The Dreamhold è un'avventura testuale scritta da Andrew Plotkin (autore fra gli altri di Shade e Hadean Lands) e ha vinto i premi "Best Puzzles" e "Best Use of Medium" agli XYZZY Awards del 2004.
Questa avventura testuale è pensata con un occhio di riguardo per i principianti del genere. Questo non si traduce in un gioco semplice, ma piuttosto in un gioco che adotta una serie di accorgimenti che consentano di scalare la difficoltà dell'avventura.
Per prima cosa bisogna dire che The Dreamhold è stata forse la prima AT a prevedere un tutorial che accompagni il giocatore per una buona metà del gioco, introducendolo gradualmente ai meccanismi delle avventure testuali. Il tutorial non è invadente e può anche essere disattivato. È scritto molto bene e può essere effettivamente una valida introduzione per i principianti.
Il gioco prevede poi due modalità di gioco: semplice e difficile. Gli enigmi di entrambe le modalità sono praticamente gli stessi (quindi giocando in modalità semplice non ci si perderà niente del gioco), solo che in modalità difficile per compiere la medesima azione possono essere richieste più azioni minori, che necessitano magari di verbi desueti (es. per bere da una bottiglia potrebbe essere prima necessario stapparla).
All'atto pratico si rivela un'ottima idea, implementata alla perfezione da Plotkin, e che ricorda un po' i due livelli di difficoltà di Monkey Island 2.
Il terzo aspetto, che la rende particolarmente adatta ai neofiti, sono i tanti livelli di profondità a cui può essere giocata e l'elevato tasso di rigiocabilità.
Al riguardo per prima cosa spiccano i vari finali alternativi (3 sono quelli che ho trovato io, ma credo ce ne siano altri!), di cui solo uno è raggiungibile facilmente. Gli altri finali sono assai più difficili da trovare e da sbloccare, e richiedono una serie di azioni completamente diverse l'uno dall'altro. Affascinante e complicato.
Il gioco ha poi tutta una serie di obbiettivi secondari, facoltativi, che arricchiscono e prolungano l'esperienza di gioco. Ci sono in particolare tutta una serie di oggetti segreti da trovare: quasi dei "collectibles" che dovrebbero permettere di sbloccare un ulteriore finale.
Più in generale, e qui sta forse la forza segreta di questo titolo, in The Dreamhold c'è *infinitamente* di più di quanto non appaia a prima vista nel corso di una prima partita superficiale.
Il giocatore esperto e un po' distratto potrebbe finirla in poche ore e... perdersi gran parte dei suoi contenuti! Oltre ai contenuti enigmistici meno apparenti (finali alternativi, oggetti segreti facoltativi, ecc.), ci sono anche tantissimi elementi di contorno che il giocatore distratto rischia di perdersi (es. ci sono un sacco di interazioni possibili che a prima vista non si notano e non si immaginano nemmeno).
La cosa piacevolmente sorprendente è che a tutto questo materiale non c'è alcun riferimento esplicito nel gioco. Ad esempio non ci sono praticamente indizi che suggeriscano l'esistenza di più finali.
Una scelta coraggiosissima da parte di Plotkin, che riesce a sorprendere e stupire il giocatore che ha il tempo e la determinazione per approfondire il gioco.
Vale la pena aggiungere che il gioco trae abbastanza palesemente ispirazione da Myst, di cui ricalca in modo originale le atmosfere, con un miscuglio di fantasiosi elementi naturalistici, magici e meccanici.
Così come in Myst la trama vera e propria, piuttosto debole, la si scopre solo giocando e sempre e solo a piccole gocce.
Allo stesso modo, quello che a prima vista appare come un ricchissimo background, si rivela essere "solo" un background: un coloratissimo sfondo alle nostre vicende, abbastanza slegato da esse, e che lascia volutamente in sospeso un sacco di domande.
Quel che conta è che The Dreamhold più che per la sua storia si fa apprezzare per la sua atmosfera e per la sua segreta complessità.
Segnalo che il gioco è gratuito o a pagamento per iOS, dove è distribuito tramite la piattaforma sviluppata da Andrew Plotkin stesso. La versione per iOS introduce un sistema di automapping e un sistema di Achievement (che in questo caso non è fine a sé stesso, perché ha la funzione di anticipare al giocatore quegli obbiettivi che altrimenti non sarebbe facile scoprire da soli dentro il gioco).
The Dreamhold è un gioco di prima grandezza.
Grande atmosfera. Grandi enigmi. Grandissima implementazione.
Tuttavia non è un'AT che posso consigliare a tutti: l'atmosfera "alla Myst", la storia blanda, gli enigmi "cervellotici", i vari contenuti nascosti, e i tanti dubbi sul background che restano aperti... sono tutti elementi troppo particolari per poter piacere a tutti.
Da provare.
Bronze è un'avventura testuale ambientata nell'universo de La Bella E La Bestia, spingendosi oltre i canoni del film della Disney, ma anzi pescando a piene mani nel grande repertorio (che include anche un altro videogioco) di storie originate dalla fiaba europea (forse attribuibile a Apuleio).
