The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
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Articoli precedenti:
- Sulle tracce di The Oregon Trail
- In difesa del BASIC
- A Caccia del Wumpus
- L'Avventura di Crowther
- TOPS-10 in a Box
- L'Avventura completata
- Tutto il TRaSh del TRS-80
- Eliza
- Adventureland
- Dog Star Adventure
- Qualche domanda per Lance Micklus
- Un 1979 indaffarato
- The Count
- Due diverse culture di avventurieri
- Microsoft Adventure
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Lo scorso venerdì, Leonardo Boselli ci ha portato nei meandri della Colossal Cave, avventura testuale storica, scritta da Will Crowther nel 1973 e poi espansa da Don Woods nel 1977.
Laornardo ha scelto di giocare la versione modifcata da Woods così da poterci mostrare una stanza in particolare, dalla descrizione evocativa, presente in questa versione.
Per chi volesse aprofondire, abbiamo una serie di articoli dedicati proprio a Colossal Cave. Trovate il primo a questo link.
Il sistema PDP-10 sul quale Don Woods completò Adventure era un macchinario costoso, condiviso fra molti utenti, e Stanford non l'aveva certo comprato per fare speleologia virtuale.
Forse proprio al fine di prevenire le inevitabili lamentele dei suoi superiori, Woods inserì nel programma il concetto di "Cave Hours": se qualcuno provava a giocare durante i momenti di maggiore richiesta di risorse (tale periodo era impostato di default dalle 8 di mattina alle 6 di sera, esclusi i fine settimana e giorni festivi), gli veniva concessa solo una "breve esplorazione", limitata di default a 30 minuti e senza possibilità di salvare i propri progressi. Chi invece giocasse fuori da tali periodi, poteva salvare liberamente i propri progressi, ma era però obbligato a uscire immediatamente dal gioco senza poter ricaricare prima di 90 minuti (vale la pena ricordare che cose di questo tipo servivano anche -in linea con la filosofia di cui parlavo nel mio articolo precedente- a rendere il gioco più difficile).
Queste restrizioni potevano essere alterate digitando al prompt del gioco: "MAGIC MODE".
A quel punto, rispondendo correttamente alle seguenti domande, l'utente diventava una specie di amministratore di sistema e poteva cambiare le impostazioni del gioco.
In questo modo:
MAGIC MODE
SEI UNO STREGONE?
SI'
DIMOSTRALO! PRONUNCIA LA PAROLA MAGICA!
NANO
NON È QUELLA CHE PENSAVO CHE FOSSE. SAI QUALE PENSAVO CHE FOSSE?
NO
NODDG
BMAFH
OH, CIELO, TU SEI *DAVVERO* UNO STREGONE! PERDONAMI PER AVERTI INFASTIDITO . . .
VUOI VEDERE LE ORE?
SI'
Lun - Ven: Aperto tutto il giorno
Sab - Dom: Aperto tutto il giorno
Festivi: Aperto tutto il giorno
VUOI CAMBIARE LE ORE?
NO
VUOI RIPROGRAMMARE IL PROSSIMO PERIODO FESTIVO?
NO
Lunghezza della partita breve (niente per lasciare 30):
NUOVA PAROLA MAGICA (NIENTE PER LASCIARE INVARIATO):
NUOVO NUMERO MAGICO (NIENTE PER LASCIARE INVARIATO):
Attesa per riprendere a giocare (niente per lasciare 90):
VUOI CAMBIARE IL MESSAGGIO DEL GIORNO?
NO
VA BENE. ORA PUOI SALVARE QUESTA VERSIONE.
NON DIMENTICARE DI SALVARE LA "CORE-IMAGE"...
CPU time 0.01 Elapsed time 33.98
EXIT
L'amministratore deve costruirsi la risposta corretta usando un complesso algoritmo di cifratura basato su una sequenza di caratteri generati casualmente ["NODDG"; ndTraduttore] e sull'orario esatto del sistema in quel preciso momento ["BMAFH"; ndTraduttore].
Per ovvie ragioni questa parte del codice sorgente è quanto più possibile occultata, anche se sono sicuro che con un po' di determinazione la si potrebbe individuare.Ci immaginiamo che l'algoritmo venisse trasmesso segretamente da amministratore di sistema in amministratore di sistema, ma questo è un aspetto di Adventure di cui non si è parlato molto. Se qualcuno ne sapesse di più, è pregato di lasciare un commento per farcelo sapere.
Un altro aspetto interessante del sistema delle "cave hours" è il modo in cui considera Adventure non tanto una narrazione o un gioco, ma piuttosto un luogo fisico (e, nello specifico, un parco giochi virtuale). Al visitatore che provi a entrare durante le ore di maggior afflusso viene detto: "SONO TERRIBILMENTE DISPIACIUTO, MA LA COLOSSAL CAVE ADESSO È CHIUSA", seguito dagli "orari di apertura".
Questa idea è ripresa anche nel gioco finale, dove il giocatore si trova improvvisamente catapultato nella sala di controllo di questo parco sotterraneo.
Tutto questo mette bene in luce come Adventure in definitiva sia tutto stanze, stanze, stanze. E ci fa anche vedere come Don Woods avesse apparentemente una vera fissa per i parchi gioco.
Quali che siano le implicazioni di questi "orari di apertura", ben presto gli amministratori di sistema ebbero ampie ragioni per ringraziare Woods per averli introdotti, pur senza smettere di maledirlo per aver scatenato Adventure nei loro sistemi.
La verità è che Adventure divenne popolare - molto, molto popolare. Completarlo divenne rapidamente l'ossessione degli hacker di tutta la nazione e, ben presto, di tutto il mondo. La leggenda vuole che i reparti di Information Technology e quelli di scienze dell'informatica delle università smisero di fare qualunque altra cosa finché non lo avevano completato. Anche proibire di giocarlo durante le ore di lavoro si rivelò di scarsa utilità: tutti quelli che in quelle ore dovevano fare qualcosa di produttivo, si ritrovavano invece "in coma" dietro le loro scrivanie per aver giocato tutta la notte ad Adventure. Una fonte apocrifa afferma che Adventure abbia fatto perdere all'intera industria dei computer almeno due settimane di produttività.
