà il tutto in maniera organica. Inform 7 è apprezzato da autori più giovani, ma anche i veterani stanno piano piano incominciando a sfruttarne le caratteristiche.

E fra vent'anni che versione di Inform avremo a disposizione?

Nel frattempo, provate Inform anche voi.
E poi venite a mostrarci i risultati nell'OGI Forum.

Inizia l'open beta di Zork I in italiano

Premessa: questa notizia è vera. 

Dopo alcuni mesi passati a macinare tastiere nel tentativo di far digerire a Inform il codice di Zork, ecco che Whovian può finalmente dichiarare conclusa la prima fase dei lavori: Zork I è giocabile in italiano.

Vista la complessità del progetto, tuttavia, c'è un gran bisogno di volontari che affrontino il Grande Impero Sotterraneo in questa sua versione beta e riportino tutti i bug che riescono a trovare. Chiunque fosse interessato, faccia un salto nel forum al link qui sotto.

Discussione riguardante la traduzione di Zork (dove potete proporvi come tester)
Scheda della traduzione (dove potete trovare il pdf del manuale tradotto)
 

Border Zone

1987: il Muro di Berlino, pur mostrando qualche crepa, è ancora la linea di confine tra Oriente e Occidente. La Guerra Fredda rischia ancora di diventare "calda" da un momento all'altro. E l'assassinio dell'ambasciatore americano nel Litzenburg potrebbe essere proprio il fattore scatenante di un conflitto su scala globale...

Border Zone, l'unica avventura di spionaggio pubblicata dalla Infocom, mette il giocatore nei panni di tre personaggi molto diversi tra loro, ad ognuno dei quali è dedicato uno dei tre capitoli che compongono la storia. Le tre parti sono giocabili in qualsiasi ordine, ma quello suggerito è il migliore per comprendere appieno la vicenda che vede un uomo d'affari americano, un agente della CIA e una spia sotto copertura agire insieme (a volte loro malgrado) per sventare l'attentato che potrebbe mettere a rischio la pace. La trama in sé non è molto originale; tuttavia è piacevole portare a termine il gioco e vedere i tasselli andare al loro posto. I vari capitoli hanno anche diversi finali, sebbene quello "migliore" sia uno soltanto.

Il capitolo più "debole" è sicuramente quello dedicato all'agente della CIA: gli enigmi sono pochi e nella seconda metà il gioco assume quasi le caratteristiche di uno stealth game. Il capitolo conclusivo è molto più appassionante, grazie al mega-enigma che ne occupa circa il 90%. Personalmente consiglio a tutti di giocare il primo capitolo, in quanto si tratta di un'ottima introduzione alle capacità narrative e di gioco dell'IF, grazie alle diverse azioni che è possibile effettuare nelle poche stanze in cui è possibile muoversi. Pur richiedendo diversi passaggi prima di essere concluso nella maniera migliore, difficilmente si prova un senso di noia.

La caratteristica che rende Border Zone un gioco davvero particolare è la presenza di un orologio interno che scorre indipendentemente dalle azioni del giocatore. È l'unico titolo Infocom che prevede questa modalità e si tratta di un caso piuttosto raro rispetto alla maggioranza delle avventure testuali, che solitamente prevedono uno svolgimento a turni (dove ad ogni turno corrisponde un'azione). La lotta contro l'orologio non risulta mai eccessivamente tediosa (e lo scorrere del tempo si può eventualmente rallentare con il comando SLOW), ma serve ad aggiungere quella tensione che non dovrebbe mai mancare in una spy story che si rispetti. Il real time è ben supportato anche dal lato tecnico, tanto che in una fase del secondo capitolo è stata implementata della grafica ASCII in tempo reale per meglio informare il giocatore sulla situazione del mondo di gioco. Parlare di "grafica" riferendosi a tre righe e due asterischi fa sorridere, ma rappresenta comunque un interessante esperimento non più ripetuto nell'ambito delle avventure testuali.


Per quel che riguarda gli aspetti legati al suo genere di appartenenza, Border Zone risulta sicuramente inferiore ai grandi classici dell'IF. La trama, come detto, non è memorabile e gli enigmi, così come la descrizione e la varietà degli ambienti di gioco, sono meno raffinati e meno numerosi rispetto allo standard Infocom a causa dell'elemento real time che richiede ragionamenti e azioni rapide da parte del giocatore. Si tratta comunque di un'avventura piuttosto impegnativa, proprio perché il tempo reale costringe anche l'avventuriero esperto a rapportarsi con il mondo di Border Zone in maniera diversa rispetto al solito, introducendo la costante sensazione di avere "il fiato sul collo" (per chi avesse difficoltà, all'interno del gioco è presente un sistema di indizi molto esauriente). Sull'altare dell'innovazione vengono sacrificati anche i personaggi secondari, praticamente inesistenti. Il parser dei comandi è buono, seppure le occasioni per metterlo alla prova non siano molto frequenti.

Il gioco di per sé non è lungo: le stanze sono poche (tranne che nella seconda parte, dove comunque i luoghi d'interesse rimangono limitati a 5 o 6) e le cose da fare non sono molte. Come detto, il tempo reale costringe il giocatore a concentrarsi solo sulle azioni fondamentali. Rimane naturalmente la possibilità di fare esperimenti (anzi, BZ spesso sembra invitare il giocatore a provare qualcosa di diverso), ma l'uscire dal seminato porta a perdere minuti preziosi.
La prima parte è quella più breve, anche se per finirla al meglio bisogna ripeterla più volte (il gioco, nella persona di un agente di frontiera, indica quali sono stati gli "errori" del giocatore e spesso sono cose alle quali non si fa caso prima di arrivare al dunque). In un'ora circa si dovrebbe riuscire a finire nel migliore dei modi, ma è divertente spenderci qualche minuto in più per provare qualche azione insolita. La seconda parte è forse quella più lunga, per via della mappa più vasta, ma i tempi sono molto variabili perché alcune parti sono strettamente legate al real-time e potrebbero risultare piuttosto ostili. La terza parte si pone, come durata, a metà tra le prime due e anche qui c'è bisogno di ripeterla più volte per capire esattamente cosa fare; per riuscire al meglio, infatti, bisogna che ogni azione non solo sia quella corretta, ma sia anche eseguita al momento giusto. Come sempre, tutto dipende dall'abilità del giocatore, senza dimenticare che il sistema di aiuti inserito nell'avventura può ridurre l'intera esperienza di gioco a poche decine di minuti.

Come per tutti i giochi Infocom, anche la scatola di Border Zone conteneva un bel po' di materiale aggiuntivo: un manuale/opuscolo turistico di Frobnia, la nazione "sovietica" confinante con il Litzenburg, con tanto di orari dei treni e dizionario da viaggio (con l'onnipresente frase "Ouzna gotcha - You're under arrest"), un biglietto da visita, una scatola di cerini e una mappa della "border zone" di Frobnia.

Non è uno dei capolavori cui ci ha abituato la Infocom, ma è sicuramente un gioco da provare, almeno "per vedere l'effetto che fa" giocare un'avventura testuale in tempo reale. Il primo capitolo rappresenta, per i novizi, una buona introduzione al genere.

Valore storico: Precursore
L'impianto di base è lo stesso di tutte le avventure testuali, ma la sperimentazione del tempo reale dimostra come la Infocom (e soprattutto l'IF in generale) non abbia mai rinunciato a sondare nuove strade.

Valore attuale: Per appassionati
Come tutte le avventure testuali, Border Zone è più indicato per gli appassionati e per gli irriducibili retrogamer, pur essendo potenzialmente apprezzabile da tutti.