Questa avventura è un'opera di Emily Short, il cui nome appartiene di diritto alla schiera degli autori di interactive fiction più importanti e famosi di sempre. E Bronze si rivela sicuramente all'altezza della fama della sua autrice.
La qualità della scrittura è sempre elevatissima, così come in tutto il gioco non c'è una singola indecisione tecnica o imprecisione o incongruenza. Tutto è perfettamente limato e presentato nel migliore dei modi, facendo raggiungere a questo prodotto amatoriale uno standard qualitativo indiscutibilmente professionale.
Trattasi di un'avventura di stampo abbastanza classico, con circa cinquanta location da esplorare e tantissimi enigmi che richiedono l'utilizzo di oggetti e costanti spostamenti sulla mappa.
Tuttavia (ed è questo forse l'elemento d'interesse principale per questo gioco) è stata posta un'attenzione enorme nel ripulire il gameplay di Bronze da ogni elemento vetusto e frustrante, in un palese tentativo di svecchiare il genere e renderlo fruibile ad un pubblico più vasto. Allora era il 2006 e qualche anno più tardi il medesimo obbiettivo è forse un po' più vicino grazie alle nuove piattaforme di sviluppo (Twine, Inkle, ecc.); tuttavia il tentativo di Bronze conseguì tutta una serie di risultati interessantissimi, segnando un nuovo standard nella fruibilità di un titolo scritto in Inform.
Per prima cosa il gioco è stato ripulito di tutti quegli elementi di gameplay che hanno fatto la storia del genere, ma che non sono più al passo con i tempi: niente labirinti, niente limiti mortali (di tempo, di durata delle fonti di luce, di necessità di sfamare il protagonista, ecc.), niente vicoli ciechi, nessun limite massimo agli oggetti trasportabili.
Poi in ogni location il parser non solo ci indicherà con chiarezza le uscite disponibili, ma terrà anche traccia di quelle che abbiamo già visitato. E un apposito indicatore ci aggiornerà costantemente su quante "stanze" dobbiamo ancora scoprire. Comodissimo, specie per chi non è ancora un mappatore esperto!
A questo si aggiunge la possibilità di spostarsi automaticamente da una location all'altra, senza dover fisicamente spostarsi per tutte le location intermedie (">VAI IN STANZA X"). Oltretutto il gioco restituisce una descrizione generata sul momento di tutto il percorso fatto. La logica dietro questi spostamenti automatici è veramente notevole, anche considerato il gran numero di location disposte su più piani e il fatto che alcune circostante possano rendere impossibile lo spostamento.
C'è poi un tutorial che aiuta i principianti a prendere confidenza col parser. Questa non è una novità (il primato spetta probabilmente a Plotkin con The Dreamhold del 2004), ma anche in questo caso l'implementazione è eccellente.
Per finire vale la pena citare anche il sistema di suggerimenti in-game, implementato con grandissima classe attraverso il comando ">THINK ABOUT", che oltre a darci tutta una serie di suggerimenti graduali, lo fa sotto forma di ragionamento della protagonista.
Le premesse tecniche e qualitative per un grande gioco ci sono tutte, però devo confessare che Bronze non mi ha fatto innamorare come avrebbe potuto.
Per prima cosa a causa dell'ambientazione: troppo peculiare per poter piacere a tutti, non sono proprio riuscito a farmi trascinare per davvero nel mondo di gioco. Il risultato è stato che verso metà gioco ho perso il mordente per affrontare al meglio le sfide che il gioco mi proponeva.
Stesso discorso per gli enigmi: alcuni sono davvero ben congeniati e implementati, ma troppi altri si basano invece sulla consultazione sisteamtica di vari oggetti. Pratica noiosa, che richiede qualche tempo e che distrae dall'azione vera e propria. Rientra dalla finestra quella frustrazione che avevamo fatto uscire dalla porta.
Bronze è buon gioco. Ma lo è di più come tecnica e implementazione, che come reparto enigmistico e capacità di coinvolgere il giocatore.
Da provare (anche per i principianti), ma non piacerà a tutti.
Visita il sito ufficiale del gioco
Consulta la nostra mappa delle location del gioco (con spoiler)
The Warbler's Nest è un esempio perfetto di come il mezzo interactive fiction possa essere usato con successo per raccontare una short story interessante e intelligente.
Scritta da Jason McIntosh per l'Interactive Fiction Competition del 2010, ha vinto il premio di "Best Story" agli XYZZY Award di quell'anno.
The Warbler's Nest è un'avventura testuale breve, che potrete terminare in un'ora di gioco. È composta da una manciata di location (che non richiedono mappatura) e il gameplay è basato solo su qualche semplice enigma non invadente e del tutto funzionale alla storia.
La realizzazione tecnica è molto buona, con ogni comando implementato perfettamente e senza alcuna incongruenza.
Stesso dicasi per la qualità della scrittura, che è di ottimo livello per tutto il gioco.
Il gioco è distribuito gratuitamente, oppure è in vendita per una cifra irrisoria (99 centesimi) per iOS, dove si appoggia all'engine appositamente sviluppato da Andrew Plotkin.