E, quando la crisi era ormai passata, molti hacker sparsi un po' su tutto il territorio si misero prontamente a realizzare i loro giochi. I giochi "stile-Adventure" divennero "i giochi d'avventura" per antonomasia, e un nuovo genere era nato.
Per molti anni gli esempi più complessi di questa nuova forma d'intrattenimento continuarono ad apparire sui grandi sistemi istituzionali di posti come il MIT (Zork), lo Stockholm Computer Center (Stuga), e l'Università di Cambridge (Acheton). Jason Dyer, sul suo blog, sta facendo un grandissimo lavoro nel coprire questi primi giochi d'avventura, scavando tanto nelle opere abbondantemente perdute, quanto nei grandi successi tipo Zork.
Almeno per ora -e, come sempre, tempo permettendo- io intendo invece andare a indagare il modo in cui le innovazioni di Crowther e Woods (per non parlare di quelle di Gregory Yob, e di Don Rawitsch, e di tanti altri ancora) abbiano iniziato a dare i loro frutti, sui primi home computer che stavano iniziando ad apparire proprio mentre Adventure stava paralizzando il mondo dei grandi computer istituzionali.
Però, prima di congedare Adventure, ecco a voi un comodo schema di cosa ognuno dei due autori ha rispettivamente creato:
Crowther:
- Il concetto alla base delle avventure testuali
- Gli spostamenti tramite i punti cardinali
- I nani
- Il "Maze of Twisty Little Passages, All Alike"
- La disposizione delle stanze e alcuni enigmi fino alla location "Complex Junction"
Woods:
- Limiti all'inventario
- Il "Maze of Twisty Little Passages, All Different"
- Le "cave hours"
- La disposizione delle stanze e gli enigmi oltre la location "Complex Junction"
- Il sistema di punteggio
- Il sistema di salvataggio
- Il pirata
- La lanterna che si esaurisce
Eh sì, hai proprio un bel po' di responsabilità, mio caro Don Woods!
Ma noi ti vogliamo bene lo stesso... se non altro, non hai implementato la necessità di cibarsi!
Se desiderate giocare alla versione completa di Adventure, sappiate che è possibile farlo in italiano grazie all'ottima traduzione di Giovanni Riccardi, basata sull’adattamento di Adventure per Inform realizzato da Graham Nelson (Advent 961209).
Gli screenshot del gioco che trovate in questa serie di articoli e i paragrafi citati provengono tutti da questa traduzione.
Scarica AVVENTURA, l'edizione italiana di Adventure a cura di Giovanni Riccardi, direttamente da OldGamesItalia.The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
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(Attenzione: stavolta ci sono spoiler a bizzeffe!)
Praticamente Woods non sostituì nemmeno una parola del testo originale di Crowther, limitandosi a costruirci sopra, arricchendo il testo minimalistico di Crowther e aggiungendo tante altre locazioni da esplorare.
Il contrasto fra gli stili di programmazione dei due autori non trova invece riscontro nella loro prosa; infatti Woods riprende in pieno lo stile conciso ma "evocativo al punto giusto" di Crowther. Non si nota nessun punto specifico in cui Crowther ha mollato e Woods è subentrato; anzi, il giocatore non ha proprio modo di intuire che le ultime parti del gioco sono state scritte da un'altra persona.
Se proprio dobbiamo trovare delle differenze, dobbiamo porre l'accento su come Woods si sia concesso qualche elemento fantastico e anacronistico in più, nonché qualche licenza poetica qua e là.
Un buon esempio del primo caso può essere il distributore di batterie, che Crowther difficilmente avrebbe mai inserito (senza dimenticarci poi che la lanterna di Crowther non finiva mai le batterie, perché quasi certamente se l'era immaginata come una lampada a carburo, uguale a quelle che lo accompagnavano nelle sue spedizioni spelologiche, e non come una lampada a batterie - ecco, questo è uno di quei pochi casi in cui i diversi background dei due autori hanno prodotto delle conseguenze concrete sull'opera) [CORREZIONE: Sembrerebbe che anche nell'originale di Crowther la lanterna fosse elettrica. Osservate la risposta che viene fuori se nel gioco si strofina la lanterna d'ottone: "SE VUOI PUOI ANCHE STROFINARE UNA LAMPADA ELETTRICA. COMUNQUE, NON È SUCCESSO NIENTE DI ECCITANTE." Per fortuna davanti al "certamente" di sopra avevo messo anche un "quasi"...].
Nel secondo caso abbiamo la descrizione più estesa e elaborata dell'intero gioco, relativa alla location chiamata "UNA VISTA DA TRATTENERE IL FIATO", situata molto, molto in profondità nel complesso:
È difficile immaginare che Crowther avrebbe mai potuto scrivere qualcosa del genere: siamo anni luce distanti dall'umile costruzione di mattoni del Kentucky da cui scorre fuori un ruscello, in cui il giocatore inizia la sua avventura. Questa descrizione è stata spesso paragonata a quella del Monte Fato che troviamo ne Il Ritorno Del Re, ma Woods -pur ammettendo che le sue letture di Tolkien sono antecedenti al suo lavoro su Adventure- ha sempre negato di essersi ispirato coscientemente ad essa.
Curiosamente questa stanza non ha nessuna funzione pratica nell'economia del gioco. Forse Woods l'aveva pensata come una specie di ricompensa per il giocatore così determinato da spingersi tanto in profondità.
Ma che tipo di sfide deve aver superato un giocatore arrivato tanto avanti nel gioco?
Io le divido in tre categorie.
La prima categoria è quella delle sfide logistiche o, se preferite, delle sfide emergenti.