The Warbler's Nest è la storia di una graduale presa di coscienza di un fatto particolarmente increscioso, che costringerà il protagonista e il giocatore a prendere una scelta particolarmente dolorosa, che rappresenterà anche il finale del gioco.
Questo percorso è reso magnificamente attraverso un semplice espediente narrativo che all'inizio del gioco separa la figura del protagonista da quella del giocatore: il personaggio che interpretiamo è a conoscenza di tutti i fatti, mentre noi giocatori siamo all'oscuro di tutto. Il gioco diventa quindi una lenta comprensione da parte del giocatore di ciò che è accaduto e sta accadendo; quando questa comprensione sarà completa, sarà il momento di compiere la scelta.
In base alla scelta che faremo, il gioco ci offrirà finali diversi.
Interessante anche il modo in cui, mano a mano che prendiamo consapevolezza di ciò che sta succedendo, il setting assumerà sfumature nuove, passando dall'iniziale ambientazione naturalistica ad una storia fiabesca che affonda le sue radici nel folklore nord-europeo.
Una storia breve e emozionante. Non posso che consigliare The Warbler's Nest a chiunque abbia voglia di fare una breve lettura originale e interessante.
Manca Solo un Verso a Quella Poesia è un'avventura testuale scritta da Mariano Sassi, primo capitolo di una trilogia a cavallo fra il fantasy e il fiabesco. Scherzando sul nostro forum, più volte il Diavolo dei Crocicchi ha affermato di essersi "venduto" ad un genere più commerciale rispetto alle atmosfere esistenzialiste del suo gioco d'esordio (La vita? Non venitemi a parlare della vita). Come sempre però quando c'è di mezzo il Diavolo dei Crocicchi, la verità non è solo quella che appare e ogni frase cela un'altra verità. Diavolo dei Crocicchi non si è (s)venduto al genere fantasy, ma anzi ne ha saputo dare una personalissima interpretazione assai originale.
Ed è proprio nell'originalità del setting che sta, a mio giudizio, l'aspetto più significativo e affascinante dell'opera.
Personalmente sono appassionato da sempre di fantasy e da molti anni ormai non è più facile sorprendermi con personaggi o ambientazioni nuove.
Devo dire che Manca Solo un Verso a Quella Poesia c'è riuscito.
C'è un'ingenuità e una purezza di fondo nelle immagini contenute in questo gioco che mi ha autenticamente disarmato e affascinato.
Un aria leggera (anzi, una "Variazione Goldberg") aleggia nelle location di questo mondo oltre il Nulla, che si attraversano con lo stesso spirito e la stessa spensieratezza con cui si fa una passeggiata in campagna.
Ho trovato questa atmosfera un autentico rimedio contro un certo fantasy americano, serioso e impegnato, fatto di spade lunghe fiammeggianti del colpo infuocato +4 e di mostruosi elfi scuri malvagi. Quella di Diavolo dei Crocicchi è una formula che ci ricorda che -prima di tutto!- il fantasy è una fiaba per bambini ormai diventati adulti.
Sarebbe bellissimo esaminare uno ad uno tutti i personaggi e le location che vivono in questo mondo, ma vorrebbe dire rovinarvi la sorpresa. Sarà sufficiente darvi un'idea di cosa vi aspetta: l'elfo con i suoi funghi, l'allegro castoro, la statua con la falce, i conigli bianchi, il crocevia, il Mascellodonte, il Botten! Un repertorio enorme di luoghi, cose e personaggi diversi, che gremiscono la fantasia dell'autore e che si accomoderanno per sempre anche in quella del giocatore.
Su tutti voglio però soffermarmi a parlarvi del... "Lonfo", creatura metasemantica che più di ogni altra dà la cifra stilistica del fantasy di Mariano Sassi. Il lonfo è un essere-non-essere, nato da una poesia di Fosco Maraini che lo descrive con "parole-non-parole", sprigionando in noi tutta la forza primordiale dei suoni, che ci raffigurano questo magico lonfo meglio di quanto potrebbe fare una qualunque immagine grafica.
Nel gioco il lonfo vive nel rispetto di quella poesia. È una delle tantissime citazioni (più o meno colte) che il gioco contiene. È un ennesimo significato che colora l'interno della cornice più ampia della storia.
Se giocando a Zork si resta affascinati/basiti dallo scoprire la stanza con il sarcofago egizio a qualche passo dall'ingresso dell'Ade, e solo un paio di location più in basso della stanza di Atlantide, il tutto sotto una casa in mezzo al bosco... qui tutte queste citazioni e influenze diventano parte del percorso.
Queste citazioni non sono bizzarrie messe lì per sorprende il giocatore intento a risolvere l'ennesimo enigma, ma sono contenuto vero e proprio della storia. Il lonfo sprigiona un significato ulteriore e non è solo l'oggetto di un enigma.
Come è possibile tutto questo? Semplice, perché il lonfo non vaterca e non gluisce.
IL GAMEPLAY:
Da un punto di vista del gameplay, MSUVAQP si presenta come una IF abbastanza classica.
Un numero medio di location (una trentina?) e un livello di difficoltà basso ma non irrisorio: per finirlo un po' ci si deve impegnare.
C'è molta varietà di enigmi, per lo più abbastanza classici, ma tutti leali nei confronti del giocatore. Non mi risultano (come era lecito attendersi) vicoli ciechi.
Fare la mappa è piuttosto semplice e questa è corretta quanto alle relazioni geografiche fra le varie location.
Diavolo dei Crocicchi si cimenta anche in una sorta di originalissimo labirinto, non mappabile, che ho personalmente molto apprezzato.
Tecnicamente Manca Solo un Verso a Quella Poesia è un gioco compiuto e pulito, con un parser adeguato ai tempi e mai frustrante.
Si segnalano poi alcuni elementi di gameplay assolutamente interessanti e ancora oggi ben poco diffusi.
Il primo è ovviamente Castalia, la musa triste che ci seguirà per tutto il gioco e con la quale dovremmo continuamente interagire per sfruttarne al meglio le peculiari capacità magiche. Questo PNG è ben implementato e si rivela una compagna piacevole da avere al fianco, che dona un qualcosa di ulteriormente unico all'esperienza, oltre a rappresentare un notevole incentivo ad attendere gli altri due capitoli della saga.
Molto belli i disegni utilizzati nel gioco, altra gradevole aggiunta, sempre più diffusa anche nelle produzioni amatoriali. Tutte le opere sono realizzate, con un tratto delicato e adattissimo al contesto di gioco, da Alice Buoli.
Come dicevo sopra, sono però il setting e i personaggi che lo popolano a rendere più avvincente e sensato tutto il reparto enigmistico. Ogni location è un mondo di citazioni e di immagini originali, che garantiscono significato e profondità al nostro interagire.
E questo è un qualcosa che troppo spesso manca a tanti giochi, antichi o moderni che siano. Penso ad esempio a un titolo (per certi versi simile) come The Dreamhold di Andrew Plotkin: un grande contenitore di enigmi, con un setting molto originale, ma che non riuscendo a sfondare davvero nella fantasia del giocatore fa perdere mordente a tutto il suo comparto enigmistico.
Per finire segnaliamo la grandissima cura riposta dall'autore nel garantire una certa rigiocabilità e nello stimolare il giocatore verso nuove sfide all'interno del gioco..
C'è per prima cosa un sistema classico di punteggio. A questo si aggiunge un secondo sistema separato che assegna un titolo onorifico sulla base di alcune azioni che possono essere fatte durante il gioco e che non hanno ripercussioni sulla trama (anche se permettono al giocatore di scoprire alcuni retroscena): si va da "Iniziato" fino al quasi irraggiungibile grado di "Gran Maestro dell'Esplorazione".
Bellissimo poi il sistema interno che gestisce la "fiducia" di Castalia in noi. In base ad una serie di azioni facoltative, il giocatore riuscirà ad accrescere sempre più la fiducia che la musa ripone in noi. Portando la fiducia al massimo (davvero molto difficile!) Castalia farà una scelta che probabilmente influenzerà in maniera significativa i prossimi capitoli della saga. Una sorta di finale alternativo, con possibili ripercussioni sul proseguimento della storia. Ma già superando una soglia di fiducia, l'autore ha previsto delle gradevoli sorprese.
L'ultima chicca è la presenza di un'area nascosta (ma chi scrive non è riuscito ancora a trovarla...), che secondo indiscrezioni in nostro possesso dovrebbe contenere anticipazioni sugli altri capitoli.
CONCLUSIONI:
Se "il secondo album è sempre più difficile", probabilmente lo è anche la seconda avventura testuale. Diavolo dei Crocicchi non ha fallito la prova, ma anzi ci ha stupito con un gioco ancora più maturo, ampio e completo.
È un gioco fantasy, che però non rinuncia a un contenuto maturo e poetico, che saprà regalarvi emozioni e immagini che vi accompagneranno per un bel po'.
Mi piace pensare a questo gioco come a uno dei pochi esempi di "spaghetti-fantasy".
È gratuito e in Italiano. Divertente e interessante.
Consiglio a tutti di farci un giro, probabilmente vi piacerà.
E, se avete ancora dubbi, potete guardarvi anche questo video-gameplay realizzato da Leonardo Boselli:
Leggi l'intervista a Diavolo dei Crocicchi su OldGamesItalia
Visita la pagina facebook di Alice Buoli, illustratrice del gioco
There is shadow under this red rock,
(Come in under the shadow of this red rock),
And I will show you something different from either
Your shadow at morning striding behind you
Or your shadow at evening rising to meet you;
I will show you fear in a handful of dust.
(The Burial of the Dead -The Waste Land
1922, T.S. Eliot)
Shade è un'avventura testuale in inglese scritta nel 2000, semplice e breve, che si svolge interamente in una stanza.
È stata sviluppata da Andrew Plotkin, celebre autore di IF, nonché il primo a finanziare un'avventura testuale tramite Kickstarter (Hadean Lands).