Queste riguardano le difficoltà pratiche di trovare la propria strada fra le 140 stanze intrigatamente interconnesse che compongono il mondo di gioco di Adventure, riportando al contempo i 15 tesori nell'edificio in superficie, gestendo le limitate risorse energetiche della lanterna, facendo i conti con la limitata capacità di trasportare oggetti del nostro alter ego, e -più di tutto- tracciando mappe, su mappe, su mappe. Chiunque voglia spostarsi dentro il gioco deve pianificare la propria spedizione sotterranea proprio come avrebbe fatto la squadra speleologica di Crowther. Ho già abbondantemente spiegato che, secondo me, nella mentalità da speleologo di Crowther questo era il vero cuore del gioco, la sua vera sfida. Se vi sembra che stia esagerando, immaginatevi di giocare ad Adventure per la prima volta nel 1976 o nel 1977, senza avere nessuna nozione di come funzioni la geografia delle avventure testuali; immaginatevi intenti a cercare di capire come mappare quel labirinto, in quei tempi in cui il trucco "lascia-un-oggetto-in-ogni-stanza" non era ancora il pane quotidiano di ogni avventuriero...
Le opere di narrativa interattiva moderne avranno anche rigettato molti degli elementi di questa categoria, ma è innegabile che essi siano una parte essenziale di ciò che è Adventure e -mi sento di aggiungere- che essi siano anche una parte importante del fascino che Adventure esercitò su così tante persone nei tempi che furono.
Poi c'è la categoria degli enigmi buoni.
Si tratta di sfide semplici, lineari, risolvibili con un po' di logica normale e di buon senso. Alcuni esempi possono essere: la necessità di torvare un'altra uscita dalla caverna perché per le scale non riusciamo a portare fuori la pepita d'oro (che pepita dev'essere quella!); usare il tridente per aprire la conchiglia gigante; ecc.
Rispetto agli intrigati rompicapo che ci avrebbero offerto di lì a pochi anni la Infocom e le altre software house, questi sono enigmi decisamente "gentili".
E infine arriviamo alla categoria degli enigmi cattivi. Non ce ne sono molti, ma quelli che ci sono sono agghiaccianti.
C'è l'enigma del drago: quando il giocatore digita "UCCIDI DRAGO", il gioco risponde "CON COSA? A MANI NUDE?". A questo punto si deve digitare "SI", così che il gioco possa risponderci: "CONGRATULAZIONI! HAI APPENA SCONFITTO UN DRAGO A MANI NUDE! (INCREDIBILE, EH?)". Nel modo in cui sembra anticipare alcuni degli enigmi più ridicoli dell'inspiegabilmmente deliziosa The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy (che arriverà però tanti anni dopo), questo enigma a conti fatti risulta abbastanza simpatico da apparirci quasi perdonabile.
Lo stesso non si può però dire dell'ultimo enigma del gioco, nel quale ci si aspetta che il giocatore intuisca una specifica proprietà (che fino a quel punto non esisteva!) di quel "bastone nero con una stella arrugginita in punta", che il giocatore si sta portando dietro quasi fin dall'inizio del gioco. Il gioco si aspetta infatti che il giocatore faccia esplodere la sala di controllo di quello che a quel punto abbiamo ormai capito essere una specie di parco giochi e non un complesso di grotte naturali. Badate bene che il giocatore può digitare solo ed esclusivamente il comando "BLAST" e non anche altre soluzioni tipo "BLAST WITH ROD" ("FAI ESPLODERE CON IL BASTONE") o "WAVE ROD" ("AGITA IL BASTONE" [un comando ricorrente in tante avventure testuali, incluso Adventure e Zork, ed entrato a far parte della mitologia delle avventure testuali, ndTraduttore]). Almeno che non mi sia perso qualcosa, questa azione è del tutto immotivata. Si tratta forse del più limpido esempio esistente di "tira-a-indovina-a-caso-il-verbo giusto", nonché probabilmente del peggior enigma che io abbia mai visto, autentico monumento satirico dei peggiori luoghi comuni delle avventure testuali "old-school".
Imbattendoci in tali delizie, non si può che scuotere la testa, cercando di immaginarsi come sia possibile che si sia passati dagli enigmi della seconda categoria a quelli della terza, saltando a pié pari ogni gradazione intermedia. C'è da aggiungere che suona particolarmente strano imbattersi in enigmi di questo tipo, se consideriamo che -da certi punti di vista- Adventure è invece un gioco sorprendentemente amichevole e con un'ottima curva di apprendimento; pensate ad esempio al sistema di aiuti che dispensa automaticamente degli indizi se il giocatore si impantana troppo a lungo in una delle sue sezioni più complicate.
Forse possiamo rispondere a questa domanda valutando le possibilità concretamente a disposizione di Woods; non dobbiamo infatti dimenticarci che Adventure ha un modello di mondo estremamente semplicistico, abbinato a un parser a sole due parole. Un tale sistema impone un limite reale a quanto intrigati possono essere gli enigmi creati dall'autore. Perfino alcuni dei migliori enigmi di Adventure sono resi più frustranti, di quanto non sarebbero, dalle limitazioni imposte dal parser. Prendete ad esempio il caso dell'orso, che il giocatore può domare e portarsi dietro per spaventare il troll. Di per sé sarebbe un enigma abbastanza leale, se non fosse che il giocatore per risolverlo deve indovinare l'unica sintassi corretta disponibile: "PRENDI ORSO" (che poi -letteralmente parlando- non corrisponde nemmeno appieno all'azione che viene eseguita dal nostro alter ego).
La verità è che la tecnologia dietro Adventure forse può supportare solo due tipi di enigmi: quelli estremamente semplici e quelli palesemente iniqui. E del resto gli enigmi del tipo "guess the verb" sono sempre i più semplici da ideare...
Poi, ovviamente, c'è da mettere in conto le differenze culturali. È come se tutti si aspettassero che Adventure dovesse essere difficile, che completarlo dovesse rivelarsi un'impresa ardua. Da qui tutta l'enfasi che il gioco mette sul punteggio. Come per i cabinati dell'epoca, dove i giocatori confrontavano i risultati delle partite terminate in una "sconfitta", accontentandosi di essere arrivati almeno un po' più avanti del resto dell'ufficio. Chi era meno competitivo invece poteva formare delle squadre per risolvere insieme il gioco, logica conseguenza dei contesti altamente conviviali in cui erano inevitabilmente collocati i PDP-10.