Il gioco è stato premiato XYZZY Award del 2000 quale "Best Setting". È scaricabile gratuitamente dal sito dell'autore, oppure a pagamento dall'AppStore nel suo recente porting per iOS su piattaforma proprietaria (la stessa sviluppata da Plotkin come parte del suo Kickstarter)
Shade è un "one-room game": un gioco che si svolge interamente in una stanza.
Un genere abbastanza diffuso, sviluppatosi ai tempi dei primi browser game in flash (che per lo più consistevano nel dover fuggire dalla stanza) e recentemente tornato di moda grazie al successo di The Room per iOS (che però consiste prevalentemente nell'interagire con complesse scatole meccaniche).
Shade è la versione testuale di questi one-room game e li proietta su un nuovo livello di complessità e profondità, come è lecito aspettarsi da un'IF.
È un gioco strutturalmente lineare e perfetto anche per principianti. Non c'è da fare una mappa e si sa sempre cosa fare; complessivamente lo finirete in meno di un'ora ed è quindi un titolo avvicinabile da chiunque, incluso chi è alla sua primissima esperienza con le avventure testuali. Non è un caso che Shade finisca immancabilmente nelle liste delle IF per principianti, insieme a titoli come Violet, 9:05, Bronze, The Werbler's Nest e The Lost Pig.
LA STORIA:
È praticamente impossibile parlare di Shade senza spoilerarne il colpo di scena, che molti però intuiranno già pochi minuti dopo l'inizio del gioco.
Mi limiterò quindi a descriverne l'incipit: il protagonista è nel suo monolocale e, seguendo una lista delle cose da fare, sta ultimando i preparativi per un viaggio spirituale nella Death Valley.
Una situazione assai comune e banale, che uno sconvolgente "twist" farà però precipitare in una vorticosa spirale di fatti surreali, che termineranno di lì a poco in un affascinante finale astratto.
Interessantissimo da un punto di vista narrativo è il modo in cui il colpo di scena non è lasciato al finale (come avviene ad esempio in 9,30 di Adam Cadre), ma anzi viene fatto intuire quasi subito al giocatore, che fin dalle prime battute potrà immaginare la verità dietro l'apparenza delle cose. Anzi, più precisamente: la verità dietro il "parasole" (shade, appunto).
Quella di Shade non è la storia di una rivelazione improvvisa. È piuttosto la lenta assimilazione di quell'epifania che quasi subito si intuisce giocando. È una vorticosa presa di coscienza che rende ancora più intima, profonda e potente quella verità verso cui tendono gli eventi del gioco.
Un meccanismo narrativo usato da Plotkin con sapienza e grande classe.
Shade è un gioco surrealista e Freudiano.
La razionalità iniziale (rappresentata dal monolocale, descritto nei minimi particolari) viene lentamente decostruita, permettendo così un'autentica liberazione dell'inconscio del protagonista, che arriva per questa via a comprendere la realtà vera delle cose e della sua condizione presente. E, insieme a lui, lo stesso facciamo noi, che con lui condividiamo ogni informazione a disposizione.
L'anticipazione del colpo di scena finale è ciò che più di ogni altra cosa dà un senso all'esperienza di gioco.
Quello che in un gioco come Sepulchre è un lento incedere *privo di senso* verso un atteso colpo di scena finale, qui acquista invece un senso compiuto e diventa il fulcro dell'esperienza di gioco.
È grazie a questa impostazione che la struttura lineare del gioco (un enigma alla volta, solo nell'ordine prestabilito) e la semplicità stessa degli enigmi (consistenti per lo più nel trovare l'azione giusta da compiere) non mina minimamente la soddisfazione e il coinvolgimento del gioco. Quello che stiamo facendo ha un senso, seppur un senso surreale.
Ecco quindi che Plotkin, lasciando intuire ciò che si cela dietro il "parasole", trova un'efficace soluzione al più annoso problema dei "one-room game": l'essere tutti gli enigmi che li compongo fini a se stessi. Qui ogni singolo passo diventa invece parte dell'esperienza conoscitiva e contribuisce (in piccolo o in grande) alla lenta trasformazione dell'ambiente di gioco.
LA TECNICA:
Parlare di tecnica in un'avventura testuale può far sorridere, ma più se ne giocano e più si capisce l'importanza "dell'implementazione" e se ne apprezzano le sfumature. E anche Shade, come gli altri giochi di Plotkin, eccelle da questo punto di vista.
Ometto qui di commentare le piccole ma interessanti novità (come ad esempio lo spostamento automatico fra i tre angoli della stanza) e vado subito al sodo: la costante trasformazione della stanza. Shade è un one-room game, ma questa unica stanza viene manipolata in maniera tanto costante e completa, che il giocatore si ritrova immerso in un luogo vivo, che è metafora della sua esperienza interiore. Prima con dettagli minuscoli, poi con eventi sempre più macroscopici, il buio monolocale con il parasole abbassato diventa una scena viva, che avvolge il giocatore e il protagonista e li porta per mano verso l'epifania finale, concretizzando azione dopo azione quell'intuizione inziale suggerita dagli eventi.
Questo è uno di quei casi in cui la realizzazione tecnica non è lì solo per stupire, ma è strumento della storia.
Non è un quick time event fra due scene animate. Ma è essa stessa scena animata.
Non so perché, ma il modo in cui la stanza viene trasformata, mi ha ricordato certi allestimenti minimalisti di Waiting for Godot o di altre opere da teatro dell'assurdo.
Mentre, più in generale, tutto il gioco evoca immagini che nella mia mente hanno i colori e la forza di certe opere di Dalì, come La Persistenza della Memoria.
Per non parlare della roccia rossa di The Waste Land.
Qualunque cosa saprà richiamare in voi, una cosa è certa: apprezzerete in pieno il valore di questa AT a distanza di tempo, quando vi ritroverete a riflettere sulla breve ma intensa esperienza che contiene.
GIUDIZIO:
Shade è un gioco non banale, che racconta magistralmente la storia di una presa di coscienza.
Tanto basta, credo, per renderlo interessante a chiunque.
Il mezzo tecnico dell'avventura testuale è usato magistralmente.
La scelta di farne un gioco breve, facile e lineare non toglie niente all'esperienza ma anzi lo rende ancora più universale.
A distanza di giorni avrete ancora dentro di voi, nella vostra memoria, la forza delle sue immagini e delle sensazioni che vi ha trasmesso.
Da provare assolutamente.
Dopo la morte della Infocom, sono emersi alcuni nomi di spicco fra le decine di talentuosi autori che si sono cimentati con successo nella produzione di nuove avventure testuali amatoriali. Fra questi nomi brilla sicuramente quello di Andrew Plotkin, autore di numerose avventure, fra cui vale la pena citare: A Change in the Weather, Shade e The Dreamhold.
Di lui ci siamo già occupati recensendo il suo ottimo Spider and Web.
Dopo un kickstarter di successo (il primo in assoluto dedicato a un'avventura testuale!), Hadean Lands è stato ormai pubblicato e sta riscuotendo un notevole successo di critica, nonostante l'altissimo livello di difficoltà.
Plotkin ha mantenuto anche la promessa di terminare lo sviluppo della sua piattaforma per avventure testuali dedicata ai sistemi iOS, che abbiamo provato e che funziona davvero egregiamente!
Adesso Hadean Lands sbarca su Steam Greenlight.
Se siete appassionati di avventure testuali è quindi il momento di andare a votarlo (senza alcun impegno d'acquisto), sperando così di riuscire a portare un genere dimenticato come l'interactive fiction direttamente sulle moderne piattaforme di digital delivery!
Nonostante le preoccupazioni dei tanti baker di Kickstarter, il celebre autore di interactive fiction Andrew Plotkin sta portando a compimento l'opera promessa: Hadean Lands è entrato in fase di betatest!
Noi lo stiamo tenendo d'occhio da un po' e la notizia ci fa molto piacere.
Non c'è ancora una data d'uscita certa, ma almeno la versione digitale dovrebbe essere pubblicata giusto in tempo per essere giocata e giudicata dai giurati della prossima IFComp. È importante sottolineare che il gioco uscirà anche in versione Glulx, un formato giocabile su qualsiasi piattaforma capace di far girare l'interprete richiesto (quindi Win, Mac, Linux, iOS, Android ecc.)
In occasione dell'annuncio del betatest, Plotkin ha rivelato anche qualche altro dettaglio sul suo nuovo gioco:
- Sarà molto difficile
- Non conterrà un sistema di suggerimenti ingame
- L'avventura sarà più incentrata sui puzzle che sulla storia (non diversamente dal suo The Dreamhold)
- Sarà molto lungo, con molti comandi da scrivere (per finirlo saranno necessarie più di mille mosse, contro le 300 circa di uno Zork 1, per dire...)
Leggi l'annuncio ufficiale su The Gameshelf
Leggi il precedente Teniamo d'Occhio da noi dedicato a Hadean Lands
Dopo la morte della Infocom, sono emersi alcuni nomi di spicco fra le decine di talentuosi autori che si sono cimentati con successo nella produzione di nuove avventure testuali amatoriali. Fra questi nomi brilla sicuramente quello di Andrew Plotkin, autore di numerose avventure, fra cui vale la pena citare: A Change in the Weather, Shade e The Dreamhold.
Di lui ci siamo già occupati recensendo il suo ottimo Spider and Web.
Non è una notizia recente, ma merita di avere un po' di risalto anche su queste pagine. Si è da tempo concluso con successo il primo Kickstarter dedicato a un'avventura testuale (datato dicembre 2010), in cui Plotkin ha raccolto oltre 30.000 dollari, dei circa 8.000 che chiedeva.
Il gioco si dovrebbe chiamare Hadean Lands e sarà sviluppato su una piattaforma proprietaria per iOS (che grazie al successo del Kickstarter sarà resa gratuita!) e che Plotkin ha già usato per il porting a pagameno di Shade e di The Dreamhold, disponibili da tempo sull'AppStore.