Per finire non dobbiamo dimenticarci che gli sforzi del giocatore potevano indirizzarsi anche sul codice sorgente liberamente distribuito. Considerando che la maggior parte dei primi giocatori di Adventure furono hacker "hardcore", immagino che fu proprio così che l'assurdo enigma del verbo "BLAST" sia stato risolto per la prima volta (CORREZIONE: O forse con un debugger del linguaggio macchina. Tim Anderson, nella sua "History of Zork", afferma che questo metodo sia stato usato per capire come conquistare quel celebre "last lousy point" [cioé "l'ultimo disgustoso punto" che è quasi impossibile ottenere senza barare e che preclude la possibilità di finire l'avventura; ndTraduttore]. Da aneddoti come questi sembrerebbe anche che Adventure sia stato inizialmente distribuito in formato binario, e che il codice sorgente sia arrivato solo in un secondo momento.)
Mi sono dilungato su questi dettagli, perché credo che essi siano rilevanti non solo per la nostra comprensione di Adventure, ma anche per comprendere molti dei giochi di cui mi occuperò più avanti, molti dei quali saranno così frustranti che la maggior parte delle persone che li hanno giocati ancora oggi non riescono a menzionare le avvenutre testuali senza bestemmiare.
La prossima volta concluderò questa piccola mini-serie di articoli dedicati ad Adventure parlando dell'euforica accoglienza che ricevette e del suo lungo retaggio. Farò anche un preciso resoconto di chi dei due autori è responsabile di ogni aspetto del gioco finale, così finalmente saprete come dividere le vostri lodi e le vostre critiche.
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Nel 1977 Don Woods era uno studente della Stanford University quando sentì parlare per la prima volta di Adventure da un altro studente che vi si era imbattuto a più riprese, fra cui anche nei computer del sistema dello Stanford Medical Center. Come avesse fatto il gioco di Crowther ad arrivare dal suo datore di lavoro di allora (le BBN Technologies di Boston) fino alla California del nord è destinato a restare un mistero. Sappiamo però che Woods ne restò sufficientemente affascinato da procurarsene una copia e installarla sul minicomputer PDP-10 dello Stanford Artificial Intelligence Laboratory (SAIL), dove -da vero hacker quale era- passava la maggior parte del suo tempo.
Dopo averne esplorato le (limitate) profondità di quella versione, Woods maturò l'idea di riprenderne lo sviluppo da dove Crowther l'aveva lasciato e di finire il gioco. Purtroppo però aveva a disposizione solo l'eseguibile e non il codice sorgente in FORTRAN.
Quello che segue è una degli aneddoti più leggendari legati al mondo degli hacker, così divertente da meritarsi di essere ripetuto anche qui.
Il programma di Crowther (come potete verificare voi stessi, se lo desiderate) contenveva un solo indizio sulla sua origine: le istruzioni all'interno del gioco recitano nell'inimitabile prosa stringata di Crowther: "ERRORI, SUGGERIMENTI, LAMENTELE A CROWTHER." Evidentemente Crowther non si era mai neppure immaginato che il suo programma (tanto più nel stato incompleto in cui l'aveva lasciato) potesse uscire dal ristretto cerchio degli hacker della BBN, che ovviamente non potevano non sapere chi fosse e come contattare quel "CROWTHER". A complicare ulteriormente le cose c'era il fatto che Crowther, all'epoca in cui Woods scoprì Adventure, aveva già lasciato la BBN e stava lavorando per la Xerox in California (che sia stato proprio lui a portare Adventure sulla costa occidentale?).
La soluzione di Woods fu quella di inviare una mail a crowther@xxx, dove "xxx" stava per ogni singolo dominio di internet esistente a quell'epoca. Con quell'idea, oltre a essersi meritato sul campo il titolo di primo spammer della storia, Woods riuscì a rintracciare Crowther alla Xerox e ad assicurarsi il suo permesso di completare il gioco e (cosa ancora più importante!) il suo prezioso codice sorgente.
In quei giorni internet era un luogo ben più piccolo di oggi...
Quando scoprì Adventure, Woods doveva ancora compiere 23 anni, ma si era già assicurato un posto nella storia degli hacker co-creando il linguaggio di programmazione satirico chiamato INTERCAL, uno dei più bizzarri ed elaborati esempi di humor degli hacker.
In Hackers, Steven Levy dà molta importanza al presunto contrasto fra la cultura degli hacker della East Coast e della West Coast:
"La prima differenza risiede nel luogo: un vecchio centro congressi semicircolare, realizzato in cemento, vetro e legno di sequoia, adagiato sulle colline che guardano il campus della Stanford. Dentro l'edificio gli hacker lavoravano dietro ai sessantaquattro terminali sparpagliati per i vari uffici. Ben lontani dall'ambiente claustrofobico della Tech Square del MIT. Niente ascensori, niente assordante sibilio dell'aria condizionata. Lo stile rilassato non vi fece mai diffondere fino in fondo l'acredine (certo, talvolta, costruttiva) del MIT: le urla delle lezioni del Tech Model Railroad Club (TMRC), le guerre di religione fra studenti e hacker. Al posto dell'immaginario che pervadeva la Tech Square, fatto di battaglie e di fantascientifici duelli spaziali, quello della Stanford era costruito intorno alle delicate leggende di elfi, hobbit e stregoni di cui parlava J.R.R. Tolkien nella trilogia della Terra di Mezzo. Le stanze del laboratorio di intelligenza artificiale avevano il nome di luoghi della Terra di Mezzo e la stampante del SAIL era stata modificata per poter stampare tre diversi font elfici."
La mia personale sensazione è che Levy probabilmente enfatizzi troppo la divisione culturale fra i conservatori dai capelli a spazzola che, ammassati dentro al MIT, impazzivano per i libri di Heinlein e i gentili tizi appassionati di Tolkien. Infatti i due gruppi avevano anche molte preferenze in comune in fatto di hardware (sistemi DEC PDP), di sistemi operativi (TOPS-10), di linguaggi di programmazione (niente BASIC, please!), e -più in generale- di come "dovessero" essere usati i computer; questo li avvicinava fra loro molto più di quanto i due gruppi non assomigliassero invece ai populisti della People’s Computer Company.