Hadean Lands sarà ambientato su una nave spaziale, la Unanswerable Retort, di cui noi siamo assistente alchimista in seconda. Sì, avete letto bene: alchimista! Inutile aggiungere che uno strano incidente all'inizio del gioco rovinerà i rituali alchemici della nave, facendoci naufragare in uno strano non-luogo fuori dal tempo. Come sempre con Plotkin, la storia (al solito un po' cervellotica) ha tratti di grande originalità e complessità.
Lo sviluppo del gioco procede a singhiozzo, tanto è vero che molti fan hanno perso la speranza di vederlo realizzato e hanno chiesto di essere rimborsati, ma noi di IfItalia continueremo comunque a tenerlo d'occhio.
Gioca sul web l'anteprima di Hadean Lands.
Visita la pagina del Kickstarter di Hadean Lands.
Visita Zarfhome, il sito di Andrew Plotkin.
Un turista come tanti altri si allontana per qualche istante dalla massa indistinta di persone che affolla una via principale della capitale di un paese straniero e si infila in un anonimo vicoletto. Forse sperava di trovare uno scorcio insolito, ma la realtà è ben diversa: solo grigi muraglioni e una porta solitaria non sono esattamente un panorama indimenticabile. Sarà il caso di tornare in hotel? Forse, ma prima è meglio ribadire un concetto appena espresso: la realtà è ben diversa.
Spider & Web è stato pubblicato tra il 1997 e il '98 e sotto un incipit così innocente nasconde un interessante esperimento sul modo di raccontare una storia all'interno di un gioco. Il meccanismo di gioco è a sua volta influenzato da questo carattere sperimentale: la struttura a incastri, basata su flashback e su lievi variazioni di situazioni già vissute, non lascia indifferenti. La trama si sviluppa attraverso un insolito dialogo tra gli unici due personaggi presenti in scena, uno dei quali si trova in una posizione dominante rispetto all'altro, che invece è chiamato a raccontare le vicende che lo hanno portato nella condizione attuale. Il rapporto tra protagonista e antagonista non è quindi paritario: c'è chi pone delle domande (il dominante) e chi è costretto a rispondere, suo malgrado (il dominato). A chi sta dietro alla tastiera va il compito di rivivere le azioni passate, cercando di accontentare l'aguzzino così avido di particolari.
Sbirciando una mappa delle poche location presenti in Spider & Web si potrebbe pensare a un'avventura estremamente breve e povera di enigmi. Ma se è vero che non siamo di fronte a un'opera imponente dal punto di vista della durata, i puzzle sono presenti in quantità più che accettabile. E soprattutto sono belli tosti e capaci di causare più di un grattacapo anche ai giocatori più esperti. A complicare la faccenda concorre la presenza di un set completo di attrezzi molto particolari, la cui funzione va compresa appieno prima di poterli sfruttare, perché le sfumature nel loro utilizzo sono una delle chiavi di volta su cui si poggia l'intero gioco. O meglio, lo è la limitata conoscenza del giocatore nei confronti del mondo di gioco. C'è infatti una sorta di discrepanza tra le nozioni in possesso del personaggio e le informazioni note a chi lo controlla che accresce enormemente l'atmosfera che permea il gioco e sostiene tutto l'impianto narrativo. Così, nonostante siano le sue dita a digitare i comandi sulla tastiera, il giocatore ha la strana sensazione di non avere mai il pieno controllo della situazione. Almeno finché tutti i pezzi finiscono per incastrarsi alla perfezione. Comando dopo comando, ricordo dopo ricordo, infatti, il gioco arriva al suo culmine: la tela si stringe sempre di più attorno alla preda ed ecco che il ragno sferra il suo attacco mortale, senza lasciare scampo. E il giocatore va in estasi.
Con il suo mix di innovazione e di enigmi non banali, Spider & Web fa ben capire perché Andrew Plotkin, il suo autore, sia innegabilmente una delle figure più rilevanti nel campo dell'Interactive Fiction dell'epoca post-commerciale. Siamo davanti a un'avventura che dimostra le potenzialità di questo genere (con elementi difficilmente riproducibili tramite altri medium) senza per questo perdersi in facili eccessi.
Per farla breve, Spider & Web è un'esperienza che ogni appassionato dovrebbe provare.
All'inizio era il Verbo
Quando i personal computer potevano contare su pochi KB di memoria, in ambito videoludico al termine “avventura” si accompagnava quasi esclusivamente l’aggettivo “testuale”. Era l’epoca d’oro dell’Interactive Fiction, iniziata nel 1976 con la creazione di Colossal Cave Adventure da parte di Will Crowther, un programmatore con la passione per la speleologia. Unendo l’utile al dilettevole, Crowther elaborò una dettagliata copia virtuale di una grotta che si trova in Kentucky (la Mammoth Cave), in modo tale che le sue figlie potessero esplorarne i recessi senza correre pericoli reali. Non c’era nessun elemento grafico a impreziosire le descrizioni testuali di quei cunicoli sotterranei e l’unico modo per interagire con il mondo di gioco era digitare dei semplici comandi tramite tastiera.
Oggi la cosa può sembrare scomoda e noiosa, ma in quegli anni il gioco ebbe un enorme successo e ben presto si moltiplicarono i tentativi di replicare la struttura di gioco di Colossal Cave. Da uno di questi esperimenti, nel 1979 nacque Zork, la prima avventura testuale di una neonata software house che da lì in poi avrebbe sfornato un incredibile numero di successi, tanto da meritarsi il titolo di regina dell’Interactive Fiction: la Infocom. Nel giro di pochi mesi, le caverne descritte nei primi giochi e il gameplay da “caccia al tesoro” degli esordi diventarono troppo stretti per contenere l’inventiva dei creatori di avventure testuali e si iniziarono a esplorare scenari nuovi, sempre più spesso presi in prestito dalla narrativa classica: fantascienza, commedia, detective-story e horror divennero fonti da cui attingere a piene mani per ricreare mondi virtuali dove accogliere enigmi sempre più complessi.
Le meccaniche di gioco si raffinarono, l’interazione con il mondo di gioco si fece più approfondita e le libertà concesse al giocatore divennero sempre più ampie.
la schermata iniziale di Colossal Cave Adventure, accanto al suo creatore
Siamo di fronte a un bel bivio: o riusciamo a completare quel dannato terzo capitolo della nostra tesi di laurea, oppure la nostra fidanzata Violet farà fagotto e se ne tornerà in Australia lasciandoci soli con i nostri rimorsi. Pare sia proprio ora di rimboccarsi le maniche...
Inizia così Violet, avventura testuale e opera prima (e unica) di Jeremy Freese. Nonostante l'autore stesso la definisca una bagatella, questo gioco ha fatto incetta di premi agli XYZZY Awards e all'IFcomp del 2008 ed è entrato di prepotenza nel cuore degli appassionati. Il successo di questa tragicommedia sentimentale è tale che oggi Violet è considerato uno dei titoli più significativi dell'Interactive Fiction moderna, accanto ad opere di autori come Emily Short, Andrew Plotkin e Adam Cadre.
Ma cosa rende questo one-room game così speciale? In primo luogo il ritmo: la premessa è talmente semplice che se il protagonista vivesse in un mondo perfetto gli basterebbe scrivere (write) per portare a termine l'avventura. Ma siccome sono ormai parecchi mesi che procrastina il suo impegno, il compito si rivela presto una vera e propria impresa, o meglio una corsa a ostacoli fra irrefrenabili desideri di navigare su internet e l'immancabile ex che ancora non ha perdonato il fatto di essere stata scaricata. Il gioco è un continuo crescendo di situazioni sempre più assurde (ma non illogiche) che finisce per travolgere il giocatore come una valanga cui è difficile resistere.
un semplice cavo ethernet, alias il vostro incubo peggiore
Gli enigmi sono calibrati (quasi) alla perfezione e mantengono sempre una loro coerenza interna. In più sono semplici, ma non banali: alcuni passaggi sono davvero creativi e sapranno dare le giuste soddisfazioni a chi saprà superarli. Puzzle di questo tipo (semplici da risolvere, ma articolati) permettono anche ai non esperti di godersi il gioco senza grossi patemi. Un comodo sistema di indizi è stato premurosamente integrato nell'avventura dall'autore, consentendo anche ai più svogliati di arrivare alla conclusione senza penare troppo.
Ci sono un paio di passaggi che potrebbero risultare un po' oscuri, ma il consiglio è quello di esaminare attentamente ogni oggetto per ottenere dettagli fondamentali: una necessità, quella di cercare certi elementi, dovuta alla sua natura di gioco che si svolge in una stanza sola (e qui non differisce molto dai suoi "cugini" punta e clicca). Il rovescio (positivo) della medaglia è l'ovvia assenza dell'obbligo di disegnare una mappa, cosa che farà tirare un sospiro di sollievo a tanti avventurieri testuali della prima ora.
E infine c'è lei, Violet. La fidanzata del protagonista è carina, premurosa, a volte vendicativa, ma soprattutto... non esiste! O meglio esiste nel gioco solo come proiezione dei pensieri del povero laureando, mentre quella "vera" è a casa a preparare le valigie. Questa sua non-esistenza non le impedisce però di essere il vero personaggio chiave dell'avventura: è attraverso i suoi occhi che vedremo la stanza in cui si svolge la vicenda ed è attraverso i suoi aneddoti che otterremo informazioni sul rapporto tra lei e il suo fidanzato perditempo (alcune delle quali totalmente inutili ai fini dello svolgimento del gioco e da intendersi come semplici divagazioni).
Con la creazione di questa Violet virtuale, Jeremy Freese è riuscito a ricreare un personaggio molto dettagliato e profondamente integrato con l'avventura, nonostante non sia possibile interagire con lei in modo classico. Il risultato è estremamente convincente.
Violet è un gioco consigliato a tutti grazie alle sue innumerevoli qualità: divertente, ben scritto e con enigmi interessanti è un ottimo passatempo e una buona via d'ingresso nel mondo delle avventure testuali. Da provare.
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