Nonostante questo ritengo che possiamo trovare delle differenze nell'approccio che Crowther e Woods avevano con la programmazione; differenze che non posso essere ricondotte solo alla geografia, quanto piuttosto al periodo storico in cui ognuno di loro ha operato.
Prima di affrontare questo argomento, però, lasciatemi fare un passo indietro per introdurre un po' di background tecnico.
Adventure girava su un PDP-10 con sistema operativo TOPS-10. Come ho già spiegato in precedenza, per almeno 20 anni -dal 1960 al 1980- le macchine della DEC sono state indiscutibilmente le favorite degli hacker. Sia le macchine, che la compagnia che le faceva, erano profondamente innovative: abbastanza grandi da riuscire a restare al passo con i tempi, ma anche abbastanza piccole da essere flessibili. Ma (cosa ancora più importante) la DEC non solo comprendeva gli ideali degli hacker, ma li abbracciava anche, usando strutture di ricerca assolutamente all'avanguardia (come i laboratori del MIT e della Stanford) per mettere a punto e addirittura per sviluppare sia il software che l'hardware, arrivando talvolta ad assumere gli esponenti migliori e più competenti di quel mondo. Il divario con un colosso borioso e serioso come l'IBM difficilmente poteva essere più ampio. Nel frattempo il TOPS-10 divenne amato al pari dell'hardware su cui girava, essendo stato sviluppato e rifinito dalla DEC dagli anni '60, senza interruzioni e con l'assistenza attiva della community degli hacker. Finché non fu rimpiazzato da Unix e dal successore della stessa DEC (il sistema operativo TOPS-20), cosa che all'inizio del 1977 era già iniziata lentamente ad accadere, il TOPS-10 era per definizione il sistema operativo degli hacker.
Adventure fu scritto in FORTRAN (Formula Translating System), un linguaggio di programmazione che era già vecchio quando Crowther e Woods lo usarono. Esso fu infatti il primo significativo linguaggio di programmazione ad alto livello mai creato, essendo stato introdotto dall'IBM sui suoi sistemi mainframe alla fine degli anni '50. La versione usata da Crowther e Woods rispettava il così detto "standard FORTRAN IV", che risaliva al 1965. Nonostante l'avversione degli hacker per il BASIC, il FORTRAN IV non era poi tanto meglio, considerato che -se si voleva davvero ottenere qualche risultato- esso richiedeva ancora i numeri di linea e un copioso uso delle odiate "GOTO statement". Di certo era particolarmente inadatto a scrivere un'avventura testuale, non prevedendo praticamente nessuna capacità di immagazzinamento o manipolazione del testo. Fu proprio per questo motivo che Crowther decise di mettere tutto il testo del gioco in un file esterno: in quel modo era semplicemente più facile da gestire. Ironicamente il FORTRAN 77 (una significativa espansione del linguaggio, che introduceva le "string variables" e tantissimi altri miglioramenti) fu pubblicato lo stesso anno in cui Woods completò Adventure, ormai troppo tardi per essere utilizzato nel progetto.
Ma allora, perché usare il FORTRAN? Beh, oltre al FORTRAN e al linguaggio assembly (in cui sarebbe stato noiosissimo implementare un programma come Adventure), a quei tempi i normali linguaggi di programmazione per il TOPS-10 includevono solo il denigrato BASIC e l'ancora più disprezzato COBOL (un linguaggio rigidamente inflessibile, progettato per il "batch processing" non interattivo - per esempio per la fatturazione o per altre ripetitive mansioni di calcolo, del tutto prive di interesse agli occhi degli hacker). Con uno sfoggio di un copioso livore, o di un singolare umorismo, Edsger Dijkstra sul COBOL ha fatto un dichiarazione del tutto simile a quella che aveva fatto sul BASIC: "L'uso di COBOL storpia la mente e quindi il suo insegnamento dovrebbe essere considerato reato."
La scelta non poteva che cadere sul FORTRAN.
Crowther e Wood avranno anche lavorato con il medesimo linguaggio di programmazione, ma le differenze nel loro stile di programmazione sono immense. Il codice sorgente originale di Crowther è di per sé un "maze of twisty little passages", un enorme piatto di "spaghetti code" commentato solo in modo sporadico e breve. È certamente efficiente, ma altrettano certamente non è né leggibile, né mantenibile se non da Crowther.
La versione finale di Adventure scritta da Woods è, all'opposto, un modello di chiarezza: commentata frequentemente e con dovizia di particolari, nonché strutturata nel modo più pulito e logico che i limitati strumenti di FORTRAN IV gli consentivono. Considerate le limitazioni a cui doveva sottostare Woods, possiamo affermare che il suo codice sia una vera gioia da leggere. Anzi, la sua chiarezza potrebbe aiutarci a spiegare perché Adventure sia stato così rapidamente e così frequentemente converitto per altri linguaggi e altre piattaforme: il codice di Woods è fatto in modo tale che una conversione si rivela quasi un mero esercizio meccanico.
Non è ovviamente mia intenzione confrontare un programma completo con uno incompleto, perché significherebbe fare un torto a Crowther; del resto è improbabile che, mentre lo scriveva, il codice di Woods fosse pulito e leggibile come invece ci appare nella sua versione pubblicata. Tuttavia credo che ci siano comunque alcune considerazioni da fare in merito.
In questa differenza di stile scorgiamo almeno in parte una differenza di personalità; del resto Crowther aveva fama di essere un programmatore brillante ma solitario, e non credo che fosse il tipo di persona interessata a spiegare agli altri ciò che stava facendo o a coccolare coloro che avessero voluto seguire le sue orme.
Senza dimenticare poi che Crowther e Woods appartengono a due diverse generazioni di hacker. Crowther si è formato negli anni '60, quando le regole di un programazione "corretta" erano ancora in gran parte da scrivere e tutta l'enfasi del mestiere era rivolta a ottenere ciò che si desiderava, in qualunque modo il primitivo hardware del tempo potesse essere convinto a farlo. Woods invece si è formato negli anni '70, quando l'importanza della struttura, della leggibilità e della manutenibilità del codice erano ormai chiare e gli scienziati del computer stavano iniziando a gettare le basi di quelle regole di buona programmazione che -con qualche aggiunta- ancora oggi seguiamo.
A seguire qualche osservazione tratta giocando la versione completata di Adventure.
Se desiderate giocare alla versione completa di Adventure, sappiate che è possibile farlo in italiano grazie all'ottima traduzione di Giovanni Riccardi, basata sull’adattamento di Adventure per Inform realizzato da Graham Nelson (Advent 961209).
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- TOPS-10 in a Box
All'interno della community dell'IF (e anche in certi ambienti accademici) si è sollevato un certo interesse, specie dopo la scoperta a opera di Dennis Jerz del codice sorgente dell'originale Adventure, nello sperimentare il software per il PDP-10 nella sua forma originale. La buona notizia è che, grazie a progetti come SIMH e ad archivi come bitsavers.org, adesso abbiamo gli strumenti per ricreare la storia sui nostri moderni PC. La cattiva notizia però è che far funzionare tutto a dovere rischia di rivelarsi difficoltoso per chi in quegli anni non è stato un amministratore di quei sistemi...
Essendomi recentemente immerso in queste torbide acque, ed essendo finalmente riemerso con un sistema funzionante di cui mi ritengo soddisfatto, ho pensato che forse sarei potuto essere d'aiuto a qualcuno mettendo a disposizione un'istallazione "one-click" di un PDP-10 con TOPS-10.
Quindi, eccolo qui: TOPS-10 in a Box, in un'installazione tipica degli anni 1976-1983.
Oltre a un sistema operativo TOPS-10 completo e "in salute", questa distribuzione include anche compilatori FORTRAN e BASIC, nonché -cosa che sarà massimamente apprezzata dai lettori di questo blog- l'Adventure completo, sia nella versione originale di Crowther che in quella di Woods, sia come codice sorgente che come eseguibile. Adesso anche voi potrete sperimentare queste reliquie nelle loro incarnazioni originali. L'Adventure completo del 1977 è particolarmente interessante da sperimentare sulla sua macchina nativa in virtù delle sue "cave hours", del suo "magic mode" e del suo strano sistema di salvataggio [tutte caratteristiche di cui The Digital Antiquarian parlerà nei prossimi post, ndTraduttore].
In più dovrebbe rivelarsi utile anche come un buon "sistema di partenza" per configurazioni personalizzate del TOPS-10, su cui installare giochi o perfino programmi (circola una strana voce secondo cui l'intrattenimento non fosse lo scopo principale del PDP-10, ma io non ci credo...). Ovviamente per farlo dovrete imparare a conoscere un po' meglio SIMH e il TOPS-10, ma la mia configurazione dovrebbe comunque essere un buon punto da cui partire.
Il file readme incluso con il download dovrebbe contenere tutte le informazioni che vi servono. Tenete però presente che dovrete procurarvi un altro software, l'emulatore SIMH vero e proprio, e che questa distribuzione non è piccola: è un download da 60 mq in forma compressa, che richiede 300 mb di spazio sull'hard disk. È una cosa per viaggiatori del tempo hardcore - ma forse qualcuno di voi, che trova affascinante quanto me questa finestra sul passato, ne farà un buon uso.
The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
Se anche voi apprezzerete questo interessantissimo blog, non mancate di visitare la pagina ufficiale (in lingua inglese) e di sostenerlo tramite Patreon!
Articoli precedenti:
- Sulle tracce di The Oregon Trail
- In difesa del BASIC
- A Caccia del Wumpus
- L'Avventura di Will Crowther
Di quello che diverrà il gioco completo, che in così tanti giocheranno in seguito, l'Adventure originale di Crowther implementa (e solo in parte) la sezione all'aperto e il primo livello sotterraneo. L'espolorazione si esaurisce quindi intorno alla stanza "Complex Junction", dove un cartello reca scritto: "OLTRE QUESTO PUNTO LA GROTTA È IN COSTRUZIONE. PROCEDETE A VOSTRO RISCHIO." E non scherza: da quel punto in poi le connessioni fra le stanze si fanno caotiche e certe uscite addirittura ci riportano inspiegabilmente nelle location all'aperto.
Al di là della sfida esplorativa (costantemente presente) in realtà non è che in questa versione ci sia poi molto gameplay. Tuttavia possiamo affermare che Crowther abbia comunque gettato le basi per le migliaia di avventure testuali che seguiranno, riuscendo perfino a includere qualche semplice puzzle e -ebbene sì!- anche un labirinto!
In un certo senso ci si potrebbe spingere ad affermare che l'intero Adventure sia un unico grande labirinto. La sfida principale che ci viene proposta è di gran lunga il comprendere e lo spostarsi attraverso i vari nodi (le "stanze") fra loro interconnessi, che nel loro insieme compongono il mondo di gioco. A ben vedere anche i pochi semplici enigmi che presenta ruotano intorno al movimento: per poter superare La Sala del Re della Montagna dobbiamo occuparci del serpente; per portare fuori l'oro dobbiamo trovare un'uscita alternativa dalla grotta; ecc.
Tutto questo potrà sembrare strano, poco gradevole o addirittura noioso per noi giocatori odierni - o, per lo meno, per coloro di noi che sono immersi nell'IF moderna (incentrata intorno alla creazione di un'esperienza narrativa che sia innanzitutto gradevole per il giocatore).
La vera domanda, però, è: Crowther intendeva creare un'esperienza narrativa, oppure no? Io penso di no.
Crowther è una persona estremamente riservata, poco incline a ripercorrere il passato o a discutere del proprio lavoro, e quindi non ci sono molte testimonianze dirette su ciò che aveva in mente quando creò Adventure.
Tuttavia a fornirci degli indizi in questo senso è il testo che ci viene mostrato se digitiamo il comando HELP all'interno del gioco:
È interessante che Crowther abbiamo posto l'aspetto geografico così in primo piano e solo in seconda battuta accenni alla possibilità di manipolare "alcuni oggetti speciali".
Da vero hacker quale era, Crowther quasi certamente doveva essersi imbattuto in Hunt the Wumpus. Personalmente ritengo che inizialmente Adventure dovesse essere l'ennesima iterazione dell'idea di Yob di "un gioco per computer dotato di uno spazio topologico" e che -con ogni probabilità- continuò a esserlo nella testa di Crowther finché non ne abbandonò lo sviluppo. È assolutamente possibile, se non addirittura probabile, che le direzioni cardinali (intese come comandi per spostarsi fra gli ambienti) siano un'aggiunta abbastanza tardiva e che Crowther inizialmente intendesse far navigare il giocatore interamente tramite l'intuizione della parole chiave, che lo avrebbero portato da una location all'altra, facendo ancora di più della navigazione l'elemento centrale del gioco.
Anche se Dennis Jerz ha parlato con una persona che afferma di ricordarsi dell'esistenza delle direzioni cardinali fin dall'inizio dello sviluppo, è ben possibile che costui si ricordi male; dalla lettura del codice sorgente infatti sembra quasi certo che esse siano un'aggiunta dell'ultimo minuto -se non addirittura l'ultima aggiunta in assoluto-, forse implementata dopo aver realizzato quanto rischiasse di diventare improponibile una navigazione tramite parole chiave all'interno di un labirintico complesso sotterraneo composto da decine di stanze simili.
Al tempo stesso è indubbio che la geografia fosse un pensiero fisso nella mente di Crowther, che era anche speleologo: una questione di vita o di morte per chi si trova sottoterra. Non a caso la connessione domestica tramite telescrivente, con cui Crowther ha sviluppato Adventure, era probabilmente la stessa che ha usato anche per inserire i dati raccolti durante le sue spedizioni speleologiche e per tracciare le mappe della vera Mammoth Cave a vantaggio degli altri speleologi.
Ma quanto è davvero importante il modo in cui Crowther ha concepito il suo gioco? Forse non molto
Tuttavia vale la pena ricordare che le aspettative dei giocatori e degli autori di allora erano molto diverse da quelle odierne, il che può spiegare certe cose che gli autori facevano e che i giocatori apparentemente apprezzavano (e che oggi invece ci fanno infuriare). Questo è un punto su cui intendo tornare quando esaminerò altre opere storiche.
Alcuni studiosi hanno recentemente avanzato l'idea che i videogiochi siano innanzitutto l'esperienza di uno spazio, spingendosi fino a definirli una forma di architettura. È un'idea interessante, che trova ulteriori conferme se la valutiamo alla luce di queste prime opere di narrativa interattiva. Non sono ancora certo di come conciliare quest'idea con altre mie considerazioni in merito, ma ora -alla luce della mia esperienza con Adventure- le dò certamente un peso nuovo.
Al di là di queste considerazioni astratte, è innegabile che questa prima iterazione di Adventure abbia un suo fascino maestoso, che mi è difficile spiegare a parole. Crowther non era uno scrittore, non avendone né il talento né l'inclinazione, ma le sue descrizioni essenziali e concise recano con sé il segno di qualcuno che conosce davvero bene l'ambiente di cui sta scrivendo. Questo dona al suo gioco, nonostante i limiti del gioco stesso, una certa verosimiglianza che invece manca in molte delle più rifinite iterazioni che seguiranno negli anni successivi.
Ora però è giunto il momento di andare a vedere come Woods è stato capace di costruire intorno al nucleo così solido creato da Crowther.
The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
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- Sulle tracce di The Oregon Trail
- In difesa del BASIC
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- L'Avventura di Crowther
- TOPS-10 in a Box
Cosa possiamo dire di Adventure che non sia già stato detto?
Adventure è stato giustamente eletto a opera prima, non solo della narrativa interattiva testuale, ma anche di tutta una serie di moderni videogiochi mainstream (per esempio se facciamo risalire World of Warcraft fino a Ultima Online, e questo al MUD di Richard Bartle, per questa via si arriva inevitabilmente ad Adventure). Negli anni Adventure ha ricevuto la sua dose di studi, dall'essenziale tesi di dottorato di ricerca del 1985 di Mary Ann Buckles ("Interactive Fiction: The Computer Storygame Adventure") fino al superbo articolo di Dennis Jerz del 2007 scritto per Digital Humanities Quarterly ("Somewhere Nearby is Colossal Cave"). Nonostante questo, poiché questo blog si è trasformato -senza che me ne rendessi interamente conto- in uno studio delle origini della narrativa digitale, ho deciso di occuparmi anche io della sua storia.
Avendolo recentemente giocato nella sua forma originale (quella creata da Crowther e riportata alla luce da Jerz nel corso delle sue ricerche per l'articolo di cui sopra) mi unisco a Jason Dyer e dico la mia sull'esperienza che ne ho tratto. Contestualmente, per chi fosse interessato, cercherò di rendere il più semplice possibile l'accesso a quella prima versione del gioco.
I contorni della storia di Adventure con ogni probabilità saranno già noti a chi legge questo articolo, ma permettetemi di riassumerli in breve:
Nel 1975 un programmatore e speleologo per hobby chiamato Will Crowther si era appena divorziato. Sentendo la mancanza delle figlie e sentendosi più in generale privo di uno scopo, iniziò a scrivere un gioco nel tempo libero con la vaga intenzione di condividerlo con le due figlie, che ormai vivevano con la madre e di cui sentiva disperatamente la mancanza. Il gioco, che chiamò Adventure ("Avventura"), metteva insieme i suoi tre principali interessi: la programmazione, l'esplorazione delle grotte, e la passione per un nuovo gioco da tavolo chiamato Dungeons and Dragons.
Come fu possibile unire queste tre cose in un unico gioco?
Semplice: il giocatore avrebbe esplorato un ambiente vagamente ispirato al "ramo Bedquilt" della Mammoth Cave del Kentucky, che Crowther stesso aveva laboriosamente impiegato anni a esplorare e mappare; nel farlo si sarebbe imbattuto in tesori e creature tratte da D&D; e per finire il gioco avrebbe dovuto risolvere complicati enigmi che lo avrebbero costantemente costretto a prestare la massima attenzione a ogni dettaglio (proprio come fa un programmatore).
Crowther aveva appena inventato la prima avventura testuale del mondo, creando nel contempo un prototipo i cui elementi essenziali avrebbero caratterizzato il genere fino ai giorni nostri.
Questo a grandi linee; ma facciamo per un momento un passo indietro: chi era Will Crowther?
Where Wizards Stay Up Late, la storia dello sviluppo di ARPANET (il predecessore del moderno internet) scritta da Katie Hafner e Matthew Lyon, ci dà un buon ritratto di Crowther. Le sue eccentricità ci appaiano quasi come una elenco preciso delle caratteristiche che contraddistinguono un buon hacker. Vale a dire:
Utilizzava la comunicazione non-verbale in modo inquietante e raramente mostrava le proprie emozioni. Si rifiutava per qualunque ragione di vestirsi elegantemente, arrivando addirittura a incontrare gli Stati Maggiori Riuniti del Pentagono in scarpe da ginnastica. Era "rinomato per essere schizzinoso con il cibo (con lui qualsiasi cosa si spingesse oltre il livello culinario di un normalissimo "bologna sandwich" rischiava di restare nel piatto), al punto di essere un ospite o un compagno di cena impossibile."
Nonostante questo, Crowther era anche un nerd con alcuni tratti molto insoliti. Per prima cosa amava le avventure all'aperto, in particolare le arrampicate e -ovviamente- l'esplorazione delle grotte. Come si addice a un vero avventuriero, si teneva sempre in ottima forma, in parte anche restando appeso per ore alla cornice della porta del suo ufficio. E, cosa più sorprendente di tutte, giurava di non aver "mai toccato" una bevanda gassata.
I comportamenti eccentrici di Crowther venivano tollerati in virtù della brillantezza della sua mente. La pagina di Wikipedia di Crowther riferisce che: "È meglio conosciuto per essere il co-creatore di Colossal Cave Adventure." Il che è assolutamente vero, anche se è ingiusto nei suoi confronti che la pagina a lui dedicata sia dominata da Adventure e dalla speleologia, visto e considerato che Crowther avrebbe comunque avuto un ruolo di massima importanza nella storia dei computer anche se non avesse mai scritto Adventure.
Crowther infatti fu un elemento essenziale del minuscolo team che, alla fine degli anni '60, gettò le fondamenta del moderno internet. Fu lui a scrivere il software che girava sugli Interface Message Processors (IMPs), i computer che spostavano i dati sulla nascente rete ARPANET; in altre parole fu lui a scrivere il firmware dei primi router della storia. Era un programmatore maledettamente bravo, "che i suoi stessi colleghi annoveravano all'interno dell'uno per cento dei migliori programmatori del mondo", riconoscendogli un particolare genio nello scrivere codice incredibilmente compatto ed efficiente (abilità assai preziosa in quei giorni in cui la memoria e la capacità computazionale erano assurdamente limitate). Se aveva un difetto, era che egli era più interessato a creare prototipi (cioè a mostrare che una cosa poteva funzionare e come), piuttosto che nel fare il lavoro duro e spesso noioso di rifinitura, necessario per avere un programma davvero finito e pronto per la produzione.
Se mettiamo tutto questo insieme, iniziamo a capire come sia stato possibile che Crowther abbia creato quasi di getto l'interactive fiction in una forma così completa... per poi abbandonarla altrettanto di getto quando (presumibilmente) gli si presentò un problema più interessante.
The Digital Antiquarian è un blog, scritto da Jimmy Maher, che si occupa di storia e di cultura del videogioco partendo dall'analisi di singoli videogiochi. OldGamesItalia è lieta di presentarvi la traduzione italiana, autorizzata dall'autore!
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All'inizio era il Verbo
Quando i personal computer potevano contare su pochi KB di memoria, in ambito videoludico al termine “avventura” si accompagnava quasi esclusivamente l’aggettivo “testuale”. Era l’epoca d’oro dell’Interactive Fiction, iniziata nel 1976 con la creazione di Colossal Cave Adventure da parte di Will Crowther, un programmatore con la passione per la speleologia. Unendo l’utile al dilettevole, Crowther elaborò una dettagliata copia virtuale di una grotta che si trova in Kentucky (la Mammoth Cave), in modo tale che le sue figlie potessero esplorarne i recessi senza correre pericoli reali. Non c’era nessun elemento grafico a impreziosire le descrizioni testuali di quei cunicoli sotterranei e l’unico modo per interagire con il mondo di gioco era digitare dei semplici comandi tramite tastiera.
Oggi la cosa può sembrare scomoda e noiosa, ma in quegli anni il gioco ebbe un enorme successo e ben presto si moltiplicarono i tentativi di replicare la struttura di gioco di Colossal Cave. Da uno di questi esperimenti, nel 1979 nacque Zork, la prima avventura testuale di una neonata software house che da lì in poi avrebbe sfornato un incredibile numero di successi, tanto da meritarsi il titolo di regina dell’Interactive Fiction: la Infocom. Nel giro di pochi mesi, le caverne descritte nei primi giochi e il gameplay da “caccia al tesoro” degli esordi diventarono troppo stretti per contenere l’inventiva dei creatori di avventure testuali e si iniziarono a esplorare scenari nuovi, sempre più spesso presi in prestito dalla narrativa classica: fantascienza, commedia, detective-story e horror divennero fonti da cui attingere a piene mani per ricreare mondi virtuali dove accogliere enigmi sempre più complessi.
Le meccaniche di gioco si raffinarono, l’interazione con il mondo di gioco si fece più approfondita e le libertà concesse al giocatore divennero sempre più ampie.
la schermata iniziale di Colossal Cave Adventure, accanto al suo creatore
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